PASSION 25 L'INCANTO DEI SENSI

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Amanda McIntyre

L’incanto dei sensi

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Tortured Spice Books © 2009 Pamela Johnson Traduzione: Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Passion ottobre 2009 HARMONY PASSION ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 25 del 29/10/2009 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 71 del 6/2/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo

Tra l'era dell'antica Roma e l'Alto Medioevo, ci fu un periodo di caos e disordini, che sarebbe poi stato definito i Secoli Bui. Privi di sufficienti forze militari per far fronte ad altre minacce, i Romani tornarono nella madrepatria, lasciando la Britannia esposta a nuovi assalti, a fronteggiare i truci Pitti e Scoti. Solo un re britannico, Vortigern, si eresse a difesa delle popolazioni, e chiamò a raccolta forti tribù germaniche perché combattessero al suo fianco. Tuttavia la sua soluzione gli si rivoltò contro, anche a causa della sua avidità e della sua brutalità contro il suo stesso popolo. Crudele e privo di scrupoli nel suo tentativo di unificare la Britannia, chiamò come mercenari Sassoni, Angli e Juti, aprendo loro la strada per la conquista dell'isola, un'impresa a cui questi ultimi si dedicarono senza alcuna pietà per nessuno. Le sanguinarie tribù germaniche dilagarono in tutta la Britannia, occupando i villaggi e i forti romani abbandonati che incontravano nella loro avanzata. Respinsero i Britanni verso le rive più estreme; coloro che restavano e tentavano di resistere, venivano uccisi o diventavano schiavi, sotto il regno del signore sassone, autoproclamatosi re. Dal termine con cui venivano definiti tali schiavi, wealas, che significa straniero o non germanico, deriva l'attuale nome del Galles. Il fatto che ci siano pochissimi documenti in grado di far luce su questo periodo lascia all'immaginazione dei 5


moderni buona parte degli usi e costumi di tali popoli. Però possiamo intuire che le continue lotte fra tribù in guerra dessero ben poche possibilità di scelta agli schiavi; la sopravvivenza diventava un'impresa quasi eroica e la vita quotidiana era ai limiti della sussistenza. Per restare vivi bisognava scendere a compromessi inimmaginabili. Benché definito buio, questo periodo comunque portò con sé l'embrione da cui sarebbero nate nuove idee, nuove culture e nuove nazioni. Le gesta di chi riuscì a sopravvivere, imbevute di audacia ed eroismo, impeto e orgoglio, divennero leggenda. Questa è una di tali storie, intrisa di passione, coraggio e speranza, in un'era cupa e sanguinaria. A.M.

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Sulle rive del territorio sassone, 500 d.C. circa Non temere, Sierra. Non avere mai paura, le bisbigliò la voce della madre nella sua mente. La paura sarà la tua rovina, com'è accaduto a me. Sierra si appoggiò con tutto il peso contro il pesante uscio di legno delle segrete per chiuderlo. Il fumo denso della sala delle torture le attanagliava ancora la gola, per cui respirò a fondo l'aria che odorava di pioggia, di terra bagnata e muschio. Sopra di lei il cielo era pieno di nuvole plumbee e minacciose che coprivano il sole e offrivano ben poca speranza di calore, in quel posto abbandonato dagli dei. Alzò lo sguardo verso la collina che sovrastava le mura perimetrali del castello. Un tempo occupata dai Romani, ora la fortezza era la residenza del re sassone della Britannia, Lord Aeglech. Nove anni prima le sue tribù avevano conquistato la Britannia, distruggendo una fiorente civiltà. Coloro che non accettavano la nuova dominazione sassone venivano uccisi e gli altri, che si assoggettavano al re, diventavano sua proprietà personale. Per certi versi, Sierra si riteneva fortunata di essere ancora viva. Doveva la vita a sua madre, che aveva gettato una maledizione druidica su Lord Aeglech e sulle sue guardie pochi istanti prima di essere impiccata per alto tradimento. In quegli anni, Sierra aveva pensato più di una volta 7


che avrebbe preferito che non le fosse stata risparmiata la vita, o che sua madre non le avesse trasmesso il dono della chiaroveggenza, che veniva tramandata dal lato femminile della famiglia. Sierra non avrebbe mai voluto essere una veggente, dopo aver visto che la vita di sua madre era stata asservita all'uso del suo dono. Sierra non aveva ancora imparato a sfruttarlo e a padroneggiarlo a suo piacimento, ma nell'arco degli anni l'aveva usato con una certa abilità per restare in vita. Per Sierra la propria sopravvivenza aveva anche un'importanza che esulava dal semplice desiderio di vivere; l'obiettivo che le dava la forza di andare avanti, giorno dopo giorno, era la speranza di ritrovare il fratello che le era stato strappato dalle braccia la notte in cui era morta la madre. Se non altro, vivere nella fortezza sassone era servito a renderla più forte e meno schizzinosa. Era arrivata a non provare più tanto disgusto e disprezzo alla vista di Lord Aeglech e a non considerarlo più solo come un turpe e barbaro assassino. Inoltre non aveva più conati di vomito quando sentiva le grida di angoscia e di dolore che provenivano dalla sala delle torture di Balrogan, dov'era cresciuta e, da ragazza, era diventata donna. Da nove anni viveva in quell'inferno sassone, aggrappandosi alle ultime parole di sua madre: non temere. Non avere mai paura. Oltre a ricordarle nei momenti di sconforto, erano il suo primo pensiero e l'ultimo di ogni giorno. Da tempo aveva imparato a liberarsi dei pensieri che avrebbero potuto alimentare la paura. Era la conoscenza più importante che possedeva, che aveva acquisito, perché era in questo modo che riusciva a sopravvivere. L'aria gelida le troncò il respiro quando le riempì i polmoni. Era così sferzante che le fece venire le lacrime agli occhi. Battendo più volte le palpebre per schiarirsi la vista, posò lo sguardo sul patibolo che i Sassoni avevano piazzato in alto, sulla sommità del colle perché tutti gli schiavi del villaggio vedessero la forca. In quel momento 8


la corda pendeva vuota, e dondolava leggermente mossa dal vento, come se aspettasse, paziente, il prossimo ospite. Con gesto automatico, Sierra si toccò il braccialetto di lavanda intrecciata che le aveva dato sua madre. «Sierra!» Attenta a non rispondere con troppa prontezza al proprio nome, si voltò con cautela verso le vicine stalle da cui era provenuto il sussurro. Sotto la tettoia, con un braccio appoggiato allo stipite sopra la testa, c'era Cearl, il suo salvatore. Anche lui era cresciuto: il suo corpo di ragazzo si era trasformato in quello di un aitante giovanotto; e anche la loro amicizia aveva conosciuto un'evoluzione. Sierra infatti aveva scelto Cearl per donare se stessa per la prima volta. Esitò qualche istante, guardandosi intorno, poi si affrettò a raggiungerlo portandosi dietro il secchio con cui doveva andare a prendere l'acqua. A causa del suo passo spedito, il secchio le sbatteva contro la gamba. Lo lasciò cadere a terra dove rotolò mentre lei si buttava tra le braccia di Cearl. Lui rise della sua foga entusiastica. «Anche a me fa piacere vederti, topolino!» esclamò scherzoso prima di chiuderle la bocca con la sua. Sierra assaporò il gusto dell'idromele sulle sue labbra e si abbandonò alla sensazione di sicurezza delle sue braccia che la stringevano forte. Quando era con Cearl, il mondo cupo e sinistro in cui viveva si dissolveva, anche se per poco. «Balrogan ti aspetta?» mormorò lui, annaspando con il nodo della cintura di Sierra. «Ho poco tempo» rispose lei affannata, piegando la testa di lato per offrire il collo ai baci ardenti di Cearl. «Balrogan vuole due galline e una pinta d'idromele.» «Va bene» annuì Cearl, impaziente. «Puoi prendere tutte le galline che vuoi, ma ora vieni qui. Dobbiamo sbrigarci, tra poco usciranno le guardie per la veglia not9


turna. Abbi pietà di me, Sierra, placa il mio tormento. Devo averti subito!» esclamò con passione. In verità, Sierra non sapeva cosa Cearl vedesse in lei. Era stata condannata a lavorare per il boia, come sua apprendista, e perciò aveva l'ordine di tenere i capelli corti e indossare abiti maschili. Per punizione, era stata privata della sua identità e della sua femminilità. Tuttavia Cearl non sembrava curarsi di vederla sudicia, coperta di fuliggine. «Stai attento a non chiamarmi per nome ad alta voce» lo ammonì mentre Cearl le slegava la cintura di cuoio con gesti goffi. «È pericoloso. Qualcuno potrebbe sospettare che siamo in confidenza.» «E non è forse vero?» sorrise Cearl baciandola con foga prima di tornare a dedicare i suoi sforzi all'arduo compito di svestirla. «Come devo chiamarti? Serva?» Rise e le afferrò le natiche palpandole attraverso le braghe sottili, prima di stringerla a sé. Sierra sapeva che correvano un grande pericolo. Lord Aeglech aveva emanato un decreto secondo cui nessun Sassone poteva unirsi con una donna britannica. Non voleva che il sangue del suo popolo fosse contaminato dalla nascita di bastardi di razza celtica. Se una delle sue guardie avesse disobbedito al suo editto, la donna sarebbe stata uccisa. Benché Cearl non fosse una guardia, Sierra temeva di suscitare le ire del re e di essere severamente punita se li avessero scoperti. «Se mi chiamassi serva significherebbe che devo servirti» lo provocò Sierra. Lui si fermò e le afferrò le braccia guardandola negli occhi. «Perché, vuoi forse compiacere qualcun altro?» Lei gli accarezzò una guancia. Cearl era talmente ingenuo!, pensò. Anche se aveva il corpo di un uomo, la sua mente era ancora quella semplice di un ragazzo. «No, Cearl, solo te.» «Bene, femmina, allora fai che resti sempre così» sen10


tenziò prima di baciarla ancora. Sierra sapeva cosa gli piaceva e accettava di buon grado l'invadenza della sua lingua. «Brava, ragazza mia» mormorò sulle sue labbra, compiaciuto dalla sua arrendevolezza. Sierra si rabbuiò per un istante. «Non sono tua. Io non sono di nessuno» gli ricordò, irritata. Da quando era arrivata al campo di Lord Aeglech come prigioniera, quest'ultimo si divertiva a chiamarla la mia piccola druida, per ricordarle che anche sua madre era la sua guida spirituale, e Sierra lo detestava anche per quella derisione. «Dai, non ti arrabbiare, Sierra» la rabbonì Cearl, accarezzandola. «Non devi temere che io voglia comandarti, lo sai. Anzi, sono io a essere tuo schiavo» dichiarò con ardore. «Solo tu puoi fare di me quello che vuoi.» Le sue parole di sottomissione erano estremamente eccitanti. I seni di Sierra fremevano e palpitavano sotto la costrizione delle fasce. Desiderava moltissimo scioglierle per poter sentire le mani di Cearl sulla pelle nuda, ma sapeva che quel giorno non aveva abbastanza tempo. Con lui si sentiva al sicuro. In tutti gli anni della sua prigionia, non aveva mai avuto motivo di temerlo. Cearl non aveva l'istinto di un dominatore e non voleva sottometterla, forse perché il suo ruolo nella vita era di servire le persone di alto rango. Figlio di un paesano sassone, dava una mano in cucina come garzone e fabbricava i tamburi che i Sassoni usavano in battaglia. Bello e robusto, aveva capelli biondi ricciuti e occhi azzurri che s'illuminavano di lampi maliziosi e sensuali quando era eccitato. Il suo sorriso smagliante era l'unica luce nel cielo plumbeo della vita di Sierra. Slacciata la cintura, Cearl rinunciò tuttavia a toglierle la tunica. V'infilò le mani sotto e afferrò le braghe di tela, abbassandole con forza sui fianchi, giù fino alle caviglie. Inginocchiandosi, si sporse verso di lei e appoggiò le labbra sul morbido triangolo di riccioli castani tra le cosce di Sierra. Gli bastò sfiorare il suo calore umido con il polli11


ce e con la lingua per vederla allargare le gambe per offrirgli un accesso più agevole, come se stesse schiudendo i petali di un fiore delicato. Lui affondò le dita nei fianchi di Sierra che si tolse i calzoni per avere maggiore libertà nei movimenti, poi sollevò una gamba per poggiargli un ginocchio sulla spalla e tuffò le dita tra i suoi folti capelli ricciuti, godendosi tutto il piacere della sua adorazione. Cearl la sentì tendersi e fremere mentre approfondiva la sua esplorazione. «Cearl, il mio desiderio è immenso» sussurrò Sierra, chiudendo gli occhi mentre faceva ondeggiare i fianchi al ritmo delle ardenti provocazioni della sua lingua. «Mi basta pensare a te, femmina, per averlo duro» disse Cearl con voce roca. Si alzò in piedi e la strinse a sé. «Senti da sola» le disse afferrandole la mano e piazzandosela sulla patta gonfia, prima di baciarla. Sierra poté in effetti constatare che il membro di Cearl era rigido come una verga di ferro. Passò la mano sulla tela dei suoi calzoni, come per lisciarla, poi lo agguantò con decisione, compiaciuta nel sentirlo gemere. Nessuno dei due si faceva illusioni riguardo alla natura del loro rapporto, che era puramente carnale. Nell'ambiente in cui si trovavano a vivere, nessuno poteva prevedere se sarebbe sopravvissuto un solo giorno di più. I loro momenti di passione non erano complicati da alcuna emozione, né sentimento o paura, ma erano accesi dal piacere puro della loro unione. Sierra spinse Cearl verso un mucchio di fieno, dove lui cadde disteso. Cearl parve sbalordito dalla sua audacia; non era mai capitato prima di allora che Sierra prendesse l'iniziativa. Di solito gli permetteva di fare ciò che voleva con lei. Però quel giorno c'era qualcosa che si agitava in lei, un'eccitazione incontenibile che la rendeva spavalda. Forse era dovuto al fatto che, per anni, non aveva avuto le regole mensili che hanno di solito le donne. Invece qualche settimana prima aveva notato delle macchie di san12


gue nel cavallo delle sue braghe, e questo aveva risvegliato in lei la determinazione a sopravvivere. Se era ancora in grado di portare in grembo la vita, forse, al suo interno, non era del tutto prosciugata, morta, come si sentiva in quel luogo ostile. «Questa è una novità interessante» sogghignò Cearl agitando le sopracciglia mentre si abbassava i calzoni, lasciando emergere il suo membro pronto all'accoppiamento. «E non hai ancora visto niente» replicò Sierra, sfrontata. Piantò i piedi accanto ai fianchi di lui, restando dritta sopra di lui, e lo guardò dall'alto della sua posizione di predominio, con le mani sui fianchi. Cearl sorrise e poggiò la nuca sulle braccia piegate, gustandosi lo spettacolo. Sierra si guardò rapidamente intorno nella stalla per assicurarsi che fossero soli. Trasalì, impaurita, quando una capra belò nel recinto. «Stai tranquilla, non c'è nessuno» la tranquillizzò Cearl, stendendo un braccio verso di lei e trovando con la punta delle dita l'apertura calda tra le cosce di Sierra per riportare la sua attenzione su di sé. Lei chiuse gli occhi e si abbandonò alle sensazioni deliziose provocate dalle carezze di Cearl. Quando la deliziosa tortura divenne insostenibile, cadde in ginocchio sopra di lui e gli sollevò la tunica sul torace, poi si piegò su Cearl, sfiorandolo con il busto e facendo scorrere la lingua sulla pelle e sui capezzoli. Sentendolo gemere di piacere, non poté trattenere un sorriso compiaciuto. La prima volta in cui si erano conosciuti, Cearl le aveva detto che essere amici sarebbe stato un vantaggio per entrambi, perché avrebbero potuto trovare insieme un modo per passare dei momenti piacevoli e sfogare i propri istinti. Il sesso con Cearl era diventato la momentanea via di fuga di Sierra, la sua ancora di salvezza per non uscire di senno in quell'inferno. Bagnata e pronta, Sierra si abbassò sulla sua verga, al13


largando il più possibile le cosce per accoglierlo tutto in sé. Osservava affascinata il cambiamento dell'espressione di Cearl, provocata dall'unione dei loro corpi. Non sapeva se l'estasi dipinta sul suo volto era lo specchio dei suoi sentimenti o era semplicemente una reazione al piacere fisico. Per lei la linea che divideva l'affetto dalla passione non era ben chiara. Un tempo aveva creduto di nutrire vero amore nei confronti di Cearl, ma si era accorta ben presto che li univa l'attrazione fisica, il piacere dei sensi e poco più, oltre a una vaga riconoscenza per la sua amicizia. L'amore non c'entrava niente. «Sì, sì, sì!» sussurrò lui, con il viso distorto dall'esaltazione della lussuria. «Dimmi che mi vuoi dentro di te» la esortò, afferrandola per i fianchi per guidare il ritmo dei suoi affondi. «Dimmi che ne hai bisogno quanto me.» Fece scivolare le mani verso l'interno morbido delle sue cosce, titillandola con i pollici. Cearl aveva ragione. Sierra desiderava quanto lui l'oblio donato dal piacere. «Sì, è vero, ho bisogno di te. È fantastico...» mormorò chiudendo gli occhi, mentre faceva ondeggiare i fianchi per assecondare il ritmo degli slanci di Cearl. «È veramente fantastico» gemette Cearl, con i muscoli del collo in evidenza mentre le teneva strette le cosce e sollevava il bacino per riempirla completamente. Un rivolo di sudore scese lungo la spina dorsale di Sierra e altre gocce le imperlarono la fronte mentre si muoveva sempre più freneticamente, unita a Cearl in un sabba estatico. Era solo nel momento in cui raggiungeva il culmine del piacere, in cui il calore del rapimento dei sensi le scorreva nelle vene, incandescente, che Sierra riusciva a sentirsi veramente libera e a librarsi in una dimensione al di sopra e al di là della sua tetra esistenza. Lui le sfiorò il seno impastoiato dalle fasce. «Ah, se avessimo tempo vorrei vederti tutta nuda!» sospirò con rammarico. «Cosa ti farei...» 14


«Ragazzo, dove sei?» tuonò la voce di uno dei cuochi di Lord Aeglech. Cearl borbottò degli improperi sottovoce e s'irrigidì. Sierra fu svelta a rimettersi in piedi e ad afferrare le braghe, poi corse a nascondersi dietro il mucchio di fieno e i sacchi in fondo alla stalla mentre il cuoco avanzava tra le ombre del capanno. «Che diamine stai facendo?» borbottò l'uomo. «Ti sembra questo il momento di trastullarti con il tuo gingillo, con tutto quello che c'è da fare?» lo rimproverò ma con una nota divertita nella voce. Al sicuro nel suo nascondiglio, Sierra si rese conto che Cearl non aveva avuto il tempo di tirarsi su i calzoni, per cui il cuoco aveva tratto le debite conclusioni nel vederlo con il membro esposto e rigido. «Vai a trovarti una contadinella che soddisfi i tuoi pruriti» gli consigliò il cuoco. «Ma più tardi, ora sbrigati a menarti il pistillo e vai a provvedere alla cena. Stanno per arrivare le guardie e dobbiamo servire anche la cena a Lord Aeglech.» Vedendo che il cuoco indugiava, Cearl lo fulminò con lo sguardo. «Non faccio certe cose davanti agli altri.» Il cuoco lo insultò tra i denti e se ne andò. Rimasta sola con Cearl, Sierra uscì dal suo nascondiglio e guardò Cearl che le lanciò un'occhiata implorante. «Sono disperato. Provvedi a liberarmi da questo tormento.» «È tardi, Balrogan sarà furibondo che io abbia perso così tanto tempo. Devo rientrare o a me verrà tagliata la testa e a te qualcos'altro, mettendo fine per sempre al tuo tormento» replicò Sierra, ironica, piegandosi a raccogliere il secchio. Cearl le guardò avidamente i fianchi mentre lei, china, gli voltava le spalle. «Oh spietata seduttrice! Come farò a dormire stanotte?» «Segui il suggerimento del Sassone. Trovati una ra15


gazza disponibile che soddisfi i tuoi pruriti.» Rassegnato, Cearl si tirò su i calzoni e corse fuori allo spiedo posto sopra il fuoco, dove aveva messo ad arrostire dei polli. Ne strappò due dal bastone, li piazzò su un vassoio di legno, poi vi aggiunse una rapa arrosto e un boccale con una pinta d'idromele. «Che odorino stuzzicante!» mugolò Sierra annusando l'aria. Cearl aveva l'abitudine di ricompensarla per i suoi servigi con piccoli doni: un po' di carne, un boccale d'idromele, una mela. «Tieni, portalo a Balrogan. Non ti devo niente» replicò lui, sgarbato. Lei piluccò di nascosto un pezzetto di pollo, poi raccolse il secchio bilanciando il vassoio con l'altra mano. «Vogliamo vederci domani?» gli propose, con un sorriso malizioso. «Ti piace vedermi soffrire, donna» osservò Cearl, imbronciato. «Non per scelta, mio signore.» E con questo lo lasciò solo e sconsolato nella stalla, a chiedersi cosa intendesse dire. Erano passati diversi giorni e Sierra non aveva ancora avuto modo di parlare con Cearl. Quando il cuoco lo mandava nelle segrete per portare loro il pasto, lui la degnava appena di uno sguardo e scappava via subito. Quella sera, dopo che la guardia ebbe chiuso la porta alle spalle di Cearl, Sierra si ripromise di andare a cercarlo appena ne avesse avuta l'occasione. Seduta in un angolo, sentiva lo sfrigolio e i sibili provocati dalla carne umana bruciata con i ferri incandescenti e le grida agonizzanti del torturato, l'ennesimo paesano colpevole dello stesso reato. «Che sia di monito a coloro che vorranno seguire il tuo esempio» tuonò Balrogan. «Il re non avrà più pietà di voi! Ricordalo, ladro!» 16


Il vecchio annuì e sporse la mano in un gesto supplice, con il corpo scosso dai singhiozzi. Sierra era sorpresa che il boia lo lasciasse vivere, ma si disse che forse anche in lui c'era un briciolo di umana compassione perché il vecchio era suo zio. Sorpreso da una guardia a rubare del grano dalle scorte di Lord Aeglech, era stato gettato nelle segrete. Sierra s'infilò in bocca un pezzo di carne e ingoiò una sorsata d'idromele per mandarlo giù. Benché provasse compassione per il poveretto, riteneva che fosse stato lui stesso artefice delle proprie sofferenze perché Balrogan non aveva altra scelta se non quella di eseguire gli ordini del re e punirlo. Sierra sapeva che le sarebbe stato facile farsi consumare dalle ombre cupe di quel posto tetro e lasciarsi andare, perdere la speranza e diventare fredda, senza cuore né volontà. Ma doveva essere forte, se non altro per seguire l'esempio di sua madre. Inoltre c'era sempre la possibilità di ritrovare un giorno suo fratello minore Torin. Portava nel cuore i sensi di colpa che la tormentavano per averlo perso, senza sapere cosa ne fosse stato di lui. «Portalo fuori di qui» le ordinò Balrogan accennando al vecchio. «E non farti rivedere» aggiunse rivolto al parente. «Altrimenti ti giuro che la prossima volta la tua testa sarà infilata su un palo.» L'uomo annuì, lo sguardo a terra. Sierra gli tolse le catene che lo sorreggevano in piedi e lui si accasciò in ginocchio come un sacco. «Andiamo, sbrigati. Oggi sei fortunato perché hai ottenuto la pietà di Balrogan.» Lo sollevò in piedi prendendolo per un braccio scheletrico e lo portò dalla guardia. «Può andare, ha confessato» gli spiegò. «Il re non ne sarà felice» disse la guardia, togliendole di mano l'uomo. «Vuoi che lo riferisca a Balrogan?» replicò lei, sfidandolo, pur sapendo che correva il rischio d'irritarlo. Le 17


guardie di Lord Aeglech erano spietate quanto lui; l'omone massiccio che sorvegliava l'ingresso delle segrete non ci avrebbe pensato due volte prima di trapassarla da parte a parte con la sua spada. L'uomo borbottò un commento indistinguibile e se ne andò. Sulle scale incrociò un'altra guardia che scendeva, un nerboruto giovanotto dai lineamenti forti, con una smorfia altezzosa che gli incurvava le labbra. Ignorando Sierra, l'uomo appena arrivato entrò direttamente nella sala delle torture e mormorò qualcosa all'orecchio di Balrogan. Sierra tese l'orecchio per cercare di cogliere qualche parola, ma i due tenevano la voce troppo bassa. Si voltò verso il tavolo degli strumenti di tortura per pulire i coltelli di Balrogan, quando il boia si voltò verso di lei. «Lord Aeglech vuole vederti nelle sue stanze. Lascia perdere quelli, puoi pulirli dopo. Sbrigati, non è saggio far attendere il re» le ordinò. Sierra annuì, resa inquieta dallo sguardo dell'unico occhio di Balrogan. Riconosceva l'espressione di una persona invasa dal desiderio e dalla lussuria, ma non l'aveva mai vista dipinta sul volto di un uomo in compagnia di un altro maschio. Non li giudicava affatto; per lei ogni mezzo era buono per ricrearsi in quel posto lugubre, ed era per questo che si sollazzava volentieri con Cearl. Però se Lord Aeglech avesse scoperto che il suo temuto boia aveva un debole per i bei ragazzi sarebbe stata una macchia sulla sua reputazione di uomo virile e sanguinario. Il re era molto orgoglioso e gli piaceva esercitare il suo potere al minimo pretesto. Sierra era quasi sicura che la vanità del re sarebbe stata la causa della sua rovina. Non era la prima volta che vedeva valenti guerrieri e audaci condottieri distrutti dall'orgoglio cieco e avventato. Si affrettò lungo le sale deserte, in cui riecheggiavano i suoi passi rapidi. In lei era ancora vivo il ricordo di quando veniva lì con sua madre, che era stata nominata guida 18


spirituale dal sovrano della Britannia, Vortigern, e poi da Lord Aeglech. Quando i Romani erano andati via e avevano abbandonato la Britannia per combattere battaglie più importanti altrove, le tribù dei Britanni erano state troppo impegnate a farsi la guerra per badare all'arrivo dei mercenari al soldo di Vortigern, chiamati a raccolta perché lo aiutassero a vincere Pitti e Scoti. Spinto dall'arroganza e dall'avidità, il re britannico aveva preferito ignorare gli avvertimenti della madre di Sierra che, aiutata dai suoi poteri di veggente, l'aveva messo in guardia sull'arrivo dei Sassoni. Le aveva dato ascolto solo quando era ormai troppo tardi. Ben presto le armate di Aeglech avevano preso la fortezza di Vortigern sul mare. Da quel momento in poi le sue truppe avevano impiegato pochissimo tempo a conquistare le regioni meridionali della Britannia, respingendo i Celti verso Nord. Un lampo improvviso fece trasalire Sierra, cogliendola di sorpresa. Si fermò e guardò davanti a sé, nel grande salone ancora in disordine, con tavoli ingombri dei resti delle libagioni, e panche e sgabelli rovesciati dopo l'ultimo banchetto per celebrare le vittorie sassoni. Da una fila di alte finestre a feritoia si vedeva il mare plumbeo e tempestoso, sovrastato da un cielo livido. Si guardò intorno, perlustrando l'estremità più lontana della sala dov'era posto il trono. Con un brivido che le fece rizzare i capelli sulla nuca, pensò che le pareva quasi di vedere il fantasma di sua madre vicino al trono di Aeglech. Un'ombra cupa passò rapidamente davanti alle finestre, entrò e salì tra le travi, poi piombò su un topolino che si nascondeva sotto un tavolo. Sierra vide che era un corvo nero solo quando l'uccello uscì dalla finestra aperta. All'improvviso si ricordò di un insegnamento di sua madre tanto tempo addietro. Non dava grande credito alla magia druidica praticata da sua madre, perché non l'aveva salvata, però la maledizione che aveva gettato su Aeglech 19


e sui suoi uomini aveva salvato lei e, forse, anche suo fratello. Era credenza popolare tra i Celti che un corvo era un brutto presagio, spesso di morte. La vita tetra che conduceva Sierra le aveva fatto sviluppare un istinto per le sciagure, e Sierra sentiva l'odore della morte come un lupo la preda. BenchĂŠ non avesse avuto una visione, i suoi sensi erano acuiti da un presentimento di tragedia cosĂŹ intenso che non poteva ignorarlo. Rispetto al senso di morte che permeava la sala delle torture in cui assisteva quotidianamente agli scempi perpetrati da Balrogan, quella sensazione era una premonizione forte, come se la madre stesse cercando di comunicarle la direzione che avrebbe preso il suo destino e che stava per arrivare il momento in cui avrebbe dovuto mostrare grande coraggio per affrontare il male.

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Inseparabili di Megan Hart Venti anni prima, in vacanza al mare, Bess coltivava i sogni di molte altre ragazze: l’università, un lavoro interessante, il futuro con il proprio fidanzato. Oggi, tornata a Bethany Beach, osserva quei sogni infrangersi proprio come le onde dell’oceano. Rievoca allora quell’estate in cui la sua vita avrebbe potuto prendere un’altra direzione grazie all’ombroso e affascinante Nick. Se lui non fosse misteriosamente scomparso poco dopo... Che sorpresa vederlo riapparire tra le onde, e proprio per stare con lei. Solo che Nick è ancora il giovane di un tempo, immutati il profumo della pelle, il calore del corpo. Si tratta di un sogno o è realtà? Bess non si pone troppe domande, felice di aver ritrovato il suo amore più appassionante. E di nuovo si immerge con lui nelle profondità del desiderio e del piacere.

L’incanto dei sensi di Amanda McIntyre Nella Britannia selvaggia e flagellata dalle guerre, Sierra realizza che, per sopravvivere a tempi così duri, occorre inchinarsi al volere dei potenti. Lo spietato re sassone, infatti, l’ha risparmiata perché lei ha il dono della chiaroveggenza e vuole che diventi l’apprendista del boia. Costretta a carpire i segreti dei prigionieri, lentamente il suo cuore si raffredda finché nelle segrete del castello non viene rinchiuso, in quanto capo dei ribelli, l’aitante e valoroso Dryston. Per piegare la resistenza dell’indomito guerriero, Sierra riaccende tutta la sua sensualità e trova così la chiave per vendicarsi, liberarsi e tornare a sperare in un futuro migliore di giustizia e serenità. Ma, soprattutto tra le braccia di Dryston, proverà il brivido inebriante e l’incanto della passione.

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ESCLUSIVO:

ritorna a gennaio 2010 con 2 romanzi intensi e passionali delle autrici pi첫 amate e apprezzate.

Preparati a una lettura... incandescente!

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