Passione e inganno

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EVA LEIGH

Passione e inganno


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: From Duke Till Dawn Avon Books An imprint of HarperCollins Publishers © 2017 Ami Silber Traduzione di Lorenza Braga Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Storici Seduction febbraio 2018 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2018 da CPI, Barcelona I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644 Periodico mensile n. 73 dello 07/02/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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Londra, 1817 Una donna rise e Alexander Lewis, Duca di Greyland, percepì il suono come un colpo di pistola al petto. Era una risata molto piacevole, bassa e musicale, non acuta e forzata, tuttavia sembrava la risata della Regina Perduta. Alex non poté resistere all'impulso di voltarsi mentre lasciava l'Eagle. Aveva iniziato per vezzo a chiamarla la Regina Perduta, anche se lei era senza dubbio una donna mortale. Era apparsa in qualche modo su una trafficata strada londinese al crepuscolo? L'ultima volta che l'aveva vista era stata due anni prima, nella città termale di Cheltenham, nel suo letto, addormentata e nuda. La proprietaria della risata risultò essere una donna del tutto diversa, una brunetta, invece di una bionda, minuta e rotondetta anziché snella e flessuosa. La donna sorprese Alex a fissarla e alzò le sopracciglia. Lui fece un solenne inchino in risposta, poi continuò a camminare sul marciapiede. Il buio arrivò con sfumature indaco, ma i negozi riversavano luce dorata a chiazze luminose sulla strada. I laboriosi cittadini di Londra continuavano ad affannarsi mentre i ceti più alti cominciavano gli intrattenimenti serali. Una moltitudine affollava i marciapiedi mentre carri, carrozze e persone 5


a cavallo riempivano le strade. Diversi pedoni riconobbero Alex e fecero un garbato inchino o si toccarono il cappello, mormorando: «Buonasera, Vostra Grazia». Anche se lui non era in vena di cortesie, la responsabilità e la virtù erano sue compagne costanti da tutta la vita e quindi, invece di sbottare: «Al diavolo, dannazione!», fece soltanto un cenno di saluto. Aveva fatto il suo dovere. Si era fatto vedere in pubblico invece di sparire nelle cupe stanze della sua dimora a Mayfair, dove avrebbe potuto leccarsi le ferite in pace. Il problema dell'essere un duca era che doveva sempre fare il suo dovere. «Sei il pilastro della società britannica» gli aveva ripetuto spesso il padre. «Il mondo guarda a te come guida. Quindi devi fungere da esempio. Essere la loro stella del nord.» Quella sera, prima di cena, Alex aveva percorso un ampio tragitto su e giù per Bond Street, assicurandosi di essere visto da molti personaggi importanti, e dalla lingua sciolta, del ton. Si sarebbe presto diffusa la voce che il Duca di Greyland non si era rintanato in solitudine. Il suo onore non si sarebbe fatto abbattere da qualcosa di insignificante come il mancato accordo matrimoniale con Lady Emmeline Birks. I Duchi di Greyland avevano resistito ai puritani, ai giacobiti e a innumerevoli altre minacce contro la Gran Bretagna. Una ragazza che aveva appena terminato la scuola non poteva certo danneggiare lo stemma ducale di Alex. Ma quello stemma era stato intaccato dalla Regina Perduta. Più a fondo di quanto lui si fosse aspettato. Chiamò la sua carrozza con un cenno. Mentre aspettava, si infilò i guanti immacolati e si aggiustò il cilindro nero, per assicurarsi che fosse a posto. «Mantieni sempre un aspetto impeccabile» gli aveva ricordato il padre più e più volte. «Il minimo accenno di disordine nel tuo abbigliamento può indurre a inarrestabili 6


congetture sulla stabilità dei tuoi affari. E questo non possiamo tollerarlo. La nazione richiede la perfezione.» Il padre di Alex era morto da dieci anni, ma nella sua testa risuonava ancora la voce di quell'uomo serio ed equilibrato. Ormai era parte di lui, del suo ruolo come uno degli uomini più potenti d'Inghilterra e delle responsabilità che quel ruolo portava con sé. Non aveva permesso una sola volta alle frivolezze di distrarlo dai propri doveri. Tranne che per quell'unica occasione... Allontanando il pensiero dalla mente, Alex guardò con impazienza la sua carrozza, tuttavia, proprio mentre il veicolo si fermava, apparvero due uomini che gli afferrarono le braccia da ciascun lato. Alex si irrigidì; non gli piaceva essere toccato senza aver dato a qualcuno l'esplicito permesso. Di norma le persone per strada non si afferravano a vicenda. Era una rapina? Un tentativo di rapimento? Strinse le mani a pugno, pronto a picchiare gli uomini che l'avevano avvicinato. «E questa cos'è?» esclamò l'uomo più giovane con finto orrore. «Ho agguantato una nuvola in tempesta?» «Non so tu» rispose secco l'altro uomo, «ma pare che io mi sia attaccato a un'enorme sbarra di ferro. Altrimenti come spiegare la sua inflessibilità?» Cercò di scuotere Alex, con scarso successo. Alex allentò le dita. Liberò il braccio e brontolò: «Basta, imbecilli». Thomas Powell, il Conte di Langdon ed erede del Duca di Northfield, sorrise, facendo balenare i denti bianchi sul viso non sbarbato. «Suvvia, Greyland» lo richiamò. Una traccia di accento irlandese rendeva la sua voce musicale, a testimonianza degli anni d'infanzia che Langdon aveva trascorso nel Kerry, contea natale di sua madre. «È il modo di rivolgersi ai tuoi più vecchi e cari amici?» 7


«Ve lo farò sapere quando arriveranno.» Alex lanciò un'occhiata torva a Langdon, poi a Lord Christopher Ellingsworth, che rispose solo con un sogghigno. Alex fece un passo verso la carrozza, ma Ellingsworth gli bloccò la strada con destrezza, dimostrando una velocità che gli era stata utile quando aveva combattuto nella penisola iberica. «Dove stai correndo con una fretta tanto indecorosa?» insistette Ellingsworth. Alzò un dito. «Ah, non dirmelo. Stai tornando a nasconderti nella tua caverna a Mayfair, per brontolare e rimuginare come un grosso orso bruno.» «Tu non sai niente» ribatté Alex, malgrado il fatto che Ellingsworth avesse descritto con esattezza i suoi piani per il resto della serata. Ellingsworth guardò Langdon con compassione. «Pover'uomo. La giovane Lady Emmeline gli ha proprio spezzato il cuore.» Alex superò Ellingsworth spingendolo con la spalla, ma Langdon si spostò per bloccarlo. «Il mio cuore non è spezzato a causa di Lady Emmeline» sbottò Alex. Perlomeno quello era vero. «Ma perché i pezzi del tuo cuore non dovrebbero essere disseminati per tutto Regent's Park?» rifletté Langdon. «Hai corteggiato la giovane gentildonna per diversi mesi e hai detto a Ellingsworth e a me di aver già ricevuto il consenso di suo padre per una proposta di matrimonio.» «Lei non ha mai acconsentito» ammise Alex secco. «Una donna pudica, quella Lady Emmeline.» Ellingsworth fece un cenno d'approvazione. «Non avrebbe detto sì subito. Non lo fanno mai. Niente per cui allarmarsi.» «Come puoi saperlo?» La voce di Alex era tesa. Ellingsworth aveva poca esperienza nel chiedere la mano di una signora, impegnato com'era in una vita sconsiderata. 8


«Sarebbe inappropriato, per la figlia di un conte, cogliere al volo una proposta di matrimonio nell'attimo in cui viene presentata» aggiunse Langdon. Alex si accigliò. Malgrado il fatto che, a trentotto anni, lui avesse sedici anni più di lei, avrebbero formato una bella coppia. Lady Emmeline era stata educata alla perfezione sulle responsabilità di una moglie aristocratica. Anche se lui desiderava che lei esponesse la propria opinione, invece di dichiararsi costantemente d'accordo con lui, c'erano difetti peggiori che si potevano trovare in una potenziale sposa. Avrebbero potuto sposarsi a Natale, di lì a otto mesi. Sarebbe stato un matrimonio intimo ma elegante, seguito da un abbondante rinfresco e un viaggio di nozze nel Lake District. E poi, se tutto fosse andato per il meglio, in meno di un anno, Alex e Lady Emmeline avrebbero dato il benvenuto al loro primo figlio, un maschio, si sperava, così la discendenza sarebbe stata assicurata. Sarebbe stato proprio il tipo di unione che il padre di Alex avrebbe approvato, considerando l'impeccabile lignaggio di Lady Emmeline e la sua reputazione immacolata. «Ma guardalo, immerso nei suoi cupi pensieri» sospirò Langdon, ostacolando i tentativi di Alex di girargli intorno. «Sembra in cattiva salute.» Sarebbe stato maleducato mandare al tappeto il suo amico. Accidenti alle buone maniere che imponevano che un uomo non potesse prenderne a pugni un altro senza ripercussioni. «Forse ha bisogno di un salasso» suggerì Ellingsworth con il suo solito sorrisetto. «Sto benissimo.» Alex guardò prima uno poi l'altro di quei furfanti che chiamava amici. «Non c'è bisogno di chiamare un dottore.» «Ha già subito un'amputazione» fece notare Langdon, alzando un sopracciglio come faceva sempre. «Gli hanno tolto 9


una probabile sposa.» Mosse la mano a mo' di sega sopra la caviglia, come se stesse tagliando i ceppi del matrimonio. Alex abbassò lo sguardo sulla propria gamba, come se potesse vedere le catene invisibili che l'avrebbero legato a Lady Emmeline. Era stato vicinissimo a diventare un uomo sposato e a condividere il resto della sua vita con una donna... a diventare il duca impeccabile che suo padre l'aveva educato a essere. Contava poco che Alex non provasse niente per la ragazza, a parte un senso di distante rispetto. Lei sarebbe stata un'ottima duchessa. «Eravamo al White's ieri quando abbiamo sentito l'accaduto» disse Langdon in tono di biasimo. «Non hai nemmeno raccontato ai tuoi due più cari amici che Lady Emmeline era scappata con un ufficiale di cavalleria. No, abbiamo dovuto sentirlo nientemeno che da Lord Ruthven.» Alex non aveva bisogno che gli venisse ricordato che il mondo intero era a conoscenza del suo imbarazzo. Era nel suo studio, a controllare dei rapporti sulle sue proprietà, quando il maggiordomo aveva annunciato una visita a sorpresa. Era entrato il padre di Lady Emmeline, pallido, tremante e pieno di vergogna, profondendosi in scuse. Aveva consegnato ad Alex un biglietto scritto dalla figlia, che affermava di essere fuggita a Gretna Green con un povero ma attraente capitano. Alex aveva fissato la missiva per cinque minuti buoni, cercando di comprenderne il significato. «Saresti dovuto venire subito da noi con la notizia» biascicò Ellingsworth. «Così avresti potuto risparmiarci l'umiliazione di apprenderlo di seconda mano.» «Perdonatemi se non ho considerato i vostri sentimenti» sbottò Alex. Che cosa poteva dire agli amici per far loro comprendere che il dolore che provava era per lo più imbarazzo, non tristezza? Non era nemmeno sicuro di desiderare la loro comprensione. 10


Era un duca. Proprietario di innumerevoli tenute e beni. Un membro influente in Parlamento. Un consigliere abituale del Principe Reggente, anche se quello sciocco immorale non seguiva mai i consigli di Alex. Un matrimonio con il Duca di Greyland sarebbe stato considerato un bel colpo per qualunque giovane dama di nascita aristocratica. Ma Lady Emmeline aveva gettato via la possibilità di diventare una duchessa... per amore. Era quello che diceva il suo biglietto. Perdonatemi, Vostra Grazia. Ma lo amo perdutamente, come lui ama me. Meritate di meglio che una moglie il cui cuore appartiene a un altro... «Ah, lui sta meglio senza quella ragazza incosciente» sottolineò Ellingsworth. «Non aveva spina dorsale quella donna. Tremava come una foglia ogni volta che lui parlava. Una donna impaurita non può essere un grande spasso a letto.» «Non parlare di Lady Emmeline così!» esclamò Alex, ma non c'era molto ardore nelle sue parole. Indietreggiò, pensando forse di potere scansare gli amici. Ma erano intelligenti, accidenti a loro, ed Ellingsworth si insinuò dietro di lui, bloccandolo. Ah, maledizione e ancora maledizione. Alex guardò torvo i due che lo tormentavano per il suo cattivo umore. Benché non provasse alcun senso di perdita nei sentimenti per la fuga della ragazza con un altro, il dolore per l'abbandono lo trafiggeva. C'era qualcosa che non andava in lui? Qualcosa che faceva fuggire le donne? Metteva davvero così in soggezione? Non era... amabile? Ma quella parola, quel concetto... l'amore, non l'aveva mai provato in casa, anche se aveva sentito che esisteva. L'aveva scorto nel modo in cui gli abitanti delle sue proprietà di fa11


miglia si comportavano con i loro figli; gli sguardi amorevoli, le carezze e i sorrisi. L'amore era reale, ma era stato elargito con parsimonia ai figli del Duca di Greyland. L'essere stato abbandonato riportò alla luce quella domanda che lo attanagliava. Se sua madre non era riuscita a dimostrargli affetto, allora forse c'era qualcosa in lui che non era degno d'amore. Un'insufficienza, la mancanza di un elemento chiave che potesse spingere qualcuno, chiunque, a provare del bene per lui. Lady Emmeline sarebbe stata un'ottima madre, avrebbe cresciuto i figli in modo adeguato al loro rango. Lei non l'avrebbe amato, ma non era una condizione necessaria per il matrimonio. Sarebbero potuti andare d'accordo con mutuo rispetto. Se provò un freddo vuoto a quel pensiero, lo accantonò. Era arrivato a quel punto della sua vita senza amore. Ormai poteva continuare senza. Alex soffriva ancora per il suo abbandono ma il danno più grave l'aveva subito all'orgoglio. «Andrà senz'altro a casa a tenere il broncio» ribadì Langdon con disapprovazione. Ellingsworth sembrò inorridito. «Non trascorro mai una sera a casa a meno che non stia troppo male e anche con la febbre alta, vado a teatro.» «Ho cenato fuori e ora sto andando a casa a leggere la nuova traduzione degli Elementi di Euclide.» «Vedi, Langdon» fece notare Ellingsworth. «Ha già in programma dei divertimenti scatenati. Non ha bisogno di noi.» «Su una cosa hai ragione.» Alex afferrò le spalle di Langdon e lo spostò a forza di lato. Salì in carrozza ma, con suo fastidio, Ellingsworth e Langdon lo seguirono, sedendosi di fronte a lui. «Non ho bisogno di voi.» Bussò sul tetto della carrozza e il veicolo si immise nel traffico. 12


«È qui che ti sbagli.» Langdon sorrise nella penombra dell'abitacolo. Tirò fuori dalla giacca una fiaschetta, poi bevve una gran sorsata. «Angustiarsi a casa è per le zitelle.» «Ho fatto il mio dovere» ribatté Alex secco. «Mi sono mostrato per Bond Street, così che tutti potessero darmi una lunga occhiata, per far sapere che l'improvviso matrimonio di Lady Emmeline non ha avuto il minimo effetto su di me.» Ellingsworth prese la fiaschetta da Langdon e bevve a sua volta. «E hai fatto bene, vecchio mio.» Si sporse e diede un colpetto con le nocche alla spalla di Alex, quanto più da vicino Ellingsworth potesse fare per una dimostrazione di affetto. «Ma la tua serata non è finita.» Tese la fiaschetta ad Alex, ma questi non la prese, per quanto desiderasse un goccio. «Sì, invece. Non digerirei un ballo e non mi interessa andare a teatro o da qualunque altra parte debba far buon viso a seguito di...» Guardò fuori dal finestrino. «A seguito di tutto quello che è successo.» «Non andremo in un posto rispettabile» rispose Langdon con una strizzatina d'occhio. «Là non interesserà un fico secco a nessuno se sei stato scaricato da una capra.» Alex serrò le labbra. «Non andrò nei bassifondi.» Pungolando l'amico con un dito, Langdon ribatté: «Questa sera avrai la migliore compagnia. La più elegante. La più stimata. Ma saranno tutti troppo impegnati a calcolare le poste per preoccuparsi se una ragazza ti ha rifiutato». «Sei già ubriaco?» domandò Alex. «Non capisco niente di quello che vai cianciando.» «Vuole dire che stiamo andando in una nuova casa da gioco» spiegò Ellingsworth. «È così nuova e alla moda che non ha un nome. Langdon e io ci siamo stati la notte scorsa dopo aver sentito di te da White's. La casa è aperta da due settimane. La gente fa la fila intorno al quartiere per riuscire a entrare. Devi venire. Rimarrà aperta soltanto per un mese. Poi 13


chiuderà e scomparirà come un regno delle fate.» «Non ho sentito niente di una nuova casa da gioco» borbottò Alex, incrociando le braccia sul petto. Ellingsworth alzò gli occhi al cielo. «Sei stato coinvolto nello scandalo di Mademoiselle Emmeline. Dubito che ti saresti accorto se St. Paul fosse stata rasa al suolo da un incendio. Cosa che non è accaduta, a proposito.» «Andiamo, Greyland» lo blandì Langdon. «Ti garantisco che una serata nella casa da gioco più alla moda di Londra ti risolleverà lo spirito. Vino. Carte e dadi. E abbondanza di graziose signore.» Lo disse come se la presenza di belle donne fosse l'ultimo asso nella manica. «Unisciti a noi questa sera, anche se solo per pochi minuti.» «Che alternativa hai?» aggiunse Ellingsworth. «La geometria? Calcolare la superficie di una sfera?» Finse uno sbadiglio. In effetti, che alternativa aveva Alex? La casa era enorme e vuota e gli ricordava che il suo tentativo di riempirla con una moglie e dei bambini era stato un vero fallimento. Ed era in momenti come quello, momenti silenziosi e introspettivi che i pensieri sulla Regina Perduta non potevano essere tenuti a bada. Lo travolgevano come un monsone in una regione tropicale. Se non avesse continuato a muoversi, sarebbe annegato. «Date al conducente l'indirizzo di questo luogo nefando con il suo vino e i suoi dadi» borbottò. «E donne» aggiunse Langdon con un sorriso. Lui ed Ellingsworth sfoggiavano entrambi sorrisi soddisfatti. «Non avrai modo di pentirti della tua decisione.» Pentirsi. Aveva fatto tutto nella maniera corretta. Aveva sempre giocato secondo le regole, senza mai dimenticarsi dell'importanza del suo titolo di duca. Non si sarebbe dovuto pentire di niente. Ma quella sera aveva perso le redini del suo 14


decoro. D'altra parte, mantenere il decoro che cosa gli era valso? Una pioggerellina primaverile scendeva sulle strade, portando con sé l'odore di pietra bagnata e di stallatico. I ciottoli scivolosi luccicavano come ossidiana mentre i pedoni e i cavalli procedevano sulle pietre irregolari. Londra diventava rumorosa con la pioggia, tra le grida della gente e l'acciottolio degli zoccoli. La casa da gioco era situata in una zona piuttosto trasgressiva di Piccadilly. Era nascosta tra gli altri edifici con la facciata in pietra, e ostentava un colonnato e l'aria elegante di una ricca banca. Pesanti tendaggi di velluto oscuravano le finestre. Come aveva detto Ellingsworth, potenziali ospiti ben vestiti erano in fila sul marciapiede, in attesa che il portiere li ammettesse all'interno. A nessuno sembrava importare della pioggia, erano troppo occupati ad allungare il collo per vedere quanto mancava all'ingresso. Alex non aveva mai visto uno spettacolo simile nei molti anni in cui aveva sperimentato i divertimenti londinesi. Non immaginava di potersi fare ancora sorprendere, il che era sia allarmante che intrigante. La carrozza superò la fila verso la porta principale. Lui, Langdon ed Ellingsworth scesero dal veicolo, poi rimasero sulla strada, a guardare il più recente dei centri d'azzardo. «Non mi metterò in fila» affermò con voce piatta Alex. La sola idea che un duca potesse mettersi in coda come un impiegato che si comprava il pranzo era impensabile. «Non c'è da preoccuparsi» gli assicurò Langdon. Salì i gradini anteriori e approcciò un uomo in livrea verde. «Tornate in fila» disse il portiere senza guardarlo. «Sono stato qui ieri! Con il mio amico» protestò Langdon. Scosse Ellingsworth per la spalla. 15


«Tornate in fila» ripeté il servitore. «Dobbiamo lasciare spazio alle facce nuove, ai soldi freschi.» «Abbiamo portato una faccia nuova, con molti soldi» insistette Ellingsworth. Indicò un Alex irritato. «Questo è il Duca di Greyland.» Alla fine, la facciata impassibile del portiere si incrinò. Sgranò gli occhi mentre allungava il braccio dietro di sé per aprire la porta. «Da questa parte, Vostra Grazia.» «E i miei amici» rispose Alex con freddezza mentre le altre persone nella fila si agitavano e borbottavano scontente. «Naturalmente possono entrare.» Il portiere fece loro segno di avanzare. Alex salì i gradini, poi entrò in un atrio dove un altro servitore in livrea gli prese la giacca, il cappello e il bastone da passeggio. Quindi fece altrettanto con Ellingsworth e Langdon. «Ah, Vostra Grazia! Signori miei!» Un uomo di mezz'età con i capelli brizzolati e un atteggiamento assai amichevole arrivò a grandi passi, con la mano tesa come se stesse dando il benvenuto a vecchi amici, anche se Alex non l'aveva mai incontrato prima. In qualche modo doveva essergli giunta la notizia dall'ingresso che il duca e due altri aristocratici erano presenti. «Benvenuti! Siete tutti graditissimi ospiti del mio umile locale.» Umile non era certo la parola che Alex avrebbe usato per descrivere quel posto. Dall'atrio riusciva a scorgere due grandi stanze decorate da lampadari di cristallo, finiture di ottone lucente, dipinti equestri e tende bordate di frange dorate. Era un incrocio tra Carlton House e un bordello, anche se le due non erano poi così diverse l'una dall'altro. «Sono Martin Hamish» continuò il proprietario, con una traccia di accento scozzese nella voce. «E questo locale dove tentare la fortuna è a vostra disposizione.» Hamish schioccò 16


le dita e apparve un valletto con tre bicchieri di vino frizzante, che Langdon ed Ellingsworth afferrarono subito. Alex prese con calma il bicchiere rimanente e sorseggiò il vino. Fu piacevolmente sorpreso di trovarlo di un'ottima annata. Hamish indicò la sala da gioco principale. «Abbiamo i giochi con i dadi, il vingt-et-un, il faraone, che è stato propizio per Lord Langdon. Cibo e vini eccellenti in abbondanza. Ho alle mie dipendenze un cuoco che viene direttamente dalla corte del povero Luigi XVI. A Lord Ellingsworth sono piaciuti in modo particolare i nostri tortini al limone. Fidatevi, Vostra Grazia, signori miei, non troverete una maniera più piacevole di trascorrere una serata che sotto il mio tetto.» Alex annuì, poi si diresse verso la sala da gioco. «Fammi credito di un centinaio di sterline» gli disse Ellingsworth. «Che cosa? No» replicò subito Alex. Il denaro lo aveva, ma aveva visto il giovane amico perdere soldi come acqua dalle mani a coppa. Ellingsworth sperperava la sua rendita trimestrale a un ritmo allarmante. «Allora dammi cinquemila sterline» disse Ellingsworth con disinvoltura. «Hai bevuto di nascosto una botte di whisky mentre venivamo qui?» domandò Alex. L'amico alzò gli occhi al cielo. «Sono sobrio.» Ci rifletté sopra per un momento. «Perlopiù. Le cento sterline mi farebbero accomodare ai tavoli così potrei vincere quelle cinquemila.» «Che ti servono perché...?» «Sto lavorando a un progetto. Un progetto segreto.» Ellingsworth sorrise. Alex poteva solo immaginare che follia voleva finanziare l'amico. «Un segreto costoso.» Langdon rovistò nella tasca della giacca ed estrasse una 17


banconota da cento sterline. La tese a Ellingsworth. «Buon divertimento, vecchio mio.» «I miei ringraziamenti.» Ellingsworth afferrò i soldi e si precipitò verso i tavoli. «Innanzitutto» disse Alex con esasperazione, «che diavolo fai in giro con così tanti soldi? Sei l'erede di un duca.» Langdon fece spallucce. «La maggior parte delle sale da gioco clandestine di Londra accetta solo contanti. Non sono interessati ai miei pagherò, erede di un duca o meno. L'altra domanda?» «Perché diavolo hai dato a Ellingsworth cento sterline? Le perderà e basta. Lo fa sempre.» «È mio amico, Greyland.» Langdon fece un debole sorriso. «Mi costa poco renderlo felice per qualche ora. Forse dovresti considerare il prezzo della tua felicità.» Detto ciò, Langdon si allontanò. Scuotendo la testa ai suoi giovani amici, Alex rimase da solo a osservare la sala. Al contrario di altre sale da gioco, quel luogo senza nome permetteva anche alle donne di rischiare la fortuna. Diademi, gioielli e piume erano numerosi come le spille da cravatta e i capelli tagliati alla foggia romana. Profumo, sudore e alcol permeavano l'ambiente chiassoso mentre gli ospiti vociavano intorno ai vari tavoli di carte e dadi. Altri servitori in verde si muovevano di continuo intorno alla stanza, trasportando vassoi di cibo e bevande. Lui si addentrò nella sala, prendendo tempo, valutando. Forse sarebbe riuscito a realizzare il suo programma e a dimenticarsi di se stesso per un po' in quel luogo. Allentare la pastoia che lo legava sempre. Per natura, non era un uomo incline al gioco d'azzardo. Il bisogno di scommettere somme vergognose su qualunque cosa era la maledizione del suo ceto. Il libro di scommesse di White's ne era la prova. E anche quella casa da gioco. 18


L'ampia sala a volta era gremita di clienti impazienti di provare l'eccitazione di una scommessa, l'euforia di una vincita e la disperazione di una sconfitta. La noia si scatenava tra gli aristocratici, soprattutto ora che Bonaparte era stato esiliato a Sant'Elena, senza possibilità di fuga. Quella noia suscitava il bisogno di scalpore, di emozione. Alex non aveva mai provato quel tedio, troppo impegnato com'era dalle sue responsabilità, ma conosceva molti che lo provavano. Ellingsworth e Langdon erano due dei molti uomini affamati di esperienze. Langdon, soprattutto, sembrava fiorire con le sfide e il pericolo. Alex era di poco più vecchio e forse si riteneva anche il più saggio. Ma quello che cosa gli aveva portato? Fece un passo verso un tavolo da gioco. Al diavolo. Era ora di abbandonare un po' di controllo. Di affondare i denti nella carne della vita. Ma prima di raggiungere il tavolo, vide diversi clienti guardare nella sua direzione. Alcuni stavano sussurrando dietro la mano e i ventagli. Qualcuno gli gettò un'occhiata con quella temuta emozione: la pietà. Lui ingollò il resto del vino. All'inferno, non c'era un posto dove potesse sentirsi a proprio agio? Se volevano qualcosa di cui sparlare, avrebbe dato loro scandalo a sufficienza per il successivo decennio. Si avvicinò a un tavolo di vingt-et-un. Gli sguardi e i sussurri lo seguirono. Il Duca di Greyland non giocava mai. Quella sera l'avrebbe fatto. Scommise in maniera selvaggia, incurante delle proprie carte. Vincite e sconfitte si susseguirono finché non gli interessò più quanto denaro avrebbe vinto o perso. Avrebbe potuto essere un'inezia o una fortuna. Che cosa importava? Si radunò una piccola folla, a osservare la scena con malcelato divertimento. 19


«È impazzito» sussurrò qualcuno. «Quella ragazza gli ha tolto il senno» affermò un altro. Lui piazzò un'altra sconsiderata scommessa. Una voce alle sue spalle tuttavia lo paralizzò. Lo immobilizzò come le radici di una quercia e lui non riuscì a muoversi sotto il suo memorabile, familiare incanto femminile. «Non volete giocare un'altra mano, milord? Sono sicura che la casa vi farà credito. Su, vi porterò un bicchiere di vino.» Conosceva quella voce. La sua voce. La Regina Perduta. Ma non poteva essere. Doveva essere un'illusione, come la risata di quella donna nella locanda. «Avete fame, milord? Il cuoco ha appena preparato una superba bistecca avec poireaux vinaigrette.» No, non era un'illusione. Due anni svanirono come ghiaccio nel fuoco mentre Alex si voltava piano, senza curarsi di essere a metà di una partita. Il suo corpo ruggì di sofferenza e piacere. Eccola. Dolorosamente indimenticabile. Di una bellezza devastante. Esile come una betulla, con chiari capelli dorati che incorniciavano un viso di una grazia straordinaria. Con indosso un abito da sera di raso color bronzo, i capelli raccolti da fermagli di ambra, era in piedi accanto a Lord Coleman e rivolgeva al vecchio conte il suo sorriso seducente. Aveva la mano appoggiata con delicatezza al braccio di lui. Non era una delle clienti. Lei... lavorava lì. Ma come? Perché? Che cosa significava tutto ciò? «Cassandra.» Il nome gli uscì dalle labbra stridente, come se il suo corpo fosse una caverna che era rimasta chiusa per un millennio. Non lo pronunciò a voce alta, in quel momento non ci riusciva. Eppure lei alzò subito lo sguardo. I suoi occhi nocciola incontrarono quelli di Alex. 20


Per una frazione di secondo l'espressione della donna mostrò gioia, desiderio. Poi orrore. Lui sbatté le palpebre e quelle espressioni le svanirono dal volto. Apparve tranquilla e indecifrabile. Era come se lui avesse immaginato le sue emozioni. Alex era sorpreso. Il cuore gli martellava e la bocca gli si asciugò. «Alex?» sussurrò lei. Era davvero lei. Cassandra. La Regina Perduta. La donna che gli aveva spezzato il cuore due anni prima.

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Passione e inganno EVA LEIGH LONDRA, 1818 - Alexander Lewis, Duca di Greyland, non riesce a dimenticare l'affascinante vedova Cassandra Blake che, dopo una notte d'amore e una consistente somma di denaro in prestito, è svanita nel nulla. Anni dopo, quando il duca si ritrova faccia a faccia con lei in una sala da gioco, scopre che l'amore che ha coltivato per tutto quel tempo si fonda su una bugia. Tuttavia quella donna, verso cui il destino non è stato magnanimo, ha bisogno di lui. Il duca accetta di aiutarla e con lei si addentra nei segreti più oscuri e torbidi di Londra. Ma i rischi sono alti, soprattutto se tra i due riesplode la passione.

Un corteggiamento pericoloso MADELINE HUNTER INGHILTERRA, 1822 - Adam Penrose, Duca di Stratton, ha la fama di essere un uomo pericoloso guidato da un cocente desiderio di vendetta. Quando incontra Clara Cheswick perde la testa per lei. Clara, però, è una donna indipendente ed è impegnata nel giornale femminile che ha fondato: il matrimonio non è nei suoi progetti. Tuttavia, il suo istinto giornalistico la porta a decidere di aiutare il duca a far luce sul mistero che riguarda la tragica e infamante fine del padre. Tra colpi di scena e scoperte, corteggiamenti serrati e scandali, la passione prende il sopravvento...


La nuova lady del clan ADRIENNE BASSO SCOZIA, 1334 - Quando Malcolm McKenna viene accusato di aver sedotto e abbandonato la giovane figlia di un laird, l'intero clan gli si stringe attorno per sostenerlo, ma il vero aiuto gli arriva inaspettato dall'intelligente Lady Joan Armstrong Fraser. La bellissima Joan ha alle spalle un matrimonio infelice e può contare solo sulla propria forza d'animo, perché non ha una famiglia pronta a schierarsi dalla sua parte... La necessità e la profonda attrazione, che esplode tra Malcolm e Joan, li spingono a un matrimonio repentino, ma le prove che il loro amore dovrà superare sono appena cominciate.

La tentazione del visconte MAGGIE ROBINSON INGHILTERRA, 1881 - Ritornato dalla guerra il Visconte Henry Challoner non riesce a riprendere la sua vita. Nel villaggio di Pudding-on-the-Wold, presso una struttura riabilitativa, potrà rimettersi in sesto in un tranquillo contesto di campagna. La maestra Rachel Everett vive nel villaggio e ha rinunciato ai suoi sogni per dedicarsi alla cura del padre. Quando si incontrano, l'attrazione è immediata e la passione incontrollabile, ma contravviene alle regole della struttura. Oltretutto, nelle vene della donna non scorre sangue blu. I due sapranno aggirare i vincoli sociali e i demoni del passato per stare insieme? Dal 21 aprile


Le più belle saghe storiche d’autore, da collezionare.

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