ROMANCE
DIANA PALMER
Passione selvaggia
Immagine di copertina: adamkaz/iStock/Getty Images Plus/Getty Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Nora HQN Books © 2008 Diana Palmer Traduzione di Alda Barbi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2021 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance ottobre 2021 Questa edizione Harmony Romance ottobre 2013 HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 278 dello 26/10/2021 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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Il suo nome era Eleanor Marlowe, ma quasi tutti la chiamavano Nora. Un nomignolo semplice, senza artifici, proprio come era Nora, la maggior parte delle volte. Nata nell'età Vittoriana, era cresciuta a Richmond, Virginia, nel modo che si addiceva a una signora altolocata. Possedeva però una vena sorprendentemente avventurosa per una giovane tanto convenzionale. Nora tendeva a essere impulsiva e a volte irrequieta. La sua natura vivace aveva rappresentato una preoccupazione costante per i suoi, in passato. Da ragazzina, era sopravvissuta a diversi incidenti in barca e si era procurata un braccio rotto cadendo da un albero da dove osservava gli uccelli, vicino alla casa di vacanze di famiglia a Lynchburg, Virginia. Alla scuola privata, aveva ottenuto risultati eccellenti e in seguito aveva frequentato una tra le migliori scuole di perfezionamento per signorine. Quando ebbe raggiunto i vent'anni, Nora si era un po' calmata e, grazie alla ricchezza della sua famiglia, era diventata una persona in vista dell'alta società. Aveva viaggiato su e giù lungo la Costa Orientale e nei Caraibi, oltre che in Europa. Era colta, di buone maniere e conosceva a fondo gli usi e i costumi degli altri paesi. Ma la sua infatuazione persistente per l'avventura le procurò un colpo devastante in Africa. Era stata a un safari in Kenya, al seguito di tre cugini maschi con le rispettive mogli, accompagnata anche da un pretendente altezzoso che si era autoinvitato. Il loro grup5
po di cacciatori comprendeva anche Theodore Roosevelt, in corsa per la vicepresidenza a fianco del Presidente William McKinley, che anelava a un secondo incarico. Roosevelt era andato a caccia con i suoi cugini e gli altri uomini, mentre Nora era rimasta con le cugine in un'elegante magione. Fu elettrizzata quando le fu permesso di unirsi ai cacciatori per una notte, mentre gli uomini erano accampati presso il fiume vicino. Il suo pretendente particolarmente insistente, Edward Summerville dalla Louisiana, era irritato dal distacco inattaccabile di Nora. Lei godeva della reputazione di essere fredda, mentre lui era un noto damerino. L'indifferenza di Nora lo faceva arrabbiare e per questo raddoppiò gli sforzi per accattivarsela. Quando fallì di nuovo, si rese tremendamente offensivo nei brevi momenti in cui restarono soli in riva al fiume. Le sue carezze indesiderate l'avevano messa nel panico. Lottando per sfuggirgli, Nora si era strappata la camicetta, oltre al velo in tulle che proteggeva la sua pelle delicata dai morsi degli sciami di zanzare lungo il fiume. Mentre si sforzava di ricoprire la pelle esposta, era stata pizzicata ripetutamente. Uno dei suoi cugini, indignato, aveva steso Summerville con un pugno e lo aveva cacciato dal campo. Ma prima di andarsene, Summerville aveva accusato Nora di averlo circuito e aveva giurato vendetta. Lei non lo aveva circuito, e tutti quanti al campo lo sapevano, ma l'orgoglio di Summerville aveva ricevuto un duro colpo e voleva farle del male a ogni costo. Tuttavia, l'ira dell'uomo si rivelò in seguito l'ultima delle sue preoccupazioni. Nora sapeva delle febbri pericolose che potevano insorgere dai morsi di zanzara, ma dopo che furono passate tre settimane e lei stava ancora bene, si rilassò. Fu solo quando si trovò di nuovo a casa, quasi un mese dopo essere stata punta, che il medico di famiglia le diagnosticò la malaria e le prescrisse polvere cristallina di chinino per debellarla. Il chinino le fece rivoltare subito lo stomaco, e le dissero che l'avrebbe protetta solo dall'infezione fintanto che 6
lo avesse effettivamente preso. Non c'era cura per la sua condizione di infetta da malaria, una prognosi che le faceva male al cuore e la rendeva furiosa nei confronti di Summerville, che l'aveva esposta a un tale rischio. Il medico di famiglia in Virginia solamente dopo che ebbe superato i primi parossismi dell'attacco, ed era oramai in via di guarigione, le disse che riteneva possibile un contagio della fatale febbre nera. Inoltre, spiegò, la febbre parossistica si sarebbe di certo ripresentata, senza possibilità di previsione, nel giro di qualche anno, più e più volte, finché fosse rimasta in vita. I sogni vaghi di Nora, una bella casa e una famiglia, svanirono all'istante. Non aveva mai trovato molto attraenti gli uomini, dal punto di vista fisico, ma voleva dei bambini. Ora tutto quanto sembrava impossibile. Come avrebbe potuto allevare un figlio quando era soggetta a febbri ricorrenti, che un giorno si sarebbero potute rivelare fatali? Così, anche i suoi sogni di avventura svanirono. Aveva desiderato tanto discendere il Rio delle Amazzoni in Sud America e vedere le Piramidi in Egitto. Di fronte all'evenienza del ripresentarsi di quella febbre terribile, però, era timorosa ad affrontare il rischio. Malgrado adorasse l'avventura, aveva molto più a cuore la propria salute. Per questo aveva condotto una vita placida e tranquilla per l'anno successivo, accontentandosi di raccontare le sue avventure africane alle amiche, impressionate dal suo coraggio e ardore. Inevitabile che i suoi exploit fossero esagerati! Per questo, divenne nota come una sorta di avventuriera. La fama di donna spericolata le piaceva, anche se non era del tutto rispondente al vero. Venne lodata come uno dei primi esempi di donna moderna. Le venne chiesto di parlare ai raduni delle suffragette e ai tè pomeridiani di beneficenza. Nora riposava così sugli allori. Di recente era stata invitata nel lontano Ovest, in una terra leggendaria di cui aveva letto e che aveva sempre sognato di vedere, una regione potenzialmente selvaggia 7
quanto l'Africa. La febbre non si ripresentava oramai da mesi. Di certo non ci sarebbero stati grandi rischi all'Ovest, e con un po' di fortuna sarebbe rimasta in salute e in forma per la durata intera della visita. Avrebbe potuto vedere un po' del selvaggio West e magari si sarebbe presentata l'opportunità di sparare a un bufalo, incontrare un fuorilegge o un vero Indiano. Rimase in piedi, colma di eccitazione, vicino alle tende in pizzo del salotto di casa, in Virginia, osservando il bel panorama di fine estate mentre stringeva tra le dita, deliziata, la lettera di sua zia Helen. C'erano quattro Tremayne nel Texas orientale: suo zio Chester, sua zia Helen e i cugini Colter e Melissa. Colter stava partecipando a una spedizione nel Polo Nord. Melissa si sentiva disperatamente sola da quando la sua migliore amica si era sposata e si era trasferita. Zia Helen desiderava che Nora andasse a trascorrere alcune settimane al ranch nel Texas orientale per rallegrare un poco Melly. Tempo prima, Nora aveva preso il treno per la California e aveva visto il territorio aspro e accidentato tra l'Atlantico e il Pacifico dal finestrino. Aveva letto dei ranch e dei texani, e le erano parsi entrambi romantici. Cowboy scattanti che lottavano contro gli Indiani e tra di loro, che salvavano donne e bambini e facevano ogni tipo di sacrifici eroici le si ripresentarono alla mente, provenienti dai romanzi da due soldi del vecchio Beadle che aveva letto di recente. Avrebbe potuto conoscere un vero cowboy, se fosse andata a trovare i suoi parenti al ranch. E sarebbe stata un'avventura, anche se non prevedeva leoni e cacciatori. Anzi, sarebbe stata una grande avventura, che le avrebbe concesso una seconda chance di mettere alla prova il proprio coraggio, di dimostrare a se stessa che non era rimasta menomata dalla febbre africana, che l'aveva tenuta ferma per così tanto tempo. «Che hai deciso, cara?» chiese Cynthia Marlowe alla figlia, mentre sfogliava l'ultimo numero della rivista Collier's. Nora si girò e la stoffa morbida del suo abito in pizzo 8
blu le sfiorò le caviglie sottili. Toccò il grosso nastro in tulle che le accarezzava la gola, secondo i dettami dell'ultima moda, con dita tremanti per l'eccitazione. «Zia Helen è molto convincente. Sì, mi piacerebbe andare! Non vedo l'ora di osservare i maestosi cavalieri del tipo descritto nei miei romanzi!» Cynthia parve divertita. Non vedeva Nora così entusiasta da quel suo ultimo disastroso viaggio in Africa. I capelli castani della figlia, raccolti in una pettinatura alta ed elegante, catturarono la luce proveniente dalla finestra e assunsero la sfumatura del rame. I capelli di Cynthia erano di quel colore quando era più giovane, prima di diventare argentei. Ma Nora possedeva anche gli occhi blu scuro dei Marlowe, nonché gli zigomi alti di un avo francese. Era più alta della madre, ma non alta in modo insolito. Aveva eleganza, grazia e belle maniere, oltre al dono della conversazione. Cynthia era molto orgogliosa di lei. Nora era particolarmente fredda con gli uomini, specialmente dopo lo spavento procuratole da Summerville e la terribile malattia che incombeva su di lei. Sarebbe stata davvero tagliata per la vita avventurosa, pensò Cynthia con tristezza, ma la febbre africana le aveva tarpato le ali. Ora, a ventiquattro anni, si era arresa alla vita da zitella, rassegnata. «Tra le altre cose, questa visita ti darebbe anche un po' di respiro dai tentativi di tuo padre di portarti a casa uomini giovani, socialmente accettabili» mormorò Cynthia, pensando a voce alta. Suo marito, infatti, era diventato esplicito in maniera imbarazzante, di recente, tendendo a essere opprimente e poco sensibile. Nora emise una risata priva di vero umorismo. Un uomo nella sua vita era l'ultima complicazione che potesse servirle. «Sì, è vero. Chiederò ad Angelina di fare le valigie per me.» «E io chiederò alla mia segretaria di occuparsi delle prenotazioni necessarie alla stazione dei treni» annuì Cynthia. «Sono certa che troverai illuminante questo viaggio.» 9
La ragazza rise, stavolta in modo convincente. «Su questo non ho dubbi. È da tanto che non vado così lontano, da sola.» Il volto le si indurì al ricordo dell'Africa. «Ma dopotutto, il Texas non è l'Africa.» Cynthia si alzò in piedi. «Mia cara, è molto improbabile che la febbre si ripresenti così spesso. Sono passati diversi mesi dagli ultimi sintomi. Cerca di non preoccuparti. Ricorda che Chester e Helen sono la tua famiglia, in fondo. Si prenderanno cura di te.» Nora sorrise. «Certo che lo faranno. Sarà un'avventura deliziosa.» Nora ricordò quelle parole quando si ritrovò sul binario della stazioncina deserta di Tyler Junction, Texas, in attesa che i suoi zii la venissero a prelevare. Il viaggio in treno era stato abbastanza confortevole, ma lungo, e lei era molto stanca. Così stanca che, a dire il vero, il suo entusiasmo si era un po' offuscato. Solo un po'. E doveva ammettere che la stazione ferroviaria non era all'altezza delle sue aspettative. Non c'erano Indiani nella loro tenuta gloriosa, né fuorilegge mascherati; niente stalloni impettiti cavalcati da cowboy galanti e pittoreschi. In effetti, aveva l'aria di una cittadina orientale. Nora iniziò a percepire un lieve disappunto e un calore insopportabile, mentre il sole del Texas le batteva sul cappello grazioso. Si guardò di nuovo intorno, alla ricerca dei parenti. Il treno era in ritardo, per cui era probabile che fossero andati a prendere qualcosa da bere o da mangiare al ristorante che intravedeva in lontananza. Osservò le proprie eleganti valigie in cuoio e il baule, chiedendosi come avrebbe fatto a trasportarle al ranch se non fosse arrivato nessuno a prenderla. La tarda estate sarebbe stata più sgradevole nel Texas sud orientale che in Virginia, constatò. Indossava una delle sue tenute da viaggio alla moda. Il vestito che le era parso così comodo quando aveva lasciato la Virginia ora la soffocava. Zia Helen le aveva scritto di quel posto. Tyler Junction era piccola e rurale, una cittadina del Texas sud orientale, 10
non troppo distante da Beaumont. Lì, la maggior parte dei pettegolezzi locali passava di bocca in bocca all'ufficio postale o al banco delle bevande non alcoliche, anche se il quotidiano Beaumont Journal forniva tutte le notizie nazionali, gli appunti sociali e le storie di interesse locale. C'erano due delle piccole automobili nere, prodotte da Henry Ford, sulle stradine polverose, guidate da membri in vista della società, e il resto della popolazione si arrangiava con calessi, carrozze, carri scoperti e cavalli. Non era difficile intuire quanto l'allevamento di animali fosse ancora un'importante attività del posto. In lontananza, Nora individuò diversi uomini in stivali, jeans e cappelli Stetson a tesa larga. Ma non erano uomini giovani e impetuosi. In realtà, la maggior parte di loro appariva vecchia, curva e piegata. Zio Chester una volta, quando era andato con zia Helen a trovarli in Virginia, le aveva detto che la maggior parte dei ranch in Texas, in quei giorni, apparteneva a società, a loro volta possedute da grandi aziende. Anche il ranch di Chester apparteneva a una grande associata del Texas occidentale, un cartello, e lui percepiva un salario per gestirlo. I vecchi tempi dei magnati dei ranch, come Richard King, che aveva fondato il famoso King Ranch nel Texas sud orientale, e il parimenti famoso gigante dei ranch, Brant Culhane, nel Texas occidentale, erano finiti per sempre. Ormai, il denaro si faceva con il petrolio e l'acciaio. Rockefeller e Carnegie avevano il controllo di quelle industrie, così come J.P. Morgan e Cornelius Vanderbilt controllavano le ferrovie del paese e Henry Ford la nuova follia dei trasporti, l'automobile. Era un'epoca di costruttori di imperi, ma di tipo industriale, non agricolo. I tempi degli allevatori e dei cowboy erano quasi finiti. Zia Helen aveva scritto che un manipolo di cercatori stava facendo scavi per trovare petrolio nell'area di Beaumont, perché alcuni geologi avevano detto che pochi anni prima il terreno intorno al Golfo era probabilmente su un vero e proprio lago di petrolio. Nora 11
riteneva buffa l'idea: come se chiunque potesse trovare grandi pozze di greggio in quella terra verde e lussureggiante! Mentre rimuginava su questo, guardò con aria assente un uomo alto e degno di nota, con stivali, Stetson scuro e copricalzoni in cuoio, attraversare la strada polverosa verso la stazione. Ecco, quello era un vero cowboy! Il cuore accelerò, immaginando il tipo d'uomo incredibile che doveva essere. Che peccato che uomini del genere seguissero il destino degli Indiani, condotti all'estinzione alla fine di un tracciato ferroviario! Chi avrebbe salvato le vedove e gli orfani, combattendo i pellerossa? Era così persa nelle ipotesi romantiche sul mito che si avvicinava in fretta che le ci volle un minuto per rendersi conto che il cowboy si dirigeva proprio verso di lei. Sollevò le sopracciglia, eccitata, sotto la veletta sbarazzina del suo cappello parigino, e il cuore le batté all'impazzata. Capì quasi subito che l'uomo sul quale aveva fantasticato non doveva essere molto più che un dipendente stipendiato – dopotutto, i cowboy si occupano del bestiame – e scoprì di colpo che guardare un cowboy pulito e immacolato, romanticamente pittoresco, sulle pagine di un libro era molto diverso dal trovarsi faccia a faccia con l'articolo in carne e ossa. Il cowboy, così dignitoso e attraente dall'altra parte dell'ampia strada, era un vero e proprio shock visto da vicino. Appariva non rasato, addirittura sporco. Nora trattenne un brivido di disgusto quando lo sguardo le cadde sulle gocce di sangue sopra i copricalzoni in cuoio usurati, che gli ballonzolavano sulle gambe mentre camminava. Gli speroni tintinnavano al ritmo dei suoi passi. Gli stivali erano curvati verso l'alto in punta ed erano generosamente ricoperti di una sostanza che, in modo enfatico ed esplicito, non era fango. Se quell'uomo avesse cercato di salvare una vedova o un orfano sopravento, entrambi sarebbero fuggiti da lui a gambe levate! La sua camicia a scacchi blu era bagnata di sudore e appiccicata al corpo in maniera indecente; metteva in mo12
stra i suoi muscoli estesi e i peli scuri che scendevano dal collo verso il basso. Nora strinse la borsa tra le mani per mantenere un contegno. Che strano che sentisse un pizzico di attrazione per un uomo così... incivile e carente dal punto di vista igienico. Inoltre, nemmeno la lisciva sarebbe stata sufficiente a compiere l'opera, pensò, maligna. Si sarebbe dovuto metterlo a sbiancare in candeggina per giorni e giorni... Lui guardò in cagnesco il suo sorriso, nascosto in fretta. Aveva capelli corvini, lisci e umidi su di un volto magro ricoperto di polvere, sul quale le gocce di sudore avevano scavato solchi austeri. Gli occhi erano stretti, protetti da una fronte corrugata, occultata dall'ombra del cappello dalla tesa larga. Aveva sopracciglia spesse e scure, il naso diritto e zigomi alti. La bocca era ampia e cesellata e il mento possedeva un piglio che la mise subito in guardia. «Miss Marlowe?» le chiese, con l'accento strascicato e profondo del Texas, senza curarsi di fingere di contraccambiare il suo sorriso divertito. Nora si guardò intorno, sul binario deserto, e sospirò. «In effetti, signore, se non lo fossi, dovremmo prepararci entrambi a una sorpresa.» Lui restò fermo a fissarla come se non riuscisse a inquadrarla bene. Nora decise di aiutarlo. «Fa molto caldo. Vorrei andare al ranch il prima possibile. Non sono abituata al calore e... agli odori» precisò, con un fremito involontario delle narici. L'uomo sembrava in procinto di scoppiare per la fatica di non rispondere a tono, ma non disse una parola. Il suo sguardo la catalogò in fretta come una donna dell'est con più soldi di quanti gliene servissero e una grande mancanza di tatto. Incredibilmente, però, si sentiva insultato. Si limitò a inclinare il capo, prendendo nota dei suoi numerosi bagagli. «Vi trasferite qui?» chiese, lento. Nora spalancò gli occhi. «Questo è lo stretto necessario» si difese. «Devo pur avere le mie cose.» Non era abituata a essere interpellata dalla servitù. Lui sospirò in modo ben percepibile. «Per fortuna ho 13
portato il carro scoperto. Con le scorte che ho già comprato, questa roba sporgerà di certo ai lati.» Nora si rigirò la borsetta tra le mani snelle e sfoggiò un sorriso. «Se così fosse, voi potreste sempre correre di fianco al carro con la roba eccedente sul capo. I portatori fanno proprio questo nei safari, in Africa» spiegò, cortese. «Lo so perché l'ho fatto io stessa.» «Avete corso di fianco a un carro con i bagagli in testa?» chiese lui, sfacciato e impudente. «Ma... certo che no!» borbottò Nora. «Ho fatto un safari. È questo che ho detto.» Il cowboy atteggiò le labbra a un sorrisetto e si piantò le mani sui fianchi, fissando dall'alto in basso la sua espressione corrucciata. «Un safari? Una donna inesperta, piccola e fragile come voi, in un'impresa del genere?» Sbirciò il suo abito di sartoria e il cappello con veletta, divertito. «Questa è bella.» Ritornò da dove era venuto e raggiunse un carro attaccato a un bel cavallo a mezza via dalla stazione. Nora lo seguì con lo sguardo, in preda a emozioni contrastanti. Tutti gli uomini che aveva conosciuto erano stati come minimo educati e protettivi. Quell'uomo era impassibile e non sceglieva le parole per compiacere la sua femminilità. Nora era indecisa tra il rispetto e la furia esplosiva. Era proprio un bel presuntuoso, per essere un uomo così sozzo. Non si era tolto il cappello, né se lo era toccato in segno di rispetto. Nora era abituata a uomini che facevano entrambe le cose e le baciavano la mano, per salutarla, all'europea. Era troppo critica, si disse. Quello era l'Ovest e a quel pover'uomo probabilmente non erano mai state insegnate le regole del vivere in società. Avrebbe dovuto considerarlo come uno dei portatori nativi africani di cui gli aveva parlato, gente gentile ma non istruita, il cui compito era servire per una paga misera. Cercò di immaginarselo con un perizoma e dovette reprimere un'altra risata. Attese con pazienza finché il suo benefattore non la 14
raggiunse con il carro stracarico; legò il cavallo a un palo e iniziò a caricare le sue borse con una pazienza sofferta. Nora esitò in disparte, soffermandosi sul bizzarro pensiero di dovergli essere grata se non le aveva suggerito di fare il viaggio seduta dietro, con i bagagli. Lo guardò, immaginando che l'avrebbe aiutata a salire sull'ampio sedile anteriore. Non si sarebbe dovuta sorprendere nel vederlo invece già sistemato, con le redini tese impazientemente tra le mani magre. «Avevate fretta, mi pare?» chiese stoico. Si tirò indietro il cappello e la fissò con i due occhi più sconvolgenti che lei avesse mai visto. Erano inaspettatamente chiari in quel volto scuro, un grigio simile all'argento. Erano taglienti come la lama di un coltello e altrettanto impenetrabili. «È una fortuna che io possieda doti atletiche» disse Nora con sdegno sorridente, prima di salire sul mozzo della ruota e gettarsi con grazia sul sedile. Malauguratamente, andò oltre il sedile e finì in un misero mucchio di vesti pulite sopra i copricalzoni del cowboy. L'odore la stordì, anche se la sensazione delle cosce dure e muscolose contro il seno le fece battere forte il cuore. Prima di avere il tempo per sentirsi troppo sconvolta dall'intimità del contatto, lui la sollevò con mani d'acciaio e la mise a sedere al suo posto. «Niente di questa roba, ora» disse con lo sguardo austero. «Vi conosco, voi donne selvagge di città. Non sono un uomo con cui giocare, desidero che lo sappiate.» Nora era già abbastanza imbarazzata per la propria goffaggine senza dover essere catalogata come una sgualdrina. Mandò indietro il cappellino fuori posto con una mano che, apparentemente, puzzava come gli stivali del cowboy. Doveva avergli sfiorato i jeans. «Oh, per l'amor del cielo!» sbottò, alla ricerca furiosa di un fazzoletto con il quale cercò di far sparire l'odore orribile. «Puzzerò come una stalla!» Lui la sbirciò di sbieco e schioccò le redini per far partire il cavallo. Poi sorrise e accentuò la parlata strascicata, a beneficio di Nora. Decise infatti di accontentarla e ade15
guarsi all'immagine che si era fatta di lui. «Cosa vi aspettavate da un uomo che lavora con la schiena e le mani?» le chiese, gentile. «Vi dirò, vivere all'aperto, qui in mezzo, è il miglior tipo di vita. Un cowboy si deve fare il bagno al massimo una volta al mese, come del resto vestirsi elegante e praticare i modi da salotto. È un essere libero e indipendente, lui e il suo cavallo, sotto l'ampio cielo del West. Libero di gozzovigliare con donne di malaffare e ubriacarsi ogni fine settimana. Quanto amo la vita libera!» proclamò con fervore. Tutte le illusioni di Nora sui cowboy vennero ribaltate. Stava ancora sfregandosi le mani quando imboccarono la strada sterrata fuori città, e ormai aveva deciso che avrebbe dovuto gettare i suoi bellissimi guanti di pelle grigia. L'odore non si sarebbe mai dileguato. Era piovuto all'inizio della settimana, e c'erano larghi solchi nella strada che rendevano il viaggio disagevole. «Non parlate molto, vero?» la incalzò lui. «Si dice che le donne della costa orientale siano molto intelligenti» aggiunse, perfezionando la sua imitazione del campagnolo. Nora non si accorse della presa in giro. «Se fossi intelligente, non avrei mai lasciato la Virginia» sbottò, indignata. Sfregò con furia un'altra macchia sull'orlo della sua gonna lunga. «Oddio, che penserà zia Helen?» Lui le rivolse un sorriso lento e impertinente. «Be', magari penserà che voi e io abbiamo amoreggiato lungo il tragitto verso casa.» La sua espressione, anche attraverso la veletta, avrebbe inviato un uomo meno tosto di corsa giù dal carro. «Amoreggiare? Con voi? Signore, preferirei baciare un... un... un minatore! No, ritiro, un minatore non puzzerebbe così tanto. Preferirei baciare un tacchino.» Lui appoggiò le redini sui fianchi del cavallo per incitarlo, quando l'animale rallentò sotto un albero ombroso di mesquite, e ridacchiò. «Vale la pena tenere dei tacchini, qui. Ripuliscono le carcasse, così il mondo ha un odore più dolce per voi, piccole signore raffinate dell'alta società.» 16
Era ovviamente sarcastico nei suoi confronti. Lo fulminò con uno sguardo, che però non lo scalfì. «Siete molto diretto per essere un dipendente» sbottò allora, indignata. Lui non replicò. Aveva un modo sgradevole di apparire due gradini più in su di lui nella scala sociale, come volesse ricordargli che lei era una signora, lui un umile servitore. Avrebbe potuto ridere, data l'ironia. Dopo essersi arresa al tentativo di rimuovere la puzza dalle mani, Nora si sventolò con un ventaglio di cartone colorato che aveva avuto da un inserviente sul treno. Era l'ultima settimana d'agosto e faceva un gran caldo. Doveva essere per via della brezza del golfo che arrivava danzando dalla costa vicina, pensò, interrogandosi su quell'intensità soffocante. Nell'est, da dove veniva, ci si sarebbe aspettati temporali furiosi in presenza di quel genere di caldo. Solo l'anno prima, c'era stato un uragano sulla costa orientale, che si era portato via la vita di un suo cugino. Nora faceva ancora incubi sull'acqua alta. Fu quasi sopraffatta dall'umidità soffocante. Il corsetto che portava sotto la gonna lunga e la giacca a maniche lunghe le toglievano il fiato. Non che il suo compagno apparisse molto più fresco, doveva ammetterlo. La sua camicia sottile era intrisa di sudore e, con sua grande sorpresa, gli occhi di Nora furono attratti dai muscoli ben delineati delle braccia e dal petto ricoperto di peli. Aveva visto uomini di altre razze senza camicia, ma non aveva mai contemplato un gentiluomo in una condizione simile. Anche se quello non era un gentiluomo. Era incomprensibile che un comune lavoratore potesse risvegliare quei sensi che era sempre riuscita a tenere sopiti. Cavoli, la rendeva nervosa! E le mani snelle che stringevano il supporto in legno del bel ventaglio, con la sua rappresentazione colorata dell'Ultima Cena da un lato e la pubblicità di un'impresa di pompe funebri dall'altro, stavano davvero tremando. «Lavorate per mio zio Chester, vero?» chiese, tanto per fare conversazione. 17
«Già.» Attese, ma quella fu l'unica risposta che ebbe. «Di che cosa vi occupate?» aggiunse, pensando che potesse essere impiegato in qualche attività più impegnativa della semplice cura del bestiame del ranch. Lui si girò con lentezza. All'ombra della tesa del cappello, gli occhi argentei brillavano come diamanti. «Sono un cowboy, ovvio. Lavoro con gli animali. Avrete notato che i miei stivali sono pieni di...» Enunciò la parola volgare che descriveva la sostanza molle sugli stivali. Lo disse con intento deliberato, e in aggiunta, sorrise. La risposta la fece arrossire. Avrebbe dovuto colpirlo, ma non lo avrebbe fatto. Non avrebbe fatto ciò che lui si aspettava in seguito alla sua mancanza di decenza e delicatezza. Gli rivolse solo uno sguardo vacuo, fece un lieve gesto noncurante con le spalle e riportò la sua attenzione al paesaggio, come se non fosse stato detto nulla. Avendo attraversato il Texas occidentale una volta durante un viaggio, si accorse subito della diversità di clima e vegetazione in questa zona del Texas. Qui non c'erano cactus e deserto, ma alberi come magnolie, sanguinelle e pini. L'erba era ancora verde malgrado il periodo dell'anno, e alta dove il bestiame pascolava, dietro lunghi steccati bianchi e filo spinato grigio. L'orizzonte sembrava sedere esattamente sul terreno in lontananza, poiché non c'erano né colline né montagne. Si intravedeva la foschia del calore che saliva dai laghetti e dalle pozze dove le bestie si abbeveravano. C'erano due fiumi che scorrevano paralleli al Tremayne ranch, aveva scritto sua zia, il che poteva spiegare la vegetazione lussureggiante. «È molto bello qui» osservò, assente. «Molto più bello che dall'altra parte dello Stato.» Lui la guardò, bieco. «Voi dell'est, pensate tutti che una cosa debba essere verde per essere bella.» «Ma è ovvio» rispose con semplicità, fissando il suo profilo. «Come può essere bello un deserto?» Il cowboy si girò di nuovo e la studiò con gli occhi 18
stretti. «Be', una petunia di serra come voi di certo lo troverebbe un posto duro.» Nora lo fissò, severa. «Io non sono una pianta di serra. Ho cacciato leoni e tigri in Africa» disse, ricamando un po' sul suo unico giorno di safari. «E...» «E una notte nel deserto del Texas sarebbe la vostra rovina» la interruppe, affabile. «Un serpente a sonagli si infilerebbe a letto con voi e non vi si rivedrebbe più fino al prossimo inverno.» Nora rabbrividì al solo pensiero dei serpenti. Aveva letto di quelle vili creature nei romanzi di Mr. Beadle. Il cowboy vide la reazione, sebbene cercasse di nasconderla. Gettò indietro la testa e rise. «E voi avete cacciato i leoni?» le chiese, oltraggioso, ridendo più forte. Nora emise un suono roco sottovoce. «Bruto puzzolente!» «Ehi, visto che siamo in tema di odori» disse lui, chinandosi ad annusarla e facendo una faccia schifata. «Anche voi puzzate come una moffetta essiccata.» «Solo perché vi siete rifiutato di aiutarmi a salire sul carro e sono caduta sulle vostre puzzolenti...» Fece un gesto impotente verso i copricalzoni in cuoio. «Quelle cose!» Li indicò, frustrata. Lui si chinò un poco, gli occhi colmi di ironia. «Gambe, mia cara» spiegò. «Si chiamano gambe.» «Quelle cose di cuoio!» si infuriò Nora. «E io non sono la vostra cara» sbottò, perdendo il suo ammirevole portamento su quel sedile scomodo. Lui ridacchiò. «Oh, potreste avere voglia di esserlo, un giorno. Ho alcune qualità ammirevoli.» «Fatemi scendere da qui! Proseguo a piedi» urlò. Lui scosse il capo. «Ora, su, vi verrebbe mal di piedi e io sarei licenziato, e noi non lo vogliamo, vero?» «Sì, lo vorremmo.» Sorrise al volto rosso e agli occhi infuriati. Erano come fiamme blu, e la bocca era carina e morbida. Il cowboy dovette riportare l'attenzione sulla strada. «Vostro zio non ce la farebbe senza di me ora, quindi sedete tranquilla, 19
Miss Marlowe, e vedete di far sbollire l'ira. Sono un buon uomo, una volta che si impara a conoscermi.» «Non ho intenzione di imparare a conoscervi.» «Ehi, ehi, vi irritate in fretta, vero? E io che pensavo che voi, ricche signore dell'est, foste di temperamento mite.» Schioccò le redini per aumentare la velocità del cavallo. «Probabilmente vale per quelle che non vi hanno ancora incontrato!» esplose lei. Lui si girò e qualcosa brillò nei suoi occhi argentei prima che tornasse a fissare la strada con un sorrisetto. Nora non notò il sorriso, sebbene avesse la sensazione che l'uomo stesse ridendo di lei sotto la tesa del cappello. L'aveva presa in giro senza possibilità di replica. Era un'esperienza nuova per lei, e non le piaceva. Nessun uomo l'aveva mai fatta urlare come una pescivendola. Si vergognava dei propri scoppi d'ira. Si sistemò sul sedile e lo ignorò con decisione per il resto del viaggio. Il ranch era basso e piatto, bianco come la sabbia e aveva un portico frontale lungo ed elegante, oltre a un basso steccato di paletti bianchi intorno ai bellissimi giardini di fiori misti di zia Helen. Zia Helen era in piedi sotto il portico quando il carro si fermò nel vialetto d'accesso; era così simile a sua madre che Nora provò subito un po' di nostalgia di casa. «Zia Helen!» esclamò, ridendo mentre saltava sul mozzo della ruota e scendeva agevolmente dal carro senza bisogno di assistenza, prima che l'uomo al suo fianco potesse dare ulteriore dimostrazione delle sue pessime maniere mostrando a sua zia quanto ignorasse le comuni regole di cortesia. Corse dalla donna più anziana che la abbracciò con calore. «Oh, che bello rivederti!» disse elettrizzata, il volto animato, mentre mandava indietro il velo, rivelando la carnagione luminosa e squisita e gli occhi blu scuro. «Mister Barton, sarebbe stato cortese aiutare Nora a scendere dal carro» disse zia Helen all'uomo che stava 20
trasportando i suoi bagagli sotto il portico. «Sì, signora, intendevo farlo, ma è scappata giù come un pollo scottato» replicò lui, con una cortesia sfacciata, toccandosi anche il cappello per Helen, e sorrise affascinante mentre attendeva che lei gli aprisse la porta centrale e lo dirigesse verso la stanza che avrebbe occupato Nora. Bestia, pensò Nora. La parola era nei suoi occhi quando lui le passò accanto; la registrò e parve sempre più divertito e diabolico. Nora girò il capo, infuriata. Quando l'uomo fu fuori vista, Helen fece una smorfia. «È il guardiano capo del bestiame di Chester, e sa un sacco di cose sugli animali e gli affari connessi. Ma ha un senso dell'umorismo piuttosto strano. Mi spiace se ti ha offesa.» «Chi è?» chiese Nora, riluttante. «Callaway Barton» replicò la zia. «Che famiglia è la sua, voglio dire?» «Non sappiamo. Conosciamo il suo nome, ma poco altro di lui. Lavora durante la settimana e svanisce nel fine settimana, come aveva specificato nel contratto firmato con Chester. Noi qui non ficchiamo il naso nelle vite altrui» aggiunse candida. «È un tipo misterioso, ma in genere non è mai villano o maleducato.» «Non è stato villano» mentì Nora, togliendosi la polvere dal volto per mascherare il rossore. Helen sorrise. «Non lo avresti detto neppure se lo fosse stato. Sei bene educata, mia cara» commentò orgogliosa. «È evidente che hai sangue blu.» «Anche tu. Tu e mamma discendete da una stirpe reale europea. Abbiamo cugini di discendenza reale in Inghilterra, e io li vado a trovare un paio di volte l'anno.» «Non ricordarlo a Chester.» Helen sorrise con espressione cospiratrice. «Lui è di discendenza operaia ed è evidente che le mie radici a volte lo imbarazzano.» Nora dovette mordersi la lingua per trattenere un commento vivace. Non poteva immaginare di nascondere una parte della propria vita per placare l'ego di un uomo. D'altronde, zia Helen era cresciuta in un'epoca diversa, con 21
regole differenti. Non aveva il diritto di condannarla o giudicarla, dal suo status di donna moderna. «Ci prendiamo un tè con i sandwich?» chiese Helen. «Farò portare il cibo in salotto da Debbie non appena ti sarai rinfrescata un poco.» Arricciò il naso. «Devo dire, Nora, che è un... odore molto strano, quello che emani.» Nora avvampò. «Sono... caduta addosso a Mr. Barton salendo sul carro, e ho sfregato la mano contro quella roba orrenda... sui suoi... su quelle cose di cuoio che indossava» balbettò. «I copricalzoni» disse sua zia. «Oh. Sì, quelli.» Helen ridacchiò. «Be', è inevitabile che chi lavora si sporchi. Si potrà poi lavare.» «Spero di sì» sospirò Nora. Il cowboy alto ritornò dal corridoio dopo avere scaricato i suoi pesi. Helen gli sorrise. «Chester vi voleva vedere al vostro ritorno, Mr. Barton. Lui e Randy stanno lavorando alla vecchia stalla per cercare di sistemare il mulino.» «Porto via il carro e lo raggiungo al più presto. Buona giornata, signora.» Si toccò il cappello in segno di cortesia all'indirizzo di Helen. Annuì educatamente a Nora, con gli occhi che brillavano nel vedere la sua espressione, e si avviò alla porta d'ingresso, facendo tintinnare gli speroni a ogni passo. Helen lo stava guardando. «La maggior parte dei cowboy a terra è goffa» notò. «Forse perché passano tanto tempo a cavallo. Ma Mr. Barton non è goffo, vero?» Nora lo guardò, sperando che inciampasse in uno degli speroni e sbattesse la faccia per terra. Non fu così. Alzò la mano per togliersi lo spillo che teneva fermo il cappellino. «Dov'è Melly?» chiese. Helen esitò. «In città, a trovare un'amica. Tornerà stasera.» Nora era molto sorpresa, mentre si toglieva gli abiti da viaggio e li sostituiva con una semplice gonna lunga, una camicetta bianca alla marinara e si sistemava la lunga 22
treccia castana intorno al capo. Melly aveva solo diciotto anni e adorava la cugina maggiore. Erano buone amiche. Come mai non era lì ad accoglierla? Raggiunse Helen nel salotto e, mentre sorseggiavano un tè con biscotti al limone fatti in casa, chiese di nuovo della cugina. «Oggi pomeriggio è andata a cavalcare con Meg Smith, e so che presto sarà di ritorno. Forse è meglio che ti dica la verità. Era innamorata dell'uomo che ha sposato la sua migliore amica, ed è inconsolabile. Non ha neppure potuto rifiutare di fare da damigella d'onore al matrimonio.» «Oh, mi spiace! Che cosa terribile!» esclamò Nora. «L'abbiamo compatita, ma è stato un bene che quell'uomo non contraccambiasse i suoi sentimenti. Aveva alcune ottime qualità, ma non è il tipo a cui vorremmo vedere sposata nostra figlia. Inoltre, Melly troverà per certo un uomo più degno da amare. Ci sono diversi scapoli che seguono la messa con noi la domenica. Magari potrebbe essere incoraggiata a unirsi a un gruppo.» «Esatto» annuì Nora. «Farò del mio meglio per aiutarla a superare questo momento triste.» «Sapevo che lo avresti fatto. È così bello averti qui con noi!» commentò la zia, soddisfatta. Nora sorrise con affetto alla donna. «E io sono deliziata di essere venuta.» Melly tornò a casa circa un'ora dopo l'arrivo di Nora, a cavallo, con indosso una gonna da equitazione e un cappello alla spagnola, con la tesa dritta. Aveva i capelli scuri come Nora, ma privi delle sfumature castane della cugina, e i suoi occhi erano castano dorato invece che blu. Aveva la pelle abbronzata, mentre Nora era pallida, ed era esile e delicata come una bambolina. Guardandola, Nora pensò che nessun uomo potesse non desiderarla come moglie per il resto della vita. «Sono così felice che tu sia venuta» la salutò Melly dopo aver abbracciato la cugina con calore e tristezza. «So23
no stata piuttosto depressa, ma forse puoi aiutarmi a uscire da questa situazione.» Nora sorrise. «Lo spero proprio. È già più di un anno che non ci vediamo, da quando siete venuti in Virginia. Devi raccontarmi tutte le novità.» Melly fece una smorfia. «Certo, ma comprenderai che la mia vita non è piena ed eccitante come la tua. Avrò poche cose da dire.» Nora pensò ai momenti trascorsi a letto, scossa dai brividi della febbre. Melly non sapeva, come del resto gli altri, com'era finita la sua avventura in Africa. «Melly, preferirei che non ci facessi apparire così noiosi e tetri» mormorò sua madre. «Abbiamo anche una vita sociale, qui!» «Abbiamo la quadriglia, feste per l'inaugurazione di case nuove, e gare di ortografia» giunse la risposta secca. «E l'abominevole Mr. Langhorn e suo figlio.» «Quando ci riuniamo con gli altri proprietari di ranch della cooperativa, Melly dà una mano a servire» ricordò Helen a Nora. «Mr. Langhorn è uno dei proprietari locali che ha un bimbetto che è una vera peste. Mr. Langhorn non riesce a controllarlo.» «È Mr. Langhorn ad avere bisogno di essere tenuto sotto controllo» aggiunse Melly con una risata. «È vero» concordò la madre. «Ha una certa... reputazione... ed è divorziato» sussurrò la parola come se fosse disdicevole pronunciarla ad alta voce. «Be', questo non dovrebbe essere un dato a suo sfavore» iniziò a dire Nora. «Nora, il nome della famiglia è molto importante per noi. So che nelle città della costa orientale e in Europa a una donna è concessa maggior libertà che qui. Devi però ricordare che questa è una piccola comunità, e il nostro buon nome è il nostro tesoro maggiore. Non sarebbe bello che Melly venisse vista in compagnia di un uomo divorziato.» «Capisco cosa intendi» replicò Nora, gentile, chiedendosi quanto fosse davvero chiusa quella piccola società. 24
Provenendo da una grande città, faticava a comprendere la vita nelle cittadine, ovunque fossero. Dopo cena, sedettero in un silenzio paradisiaco, così profondo e sereno che si poteva udire con chiarezza il ticchettare dell'orologio del nonno... La porta a zanzariera sbatté di colpo, e due stivali pesanti si esibirono in un rumore enfatico sul pavimento di legno duro. Cal Barton infilò la testa nella porta, con il cappello in una mano. «Mi scusi, Mrs. Tremayne, ma Chester le vorrebbe dire due parole qui, sotto il portico.» Nora si chiese come mai gli speroni non tintinnassero, poi guardò in basso e capì. Ovvio, erano ricoperti di... quella cosa. Come il resto di lui, rifletté Nora, con un'espressione che rifletteva in modo eloquente i suoi pensieri in proposito, mentre sedeva con eleganza nella posizione giusta, con l'aria di trovarsi così a proprio agio in quell'opulenza da far raddrizzare di colpo la schiena di Cal. Lui notò lo sguardo di superiorità e disapprovazione che gli rivolse, e si sentì irritato fuori misura. Stavolta non sorrise. La ignorò, con uno sdegno da fare invidia a un principe. Annuì, composto, quando Helen gli rispose che sarebbe uscita subito, e se ne andò senza degnare Nora di un ulteriore sguardo. Lei si sentì piccata dal suo subitaneo distacco, e passò il resto del giorno a chiedersi perché mai l'opinione di un uomo stipendiato le dovesse importare tanto. Dopotutto, lei era una Marlowe della Virginia, e quel figlio del West poco lavato non era niente più di un mungitore, seppure gloriosamente maschio. Il pensiero la fece ridere, ma certo non poteva condividerlo con le padrone di casa.
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