Passione sotto le stelle

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“Un romanzo divertente, frizzante e sensuale. Un debutto da non perdere.” RT Book Reviews

Lui, il Playboy, il sexy milionario Adam Le Croix. Lei, Maddie, ex procuratore. Non hanno niente in comune, non c’è alcuna ragione per cui debbano stare insieme, ma quando gli opposti si attraggono…

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BRONWYN SCOTT

Passione sotto le stelle


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Rake Most Likely To Sin Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2016 Nikki Poppen Traduzione di Federica Isola Pellegrini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Storici Seduction agosto 2016 Questo volume è stato stampato nel luglio 2016 da CPI, Barcelona I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644 Periodico mensile n. 56 del 17/08/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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Dover Marzo 1835 Per tutti i diavoli! Che ora era? Brennan Carr allungò una mano al di là della sponda del letto e afferrò l'orologio dal rozzo tavolo posto accanto. Sollevandolo verso il fioco chiarore che filtrava nella stanza, sbirciò il quadrante e si lasciò ricadere sui guanciali con un gemito. Imprecò ancora una volta. Il veliero sul quale doveva imbarcarsi sarebbe salpato meno di un'ora più tardi e il sole non era ancora sorto. Si passò una mano sul viso. Dov'era volata la notte? Al suo fianco, la voluttuosa Sarah... no, non era quello il suo nome, qualcosa di simile ma non quello. Sylvia? Serena? Cynthia! Si chiamava Cynthia. La voluttuosa Cynthia si mosse e si puntellò su un gomito, esplorando con l'altra mano sotto le coperte finché non trovò ciò che stava cercando. Chiuse saldamente le dita attorno alla sua virilità. «Ah, che meraviglia! Siete di nuovo pronto per la piccola Cynthia.» Sorrise nella semioscurità, i lunghi capelli biondi che le ricadevano su una spalla. Con 5


un unico movimento fluido, si issò su di lui. «Buon per voi. Anche Cynthia è pronta» rise, riferendosi a se stessa in terza persona. Sedendo a cavalcioni su di lui, sollevò i suoi seni straordinariamente prosperosi fra le mani e cominciò a massaggiarli. «I seni di Cynthia vogliono che li succhiate.» Brennan batté le palpebre. Doveva essere completamente sobrio, dato che ricordava vividamente quanto avesse trovato spassoso l'uso infantile della terza persona la sera prima, dopo i numerosi boccali di birra che aveva tracannato nella taverna dell'albergo. Al momento, però, lo trovava irritante. Sarebbe arrivato in ritardo e questo significava che avrebbe perduto il veliero. Il suo corpo poteva ancora essere attratto dalle grazie di Cynthia, ma la sua mente l'aveva ormai chiusa fuori. Quel mattino non aveva la benché minima voglia di verificare la veridicità del vecchio detto, secondo il quale il tempo e la marea non aspettavano nessuno. I suoi compagni di viaggio si sarebbero preoccupati, specialmente Haviland. Benché nei dodici anni della loro amicizia fosse sempre stato compito di Haviland preoccuparsi per lui, si era ripromesso di comportarsi bene durante quel viaggio, di non procurare all'amico il benché minimo grattacapo. Intendeva dimostrare di essere un uomo adulto. Purtroppo, negli ultimi tre giorni, da quando cioè avevano lasciato Londra, non era stato in grado di mantenere quella promessa. Usando la massima delicatezza, tornò a depositare la ragazza sul materasso. «Mi dispiace, devo andare.» Lei gli afferrò il braccio e gettò una gamba sulla sua, le labbra carnose atteggiate a un piccolo broncio. «Non ancora. Potete fare di nuovo l'amore con la piccola 6


Cynthia. Nessuno va in nessun posto a quest'ora.» «Io sì.» Brennan tentò di divincolarsi, ma lei non mollò la presa, ignorando gli indizi che dimostravano che il loro interludio era terminato. Anche se lui non avrebbe avuto difficoltà a sventare i suoi tentativi per trattenerlo, non desiderava fare una scenata. Le scenate tendevano a rovinare il ricordo del piacere che le aveva precedute e lui amava il piacere più di ogni altra cosa. Cynthia, tuttavia, stava dando prova di una forza insospettata e stava risultando sempre più tenace, o disperata. «Non potete ancora andarvene.» Gli scoccò un luminoso sorriso e posò la mano sulla fettuccia che tratteneva le cortine del letto. «Potremmo provare con le corde. Non lo abbiamo ancora fatto.» Dette uno strattone e la fettuccia le rimase in mano. «Potrei andare a chiamare Mary nella stanza accanto. Anche lei desiderava spassarsela con voi. Potrebbe...» Brennan si rifiutò di apprendere ciò che avrebbe potuto fare Mary. Saltò giù dal letto, spingendola da parte, senza più curarsi di non ferire i suoi sentimenti. Era ora che se ne andasse. Stava cominciando a sospettare che la voluttuosa Cynthia non fosse unicamente una sarta imbronciata che voleva divertirsi un'ultima volta con lui prima di tornare nella bottega in cui lavorava. Raccolse i suoi abiti e si affrettò a infilare le gambe nei calzoni. Cynthia scese dal letto, magnificamente nuda... era difficile non lasciarsi distrarre... e sarebbe riuscita a trattenerlo se non fosse stato per l'espressione dei suoi occhi, un'espressione dura, calcolatrice, che indicava che non stava più scherzando. «Non avrete intenzione di svignarvela senza pagare la povera Cynthia. Vi ha dedicato tutta la notte.» 7


Lui immobilizzò le dita sui bottoni della camicia. Pagarla? Era una prostituta? «Avevate affermato che eravate una sarta. Che tutte voi lavoravate in un negozio di abbigliamento.» Lo rammentava chiaramente. Le tre ragazze erano entrate nella sala da pranzo dell'albergo, e avevano sorriso e civettato con lui e i suoi amici. Nolan le aveva assecondate prima di andare a giocare a carte. Archer lo aveva seguito, come al solito. Dopo di allora, le signore avevano lasciato l'elegante sala da pranzo e si erano trasferite nella taverna adiacente. Ed era lì che lui le aveva di nuovo incontrate. Idiota! Avrebbe dovuto mangiare la foglia all'istante. Solo le donne di un certo tipo frequentavano le taverne. «Sono una sarta di giorno.» Cynthia avanzò verso di lui. «Cynthia deve pur mantenersi in qualche modo. Questa stanza non è a buon mercato.» Erano approdati lì verso mezzanotte. Lei gli aveva spiegato che si trattava del suo alloggio, a solo un paio di strade di distanza dall'albergo. Brennan calzò gli stivali. Come avrebbe fatto a informarla che non aveva del denaro con sé? Tutto ciò che possedeva, abiti, soldi, assolutamente tutto, era rinchiuso nel suo baule, che si trovava già a bordo del veliero. Una nuova ondata di panico gli si rovesciò addosso. Se avesse perduto la nave, sarebbe stato del tutto privo di mezzi di sostentamento. Non gli sarebbero rimasti che gli abiti che indossava. Letteralmente. Allargò le braccia in un gesto contrito e incurvò le labbra in un sorriso accattivante. «Ho frainteso la natura del nostro incontro, Cynthia. Non vi avevo scambiata per una signora della notte.» Usò il termine meno volgare che gli venne in mente per definire l'attività della ragaz8


za. Forse lei lo avrebbe considerato un complimento. «Ci siamo divertiti insieme. Io ho preso il mio piacere e voi avete preso il vostro.» Questo era vero. Lei lo aveva trovato di suo gradimento. Nessuno avrebbe potuto fingere una cosa del genere con una simile abilità e lui era noto per essere in grado di procurare ogni sorta di piacevoli esperienze alle signore con cui si accompagnava. Avrebbe potuto giurare che la notte prima non fosse stata un sacrificio per lei. «Perché non lasciamo le cose come stanno?» Strisciò in direzione della porta, afferrando l'orologio da taschino dal tavolo. Troppo tardi, gli tornò in mente che aveva lasciato il pastrano su una sedia all'altra estremità della stanza. Si accinse ad attraversarla per prenderlo. Fu allora che lei gridò. E continuò a gridare. Avrebbe svegliato l'intero edificio, il che era esattamente ciò che si proponeva. Il suo pastrano sarebbe dovuto restare dov'era. Brennan spalancò la porta e fece passare lo sguardo da una parte all'altra del corridoio. Gli altri inquilini stavano cominciando a mettere fuori la testa dalle loro stanze mentre lui si precipitava verso le scale. Cynthia gli stava correndo dietro, gridando dei nomi, fra i quali quello di un certo Jake, che doveva essere una specie di protettore. Era giunto a metà scala quando udì un rumore di stivali alle sue spalle. Due uomini vestiti in modo sommario lo stavano inseguendo. Il porto, grazie al cielo, non era lontano. Lui non aveva il denaro per prendere una vettura, ammesso e non concesso che ce ne fosse stata una disponibile. Perciò sfrecciò nell'aria fredda del primo mattino e per poco non andò a sbattere contro un uomo che stava conse9


gnando delle cassette di frutta all'albergo. «Da che parte si trova il porto?» boccheggiò, senza fermarsi ad ascoltare la risposta. Continuò a correre, percorrendo vicoli e anguste stradine a lume di naso, augurandosi che conducessero verso il mare. I due uomini seguitavano a inseguirlo. Ce la farai, ce la farai, ce l'hai sempre fatta, si ripeté mentalmente come un mantra. Non era la prima volta che veniva inseguito da mariti, fratelli o altri parenti di una donna. Quando raggiunse il porto, si rese conto di non avere la più pallida idea di quale fosse il veliero su cui doveva imbarcarsi. Haviland aveva preso tutti gli accordi necessari e, come al solito, lui non gli aveva prestato ascolto. Haviland si occupava sempre di ogni particolare, l'unica cosa che lui doveva fare era presentarsi. E per il momento non era riuscito a fare nemmeno quello. Si slanciò lungo una banchina, affollata di persone e merci in attesa di essere caricate. Brennan procedette a zigzag fra casse e carri. Alcuni carrettieri gli gridarono dietro delle invettive, dato che la sua improvvisa comparsa spaventava i loro cavalli. Di tanto in tanto, si gettava un'occhiata da sopra la spalla per vedere se i due uomini lo stessero ancora seguendo. Con suo sommo orrore, notò che uno dei due aveva estratto una pistola, intuendo senza dubbio che l'inseguimento stava giungendo al termine. E così era. Ancora alcune iarde e avrebbe raggiunto la fine del molo. Se non avesse trovato il veliero, sarebbe morto. A un tratto, udì delle grida e portò lo sguardo verso l'estremità della banchina. Tre uomini erano affacciati al parapetto del veliero che stava cominciando a staccarsi 10


dal molo. Uno di loro agitava freneticamente le braccia, alto e imponente, i lembi del pastrano che svolazzavano nella brezza. Haviland! Brennan avrebbe riconosciuto dovunque quella postura autoritaria. Dietro di lui, Archer e Nolan si precipitarono verso la poppa, continuando a indicare qualcosa che si trovava alle sue spalle. Benché Archer stesse urlando a squarciagola delle frasi complete, lui non riuscì ad afferrare che una parola, la parola preferita di Archer: cavallo. Non aveva senso. Per quale motivo un cavallo sciolto avrebbe dovuto trovarsi lì? Quasi in risposta a quella domanda, udì un battere di zoccoli, percepì il respiro ansante di un animale lanciato al galoppo, poi un enorme baio lo affiancò. «Montalo! Montalo!» gridò Archer, portandosi le mano a coppa davanti alla bocca. Brennan comprese all'istante che cosa doveva fare. Chiuse la mente e smise di pensare. Pensare, del resto, non gli era mai servito a niente e quello non era il momento più opportuno per chiedersi come mai. Si aggrappò alla criniera e si issò sulla groppa del baio. C'erano venti piedi di distanza fra loro e l'estremità della banchina e poi un'ampia striscia di acqua fino alla poppa della nave. Brennan non pensò a ciò che sarebbe accaduto se non fosse riuscito a superarla né all'impossibilità di fare un salto del genere. Quella non era che una corsa a ostacoli, si disse, non era diverso dal galoppare a rotta di collo attraverso la campagna, saltando siepi e muretti. Non aveva importanza se quel cavallo non era stato addestrato per la caccia, non aveva importanza se lui non aveva la più pallida idea delle sue capacità. L'estremità del molo era ormai vicinissima. Brennan contò i passi. Quattro, tre, due... Si sollevò dalla groppa, 11


tenendosi in equilibrio sul collo dell'animale, in modo da pesare il meno possibile. Uno... Gli zoccoli del cavallo lasciarono la banchina ed entrambi si innalzarono, volando al di sopra della striscia sempre più ampia di acqua scura. Lui si tenne immobile, lo sguardo fisso davanti a sé, concentrandosi sull'atterraggio, rifiutandosi di prendere in considerazione un eventuale fallimento. Solo un miracolo avrebbe consentito loro di farcela. Gli zoccoli urtarono contro il legno. Per un istante, Brennan provò un enorme sollievo, prima che il cavallo cadesse in ginocchio a causa del violentissimo impatto e tentasse di rotolare su se stesso. Si scatenò un pandemonio. Delle mani lo afferrarono. Haviland lo tirò via dalla groppa del baio per evitare che questa lo schiacciasse, mentre Archer e Nolan si piazzarono accanto alla testa del cavallo, spronandolo a restare giù. Giù! Brennan si slanciò verso Haviland e lo gettò sul ponte, coprendolo con il suo corpo. Il vero pericolo non era l'eventualità che il cavallo schiacciasse qualcuno, erano gli uomini rimasti sul molo e le loro pistole, ancora in grado di raggiungerli. Haviland non avrebbe perduto la vita perché lui era stato troppo pigro per lasciare in tempo il letto di una prostituta. Sentì l'amico agitarsi sotto di lui per tentare di rialzarsi, spinto probabilmente dalla curiosità, ma senza capire la gravità della situazione. «Sta' giù!» urlò nel medesimo istante in cui una pallottola passava fischiando sulle loro teste. Lo costrinse a restare immobile a lungo, finché non ebbe la certezza che il veliero si fosse allontanato a sufficienza dalla traiettoria delle pallottole. Fu il primo a rialzarsi. Se qualcuno doveva pagare per i suoi peccati, non sarebbe stato che lui. Si guardò intorno e indicò agli altri 12


che il pericolo era cessato. Tutti si misero in piedi e si spolverarono gli abiti, facendo commenti sul modo quantomeno inconsueto che aveva scelto per imbarcarsi. Haviland portò lo sguardo al di là della sua spalla. Voltandosi, Brennan vide i due uomini rimasti sul molo agitare i pugni nella loro direzione. Rispose con un gesto osceno, beffandosi della loro impotenza. Il pastrano che era stato costretto a lasciare avrebbe saldato qualunque debito avesse contratto nei confronti di Cynthia e di quei due manigoldi. Un solo bottone era più che sufficiente per una notte di piacere. «Buon Dio, Bren, in che guaio ti sei cacciato questa volta?» La voce di Haviland era resa burbera dalla preoccupazione, non dalla collera. Brennan, che si stava ficcando la camicia nei calzoni, si interruppe e inarcò un sopracciglio ramato con aria di simulato rammarico, tentando di alleggerire l'atmosfera. «È questo il modo di salutare un amico che ti ha appena salvato la vita?» Tollerava a stento qualunque manifestazione di sincera compassione e Haviland era indubbiamente sincero. Gli dispiaceva vedere l'amico preoccupato e sapere di esserne la causa. Tanto per cambiare. Non sarebbe stata la prima volta, in effetti. Haviland inarcò a sua volta un sopracciglio. «Tu mi hai salvato la vita? Credevo di essere stato io a salvare la tua.» Avanzò di un passo e lo abbracciò, assestandogli delle pacche affettuose sulla schiena. «Ero sicuro che avresti perduto la nave, stupido incosciente.» Brennan ricambiò l'abbraccio e abbassò la voce. «Mi avevi detto che l'unica cosa che dovevo fare era presentarmi e io l'ho fatto.» Haviland rise, com'era stata appunto sua intenzione. 13


Avrebbe dovuto ridere più spesso. Era troppo serio, specialmente in quegli ultimi tre mesi. Pur sapendo che era stato occupato a organizzare il viaggio, Brennan era convinto che quella serietà derivasse da qualcosa di assai più profondo, benché fosse difficile immaginare che Haviland potesse avere un problema. La sua esistenza era perfetta, esteriormente e interiormente. Se Haviland avesse avuto dei problemi, lui lo avrebbe saputo. Aveva trascorso le vacanze a casa sua da quando aveva avuto quindici anni e Haviland lo aveva preso sotto la sua ala tanto in collegio quanto all'università. I genitori di Haviland erano sempre stati adeguatamente gentili, adeguatamente ospitali, la loro casa era sempre stata gradevole e ordinata, sua madre che sedeva a un capotavola durante la cena, suo padre all'altra estremità. In confronto, la propria casa sembrava un caos. Perfino il suo congedo era stato privo di autentici sentimenti. Non c'era stata una cena di addio, non c'erano state lacrime nell'atrio il giorno della sua partenza. Suo padre lo aveva convocato nello studio pochi minuti prima che lui lasciasse la casa, a stento il tempo sufficiente per bere qualcosa insieme. Non erano nemmeno stati soli. Nolan, che era venuto a prenderlo, li aveva seguiti. Le ultime parole di suo padre non erano state proprio memorabili. «Non beccarti la sifilide. Nel caso...» aveva balbettato, a disagio come sempre nel suo ruolo paterno. «Non si sa mai.» Lui aveva percepito il resto del messaggio: nel caso che tu possa avere bisogno di noi. Nel caso che tuo fratello non sia in grado di compiere il suo dovere con Mathilda, quel topolino che ha sposato. Poi il genitore gli aveva consegnato delle lettere francesi, 14


cioè dei preservativi, aggiungendo: «Fanne il miglior uso che puoi». Quell'osservazione era parsa del tutto in contrasto con il tentativo del padre di inculcargli un senso di responsabilità. Poteva darsi, però, che non fosse stata così incongruente. A suo padre era sempre interessato di più essergli amico che rivestire il ruolo di capofamiglia, quando se ne era curato. Quanto agli addii, erano stati quelli che lui si era aspettato, anche se non quelli che aveva sperato. In fondo, sarebbe rimasto assente almeno per un anno, se non di più. In merito alle parole di congedo, avrebbe preferito: Ti voglio bene. Mi mancherai, riguardati. Forse Nolan aveva ragione. Una sera in cui entrambi erano stati sbronzi, aveva ipotizzato che lui cercasse con tanto accanimento i piaceri sessuali per colmare un vuoto emozionale. Nolan si vantava di essere un conoscitore della natura umana. All'epoca, lui aveva riso. Era più facile ridere di una simile deduzione che ammettere che era la verità. A nessuno piaceva riconoscere le proprie manchevolezze. Archer condusse il cavallo verso un box improvvisato, lui si affacciò al parapetto, Nolan da una parte e Haviland dall'altra, mentre la costa inglese si allontanava. Nolan gli scoccò un'occhiata, accompagnata da un sorriso malizioso. «Dunque» cantilenò, «la vera domanda non è dove sei stato, ma se lei ne valeva la pena.» Brennan scoppiò in una risata, dato che era effettivamente difficile confessare degli errori, soprattutto i propri. «Sempre, Nol, sempre.» Brindò mentalmente a un'Inghilterra sempre più lontana. Stava fuggendo per l'ennesima volta. 15


I sogni proibiti di Eva MADELINE HUNTER INGHILTERRA, 1819 - Bellissimo e dotato di un fascino irresistibile, Gareth Ftzallen è considerato uno dei più dissoluti libertini d'Inghilterra, ed è proprio per via della sua pessima fama che quando arriva a Langdon's End tutti consigliano a Eva Russell di tenere lontana da lui la sorella minore. Solo che non è Rebecca la donna su cui Gareth ha messo gli occhi... Un unico sguardo di quell'uomo seducente, ed Eva capisce di essere nei guai. Perché di fronte al desiderio di scoprire se ciò che si racconta di lui è vero, tutto il resto passa in secondo piano... Anche la reputazione.

Passione sotto le stelle BRONWYN SCOTT GRECIA, 1837 - Brennan Carr, da poco giunto a Kardamyli, deve fare i conti con una focosa amante decisa a condurlo all'altare. Lui però non è ancora pronto a mettere la testa a posto, e quindi deve trovare un modo per trarsi d'impiccio. La soluzione è Patra Tsipras: come lui, la giovane vedova ha uno stuolo di pretendenti e nessuna intenzione di riaccasarsi... e il fatto che sia bellissima e sensuale non guasta. Ma dalla finzione alla realtà il passo è breve, e Brennan si ritrova a sperare che quella peccaminosa relazione possa diventare qualcosa di più. Il problema, a quel punto, è convincere Patra...


Il segreto del vichingo HARPER ST GEORGE DANIMARCA 865 d.C. - Mentre la sua imponente flotta vichinga si avvicina alle coste della Northumbia, Eirik scorge la bellissima Merewyn che danza all'alba sulla spiaggia. Da quell'istante, l'affascinante condottiero è guidato da un oscuro e sconosciuto istinto che lo porta a farla sua prigioniera. Merewyn è una nobildonna e fatica ad accettare la sua nuova condizione, ma l'attrazione nei confronti di Eirik la porta alla scoperta di una sensualità mai neanche immaginata. I loro corpi e le loro anime non possono stare separati, eppure la passione che li travolge sembra non avere futuro.

Le passioni di Miss Belvoir MADELINE HUNTER INGHILTERRA, 1819 - Avvocato e figlio di un duca, Ives Hemingford consuma le sue passioni in tresche discrete con donne di mondo, finché nel suo studio compare Padua Belvoir, una donna dal fascino particolare che gli chiede di salvare il padre dalla forca. Ives, però, non può accettare perché precedentemente ingaggiato dall'accusa. Tuttavia, gli incontri tra i due si intensificano diventando sempre più intimi, ogni appuntamento non fa che aumentare il desiderio di Ives di condurla nelle vie più maliziose del piacere. Padua, indipendente e progressista, stenta a credere all'interesse che Ives... Dal 19 ottobre


I tuoi sogni più hot si stanno per avverare…

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