Patto con il diavolo

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Lucy Holliday è tornata! Dopo Audrey Hepburn, preparatevi a conoscere un’altra intramontabile icona: Marilyn Monroe.

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QUELLO CHE LE LETTRICI VOGLIONO. Questo mese per voi...

IL GRANDE RITORNO DI SARAH MORGAN. QUANDO IL DESIDERIO DIVENTA TROPPO FORTE È IMPOSSIBILE CAPIRE SE UN ACCORDO NATO PER VENDETTA SIA IN REALTÀ…

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LORRAINE HEATH

Patto con il diavolo


Immagine di copertina: Lee Avison / Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: In Bed with the Devil Avon Books © 2008 Jan Nowasky Published by arrangement with HarperCollins Publishers Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special maggio 2016 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2016 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 220 dello 04/05/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo Dal diario di Lucian Langdon Dicono che i miei genitori siano stati assassinati per strada, a Londra, da una banda di malfattori. Io non ricordo nulla, eppure lo dovrei rammentare, credo. In fondo ero presente, a quanto pare; ammesso che io sia davvero quello che mi considera il mondo. Il Conte di Claybourne. Non è piacevole dubitare in continuazione della propria identità. Spesso, nella mia dimora londinese, osservo il ritratto di mio padre, appeso sopra l'enorme focolare dell'immensa biblioteca, e passo in rassegna le caratteristiche fisiche in comune. I capelli − neri come la fuliggine che rivest e l'interno dei camini. Gli occhi − di un grigio simile a quello del peltro ve ndibile a un buon prezzo ai ricettatori. Il naso − sottile e affilato come una lama, aristocratico. Anche se, in questo caso, la somiglianza potrebbe essere soltanto un mio pio desiderio. È difficile stabilire se i nostri nasi siano davvero simili, poiché il mio venne fratturato da bambino, durante una rissa nella quale persi quasi la vita. Penso di essere scampato alle grinfie della morte grazie a Jack Dodger, che si offrì come bersaglio della violenza destinata a me. A lui andò molto peggio, però non ne parliamo mai. 5


Quando si cresce nei bassifondi della capitale si apprendono molte cose che la gente passa sotto silenzio. Furono i miei occhi a persuadere l'anziano gentiluomo che si definiva mio nonno che fossi davvero suo nipote. «Hai gli occhi dei Claybourne» affermò con convinzione. Ammetto che, guardando i suoi, avevo avuto l'impressione rispecchiassero i miei, tuttavia sembrava un dato piuttosto esiguo per basarvi una decisione tanto importante. Ai tempi avevo quattordici anni ed ero in attesa di processo per omicidio. Confesso che era un momento assai opportuno per venire dichiarato futuro Pari del Regno, poiché il sistema giudiziario non esita a impiccare ragazzini considerati pericolosi. Del resto, mi ero guadagnato una certa reputazione in questo senso. Considerate le circostanze del mio arresto, ero senza dubbio destinato al carcere di Newgate e di qui al patibolo. Poiché amavo respirare, ero pronto a tutto pur di sfuggire al cappio del boia. Ero stato allevato da Feagan, il capo della nostra famigerata banda di ladri bambini, quindi ero abituato a ingannare gli altri, a fingere di ricordare cose che, in realtà, non rammentavo affatto. Durante un'inchiesta oltremodo accurata, seguita da ispettori di Scotland Yard, recitai a meraviglia, al punto che il vecchio signore non si limitò a dichiararmi suo nipote, ma fece anche appello alla Corona affinché, tenendo conto della mia sorte sfortunata, venissi trattato con clemenza. In fondo, avevo assistito all'uccisione dei miei genitori, poi ero stato rapito e ridotto quasi in schiavitù; la mia cattiva condotta, quindi, era comprensibile. Se avesse potuto prendermi in custodia, assicurò, mi avrebbe ricondotto sulla retta via, educandomi da vero gentiluomo. La sua richiesta fu accolta. E io mi ritrovai a percorrere una strada molto diversa 6


dal previsto, assai pi첫 difficile, alla ricerca costante di un elemento noto, della prova che appartenessi sul serio al mondo nel quale ormai vivevo. Diventato adulto, sembravo a tutti gli effetti un aristocratico. Tuttavia sotto la superficie... nell'animo, restavo un furfante.

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1 Londra, 1851 Come noto, non si parlava mai del demonio per timore di richiamare la sua sgradita attenzione. Per questo motivo ben pochi, nell'aristocrazia, facevano il nome di Lucian Langdon, Conte di Claybourne. Eppure, mentre stava appostata presso la dimora del Conte Diavolo nel buio della mezzanotte, Lady Catherine Mabry non poteva negare di esserne affascinata sin da quando lui si era azzardato a presentarsi a un ricevimento senza essere stato invitato. Claybourne non aveva ballato con nessuna nÊ aveva rivolto la parola ad anima viva. Si era invece aggirato per il salone come per valutare a uno a uno tutti i presenti, giudicandoli infine, a quanto pareva, privi di interesse. Catherine si era sentita assai a disagio quando l'uomo le aveva posato gli occhi addosso soffermandosi un paio di secondi piÚ di quanto fosse decoroso. Lei non aveva battuto ciglio nÊ guardato da un'altra parte – anche se avrebbe tanto desiderato farlo. Aveva invece sostenuto il suo sguardo con tutta l'audacia innocente di cui potesse dar prova una diciassettenne di buona famiglia. Aveva provato una certa soddisfazione nel vederlo volgersi altrove per primo, ma solo dopo che i suoi misteriosi occhi argentei avevano cominciato a scurirsi, 8


come incendiati dalle fiamme dell'inferno, nei cui abissi, si diceva, era stato generato. Ben pochi lo credevano il legittimo erede, ma nessuno osava contestare il suo titolo. Del resto, si sapeva che era capace di commettere un omicidio: non aveva mai negato di aver ucciso il figlio e successore del conte precedente. Quella sera, al ballo, era stato come se l'intera folla di invitati avesse trattenuto il respiro, in attesa di scoprire contro cosa si sarebbe scagliato, su chi avrebbe sfogato il malumore, poiché non sembrava affatto pronto a esprimere allegria. Ed era lecito supporre che fosse venuto per fini malvagi, poiché era senza dubbio consapevole che nessuna dama avrebbe rischiato la reputazione ballando con lui e che nessun gentiluomo si sarebbe azzardato a mettere a repentaglio la propria rispettabilità conversando con il famigerato Claybourne in un luogo tanto pubblico. Infine era uscito a passi rilassati, come se avesse cercato una persona nella sala e, non avendola trovata, avesse deciso che non valesse la pena di perdere tempo con gli altri. Questo irritava più di tutto Catherine. Con sua immensa vergogna, infatti, aveva provato un desiderio disperato di danzare insieme a lui, tra le sue braccia, e di fissare ancora una volta quegli ardenti occhi argentei che persino ora, cinque anni dopo, continuavano ad apparirle in sogno. Alzando il cappuccio del mantello nel tentativo di scaldarsi nella nebbia sempre più fitta, studiò con maggiore attenzione il palazzo del conte, in cerca di un indizio che rivelasse la sua presenza. Non era certa che l'interesse provato per lui fosse del tutto sano; anzi, era abbastanza sicura del contrario. Non sapeva di preciso cosa l'attraesse in quell'uomo, capiva soltanto di esserne richiamata in maniera irresi9


stibile. Dopo quel primo incontro, si era persino azzardata a fargli recapitare a mano, da un domestico fidato e di nascosto dalla famiglia, inviti ai suoi balli e alle sue cene. Non che Claybourne si fosse mai degnato di accettarli o di risponderle. Per quanto ne sapeva lei, con l'eccezione di quella sera, non si era mai presentato a nessun ricevimento. Non era gradito nelle dimore più prestigiose, e aveva respinto senza mezzi termini tutti i suoi coraggiosi tentativi di includerlo nella propria cerchia. L'aveva offesa. Tuttavia, Catherine doveva ammettere di essere animata da motivazioni egoistiche e non proprio rispettabili. Ormai non si poteva più permettere il lusso di attirarlo con bigliettini bordati d'oro. Aveva fretta di scambiare qualche parola con lui e, se non era possibile farlo nei confini protetti di una sala da ballo affollata, allora sarebbe avvenuto in privato, nella sua residenza. Un brivido ghiacciato le percorse la schiena. Catherine cercò di attribuirlo al freddo invece che alla paura. Era in piedi nella nebbia da parecchio tempo ormai e l'umidità le era filtrata nelle ossa. Se non avesse agito subito, avrebbe cominciato a tremare come una foglia, cosa da evitare a tutti i costi. Si doveva mostrare impavida e senza scrupoli, altrimenti si sarebbe guadagnata soltanto il disdegno del conte, e questo non l'avrebbe aiutata affatto. Si guardò attorno con circospezione. Era molto tardi e la notte era silenziosa in maniera inquietante. Nessuno l'avrebbe vista avvicinarsi all'ingresso, nessuno avrebbe saputo di quella scandalosa visita notturna. La sua reputazione sarebbe rimasta intatta. Eppure, Catherine esitava ancora. Una volta imboccato quel sentiero, non avrebbe più potuto tornare indietro. Non le pareva, tuttavia, di avere altre scelte. Con rinnovata determinazione, attraversò la strada a passo di marcia, temendo che, prima dello spuntar del 10


sole, il suo buon nome sarebbe rimasto l'unica cosa non toccata dal Conte Diavolo. Nessuno avrebbe mai osato sostenere che Lucian Langdon, quinto Conte di Claybourne, fosse un codardo. Eppure, mentre sedeva a quel tavolo da gioco, doveva ammettere la dura verità: era là soltanto perché gli mancava il coraggio di proporsi alla graziosa Frannie Darling. Era venuto alla Dodger's Drawing Room con il preciso intento di chiederle finalmente la mano, ma appena prima di arrivare alla porta dell'ufficio in cui lei teneva la contabilità di Jack Dodger, aveva deciso di deviare verso i tavoli verdi. Tanto per concedere alle mani la possibilità di smettere di tremare e alla mente una pausa per ripassare il discorso preparato con cura. Questo era avvenuto sei ore prima. Poteva attribuire il ritardo al fatto che stava vincendo. Ma la verità era che vinceva sempre. Vennero distribuite di nuovo le carte. Lui guardò di sfuggita le sue. Non erano quelle a sua disposizione a determinare la vittoria, ma la capacità di stabilire con esattezza quali avessero gli avversari. Il Conte di Chesney, che sbarrava un poco gli occhi quando gli capitava una buona mano, come colto di sorpresa dalla fortuna, non li stava sgranando per niente. Il Visconte Milner continuava a riordinare il mazzetto con palese insoddisfazione. Il Conte di Canton beveva sempre un sorso di brandy quando era contento, ma il suo bicchiere era colmo. Il Duca di Avendale era solito protendersi in avanti come per prepararsi a balzare sul piatto quando lo credeva suo, e si appoggiava invece allo schienale se era in dubbio. Al momento pareva sul punto di scivolare giù dalla sedia. Carte pessime, dunque, ma sperava di cavarsela bluffando. La partita continuò; ognuno puntava oppure passava. 11


Completato il giro, mentre gli altri gentiluomini gemevano e si lagnavano, lui prese la posta e l'aggiunse alla pila di gettoni di legno che aveva già di fronte. «Signori, a questo punto mi ritiro» annunciò levandosi in piedi. Un ragazzino, nella famosa livrea purpurea di Dodger's, si avvicinò con una ciotola di rame e la sistemò contro il bordo del tavolo mentre il conte vi spingeva dentro la notevole somma vinta. «Vedete, Claybourne» azzardò Avendale, «non siete molto sportivo. Dovreste almeno concederci la rivincita.» Lui pescò da una tasca una corona e, dopo aver preso il recipiente, la porse al fanciullo. Questo, che non dimostrava più di otto anni, si sfiorò la fronte con due dita e scappò via. «Vi ho dedicato la maggior parte della serata, signori. Vi assicuro che è meglio per voi che me ne vada adesso, fidatevi.» I tre borbottarono ancora un poco, ma era chiaro che erano contenti di salutarlo. Li metteva a disagio. Come loro mettevano a disagio lui, ma questo era un suo segreto. A differenza di quegli uomini, non consentiva mai alle emozioni, ai pensieri e ai sentimenti di emergere in superficie. Nemmeno a quelli per Frannie. Dubitava che lei avesse idea della profondità del suo affetto. Si fermò allo sportello del cambio e ricevette monete al posto delle fiche, apprezzando il peso maggiore della ciotola. Mentre attraversava a grandi passi la casa da gioco, immaginò che Frannie si fosse già ritirata per la notte; questo significava che avrebbe dovuto aspettare sino all'indomani sera per farle la sua proposta. Tuttavia, mentre si inoltrava nel retro, si accorse che la porta del suo ufficio era aperta. Era quasi sicuro di trovarvi dentro Jack, che dedicava al sonno ancora meno ore di lui. Ma 12


se invece si fosse sbagliato? In quel caso, avrebbe affrontato l'imbarazzante questione. Dunque percorse l'ultimo tratto di corridoio e spiò dietro lo stipite... Ed ecco Frannie, l'adorabile Frannie. I capelli rossi tirati all'indietro e raccolti in una severa crocchia, la spolverata di lentiggini sul naso e sulle gote appena visibile al bagliore della lampada posata sulla scrivania dietro la quale sedeva, era intenta a incolonnare numeri con diligenza. L'abito aveva il colletto alto e ogni bottone, su fino al mento, era ben chiuso. Le maniche lunghe lasciavano esposte soltanto le mani. Una piega segnava la fronte delicata. Una volta divenuta sua moglie, non avrebbe più avuto alcuna preoccupazione. Lei alzò lo sguardo, emise un gridolino e balzò all'indietro premendosi una mano sul petto. «Dio del cielo, Luke! Mi hai spaventata. Da quanto tempo mi stai spiando?» «Non abbastanza» le rispose laconico, entrando nel locale con una sicurezza che non provava davvero. Poi posò la ciotola di rame sulla scrivania. «Per te e per il tuo orfanotrofio.» Si trattava di un piccolo istituto che Frannie stava creando nella speranza di rendere la vita più facile ai bambini abbandonati. Lo scrutò socchiudendo le palpebre. «Sono guadagni disonesti?» «Certo.» Lei prese il denaro e sorrise. La curva birichina delle labbra lo colpì, al solito, come un pugno allo stomaco. «Allora li accetto volentieri e li userò a fin di bene per assolverti dai tuoi peccati.» Il tono era scherzoso, ma un'ombra di tristezza le velava gli occhi. «Nessuno può cancellare le mie colpe, Frannie, lo sai.» Con un gesto inteso a impedirle di ribattere, Luke prese posto sulla poltroncina di fronte a lei. «Sei rimasta sveglia fino a tardi.» 13


«La mole di lavoro necessaria per tenere traccia delle entrate di Jack è incredibile. I suoi profitti sono straordinari.» «Ha sempre sostenuto che per arricchirsi bisogna investire nel vizio.» «Ebbene, senza dubbio morirà ricco, ma anche triste. Dovrebbe spendere i suoi soldi per qualcosa che gli dia piacere.» «Credo che trovi il suo appagamento nel sottrarre denaro ai ricconi.» Alla fine della frase l'accento scivolò verso il basso, rivelando le sue umili origini. Era così facile conversare con Frannie, poiché erano cresciuti insieme nei bassifondi. «Ma è felice?» gli domandò. «Qualcuno di noi lo è?» A quelle parole, gli occhi le si riempirono di lacrime. «Maledizione, Frannie...» Lei sollevò una mano. «Va tutto bene. Solo un po' di malumore. E, benché non possa affermare di essere felice, mi considero abbastanza soddisfatta.» Era il momento opportuno per prometterle eterna felicità. Tuttavia, l'ufficio gli parve di colpo troppo squallido, poco adatto a una dichiarazione. Cosa gli era saltato in mente di chiederle la mano in quel posto? Il luogo doveva essere memorabile quanto la proposta. Domani, pensò Luke. Le avrebbe parlato l'indomani. Si schiarì la gola e si alzò in piedi. «Be', si è fatto tardi. Mi conviene andare.» Frannie gli rivolse un altro sorrisino da monella. «Sei stato gentile a venirmi a trovare.» Poi toccò la ciotola di rame piena di soldi e aggiunse: «E grazie per il contributo». «Ti darei anche altro, fondi legittimi, se solo li accettassi.» «Hai già fatto più che abbastanza per me, Luke.» Di nuovo, gli sembrò un'occasione perfetta per dirle 14


che era molto meno di quanto avrebbe voluto. Tuttavia, le parole gli rimasero in gola. Come mai aveva la lingua così legata con lei, quando si trattava di aprirle il cuore? Forse perché, come temeva, Luke non aveva un cuore, ma soltanto un buco nero che rifletteva le tenebre della sua anima? Arretrò di un passo. «Probabilmente ci vedremo domani.» «Ti farò sapere come intendo utilizzare di preciso il denaro che mi hai dato.» «Usalo come vuoi, Frannie. Non pongo condizioni e non mi devi alcuna spiegazione.» «Non ti sei mai sentito a tuo agio con gli orfani, vero?» «Cosa stai dicendo? Tutti i miei migliori amici lo sono.» «L'allegra banda di ladruncoli di Feagan. Siamo un bel gruppetto, non ti pare?» «Ognuno di noi ha superato, a modo suo, le circostanze avverse dell'infanzia.» «Dobbiamo ringraziare tuo nonno per il cambiamento. Ci ha salvati tutti quanti salvando te.» «Ammesso che fosse mio nonno.» «Come puoi dubitarne ancora?» Lui fu sul punto di rivelarle la verità, tuttavia non credeva che Frannie avrebbe approvato la menzogna sostenuta per tanti anni. Le rivolse quindi un sorriso che sperava affascinante. «Buonanotte, Frannie. Dolci sogni.» Per quanto lo riguardava, aveva solo incubi quando dormiva. Uscì a grandi passi dalla stanza prima che lei gli facesse altre domande. Preferiva non rievocare la sua esistenza di un tempo. A volte gli pareva strano voler sposare una donna che faceva parte del suo passato: con lei al fianco non sarebbe mai riuscito a sfuggirgli. Ma forse lo avrebbe affrontato meglio. 15


Era quasi arrivato al portone quando una voce lo raggiunse: «Mi devi cinque sterline, Luke». Fermandosi di colpo, si girò e vide Jack Dodger avvicinarsi a testa alta, con un sorriso spavaldo sul volto duro. «Non lo sai» gli rispose quando gli fu di fronte. «Quindi hai proposto a Frannie di sposarti?» Con un sospiro, Luke prese il portafoglio dall'interno della giacca e gli porse la cifra richiesta. «Non avrei dovuto rivelarti le mie intenzioni.» «No, hai sbagliato ad accettare di scommettere.» Jack intascò il denaro. «Desideri portare a casa una delle mie ragazze, per stanotte?» Gli strizzò l'occhio. «Tanto per consolarti.» Luke maledisse l'amico per averlo tentato e se stesso per trovare tanto arduo resistere alla tentazione. Non aveva mai approfittato di una di quelle donne. «Non voglio che Frannie mi veda uscire con una di loro.» «La faccio passare dalla porta di servizio. Frannie non lo scoprirà mai.» «Non credi che parlino tra loro?» «Sono tutte molto discrete, te lo assicuro.» Luke rifletté un istante, poi scosse la testa. «No, non posso rischiare che dubiti del mio affetto.» «Stai dicendo che sei rimasto casto per tutti questi anni?» «Certo che no. Ma, come le tue ragazze, sono assai discreto.» Dodger's non era l'unico locale a offrire compagnia femminile, ed era meno probabile che Frannie venisse a sapere delle sue relazioni se le cercava altrove. Per qualche anno Luke aveva persino avuto un'amante, ma l'aveva lasciata appena aveva deciso di chiedere la mano dell'amica d'infanzia. «Nel nome del cielo, Frannie lavora qui. Conosce le esigenze degli uomini.» 16


«Sì, e vorrei non si interrogasse sulle mie. Mi capiresti se provassi affetto per una donna.» «Preferisco pagare quelle che frequento. Si evitano i malintesi.» E anche, secondo l'esperienza di Luke, la vera passione. «Allora facciamo la solita scommessa per domani?» gli propose Jack. «Certo.» «È quasi un anno che ti sei prefisso questo compito. Non mi diverte arricchirmi a spese degli amici, quindi domani vedi di assolverlo, d'accordo?» «Se non ti piace, piantala di scommettere!» «Sai che ho un debole per queste cose.» Jack sollevò un angolo della bocca. «E riesco di rado a batterti alle carte.» «Domani. Domani le farò la proposta» dichiarò lui con rinnovata convinzione. Il vecchio amico gli diede una pacca sulla spalla. «Porta un'altra banconota da cinque, tanto per sicurezza.» Luke si trattenne a stento dallo sferrare un pugno su quella bocca che sogghignava. Ma proprio come Frannie gli doveva molto, lui aveva un debito incolmabile con Jack. Infine uscì dall'edificio, nella nebbia notturna. Le ossa iniziarono subito a dolergli, a memento delle troppe notti trascorse all'addiaccio. Ora scaldava le sue dimore in maniera quasi insopportabile solo perché se lo poteva permettere. Poiché aveva passato un'infanzia priva di qualunque comodità, da adulto vi si crogiolava. Si era guadagnato la fama di scialacquatore eccentrico, sempre pronto a spendere cifre esorbitanti. Del resto, poteva usare il denaro come diavolo desiderava, la società con Jack glielo consentiva. Sì, investire nel vizio rendeva bene. 17


Appena lo vide avvicinarsi alla carrozza, il lacchè gli aprì lo sportello con un rapido inchino. «Dritto a casa» ordinò Luke salendo a bordo. «Aye, milord.» Quando lo sportello si richiuse, si appoggiò allo schienale imbottito e il comodo veicolo si avviò con un sobbalzo. Fuori dal finestrino si vedeva ben poco oltre ai turbini grigi della nebbia, che lui non amava, poiché era una presenza ricorrente nei suoi incubi. Non che sognasse spesso. Per sognare, infatti, bisognava dormire, e per lui il sonno non durava mai a lungo. Sospettava che lo stesso valesse per tutti loro, i monelli di Feagan. Erano legati gli uni agli altri dalle tante malefatte che avevano compiuto da bambini, spinti da una disperazione che nessun nobile avrebbe mai potuto comprendere. Era uno dei tanti motivi per cui Luke non si sentiva del tutto a suo agio nella posizione che occupava in società. Poco dopo il decesso del vecchio gentiluomo che sosteneva di essere suo nonno, aveva partecipato a un ballo per assumere davanti a tutti il ruolo di nuovo Conte di Claybourne. Il silenzio era calato tra la folla non appena era stato annunciato il suo arrivo. Aveva girovagato per la sala, sfidando chiunque a contestare la sua presenza. Nessuno si era azzardato a guardarlo in faccia. L'immagine di una giovane donna gli balenò nella mente, dai margini della memoria. Una giovane donna che non solo aveva sostenuto il suo sguardo, ma aveva anche osato sfidarlo. Non sapeva di preciso perché, però gli capitava, di tanto in tanto, di pensare a lei. Non aveva niente in comune con Frannie. Nel suo elegante abito da sera, con ogni ciocca bionda in perfetto ordine, sembrava una ragazza viziata e coccolata. Anche per questo Luke detestava l'idea di fare parte dell'aristocrazia. Quella gente non sapeva nulla della 18


sofferenza e dell'umiliazione di rimediare un boccone per sfamarsi. Ignorava i duri colpi di bastone se l'elemosina non fruttava abbastanza monete o se non si trovavano banconote a sufficienza pescando nelle tasche altrui. Non conosceva la paura di essere acciuffati. Anche i bambini venivano spediti in prigione, a volte deportati con navi enormi in Australia o Nuova Zelanda e, in rari casi, persino impiccati. La carrozza si fermò, lo sportello si spalancò e Luke scese a terra. Si sentiva sempre un po' in colpa quando arrivava alla sua dimora londinese. Avrebbero potuto abitarvi comodamente due dozzine di famiglie. Invece ci viveva solo lui con due dozzine di domestici. Certo, questo sarebbe cambiato una volta sposata Frannie: nel giro di poco tempo uno stuolo di bambini avrebbe scorrazzato per quei corridoi, godendo di una vita molto più facile di quella dei genitori. Il massiccio portone si aprì. Luke si stupì di trovare il maggiordomo ancora sveglio. Rincasava a qualunque ora, entrava e usciva a piacimento, e non pretendeva certo che i servitori si adeguassero alle sue abitudini notturne. Fitzsimmons si occupava della residenza da molto prima che lui vi si stabilisse insieme all'anziano gentiluomo. Era rimasto sempre fedele al vecchio conte e nemmeno una volta − a quanto ne sapeva − aveva dub itato che lui ne fosse il nipote. Dopo che la porta venne richiusa, Luke si levò il cappello e glielo porse. «Vi ho già detto che non è necessario rimanere alzato fino al mio ritorno.» «Sì, milord, però questa sera mi è sembrato opportuno.» «Per quale motivo?» gli domandò sfilandosi i guanti. «Prima è arrivata una signora.» Luke si immobilizzò. «Chi è?» «Non lo ha detto. Ha bussato all'ingresso di servizio e affermato che era di fondamentale importanza − una 19


questione di vita o di morte, come si è espressa − parlare con voi. Da allora vi aspetta in biblioteca.» Lui lanciò un'occhiata in corridoio. «E non avete idea di chi sia?» «No, milord, però mi permetto di supporre che si tratti di una dama d'alta classe. Ne ha tutta l'aria.» Nel corso degli anni poche signore rispettabili erano andate a letto con lui. Alcune erano state attratte dal lusso in cui viveva, ma Luke aveva sempre reso ben chiaro che non intendeva offrire loro nulla di stabile; altre avevano voluto giocare con il diavolo per un po'. Però nessuna aveva mai affermato che vederlo fosse una questione di vita o di morte. Molto drammatico. Il resto della nottata si preannunciava divertente. Porse i guanti a Fitzsimmons. «Fate in modo che nessuno ci disturbi.» «Sì, milord.» Incuriosito, percorse il corridoio deserto. Non c'erano infatti lacchè in attesa: i domestici non avevano motivo di credere che i loro servizi fossero richiesti a quell'ora tarda. Entrò in biblioteca e richiuse la porta con un colpo secco. Un ingresso teatrale inteso a disarmare chiunque fosse venuto in visita. La donna che era in piedi davanti alla finestra, con lo sguardo puntato sul giardino avvolto dal buio e dalla nebbia, si voltò. Il cappuccio era abbassato sulle spalle e il fermaglio del mantello ostacolava la gradevole vista del décolleté. Sotto era abbigliata per sedurre e, per motivi indefinibili, Luke si sentì all'improvviso proprio in vena di seduzione. «Lady Catherine Mabry, a quanto ricordo» mormorò avvicinandosi a passi rilassati fino ad annusare il profumo costoso emanato dalla sua pelle, simile alla fragranza di una rosa delicata. Lei sbarrò un poco gli occhi azzurri. «Non immaginavo che mi conosceste.» 20


«Credo che sia nei miei interessi sapere chi siano tutti quanti.» «Dunque mi considerate un vostro interesse?» «Sì, Lady Catherine. Non è questo che pretendevate quando mi sfidaste quella sera, al ballo?» «No, non proprio» balbettò lei. Affascinato, lui osservò il lieve movimento della sua gola candida mentre deglutiva, unico indizio che probabilmente la giovane stesse cominciando a temere di avere sbagliato a venire. Era più graziosa di quanto non ricordasse − o magari era migliorata con gli anni − e aveva ancora il coraggio di sostenere il suo sguardo. O forse no. Infatti le venne meno dopo un istante, quando guardò altrove leccandosi le labbra. Quel gesto pareva un invito a un contatto più intimo. Luke le sfiorò la morbida pelle sotto il mento, inducendola a riportare gli occhi sul suo volto. Sotto i polpastrelli sentì le pulsazioni accelerare e fremere come una minuscola falena che avesse osato avvicinarsi alla fiamma e ormai si rendesse conto di non poter fuggire. Era chiaro che Lady Catherine non aveva esperienza nell'arte della seduzione, ma non importava. Lui ne vantava abbastanza per entrambi. «So perché siete qui» mormorò con voce suadente, provocante, un preludio per giacere insieme tra le lenzuola di seta del suo letto. Lei corrugò la fronte delicata. I suoi fini lineamenti erano perfetti, intagliati con precisione dalla natura e mai alterati dalle difficoltà della vita. «Come...» balbettò. «Non crediate di essere la prima a tentare di intrappolarmi nel matrimonio. Però non sono una preda facile.» Le fece correre un dito lungo la gola, giù fino al fermaglio del mantello. «Senza dubbio il vostro tutore è appostato fuori da quella finestra e ci osserva, in attesa del momento ideale per rendere nota la sua presenza.» Con 21


movimenti esperti, le aprì il mantello e lo fece scivolare giù dalle spalle, finché non cadde sul pavimento. Il corpo di Luke reagì all'istante alla vista di tanta bellezza. Era rimasto troppo a lungo senza una donna. Ma, anche se fosse caduto nella sua trappola, sarebbe riuscito a fuggire senza problemi, pensò. Prendendole il volto tra le mani, si avvicinò fino a mescolare il proprio respiro al suo. «Ma quand'anche restasse a guardare mentre vi spoglio e vi vedesse accogliermi a braccia aperte e poi gridare in preda all'estasi, non vi sposerò» l'avvisò in un sussurro. La sentì trattenere il fiato. «Non salverò la vostra reputazione macchiata.» Le sfiorò le labbra con le proprie e aggiunse: «Se resterete incinta, non vi renderò di nuovo rispettabile. Il prezzo che si paga per ballare il valzer con il diavolo è rimanere all'inferno». La baciò sulla bocca, per nulla sorpreso dalla sua pronta acquiescenza. Se anche non era venuta con l'intenzione di incastrarlo, Luke sapeva cosa rappresentava per lei: una curiosità e niente di più. Una piccola trasgressione prima di sistemarsi con un nobiluomo di cui nessuno aveva mai messo in discussione il lignaggio. Lady Catherine gli permise, senza opporsi, di dischiuderle le labbra, poi gemette per l'ardita esplorazione della lingua. Si aggrappò ai risvolti della sua giacca e per un istante parve vacillare. Lui reagì con un impeto di desiderio così violento da ridurlo quasi in ginocchio. Maledicendo quella donna e la propria debolezza, ammise di non avere la volontà di resistere alla tentazione. La voleva. Del resto, era stata lei a provocarlo presentandosi alla sua porta. Luke approfittava sempre delle occasioni che gli si offrivano, e lei gli stava offrendo quella di abbandonarsi alla passione. Da troppo non sfogava la sua libidine. Per una notte, le avrebbe dato tutto ciò che poteva, ma niente di più. 22


Al mattino le sarebbero rimasti soltanto i ricordi. Interrompendo il bacio, le posò i palmi sulle guance e la fissò dritto negli occhi. «Assicuratevi di desiderarlo davvero, milady, poiché non si potrà più cancellare quanto fatto.» Ansimando, lei scosse la testa. «Avete frainteso le mie intenzioni.» «Sul serio?» le domandò beffardo. Lady Catherine confermò con un cenno. «Voglio che un uomo venga eliminato. E ho sentito dire che voi siete la persona adatta per farlo.»

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Patto con il diavolo LORRAINE HEATH Inghilterra, 1851 - Cresciuto nei bassifondi di Londra, Lucian Langdon è noto come Conte Diavolo... tuttavia per proteggere coloro che ama Lady Catherine è disposta anche a stringere un patto con il demonio. Quando devono lottare insieme per salvarsi la vita, però, lei scopre di avere accanto un uomo capace di grandi passioni.

I doveri di un duca MEGAN FRAMPTON Londra, 1842 - Quando apprende che col titolo di duca ha ereditato anche una fidanzata, Nicholas Smithfield non ha dubbi: farà ciò che deve per salvaguardare le terre e l'onore. Ma dal momento in cui posa gli occhi sulla sua promessa sposa, non riesce più a togliersela dalla mente. Lady Isabella ha infatti acceso in lui un desiderio senza pari.

Misteri e tradimenti SABRINA JEFFRIES Inghilterra, 1829 - Dodici anni dopo aver perduto il titolo, Dom Manton è titolare di un'agenzia investigativa ed è diventato un ricco visconte, ma non ha mai dimenticato Jane, la ex fidanzata. Così, quando lei gli chiede di indagare sulla misteriosa scomparsa della cugina, accetta di aiutarla perché la passione tra loro non si è mai spenta.

Un'impeccabile gentildonna CANDACE CAMP Inghilterra, 1824 - Quando Lisa e le sue sorelle tornano in Inghilterra, sono costrette a impegnarsi duramente per diventare perfette, impeccabili gentildonne. Rispettare tante regole è una tortura, e a rendere le cose più difficili per lei si aggiunge l'attrazione che prova per un uomo che non potrà mai avere: l'affascinante Sir Royce Winslow.


Il duca dissoluto LORRAINE HEATH Londra, 1851 - Dopo essere emerso dalla dura infanzia nei bassifondi Jack Dodger è diventato proprietario del club più esclusivo di Londra. Così, il fatto che venga nominato erede di tutti i beni del Duca di Lovingdon getta nella disperazione la giovane vedova, Olivia. Il disprezzo della duchessa però non ha scampo di fronte al fascino pericoloso di Jack...

La stagione dei veleni TASHA ALEXANDER Inghilterra, 1891 - A Stagione appena iniziata Lady Emily Ashton si trova ancora al centro di un mistero e decide di risolvere il caso, indagando sui numerosi personaggi coinvolti. Costretta a districarsi tra scandali e maldicenze, potrà però contare sul sostegno del fedele amico e pretendente Colin, più che mai determinato a conquistare il suo cuore.

La scelta di Mary Cynster STEPHANIE LAURENS Inghilterra, 1837 - Mary ha atteso anni l'opportunità di trovare il vero amore, com'è tradizione in casa Cynster, e sa esattamente il tipo d'uomo che vuole, e non è certo qualcuno come il selvaggio, intrattabile e peccaminosamente seducente Ryder Cavanaugh. E la sfida tra i due entusiasma l'intero ton londinese per i suoi esiti imprevedibili...

Un affascinante gentiluomo CANDACE CAMP Inghilterra, 1824 - Eve Hawthorne, vedova e senza un soldo, accetta di diventare chaperon di quattro esuberanti fanciulle americane. Decisione che vacilla nel momento in cui rischia di perdere la testa per l'affascinante Fitzhugh Talbot. Preoccupata per la propria reputazione, Eve cerca disperatamente di dimostrarsi posata e affidabile, ma la passione...

Dal 13 luglio


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