SHARON CULLEN
Per amore della Scozia
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Campbell's Redemption Loveswept, an imprint of Random House, a division of Penguin Random House LLC, New York © 2016 Sharon Cullen Traduzione di Laura Guerra Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici novembre 2017 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1091 del 23/11/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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Confine tra le terre dei Campbell e quelle dei Sutherland Luglio 1746 Cait Campbell era ferma sull'uscio di casa con le mani intrecciate davanti a sé, ma il cuore le batteva veloce come gli zoccoli che si stavano avvicinando, fragorosi. Gatto Nero le si strusciò contro le gambe, poi il suo musetto spuntò da sotto la gonna per controllare il sentiero buio che portava al casolare. Il rumore degli zoccoli era sempre più vicino e il cuore di Cait batté all'unisono con l'andatura del cavallo. Anzi, dei cavalli. Stavano correndo verso di lei come se avessero i demoni dell'inferno alle calcagna. Per fortuna Brice Sutherland era ripartito quasi mezz'ora prima, dopo averle lasciato in custodia dei fuggitivi scozzesi che stavano scappando dagli inglesi. Erano nascosti nel piano interrato del casolare. I cavalli apparvero da dietro la curva, e Cait sentì scivolare via la tensione dalle spalle per il sollievo nel 5
vedere che non si trattava delle giubbe rosse. Due highlander erano piegati sui colli dei loro destrieri. Uno aveva i capelli lunghi e scuri e indossava il kilt blu e verde dei Campbell, che ondeggiava con il vento. L'altro... Cait rimase senza fiato, poi imprecò. L'altro indossava un lungo cappotto di cuoio che, svolazzando, rivelava pantaloni scamosciati e una camicia bianca. Iain Campbell, il capoclan. La donna raddrizzò le spalle e cercò di apparire serena, benché il cuore le stesse martellando all'impazzata. I cavalli si fermarono davanti a lei, scuotendo le teste e sbuffando contrariati. Iain smontò e tirò le redini sopra la sella. Cait lanciò un'occhiata al suo compagno, pallido come il chiaro di luna, il sudore che gli imperlava la fronte, mentre respirava a fatica. Iain aiutò Adair Campbell, comandante del clan, a scendere da cavallo. «Abbiamo bisogno di aiuto» dichiarò Iain con la pronuncia asciutta che mescolava lo scozzese delle Lowlands all'inglese del nord. Adair era piegato in avanti, il braccio che gli proteggeva il ventre. Dal sangue che gli macchiava la camicia, Cait capì che gli avevano sparato, o lo avevano accoltellato. Era riluttante a farli entrare in casa. Non era in buoni rapporti con Iain Campbell, e se lui avesse scoperto i fuggiaschi nascosti sotto il pavimento, sarebbe andata all'aria l'organizzazione clandestina di Sutherland che portava i fuggitivi più ricercati di Scozia fuori del paese, mettendo così a repentaglio la propria vita e distruggendo la possibilità che quei poveretti avevano di scappare. 6
Quale altra scelta aveva? Era la guaritrice del luogo, e come tale la sua porta doveva essere sempre aperta per chi aveva bisogno. Sarebbe sembrato strano se li avesse mandati via. Ma, santo cielo, perché proprio quella sera? Perché non quella dopo, quando il casolare sarebbe stato vuoto? «Venite con me.» Si girò senza nemmeno controllare se la stessero seguendo. Quando attraversò il salottino lanciò un'occhiata nell'angolo. Per fortuna l'ombra nascondeva la poltrona imbottita, appoggiata sopra la botola che dava sulle scale e che conduceva al luogo in cui sette scozzesi che scappavano dalle lame inglesi si stavano nascondendo. Se fosse andato tutto bene, si sarebbero imbarcati su una nave che li avrebbe portati in Canada, al sicuro dalla brutalità inglese, dove avrebbero avuto una seconda possibilità. Campbell si fermò sull'uscio, sorreggendo Adair, e osservò il piccolo casolare con i suoi occhi scuri e inquisitori. Lei gli voltò le spalle e prese il necessario dalla credenza. La casa non era grande come quella in cui lei e John avevano vissuto fino a quattro anni prima, quando suo marito aveva ricoperto il ruolo di comandante. Il capoclan lo stava di certo notando, e lei cercò di contrastare l'amarezza che l'assalì all'improvviso. Non perché vivesse in una dimora umile, ma perché era davvero sola, il marito e la figlia riposavano uno di fianco all'altra nelle loro tombe fredde. Respinse l'ondata di dolore giunta tanto fulminea. Le capitava ogni volta che si ritrovava ad affrontare Campbell. Il dolore e la rabbia tornavano, anche se erano trascorsi quattro anni dal giorno in cui lui era venuto ad annunciarle che suo marito era morto. 7
Con un cenno della mano indicò una delle due sedie dallo schienale diritto appoggiate al tavolino della cucina. «Può sedersi lì.» Ci fu un gran fruscio alle sue spalle, quindi un gemito di dolore quando Adair si lasciò cadere sulla sedia. Il guerriero si piegò in avanti, continuando a cingersi la vita con il braccio. Campbell era dietro di lui e gli teneva una mano sulla spalla. «Che cosa è successo?» domandò Cait. «Siamo stati attaccati dai razziatori mentre pattugliavamo il perimetro» rispose Campbell. I loro sguardi si incatenarono, e i ricordi rimbalzarono fra loro. Quello scenario era fin troppo noto a entrambi, e Cait non sopportava che condividessero un tale passato. Una cucina diversa. Una casa diversa. La scena però era più o meno la stessa. Suo marito John e Campbell erano stati attaccati dai nemici mentre erano di pattuglia. Solo John però era morto. Distolse lo sguardo dal capoclan. «Pugnale, daga, baionetta o proiettile?» domandò, ignorando il tremore nella propria voce. «Proiettile.» Per la miseria! Non sarebbe stata una cosa veloce, e forse Adair si sarebbe dovuto fermare lì per la notte. Si inginocchiò davanti a lui. Era un uomo robusto, muscoloso. Un guerriero. Proprio come lo era stato John, e ogni comandante prima di lui. Al contrario di John, però, Adair era scuro di capelli. Aveva occupato il posto di John, dopo la sua morte. Cait non aveva avuto molti contatti con lui, perché si era allontanata presto dal maniero. Adair la stava fissando con i suoi occhi azzurri. Era pallido e aveva la fronte imperlata di sudore. 8
«Devo chiederti di togliere il braccio.» Lui strinse i denti e obbedì. Cait aveva visto moltissime ferite da quando era diventata guaritrice. Quella non era una delle peggiori, ma non era nemmeno da poco. La camicia di Adair era zuppa di sangue, così come il braccio con cui si era protetto. «Mi servirà più luce.» Una lanterna comparve al suo fianco, e lei la sollevò per guardare meglio. «La camicia si è attaccata alla ferita.» Sollevò lo sguardo su Campbell, che la stava osservando con occhi impenetrabili. La sua espressione non rivelava mai che cosa stesse pensando, e ciò la turbava sempre. John le aveva detto che Campbell nascondeva le proprie emozioni, ma lei era convinta che proprio non ne avesse. «Mi servirà dell'acqua, possibilmente calda. C'è una brocca sul ripiano della cucina. Mettila a scaldare al fuoco.» Con sua sorpresa il capoclan reagì immediatamente. «Dovremo spostarti» annunciò Cait ad Adair. «E dovrai stenderti, perché possa lavorare.» Adair cercò di alzarsi, ma ricadde subito a sedere con un gemito. Cait infilò la spalla sotto il suo braccio, prendendogli la mano e passandosi il braccio al collo. «Al tre ci alziamo. Uno... due...» Adair si tese. «Tre.» Si preparò a sorreggere il peso del guerriero, sollevandosi lentamente per non scuoterlo. Riuscì a farlo alzare, ma l'uomo vacillava, e Cait non sapeva se sarebbe riuscita a reggerlo, nel caso fosse caduto. «Devi metterti a letto» ribadì. «Riesci a salire le scale?» «Sì.» 9
«Allora andiamo.» Cait aveva curato un numero sufficiente di guerrieri da sapere che non era il caso di vezzeggiarli, e comunque non era mai stata tipo da coccolare i pazienti. A suo parere era meglio essere onesta riguardo a ciò che avrebbe fatto, e diretta nel suo approccio. Dopo due passi ad Adair cedettero le gambe. Cait sistemò meglio la spalla sotto il suo braccio e lo spinse in avanti. Dopo un altro paio di passi Campbell comparve al fianco di Adair, e Cait fu contenta per l'aiuto. «Andiamo di sopra» disse. Il pensiero di liberarsi in fretta dei due guerrieri era svanito. Non le restava altro da fare che tenerli lontani dai fuggitivi che erano sotto i loro piedi. Aveva intenzione di medicare Adair e mandare Campbell a casa. I rumori che il paziente avrebbe potuto sentire sarebbero stati imputati al delirio della febbre o all'effetto del miscuglio di erbe che gli avrebbe somministrato. Raggiunsero la cima delle scale e la camera dove Adair cadde sul letto con un gemito. Cait gli sollevò la camicia, prestando attenzione al tessuto, che si era attaccato alla ferita. «Vado a prendere l'acqua» annunciò Campbell prima di ridiscendere le scale. La lesione non era brutta. Il proiettile non era penetrato in profondità, e lei sarebbe riuscita a estrarlo. Campbell tornò con l'acqua, e Cait cominciò a lavare la ferita. «Ci sono delle tazze sulle mensole della cucina» lo istruì. «Su quella in alto c'è una bottiglia di whisky, e anche del miele. Mi servirà tutto.» Quando Campbell non si mosse, lei sollevò lo sguardo e vide che la fissava, un angolo della bocca 10
leggermente incurvato. «Allora?» lo incitò. «Cosa aspetti?» Campbell tornò di sotto, e lei trattenne un sorriso al pensiero di averla avuta vinta. Il capoclan di sicuro non era abituato a ricevere ordini, soprattutto da lei, ma li stava accettando di buon grado. John avrebbe scosso il capo a quel suo atteggiamento, ma le avrebbe anche regalato un sorriso. Campbell tornò con il necessario. «Versa del whisky e faglielo bere.» «No» intervenne Adair. «Sì» insistette Cait. «Sarà doloroso, ti servirà.» «No.» Adair girò lo sguardo carico di dolore verso il capoclan. «Non voglio essere stordito.» «Fa' come ti dice» gli ordinò Campbell. Il paziente bevve quel tanto che bastò, perché, quando lei cominciò a cercare il proiettile, la testa gli ciondolasse da una parte e gli si chiudessero gli occhi. «Di solito lo regge molto meglio» osservò Campbell. «La perdita di sangue ha diminuito la sua tolleranza. Ho bisogno di luce.» Campbell sollevò la lanterna, e Cait riuscì a estrarre il proiettile dopo due soli tentativi. Lui continuò a reggere il lume mentre Cait spalmò del miele sulla ferita e la ricucì. «Perché il miele?» volle sapere Campbell. «Perché aiuta la ferita a non infettarsi.» «Non l'avevo mai sentito dire.» Non sembrava scettico, ma solo curioso. «L'ho imparato da una donna nel mio paese.» Cait si sedette e si passò il dorso della mano sulla fronte. «Finito.» «Sei stata brava» si complimentò Campbell. 11
La donna si alzò e si stiracchiò: aveva la schiena indolenzita. «Dormirà tranquillo per alcune ore. Lo veglierò io, stanotte. Tu torna a casa e riposa.» «Non posso lasciarti sola a vegliare sul mio comandante.» Lui le sorrise, ma Cait scosse il capo. «Devi andartene, Iain. Non ti voglio qui.»
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Cait Campbell lo stava fissando con aria ostile. I suoi occhi verdi scintillavano di determinazione. Non le piaccio, rifletté Iain. Anzi, mi detesta proprio. Non era una sorpresa. Lo sapeva da anni, dal momento in cui aveva dovuto portarle la notizia della morte di John. In realtà, quando si trovava vicino a lei si detestava lui stesso e, sebbene ciò facesse di lui un codardo, era uno dei motivi per cui le stava alla larga. Non avrebbe mai ammesso che il senso di colpa per la morte di John pesava ancora greve sul suo cuore. Tuttavia quando Adair era stato ferito nello scontro con i maledetti razziatori che gli stavano rubando il bestiame, non aveva esitato e lo aveva condotto da lei. Cait era conosciuta nella regione per le sue doti di guaritrice. Di certo non era sembrata contenta di vederlo, ma, benché riluttante, non aveva negato il suo aiuto. Iain era però sorpreso che lo stesse cacciando di casa senza tante cerimonie. «In ogni caso rimango» ribatté. Dopotutto era il capoclan. Ne aveva diritto. «No.» Lei sollevò il mento e lo trafisse con uno 13
sguardo gelido. «È casa mia e qui non sei il benvenuto.» Erano pochi i luoghi in Scozia in cui Iain non era il benvenuto, e di solito non gli importava. Quella sera invece, gli importava, eccome. «Non lascerò il mio comandante da solo.» Lei si irrigidì. «Non ti fidi di me?» «Certo che mi fido. Sei la migliore guaritrice della zona. Non c'entra la fiducia.» «Puoi tornare domattina. Adair dormirà tutta la notte, e tra qualche ora gli controllerò la ferita, nient'altro.» Iain si guardò attorno in quella stanza piccola e ordinata per cercare una sedia, ma non la trovò. C'erano solo un letto abbastanza grande per una persona, e bassa, per di più, uno scrittoio e un lavabo. Dei tappeti erano sparsi sulle assi pulite del pavimento. «Porterò su una sedia dalla cucina...» «No.» Iain sospirò, mentre riportava lo sguardo su di lei. «Cait...» «Non ti fermerai qui.» Le brillarono gli occhi, ma Iain non fu tanto sciocco da pensare che le lacrime che tratteneva fossero di tristezza. Era rabbia. Forse avrebbe dovuto affrontare quella collera tanto tempo prima, ma, come aveva ammesso a se stesso, quando si trattava di Cait Campbell era un vero codardo. «Allora dormirò nella stalla, così sarò vicino, nel caso tu abbia bisogno di me.» «Dubito che potrei mai aver bisogno di te.» Lui chinò il capo, divertito. «In ogni caso...» «In ogni caso non te ne andrai, vero?» Cait con un soffio allontanò una ciocca di capelli rossi dagli occhi e lo guardò torva. «Già.» 14
Lei lo fissò a lungo, e Iain rimase in attesa, sostenendo il suo sguardo. Aveva l'impressione che gli avessero squarciato il cuore, riaprendo una ferita che bruciava dal rimorso e dal dolore per ciò che era accaduto anni prima, un evento che non poteva cambiare, o cancellare. John era stato il suo migliore amico, l'unica persona di cui si era fidato ciecamente. La sua morte aveva lasciato un vuoto in lui, ma con il tempo quel vuoto si era colmato. O almeno era ciò che si ripeteva. Vedere Cait aveva rimesso tutto in discussione. Era strano vederla senza John. Strano e triste. «E va bene» capitolò infine lei, le spalle d'improvviso flosce come se delle grosse mani invisibili le avessero spinte in basso. «Però dormirai nella stalla.» «Se mi permetterai di portare su una sedia...» Gli lanciò uno sguardo di brace. «La stalla.» Poco dopo, divertito e confuso, Iain si sistemò nel fienile e ascoltò il muggito lieve della mucca da latte e il fruscio dei cavalli che mangiavano l'avena. Non rimase sorpreso nel vedere che anche la stalla era ben tenuta. Non aveva dimenticato che Cait era meticolosa e amante della pulizia. Chissà chi l'aiutava nelle faccende? Portava in casa da sola la legna per il fuoco? La spaccava lei? Spalava via il letame dalla stalla? Riusciva a immaginarla che si occupava di tutto, ma non gli piacque pensare che poteva contare unicamente su se stessa, tutta sola al confine delle sue terre. Intrecciò le mani dietro la testa e fissò i raggi della luna che filtravano dal soffitto ad assi, mentre la mente lo riportò a quella notte fatidica... un luogo in cui di rado permetteva ai pensieri di vagare. Lui e John stavano pattugliando le terre dei Campbell. Arrivavano dal confine a nord per controllare il bestiame e andare a trovare i pochi affittuari che abita15
vano in quella zona. Era una bella giornata, con il sole caldo, senza una nuvola. Il colpo di pistola era giunto dal nulla e il suono aveva riecheggiato fra gli alberi, zittendo gli uccelli e facendo scappare gli animaletti del sottobosco. Il suo cavallo si era adombrato e solo con uno sforzo era riuscito a controllarlo. Imprecando si era guardato attorno alla ricerca dell'assalitore, pensando si fosse trattato di un cacciatore. Solo dopo qualche secondo si era accorto che John non era più in sella, ma steso a terra, che emetteva i suoi ultimi respiri. Iain si era inginocchiato al suo fianco e aveva capito immediatamente che per il suo amico non c'era speranza. Il proiettile gli aveva perforato la gola. John lo aveva guardato con gli occhi grigi in preda allo sgomento e con una mano si era aggrappato alla manica del suo cappotto. Aveva mosso le labbra, ma non erano uscite parole. Iain però aveva capito. Aveva quindi promesso all'amico e compagno d'armi, nonché l'unica persona di cui si fosse mai fidato, che si sarebbe preso cura di sua moglie. Dopo due respiri ansimanti, John era morto fra le sue braccia. Raccontarlo a Cait era stata la seconda cosa più difficile che avesse mai dovuto fare in vita sua, la prima era stata stringere John mentre moriva. Lei aveva accolto la notizia con un cenno brusco del capo e gli occhi asciutti, ma lui aveva intravisto la devastazione nascosta nelle loro profondità e nel modo in cui il suo corpo si era irrigidito, tanto che aveva temuto che crollasse. Poteva solo immaginare che fosse scoppiata in lacrime, una volta sola, ma non lo sapeva. Aveva avuto tutte le intenzioni di mantenere la promessa di prendersi cura di lei, ma una cosa aveva portato a un'altra e... Al diavolo, non l'aveva mantenuta, perché vedere Cait riportava a galla il dolore per la 16
perdita di John. Non aveva voluto affrontare l'accusa dei suoi occhi o la tristezza radicata nel suo animo, o il modo in cui si irrigidiva e sembrava volesse scappare lontano da lui ogni volta che le si avvicinava. Aveva mandato delle pattuglie da quelle parti e chiesto che lo tenessero aggiornato sulle sue condizioni. I resoconti erano sempre stati gli stessi: viveva da sola, apparentemente tranquilla, e guariva chiunque avesse bisogno di lei. Lui si era accontentato di quello. Aveva dimenticato quanto fosse bella, con quella massa di capelli rossi. Quella sera li aveva legati in una treccia che le scendeva lungo la schiena, ma delle ciocche erano sfuggite e le ricadevano in continuazione sugli occhi, costringendola ad allontanarle con il dorso della mano. Aveva mani capaci, veloci, sicure. Solo quando aveva finito di estrarre la pallottola dal ventre di Adair, Iain aveva notato un leggero tremore nei loro movimenti. Era dipeso dall'ansia di curare il ferito, o dal fatto che non voleva Iain Campbell in casa sua? Chiuse gli occhi e nonostante il fastidio della paglia sotto di sÊ, la sua mente continuò a rivangare ricordi indesiderati. Non avevano mai catturato la persona che aveva sparato a John. Iain aveva mandato degli uomini a perlustrare la regione, a indagare, ma invano. Nessuno aveva ammesso di essersi trovato nella zona a cacciare, e con il passare del tempo aveva dovuto sospendere l'indagine. Erano state avanzate delle ipotesi, ovviamente. Era stato forse un MacGregor? MacGregor lo detestava, perciò era possibile, ma l'uomo aveva sempre negato ogni coinvolgimento. A dire il vero poteva essere stato chiunque. Iain era un uomo odiato, e quell'odio era profondo e presente da generazioni. Avevano attentato alla sua vita anche in passato, co17
sì come a quella di suo padre e di suo nonno, prima di lui. Si era trattato dell'ennesimo attentato? John aveva perso la vita per colpa sua? Non saperlo era la cosa peggiore. Forse, se lui e Cait avessero appreso perché era morto, sarebbero riusciti a mettersi l'animo in pace. Tuttavia, lui non aveva mai scoperto chi fosse il destinatario di quella pallottola. Poteva essere stato chiunque a sparare. Un cacciatore, un nemico, un inglese. Sfortunatamente alcune domande non avevano mai trovato risposta. I cavalli si mossero, e lui scoprì che quel fruscio era quasi confortante. Sebbene preferisse dormire su un bel letto morbido, si era arrangiato a riposare in tanti fienili, negli anni. Qualcos'altro si mosse e si rese conto che non si trattava di un animale nella stalla, ma che il rumore proveniva da fuori. Si girò, disteso sulla pancia e sorretto sui gomiti, per sbirciare fuori del finestrino che si usava per lanciare la paglia agli animali sul cortile. La luna piena irradiava raggi di luce sulla zona di terra battuta, con erba rada che si stendeva tra la stalla e il casolare, avvolgendo invece il perimetro del cortile di un'oscurità così profonda che tutto sembrava dissolversi nel bosco circostante. All'improvviso Cait apparve nel punto illuminato dal chiarore della luna. La sua comparsa fu talmente inaspettata che Iain trasalì. Poi un'altra figura uscì dall'oscurità del bosco. Lei non sembrava affatto spaventata, e quello fu l'unico motivo per cui Iain decise di non muoversi. Quello, e un'intensa curiosità. La vedova di John aveva un amante? Non ci aveva mai pensato prima. Si sollevò di più per osservare meglio e rimase sbigottito nel vedere che Cait stava parlando nientemeno che con Brice Sutherland. Se c'era un capoclan con cui 18
Iain intratteneva un rapporto abbastanza amichevole, quello era proprio Sutherland. Brice aveva da poco sposato Eleanor, una splendida nobildonna inglese, e tutti sapevano che era innamorato follemente della moglie, perciò era da escludere che lui e Cait fossero amanti. E allora cosa diavolo ci faceva Sutherland lì nel cuore della notte? La vide agitare le mani in aria, nervosamente. Sutherland si girò verso la stalla e annuì, quindi ripiegò nel buio del bosco. Con passi decisi Cait rientrò nel casolare e si richiuse la porta alle spalle. Iain si sedette, riflettendo su ciò che aveva appena visto, quando udì altri rumori. Tornò a stendersi per vedere cosa stesse succedendo. Cait era fuori, tra il casolare e il bosco, quando un gruppo di persone cominciò a uscire dalla casa. Iain ne contò sette, che camminavano in fila. Cait faceva cenno di sbrigarsi, toccando ciascuno di loro sulla spalla con un gesto di conforto. Di tanto in tanto si girava verso la stalla, ma non alzò mai la testa in direzione del finestrino. Iain non poteva esserne certo, ma gli parve che fossero quattro uomini e tre donne, sebbene una delle donne potesse in realtà essere un fanciullo. Attraversarono lo spiazzo in silenzio, quindi vennero inghiottiti dagli alberi così in fretta che Iain quasi dubitò di averli visti. Con un gesto che stava cominciando a conoscere bene, Cait si scostò i capelli che le ricadevano sul viso. Poi, a testa bassa, si incamminò verso il casolare con passo pesante. Cosa diavolo era successo? Iain era entrato dentro quella casa. Si trattava di un piccolo casolare con un salottino e la cucina al pianterreno e una camera al piano superiore. Non c'era posto per nascondere sette persone. Per la miseria, dubitava 19
che sette persone sarebbero state comode, in quella casetta. Il che significava che non si erano trovate lĂŹ. Oppure... Erano nascoste bene.
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