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I PERDUTI AMORI DEI DI SIONE Una ricerca di verità, la promessa di una travolgente passione Per circa sessant’anni, Giovanni Di Sione ha custodito un incredibile segreto. Ma con l’avvicinarsi degli ultimi giorni della sua vita, ha deciso che i nipoti debbano conoscere la verità. Ognuno di loro verrà inviato in giro per il mondo, alla ricerca dei suoi Perduti Amori, inestimabili ricordi e uniche testimonianze della sua storia, della sua vera identità, del suo unico e grande amore. Ciascuno di questi preziosi oggetti avvicinerà i rampolli della famiglia alla verità, e li obbligherà a intraprendere un viaggio verso una meta che nessuno di loro poteva anche solo immaginare.
SHARON KENDRICK
Prezioso ricatto
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Di Sione's Virgin Mistress Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2016 Harlequin Books S.A. Special thanks and acknowledgment are given to Sharon Kendrick for her contribution to The Billionaire's Legacy series Traduzione di Velia De Magistris Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony luglio 2017 Questo volume è stato stampato nel giugno 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3193 del 14/07/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
1 L'adrenalina gli circolava nelle vene mentre entrava nel terminal del piccolo aeroporto, aveva la fronte imperlata di sudore e il cuore che batteva all'impazzata quasi avesse corso a perdifiato. O come se si fosse appena accomiatato da una donna dopo aver trascorso una notte di sesso sfrenato. Anche se non ricordava quando aveva fatto sesso l'ultima volta... Quanto tempo era passato per la precisione, si chiese Dante Di Sione, scuotendo la testa. Ripensò alle ultime settimane, quando era stato costretto ad adattarsi a tanti diversi fusi orari. Aveva visitato una gran quantità di nazioni, percorso innumerevoli vicoli ciechi e poi era finito lì, ai Caraibi. E tutto per rintracciare un gioiello dal valore inestimabile che suo nonno voleva per oscuri motivi che si era rifiutato di confidargli. L'ultimo desiderio di un uomo in punto di morte, rifletté, un peso che gli gravava sul petto. Tuttavia, non era forse vero che aveva accettato ben volentieri quel compito che gli era stato dato e che aveva interpretato come un favore da restituire all'uomo che aveva fatto tanto per lui? Inoltre il suo opaco interesse per la quotidianità era stato ravvivato dal gusto della sfida. In verità, non aveva alcuna fretta di tornare nella sua 5
lussuosa e leggermente decadente casa a Parigi, o al suo lavoro. In verità, apprezzava l'imprevedibilità della caccia e la sensazione di uscire, almeno per una volta, dalla sua molto privilegiata zona sicura. Strinse il manico del trolley che conteneva il prezioso diadema. Ora tutto quello che gli restava da fare era consegnarlo al nonno, in modo che quest'ultimo potesse farne tutto ciò che voleva. Aveva la bocca secca. Un bicchierino sarebbe stato d'aiuto, rifletté, o anche altro. Una qualsiasi cosa in grado di distrarlo dal fatto che l'eccitazione stava iniziando a svanire dal suo sistema, lasciando al suo posto quella desolante sensazione di vuoto che da tutta la vita cercava inutilmente di ignorare. Si guardò intorno. Il terminal era affollato dal tipo di persone che quel posto inevitabilmente attraeva, i ricchi e i macho abbronzati, inoltre dovevano aver girato un servizio fotografico da qualche parte, perché c'erano modelle ovunque. Diverse giovani donne si voltarono verso di lui, le lunghissime gambe in bella mostra, i cappelli di paglia a falde larghe che nascondevano loro parzialmente il viso, lasciando in evidenza solo piccoli nasi all'insù e labbra piene e rosse. Ma lui non era dell'umore adatto per accompagnarsi a qualcuna di così prevedibile. Meglio il lavoro, decise. Meglio contattare il suo ufficio parigino e scoprire cos'era successo nella sua azienda durante la sua assenza. E poi il suo sguardo fu attratto da una bionda che se ne stava tutta sola, in disparte. L'unica persona dall'incarnato candido in un mare di corpi bruciati dal sole. Chiara, sottile, l'ampia sciarpa che aveva avvolta intorno alle spalle sembrava inghiottirla. Aveva un aspetto... fragile, 6
come se avesse trascorso tutta la vita nel profondo degli abissi e fosse stata riportata in superficie solo adesso. Sedeva accanto al banco del bar, una coppa di champagne in mano, e quando i loro occhi s'incontrarono, svelta abbassò lo sguardo fingendo un improvviso interesse per il bicchiere, quasi contenesse i segreti dell'universo. Lo sollevò, ma non lo portò alle labbra. Forse fu per quello che si ritrovò a camminare verso di lei quasi senza rendersene conto, ipotizzò Dante, per quella manifestazione di una timidezza così rara nell'universo dove lui viveva? Con pochi passi la raggiunse e posò sul pavimento il suo trolley, accanto a uno molto simile ma di fattura più scadente. La donna si voltò, mostrando un viso di una delicata bellezza. «Salve» esordì lui. «Salve» replicò lei con un marcato accento britannico. «Per caso ci siamo già visti prima?» La bionda sbatté le palpebre, come se fosse stata investita all'improvviso da un fascio di luce. «No, non credo proprio» disse. Scosse la testa facendo ondeggiare ciocche di capelli lucenti. «No» ribadì, «in caso contrario, lo avrei ricordato.» Dante si appoggiò al banco e si sporse lievemente in avanti. «Però mi fissavi come se mi conoscessi» obiettò. Willow non replicò, alle prese con una bizzarra sensazione fatta di confusione e attrazione che non sapeva come gestire. Sì, ovviamente lo aveva fissato perché, in tutta onestà, chi non lo avrebbe fatto? Un brivido le corse lungo la schiena mentre, a disagio, sosteneva lo scrutinio cui lo sconosciuto la stava sottoponendo. Doveva ammettere che era l'uomo più perfetto che avesse mai visto, proprio lei, che lavorava insieme a uomini perfetti. Con indosso vestiti casual che 7
solo i veri ricchi potevano rendere eleganti, aveva l'aspetto di chi era appena sceso dal letto, e non dal suo letto. I jeans consumati aderivano alle gambe lunghe e muscolose, la camicia di seta, per quanto spiegazzata, sottolineava la sua appartenenza al mondo dei privilegiati. I capelli neri e folti e la pelle olivastra evocavano un'origine mediterranea, gli occhi erano dello stesso colore dell'oceano. Tuttavia quegli splendidi occhi blu brillavano di una luce gelida, che risultava quasi come una componente imprescindibile del suo viso. In genere non era suscettibile al fascino degli uomini belli e maledetti, qualcosa che addebitava alla sua innata timidezza. La lunga malattia, seguita da anni trascorsi in un collegio per sole ragazze, aveva fatto sì che crescesse in un ambiente quasi esclusivamente femminile, con i medici come unica eccezione. Si era rifugiata nel suo piccolo mondo sicuro, e la sicurezza era stata molto importante per lei. Ma c'era qualcosa in quello sconosciuto dagli occhi di ghiaccio che le faceva battere il cuore all'impazzata. La stava ancora guardando con aria interrogativa, così cercò di immaginare come si sarebbero comportate le sue sorelle in una circostanza simile. Di sicuro non sarebbero rimaste a fissarlo ammutolite. Probabilmente avrebbero scrollato le spalle e detto qualcosa di divertente, poi avrebbero teso il loro calice per farlo riempire di nuovo Strinse lo stelo della coppa fra le dita. Allora prendi esempio da loro, consigliò a se stessa. Fingi che uomini affascinanti e di successo ti offrano da bere ogni giorno della settimana. «Immagino che devi essere abituato a essere osservato» affermò con sincerità. Finalmente portò la coppa alle labbra e bevve un sorso, poi un altro ancora. 8
«Vero.» Dante annuì e si arrampicò sullo sgabello accanto a quello di lei. «Cosa stai bevendo?» «No, grazie, basta così» replicò Willow, certa che fosse lo champagne il responsabile di quel calore che l'aveva avvolta all'improvviso. «Sarà meglio se mi limiterò a una sola coppa. Non ho mangiato nulla per tutto il giorno.» «Volevo solo sapere se era buono» precisò lui, un sopracciglio aggrottato. «Oh sì. Naturalmente. Che stupida...» mormorò Willow, consapevole delle fiamme che le erano salite al volto. Bevve un altro sorso. «È un ottimo champagne francese» elaborò. «Ti capita spesso di bere dell'ottimo champagne francese da sola nel bar di un aeroporto?» «No davvero. Sto festeggiando la conclusione di un lavoro.» A quel punto avrebbe dovuto informarsi sulla sua professione, rifletté Dante, ma non aveva alcuna voglia di ascoltarla mentre recitava il suo curriculum. Chiese al barista di portargli una birra, poi si girò di nuovo verso di lei e ricominciò ad analizzarla. Prima i capelli perché era attratto dalle bionde come le mosche erano attratte dal miele. Vista così da vicino alcune imperfezioni del suo viso diventavano evidenti, ma per qualche motivo queste la rendevano ancora più interessante. Notò la pelle così chiara da essere quasi translucida, e gli zigomi anche troppo accentuati. Aveva gli occhi grigi come un cielo invernale, le labbra l'unica parte del suo corpo a essere piena, morbida. Per il resto era magra, troppo magra. Un paio di jeans ricamati le fasciava le cosce sottili, ma non riuscì a vedere altro perché la dannata sciarpa la avvolgeva completamente. Si chiese perché fosse stato attratto proprio da lei in 9
un terminal pieno di fotomodelle belle e formose che avrebbero accolto con entusiasmo un suo approccio piuttosto che guardarlo allarmate, come un agnellino innocente avrebbe fissato il lupo cattivo. Forse perché aveva avuto la sensazione che lei non appartenesse a quell'ambiente. Un'esclusa, come del resto si sentiva lui. O forse aveva inconsapevolmente cercato in lei solo un modo per non pensare al suo imminente rientro negli Stati Uniti con il diadema, e alla consapevolezza delle troppe cose lasciate in sospeso nell'ambito della sua complicata famiglia. La malattia del nonno lo aveva forzato a riesaminare i suoi comportamenti, e lo costringeva a immaginare di vivere senza l'uomo che lo aveva sempre amato e protetto, nonostante tutto e tutti. Una prospettiva a dir poco angosciante. Per fortuna ora quella diafana bionda stava evocando in lui anche altri pensieri, decisamente carnali, per quanto l'espressione cauta non accennasse a svanirle dal volto. La incoraggiò con un sorriso, perché in genere lasciava fare alle donne tutto il lavoro, il che significava che poteva andarsene con una coscienza relativamente pulita quando metteva fine a una relazione, in genere non più di qualche giorno dopo il suo inizio. Preferiva partner audaci, quelle sicure di sé che non esitavano a fare la prima mossa, eppure adesso la novità costituita da una creatura apparentemente così timida e impacciata era una tentazione troppo forte per resistervi. Bevve un sorso di birra. «Come mai sei qui?» s'informò. «Oltre al fatto che ovviamente stai aspettando di imbarcarti su un aereo.» Willow si guardò le mani e di nuovo si chiese cosa avrebbero fatto le sue sorelle... Le sue tre bellissime, intelligenti sorelle che non avevano mai conosciuto un solo 10
momento di incertezza nella loro vita. Avrebbero detto qualcosa di sagace, chinato la testa da un lato in un atteggiamento civettuolo, e di sicuro non sarebbero rimaste a fissare quell'affascinante straniero domandandosi perché, fra tante, aveva avvicinato proprio lei. Lei, che solo quando lavorava riusciva a interagire con un rappresentante del sesso opposto senza desiderare che la terra si spalancasse sotto i suoi piedi per inghiottirla. E quel particolare rappresentante del sesso opposto era davvero spettacolare. Energia e potere fluivano da lui in modo quasi tangibile, ma erano gli occhi che trovava irresistibili. Non aveva mai visto occhi simili. Più blu del Mar dei Caraibi. Più blu delle ali delle piccole farfalle che aveva ammirato quando, d'estate, a volte le avevano permesso di sedersi in terrazza. Un blu brillante, chiaro, focalizzato, e quella forza blu adesso era fissa su di lei, in evidente attesa di una risposta. Supponeva che avrebbe potuto dirgli del primo servizio fotografico che aveva diretto con l'incarico di stilista per una rivista di moda inglese a grande tiratura, e che quel servizio era stato un successo. Ma anche se cercava di essere felice per quello, non riusciva a scuotersi di dosso quell'ansia provocata da ciò che la attendeva in Inghilterra. Un altro matrimonio. Un'altra celebrazione dell'amore e del romanticismo cui sarebbe intervenuta da sola. Tornare nella casa che era stata il suo rifugio e al contempo la sua prigione negli anni dell'adolescenza, dalle sue sorelle piene di buone intenzioni e dai suoi iperprotettivi genitori. Tornare alla cruda verità, vale a dire che la sua vita reale non era nemmeno vagamente simile alla sua scintillante vita professionale. 11
Allora forse era arrivato il momento per intervenire al riguardo, pensò. Non aveva mai visto quell'uomo prima d'allora, ed era molto improbabile che lo avrebbe rivisto in futuro. Non poteva, per una sola volta, interpretare quel ruolo che le era sempre stato negato? Non poteva fingere di essere appassionata, focosa, desiderabile, disinibita? Lavorava nell'industria della moda ormai da tre anni, e vedeva quotidianamente le modelle trasformarsi come d'incanto sotto l'obiettivo del fotografo. Diventare sfacciate, provocanti, ammaliatrici con una disinvoltura strabiliante. Dunque non poteva immaginare che quell'uomo fosse il fotografo? Non poteva trasformarsi per qualche ora nella persona che aveva sempre desiderato essere, invece della piatta, banale Willow Hamilton, alla quale non era mai stato permesso fare nulla e che di conseguenza non aveva mai imparato a comportarsi come le sue coetanee? Fece scorrere la punta del dito indice sul bordo del calice, un gesto così poco abituale che però la definiva, o almeno sperava che la definisse, come una sensuale mangiatrice di uomini, o qualcosa del genere. «Ho appena terminato un servizio fotografico» disse. «Oh... Sei una modella?» Aveva solo immaginato la lieve nota di disappunto nella sua voce?, si chiese Willow. Forse non gli piacevano le modelle? Strano, perché le modelle piacevano a tutti. Incurvò le labbra in un sorriso, scoprendo che farlo era più facile di quanto avesse immaginato. «Per caso ho l'aspetto di una modella?» «Non sono sicuro che tu desideri davvero una risposta a questa domanda» replicò Dante, un sopracciglio aggrottato. «Il che significa?» «Bene, se risponderò di no, metterai il broncio e mi 12
chiederai: "Perché no?". Se risponderò di sì, metterai comunque il broncio, poi sospirerai e mi chiederai: "È così ovvio?".» Non era forse un dannato indizio della sua totale mancanza di vita sociale lo shock che provò per quella risata che spontaneamente le gorgogliò in gola? Perché lei non era quel tipo di donna che si intratteneva con un tizio incontrato per caso in un aeroporto e che rideva alle sue battute. Tutt'a un tratto si sentì libera, si rese conto Willow. Ed elettrizzata. Guardò lo scintillio che gli illuminava gli occhi e decise che, dopotutto, poteva stare al suo gioco. Per una volta. «Grazie per la tua onestà, perché adesso so che non ho bisogno di dirti nulla» affermò stringendosi nelle spalle. «Se le donne per te sono un libro aperto, a tal punto che puoi prevedere ogni loro parola, allora sei in grado di continuare questa conversazione da solo, senza il mio apporto.» «E sarebbe peggio per me, penso» commentò lui, sporgendosi in avanti. «Come ti chiami?» «Willow. Willow Hamilton.» «È davvero il tuo nome?» «Ti riferisci ad Hamilton?» «Mi riferisco a Willow.» Lei annuì. «Sì. Capisco che possa sembrare bizzarro chiamarsi come un albero, ma è una tradizione della nostra famiglia. Anche le mie sorelle sono state battezzate con il nome di un elemento della natura.» «Tipo Montagna?» Willow rise di nuovo, poi scosse la testa. «Qualcosa di meno stravagante. Si chiamano Flora, Clover e Poppy.» «Io ho origini italiane, e non riesco nemmeno a immaginare che qualcuno battezzi le proprie figlie Salice, Tri13
foglio e Papavero. Flora è già più accettabile» commentò Dante. «Sono nomi originali, belli come lo sono le mie sorelle» sottolineò Willow, sulla difensiva. «Ora ti aspetti che io dica che anche tu sei molto bella, e in quel caso tu replicheresti che...» «Ho già precisato» lo interruppe lei, «che se sei in grado di leggere così facilmente nella mente delle donne, dovresti limitarti a chiacchierare con te stesso.» «Sì, sono in grado di farlo, ma sappiamo entrambi che ci sono molte cose che si possono fare da soli ma che sono più divertenti se condivise con qualcun altro, non è così, Willow?» Probabilmente non era un'esperta per quello che riguardava gli uomini, e non aveva nemmeno mai avuto una vera relazione, ma anche se era sempre stata protetta e coccolata, non aveva vissuto in una totale reclusione. Ora lavorava con persone che affrontavano il discorso sesso con imbarazzante franchezza, dunque aveva capito bene a cosa si era riferito, pensò Willow. Inorridita, sentì il viso andarle in fiamme. Arrossiva sin da quando era piccola, e per quella debolezza le sue sorelle la avevano affibbiato il soprannome di Primula Rossa. Tese la mano verso il bicchiere, ma lui le afferrò il polso, impedendoglielo. In realtà, fece più di quello. In realtà, da quel contatto si scatenò qualcosa di molto simile a una scossa elettrica che le risalì lungo il braccio, mettendo in vibrazione terminali nervosi che non aveva mai saputo di possedere. Fissò le dita forti e abbronzate di lui che contrastavano con il pallore della sua pelle e stupidamente notò quanto quel contrasto fosse accattivante. Sollevò gli occhi per fissarli nei suoi. «Una donna che arrossisce è una creatura rara» sen14
tenziò Dante, «una bella novità per gli uomini, soprattutto per uomini come me. Così non nasconderti e non vergognarti. E solo per tua informazione, se berrai un altro goccio di champagne nel tentativo di attenuare il tuo imbarazzo, finirai solo per peggiorare la situazione.» «Dunque non solo sei un esperto della conversazione delle donne, ma anche del loro modo di arrossire?» s'informò Willow, notando che la mano di lui adesso copriva la sua, e che questo la spingeva a desiderare cose che sapeva non avrebbe mai avuto. In ogni caso non tentò nemmeno di sottrarsi. «Sono un esperto di molte cose.» «La modestia non rientra nei tuoi tanti talenti, immagino.» «Infatti» ammise Dante, «la modestia non è il mio punto di forza.» Il silenzio che seguì fu interrotto da urla acute che risuonavano dal lato opposto del terminal. Willow si girò per guardare un bambino che piangendo come un disperato batteva i piccoli pugni sulla gamba della madre, che dal canto suo lo ignorava totalmente mentre continuava in tutta serenità a parlare al cellulare. Chissà perché le persone mettevano al mondo dei figli, il dono più prezioso di tutti, per poi trattarli in quel modo?, si chiese. Subito dopo tornò a rivolgere la sua attenzione a Mister Occhi Blu e notò che aveva sollevato il braccio per lanciare uno sguardo all'orologio che portava al polso. Doveva fare qualcosa se voleva prolungare ancora quella conversazione, capì. Perché non sarebbe forse stato bello tornare a casa sapendo di avere, almeno per una volta, superato la sua patologica timidezza? Poter rispondere senza mentire sulla sua esistenza piatta e solitaria a chi le chiedeva se c'erano novità nella sua vita sentimentale? 15
Allora coraggio, parla. Chiedigli qual è il suo nome. «Come ti chiami?» domandò, sottraendo la mano alla sua prima che fosse lui a farlo. «Dante.» «Solo Dante?» «Di Sione» aggiunse lui con tono riluttante. Bevve un sorso di birra e aspettò. Vero, il mondo era piccolo ma era anche vario. Esistevano senza dubbio persone che non avevano mai sentito parlare della sua famiglia, e forse quella giovane inglese che arrossiva come una zitella sdegnosa era una di loro. Probabilmente non le era mai capitato di incontrare un altro dei suoi scapestrati fratelli, e nemmeno era mai andata a letto con il suo gemello. Un crampo gli aggredì lo stomaco pensando a Dario, ma respinse la sensazione con un'abilità che ormai era diventata un'abitudine. E continuò ad aspettare di vedere una luce illuminarle gli occhi grigi mentre tirava le dovute somme. Non successe. Si limitò a continuare a guardarlo con un atteggiamento pensoso che gli faceva venir voglia di stringerla fra le braccia e baciarla. «È un bel cognome, molto italiano» affermò Willow. «Mi fa pensare a tetti di terracotta, a un mare blu, e a quegli alti cipressi che sembrano crescere così rigogliosi soltanto in Italia. Dimmi, il mio commento ti ha soddisfatto, o avevi previsto anche questo?» Dante esitò per qualche istante. In tutta onestà, quella donna era tutto tranne che prevedibile. Era come trovare una fresca zona d'ombra al centro di un cortile battuto dai cocenti raggi del sole. «No, non prevedibile» disse infine, «ma nemmeno soddisfacente.» Si chinò in avanti e percepì un lieve odore salmastro sulla sua pelle. Magari aveva nuotato in mare aperto quella mattina, ipotizzò, il che lo spinse a chiedersi com'era il suo corpo al di sotto dell'ampia sciarpa 16
che l'avvolgeva. «Ma sarei soddisfatto se adesso tu mi baciassi» aggiunse. Sconcertata, Willow lo fissò mentre un brivido di eccitazione le increspava la pelle. E poi, prima di concedersi la possibilità di riflettere sulle sue azioni, fece ciò che lui le aveva chiesto. Si sporse in avanti e lo baciò sulla bocca. La colpa era dello champagne bevuto a stomaco vuoto, pensò, o forse di istinti volutamente repressi per anni, ma d'un tratto schiuse le labbra per concedergli un migliore accesso. O ancora la responsabilità di un comportamento così poco usuale era quel desiderio di sbarazzarsi da ogni restrizione, di non essere trattata come un fiore delicato come invece lo era stata per tutta la vita. Non voleva essere Willow Hamilton in quel momento. Voleva che la fatina buona si materializzasse lì, in quel piccolo terminal dei Caraibi, e che agitando la sua bacchetta magica la trasformasse come lei aveva trasformato le modelle durante l'ultima settimana. Voleva che i capelli le ricadessero sulle spalle in morbide onde e che la sua pelle acquistasse un'abbronzatura dorata, messa in evidenza da un ridottissimo vestitino la cui semplicità contrastasse drasticamente con il suo astronomico prezzo. Voleva calzare sandali dal tacco altissimo che comunque non le avrebbero permesso di guardare direttamente negli occhi quell'uomo fantastico quando fossero stati in piedi. Ma non voleva stare in piedi, e nemmeno seduta su uno sgabello di un bar. Voleva essere distesa in un enorme letto con indosso nient'altro se non un impalpabile, sexy completo di biancheria intima, mentre le dita forti di lui le accarezzavano il corpo nel modo più intimo possibile... Tutti quei pensieri si avvicendarono nella sua mente 17
in meno di un secondo, e quando avvertì la pressione della lingua di lui sulla sua riaprì gli occhi di scatto, non tanto per la consapevolezza dello spettacolo che stava offrendo baciando in pubblico un uomo appena conosciuto, ma per l'annuncio diffuso dall'altoparlante. Il suo cervello annebbiato impiegò qualche istante per decifrare ciò che la voce metallica stava dicendo, e quando ci riuscì, il suo cuore ebbe un tuffo. «Sono io...» mormorò, il fiato corto, scostando con riluttanza le labbra da quelle di lui. «Stanno chiamando il mio volo» elaborò, fissando come ipnotizzata i suoi magnifici occhi blu. Facendo appello a tutta la sua forza di volontà, scese dallo sgabello e si rese conto che le ginocchia le tremavano. Prese la borsa e incollò sul viso un'espressione noncurante, cercando di fingere di non essere sconvolta per ciò che era appena accaduto. Cercando di fingere che i capezzoli inturgiditi non premessero con prepotenza sotto le coppe del reggiseno, e che baciare perfetti sconosciuti in un aeroporto fosse fra le sue attività quotidiane. Cercando di non sperare che lui si alzasse a sua volta per trattenerla, cosa che effettivamente non successe. «Diavolo, è l'ultimo annuncio... Non riesco a credere di non aver sentito» borbottò. «Invece io credo che tu sappia benissimo perché non l'hai sentito prima» commentò Dante. Ma anche se c'era uno scintillio malizioso nei suoi occhi, lui si stava ovviamente congedando, notò Willow, ed era meglio così, decise. Era solo un tizio affascinante con cui aveva flirtato per qualche minuto, e non c'era motivo per cui lei non avrebbe potuto rifarlo in futuro, se avesse voluto, con un altro tizio altrettanto affascinante. Doveva considerare quell'incontro come un trampolino 18
di lancio verso una nuova vita, rifletté. Questo se, ovviamente, ora fosse andata via con le spalle ben dritte e la dignità intatta, un'opzione di certo più auspicabile dell'unica alternativa. Cioè lo scambio di biglietti da visita e delle false promesse di farsi sentire. Lei che, una volta in Inghilterra, aspettava ansiosamente una telefonata che non sarebbe mai arrivata, inventando scuse, impegni pressanti di lavoro protratti per settimane e settimane, per giustificare il fatto che lui non aveva chiamato, rifiutando di accettare la realtà... La realtà cioè che un uomo simile non era alla sua portata, e che in quel terminal si era concessa semplicemente la possibilità di sognare per qualche istante ciò che non avrebbe mai avuto. Si chinò per impugnare la maniglia del trolley e quando raddrizzò la schiena guardò ancora una volta quel viso perfetto illuminato da occhi del colore dell'oceano. «Arrivederci, Dante» disse, sperando che la sua voce non tradisse il rimpianto che già avvertiva con forza. «È stato un piacere conoscerti, davvero. Ti auguro buon viaggio, ovunque tu stia andando. Ora farò meglio ad affrettarmi.» Sul punto di porgergli la mano, si rese conto di quanto stupido sarebbe parso quel gesto, così si girò e si avviò frettolosamente verso i varchi d'imbarco. Il cuore le martellava ancora nel petto quando salì sull'aereo e si accomodò al suo posto, ma era decisa a non permettere alla sua mente di avventurarsi sul pericoloso sentiero dei se e dei forse. Se c'era una cosa che la vita le aveva insegnato, era di concentrarsi su ciò che aveva, e non su quello che le avrebbe fatto piacere avere. Così da quel momento, ogni volta che nei suoi pensieri faceva capolino il volto perfetto di un uomo dagli occhi sorprendenti, si costrinse a concentrarsi sul matrimo19
nio che si avvicinava e sull'orribile vestito da damigella d'onore che avrebbe dovuto indossare. Sfogliò qualche rivista e fortunatamente si addormentò presto per svegliarsi solo quando il grande jet atterrò a Heathrow. Slacciò la cintura di sicurezza, si alzò per prendere il bagaglio dal compartimento posto al di sopra dei sedili e a quel punto si rese conto che quel bagaglio non era il suo. Sì, era marrone e di pelle, ma le similitudini finivano lì. Perché il materiale di cui era fatto il piccolo trolley era di gran pregio, ma non solo. C'erano tre iniziali incise sul davanti, tre lettere dorate che fissò incredula. D.D.S. Dante Di Sione.
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Benvenuti nella clinica delle star dove giovani e talentuosi dottori devono dimostrare ogni giorno il loro talento... e la notte dare libero sfogo alle proprie fantasie.
L’ultima volta che Grace Watson ha visto Liam Carter è stato quando si è presentata alla sua porta con un impermeabile e nient’altro addosso, e lui l’ha mandata via. Ne sono successe di cose da allora… ma se questo fosse il momento per riaccendere quella vecchia scintilla?
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