PS52_PICCOLE VOGLIE 3

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Piccole voglie 3


Titoli originali dell’edizione in lingua inglese: NAUGHTY BITS 3 © 2011 Spice Books The countess’s client © 2009 Alison Richardson Devoured © 2008 Sherri Denora Dreamer © 2008 Kate Austin Acting the part © 2009 Eva Cassel Her Lord and Master © 2009 Jennifer Dale Mirror, mirror © 2008 Pamela Johnson Reason enough © 2008 Megan Hart The flower arrangement © 2009 Adelaide Cole Traduzione: Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Passion gennaio 2012 HARMONY PASSION ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 52 del 12/01/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 71 del 6/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l’Italia e per l’Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D’Aviano, 2 - 20131 Milano


IL CLIENTE

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IL SAPORE DEL DESIDERIO

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UNA PASSIONE DA SOGNO

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SULLA SCENA DEL PIACERE

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MIO SIGNORE E PADRONE

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SPECCHIO DELLE MIE BRAME

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VOGLIA DI FUTURO

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IL FIORE DEL PECCATO

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Seguire strenuamente la via della virtù conduce a un'esistenza di una noia insopportabile, questo è fuor di dubbio. Penso che al mondo non ci sia una sola donna che aspiri sinceramente all'ideale malsano della vera castità. Una virtù apparente, invece, è oltremodo utile. Lo scandalo è nemico di una nobildonna, perché la priva della libertà e del suo giusto posto in società, ed è pertanto da evitare a ogni costo. Come unica figlia del più famoso generale di Federico il Grande, ho sempre saputo cosa si aspetta da me l'alta società prussiana e, considerati i limiti posti alle fanciulle del mio rango, non ho mai dubitato che una discreta dose d'inganno fosse essenziale per perseguire la mia personale felicità. Essere veramente virtuosa come è richiesto dalle convenzioni sociali è un sacrificio eccessivo per qualsiasi donna; apparire virtuosa, invece, necessita solo di una modesta dose d'ingegno e di un pizzico di fortuna. Posso dire con orgoglio che, fino ai vent'anni, avevo condotto una vita apparentemente irreprensibile, senza privarmi dei piaceri di cui può godere ogni donna per diritto di nascita né compromettere la mia posizione o la mia persona. Tuttavia commisi una grave mancanza, e mi sento obbligata a riportare la storia di quell'evento increscioso, in modo che altre possano evitare la trappola in cui caddi io. Per prima cosa, però, dovrei fare un preambolo generale per spiegare i principi che mi hanno guidato in gioventù. Sin da fanciulla capii subito che, se una donna desidera 9


conquistare una certa indipendenza nel perseguire i propri piaceri erotici, deve intrattenersi con uomini malleabili, accondiscendenti e dotati di discrezione. Ottemperare a simili requisiti non è un'impresa facile e il matrimonio non è una soluzione al problema, come attesta la storia turbolenta della mia famiglia. Gli uomini godono di una maggiore libertà di movimento rispetto alle donne, per cui è più difficile che adottino una certa segretezza sulle tresche che riescono a ordire, perché sono naturalmente loquaci e desiderosi di vantarsi delle loro conquiste. Il riserbo è amico delle donne, l'ostentazione è propria degli uomini, e questa differenza nel trattare le questioni amorose porta inevitabilmente a uno scontro tra i sessi. La paura di morire, ovviamente, è un notevole incentivo affinché un uomo tenga a freno la lingua, e una donna sarà sempre in una posizione di vantaggio qualora si trovasse in una situazione in cui un uomo rischia la vita se dovesse rivelare la vera natura dei suoi rapporti con una dama. Chi, come me, vive in un presidio militare, ha eccellenti possibilità di scelta tra i soldati di una guarnigione. Tutti sanno che andare a letto con la figlia di un generale è un reato degno dell'impiccagione nell'esercito prussiano e, grazie a questa saggia norma, mi sono intrattenuta piacevolmente con innumerevoli reclute senza che la mia reputazione e la loro vita corressero alcun pericolo. Questo passatempo salutare e interessante, che era stato fonte d'infinito diletto nella mia gioventù, purtroppo non fu più alla mia portata quando la mia famiglia decise di mandarmi a vivere con la mia anziana zia e mio cugino Robert a Parigi, e in quella nuova città feci il primo passo falso. Ero rimasta vedova da poco, dopo un breve e insipido matrimonio con un uomo molto più vecchio di me, e mio padre aveva deciso che riavvicinarmi ai parenti della mia defunta madre avrebbe giovato a me e alla famiglia. Quando le strade furono di nuovo praticabili, a primavera, partii da Berlino per un soggiorno prolungato nella capitale francese, accompagnata dalla zia sorda e quasi completamente cieca che, per 10


tutto il viaggio, non smise mai di chiacchierare e ripetermi quanto fosse ansiosa di riabbracciare il figlio. Mio cugino fece del suo meglio per accogliere degnamente me e sua madre nella casa padronale. Era un uomo colto e di piacevole compagnia ma, tranne che chiacchierare con lui, non avevo altro modo di divertirmi nella sua dimora perché i suoi domestici, per età o avvenenza, non erano certo uno stimolo a dedicarmi ad altri passatempi. Robert voleva bene a sua madre e mi era sempre stato affezionato perciò era contento di ospitarci, non ne dubito, ma di tanto in tanto notavo in lui una certa tensione perché sicuramente l'arrivo improvviso di due donne aveva alterato le abitudini della sua vita solitaria. Ne ebbi la conferma un pomeriggio quando rientrai dopo una passeggiata nel parco. Mia zia era andata a prendere una cioccolata con un'anziana contessa e, quando il maggiordomo mi aprì, mi accorsi che era alquanto nervoso e a disagio. Non diedi molta importanza a quell'insolito comportamento perché ero distratta e preoccupata per il mio cagnolino che si era ferito a una zampetta mentre correva nel parco, perciò non gli diedi ascolto quando il domestico mi suggerì di fermarmi in soggiorno dove mi avrebbe servito il tè. Ordinai al maggiordomo di preparare delle pezze e una bacinella colma di acqua calda e portai il barboncino in camera; dopo averlo accudito scesi di nuovo per andare a prendere un libro in biblioteca, con il proposito di passare il resto del pomeriggio tranquilla. Aprii la porta della biblioteca e trovai Robert mollemente disteso sul suo nuovo divano di velluto rosso, con i pantaloni abbassati fino alle caviglie e una bella ragazza bionda e formosa che gli sedeva sopra a cavalcioni e si dimenava come una forsennata. Lui la teneva forte per le natiche e aveva lo sguardo fisso sui suoi seni procaci che ballonzolavano in maniera provocante. La fanciulla era completamente nuda e dotata di un fisico 11


generoso; si muoveva in su e in giù sulla verga di mio cugino con gran vigore, il che la diceva lunga sulla sua serietà professionale. Feci i miei complimenti a Robert per il suo gusto in fatto di prostitute, e gli chiesi dove fosse il romanzo che cercavo e che era stato portato proprio quel giorno dalla legatoria. Robert era rimasto turbato per la mia entrata inaspettata e precipitosa ma, quando notò che non ero affatto sconvolta dalla situazione sconveniente in cui l'avevo trovato, scoppiò in una sonora risata e commentò che era compiaciuto di scoprire che non condividevamo solo il piacere della lettura. Mi rivelò anche che l'appuntamento di lavoro che aveva regolarmente il giovedì sera in realtà era con Claudette, la bionda prosperosa, al bordello in cui esercitava. Mi confessò di essere sollevato nel vedere che, malgrado fossi cresciuta in un paese desolato e austero come la Prussia (sue testuali parole), non ero ingenua come aveva creduto. Anzi, essendo un tipo gioviale e gentile, mi propose simpaticamente e audacemente di accompagnarlo nelle sue visite al bordello, se non avessi avuto di meglio da fare il successivo giovedì. Il postribolo di Madame Barthez, che lui frequentava regolarmente, aveva degli ingegnosi spioncini nelle pareti delle stanze, in modo che i clienti e le loro accompagnatrici potessero osservare nel più assoluto anonimato gli incontri amorosi altrui. Dai fori nascosti nei quadri o camuffati dai disegni della carta da parati era possibile osservare l'aristocrazia francese che si dedicava ai vizi più disparati. Purtroppo, malgrado queste attrattive contemplative, la casa di Madame Barthez non poteva fornirmi concretamente alcun piacere fisico, tranne quello che potevo procurarmi da sola osservando gli amplessi altrui. Nel bordello non c'erano uomini e mai avevo avuto il desiderio o la curiosità di allargare i miei orizzonti erotici anche alle donne, benché mi renda conto che questo sia un segno indiscutibile del fatto che, in fondo, sono una provinciale, cosa di cui Robert mi ha spesso rimproverato. 12


Nonostante simili diversivi, la mia situazione a Parigi non era esattamente quella che auspicavo e cominciavo a temere di avere a mia disposizione solo i piaceri limitati del voyeurismo e della masturbazione nell'imminente futuro. Poi, un giovedì in cui gli affari andavano a rilento al bordello e io avevo ben poco da guardare, ero seduta ad annoiarmi in una delle salette in cui le ragazze attendevano i clienti. E fu così che mi si presentò un'occasione inaspettata. Le prostitute erano ormai abituate alle mie visite e il più delle volte non mi notavano. Quella sera in particolare, anche se nessuna aveva dimostrato di apprezzare la mia compagnia, tollerarono di buon grado la mia presenza soprattutto, credo, perché mio cugino era un cliente assiduo, giovane, ricco e sufficientemente perverso da permettere loro di alzare le tariffe. Avevo notato che in generale le ragazze non gradivano gli aristocratici che venivano al bordello per consumare un amplesso frettoloso. Per loro era segno di pessimo gusto e disprezzavano chi pagava per godere del loro corpo per un misero quarto d'ora. Fu proprio il loro disprezzo a fornire un'insperata soluzione alle mie difficoltà. C'era un cliente in particolare che era costantemente oggetto del loro sdegno. Non era un aristocratico ma veniva al bordello tutti i giovedì, come Robert. Quando Madame Barthez annunciava il suo arrivo, le ragazze bisticciavano sempre perché nessuna voleva andare con lui, ed era sempre Madame Barthez che finiva per scegliere la sfortunata, che si allontanava borbottando. Quando chiesi perché non apprezzassero quel cliente, mi fu detto che era straniero, inglese o forse irlandese, per cui parlava male il francese, era vestito con semplicità ma, soprattutto, non chiedeva particolari prestazioni, solo un semplice accoppiamento che durava sempre poco. Si lamentavano che, per servirlo, perdevano clienti migliori. Mi raccontarono che non si spogliava, e neppure guardava in faccia la ragazza di turno, la faceva mettere a quattro zam13


pe sul letto e la prendeva senza tante cerimonie. Voleva che la ragazza stesse zitta e non gli facesse moine né tentativi di sedurlo, perché si accontentava di un amplesso sbrigativo. Neanche madame era contenta di averlo come cliente, ma non poteva rifiutarsi di farlo entrare nel bordello perché aveva amicizie altolocate, tra cui il Duca de Brecis. Quel giovedì Madame Barthez aveva appena ordinato a Claudette di andare da quel detestato cliente quando mi venne un'idea fulminea. Era appena arrivato un gruppo ben nutrito di giovani nobili russi e Claudette si lamentava perché era stata con il rozzo inglese già due settimane prima e non le sembrava giusto che le fosse negata la possibilità d'intrattenere uno di quei raffinati e facoltosi aristocratici. Le altre prostitute la pregarono di non fare la schizzinosa perché nessuna voleva prendere il suo posto. «Com'è d'aspetto, questo forestiero?» chiesi, intromettendomi nei loro battibecchi. Le ragazze si strinsero nelle spalle e dissero, seppure controvoglia, che non era né brutto né anziano, benché non fosse certo sofisticato ed elegante come i gentiluomini a cui erano abituate. «Allora andrò io con lui» dichiarai con decisione, alzandomi dalla poltroncina. Madame Barthez fece una risatina nervosa. «Ah, la jeune comtesse è proprio spiritosa!» «Non sto scherzando» insistetti, togliendomi il soprabito e sfilandomi i guanti. «Vi pagherò, così voi riscuoterete una tariffa doppia per intrattenere l'inglese e avrete anche ciò che Claudette guadagnerà con i russi. Per voi è un buon affare, no?» «Ma, comtesse...» Madame era titubante. Chiaramente si preoccupava di ciò che avrebbe detto mio cugino se avesse saputo che mi ero concessa a un cliente come una qualsiasi sgualdrina. «Avanti, non perdiamo tempo! Chi mi presta un abito a14


datto?» esclamai. Il mio vestito avrebbe tradito la mia condizione; nessuno, neanche il più stupido e rozzo borghese, mi avrebbe scambiato per una prostituta. Le ragazze mi fissarono con occhi sbarrati e io pensai che non era impresa da poco riuscire a scandalizzare un intero bordello. L'unica a prendere l'iniziativa fu Claudette, che corse a prendere un abito dal suo guardaroba e me lo porse con un sorriso rassicurante, come se temesse di vedermi cambiare idea. Io, invece, non avevo alcuna intenzione di modificare i miei propositi. Non c'era motivo per cui questo cliente poco gradito alle ragazze di Madame Barthez non potesse darmi sollievo dalla mia castità forzata. Anzi, mi chiesi perché una soluzione così semplice ai miei problemi non mi fosse venuta in mente prima. Nel bordello c'era un viavai continuo di uomini a ogni ora del giorno e della notte, e non tutti appartenevano alla mia cerchia. Quanto allo sgradevole forestiero, non avevo conoscenze tra gli inglesi che risiedevano a Parigi, per cui quell'uomo non avrebbe mai saputo che ero una nobildonna prussiana e non una delle tante ragazze di madame. Non avrebbe avuto motivo di vanto per il nostro incontro amoroso, poiché non avrebbe mai saputo che era qualcosa di speciale. Per giunta non avrei tolto alle altre prostitute un cliente gradito e tutti sarebbero stati soddisfatti. Qualche ragazza, ripresasi dallo stupore, accorse ad aiutarmi a vestirmi, rendendosi conto che la mia insolita inclinazione andava a vantaggio di tutte. Madame Barthez, però, era ancora poco convinta mentre mi accompagnava su per le scale, ma quando le sussurrai che l'avrei pagata il doppio la sua espressione si addolcì. Solo quando avevo già la mano sul pomello della porta della stanza in cui il forestiero aspettava la sua intrattenitrice mi chiesi cos'avrei fatto se le ragazze si fossero sbagliate nel descriverlo e avessi trovato un individuo orripilante oppure, ancora peggio, qualcuno che conoscevo. 15


Mi feci coraggio ed entrai. Ormai era tardi per avere dei dubbi. Con mio gran sollievo vidi che l'uomo mi era assolutamente estraneo e che le ragazze ne avevano sminuito il fascino. Il fatto che fosse abbigliato con semplicità non era un problema. Si era tolto la giacca e la camicia di lino che indossava gli donava; il suo torace possente e muscoloso sarebbe parso ridicolo se fosse stato inguainato in un gilet di raso da damerino. La camicia era slacciata alla gola; con il colletto aperto sembrava un giardiniere o un guardiacaccia. Aveva i capelli di un biondo ramato e le onde mosse delle sue ciocche erano scompigliate. Nel complesso aveva un aspetto disordinato e poco raffinato, ma non grossolano come un bifolco. Sembrava piuttosto un artigiano e, tutto sommato, apprezzai il suo fascino virile. Devo confessare che ero agitata. Mi accorsi che era emozionante trovarmi a faccia a faccia con uno sconosciuto a cui doversi donare senza un minimo di corteggiamento né di preparazione. L'uomo era fermo vicino alla finestra e guardava fuori. Si voltò sentendomi entrare e nel vedermi si accigliò. «Tu es nouveau» disse in tono brusco e con una pessima pronuncia. Le ragazze avevano ragione; il suo francese lasciava molto a desiderare. Aveva anche usato un aggettivo maschile invece del femminile. «Sì, signore» gli risposi nella sua lingua. Lui rimase sorpreso. «Sei inglese?» «No, tedesca» aggiunsi con sincerità. Dopotutto anche il mio accento, per quanto lieve, era inequivocabile e preferivo dirgli una mezza verità piuttosto che una bugia poco credibile. Quando lo fissai negli occhi distolse lo sguardo. «Togliti i vestiti e mettiti sul letto» mi ordinò asciutto. Mi accorsi dal suo accento che probabilmente era scozzese, però non mi soffermai a ragionare sulle origini, che per me erano irrilevanti, e mi diedi da fare. Mi tremavano le mani per 16


l'emozione mentre slacciavo l'abito. I vestiti delle prostitute sono fatti per essere levati con facilità; inoltre avevo tolto anche la biancheria intima prima di cambiarmi, per cui in pochi istanti mi trovai nuda davanti a lui. Mi avvicinai al letto, ancora tremante, poi mi fermai accanto al bordo, incerta. Mi sembrava ridicolo, quasi comico, mettermi a quattro zampe, pur sapendo già che era ciò che mi avrebbe chiesto. Mi sedetti e attesi che mi raggiungesse, senza guardarlo negli occhi per non metterlo a disagio. Lui si slacciò i calzoni, mi disse di voltarmi e di assumere la posizione che sapevo già, poi salì sul letto e si piazzò dietro di me con i pantaloni abbassati. Mi mise una mano tra le cosce, quel tanto che bastava per scostare le labbra del mio sesso e mi penetrò senza preamboli, proprio come mi avevano detto le ragazze. Era molto grosso e trasalii quando mi entrò dentro con uno slancio impetuoso, riempiendomi tutta. Lo scozzese mi afferrò per i fianchi con le sue grandi mani callose e cominciò a muoversi. Sentii il piacere invadermi rapidamente e mi sforzai di continuare a respirare con regolarità, per evitare che il mio cliente notasse che mi piaceva così tanto. Però probabilmente avvertì i miei muscoli interni che si contraevano intorno al suo membro perché raggiunse il culmine dell'estasi subito dopo di me, gridando con un ultimo affondo. Rimanemmo quasi un minuto così, uniti, con le mie natiche premute contro il suo bacino. Poi lui si alzò e, quando mi girai a guardarlo, si stava riallacciando i calzoni, con il viso rivolto verso la parete. Non ero sicura di cosa prevedesse il galateo a quel punto. Come avrei dovuto accomiatarmi dopo aver fatto il mio dovere? Lasciandomi guidare dall'intuito, mi alzai e mi rivolsi a lui come se fossi stata una domestica: «C'è altro, signore?». Evidentemente non era la domanda giusta da fare, perché lui scoppiò a ridere. «No, nient'altro.» 17


Mi si avvicinò e mi prese il mento tra due dita, voltandomi il viso prima da un lato e poi dall'altro per scrutare il mio profilo quasi fossi un cavallo da acquistare. Quel gesto m'irritò e lui probabilmente scorse il fastidio nel mio sguardo perché tolse subito la mano e mi comunicò freddamente: «Di' a Madame Barthez che la prossima settimana voglio di nuovo te. Ne ho avuto abbastanza delle francesi». La settimana successiva andò quasi esattamente come la prima e il nostro terzo incontro non fu molto diverso, almeno fino al nostro ultimo scambio di battute. Questa volta, quando gli chiesi tutta compita se desiderasse altro, lui mi diede una lunga occhiata carica di curiosità e mi domandò dove avessi imparato a parlare la sua lingua in quel modo. Io rimasi interdetta e non risposi con prontezza. «In quale modo, signore?» gli chiesi, prendendo tempo. «Perché una puttana tedesca parla inglese come una duchessa?» Mi resi conto del mio errore imperdonabile. Avendo imparato l'inglese grazie ai contatti con i miei parenti anglosassoni, il mio modo di parlare assomigliava al loro, così come i contadini tedeschi non avevano la stessa intonazione e la stessa pronuncia dei nobili. Se avessi previsto quel problema mi sarei rivolta a lui solo in francese, pensai. «Mia madre era a servizio da una famiglia che aveva una governante inglese» gli spiegai in fretta, raccontandogli la prima frottola che mi venne in mente. «Ho imparato la lingua copiando il suo modo di parlare.» «Hai orecchio, sei una brava imitatrice» mi elogiò lui. «La prossima settimana parleremo di più.» «Certo, signore.» Abbozzai una riverenza, il che era ridicolo considerato che ero nuda. Mi rendevo conto che la mia tendenza a imitare una domestica inglese quando mi rivolgevo a lui non gli faceva particolarmente piacere, ma non avevo altri modelli a cui ispirarmi ed era chiaro che non gradiva le prostitute francesi. 18


Rise della mia risposta imbarazzata e io distolsi lo sguardo arrossendo. Non avevo previsto di dover parlare con lui, o mi sarei preparata inventando una storia migliore. «Come ti chiami?» «Anna» risposi, rivelandogli senza pensare il mio vero nome. Sempre più a disagio, mi affrettai a rivestirmi. Avevo infilato le braccia nelle maniche quando lui mi sorprese avvicinandosi e cominciando ad allacciare i ganci sul davanti dell'abito. Aveva una destrezza che mi stupì, considerato che aveva dita grosse, da lavoratore; inoltre quel gesto inaspettato, carico d'intimità, mi turbò. «Bene, Anna, ci vediamo la prossima settimana» mi disse accarezzandomi il seno con delicatezza. «Sì, signore.» Lui rise sommessamente del mio atteggiamento deferente e io mi affrettai ad andarmene. Temevo che avesse intuito le mie vere origini e fui tentata di non tornare mai più da lui. Tuttavia, con il passare dei giorni, la mia paura si dileguò e, il giovedì successivo, quando entrai nella stanza in cui mi aspettava, non lo trovai vicino alla finestra, ma seduto sul divanetto con un bicchiere in mano. Sul tavolino accanto a lui aveva una caraffa di vino e io rimasi ferma sulla soglia nel vederlo, sorpresa da quella variazione rispetto alle sue solite abitudini. «Entra, spogliati e vieni qui» mi ordinò senza sorridere ma neanche con i suoi soliti modi bruschi. Mi avvicinai, diffidente, mi tolsi l'abito tenendo lo sguardo basso, poi mi fermai a mezzo metro da lui, aspettandomi che si alzasse. «Più vicina» mi ingiunse in tono divertito. Alzai lo sguardo e vidi che mi scrutava come un allevatore che esamina un animale, in cerca di possibili imperfezioni. Quando arrivai a portata di mano, mi prese per i fianchi e mi attirò a sé. 19


«Come stai stasera, Anna?» Io arrossii, imbarazzata, perché il mio sesso era a pochi centimetri dal suo viso. «Bene, signore.» Lui si sporse verso di me e mi diede un leggero morso su una coscia, strappandomi un grido sommesso. Ridacchiò per la mia reazione, poi mi fece voltare e mi tirò leggermente. Ero tra le sue gambe aperte e sospettavo che stesse ispezionando la parte posteriore del mio corpo con lo stesso sguardo scrutatore con cui mi aveva fissato prima. Essere sottoposta al suo esame impietoso m'indignava e mi eccitava al tempo stesso. Mi accarezzò le natiche, poi mi diede un morso lieve al fondoschiena. Io sussultai e lui rise di nuovo. Mi teneva saldamente, impedendomi di scostarmi, poi mi fece sedere sulle sue ginocchia, stringendomi al suo busto muscoloso. «Dimmi ancora come stai, mia piccola duchessa» mormorò con le labbra contro il mio collo. Mi resi conto che sentirmi parlare con il mio accento forbito lo eccitava. Era chiaro; avrei dovuto prevedere che un popolano trovasse erotico immaginare di ricevere piacere da un'aristocratica. «Sto bene, signore, e voi?» «Benissimo» mi rispose con la sua calda voce baritonale. «Per tutta la settimana non ho pensato ad altro che al momento in cui ti avrei posseduto di nuovo, Anna. Inoltre proprio oggi ho ricevuto una bella notizia, così potrò festeggiare con te.» «Quale notizia?» gli chiesi, incuriosita, girandomi di lato per guardarlo mentre gli sedevo sopra. «Sai cos'è un telescopio?» mi domandò, infilandomi una mano tra le cosce per accarezzarmi. Il suo tocco mi aveva distratto, per cui la sua domanda non mi sorprese come avrebbe dovuto. Esitai per un istante, chiedendomi se fosse plausibile per una prostituta sapere cosa fosse un telescopio, ma poi mi dissi che i bordelli francesi erano frequentati da ogni genere di uomini per cui le ragazze pote20


vano aver ricevuto simili informazioni da un cliente particolarmente ciarliero. «Sì.» «Mi è stata commissionata la costruzione di un nuovo telescopio per il re in persona!» mi rivelò, trionfante. «Oh!» esclamai, sbalordita. Quindi lo scozzese non era poi tanto lontano dalla mia cerchia come avevo creduto all'inizio. Proprio quel giorno, a colazione, mio cugino mi aveva detto che sperava che gli venisse affidato l'incarico di allestire il nuovo Osservatorio Reale, perché il ministro del re era propenso a scegliere lui. Lo scozzese non trovò sospetto il mio stupore. Probabilmente immaginò che fossi colpita dall'informazione che faceva affari con la Corona. «Deve essere un grande onore, signore» aggiunsi. «È un grande attestato di stima nei confronti della vostra perizia.» Mio cugino sarebbe stato furibondo quando l'avesse saputo, pensai. Chi diavolo era quell'uomo? Lui rise di nuovo. «Parli così bene che potresti addirittura andare alla Corte in Inghilterra senza sfigurare» commentò. Non mi sfuggì l'ironia della sua osservazione. In effetti ero stata presentata ai Reali inglesi e non avevo certamente fatto brutta figura. «Anna?» «S... sì, signore?» «Oggi vorrei che mi succhiassi l'uccello» mi disse. «Vorresti farlo per me?» Io m'inginocchiai sul tappeto davanti a lui e gli sbottonai i pantaloni. Non avevo mai toccato il suo pene prima di quel momento e, quando lo presi in mano, mi sfuggì dalle labbra un'esclamazione ammirata. «Ti piace, duchessa?» grugnì lui. «Sì, signore» sussurrai alzando gli occhi verso il suo viso. Lui non distolse lo sguardo e mi osservò mentre facevo scorrere la lingua lungo tutto il suo formidabile membro. 21


Piccole voglie 3 di AA.VV Non c'è giorno senza sole, non c'è notte senza una piccola voglia da soddisfare. Un'antologia di racconti maliziosi e seducenti da tenere sul comodino, da leggere e rileggere da sole o in dolce compagnia, per trarre spunti per fantasie piccanti e sogni trasgressivi. Come vi piacerebbe risvegliare il desiderio? Potete immaginare di essere preda di un affascinante chef o la cameriera di un vizioso nobiluomo... Sfogliando queste pagine cariche di sensualità potrete assumere molteplici identità e viaggiare con la mente dalla morbosa Inghilterra Vittoriana alla peccaminosa Parigi di fine Settecento, da un set cinematografico molto hot a un ristorante di lusso, da una camera piena di specchi al boudoir di una maliziosa sartina, ma il denominatore comune è la ricerca del piacere!

La favorita del re di Alicia Del Mar Sfidando i pregiudizi, le maldicenze di corte, l'ostilità dei nobili e le loro manovre oscure, Jeanne-Antoniette Poisson, meglio conosciuta come Madame de Pompadour, è stata una delle donne più potenti di Francia, dalle cui mani sono passati incarichi prestigiosi e importanti trattative diplomatiche. Fra balli in maschera, ricevimenti aristocratici, intrighi, pettegolezzi e sofisticati rituali di corte, sullo sfondo della magnificenza del palazzo di Versailles, si snoda la storia di una delle donne più ammirate e più odiate di Francia. Una vicenda carica di passioni e di erotismo, di seduzione e di piaceri segreti, il racconto di ciò che accade quando il potere si lega inestricabilmente al vizio, quando le sorti di un regno si giocano nella penombra dell'alcova.


ritorna a MARZO con 2 romanzi intensi e passionali delle autrici pi첫 amate e apprezzate. PREPARATI A UNA LETTURA... INCANDESCENTE! IN USCITA DAL 29 MARZO


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