PS64_MALIZIA E PIACERE

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Janet Mullany

Malizia e piacere


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Hidden Paradise HQN Books © 2012 Janet Mullany Traduzione di Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Passion novembre 2012 HARMONY PASSION ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 64 del 15/11/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 71 del 6/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Lou, nel Montana Non avrebbe risposto al telefono neppure per tutto l'oro del mondo. Non in quel momento, quando si stava svegliando lentamente sentendo la pelle che scivolava contro la pelle, e nella sua coscienza s'insinuava la possibilità di un orgasmo languido e sonnolento, perché sentiva il pene che la pungolava, chiedendo accesso. «Sì, così...» sussurrò. O forse fu lui a dirlo. Forse pronunciarono contemporaneamente quelle parole, perfettamente sintonizzati uno sulle sensazioni dell'altra. «Chiedimi di aprire le gambe.» Stavolta era stata lei a parlare, di sicuro. A lui piaceva quando lei esprimeva chiaramente i suoi desideri, o diceva sconcezze. Non lo faceva spesso, perciò era un elemento di eccitazione in più proprio perché era inaspettato. A volte, dopo, si trovava addosso dei segni rossi sul seno perché lui le aveva sfregato la guancia ruvida di barba sulla pelle più tenera o l'aveva morsa. Le piaceva il leggero bruciore che avvertiva durante il giorno per il contatto con il reggiseno, perché le ricordava l'amplesso. Lui la penetrò con due dita prima che fosse pronta, e anche quella sensazione l'avrebbe ricordata dopo. O, almeno, lei pensava di non essere pronta, ma lui aveva la capacità di an5


ticipare i suoi desideri, e rise sommessamente quando lei trasalì, sorpresa. Ormai avevano entrambi il respiro affannoso, famelici e appassionati. Lei sussultò di nuovo, investita dall'aria fredda che arrivava da fuori quando lui sollevò la coperta e si mise sopra di lei. Non rispondere al telefono, ignoralo. Chiunque sia, se vuole proprio parlarti, ti richiamerà. «Dammelo tutto, avanti.» Anche se gli ordinava cosa fare, era in balia del desiderio di lui, completamente in suo potere mentre le piegava le gambe e se le metteva sulle spalle. Lui prolungò il momento, restando sospeso con il pene turgido e pronto, per guardare il suo sesso. «Che bella...» mormorò. Lei lo adorava perché pensava che quel fiore di carne arrossato e umido fosse bello da guardare. Lui le rivolgeva lo stesso sguardo appassionato che la faceva fremere, trepidante, prima di baciarla o, a volte, anche senza toccarla. Quello sguardo speciale la faceva sciogliere; le bastava che lui le lanciasse un'occhiata intensa da una parte all'altra di una stanza piena di persone, un'occhiata che diceva stasera, o fra dieci minuti, ti farò godere immensamente. Il suo sguardo scintillava, pregustando l'attimo in cui sarebbe affondato in lei. Lei sollevò il bacino per invitarlo e gli ordinò di nuovo di prenderla con foga, come se quella fosse l'ultima volta, per cui avrebbe dovuto essere memorabile. Lui fece scorrere la mano su tutta la lunghezza del suo membro, ma con noncuranza, come se non fosse consapevole del suo gesto. Invece sapeva esattamente quello che faceva; non gli sfuggiva niente, nessun istante, nessun suono, nessun odore. E conosceva con precisione l'effetto che ogni minimo movimento aveva su di lei. Ora le parole e la fantasia erano le sue alleate, e riportavano il potere in mano sua. Gli bisbigliò di darglielo subito. Gli avrebbe concesso di fingere che fosse una delle sue studen6


tesse sexy, come quella che aveva allargato le gambe con disinvoltura e apparente indifferenza, rivelando il triangolino succinto del suo perizoma mentre lui faceva lezione. Nella vita reale, quando era successo veramente, lui aveva lanciato una rapida occhiata, ma poi aveva subito distolto lo sguardo, chiedendosi se non l'avesse solo immaginato. Tornato a casa, le aveva riferito l'episodio con un certo disagio, ancora più imbarazzato dalla propria eccitazione. Nel rifugio sicuro del loro letto, dove poteva accadere qualsiasi cosa, lei gli bisbigliava che la prossima volta avrebbe guardato meglio. Avrebbe osservato una bretellina sottile del vestito che cadeva sbadatamente, una lingua rosa che umettava delle labbra lucide e carnose. E poi, in un'aula magna improvvisamente e magicamente vuota, una mano dalle lunghe unghie laccate di rosso gli avrebbe abbassato la cerniera dei pantaloni e gli avrebbe tirato fuori il pene eretto. Ora... Il dannato telefono interruppe la fantasia. Gli squilli acuti rovinarono la bellezza del momento. Lei si girò su un fianco e rotolò sulla vasta distesa del letto vuoto per rispondere. «Sì?» ringhiò. «Dovresti divertirti un po' di più, Loulou.» Lei si stava divertendo! Anche se era solo un sogno... «Non chiamarmi Loulou» borbottò. Immusonita e insonnolita, spostò il cordless all'altro orecchio e si girò per guardare la sveglia. «Ti rendi conto che sono le sei e mezza?» «Qui è l'una e mezza, Lou. Ora di pranzo. Svegliati, tesoro, e sorridi al nuovo giorno!» «Oh, chiudi il becco, Chris.» Detestava quel nomignolo, che la faceva sembrare una ballerina di cancan. D'altronde il suo nome, Louisa, la faceva pensare a un personaggio poco simpatico di Persuasione di Jane Austen, la frivola e testarda Louisa Musgrove. La stanza era fredda e immersa in una luce fioca dai bagliori argentei, da cui Lou capì che era nevicato. 7


«Dai, raggiungici e vieni a giocare con noi.» «E chi sarebbero questi noi?» «Io e Peter, ovviamente. Quella vecchia checca ha cominciato i colloqui con il personale. Vogliamo assumere domestici ben assortiti e adeguati all'epoca, della stessa altezza e tipo fisico, senza incongruenze a livello di ricostruzione storica. È un po' come comprare dei cavalli per le proprie scuderie, no? E così si apre tutto un mondo di deliziose possibilità, cara...» Il tono si fece malizioso. «Verranno anche altri amici da Londra e dagli Stati Uniti. Ci saranno un giornalista, la nostra costumista Viv, una fantastica signora che c'insegnerà le buone maniere, ma avremo anche degli ospiti eccezionalmente aitanti.» «Sembra l'incarnazione di un sogno erotico gay, con tutte quelle calzamaglie attillate, stallieri con la camicia bianca sbottonata, maggiordomi impettiti con il colletto inamidato...» «Proprio pensando a te, abbiamo invitato anche degli etero» precisò Chris con sussiego. «Sta a te scoprire chi lo è.» Lou si alzò a sedere sul letto, tirandosi le coperte fino al collo. «Purché sappiano anche loro di essere etero...» «E ti ho detto della casa?» esclamò Chris ignorando il suo commento. «Oh, la villa è magnifica! Uno splendore in stile georgiano, con gli stucchi originali, elettricità e impianto idrico ridotti al minimo indispensabile, tranne che in cucina, che è attrezzatissima per ricreare pietanze favolose e autentiche dal punto di vista storico.» «Con quintali di lardo e burro?» «E decine di uova, enormi quantità di carne rossa, verdura di stagione, frutta esotica coltivata in serra... be', per quella magari dovremo aspettare qualche anno. Per ora ci riforniamo da fuori. Dai, su, vieni! Ci serve la nostra esperta di Jane Austen! Riporteremo il luccichio nei tuoi occhi e il colesterolo nelle tue arterie.» «Non so» sospirò Lou. «Non so cosa ho voglia di fare.» Si alzò dal letto e attraversò scalza la stanza, diretta verso la fi8


nestra per guardare fuori e controllare il tempo. Non aveva né tende né persiane. Non serviva nulla per garantirsi la privacy quando davanti alle proprie finestre c'era solo l'immenso paesaggio incontaminato delle Montagne Rocciose, un paradiso di candida purezza e cieli tersi. «Non posso andarmene finché non si scioglierà la neve.» «Allora vieni a giugno. Per quel mese avremo già tutto il personale al completo.» «Smettila, vile seduttore.» «Ti stai già calando nella parte. Così mi piaci! Peter ti saluta. Ora devo andare. Però ci penserai, promesso?» «Okay.» Chris assunse un tono più serio. «Lou, lui non c'è più, devi fartene una ragione. Anche noi gli volevamo bene, ma tu devi tornare nella terra dei vivi. Vieni a divertirti, ti aspettano avventure inimmaginabili nel nostro paradiso. Baci baci. Ciao!» Lou si tolse il pigiama e s'infilò un paio di calzettoni pesanti di lana, un maglione e jeans con l'interno felpato, poi scese al piano di sotto. La stufa era accesa, ma la fiamma era al minimo. L'alimentò con qualche pezzo di legna, mise a scaldare l'acqua per il caffè nel bollitore e fece uscire i cani, che si misero a ruzzolare gioiosi nella neve fresca, con grande entusiasmo. Sembrava che fosse la prima volta che vedevano la neve e non che avessero fatto lo stesso tutte le mattine negli ultimi cinque mesi. Lou prese la foto di Julian con i cani e sorrise contemplando l'immagine che aveva scattato l'estate precedente, poi ripassò mentalmente l'elenco di tutte le cose che aveva da fare quel giorno. Dar da mangiare a Maisie, il cavallo, portare il foraggio al bestiame con il trattore, salire con gli sci da fondo a trovare Julian, ridiscendere a casa, mangiare un panino, fare la doccia, lavorare un po', cenare, leggere, dormire dopo un'obbligatoria seduta con il vibratore, giusto per evitare che si atrofizzasse. 9


E un'altra giornata sarebbe finita. «Eccoti qua, tesoro.» Era ferma in mezzo al prato in cui aveva disperso le ceneri di Julian in autunno quando c'erano ancora degli splendidi fiori variopinti sparsi qua e là e le foglie dei pioppi erano un trionfo d'oro. «Sento ancora la tua mancanza, ma sai una cosa? Sto cominciando a dimenticare dei particolari di te. Per quanto mi sforzi, per esempio, non riesco a ricordare esattamente la forma del tuo pene. Perché non sono tutti uguali, sai? In linea di massima sono tutti fatti allo stesso modo, ma non ce ne sono mai due identici, come i fiocchi di neve. A proposito di neve... ieri sera ha nevicato ancora.» Lou s'interruppe e sospirò, poi riprese: «Ieri sono andata nel tuo studio e ho dato un'occhiata alle tue cose. Non ho ancora sistemato niente, non ho buttato neppure uno spillo. Forse penso che il tuo fantasma aleggi tra quelle carte, ma non ho ancora avuto il piacere di vedere una tua apparizione, né nel tuo studio e neanche a letto. Non potresti manifestarti di notte, per favore? Sono stufa di usare il vibratore! Ho quasi consumato tutta la scorta di batterie! E anche ai cani farebbe piacere rivederti». Lou ebbe un brivido e si guardò intorno, speranzosa, poi riprese a parlare. «Stamattina mi ha chiamato Chris. Cerca di convincermi ad andare all'apertura di prova di Paradise Hall quest'estate. Ricordi quando scrissi i testi del sito e dell'opuscolo? Chris ha in programma d'inaugurare ufficialmente il resort con una grande festa di Natale, per cui se la sta prendendo comoda. Per ora i lavori sono ancora in alto mare, ma Chris sta già sbavando dietro i valletti...» Una folata di vento sollevò la neve ai suoi piedi in un mulinello. «Sei tu? Finalmente hai deciso di manifestarti?» Lou sospirò. «Ora devo andare. Hai avuto una bella faccia tosta a morire e a lasciarmi con tutte queste cose da gestire. Mi pre10


occupo per la casa, non so se il tetto reggerà, se ho abbastanza gasolio per il riscaldamento, dato il freddo che fa. E poi devo cercare il numero di telefono del fornitore di foraggio, ho i conti del veterinario da pagare... Tutte queste incombenze fastidiose sono sulle mie spalle ora. Inoltre la casa è piena di cianfrusaglie perché avevi la pessima abitudine di non buttare mai niente. Continuo a trovare sparse in giro le tue liste di cose da fare, le stampe delle tue e-mail. Perché non mi lasci in pace?» Sbuffò e scosse la testa. «No, non è vero. Non voglio chiudere e dimenticarti. Voglio che torni da me!» Lou si asciugò una lacrima di stizza, sorprendentemente calda nonostante l'aria frizzante. Aspettò un segno, qualcosa, ma non successe nulla. Allora chiamò i cani con un fischio e lentamente, goffamente, si voltò e puntò gli sci da fondo verso casa, poi si lanciò lungo le due linee parallele che tagliavano il manto candido e incontaminato di neve fresca, per tornare nella sua baita vuota, pensando che Julian l'avrebbe fatto con molta più eleganza. Forse, chissà, Julian sarebbe tornato a trovarla e le sarebbe apparso a Paradise Hall. Rob, a Siviglia, due mesi dopo Oddio, oddio, oddio... Aveva le mani scivolose per il sudore e il nervosismo. Non riuscendo ad aprire con le dita l'involucro del profilattico lo strappò con i denti sperando di non lacerarlo. Sarebbe stato imbarazzante e probabilmente avrebbe anche avuto un pessimo sapore. «Dai, dai!» lo esortò frenetica Gisella, o comunque si chiamasse. Si contorceva come una danzatrice del ventre sullo stretto letto a una piazza. Se solo fosse riuscito a sistemare alla svelta la faccenda di quel maledetto preservativo, avrebbe avuto le mani libere per palparle di nuovo il seno e accarezzarle i lunghi capelli sparsi sul cuscino. Non era sicuro che si chiamasse proprio Gisella, ma si sarebbe sentito stupido se le avesse chiesto conferma, così co11


me gli sembrava troppo maldestro staccarsi da lei per togliersi i jeans che erano fermi a metà coscia, anche se gli sarebbe piaciuto potersi muovere più liberamente. Forse la prossima volta me la caverò meglio, si disse. Dopotutto gli era concesso di essere un po' impacciato la prima volta... ma non troppo! Era terrorizzato dalla paura di venire ancora prima di averla penetrata. Lei mormorò qualcosa che gli parve incredibilmente sexy, ma a quel punto qualsiasi cosa avesse detto gli sarebbe sembrata eccitante, particolarmente nella sua lingua dolce e musicale. Forse gli aveva solo chiesto di aprire la finestra perché faceva caldo. Lei si sollevò su un gomito e lo aiutò a infilarsi il profilattico e per un attimo Rob temette di venire vedendo le sue unghie scarlatte sul pene... Poi squillò il cellulare. Lei prese il telefonino dal comodino, lui glielo tolse di mano e guardò il nome sul display per vedere chi lo chiamasse, ma se ne pentì immediatamente. Non rispondere. Era sua sorella, e lui rispose, pentendosi subito anche di quello. Il suo pene inguainato nel lattice si abbassò miseramente mentre ascoltava sua sorella che blaterava a non finire e piangeva, piangeva... Addio a un amplesso memorabile. Peter, una settimana dopo, a Paradise Hall, nel Somerset «Rob.» Che carino che era. Dolce, giovane, un amore. Diciannove anni, bella carnagione chiara, tipica degli inglesi, capelli castani con riflessi ramati che gli scendevano sulla fronte e occhi grigi; un tipo dall'aria ingenua, un po' alla Hugh Grant ma meno snob. Aveva l'accento del posto e l'indirizzo che aveva scritto nella domanda d'impiego apparteneva alla parte moderna del paesino, piena di modeste casette, non al centro storico. Peter lanciò un'occhiata al suo curriculum. 12


«Quindi andrai a Cambridge in autunno» lesse. «Sissignore.» «Oh, chiamami Peter, ti prego!» Peter alzò gli occhi al cielo. «Almeno quando non sei in servizio.» Gli fece l'occhiolino, sicuramente un errore, perché lo faceva sembrare una vecchia checca, il che in realtà era proprio ciò che era. «Comunque, complimenti.» Cambridge era un'università prestigiosa, lo sapeva anche un americano. «E cosa studierai?» «Storia.» «Eccellente!» Ora sì che sembrava condiscendente e affettato, pensò. «Essere un esperto di storia è un vantaggio per lavorare qui. E vedo che hai esperienza come cameriere. Anche questo ti sarà utile.» Continuò a leggere. «Sei stato all'estero... Posso chiederti perché non sei rimasto a Siviglia tutta l'estate, se non sono indiscreto?» Il ragazzo s'incupì. «Problemi di famiglia.» «Ah.» Peter capì di aver toccato un tasto dolente. «Be', parliamo della casa e di ciò che abbiamo intenzione di fare qui» esordì. Gli fece il discorsetto di prammatica, spiegandogli che gli ospiti di Paradise Hall avrebbero potuto fare un salto indietro nel tempo, per vivere esattamente come nobili dei primi dell'Ottocento e godere di tutti i piaceri dell'epoca, compresi gli aspetti più licenziosi. «Essere isolati dal mondo moderno, recitare una parte e vivere in costume può rendere i clienti molto... spregiudicati, per così dire, perciò ti raccomando la massima discrezione. Quella era un'epoca di grande eleganza, ma anche di dissolutezza. Se dovessi ricevere l'invito a partecipare a qualche attività o pratica che consideri inaccettabile, puoi sempre dire di no, e ti raccomando di rivolgerti sempre a me direttamente, qualora dovessi trovarti in circostanze sgradevoli.» Rob guardò l'opuscolo pubblicitario che Peter gli aveva consegnato. «Paradise Hall, dove tutto è possibile» lesse ad alta voce. «Due secoli fa la vita era molto diversa da quella di oggi sotto tanti aspetti, alcuni dei quali decisamente appassionanti.» 13


Alzò lo sguardo verso Peter. «Non ho alcun problema.» Peter cercò di tenere a bada l'immaginazione. Ah, questi giovani d'oggi!, pensò con un pizzico d'invidia. Erano veramente senza freni... e lo facevano sentire decrepito. «Perfetto.» Cercò di spostarsi su argomenti più neutri. «Essendo del posto, presumo che tu sappia qualcosa della storia di questa villa. In origine era di epoca giacobita, poi fu ristrutturata da Adam, e si dice che vi abbia risieduto Jane Austen, per quanto non ci siano prove certe.» Rob annuì. «Quando ero ragazzino, io e i miei amici credevamo che fosse infestata dai fantasmi. È pur vero che lo dicevamo di tutte le vecchie case disabitate del paese. Però è cambiata da allora.» «Ah, è fa-vo-lo-sa!» esclamò Peter, rendendosi conto che si stava di nuovo comportando da tipica checca anzianotta. «Ti piacerà, vedrai. Dovrai lavorare sodo, ma siamo generosi con gli stipendi e avrai ottime mance. Ti faccio fare un giro, vieni.» Peter cercò di dominarsi e di abbassare il tono di voce di un'ottava. «E ti presento il mio socio, Chris Henckley.» «Che ragazzo adorabile!» esclamò Chris guardando Rob che stava salendo in bicicletta e si allontanava pedalando. Lui e Peter erano nel cortile delle scuderie. «E va anche in bici... Proprio tenero! Però c'è qualcosa che lo turba, non trovi?» «Da quello che ho capito ha dei problemi familiari. Ah, ed è etero... purtroppo. Si vede lontano un miglio.» «Che cosa si vede?» gli chiese Chris, malizioso. Peter non sorrise della sua battuta allusiva. «È a malapena maggiorenne, santo Dio! Spero di non commettere un'imprudenza ad assumerlo come valletto capo.» «Anche se ha solo diciannove anni, da queste parti sono molto precoci» disse Chris. Peter non abbozzò neanche l'ombra di un sorriso per quel nuovo sottinteso malizioso. 14


«E dai, cucciolotto» mormorò Chris infilandogli una mano nella tasca posteriore dei jeans. «Non sedurrò i domestici, neanche se sono appetibili come il piccolo Rob. Però non ti nascondo che non vedo l'ora di ammirarlo in livrea, deve fare un figurone! Spero per lui che Viv non se lo mangi in un sol boccone quando dovrà prendergli le misure.» «Mmh.» Peter si scostò con delicatezza e rientrò nell'ufficio che dava sul cortile di acciottolato e ai tempi antichi era occupato dal curatore che amministrava la tenuta. Si sedette alla scrivania, mosse il mouse e il salvaschermo del computer sparì. Vedendo l'icona della bustina in un angolo, controllò la posta e aprì l'e-mail che gli era appena arrivata. «Oh, fantastico!» esclamò Chris sbirciando lo schermo da sopra la sua spalla. «La vedova Loulou ha deciso di uscire dal letargo per venire a trovarci.»

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Malizia e piacere di Janet Mullany L'epoca Georgiana è nota per il pudore, l'attenzione alle convenzioni, i balli e gli abiti sfarzosi... Ma è anche un'epoca di grandi piaceri, di malizia e giochi proibiti. È quest'atmosfera dissoluta che i proprietari di Paradise Hall cercano di ricreare: un mondo di perfette ricostruzioni storiche dove tutto è possibile. La vedova Lou Connolly, studiosa esperta di Jane Austen, viene invitata in quella maestosa villa nella verde campagna inglese per distrarsi, ma viene subito catapultata in un intenso girotondo d'incontri segreti, giochi proibiti e torbidi piaceri. Con il bel tenebroso Mac Salazar, giornalista sensuale, è subito attrazione. Ma tra un minuetto e un'incredibile scoperta, le cose si complicano. L'ombra di Jane Austen riuscirà a liberare Lou e Mac da ogni... orgoglio e pregiudizio?

Opera di seduzione di Beth Kery Vic Savian è un aitante e ombroso drammaturgo di successo, che si divide tra la scintillante vita di Chicago e gli ampi spazi del suo ranch, dove ama cavalcare libero e selvaggio. La sua vicina di casa in un lussuoso residence di Chicago è la riservata Niall Chandler. Sobria, responsabile e raffinata, non è il tipo di donna che andrebbe a letto con un estraneo, eppure... è proprio così che finisce il primo incontro tra Vic e Niall. Tra i due divampa violenta la passione, disinibita e torbida. Niall ha bisogno di tornare a vivere e Vic risveglia i suoi sensi e il suo corpo con inventiva e ardore. Lui è un uomo tormentato che conosce la sensibilità solo sulla scena e nelle sue opere. Riusciranno Niall e Vic a liberarsi del passato ed esplorare le possibilità di un futuro felice insieme non solo a letto?


ritorna a GENNAIO con 2 romanzi intensi e passionali delle autrici pi첫 amate e apprezzate. PREPARATI A UNA LETTURA... INCANDESCENTE! IN USCITA DAL 31 GENNAIO 2013


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