PS69_SOTTOMESSA AL PIACERE

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Beth Kery

Sottomessa al piacere


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Sweet Restraint The Berkley Publishing Group/Penguin Group, Inc. © 2009 Beth Kery Traduzione di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Passion marzo 2013 HARMONY PASSION ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 69 del 28/03/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 71 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo

Strinse le labbra irritato quando il secondo chiavistello della porta sul retro del seminterrato cedette con facilità. Conosceva bene l'impudente arroganza di Huey Mays e dunque non sarebbe dovuto restare sorpreso, eppure non riusciva a capacitarsi che qualcuno potesse adottare uno stile di vita basato sull'intimidazione, la corruzione e la violenza senza immaginare che prima o poi l'avrebbe pagata. O forse la spiegazione era semplice: non c'era bisogno di immaginare un male esterno, quando questo risiedeva in pianta stabile nella propria accogliente villetta. Si immobilizzò a un rumore leggero e veloce di passi sopra la sua testa. Non c'erano dubbi: si trattava di una donna. Le narici fremettero mentre sollevava lo sguardo e la mente si riempiva di un'immagine di lei chiara e vivida, come se possedesse una vista a raggi X e potesse penetrare attraverso il soffitto. Aveva pianificato con cura quella missione, ma non si aspettava che lei fosse ancora sveglia. Doveva tenersi occupato là sotto finché non si fosse addormentata. Esaminò la stanza in cui si trovava. Mays aveva arredato il seminterrato con uno stile che ricordava quello dei tanti bar di Chicago frequentati da lui e dai suoi compari. Tre grandi televisori a schermo piatto erano sistemati a diverse angolazioni. Riusciva a distinguere bene il locale 5


grazie a tre insegne pubblicitarie luminose di una birra appese dietro il bar. La luce al neon rossa e blu gettava un bagliore chiassoso sulle immagini di due bionde nude e formose, una delle quali era piegata a mostrava le natiche lucenti in un esplicito invito. Superò in silenzio il tavolo da biliardo di mogano. Una rapida occhiata al bar confermò che era ben rifornito di una grande varietà di liquori costosi. La scatola per sigari sul ripiano inferiore conteneva certo le migliori marche cubane. Si fermò un attimo dietro il bar ed esaminò quell'ambiente volgare, poi passò un dito sui resti di polvere bianca sparsi sul piano di mogano e lo portò alla lingua. Huey Mays si concedeva solo il meglio in termini di qualità e prezzo, che si trattasse di cocaina, di alcolici, di auto, di biglietti per eventi sportivi... E di donne. Lo sguardo guizzò di nuovo verso il soffitto, mentre continuava la sua esplorazione. Esaminò varie fotografie di allenatori e giocatori dei Chicago Bears, dei Bulls, dei Blackhawks, dei Cubs e dei White Sox, molte delle quali firmate con messaggi personali per Mays. Cercò di aprire l'armadietto di legno sotto le foto, ma gli sportelli erano chiusi a chiave. Per scassinare la serratura impiegò tre volte più tempo di quello che gli era servito per aprire la porta del seminterrato. Quando finalmente la serratura cedette poté farsi un'idea chiara delle priorità di Huey Mays. Scorse per primo un grosso dildo, poi diverse manette, un frustino, due palette e varie palline attaccate a una corda, da infilare nella bocca della malcapitata vittima dei suoi giochi. Alcuni sex toys erano già stati usati, mentre altri erano ancora nell'imballo originale. Allungò una mano verso una minuscola videocamera 6


vicina a varie cassette video, ma poi prese una pila di foto e le sfogliò con mano ferma: ritraevano due bionde dal seno enorme che venivano frustate e sodomizzate da Huey e da un uomo dal fisico asciutto che riconobbe subito. Si soffermò su una foto ed esaminò il viso di Huey: era contorto e paonazzo per un misto di bramosia e furia. Teneva i lunghi capelli della donna in una mano e si apprestava a penetrarla con uno slancio brutale. Senza preservativo. Il viso dal trucco pesante delle due donne era rivolto verso la telecamera; a giudicare dalla loro espressione estatica mentre venivano prese da dietro erano del tutto consenzienti. E probabilmente erano state pagate bene per questo. Mise via le foto e chiuse a chiave l'armadietto. Quelle immagini squallide però continuavano a riempirgli la mente. Il fatto che lei non comparisse nelle foto non significava che non fosse stata presente. Chi le aveva scattate, per esempio? Quell'idea fulminante gli provocò un'ondata di nausea. Sollevò di nuovo lo sguardo. Lei riprese a muoversi al piano di sopra, come se i suoi pensieri l'avessero resa irrequieta. Non poteva essere finita nelle losche trame di Huey. E invece probabilmente era proprio così. Ormai aveva abbastanza esperienza da sapere che tutto era possibile. La donna al piano di sopra gli aveva impartito quella lezione nel modo più brutale. No, non poteva essere complice di Huey. D'altra parte, come poteva non esserlo? Il rumore di una doccia che veniva aperta penetrò nella sua amara indecisione. Premette la mano sul pacchetto nella tasca della giacca e il petto parve bruciare sotto di 7


esso. Una litania di imprecazioni e insulti gli attraversò la mente, tutti diretti a se stesso e alla propria monumentale stupidità. Nonostante quell'autoflagellazione mentale, non si diresse verso la porta sul retro, come avrebbe dovuto fare se solo avesse posseduto un singolo neurone funzionante. Invece attese di sentire il rumore delle ante scorrevoli della doccia che si chiudevano per salire le scale in silenzio. Era venuto là con una missione ed era deciso a portarla a termine. Forse così avrebbe ritrovato un po' di pace. Forse. In realtà ne dubitava. Il piano di sopra della villa unifamiliare era l'esatto opposto del volgare seminterrato. Gli avrebbe fatto comodo poter dire che lei regnava ai piani alti e il marito a quelli bassi, ma l'unica traccia della sua personalità era l'eleganza e la semplicità dell'arredamento. Per il resto quella poteva essere una qualunque delle belle ville antiche della zona. Il pavimento originale di acero era stato restaurato con cura e luccicava alla luce tenue che rischiarava il salotto e una stanza visibile a destra lungo il corridoio. I soffitti alti, gli stucchi elaborati e gli archi aggraziati erano tipici di un'epoca di eleganza e attenzione ai minimi particolari architettonici. I mobili erano eterogenei, ma tutti scelti con ottimo gusto: un misto di pezzi d'antiquariato e di elementi moderni dalle linee nette e sofisticate. Corrugò la fronte perplesso: le pareti erano nude, la credenza, la mensola del camino e i tavoli privi di sculture. Niente opere artistiche. Imboccò il corridoio e percepì subito l'odore della creta umida. Si fermò e lanciò uno sguardo avido verso la porta socchiusa del bagno, a poco più di due metri davanti a lui sulla destra. 8


Invece entrò guardingo nella stanza a sinistra. Era certo che Huey Mays si trovasse fuori città, ma con un uomo così pericoloso non si poteva mai dire. Quella stanza quadrata e priva di finestre era di certo il suo studio. Forse in passato fungeva da ripostiglio o da lavanderia. Lei usava il bagno dall'altra parte del corridoio per fare una doccia dopo aver lavorato con le sue sculture. Quella in cui era impegnata al momento era disposta su un tavolo, inumidita e coperta di plastica. Fissò la profusione di bozzetti sul pavimento e su una panca, i modelli per opere più grandi e corrugò la fronte divertito notando una statuetta che rappresentava un giovane seduto su una panchina. I capelli un po' troppo lunghi gli ricadevano su un occhio, mentre leggeva un libro con tangibile concentrazione. Fece per avvicinarsi al lavoro incompiuto quando sentì un forte scroscio nella doccia, come se si fosse appena strizzata i capelli. La mano protesa ricadde. Si avvicinò in punta di piedi alla porta socchiusa del bagno. Si era negato la possibilità di esaminare da vicino le sue sculture, ma non avrebbe fatto lo stesso con il suo corpo. Perché no, in fondo? Lei glielo doveva... Anzi, gli doveva molto di più. Posò le dita sulla porta e la socchiuse ancora un po'. La doccia era situata proprio di fronte; le ante di vetro erano appannate dal vapore, ma lui riuscì comunque a vederla. Era girata di profilo, con la testa inclinata all'indietro e gli occhi chiusi e l'acqua le colava sul viso, il collo, il seno e l'addome. Il suo corpo si irrigidì, simile a una fiamma costante. Un minuto dopo, in camera da letto, trovò il portagioie 9


nascosto nel cassetto della biancheria: non l'aveva riposto tra la lingerie di seta o di satin, ma tra gli slip di cotone e i reggiseni da ginnastica. Quella scelta gli strappò un sorriso freddo: forse sospettava la vera natura delle lucenti patacche che Huey le regalava. Il grosso smeraldo splendeva fulgido mentre lo teneva sollevato alla luce della torcia. Prese l'imitazione e la tenne vicina. «Che bel falso» sussurrò nel buio. Infilò in tasca la gemma artificiale e ripose quella vera nel portagioie. Poi uscì dalla vita di Laura in silenzio come vi era entrato.

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Dodici anni dopo L'uomo seduto al volante dell'auto parcheggiata in un posteggio abbandonato vicino al Canale Cal-Shag era come un candelotto di dinamite sul punto di esplodere. E in effetti Randall Moody era venuto là in quella fredda notte di gennaio proprio perché le cose andassero così: voleva essere lui a innescare l'esplosione, ma era deciso a essere ben lontano al momento dello scoppio. Batté due colpetti contro il finestrino della macchina. «Come diavolo hai fatto a trovarmi?» chiese Huey Mays dopo avere sbirciato fuori e aperto la portiera. Moody sedette al posto del passeggero e arricciò il naso disgustato. «Qua dentro sembra di essere in una distilleria.» Gli lanciò un'occhiataccia vedendo che aveva tirato fuori la pistola sentendolo bussare al finestrino, ma non gli disse di riporla. Doveva usarla presto, dunque era meglio che fosse a portata di mano. Per un attimo Moody fu scosso da un brivido incontrollabile e maledisse le articolazioni doloranti e il corpo che invecchiava. La vita di Huey Mays stava per finire; lui avrebbe dato qualsiasi cosa per possedere il suo corpo giovane e virile, anche se Mays si era rovinato la salute a forza di alcol, droga e cibi grassi e pesanti. Moody aveva 11


quasi sessant'anni, ma andava in palestra con assiduità ed era pignolo e attento a ciò che mangiava e beveva. La vecchiaia gli pareva una debolezza, ma detestava ancora di più la mancanza di disciplina di Huey e la tendenza a cedere alla sua natura viziosa. «Uno degli agenti di pattuglia ha visto la tua macchina qui» rispose Moody. Il tono caldo e calmo non tradiva il suo amaro risentimento. Non c'era bisogno di aggiungere altro. Come tutti, anche Mays sapeva che Moody aveva un'imbattibile rete di informatori: grazie a trentacinque anni nella polizia e a contatti ben oliati con le istituzioni e la malavita, se a Chicago succedeva qualcosa di importante, Randall Moody veniva sempre a saperlo. «Sono contento che tu sia qui» borbottò Huey. Passò nervoso le mani sudate sulle cosce; l'altro constatò soddisfatto che posava la pistola in grembo, invece di metterla via. «Devi tirarmi fuori da questo casino. I federali mi stanno col fiato sul collo e vogliono che faccia un po' di nomi.» «Ti avevo detto che sarebbe andata così. Ti ho anche spiegato perché non ti conviene accontentarli» replicò Moody con calma. «Dicono di essere pronti a ridurmi quasi del tutto la condanna.» «Quasi del tutto? La tua prospettiva migliore – migliore, bada bene – sono cinque anni in una prigione federale. Per te tanto varrebbe parlare dell'eternità. Hai pensato a cosa implica tutto questo? Niente cocktail disponibili quando sei nervoso, niente cocaina per tirarti su.» Moody si tolse lentamente i guanti di pelle e li posò con cura sul cappotto di cachemire nero, per poi esaminare le unghie ben curate. «E naturalmente... questa volta saresti tu a subire il tipo di sesso che preferisci...» «Neanche per sogno!» sbraitò Huey. I suoi occhi erano 12


selvaggi e iniettati di sangue. Moody notò compiaciuto che sembrava proprio sulle spine. «Qualsiasi beneficio tu possa trarre dal tradimento sarà di breve durata, Huey» lo ammonì. «È ora che ti assuma la responsabilità delle tue azioni.» «Non puoi proprio fare niente per me?» lo implorò Huey con voce roca. «Il tuo destino è nelle tue mani, temo.» Moody lanciò un rapido sguardo alla pistola che l'altro teneva in grembo. «Avrei dovuto sbarazzarmi di Shane Dominic anni fa.» «Ci occuperemo di Dominic al momento giusto, te lo assicuro.» «O meglio ancora, avremmo dovuto sbarazzarci di lei molti anni fa.» «Tua moglie è una donna deliziosa. Non siamo dei mostri; non uccidiamo creature così rare e delicate» protestò Moody. «Perché non l'hai sposata tu, allora?» Il sorriso di Huey ora sembrava un ghigno; guardava fuori dal finestrino e immaginava certo qualcosa di molto più piacevole di quella tetra notte invernale. «Comunque gliel'ho fatta grossa. A lei e a quello stronzo di Dominic.» Moody scosse la testa con tristezza e allungò la mano verso la maniglia della portiera. «Questa è la tua occasione di mostrare a tua moglie che ha sposato un uomo forte e disciplinato, Huey. Fatti un favore a approfitta di questa opportunità finché possiedi ancora non solo la libertà e l'onore, ma anche la virilità. Non lasciare che Shane Dominic ti porti via anche quella.» Moody diede un colpetto sul ginocchio di Huey con aria paterna e incoraggiante e scese dalla macchina. Shane Dominic notò gli acuti occhi castani di Clarissa 13


che lo fissavano riflessi nello specchio dell'armadio d'epoca. Smise di premersi le dita sulle palpebre brucianti, abbassò la mano e la prese tra le braccia mentre lei si girava. «Sai come mi eccita questo vestito» mormorò contro il suo collo. «Lo portavi alla cena del City Club l'autunno scorso. Non riuscivo quasi a ultimare il mio discorso perché continuavo a pensare al momento in cui ti avrei trascinata a letto e te lo avrei strappato di dosso.» La risata di Clarissa vibrò contro le sue labbra, mentre lui gliele premeva contro la gola. «È successo l'autunno scorso, Dom. Cosa mi dici di stasera?» Le sue dita trovarono la cerniera lampo del sensuale vestito da cocktail bordò e l'abbassarono. «Stasera non posso aspettare di arrivare a un letto. Credo proprio che dovrò prenderti qui nell'ingresso.» Sorrise sentendola fremere sotto la sua bocca avida. Lei gli affondò le dita nei capelli e gli spinse la testa verso il seno che lui aveva appena denudato, scostando il reggiseno aderente. Shane si fermò e le afferrò un polso, per poi portarlo dietro la schiena costringendola a inarcarsi. Lei gemette in tono roco mentre Shane esaminava il seno piccolo, dal capezzolo roseo e vi soffiava delicatamente sopra. «Ti piace tormentarmi, eh, Dom?» mugolò. Poi si inarcò verso l'alto, spingendo il capezzolo ancora più vicino alla sua bocca. Lui ridacchiò e glielo leccò piano. «Sei stata tu a tormentarmi per tutta la sera con quel vestito e adesso la pagherai cara.» «Non vedo l'ora» sussurrò Clarissa. Shane sollevò lo sguardo. Purtroppo i suoi occhi scelsero proprio quel momento per mettersi a lacrimare. 14


Chiuse un attimo le palpebre, nel tentativo di alleviare quel bruciore crescente. «Vuoi sapere cosa penso?» chiese Clarissa. «Che cosa?» borbottò lui senza prestarle molta attenzione. Abbassò la testa verso il suo capezzolo turgido e concentrò l'attenzione sulle sensazioni che gli vibravano nella lingua. Lei diceva sempre che era un tipo intraprendente. Clarissa gemette di piacere, per poi sorprenderlo dandogli uno strattone ai capelli con la mano che lui non le stava tenendo ferma dietro la schiena. Shane la guardò sconcertato. «Penso che tu stia cercando di cambiare argomento. E penso che tu sia esausto. Hai lavorato senza sosta per tutta la settimana su quel caso di poliziotti corrotti e come se non bastasse stasera hai tenuto un discorso al Magellan Club. Stai esagerando, Dom. Perché ti senti in dovere di nascondermi quanto sei sfinito?» «Non sento il bisogno di nasconderti niente, Clarissa» le assicurò. Poi si chinò di nuovo verso il capezzolo duro. Lei sbuffò. Shane si raddrizzò a malincuore. Non occorreva essere un esperto di comportamento umano per sapere che non gli avrebbe consentito di fare sesso prima di dirgli ciò che aveva in mente. «Se ti riferisci al mio lavoro, sai che non posso raccontarti molto di più di quello che dichiarano i comunicati stampa ufficiali» le ricordò. Si tolse il cappotto e lo appese nell'armadio dell'ingresso, poi fece lo stesso con la giacca dello smoking. «Piantala, Dom. Sai bene che non sto parlando di questo» sbottò Clarissa. Lui nascose una smorfia davanti alla sua espressione irritata. Si era lasciato sfuggire quella frase trita e ritrita 15


prima di riuscire a trattenersi e, peggio ancora, aveva usato il tono brusco che riusciva sempre a esasperare la sua fidanzata. Non usare quel tono da agente speciale con me, Dom. Non c'è da meravigliarsi che ti definiscano un uomo dal cuore di pietra. Le accuse di Clarissa gli risuonarono nella mente mentre le rimetteva a posto l'abito con gentilezza. Aveva tutto il diritto di essere infuriata con lui: negli ultimi dieci giorni non le aveva quasi rivolto la parola. Quattro notti prima Robert Eliott, procuratore del distretto settentrionale dell'Illinois, gli aveva finalmente concesso i tanto attesi mandati d'arresto per diversi membri del corpo di polizia di Chicago. Per quante giustificazioni potesse addurre, era improbabile che Clarissa apprezzasse la situazione: l'aveva ignorata per dieci giorni e alla prima occasione le saltava addosso. Shane la condusse nello studio pieno di libri e la fece sedere sul divano di pelle. «So che questa settimana non ci siamo visti molto» ammise con dolcezza. «Lasciami il tempo di sbarazzarmi di questa roba formale. Preparo qualcosa da bere e poi parliamo.» Clarissa sollevò su di lui gli occhi lucidi di lacrime. Era un'analista finanziaria intelligente e di successo e non piangeva spesso. «Ci sposeremo tra due mesi, Dom. Perché non riesci nemmeno ad ammettere di essere esausto? Non puoi mostrare neanche un briciolo di vulnerabilità alla tua futura moglie?» Lui sorrise. «Vuoi che ammetta di essere esausto? E va bene: sto per crollare ai tuoi piedi. Questa settimana non ho dormito più di otto ore in tutto e gli occhi mi bruciano 16


da impazzire. Stasera avevo la vista così annebbiata che ho detto al presidente del Magellan Club di non disturbarsi a portarmi un drink, visto che un altro signore lo stava già facendo.» «Cosa c'è di così tremendo?» «L'altro signore era sua moglie.» «Oh, no!» esclamò Clarissa divertita. Shane si strinse nelle spalle contrito. «Hai anche detto al sovrintendente di polizia che avresti dato un bel bacio alla Liverpool al prossimo che ti prendeva in giro perché la rivista Chicago ti aveva nominato L'uomo più sexy della città. Non avevo capito che si trattava di una minaccia, fino a quando John McNamara non mi ha spiegato che quella era una tecnica di lotta, una testata brutale.» «Quella minaccia vale anche per le donne» dichiarò Shane con finta serietà. Clarissa ridacchiò. «Forse avresti dovuto minacciare qualcuno di diverso dal sovrintendente, visto che più di metà della città ti considera responsabile della perdita di fiducia nella polizia di Chicago.» Shane inarcò le sopracciglia. «L'Operazione Servi e Proteggi ha proprio lo scopo di recuperare la fiducia dell'opinione pubblica nei confronti della polizia. Jake Moriarity lo sa benissimo: è per questo che ha appoggiato in pieno l'indagine dell'FBI sui poliziotti corrotti.» «Sei sicuro che questa sia l'unica motivazione della tua ossessione per questa indagine?» Shane smise di slacciarsi la cravatta. «Ossessione? Non ti sembra di esagerare?» Clarissa continuò a fissarlo. «Questo caso rientra in diverse direttive dell'FBI sulle indagini di nostra competenza. Cristo, abbiamo scoperto un'organizzazione criminale attiva in vari stati e diretta 17


da pubblici ufficiali. Quali altre motivazioni potrebbero servirci?» Clarissa appariva a disagio, ma non distolse lo sguardo. «Be'... ci sarebbero le insinuazioni di Channel 6 sui tuoi legami con la famiglia Vasquez.» Shane alzò gli occhi al cielo. «Conosco un quarto degli agenti e la maggior parte dei detective della polizia di Chicago. Ho lavorato con decine di loro e molti sono miei amici... compreso Joey Vasquez.» «Ma quanti di loro sono stati tuoi compagni di scuola fin dalle elementari, come Joey Vasquez?» insisté Clarissa. «E... secondo i notiziari la moglie di Huey Mays è sorella di Joey Vasquez e tu la conosci da anni...» Si interruppe, ma continuò a fissarlo con avida intensità. Improvvisamente rigido, Shane si sfilò la cravatta con uno strattone e la seta produsse un fruscio sibilante. «Conoscevo Laura Vasquez, ma non ci parliamo da più di dodici anni» precisò. «Dunque qual è il punto, Clarissa?» «Non lo so» ammise lei. «So solo che sembri ossessionato da questo caso.» «Dici sempre che sono ostinato e tenace qualsiasi cosa faccia.» «È vero. Hai una mente a senso unico. Dom.» Clarissa scosse la testa e scoppiò in una risatina quando lui inarcò le sopracciglia e abbassò lo sguardo sul capezzolo ancora turgido che premeva contro la stoffa leggera del vestito. «Hanno fatto vedere una sua foto alla televisione» continuò Clarissa, le labbra ancora distese in una lieve risata. «Laura Mays, voglio dire. È bellissima.» «È questo il punto, allora?» «Forse. Non lo so.» Ora sembrava impacciata. «È ovvio che questo caso ti tormenti. Alcune delle cose che facevano quei poliziotti...» Scosse la testa con un misto di incredulità e disgusto, si tolse un fermaglio e i capelli 18


biondo scuro le ricaddero sulle spalle. «Insomma, usare le risorse della polizia per derubare e picchiare persone innocenti, tre delle quali quasi a morte, estorcere denaro agli spacciatori e ad altri criminali... inorridisco al solo pensiero. Una vera e propria organizzazione malavitosa che operava al di fuori della polizia di Chicago. Ehi, Dom? Ci sei?» domandò Clarissa dopo qualche secondo di pausa. Shane sbatté gli occhi e si rese conto di essersi smarrito nei propri pensieri. Non riusciva a capire come facesse Clarissa a sopportare i suoi folli orari di lavoro e la sua scarsa attenzione. Non gli aveva neanche rinfacciato il rinvio – non una volta sola, ma due – del loro matrimonio. Ricominciava a provare i soliti dubbi al riguardo e si sentiva una canaglia. «Non ti merito, Clarissa» borbottò. Si augurò per l'ennesima volta di riuscire a liberarsi di quelle incertezze; era lo scapolo in lui a farsi prendere dalla fifa all'idea di sposarsi? Allo stesso tempo non poteva fare a meno di pensare che se Clarissa fosse stata davvero la donna giusta per lui, non gli sarebbe mai capitato di dimenticarla per quasi dieci giorni di fila, nonostante il lavoro impegnativo che svolgeva. Il suo sguardo passionale contribuì a dissipare quei dubbi, almeno per il momento. Shane la guardò chinarsi e posare un bacio sulla punta del suo membro e nonostante lo sfinimento sentì l'eccitazione risvegliarsi. «Hai ragione, non mi meriti, ma una cosa devo ammetterla: quella rivista aveva ragione. Vestito da sera sei uno schianto! Mi viene voglia di divorarti.» «È una promessa?» Clarissa inarcò le sopracciglia dorate. «Mettiti comodo 19


e prepara qualcosa da bere, poi decideremo se abbiamo voglia di dormire o di scopare.» «So di cosa ho voglia e non è di dormire. Dopo una settimana te lo devo, Clarissa» mormorò premendole il pollice contro il labbro inferiore. «Vedremo se sarai all'altezza.» «Ne dubiti?» scherzò lui. Il suono della risata di apprezzamento di Clarissa lo seguì mentre si allontanava. Shane ridacchiò. Che donna straordinaria! Gli aveva lanciato il guanto di sfida, sapendo benissimo che non si sarebbe mai tirato indietro. Si sentiva esausto, ma era il tipo di sfinimento che arrivava dopo una battaglia sanguinosa; una bella scopata sarebbe stata l'ideale per festeggiare il suo trionfo. E anche per fargli dimenticare i dubbi sul matrimonio imminente. Non era più tanto giovane e doveva sistemarsi. Era così importante, se non moriva per forza dalla voglia di correre a casa da Clarissa dopo una dura giornata di lavoro? Doveva solo impegnarsi di più. Era una bella donna e lui apprezzava la sua compagnia. Non erano molte le donne intelligenti e indipendenti disposte ad assecondare i suoi gusti a letto, ma una volta in camera Clarissa era più che disponibile. Eppure i dubbi non se ne andavano. Maledizione, erano passati tredici anni e mezzo! Era davvero penoso struggersi ancora per una donna che non lo voleva... e che lui non avrebbe dovuto desiderare. Quando tornò pochi minuti dopo con indosso i pantaloni del pigiama e due bicchieri di brandy in mano, Clarissa era davanti alla televisione. Shane era abituato a vederla seguire ogni tanto le notizie d'affari, ma rimase sorpreso quando la sua attenzione restò calamitata dallo schermo nonostante la sua vicinanza. 20


«Oh no, Dom!» sussurrò. «Cosa c'è?» chiese. «Guarda...» Lui puntò lo sguardo sul televisore: si vedeva un bell'uomo dai capelli scuri appena imbiancati alle tempie, con un elegante completo grigio, che usciva dal Dirksen Federal Building. Shane sapeva che le immagini erano state riprese due giorni prima, quando Huey Mays era uscito su cauzione. Un'ondata di odio intenso e profondo lo invase. Quell'immagine inaspettata l'aveva colto di sorpresa. «Sì, quello è Huey Mays» borbottò con cupa soddisfazione. «Stanno certo trasmettendo la storia del capitano dell'Anticrimine coinvolto nella più grande gang di ladri di gioielli, pellicce e monete rare degli ultimi tempi.» «No, non stanno parlando di questo» replicò Clarissa lanciandogli uno sguardo ansioso. Prese con aria distratta il bicchiere che lui le offriva. «O almeno quella è solo una parte della storia. Huey Mays si è sparato stasera. È stato dichiarato morto al Northwestern Memorial Hospital mezz'ora fa.» Shane rallentò vicino all'entrata del Northwestern Memorial Hospital. Scorse una delle sue nemesi, Blaine Howard, reporter di Channel Eight News, che correva verso le porte sul lato est dell'enorme edificio. Un cameraman lo seguiva ansimante, nello sforzo di tener dietro al suo passo veloce. Secondo l'esperienza di Shane l'unica caratteristica che superava l'ignoranza del giornalista era la sua arroganza. Non era una bella combinazione; d'altra parte doveva ammettere che Blaine era bravissimo a fiutare l'odore del sangue. Shane la riconobbe non appena uscì dalle porte a vetri 21


e scese verso il marciapiede, seguita da un'orda di giornalisti e cameraman che le urlavano domande e la riprendevano. Shane percepì il panico che la invadeva mentre veniva circondata. Sapeva quanto odiasse la folla. Da adolescenti, suo fratello Joey non era riuscito a entrare nella Whitney Young Magnet High School ed era andato alla St. Ignatius, così quando Laura aveva cominciato a studiare alla Whitney, Shane, di quattro anni più grande, l'aveva presa sotto la sua ala protettrice. L'aveva aiutata a preparare un discorso da tenere in pubblico previsto nel suo corso di studi. Era una studentessa brillante e un'artista di talento, ma era anche riservata. Non per forza timida. Semplicemente Laura Vasquez non amava le esibizioni pubbliche. O almeno era così quando lui l'aveva conosciuta, quando l'innocenza la rivestiva ancora come la rugiada del mattino rimasta su una delicata rosa chiusa. Ora le cose erano diverse, grazie a Huey Mays e a tutti quelli a cui lui aveva concesso l'uso del corpo della splendida moglie. Della sua splendida schiava sessuale. Un pubblico ufficiale apprendeva molte cose che avrebbe preferito ignorare durante la sorveglianza elettronica. Nel caso di Laura si trattava di cose che Shane avrebbe voluto cancellare dalla memoria a qualsiasi prezzo. Si liberò di colpo degli inseguitori e corse giù per Erie Street. Shane frenò davanti a lei. «Sali» abbaiò abbassando il finestrino. Laura si bloccò e quando lo vide sgranò gli occhi esitante. «Sali su questa dannata macchina, Laura. Ti saranno addosso tra un secondo.» Una volta presa la decisione, lei si mosse con agilità. 22


Lui premette l'acceleratore un attimo dopo che aveva sbattuto la portiera. Uno degli inseguitori diede una manata sulla macchina in un impeto di frustrazione mentre si allontanavano lungo la strada. Rimasero in silenzio per quasi un minuto. Shane si immise in Lake Shore Drive South; gli pareva surreale guidare con Laura Vasquez al posto del passeggero. Quella mattina non avrebbe mai indovinato che la sua giornata sarebbe finita così. «Non avresti dovuto farlo, Shane. Uno di loro potrebbe aver letto la tua targa; a quest'ora saprà che a darmi un passaggio è stato l'agente speciale a capo dell'FBI di Chicago, lo stesso uomo responsabile dell'arresto di Huey.» «Il responsabile dell'arresto è stato lui stesso.» Quel tono severo era un tentativo di neutralizzare l'effetto della voce bassa e roca di Laura sul suo corpo. Lei era una delle tre persone al mondo che lo chiamavano con il suo nome. Le altre due erano i suoi genitori. Shane non glielo sentiva pronunciare da più di dodici anni. Le lanciò un'occhiata, notando le linee armoniose e gli angoli del suo profilo stagliato contro le luci della città, un diamante perfetto in mezzo a scintillanti pietre false. Laura sembrava calma e indifferente, come se la sua provocatoria affermazione non l'avesse nemmeno scalfita. Cosa provava davvero riguardo alla morte del marito? Shane si impose di riportare lo sguardo sulla strada. Come al solito non riuscì a decifrarla. Laura era l'unica persona in grado di smentire la sua proverbiale capacità di giudizio. I colleghi ammiravano l'abilità con cui comprendeva le motivazioni delle persone e prevedeva le loro azioni in determinate circostanze. Il fatto che i suoi sentimenti per Laura fossero in totale contrasto con quello che avrebbero dovuto essere lo faceva infuriare. Per tredici anni e mezzo si era portato dietro 23


quella ferita che non voleva guarire, nonostante tutti gli sforzi per dimenticarla e continuare con la sua vita. «Se anche dovessero riconoscermi, dirò che ti ho fatto salire in macchina per interrogarti» borbottò. «Ed è questo che stai facendo?» I loro occhi si incontrarono un attimo nell'ombra. «In passato non ho mai ottenuto molto con gli interrogatori, vero, Laura?» Lei parve sul punto di ribattere, poi si trattenne. Il suo volto pallido gli sembrava la maschera più bella che avesse mai visto in vita sua. Shane respinse a fatica l'impulso di fermare la macchina e scuoterla fino a farle mostrare qualche sentimento: rabbia, tristezza, passione. Qualsiasi cosa, ma non quella fredda indifferenza. «Dove mi stai portando?» Sbatté le palpebre davanti a una domanda così pratica nel bel mezzo di una situazione tanto tesa. Tesa per lui, almeno. «Non lo so. Dove vuoi andare?» «Quindi è vero che non vuoi interrogarmi?» Shane le lanciò uno sguardo duro. «Non l'ha già fatto la polizia?» «Sì, all'ospedale. Mi contatteranno domattina per chiarire alcuni particolari. Ho saputo della morte di Huey mentre mi stavano interrogando.» Shane rimase in silenzio per alcuni secondi. Tre quarti d'ora prima la notizia che Huey Mays si era suicidato lo aveva immobilizzato davanti al televisore, pervadendolo di una rabbia furibonda. Quel verme si era tolto d'impiccio scegliendo una via d'uscita da vigliacco, quale era sempre stato. Mays costituiva il cardine dell'indagine dell'FBI sulla corruzione nella polizia di Chicago. Era più viscido delle schifezze che restavano attaccate alla suola delle scarpe 24


in qualche sordido buco. Anzi, era anche peggiore, abbastanza bello da poter comparire sulla copertina patinata di una rivista per uomini e altrettanto azzimato e lucente. Shane sospettava che Mays fosse pronto a tradire i complici per salvarsi e il suo istinto si sbagliava di rado. Aveva sperato che facesse soprattutto un nome, quello del capo della Squadra Anticrimine della polizia di Chicago, Randall Moody. «Ti hanno detto che Huey ha lasciato un biglietto?» chiese a Laura. Aveva parlato con il comandante del distretto in cui era stato trovato il corpo di Huey e conosceva i particolari del caso, almeno per sommi capi. «Sì» rispose. Era sempre imperturbabile. Shane si lasciò sfuggire un sospiro, nel vano tentativo di sfogare una frustrazione durata anni. «Il corpo verrà esaminato in laboratorio da uno degli agenti dell'FBI, ma se gli accertamenti corrisponderanno al loro rapporto e il biglietto risulterà autentico, non ci sarà un'indagine formale e il caso verrà chiuso come suicidio. Non ti ho dato un passaggio in veste ufficiale; è stato un impulso del momento» chiarì notando la sua aria sconcertata. «Ho visto i giornalisti che ti inseguivano; passo metà della mia vita a sfuggire a quegli sciacalli.» Un sorriso distese le sue labbra tumide. «Sempre pronto a salvarmi dai cattivi, eh, Shane?» «Peccato che tu non me lo permetta. Sei andata un po' troppo lontano per questo, vero, dolcezza?» ringhiò lui. Si fermò notando la sua espressione scioccata, inspirò lentamente e tornò a fissare la strada. Dio santo, cosa gli prendeva? «Scusami. Non te lo meritavi. Non oggi.» Lo sguardo di Laura puntato addosso gli faceva formicolare la pelle. Lei rimase a lungo in silenzio, poi si schiarì la gola. 25


«Immagino ti abbiano detto che... che si è sparato in macchina. L'ha trovato un altro poliziotto. Aveva parcheggiato in una zona deserta vicino al Canale Cal-Shag. L'agente ha pensato che l'auto fosse abbandonata e si è avvicinato per controllare. Huey era ancora vivo, ma privo di sensi. Non si è più svegliato.» «Chi era l'agente?» «Josh Hannigan, del sesto distretto.» «Lo conoscevi?» Laura scosse la testa. Shane le lanciò uno sguardo sospettoso nel buio. Laura veniva da una famiglia di poliziotti: suo zio Derrick – che era anche il suo tutore – era stato decorato due volte e aveva raggiunto il grado di sergente e suo fratello Joey era un detective. Naturalmente anche suo marito era un poliziotto, sebbene Huey Mays non fosse certo degno di quel nome. Ora pareva che anche Joey fosse coinvolto in quella losca faccenda. In mezzo a tutto questo Laura restava silenziosa e indecifrabile. Chi stava proteggendo con quell'atteggiamento distaccato? Suo marito? Suo fratello? Se stessa? Shane sbatté le palpebre per schiarire la vista annebbiata dalla mancanza di sonno e si guardò intorno: aveva guidato in direzione sud senza fare molta attenzione a dove stava andando. Si portò sulla corsia di destra e imboccò all'ultimo momento l'uscita più vicina. Joey Vasquez era forse coinvolto nell'indagine sulla corruzione della polizia di Chicago, ma era anche una parte importante della storia di Shane e l'unico parente ancora in vita di Laura. Da quando Shane era tornato in città per dirigere la sede locale dell'FBI non si erano visti molto spesso, ma lui sapeva comunque che Joey viveva dalle parti di Hyde Park. Chinò la testa e cercò di leggere 26


i nomi delle strade mentre cercava di orientarsi. «In questo momento non dovresti stare sola. Ti porto da Joey» borbottò. «No, non da Joey. Portami a casa, per favore.» «Laura, non...» «Joey è fuori città» lo interruppe con calma. «È la verità, Shane» ribadì notando la sua occhiata scettica. «Lui e Shelly hanno portato un intero pulmino carico di ragazzine a Springfield per il campionato di pallavolo. Carlotta e le sue compagne di liceo sono arrivate in finale.» «Carlotta non può essere al liceo» replicò Shane. La figlia di Joey non poteva essere così grande. Laura gli rivolse un sorrisetto mesto. «Frequenta il primo anno alla Marie Curie High School.» Shane scosse la testa. Si poteva ignorare l'età che avanzava finché si voleva, ma la generazione successiva metteva a dura prova quel diniego. «E tu hai trentaquattro anni» osservò mentre percorreva una strada silenziosa. «Da novembre» confermò Laura con voce sommessa. Shane impiegò mezzo minuto a rendersi conto che stava piangendo. Teneva lo sguardo fisso davanti a sé senza emettere un suono e le lacrime, simili a cristalli di ghiaccio, le rigavano le guance lisce.

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Eccitanti alchimie di Samantha Ann King È sbagliato desiderare due uomini allo stesso tempo? Hailey Anderson pensa di no, anche se forse non è tanto normale desiderare entrambi con la stessa intensità. Mark Allen, artista del legno, e Tony Adamo, aitante dottore sono i protagonisti delle fantasie proibite che popolano i sogni di Hailey. Sogni che, forse, stanno per trasformarsi in realtà. Complice il desiderio di allontanarsi da un ex fidanzato oppressivo, parte per una vacanza esotica alle Hawaii. E non da sola. Insieme alla famiglia, ci sono anche Tony e Mark, pronti a proteggerla, coccolarla e, a quanto pare, a farle vivere l'esperienza erotica più elettrizzante che le sia mai capitata. Un triplice incontro di corpi scaldati dal sole tropicale e lambiti dalle acque dell'oceano, un'eccitante avventura che cambierà Hailey per sempre.

Sottomessa al piacere di Beth Kery L'agente speciale Shane Dominic non ha mai dimenticato la conturbante Laura Vasquez, nonostante lei lo abbia lasciato senza una spiegazione per sposare un altro uomo. Ora, dopo dodici anni, le loro strade tornano a incontrarsi e lo fanno nel peggiore dei modi: il marito di Laura, sospettato di essere a capo di una banda internazionale di ladri, viene trovato ucciso e Shane capisce di avere un'ultima chance di scoprire tutti i segreti che Laura custodisce. Ma per indurla a confessare dovrà prima conquistarsi la sua fiducia e lui conosce un solo modo per farlo, procurandole il piacere più squisito tramite la sottile arte della sottomissione. Tre giorni in un cottage isolato saranno sufficienti per far capire a entrambi di appartenere l'uno all'altra nel senso più intimo e sconvolgente del termine.


ritorna a MAGGIO con 2 romanzi intensi e passionali delle autrici pi첫 amate e apprezzate. PREPARATI A UNA LETTURA... INCANDESCENTE! IN USCITA DAL 30 MAGGIO


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