Ps97 carezze e diamanti

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Portia Da Costa

Carezze e diamanti


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Diamonds in the Rough HQN Books © 2013 Portia Da Costa Traduzione di Mariangela Latorre Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Passion luglio 2013 Questa edizione Harmony Passion marzo 2015 HARMONY PASSION ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 97 del 26/03/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 71 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Una folgore in nero Rayworth Court Estate 1891 Wilson Ruffington era seccato, seccato, seccato. Non sarei dovuto venire qui. Sapevo che sarebbe stato noioso. Queste situazioni lo sono sempre. Si guardò intorno sul ballatoio. Rayworth Court era un edificio scomposto, progettato male e realizzato ancora peggio con infinite aggiunte casuali. Aveva difficoltà a orientarvisi perfino lui, che pure era in grado di disegnare la piantina di qualsiasi edificio a memoria. Accigliandosi di fronte al ritratto di un avo particolarmente brutto, sospirò. Era venuto nella casa di campagna anche per cambiare aria e scuotersi di dosso la noia, ma lo stratagemma non sembrava funzionare. Non era mai stato un fervente appassionato della scena sociale, ma negli ultimi due mesi, da quando aveva rotto con Coraline, a stento era uscito di casa. A che scopo, adesso che la sua amante se n'era andata? Si era tenuto occupato lavorando, studiando, scrivendo, costruendo cose, rabberciandone altre, progettandone altre ancora per ricominciare a costruirle e a rabberciarle. Commissioni tecniche, consulenze e un intenso 5


programma intellettuale gli avevano consentito di non pensare al fatto che dopo sette anni era stato mollato dall'unica donna che avesse mai pensato di sposare. Lo aveva piantato in asso per accasarsi con un ultrasettantenne duca italiano. «Sgualdrina!» Vomitò quella parola senza convinzione. Gliene importava ancora? In fondo era solo il suo ego maschile, a risentire dell'abbandono. Una parte di lui, quella dominata dall'intelletto, funzionava come al solito. Certo, l'assenza di lei aveva ridotto i suoi appetiti sessuali e sentiva la mancanza di un regime regolare a base di amplessi vigorosi e altre fantasiose attività carnali. Ed era proprio questa mancanza, abbinata a un orgoglio ferito, a rovinargli il morale. Stupido, stupido, stupido. Sentirsi insultato, frustrato e lasciare per giunta che la cosa lo infastidisse. Tornerò a casa, al mio studio, al mio laboratorio. La gente di qui non mi interessa affatto e le donne sono delle sempliciotte. Già rinfrancato, estrasse il taccuino dalla tasca della vestaglia da camera e scarabocchiò una lista di prodotti chimici di facile disponibilità e altri ingredienti. Durante una breve incursione nell'orto fuori della cucina, sul retro della casa, aveva notato un'interessante forma di avvizzimento in alcune varietà vegetali. Se avesse fornito quella formula al capo giardiniere del conte, dandogli istruzioni su come applicarla sul terreno, almeno avrebbe ripagato lord Rayworth per avere sopportato un ospite vessante come lui. Chiuse gli occhi e richiamò alla mente la piantina immaginaria della casa. Questa volta funzionò. Due volte a sinistra e si sarebbe ritrovato alla scala principale, poi più su di un piano e di nuovo a sinistra per raggiungere la beata pace della sua stanza. Magari avrebbe ordinato del tè e una fetta 6


di quel delizioso plumcake che aveva trafugato poco prima dalla cucina. Poi avrebbe istruito il suo uomo, Teale, per organizzare la partenza, quindi l'avrebbe attesa restando a letto a pensare a un problema spinoso che il progetto di un sottomarino gli stava creando. Era un progetto segreto del governo, quindi non si era portato dietro le sue carte, ma poteva sempre fare i calcoli a mente. Doveva pur esserci un modo di sistemare correttamente quelle flange in uno spazio tanto esiguo. Sorridendo, riaprÏ gli occhi e svoltò a sinistra. Ma solo per voltarsi nuovamente di colpo verso destra. E quella cos'era stata? Una folgore nera, un lampo che era appena riuscito a scorgere con la coda dell'occhio. L'impressione di una donna. Una donna con un vestito nero come la pece, che correva decisa sul ballatoio perpendicolare al posto in cui si trovava lui. Era stato solo un istante, eppure in lei c'era qualcosa... qualcosa di familiare, qualcosa che aveva incatenato la sua attenzione. Un vago, stupefacente ricordo gli fece balzare il cuore nel petto. No, non poteva essere. Non lei... Si mosse furtivo, richiudendosi i lembi della giacca da camera per evitare di creare un lampo di seta azzurra che potesse richiamare l'attenzione della donna misteriosa. Ma se non era chi aveva immaginato che fosse, allora a chi poteva appartenere quella rapida e graziosa figura, chi poteva essere quel seducente fantasma scuro che si muoveva a tutta velocità ? Nessuna delle ospiti che aveva visto fino a quel momento era vestita di nero. Tutte indossavano appariscenti abiti estivi, confezioni di pizzo e mussola del genere che tanto donava a Coraline. A meno che una persona non fosse in gramaglie, il nero era una scelta illogica per giocare a croquet, assistere a incontri di cricket e ammirare il roseto, perchÊ il nero non rifrangeva la luce del sole 7


e faceva sentire caldo. Perfino lady Rayworth, la vedova dall'espressione arcigna che aveva osservato con disapprovazione anche le sue scelte sartoriali, aveva deciso di indossare un grigio chiaro per via dalla calura. E tutte le altre giovani cinguettanti ostentavano abiti bianchi o di colori pastello. Wilson esitò. Nei recessi più reconditi della sua memoria si spalancò all'improvviso un cassetto, lasciando uscire la fantasmagorica immagine di un abito di mussolina che gli tolse il fiato. Mussolina bianca contro un salice verde. Con sua grande sorpresa, il membro sonnolento gli si irrigidì, facendosi tanto duro e tanto in fretta da strappargli un gemito di dolore. Buon Dio onnipotente! Questo sì che è un imprevisto. Si appiattì contro lo spigolo e sbirciò oltre l'angolo. Gli erano sempre piaciuti i sotterfugi, e magari tutto questo sgattaiolare come un agente segreto avrebbe distolto la sua attenzione da quella erezione rampante. La donna in nero gli dava le spalle, cercando di aprire la maniglia di una pesante porta di quercia. Non ci riusciva, e mentre continuava a girare la maniglia da una parte e dall'altra, con forza prodigiosa per un corpo tanto esile, un altro ricordo sfuggì al deposito della memoria di Wilson. Devi essere tu. Nessun altro attaccherebbe così. Nessuna signora, almeno. Quell'immagine rivelava un'altra porta chiusa a chiave, in un'altra grande casa di campagna, con un'altra – o forse era la stessa – donna che si incaponiva per guadagnare accesso a una stanza. Wilson non sapeva se ridere o bestemmiare. Entrambe le reazioni sarebbero state appropriate. Cosa diavolo ci fai tu qui? Non aveva visto l'elenco degli ospiti, non aveva fatto domande, quindi non poteva essere certo che lei non potes8


se essere là. Soprattutto se quell'impicciona della madre di lei ci si era messa di mezzo. Che madre e figlia avessero ripreso le abitudini di un tempo? Con la madre che cercava di sistemare la figlia e la figlia che cercava di forzare porte chiuse a chiave per guadagnare accesso a dubbi tesori? O forse è un déjà vu in cui non credo. Calcolando la distanza che avrebbe potuto percorrere senza farsi vedere, si protese ancora un poco oltre lo spigolo ed ebbe un tuffo al cuore quando vide qualcosa che prima non aveva notato. La donna misteriosa portava con sé una cartella di pelle chiusa con dei lacci, che sembrava contenere degli schizzi e che adesso giaceva per terra ai suoi piedi. Doveva averla lasciata cadere mentre cercava di aprire la porta. Senza dubbio tu. Chi altri potrebbe essere? C'erano troppe similitudini, perché non fosse lei. Quella snella forma femminea era inconfondibile, una forma incisa indelebilmente nella sua memoria, come i lucidi capelli castani, così folti e ostinati da sembrare sempre sul punto di sfuggire ai fermagli. Anche il nero poteva starci. Magari era ancora in lutto. Ho voglia di vederti? Wilson prese fiato. L'ultima volta che aveva affrontato quell'ostinata creatura a tu per tu, soltanto loro due, non era stata un'esperienza piacevole. Tutt'altro. Era stato un disastro, e anche piuttosto odioso. Si erano scagliati insulti a vicenda, ma lui si era ritrovato con un'erezione spaventosa, e quella giustapposizione lo aveva irritato. E dire che non si irritava facilmente. Anzi, era stata lei, l'unica a riuscire a irritarlo, negli ultimi sette anni. Neppure Coraline ci era mai riuscita così bene. Pensò di svignarsela. Non era logico correre dietro alla 9


sgradevolezza. Non ci sarebbero stati vantaggi per nessuno dei due. Oh, non fare il codardo! Non avrai paura di lei, mammoletta che non sei altro? Restò dov'era, aspettando il momento giusto per verificare se lei possedeva ancora quella nefanda capacità che le aveva insegnato lui stesso tanti anni prima, il giorno in cui lei aveva espresso il desiderio di entrare in una biblioteca proibita per esplorarne i tesori esotici. Un déjà vu, senza dubbio. Il conte di Rayworth era rinomato per la vasta raccolta di testi erotici e opere d'arte scandalose che nascondeva da qualche parte nella sua dimora, una biblioteca segreta di sacro e profano. Anche Wilson nutriva un acuto interesse per tutte le forme di esoterismo, e si diceva che la collezione del conte includesse oggetti provenienti da tutta Europa e anche dall'Asia, testi ricchi di parole e immagini divine e disgustose al tempo stesso. «Stupida, odiosa, impossibile piccola provocatrice.» Wilson avanzò di un passo, appena in tempo per godersi la vista della sua antica conoscenza che prendeva a calci la porta di quercia con un piedino aggraziato. Il tonfo del piede contro la porta, seguito da un gridolino di dolore, lo riportò con la mente ad altre grida selvagge che non avevano niente a che fare con l'impazienza o l'ostinazione, ma che invece erano piene di passione e di gioiosa soddisfazione sensuale. Quasi pronto a gettarsi nella mischia, Wilson raggelò quando una manina bianca salì ai capelli e ne estrasse prima uno spillone, poi un altro. Si accovacciò, la gonna simile a una pozza nera tutto intorno a lei, e applicò quegli improvvisati attrezzi da scassinatore alla fonte della sua evidente frustrazione. 10


Le ultime ombre del dubbio svanirono a quella vista. Ecco, dunque, l'eco conclusiva del passato. Scassinare la porta della biblioteca segreta era esattamente ciò che avrebbe fatto anche lui. C'erano sempre scomparti nascosti nelle biblioteche che frequentava, e lui era troppo impaziente per perdere tempo a persuadere dei bibliotecari iperprotettivi nei confronti dei tesori scientifici e letterari che custodivano. La graziosa scassinatrice, però, non era avvezza quanto lui a intrufolarsi in simili fortezze, e ciononostante non si perse d'animo. Dopo pochi istanti, quando un clic ben distinto annunciò il suo successo, si raddrizzò e si infilò nuovamente gli spilloni nei capelli, scompigliandone qualche ciocca. Le trecce ribelli le caddero lungo il collo. Le scostò con aria assente. Wilson strinse le mani al ricordo fisico, di come faceva scorrere le dita tra quella massa sontuosa mentre lei gli si avvinghiava al collo. Senza neppure guardarsi alle spalle, la piccola ladra raccattò la cartella di pelle, poi entrò in fretta nella stanza e si richiuse la porta alle spalle. Wilson si mosse di corsa, in preda a uno strano miscuglio di curiosità, felicità irrazionale e insolita apprensione. Avrebbero ricominciato a litigare come cane e gatto? E quali ossi si sarebbero contesi, quelli di un tempo oppure dei nuovi? Ma cosa ti prende? Puoi affrontarla con equanimità, adesso. Hai il coltello dalla parte del manico. Scosse il capo, concentrandosi sul momento presente, piuttosto che su quell'immagine di tortuose complicazioni familiari. Appoggiò la mano alla maniglia e piegò la testa in ascolto. Cosa stava facendo là dentro? Era già assorta nell'osservazione di oscene incisioni orientali e letture sconce? Già 11


immaginava quel viso sottile appena arrossato dalla lusinga dell'eccitazione. Eccitazione? Buon Dio, lui stesso era in uno stato che superava di gran lunga la lusinga. Ce l'aveva così duro da soffrirne, e se le sue mani ricordavano le carezze di lei, il suo membro certamente ricordava molto di più. L'asta rigida pulsava come una condotta diretta tra passato e presente. Frenandosi, Wilson pose l'orecchio contro la porta, ma non sentì niente. L'unico modo per scoprire cosa stesse facendo era entrare di colpo e sorprenderla. E in fretta, perché starsene lì nascosto come un adolescente eccitato non serviva ad altro che a esporlo al rischio di essere scoperto. Non che gli importasse niente della sua reputazione, ma la sua presenza avrebbe attratto l'attenzione anche su di lei, e di problemi lei ne aveva già a sufficienza. Mentre si preparava a fare la sua mossa, però, un debole suono filtrò attraverso la porta massiccia, ma non era il languido sospiro femminile in cui sperava la sua libido. Cosa diavolo era? Un frullio ronzante accompagnato da uno strano schiocco ripetitivo furono seguiti da una deliziosa risatina femminile. Wilson girò la maniglia e spinse la porta. La sua dama in nero era in piedi di fronte a una larga scrivania dalla superficie in pelle, su cui era appoggiato un praxinoscopio dalle notevoli dimensioni. E, se la vista non lo ingannava, la donna nascose in fretta la mano mentre piroettava su se stessa, facendo così arrestare il moto dello strumento. «Oh, sei tu! Avrei dovuto immaginarlo.»

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Sexy games di Jeffe Kennedy Dopo una violenta aggressione mediatica, Emily Bartwell, geniale hacker informatico, ha deciso che la privacy sarà la sua priorità. Per questo sceglie di vivere ritirata, in una piccola isola lungo la costa nord-occidentale degli Stati Uniti. Sebbene diffidente, Emily non è però immune dalle tentazioni. Quando Fox Mullins, uno scrittore in cerca di ispirazione, affitta la casa accanto alla sua, lei comincia a osservarlo. E a desiderarlo. Sexy come il peccato, con un che di intrigante e misterioso, Fox si rivela ansioso di ricambiare il suo interesse, spingendosi persino a proporle di riempire le fredde notti con giochi erotici, trasgressivi e bollenti. Man mano che i loro incontri si fanno sempre più spregiudicati, le barriere cadono ed Emily scopre di essere pronta a mettere a nudo molto di più del suo corpo.

Carezze e diamanti di Portia Da Costa Rassegnata a rimanere nubile, Adela si mantiene dedicandosi ai disegni erotici che, sotto pseudonimo, l'hanno fatta diventare una discreta celebrità nella Londra di fine '800. E dire che per i suoi schizzi scandalosi si basa sui ricordi di un ardente incontro di gioventù con l'amante più incredibile e dotato dell'intera Inghilterra. Quando, a una festa di campagna, Adela incappa proprio nella sua fonte di ispirazione, Wilson Ruffington, ne è turbata. Ed eccitata. La passione, covata sotto la cenere per sette lunghi anni, esplode più devastante che mai. Ma la buona società non può tollerare comportamenti lascivi da parte dei propri membri e così Wilson chiede Adela in moglie. Un matrimonio di convenienza, naturalmente, che potrà assicurare protezione al buon nome di lei, e a lui un inesauribile piacere.


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