Quattro settimane di passione

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MEGAN FRAMPTON

Quattro settimane di passione


Immagine di sfondo in copertina: dogayusufdokdok/E+/Getty Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Four Weeks of Scandal Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2022 Megan Frampton Traduzione di Lorenza Braga Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Storici Seduction agosto 2022 Questo volume è stato stampato nel luglio 2022 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100% I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644 Periodico mensile n. 145 dello 03/08/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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Inghilterra, seconda metà del XIX secolo «È molto semplice» spiegò Octavia dopo aver preso un respiro profondo. La carrozza scelse proprio quel momento per centrare una buca, così la giovane cadde di lato e si aggrappò al bordo del sedile di velluto per sorreggersi. «Mi occuperò io di tutto» affermò con la sua solita sicurezza, nonostante non la provasse affatto. Forse a causa degli scossoni della carrozza, ipotizzò. «Organizzerò la vendita della casa e del suo contenuto. Dovremmo riuscire a ottenere una somma considerevole.» Nessuna risposta da chi viaggiava con lei. C'era da aspettarselo, suppose. «Il denaro servirà a pagare quello che devo a Mr. Higgins.» Si accigliò pensando a lui; aveva fatto delle ricerche mentre considerava se prendere dei soldi in prestito e lui aveva offerto dei tassi d'interesse abbastanza ragionevoli, per uno strozzino, ma aveva anche promesso un sollecito provvedimento se i fondi non gli fossero stati rimborsati nei tempi convenuti. Aveva già ricevuto due sue visite, in cui le aveva assicurato che le avrebbe spezzato tutti gli arti e rovinato la vita se lei 7


non avesse provveduto al pagamento che aveva già saltato. O forse era il contrario: rovinarle la vita e poi spezzarle gli arti. «E quale arto mi spezzerebbe per primo?» Di nuovo nessuna risposta. «Se intendesse spezzarmi un braccio, mi renderebbe la vita difficile, ma non impossibile. Una gamba sarebbe più disagevole. Potrei imparare a scrivere con l'altra mano, se necessario» spiegò. «Ma muoversi con una gamba sola potrebbe rivelarsi problematico.» Emise un altro sbuffo seccato. «Che cosa dovevo fare?» chiese, alzando le mani in un gesto di supplica. «Credevo di avere visto un'opportunità e quando ne scorgo una, devo coglierla. Nonostante il rischio.» Poiché Octavia era in parte proprietaria di una casa da gioco e la gestiva, era ragionevole pensare che corresse dei rischi quando era sicura che ne sarebbe valsa la pena. Da lì il debito. «Dovrebbe essere semplice» ripeté, sollevando la testa con aria di sfida. Così facendo, il cappellino urtò la parete retrostante e le scivolò sopra un occhio. Se lo raddrizzò stizzita. «Papà ha lasciato un testamento e, con qualche ricerca, riuscirò a trovarlo.» Sarebbe stato a quel punto che, di solito, sua sorella Ivy avrebbe sottolineato qualche difetto nel suo piano. Per esempio, le avrebbe fatto notare che non vedevano il padre, né comunicavano con lui da più di cinque anni, quindi non avevano idea delle condizioni in cui si trovavano la casa e il suo contenuto; che Octavia non avrebbe dovuto preoccuparsi dei beni del genitore, poiché le sorelle se la cavavano egregiamente da sole; che sapevano della morte del padre solo perché Ivy aveva visto per caso un giornale del loro villaggio nel Somerset che riportava la notizia. Tutto ciò, se Octavia avesse parlato con la sorella. 8


Ma non era stato così. E non perché fossero in contrasto; Ivy e Octavia andavano molto d'accordo, tenuto conto che entrambe avevano opinioni decise. No, era perché Ivy non era presente. Invece di trovarsi a Londra, dove le sorelle avevano vissuto negli ultimi sei o sette anni, Octavia era seduta in una carrozza ben equipaggiata che sobbalzava sulla strada per Greensett, un posto dove non si recava da quando aveva quattordici anni. «Sai ascoltare molto meglio di lei» assicurò all'occupante del lato opposto. Se Ivy fosse stata lì, Octavia non sarebbe riuscita a parlare tanto a lungo. Probabilmente Ivy era tranquilla a casa con il marito, ignara della partenza di Octavia. Le due sorelle erano unite, ma Ivy di solito era troppo impegnata per controllare gli spostamenti di Octavia più di una volta al mese, quindi non l'avrebbe mai saputo. Il suo ascoltatore era Cerberus, il mastino italiano che dormiva sul sedile di fronte, con una netta chiazza di bava che macchiava il velluto della tappezzeria. In teoria, stava parlando con lui, ma poiché dormiva, e inoltre era un cane, non poteva aspettarsi una risposta. Anche se ne avrebbe gradita una. Aveva parlato con Ivy in precedenza quel giorno, ma non aveva esternato niente di ciò che stava esprimendo in quel momento. Sua sorella era arrivata presto quella mattina per riferirle la notizia della morte del padre, scoperta per caso su un giornale usato per incartare il pesce, e Octavia era rimasta ad ascoltare, un evento piuttosto raro. Di solito, Octavia parlava e Ivy cercava di interromperla. Le sorelle avevano pianto insieme, ricordando il periodo in cui il padre non aveva anteposto la passione per il gioco d'azzardo alla famiglia. Molto prima della rottura del loro rapporto. Quando il padre aveva promesso che avrebbe sempre avu9


to una casa per loro, anche se il suo patrimonio era scarso. Avevano pianto per ciò che avevano perso e per ciò che ormai non avrebbero mai avuto: un padre che le amasse. Che tenesse a loro. Nella mente di Octavia aveva iniziato a formarsi un piano, poi si erano asciugate le lacrime. Aveva promesso che avrebbe sempre avuto una casa per loro. Doveva essere ancora vero. Mr. Holton era deceduto solo un mese prima. Anche se lui e le figlie si erano allontanati, i proprietari e i dipendenti delle altre case da gioco tenevano Octavia aggiornata sulle attività del padre. Solo qualche mese prima, aveva appreso che lui aveva puntato su una corsa tra una mucca e una rana; non aveva saputo chi avesse vinto, ma la natura stessa della scommessa l'aveva fatta sentire grata che la sorella maggiore l'avesse portata via dalla casa del genitore. Forse, però, le sorti di suo padre erano cambiate; non si poteva sapere che cosa ci fosse nella casa. Né tantomeno sapere se la residenza avesse avuto un qualche valore. E se, con la sua morte, fosse finalmente riuscito a fare qualcosa di buono per le figlie? E se Octavia si fosse recata a Greensett di persona, per vedere cosa avesse lasciato il padre a lei e a Ivy? Si sarebbe così allontanata da Londra e dalle grinfie di Mr. Higgins e il viaggio avrebbe senz'altro fruttato dei soldi, magari abbastanza da fare in modo che Ivy non venisse mai a conoscenza dell'impresa rischiosa di Octavia. Avrebbe ripagato Mr. Higgins senza che nessuno lo venisse a sapere. Octavia in principio aveva desiderato il denaro per apportare delle migliorie alla casa da gioco di cui era proprietaria insieme a Ivy. Il club guadagnava sempre, a dire il vero, ma lei riteneva che potesse rendere ancora di più, con i giusti in10


vestimenti. E all'inizio i tavoli nuovi, le sale da gioco ampliate e il personale aggiuntivo avevano aumentato gli incassi. Tuttavia, quando gli affari avevano vacillato per la coincidenza di brutto tempo e di una crisi politica che distraeva gli abituali avventori, Octavia si era trovata di fronte alla possibilità di finire in rovina con gli arti spezzati. O il contrario. Non ne era sicura. «Andrà tutto bene» assicurò al cane ancora addormentato. «Papà ha lasciato un testamento. E noi erediteremo tutto. Riuscirò a racimolare abbastanza da pagare Mr. Higgins. Solo la casa dovrebbe essere sufficiente. Ivy non lo verrà mai a sapere.» Parlò con sicurezza per convincersi di provarla. Cerberus aprì gli occhi, la guardò e tornò a dormire. «Pensavo che darti da mangiare mi garantisse un po' di lealtà» affermò con un sorriso, allungandosi per dare una pacca affettuosa alla testa del cane. Lui emise soltanto un basso mugolio e cambiò posizione. Octavia tornò ad appoggiarsi allo schienale e guardò fuori dal finestrino, desiderando di arrivare subito e non di lì a cinque ore. La pazienza non era il suo forte. Né la cautela. Lo era però l'ostinazione. Un vantaggio, per una donna che si muoveva in un campo di solito riservato agli uomini, ma non così utile quando si trattava di vivere in un villaggio di campagna. Grazie al cielo, era riuscita a uscire da Londra in fretta; si era ricordata che Lady Montague, sua cliente abituale e che di solito perdeva, avrebbe mandato la carrozza a prendere la nipote a scuola. Si trattava solo di domandare all'affabile gentildonna che la carrozza facesse una piccola deviazione per fare scendere Octavia prima di caricare la nipote. E poiché la carrozza era la seconda migliore di Lady Montague, che ave11


va tenuto la prima per sé, il favore non l'avrebbe scomodata per niente. Il che significava che Octavia non avrebbe avuto modo di ritornare, se avesse dovuto farlo altrettanto in fretta. Ma non si aspettava guai, una volta che fosse arrivata. Non se li aspettava mai. Gabriel si passò una mano tra i capelli mentre studiava il caos che era la sua nuova casa. Mr. Holton era deceduto un mese prima, ma Gabriel era stato occupato a sistemare i dettagli della proprietà di suo padre, che era morto solo qualche giorno prima di Mr. Holton. Come Mr. Holton, il padre di Gabriel, Mr. Fallon, era un giocatore d'azzardo. Al contrario di Mr. Holton, tuttavia, Mr. Fallon era molto, molto fortunato. Aveva trasformato la modesta tenuta di cui era proprietario in una vasta rete di possedimenti, liquidità, quote societarie e diversi beni che non potevano essere valutati in maniera equa perché erano unici. Qualcosa gli si strusciò contro il polpaccio e Gabriel abbassò lo sguardo con un sorriso. «So che hai fame» disse a Nyx, una di quei beni unici. Lei uggiolò in risposta, poi trotterellò ad annusare la gamba di una poltroncina, il cui rivestimento era sbiadito fino a diventare di un marroncino grigiastro. Nyx, un piccolo volpino di Pomerania, dal pelo soffice e vaporoso, aveva fatto parte di un lotto che suo padre aveva vinto quattro anni prima. Mr. Fallon non aveva voluto tenere il cane, ma Gabriel l'aveva nascosto nella borsa e l'aveva portato a scuola. Quando Mr. Fallon aveva scoperto l'inganno del figlio, era stato troppo tardi: Nyx era già la beniamina del collegio di Gabriel e Mr. Fallon aveva apprezzato la possibilità di avere contatti con i genitori dei compagni di Gabriel, 12


quindi non aveva proprio potuto sbarazzarsi di lei. «È sempre facile spennare quei lord» aveva confidato a Gabriel in una delle rare occasioni in cui gli capitava di parlare con il figlio. «Pensano di vincere solo grazie al loro rango. Mentre è come agiscono e come giocano che fa tutta la differenza.» Non era un granché su cui basarsi come consiglio, ma Gabriel l'aveva fatto suo, deciso a trasformarsi in una persona di successo tramite le sue azioni; anche se le sue origini erano, nella migliore delle ipotesi, soltanto rispettabili e, nella peggiore, tristemente note a causa delle macchinazioni del padre. E la sua ultima macchinazione, prima di morire, era stata vincere la casa di Mr. Holton. Aveva cercato per anni di superare l'altro uomo, una volta persino vincendo sua figlia in una scommessa, ma perdendola poi proprio contro quella figlia solo qualche ora dopo. Il padre di Gabriel era stato così esultante dopo aver finalmente vinto, che nei giorni successivi era diventato avventato, finché una sera, in cui aveva bevuto più del solito, era inciampato su un candelabro, appiccando il fuoco a tutta la casa, con lui dentro. Per fortuna non c'era stato nessun altro all'interno in quel momento; Gabriel era andato a fare ricerche su un raro manoscritto e i domestici di Mr. Fallon non vivevano lì, perché lui non si fidava di nessuno. Nemmeno di suo figlio. Gabriel aveva pianto la morte del padre, come avrebbe fatto chiunque, ma era stato più addolorato per quello che l'anziano Mr. Fallon si era perso: suo padre era stato così impegnato a giocare a carte, che non aveva mai giocato con suo figlio. Non aveva rischiato di aprire il proprio cuore a un'altra persona, perché rischiava sterline al gioco. Gabriel era rimasto felicemente sorpreso quando aveva e13


saminato le carte del defunto padre, scampate per miracolo al fuoco, e scoperto il foglio che dichiarava che Mr. Fallon era il proprietario della dimora di Mr. Holton. E poiché la casa di Mr. Fallon era bruciata, Gabriel non aveva più un posto dove vivere. Alloggiava al villaggio, ma tre settimane di stufato della locanda erano state una tortura che forse Prometeo avrebbe rifiutato, in favore di quella che prevedeva che un uccello gli beccasse il fegato. Era arrivato quella mattina e aveva lasciato una borsa contenente i suoi libri, della biancheria e altri capi di vestiario nel corridoio principale. Cadendo, la borsa aveva sollevato una nuvola di polvere che aveva fatto starnutire lui e Nyx. Era evidente che, se Mr. Holton aveva avuto dei domestici, nessuno di loro aveva dedicato del tempo a pulire. A Gabriel però non spaventava il duro lavoro: gli piacevano le attività manuali. Gli tenevano le mani impegnate mentre la mente ripercorreva le sue ricerche. «Questo posto farebbe rabbrividire Ade» comunicò a Nyx, che aveva smesso di mangiare e si era stesa su un pezzo di stoffa appallottolato nell'angolo della stanza. Gabriel percorse tutta la casa, stimando quello che c'era da fare. Tutto. Oltre alla polvere, sembrava che una nutrita famigliola di topi avesse stabilito la propria residenza in biblioteca. Le mensole più basse erano graffiate in maniera uniforme dai denti e, quando era entrato, aveva sentito un raspare frenetico, segno che i topi si stavano rintanando dove vivevano. C'era un buco nel tetto di almeno una delle stanze in soffitta e le camere da letto del piano superiore si contendevano il primato di peggiore. La cucina era un disastro altrettanto disgustoso, con stria14


ture di grasso sulle pareti e una stufa dall'aria sospetta. Tuttavia, a meno che non volesse sopportare altro stufato di manzo di Mrs. Packham, era lì che avrebbe vissuto. Avere un posto tutto per sé dove stare, trasformarlo in una casa, sarebbe stata una profonda soddisfazione. Suo padre l'aveva mandato a scuola, poi non gli era importato quando il figlio aveva voluto continuare gli studi. Gabriel aveva vissuto in alloggi in affitto vicino al British Museum a Londra, e studiava testi antichi mentre lavorava per creare una versione più vivace e moderna di numerosi miti greci. Riusciva a figurarsi le glorie passate della casa, di ciò che era stata quando la moglie di Mr. Holton era viva e anche le loro due figlie risiedevano lì. Mr. Holton aveva puntato la figlia maggiore in una scommessa contro il padre di Gabriel e aveva perso. Ivy aveva quindi avuto l'audacia di sfidare Mr. Fallon in un nuovo azzardo, mettendo in palio la sorella più giovane. Il padre di Gabriel desiderava che Octavia sposasse suo figlio, anche se nessuno aveva consultato i diretti interessati. Perché suo padre avesse voluto che lui sposasse la figlia minore degli Holton era un mistero, ma del resto la maggior parte di ciò che suo padre aveva fatto era un mistero per Gabriel. Grazie a Dio, Ivy aveva vinto. Ed era partita subito, quella notte stessa, per Londra, portando con sé la sorella minore. «Basta rimuginare, però» affermò Gabriel rivolto a Nyx, lasciando la cucina per tornare verso l'ingresso principale. Mentre usciva nella luce del tramonto, si slacciò i bottoni della camicia e se la sfilò. La giornata era stata calda e lui non era riuscito a resistere al bisogno di spostare qualche mobile, sudando. 15


Aveva scorto un piccolo stagno sul retro della casa quando aveva guardato fuori da una finestra annerita dal fumo. «Andiamo a fare una nuotata, bella» annunciò a Nyx mentre girava intorno all'edificio. Si lasciò cadere sull'erba, si tolse gli stivali e i calzini, poi si alzò per levarsi i pantaloni e la biancheria. Non c'era nessuno, non sarebbe arrivata anima viva e per nulla al mondo se sarebbe andato in giro con la biancheria bagnata. Si tuffò, con un delizioso, fresco sollievo sulla pelle. Nyx lo seguì, muovendo la testolina su e giù nell'acqua mentre nuotava. Che momento di pace! Era solo, cosa che apprezzava. Aveva uno scopo, cosa che desiderava. E ora aveva tempo e denaro in abbondanza e una casa, che gli avrebbero permesso di proseguire il suo lavoro. Non voleva e non aveva bisogno di altro. Non voleva e non aveva bisogno di nessun altro. Galleggiò sulla schiena, allargando le braccia, quando sentì un enorme tonfo. Alzò la testa e vide un gigantesco cane nero che si tuffava nell'acqua e una donna che lo rincorreva, urlandogli di tornare indietro. «Cerberus!» gridò la donna, concentrata sull'animale. Gabriel si tirò su di scatto e afferrò Nyx, stringendosi la cagnolina contro il fianco mentre l'altro cane, Cerberus, continuava ad avvicinarsi. D'istinto Gabriel nascose Nyx dietro di sé, per proteggerla. Poi la donna lo vide. Gli occhi le si sgranarono, la bocca le si spalancò ed emise uno strillo. Come se lui fosse stato l'intruso, non lei. Gabriel strinse i denti, tenendo d'occhio il cane gigantesco, che avrebbe potuto inghiottire Nyx come uno spuntino. 16


«Non so chi diavolo siate» affermò in tono grintoso, «o cosa ci facciate qui, ma dovete controllare il vostro cane.» Lei ridusse gli occhi a fessura. «Cerberus non vuole avere niente a che fare con il vostro animale. Vero, Cerberus?» chiese lei al cane, che la stava bellamente ignorando. Il mastino era uscito dall'acqua e stava annusando la riva dello stagno, per fortuna lontano da Nyx. La donna riportò lo sguardo su Gabriel. «Siete voi l'intruso» affermò in tono deciso e indignato. «Che cosa ci fate qui? E chi siete?» domandò. «Potrei farvi la stessa domanda» rispose Gabriel. «Poiché vi trovate sulla mia proprietà.» «La vostra proprietà!» ripeté lei. «Non lo è affatto.» Sollevò il mento. «Questa è casa mia.»

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Quattro settimane di passione

MEGAN FRAMPTON INGHILTERRA, XIX SEC. - Octavia rivendica la propria eredità, ma Gabriel Fallon dice che suo padre ha vinto la casa con una scommessa, quindi le propone un patto: quattro settimane per capire a chi appartenga davvero. Ma le lunghe serate passate assieme si trasformano presto...

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