Reputazione

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DIANE GASTON

Reputazione


Immagine di copertina: Trevillion Images Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: A Reputation for Notoriety A Marriage of Notoriety Harlequin Mills & Boon Historical Romance Harlequin Historical © 2013 Diane Perkins © 2014 Diane Perkins Traduzione di Mariadele Scala Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony History giugno 2014 luglio 2014 Questa edizione Regency Collection settembre 2017 REGENCY COLLECTION ISSN 2531 - 3754 Periodico bimestrale n. 6 dello 05/09/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 250 del 03/10/2016 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Una cattiva reputazione



Prologo Londra, giugno 1819 Rhys notò subito la donna che era comparsa sulla soglia della sala da gioco. Di statura più alta della media, teneva la testa eretta mentre si guardava attorno attraverso la maschera nera che le copriva buona parte del viso. Era una maschera simile a quelle che Rhys aveva visto a Venezia, adorna di decorazioni dorate e di piume, con un grosso granato incastonato fra gli occhi che metteva in risalto la seducente bocca carnosa, accentuata da un velo di rossetto. Il vestito rosso cupo che la sconosciuta indossava ben si accordava con i colori predominanti nella sala – rosso, verde e oro – tanto da poter essere scambiato per un complemento d'arredo che lui stesso aveva scelto. Rhys la seguì con gli occhi mentre avanzava nel grande locale con passo aggraziato e leggermente incerto, come se non fosse convinta dell'opportunità di trovarsi lì. Aveva intenzione di giocare ad hazard, o di disputare una partita a carte? Rhys provò il desiderio che quella donna ammirasse ciò che aveva fatto per la casa da gioco e che si divertisse. Voleva che fosse soddisfatta dell'accoglienza e che ritornasse. Desiderava che quella casa da gioco avesse successo, non solo per il guadagno che ciò gli avrebbe procurato, ma per dimostrare a tutti che era il migliore in qualsiasi impresa decidesse di cimentarsi. La sfida di rendere quella bisca un punto di riferimento del bel mondo londinese lo stimolava ed eccitava come non gli succedeva più dai tempi della guerra. Con la differenza che lì non vi sarebbe stata nessuna carneficina. Stavolta il suo compito era solo quello di fare in modo che le 7


persone si divertissero. In quel momento, era una bella donna che doveva aiutare a distrarsi. La sconosciuta si fermò al centro della sala e Rhys si affrettò ad andarle incontro. «Buonasera, madame» l'apostrofò con un inchino. «Sono Mr. Rhysdale, il proprietario di questo locale. Sarò lieto di esservi di aiuto. Quali giochi preferite?» La donna sollevò gli occhi verso di lui e attraverso le fessure della maschera Rhys vide che erano verdi, mentre i capelli, raccolti sulla cima del capo, erano castani con striature dorate. Chi era? «Vorrei fare una partita a whist, ma non ho un compagno» rispose lei in tono sommesso. Rhys avrebbe voluto farle da compagno, ma una delle regole che aveva stabilito era di non giocare mai nel suo locale. Le avrebbe presentato qualcuno dei gentiluomini in sala, anche se l'idea non gli sorrideva. Se glielo avesse chiesto, Xavier Campion avrebbe accettato di giocare con lei, ma avrebbe fatto meglio a trovare qualcun altro, dal momento che il suo amico possedeva un fascino che riusciva irresistibile al gentil sesso. No, non avrebbe ceduto quella donna a Xavier, decise Rhys. La voleva per sé.

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1 Londra, maggio 1819, un mese prima Rhys stava cenando nella sala da pranzo dello Stephen's Hotel in compagnia del suo amico Xavier quando volse lo sguardo verso la porta di ingresso della sala e vide due uomini fermi sulla soglia. Li conosceva. Erano il Visconte Neddington, nato William Westleigh, e suo fratello Hugh, i figli legittimi del Conte di Westleigh. I suoi fratellastri. Rhys tornò a rivolgere l'attenzione a quello che aveva nel piatto. «Perbacco!» esclamò Xavier. «Guarda chi c'è.» «Li ho visti. Stanno cercando qualcuno» si limitò a commentare lui. Lo Stephen's Hotel era frequentato da militari o ex militari come Rhys e Xavier. Non era esattamente un ambiente familiare ai Westleigh. Rhys si aspettava che i suoi fratellastri fingessero di non vederlo, come accadeva puntualmente quando le loro strade si incrociavano per caso. Neddington e Hugh si erano sempre comportati come se lui non esistesse. Ned, il maggiore, si girò verso di lui, ma quando i loro sguardi si incontrarono non si affrettò a voltarsi dall'altra parte. Per la prima volta in tanti anni si diresse verso il suo tavolo, seguito dal fratello. «Stanno venendo qui» annunciò Rhys. «Che sia dannato se...» sibilò Xavier. «Rhys» esordì Ned, fermandosi davanti al tavolo e inclinando il capo. Aveva intenzione di essere cordiale? «Signori» replicò lui, rifiu9


tandosi di chiamarli per nome e di fingere una familiarità che non era mai esistita fra loro. «Questo è il mio amico, Mr. Campion» soggiunse, indicando Xavier. Ned annuì con il capo. «Ci conosciamo.» «Sì, ci conosciamo» confermò l'altro. «Volevate solo salutarmi o siete venuti a cercarmi?» domandò Rhys. «Siamo venuti a cercarti» ammise Hugh, visibilmente nervoso. Xavier fece scorrere gli occhi dall'uno all'altro dei due uomini, incuriosito da quell'insolita visita. Rhys rimase impassibile. Da esperto giocatore, sapeva tenere celati pensieri ed emozioni, soprattutto con i Westleigh. Portò alla bocca un pezzo di carne e attese. «Scusate se abbiamo interrotto la vostra cena» proseguì Ned in tono amichevole, «ma abbiamo bisogno di parlare con te, Rhysdale.» Avevano bisogno di parlare con lui? Era incredibile. Continuando a mangiare, lui indicò le sedie vuote attorno al tavolo. «Accomodatevi, prego.» Hugh, il più collerico e impulsivo dei fratelli Westleigh, sbuffò con insofferenza. «Preferiremmo parlare in privato» spiegò Ned. Xavier si raddrizzò sulla sedia e Rhys ebbe il sospetto che l'amico di certo avrebbe estratto un'arma, se ne avesse avuta una con sé. Quando tornò a guardare i suoi due fratellastri, li vide com'erano da bambini e ricordò il loro primo, sgradevole incontro, quando lui aveva nove anni e aveva appena saputo che avevano in comune il padre. Quell'incontro, come moltissimi altri in seguito, era finito a botte e nasi sanguinanti. Fissò quattro occhi castani, sormontati da folte sopracciglia, identici ai suoi. Come lui, Ned e Hugh avevano capelli corti e quasi neri. Rhys era più alto e muscoloso degli altri due, ma se si metteva al loro fianco nessuno avrebbe potuto negare che erano fratelli. Dopo essersi scambiato un'occhiata con Xavier, che aveva serrato le labbra, Rhys ribatté: «Aspettatemi nel salottino dell'ingresso. Vi raggiungerò non appena avrò terminato di cenare». 10


Ned annuì e Hugh tornò a sbuffare, ma entrambi girarono sui tacchi e si allontanarono. «Non mi fido di quei due» asserì Xavier, seguendoli con gli occhi. «Vuoi che venga con te?» Lui scosse il capo. «So come tenere a bada i due Westleigh.» «In ogni modo, questa faccenda puzza di bruciato» obiettò l'amico. «Hanno in mente qualcosa. Ne sono certo.» «Oh, sì, sono d'accordo con te» convenne Rhys. «Comunque li affronterò da solo.» L'amico gli lanciò un'occhiata scettica. Rhys terminò con calma di mangiare, anche se non aveva più appetito. Sarebbe stato un colloquio sgradevole, non aveva dubbi. Tutti gli incontri con Ned e Hugh lo erano. «Sta' attento» gli raccomandò Xavier, battendogli sulla spalla mentre si salutavano sulla porta del salottino adiacente all'ingresso dell'albergo, dove Ned e Hugh attendevano. Erano rimasti in piedi e quando Rhys entrò si girarono verso di lui. «Seguitemi nelle mie stanze» li invitò, guidandoli su per due rampe di scale e verso la porta del suo alloggio. Non appena furono entrati, il suo valletto comparve sulla soglia. «Versaci del brandy, MacEvoy» ordinò Rhys. MacEvoy, un uomo dalla storia più burrascosa della sua, che era stato suo attendente durante la guerra, corrugò la fronte. Era chiaro che si ricordava di Hugh Westleigh, che aveva incontrato sui campi di battaglia. «Prego, accomodatevi.» Rhys indicò le eleganti poltrone disposte davanti al caminetto. Provava un sottile compiacimento a ostentare il lussuoso arredamento del suo alloggio, anche se molti di quei mobili e oggetti li aveva ricevuti in pagamento di debiti di gioco. Se la passava bene e rigava dritto, ma non era sempre stato così. MacEvoy servì il brandy e uscì dalla stanza. «Mi domando perché desideriate parlare con me, dopo avermi accuratamente evitato per tanti anni» considerò Rhys mentre sorseggiava il suo brandy. Ned distolse lo sguardo, quasi come se si sentisse in colpa. «Be', forse non abbiamo mai parlato, ma ci siamo sempre informati su dov'eri e che cosa facevi.» 11


Era una menzogna. Rhys avrebbe scommesso tutto ciò che possedeva che quei due non si erano mai preoccupati di sapere cosa gli fosse accaduto dopo che sua madre era morta e il loro padre si era rifiutato di aiutarlo. Il conte lo aveva lasciato solo e senza un soldo quando aveva appena quattordici anni. Comunque non era il caso di smentirli, decise. «Sono lusingato» borbottò con sarcasmo. «Hai ricevuto un attestato al valor militare» aggiunse Ned. Stavolta Hugh si girò dall'altra parte. «Sono sopravvissuto» affermò Rhys. Anche Hugh aveva partecipato alla guerra. I due ex ufficiali si erano incontrati varie volte sui campi di battaglia, in Spagna, in Francia e infine a Waterloo, anche se Hugh era nel prestigioso Reggimento di Cavalleria dei Dragoni del Re, mentre Rhys serviva nel Quarantaquattresimo Reggimento di Fanteria, dove aveva raggiunto il grado di maggiore. Dopo la disastrosa carica della cavalleria, Rhys aveva salvato Hugh dalla sciabolata mortale di un soldato francese. Allora non si erano detti una parola e Rhys non aveva intenzione di menzionare quell'episodio. Era stato uno dei tanti attimi fuggevoli di una delle numerose, orribili giornate di guerra. «Adesso ti guadagni la vita giocando a carte, se non sbaglio» azzardò Ned. «In sostanza, sì.» Aveva imparato a giocare a carte a scuola, come tutti gli altri ragazzi, ma era diventato un giocatore d'azzardo nelle strade di Londra. Il gioco gli aveva permesso di sopravvivere e continuava a essere la sua fonte di guadagno. Era diventato un giocatore di professione per necessità e adesso che la guerra era finita le vincite che aveva accumulato gli avevano assicurato una discreta fortuna. Non avrebbe più avuto le tasche vuote e non avrebbe più sofferto la fame, questo era sicuro. Avrebbe avuto successo in... qualcosa. Ignorava ancora in quale attività avrebbe investito il proprio denaro. Nel campo manifatturiero, forse. Voleva creare qualcosa di utile, qualcosa di più costruttivo e importante di una vincita a carte. «Vieni al dunque, Ned» intervenne Hugh con insofferenza. Era sempre stato quello che sferrava il primo pugno nelle loro risse. Ned guardò Rhys dritto negli occhi e affermò: «Ci serve il tuo aiuto. Abbiamo bisogno della tua abilità». 12


«A giocare a carte?» Sembrava inverosimile. «Per così dire» rispose Ned, passandosi la mano sul viso. «Desideriamo farti una proposta di lavoro che, riteniamo, sarà vantaggiosa anche per te.» Quei due lo reputavano forse uno stupido? Per niente al mondo si sarebbe messo in affari con i Westleigh. «Non ho bisogno di proposte di lavoro. Me la passo molto bene da... da quando sono stato abbandonato a me stesso» ribatté, furioso. «Ora basta, Ned» intervenne Hugh, il volto paonazzo. Poi si rivolse a Rhys. «La nostra famiglia è sull'orlo della rovina...» «Nostro padre ha fatto scommesse e spese sconsiderate» spiegò Ned in tono più calmo. «È stato sconsiderato in tutto!» esclamò Hugh. «A causa sua, siamo indebitati fino al collo.» Il Conte di Westleigh era sommerso dai debiti?, si stupì Rhys. Era davvero un brutto affare. Anche se gli aristocratici indebitati stavano molto meglio di un poveraccio costretto a vivere in strada. I due fratelli non avrebbero mai saputo che cos'erano fame, solitudine e disperazione, com'era toccato a lui. Rhys scacciò dalla mente quei brutti ricordi per timore di rivelare che lo avevano quasi ucciso. «Ebbene, questo cosa ha a che fare con me?» chiese in tono più gentile possibile. «Abbiamo bisogno di denaro, molto denaro, il più presto possibile» rispose Hugh. Rhys scoppiò a ridere. «Il Conte di Westleigh vuole farsi prestare del denaro da me?» «No» precisò Ned. «Vogliamo che tu ci aiuti a fare soldi.» «Desideriamo che tu organizzi una casa da gioco per noi e che la diriga. Insomma, devi aiutarci a guadagnare molto denaro in fretta» spiegò Hugh, sempre più insofferente. Era chiaro che il tono mellifluo e moderato di Ned non stava innervosendo solo lui, pensò Rhys. «Nostro padre ha perso una fortuna nelle bische e noi potremmo recuperarla come proprietari di una casa da gioco» continuò Ned. «Solo che noi non potremmo dirigerla personalmente, anche se fossimo in grado di farlo. Daremmo adito a troppe chiacchiere sulla nostra situazione e i creditori non ci concederebbero dilazioni.» Si 13


interruppe e rivolse un sorriso amichevole a Rhys, prima di riprendere a parlare. «Però tu potresti farlo. Hai l'esperienza e... per te non ci sarebbero conseguenze negative.» Eccetto il rischio di essere arrestato, pensò Rhys. Però avrebbe potuto far pagare una quota di associazione e far passare la bisca per un circolo. In tal modo sarebbe stato legale... Si impose di frenare l'entusiasmo. Non avrebbe diretto una casa da gioco per conto dei Westleigh. «Abbiamo bisogno di te» insistette Hugh. Quei due erano forse impazziti? Si aspettavano che li aiutasse, dopo che lo avevano umiliato e denigrato per tutta la vita? «Voi avete bisogno di me, ma io non ho bisogno di voi» decretò quindi, facendo scorrere gli occhi dall'uno all'altro dei suoi fratellastri. «Nostro padre ha mantenuto te e tua madre. Glielo devi. Ti ha mandato a scuola. Pensa a quello che sarebbe successo, se non l'avesse fatto!» ribatté Hugh. Rhys lo fulminò con gli occhi. «E tu pensa come sarebbe stata la vita di mia madre se il conte non l'avesse sedotta.» Avrebbe potuto sposarsi ed essere una donna felice e rispettabile, invece di essere costretta a sopportare il peso di un bambino generato fuori del matrimonio. E forse non sarebbe morta tanto giovane. Staccò gli occhi da Hugh, cercando di soffocare il dolore al pensiero della madre, la cui scomparsa non aveva superato ancora del tutto. «Rhys, non ti biasimo se disprezzi nostro padre e noi» asserì Ned, «ma devi sapere che non è solo il nostro benessere a correre dei rischi. Moltissime persone dipendono dalla nostra famiglia per la loro sopravvivenza. Alcune le conosci anche tu. Pensa a tutta la servitù, ai contadini, agli stallieri. Tutta la popolazione del villaggio dipende dalla prosperità delle terre dei Westleigh. Presto non potremo più sostenere la spesa di far seminare i campi. Come un castello di carte, tutto rischia di crollare da un momento all'altro, e saranno le persone che vivono a Westleigh Hall a soffrire di più.» Rhys serrò la mano a pugno. «Non addossatemi il peso del danno procurato dal conte. Io non c'entro niente con questa storia.» «Sei la nostra ultima possibilità di salvezza» implorò Hugh. «Ab14


biamo cercato di affittare la tenuta, ma nessuno si è fatto avanti. Sono tempi difficili, come sai anche tu.» Era vero. L'agricoltura stava passando un brutto momento. La guerra aveva impoverito un po' tutti e c'era molto scontento nel paese per l'applicazione delle Corn Laws, una serie di provvedimenti che imponevano dazi sulle derrate agricole. D'altra parte, senza quelle leggi molte fattorie sarebbero finite con il soccombere alla concorrenza dei prodotti provenienti dalle colonie. Una circostanza che avrebbe dovuto il conte a essere prudente e parsimonioso, anziché dissipare il capitale di famiglia. «Non desidero essere coinvolto nei vostri problemi, per favore» ribadì Rhys. «È impossibile!» protestò Hugh, alzandosi in piedi e cominciando a camminare su e giù per la stanza. «Abbiamo bisogno di te. Mi hai sentito?» Liberò un sospiro. «Devi farlo per noi!» «Hugh, così non sei di alcun aiuto» lo ammonì Ned, alzandosi a sua volta. «Bene, vi dirò le stesse parole che una volta vostro padre disse a me» scattò Rhys, balzando in piedi a sua volta. «Non ho alcun obbligo verso di voi. La nostra conversazione è terminata» concluse, avvicinandosi allo stipo dei liquori e versandosi dell'altro brandy. Non sentendo alcun rumore di passi, si volse verso i suoi fratellastri. «Potete andare, signori. Uscite immediatamente da casa mia oppure, com'è vero Dio, vi butterò fuori dalla porta.» «Provaci!» lo sfidò Hugh. «Ce ne andiamo, ce ne andiamo» intervenne Ned tirando il fratello per un braccio. «Comunque ti prego di ripensarci. Potrebbe essere la tua fortuna. Abbiamo il denaro per iniziare l'attività. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è...» «Andatevene!» Ned trascinò il fratello verso l'uscita e Rhys rimase a fissare la porta anche dopo che il rumore dei loro passi si era dissolto lungo il corridoio. «Avete bisogno di qualcosa, signore?» si informò MacEvoy, comparendogli davanti. «No, grazie.» L'uomo uscì dal salotto e Rhys tracannò il suo brandy, poi ne 15


versò un'altra dose nel bicchiere, il respiro affannato come se avesse corso per molte leghe. Era quasi deluso che Hugh non lo avesse colpito. Avrebbe goduto a sferrare un pugno sul viso di quel presuntuoso, un viso troppo simile al suo. Un colpo alla porta lo fece precipitare a spalancare l'anta. «Vi avevo detto di andarvene!» «Ehi!» Xavier sollevò le mani. «Se ne sono andati.» Lui si fece da parte. «Che cosa stavi facendo? Eri appostato in corridoio?» «Sì» ammise l'altro, entrando nella stanza. «Non vedevo l'ora di sapere che cosa volevano.» Rhys riempì un altro bicchiere di brandy e lo porse all'amico. «Siediti. Non ci crederai, ma...» Rifiutare la proposta dei Westleigh avrebbe dovuto porre fine alla questione. Quella sera Rhys avrebbe fatto meglio a concentrarsi sulle carte che aveva in mano invece di osservare come funzionava il lavoro nella bisca di James's Street in cui aveva deciso di recarsi. E quella notte avrebbe dovuto dormire tranquillamente, anziché continuare a rimuginare sull'incontro con i suoi fratellastri. Nei giorni che seguirono visitò molte altre case da gioco, continuando a giocare a carte, ma studiando con attenzione ogni dettaglio dei diversi locali, dalla sistemazione dei tavoli alla qualità dei cibi serviti, e valutando i probabili profitti che si potevano ricavare dai vari giochi. «Perché stiamo facendo il giro di tutte le bische di Londra?» chiese Xavier una sera, mentre si dirigevano verso l'ennesima casa da gioco nei pressi di James's Street. «Non è tua abitudine cambiare destinazione ogni giorno, Rhys.» «Nessun motivo particolare» mentì lui con un'alzata di spalle. «Diciamo che mi è venuto il capriccio di fare nuove conoscenze.» Xavier non parve soddisfatto della risposta, ma Rhys non voleva ammettere che stava considerando la proposta dei fratellastri, soprattutto pensando a tutte le persone del villaggio che erano state gentili con sua madre. Poteva immaginare quanto avrebbero sofferto se Westleigh Hall fosse andata in rovina. Chi li avrebbe sfamati? Quando riusciva a scacciare dalla mente i loro volti disperati, era 16


l'idea del denaro che avrebbe potuto guadagnare che si affacciava ad allettarlo. Sarebbero stati i Westleigh a rischiare, dopotutto. Per lui sarebbe stata una scommessa sicura. O quasi. Se solo non fossero stati quei due ad avanzare la proposta!Rhys sollevò il battente della porta di una casa all'apparenza decorosa e un colosso in una livrea dai colori sgargianti venne ad aprire. Non si recava lì da un anno, ma l'ambiente non era cambiato. «Come andiamo, Cummings?» chiese all'uomo in livrea. «È parecchio che non ci vediamo.» «Buonasera, Mr. Rhysdale» rispose l'altro, poi fece un cenno del capo a Xavier. «Mr. Campion.» Cummings poteva anche fingere di fare il valletto adibito ad accogliere gli ospiti, ma in realtà era un vero e proprio guardiano, che controllava chi entrava nel locale e buttava fuori i clienti rissosi. «Qui non è cambiato niente, tranne alcune ragazze» aggiunse Cummings prendendo i loro guanti e cappelli. «La sala da gioco è sempre di sopra.» Rhys non era interessato alle ragazze, le quali, fra l'altro, concedevano i loro favori dietro pagamento. Era vero. Niente era cambiato, notò mentre si guardava attorno. Tre anni prima era stato un frequentatore assiduo di quella bisca e, come molti altri clienti, aveva provato curiosità e interesse per una donna mascherata che veniva a giocare lì e vinceva spesso. Il mistero che la circondava aveva accresciuto il suo fascino e gli uomini avevano iniziato a scommettere chi sarebbe stato il primo a portarsela a letto. Rhys però non aveva mai partecipato a quelle scommesse. L'idea di sedurre una donna solo per vincere la posta in gioco non lo aveva mai attratto. Erano anni che non pensava a lei. Chissà chi aveva vinto la scommessa?, si domandò in quel momento, voltandosi verso Cummings. «E Madame Bisou si trova qui?» Era la proprietaria della bisca. «Sì. Dovrebbe essere nella sala da gioco» rispose Cummings. Rhys e Xavier salirono le scale ed entrarono nella sala da gioco, che a quell'ora era molto affollata. Il tavolo dell'hazard era al centro della stanza, mentre i due tavoli del faro erano collocati contro una parete e dall'altra parte c'era quello del rouge et noir. Rhys non a17


mava quei giochi, basati solo sulla fortuna, le sue preferenze andavano a quelli che richiedevano abilità e intelligenza. «Pensavo fossi venuto per giocare a carte» osservò Xavier. «Sì, ma manco da un anno e voglio fare un giro di ricognizione.» In quel momento una donna formosa dai capelli rossi si diresse verso di loro. «Monsieur Rhysdale, Monsieur Campion, che piacere vedervi! Era molto tempo che non venivate a trovarci.» Rhys sorrise, un po' per il piacere di rivederla e un po' per il suo orribile accento francese. «Madame Bisou!» esclamò, chinandosi a baciarla sulla guancia. Poi le sussurrò all'orecchio: «Come va, Penny?». «Trés bien, cher» rispose la donna, ma il suo sorriso era tirato e, prima che Rhys le potesse rivolgere altre domande, si girò a salutare Xavier. Nei difficili giorni della sua giovinezza il nome di Madame Bisou era stato Penny Jones. Aveva dieci anni più di Rhys e al pari di lui era decisa ad affrancarsi dalla miseria. Per farlo, entrambi avevano usato ciò che Dio aveva donato loro: Rhys l'abilità a giocare a carte e Penny il proprio corpo. Lei non aveva speso tutto il denaro che aveva guadagnato in bottiglie di gin, come facevano molte altre ragazze. Aveva risparmiato e alla fine aveva investito i suoi poco onorevoli proventi nell'acquisto di quella bisca, che dirigeva ormai da quasi dieci anni. «Perché ci avete ignorato per tanto tempo?» domandò, prendendo la mano di Rhys e stringendola forte. «È ciò che mi chiedo anch'io» rispose lui, sorridendo. Era contento di rivedere la vecchia amica. «Che cosa desiderate fare, signori?» domandò poi Madame Bisou, assumendo un tono professionale. «Volete una donna, o preferite giocare?» «Ci piacerebbe fare una partita a whist, se è possibile» rispose Xavier per entrambi. Rhys avrebbe voluto guardarsi attorno ancora per un po', ma Penny trovò due giocatori ansiosi di misurarsi con loro. Quando la partita ebbe termine, i due amici raccolsero la loro vincita, meno ricca del solito, ma Rhys dovette ammettere di essersi distratto. Quando passarono nella sala da pranzo, una ragazza ini18


ziò a civettare con Xavier. Rhys vide che Penny era seduta in un angolo e si diresse verso di lei. «Non è da voi starvene da sola» l'apostrofò. «Qualcosa non va? Posso aiutarvi?» La donna sospirò e per un momento sembrò molto più vecchia dei suoi quarant'anni. «Ho perso la passione per questo lavoro, Rhys. Vorrei andarmene, abbandonare tutto...» Il cuore di lui accelerò i battiti. «State pensando di vendere il locale?» «E come? Non posso certo mettere un'inserzione sul giornale.» Quella bisca era illegale. «E sono troppo stanca per pensare a un'alternativa.» Non era da lei. Penny aveva sempre trovato il modo di fare quello che voleva. Era un'opportunità, si disse lui. Il destino gli indicava la direzione da seguire. Poteva risolvere i problemi di Penny e salvare il suo vecchio villaggio. E nello stesso tempo arricchirsi. Non doveva far altro che vendere l'anima al diavolo. Suo padre. Il giorno dopo Rhys si presentò alla casa londinese dei Westleigh. Non aveva parlato con Xavier della sua intenzione di acquistare una bisca per non rischiare di lasciarsi dissuadere. Non era ancora l'ora delle visite e forse Ned e Hugh erano ancora a letto, ma lui doveva risolvere subito la questione, prima di cambiare idea. Il valletto che aprì la porta lo fece accomodare in un salotto in cui campeggiava il ritratto del conte, raffigurato con le braccia conserte, l'espressione severa e carica di disapprovazione. Per lui?, non poté fare a meno di domandarsi Rhys. Che importanza aveva, comunque? Conosceva il proprio valore ed era deciso a dimostrarlo a tutti. Tuttavia, la presenza del conte in quella casa lo innervosiva. Avrebbe partecipato anche lui all'incontro con Ned e Hugh? In cuor suo lo sperava, si rese conto. Avrebbe gongolato nel trovarsi in una posizione di superiorità nei confronti dell'uomo che in passato aveva controllato la sua vita. Ma era più probabile che il conte avrebbe evitato di trovarsi a faccia a faccia con il suo bastardo. I suoi fratellastri non lo fecero attendere molto. Infatti, dopo qualche minuto entrarono in salotto e Ned andò verso di lui come 19


se volesse stringergli la mano, ma poi si fermò e gli indicò una poltrona. «Ci accomodiamo?» Hugh invece rimase in disparte. «Preferisco stare in piedi» replicò Rhys, facendo scorrere lo sguardo dall'uno all'altro. «Se sei qui, vuol dire che hai preso in considerazione la nostra offerta?» chiese Ned. Rhys dovette controllare l'ira. Il suo fratellastro la considerava un'offerta? «Sono venuto a riprendere la discussione sulla mia disponibilità a salvare voi e nostro padre dalla miseria.» «Che cosa ti ha fatto cambiare idea?» domandò Hugh in tono iroso. «Chiamalo un attacco di solidarietà familiare, se vuoi. Comunque non ho detto che ho cambiato idea» replicò lui, lanciandogli un'occhiataccia. Ned fulminò Hugh con gli occhi per farlo tacere. Poi chiese a Rhys: «Di che cosa vuoi discutere?». Lui si strinse nelle spalle. «Prima di tutto dell'ingente somma di denaro necessaria per aprire una casa da gioco. Vi aspettate che tiri fuori il denaro di tasca mia? Perché dovete sapere che non investirei mai la mia fortuna in un'impresa tanto rischiosa.» «Il rischio dov'è?» lo rimbeccò Hugh. «La casa ci guadagna sempre, lo sai.» «La casa può essere abbattuta o costretta a chiudere i battenti» ribatté lui. «Dipende solo dal caso.» «Ma è improbabile, vero?» «Metteremo noi il capitale, Rhys» lo rassicurò Ned. «Per finanziare questa impresa abbiamo prosciugato ciò che restava della nostra fortuna. Tu dovresti solo assumerti la direzione dell'attività.» I Westleigh dovevano essere proprio disperati, o pazzi, per aver escogitato un piano simile. «Una casa da gioco di nuova apertura non può certo ottenere subito grandi profitti, salvo che diventi rapidamente famosa e si distingua dalle altre per qualche pregio o attrattiva particolare, che sia di richiamo per i giocatori» dichiarò Rhys. «Perché immagino che avrete intenzione di attrarre le persone che hanno larghe disponibilità di denaro.» 20


«Dovrà essere una casa in cui si gioca in maniera onesta» sentenziò Hugh. «Non voglio vedere dadi truccati, né carte segnate.» «Stai cercando di offendermi?» protestò Rhys in tono sarcastico. «Se mi reputi un disonesto, perché mi hai chiesto di dirigere la casa da gioco? In ogni modo, non ci saranno trucchi o imbrogli. E neppure prostituzione. Non tollererò nessuna delle due cose.» Avrebbe tenuto alle sue dipendenze le ragazze che lavoravano per Madame Bisou, ma non avrebbe permesso che vendessero i loro favori nel locale. «Siamo d'accordo con te» affermò Ned. «Comunque, voglio avere carta bianca nella gestione della casa, sempre nel rispetto della più specchiata onestà» proseguì lui. «Naturalmente» confermò Ned. «Aspetta un momento» intervenne Hugh. «Che cosa intendi per avere carta bianca?» «La facoltà di decidere come dirigere l'attività» rispose Rhys. «Non voglio interferenze su come scelgo di mandare avanti la baracca.» «Su come scegli di mandare avanti la baracca?» replicò l'altro con furia. «La renderò la casa da gioco preferita dall'aristocrazia e dai ricchi commercianti. Non solo. Voglio attirare anche le signore.» «Le signore!» esclamò Hugh, stupefatto. «Sappiamo tutti che anche alle donne piace giocare a carte, ma che si trattengono perché rischiano di essere criticate e biasimate. Perciò propongo di permettere ai clienti di presentarsi mascherati, così potranno giocare senza compromettere la loro reputazione.» Quello stratagemma aveva funzionato per la donna mascherata che anni addietro aveva frequentato la casa di Madame Bisou, suscitando interesse e curiosità fra gli altri clienti. Nessuno aveva mai scoperto la sua identità. Rhys aveva pensato a quel dettaglio da quando Ned e Hugh gli avevano proposto di dirigere una casa da gioco. L'avrebbe chiamata Masquerade Club. I clienti avrebbero pagato una quota simbolica di iscrizione e avrebbero potuto presentarsi mascherati, purché avessero il denaro per acquistare i gettoni per giocare. Se avessero chiesto un credito, avrebbero dovuto rivelare la loro identità. 21


«Questo è il mio progetto e non accetto correzioni» terminò dopo aver spiegato ai fratellastri ciò che intendeva fare. «Se dovesse venirmi un'idea migliore, la realizzerò senza chiedere il vostro parere.» «Sta' a sentire...» cominciò a protestare Hugh. «Lascia stare» lo zittì Ned. «Purché sia un'attività onesta e redditizia, che ci importa come verrà diretta?» Poi si rivolse a Rhys. «C'è altro?» «Voglio la metà dei profitti.» «La metà?» sbottò Hugh. «Voi rischiate il denaro, ma chi rischia la reputazione sono io» gli fece notare Rhys. «Possiamo far pagare una quota di associazione e chiamarlo circolo per giocatori, ma rimane sempre il rischio che sia dichiarato illegale. Voglio un compenso per espormi a tale rischio.» E aveva intenzione di dare a Penny una parte dei suoi guadagni a titolo di liquidazione. E poi avrebbe ricompensato anche Xavier, se avesse accettato di aiutarlo. «Penso che le tue condizioni siano accettabili» dichiarò Ned. «Ora possiamo discutere della somma di denaro di cui avrai bisogno per avviare l'attività?» «Ho ancora una domanda.» «Quale?» «Il conte sa che vi siete rivolti a me per dirigere la vostra casa da gioco?» «Lo sa» confermò Ned dopo essersi scambiato un'occhiata con Hugh. Ed era chiaro che non era contento. Rhys lo aveva sperato perché, oltre al guadagno, desiderava che la casa da gioco gli procurasse un altro compenso. Voleva umiliare il conte dimostrandogli che era il suo figlio bastardo a salvarlo dalla rovina. Voleva vendicarsi dell'uomo che lo aveva generato e poi lo aveva rifiutato e lasciato senza un soldo. «Bene, fratelli miei. Accetto di dirigere la vostra casa da gioco.» I due uomini, che erano tanto somiglianti a lui, tirarono un respiro di sollievo. «A una condizione» soggiunse Rhys. Hugh roteò gli occhi e Ned sembrò nervoso. 22


«Nostro padre... il Conte di Westleigh, dovrà riconoscermi pubblicamente come suo figlio.» Quale vendetta migliore? I due lo fissarono, allibiti e scandalizzati. Sembrava che l'idea di accettarlo come loro fratello fosse una sciagura, come sarebbe stata per il conte. «È la mia condizione» ripeté lui. Ned volse il capo dall'altra parte, mentre un pesante silenzio scendeva fra loro. «Benvenuto in famiglia, fratello» affermò poi, tornando a voltarsi verso Rhys.

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