SCARLET WILSON
Scintille in corsia
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: One Kiss in Tokyo... Harlequin Mills & Boon Medical Romance © 2016 Scarlet Wilson Traduzione di Giacomo Boraschi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Bianca novembre 2017 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY SERIE BIANCA ISSN 1122 - 5420 Periodico settimanale n. 1764 del 14/11/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 377 dello 09/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
1 Il rumore era cambiato. Il ronzio dei motori era diventato piÚ stridulo. Avery si tolse il cappello dagli occhi e si raddrizzò un poco. Gli dolevano le ossa, protestavano perfino i muscoli che non aveva mai saputo di avere. La conseguenza di tre viaggi aerei in dodici ore. E prima di partire aveva lavorato per un giorno intero! Aveva sperato di avere qualche giorno di riposo prima di lasciare l'Utah per l'Italia. Ma spesso i progetti dell'aviazione americana erano imprevedibili. I suoi ordini erano cambiati da un giorno all'altro. Una misteriosa malattia aveva colpito il suo collega medico in lista per andare in Giappone. CosÏ, invece di volare sopra la costa italiana, ora si ritrovava a guardare la frastagliata costa nipponica. Il cambiamento del rumore era dovuto al movimento dei flap e all'uscita del carrello di atterraggio. Il suo stomaco emise un brontolio e il militare di passaggio sorrise mentre gli allungava un sacchetto di chips. Non era un aereo commerciale, non c'erano hostess, bar e servizio di ristoro. Volavano a bordo di un jet militare, un velivolo non molto accogliente. Avery non vedeva l'ora di trovarsi nel suo alloggio e posare la testa su 5
un cuscino per qualche ora. Per il momento gli occorreva una sola cosa: il sonno. L'aereo atterrò con un sussulto. Avery aprì il sacchetto di chips e cominciò a sgranocchiarne una dopo l'altra. Prima mangiava, prima avrebbe potuto dormire. Il jet rullò sulla pista per qualche minuto prima di fermarsi. Gli altri militari stavano prendendo gli zaini, pronti a sbarcare. Avery continuò a guardare fuori, cercando di farsi un'idea della base. Okatu alloggiava diciannovemila persone e conteneva uno dei più grandi ospedali militari. Situata nei sobborghi di Tokyo, si sarebbe potuta chiamare una piccola America. Lo staff vi trovava tutto quello che poteva desiderare: negozi, bar, ristoranti, scuole per i figli, chiese e perfino un campo da golf. La base esisteva dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Avery aspettò che gli altri militari fossero sbarcati, poi prese il proprio zaino e scese i gradini della scala accostata all'aereo. Fu subito investito da una raffica di vento. La base si trovava sulla costa, così l'aria era umida e calda. Vide l'immensa conurbazione di Tokyo stendersi a perdita d'occhio e sorrise. Un nuovo mondo lo stava aspettando. Fu assalito dall'eccitazione. Aveva lavorato in ogni parte del mondo – Europa, Medio Oriente, numerosi luoghi negli Stati Uniti – e di solito prima della partenza si documentava sul posto in cui doveva andare. Stavolta gli era mancato il tempo. Ignorava che cos'avrebbe trovato a Okatu. Seguì gli altri militari nell'hangar principale. Il trasferimento da una base all'altra richiedeva sempre un 6
po' di burocrazia. Qualche fortunato si stava già dirigendo verso gli alloggi. Avery trasse un sospiro e compilò i moduli, poi prese la mappa della base. La sua pancia brontolò di nuovo. Non poteva dormire senza mettere qualcosa nello stomaco. Gli conveniva mangiare un boccone, poi parlare con l'ufficiale degli alloggi per sapere dove fosse il suo. Lasciò l'edificio, sbirciò la piantina e girò a sinistra. Camminò lentamente, cercando d'ignorare le proteste dei muscoli. La base era enorme. Durante la passeggiata passò di fronte a una scuola elementare, una scuola media, una palestra, il club degli ufficiali, un'agenzia di viaggi, alcuni negozi e una biblioteca. Dopo un quarto d'ora di marcia giunse in vista dell'ospedale. Si accorse di provare l'eccitazione, il fremito, la sensazione che lo pervadeva di fronte a una novità. Il William Bates Memorial Hospital portava il nome di un eroe dell'aviazione della Seconda Guerra Mondiale. Aveva centocinquanta letti, quattro sale operatorie, un reparto di terapia intensiva, uno di maternità, un'unità di terapia intensiva neonatale, una corsia medica, una corsia chirurgica e un reparto per la salute mentale. Avery amava quel tipo di ospedale. Di solito i chirurghi volevano specializzarsi in una sola disciplina, ma Avery non aveva mai voluto operare in un solo settore. Amava diversificare il suo lavoro e in quel luogo avrebbe potuto farlo. Si diresse verso l'ingresso principale, poi cambiò idea, svoltò a destra e si recò verso il Pronto Soccorso. Tanto valeva che desse un'occhiata. Le porte di cristallo si aprirono mentre l'allarme 7
cominciava a suonare. Avery si guardò intorno. L'atrio era deserto. Dov'era lo staff? Lo scoprì un attimo dopo. Qualcuno sbucò dalle porte scorrevoli in fondo al corridoio. Avery continuò a camminare. Il Pronto Soccorso era simile a tutti quelli in cui aveva già lavorato: cubicoli schermati da tende, qualche stanza laterale, una sala di cura e una d'attesa. Rianimazione, la parte più importante del Pronto Soccorso. Un infermiere giapponese lo incrociò spingendo un lettino a rotelle e gli gettò un'occhiata, squadrandolo dalla testa ai piedi. «Lavora qui?» Lui annuì e mostrò il proprio documento d'identità. «Da domani. Capitano Avery Flynn. Sono medico.» Per fortuna l'uomo aveva parlato in inglese. Avery non conosceva una parola di giapponese e temeva che quella lacuna potesse rivelarsi un problema. Molte basi militari ospitavano anche personale che non era in forza all'esercito. Ignorare la lingua del posto poteva dimostrarsi un grave handicap. L'infermiere annuì. «Non c'è tempo per le presentazioni. Ne stiamo aspettando sette.» Poi proseguì la corsa. Sette che cosa?, si domandò Avery. Proprio in quel momento qualcosa lo investì alle spalle, facendolo cadere sul pavimento. Ebbe appena il tempo di allungare le mani per attutire la caduta. «Si tolga di mezzo!» gli ordinò una voce imperiosa. Avery non vide altro che piedi. Una quantità di piedi. Si rialzò e si tolse lo zaino. Se c'era bisogno di lui, avrebbe dato una mano. 8
Qualcuno gli toccò la schiena e un uomo in camice verde gli sorrise. «Ehi, devi essere nuovo, qui. Le infermiere ti hanno già steso secco?» Avery sbatté le palpebre mentre mostrava il suo documento. «Che cosa...? Chi era?» L'altro continuò a sorridere. «Faiyakuraka.» «Come?» domandò Avery confuso. L'uomo gli batté la mano sulla spalla. «In giapponese significa fuoco d'artificio. Ma puoi chiamarla così solamente quando diventi suo amico. Per te si chiama Katsuko.» Poi scosse la testa. «Per non correre rischi, chiamala tenente Williams.» Riprese a camminare. «Be', vediamo quello che sai fare.» Così dicendo, sparì nel viavai di persone. Era difficile capire i ruoli. Quella gente non portava uniformi regolari. La maggior parte indossava il tipico camice verde da Pronto Soccorso e Avery ignorava chi fosse infermiere, medico o tecnico sanitario aerospaziale. «Liberategli le vie respiratorie! Fatelo respirare!» gridò una voce. Avery si fece largo nel gruppo e alzò una mano. «Ci penso io.» Qualcuno si voltò a guardarlo. La donna che poco prima lo aveva urtato adesso era china sul paziente. Alzò bruscamente la testa e socchiuse le palpebre. Aveva gli occhi più neri che Avery avesse mai visto. «Chi è lei?» Sangue sul petto di un bimbo. Avery reagì all'istante. Ora capiva la ragione del subbuglio intorno al lettino. Numerose mani comprimevano il piccolo petto, cercando di arrestare l'emorragia. La donna aveva ragione. Il paziente aveva bisogno urgente di respirare. 9
La profonda ferita al torace, prodotta da un oggetto penetrante, gli disse tutto quello che occorreva sapere. Avery si accostò al lettino e la spinse da parte. O almeno, tentò di farlo. La donna mantenne saldamente la posizione. «Glielo chiedo di nuovo: chi è lei?» Stava praticamente ringhiando. Lui lanciò uno sguardo al carrello vicino, poi allungò una mano e aprì i cassetti fino a trovare quello che cercava. «C'è bisogno di un tubo endotracheale e di una flebo» disse a un'infermiera alla sua sinistra. «Subito.» Una piccola mano si chiuse sulla sua. Avery si girò. La donna che lo aveva urtato lo stava fissando. I suoi occhi color cioccolato amaro sembravano inghiottirlo. Parlò con voce così sommessa che nessun altro dovette sentirla. «Glielo domando per l'ultima volta: chi è lei?» Gli strinse di nuovo le dita e stavolta la stretta fu ferrea. «La prossima, le stritolo la mano.» Avery le mostrò il proprio documento. «Mi lasci lavorare in pace. Avremo sei mesi per litigare.» Non era molto alta di statura, e chiaramente era di origine giapponese, ma aveva la pelle insolitamente scura per una figlia del Sol Levante. La sua persona sembrava irradiare un particolare carisma. Non poteva trovarsi alla sommità della gerarchia, ma la gente sembrava pendere dalle sue labbra. Quanti anni poteva avere? Non più di venticinque. Fuoco d'artificio? Avery non ricordava la parola giapponese, ma in qualche modo il soprannome le si 10
addiceva. Esprimeva perfettamente la sua personalità... esplosiva. La donna osservò velocemente il documento, poi si voltò senza dire una parola e cominciò a impartire ordini alle altre persone. «Inserite subito una flebo.» Poi lanciò uno sguardo al tubo endotracheale nella mano del suo collega. «Ne occorre uno più piccolo.» Perfetto. Un'infermiera con la quale poteva lavorare. Efficiente, autoritaria. Tutte le infermiere militari erano efficienti, ma Avery si trovava meglio con quelle che prevedevano le necessità e non avevano paura di manifestare la loro opinione. Tutto lasciava pensare che Katsuko... o come si chiamava... non avesse peli sulla lingua. Avery cercò d'ignorare la confusione che lo circondava. Nella sala di rianimazione c'erano due lettini e un team si stava occupando di un altro piccolo paziente. Gli uomini attorno al bambino si muovevano come gli ingranaggi di un orologio, praticandogli un massaggio cardiaco. Ritornò a concentrarsi. «Ci sono altri medici qui?» «Due sono all'eliporto. Non sono ancora riusciti a scaricare il terzo ferito.» La donna strinse le labbra. «Blake non rinuncerà all'altro bambino. Non prima di avere fatto tutto il possibile.» Blake Anderson, il medico che stava operando a poca distanza da lui. Era l'uomo al quale Avery si sarebbe dovuto presentare il giorno seguente. La scena era straziante e lui non osava presentarsi in quel momento. Fra l'altro doveva concentrarsi su quello che stava facendo. Trasse un profondo respiro e tese la mano. La zona intorno al collo e al petto di bimbo si stava gonfiando, 11
una reazione alla grave ferita che poteva avere compromesso le vie respiratorie. La pelle stava perdendo rapidamente il suo colore naturale. Un'infermiera presidiava la flebo, aspettando istruzioni. Avery si affrettò a impartirle. Un farmaco contro il dolore. Un sedativo, steroidi per ridurre il gonfiore e permettere l'intubazione. Prima di tutto la respirazione, per il resto c'era tempo. L'infermiera annuì e iniettò i medicinali nella cannula inserita nel braccio del bimbo. «Tubo endotracheale.» Avery tese la mano, quindi si chinò sul lettino e inclinò la testa del bimbo. «Come si chiama?» «Mahito» rispose Fuoco d'Artificio, osservando ogni suo movimento. «Mahito, ti do una medicina contro il dolore e un'altra per rilassarti. Poi t'infilerò un tubo nella gola. Non avere paura, ti cureremo.» Non importava che il piccolo giapponese non capisse una parola d'inglese. Il tono della voce poteva fare miracoli. Diede qualche secondo a Katsuko perché potesse tradurre le parole. Il bimbo sembrava appena cosciente. Forse non capiva che cosa stesse succedendo ed era un brutto segno. Avery inclinò all'indietro la testa del bimbo, sollevò la mascella e inserì il laringoscopio. Vedeva a stento le corde vocali... ancora un momento e gli sarebbe toccato praticare una tracheotomia d'urgenza. Ma per fortuna ebbe il tempo d'inserire il tubo endotracheale e gonfiare il manicotto. Non gli occorsero più di quattro secondi per assicurarlo. A quel punto connesse il sacco all'estremità del tubo e lasciò che 12
l'infermiera si occupasse della respirazione. Una volta fatta questa operazione, si concesse un momento per valutare la situazione. «Dobbiamo portarlo in sala operatoria. Ho bisogno di un apparecchio portatile per le radiografie.» Una donna con una tunica blu si mosse in avanti, spingendo la macchina verso di loro. «Eccolo» annunciò la radiografa sistemando l'apparecchio vicino al bambino. La donna guardò Avery e lui lesse la domanda nel suo sguardo. «Avery Flynn. Comincio ufficialmente domani.» Soddisfatta, la radiografa annuì. «Fra poco avrà la radiografia, dottor Flynn.» «Okay. Potete dirmi che cos'è successo?» Vide i suoi colleghi darsi da fare attorno al bimbo sdraiato sull'altro lettino. La linea piatta sul monitor sembrava prendersi gioco di loro. «Un'esplosione. Molte ferite da corpi penetranti. È accaduto all'esterno di una fabbrica. I bambini stavano giocando in attesa che i genitori finissero il turno.» «Maggiore Henderson» tuonò una voce dall'ingresso del Pronto Soccorso. Tutti si fermarono un attimo, poi ripresero l'attività. Ma la sala era diventata quasi silenziosa. Avery guardò l'uomo in uniforme sulla soglia. Alle sue spalle c'erano tre persone. Il grado era immediatamente riconoscibile, due stelle d'argento. Avery faticò a nascondere il proprio stupore. Non aveva mai visto un Maggiore generale in un Pronto Soccorso. Dimostrava poco più di cinquant'anni ed era molto alto, con le spalle ampie. Che cosa lo aveva condotto 13
là? Certo, un Maggiore generale al comando della base avrebbe voluto essere informato sugli incidenti. Ma Avery non si sarebbe aspettato un intervento personale. Blake alzò lo sguardo senza interrompere le compressioni. «Generale Williams.» L'alto ufficiale lo guardò continuare i tentativi di rianimazione. «Ho sentito che c'è stata un'esplosione. Il suo team ha bisogno di aiuto?» Blake sbirciò Avery. «Ho tutto quello che mi occorre» rispose. «Se la situazione dovesse cambiare, la informerò.» «Vorrei essere aggiornato fra un'ora.» «Sissignore.» Blake annuì, quindi posò le piastre metalliche del defibrillatore sul petto del bimbo. «Attenzione.» Vi fu un breve ronzio. Avery trattenne il fiato e si chinò a raccogliere una maschera d'ossigeno che era caduta sul pavimento. Prima di andarsene, il generale indugiò un momento a guardarlo, poi lasciò la sala. Mentre Avery si raddrizzava, il brusio aumentò subito di volume. Katsuko stava ancora pompando aria, ma fissava la porta. L'infermiere che Avery aveva incontrato poco prima gridò verso la porta: «Le due sale operatorie di emergenza sono aperte. Il bambino dell'elicottero va nella prima. Possiamo portare il nostro nell'altra». Vi fu un momento di silenzio rotto da un leggero bip. Tutti si volsero verso il macchinario che aveva emesso il suono, il monitor dell'altro paziente. Finalmente il cuore dava segni di vita. Avery esitò un attimo quando il medico alzò la te14
sta. Il suo viso esprimeva un immenso sollievo. «Le occorre la sala operatoria?» chiese. Blake scosse la testa. «No, trasferisco il bambino in Terapia Intensiva Pediatrica.» Si accigliò un attimo. «Ha bisogno di aiuto?» Avery scosse la testa. «C'è un chirurgo?» Blake annuì. «Allora sono a posto.» Avery si rivolse nuovamente al personale medico che aveva vicino. «Okay, attivate la perfusione al massimo e controllate la pressione.» Guardò l'infermiera che aveva minacciato di stritolargli la mano. «Tutto bene?» Katsuko stava pompando aria nei polmoni del paziente. Avery notò la sua espressione determinata. Sbirciò la propria camicia macchiata di sangue. Aveva veramente bisogno di cambiarsi. La radiografa tornò nella sala e depose il risultato della lastra sul visore. Non occorreva un genio per identificare il problema. I polmoni di Mahito erano fuori uso a causa della ferita penetrante e l'ossigeno non circolava come doveva. Al limite avrebbe potuto inserire un drenaggio toracico, ma era improbabile che i polmoni tornassero a gonfiarsi mentre erano trafitti da un oggetto acuminato. Avery scosse la testa. «Andiamo, ragazzi. Non riusciremo mai a far funzionare i polmoni di questo bambino se non togliamo la scheggia dal petto. Dov'è la sala operatoria?» «Sbrigatevi, gente!» gridò Katsuko. Pur essendo piccolina, aveva una voce incredibilmente forte e autoritaria. Tutti scattarono all'istante. I monitor furono sconnessi, le bombole di ossigeno spinte sotto il lettino. Avery tenne d'occhio il pazien15
te, ma dopo un momento alzò lo sguardo. Tutti lo stavano fissando in attesa. «Siete pronti?» Otto teste annuirono. «Allora andiamo.» Il percorso nel corridoio fu rapido. La sala operatoria si trovava allo stesso piano. L'infermiere in testa al gruppo passò la carta magnetica nella fessura e le porte si aprirono. Un chirurgo si avvicinò ad Avery e lui gli porse la radiografia. «Esplosione in fabbrica. Il bambino si chiama Mahito, non conosco l'età. Ferita penetrante nel petto, collasso polmonare, intubato, ma afflusso di ossigeno insufficiente.» Accennò al monitor. «Due perfusioni, tachicardico a uno-sessanta, ipoteso. Pressione settanta-quarantacinque.» Lo staff della sala operatoria sostituì quello del Pronto Soccorso e una donna prese il sacco dalle mani di Katsuko. L'infermiera lasciò subito la sala. Era la prima volta che Avery la vedeva cedere le proprie mansioni a qualcun altro. Il lettino fu spinto avanti mentre il chirurgo impartiva ordini. Avery si guardò le mani chiazzate di sangue. Ora Mahito non dipendeva più da lui. Il resto dello staff si volse e tornò verso le porte scorrevoli. Katsuko incrociò le braccia e fissò le mani di Avery. «Se torna nel mio reparto e tocca un paziente senza lavarsi le mani e mettersi i guanti, giuro che le farò rapporto.» Aveva uno strano accento, in parte giapponese, in parte americano. Ma il suo inglese era impeccabile. «Quanto a questo...» Alzò la mano e gli tolse il 16
cappello. Avery se n'era completamente dimenticato. «Chi crede di essere, Indiana Jones?» Lui scoppiò a ridere. «Anch'io sono felice di conoscerti. E chi ha detto che questo è il tuo reparto? Da domani sarà il mio.» Una scintilla le balenò nello sguardo. Sembrava che avesse raccolto una sfida. Lisci e neri, i capelli le incorniciavano perfettamente il viso. Quegli occhi color cioccolato avrebbero potuto metterlo nei guai, pensò Avery di sfuggita. Non si erano ancora presentati correttamente, ma Katsuko era una delle donne più interessanti che avesse mai incontrato. Benché non molto alta, aveva tutte le curve nei posti giusti. Una cosa era sicura: con dodici centimetri in più sarebbe stata una top model. Era strano, di solito Avery aveva un debole per le bionde. Preferibilmente alte. Ma ora le bionde alte erano svanite dalla sua mente. Lei incrociò le braccia al petto e sostenne il suo sguardo. Dalla sua espressione decisa era chiaro che lo stava valutando. Gli rimise il cappello sulla testa, poi si voltò e se ne andò, offrendogli lo spettacolo del suo perfetto fondoschiena. I calzoni dell'uniforme le andavano a pennello. Avery non poté trattenere un sorriso. Scrollò la testa e la seguì, fermandosi al lavabo più vicino per lavarsi le mani. Non ebbe nemmeno il tempo di tirare il fiato. L'allarme suonò di nuovo e un altro lettino fu spinto all'interno del Pronto Soccorso. Stavolta il paziente era adulto. Aveva il viso esangue e rantolava. L'equipaggio dell'ambulanza che l'aveva trasporta17
to fin lì parlò rapidamente in giapponese. Katsuko non batté ciglio, si limitò a tradurre. «Quarant'anni circa, anche lui coinvolto nell'esplosione della fabbrica. Ferite al torace, nessuna penetrante. Sospette fratture delle costole. Livelli di ossigeno scarsi. Si lamenta di dolori al petto ed è tachicardico. Probabile pneumotorace.» Si morsicò il labbro. «Prima il bambino, adesso l'adulto.» Le parole di lei riflettevano i suoi pensieri. Due casi di pneumotorace, ciascuno richiedente un intervento diverso. Durante la loro assenza qualcuno aveva riordinato la sala di rianimazione. Avery prese lo stetoscopio appeso al collo di Katsuko. «Ehi!» protestò la donna. «Ne ho bisogno. Non sono ancora riuscito a trovare il mio.» Quando il lettino fu portato al centro della sala, Avery auscultò attentamente il petto dell'uomo, poi agitò la mano. «Fatelo sedere e inclinare in avanti, così potrò auscultargli la schiena.» Due infermiere risposero all'istante, sollevando l'uomo per le spalle e aiutandolo a chinarsi. La schiena non mostrava lesioni. Il paziente fu fatto sdraiare di nuovo. La ferita alla trachea era evidente. Un pneumotorace significava aria nella cavità toracica. Probabilmente una costola fratturata aveva trafitto il polmone, permettendo l'accesso dell'aria nello spazio pleurico. Di solito un pneumotorace non minacciava la vita di un paziente a meno che non si verificasse un afflusso d'aria nello spazio pleurico che, aumentando di pressione, avrebbe ridotto l'afflusso di sangue dal cuore. Precisamente quello che era accaduto. «Pneumotorace iperteso.» 18
1763 - Fra le braccia di uno straniero di E. Forbes Per dimenticare la fine del suo matrimonio, Luci decide di partecipare a uno scambio di abitazione, trasferendosi a Sydney per otto settimane. Nella nuova casa si aspetta di trovare quella serenità che le è mancata negli ultimi tempi... non certo un sexy straniero in camera da letto! LO SCAMBIO DI NATALE 1764 - Scintille in corsia di S. Wilson Il dottor Avery, medico militare di stanza a Tokyo, non sa resistere al fascino dell'infermiera Katsuko, soprannominata Fuoco d'Artificio per il suo carattere ribelle. Il loro rapporto non tarda a fare scintille, finché Avery si rende conto che l'unico modo per aiutare la donna di cui si è innamorato, è lasciarla. 1765 - Seduzione francese di K. Baine Da "mai più" a "per sempre"... in sei settimane! La specializzanda Lola Roberts ha finalmente rimesso in sesto la propria vita e non ha intenzione di rovinare tutto il suo primo giorno di lavoro. Ma non ha fatto i conti con il suo capo francese, il dottor Henri Benoit, la più grande distrazione che abbia mai conosciuto! 1766 - Una famiglia per Natale di L. Heaton Sydney: Ho deciso che non avrei più festeggiato il Natale. Ma l'arrivo in città di Nathan, un affascinante medico, e della sua figlioletta mi costringe a fare i conti con il passato. Nathan. Più tempo trascorro con Sydney e più mi convinco che lei sia la donna giusta per me, per creare una nuova famiglia.
Dal 19 dicembre
1767 - In vacanza col dottore di A. Andrews L'infermiera Felicity sta finalmente facendo il viaggio che sogna da una vita. Il dottor Callum sta fuggendo da un presente difficile da accettare. Nessuno dei due è alla ricerca di un'avventura, eppure la passione irrompe nel vagone del treno di lusso su cui stanno viaggiando. LO SCAMBIO DI NATALE 1768 - Intrigo in corsia di C. Marinelli Una notte fra le sue braccia e Holly non ha alcun dubbio: il dottor Daniel è l'uomo della sua vita. Peccato che lui non la pensi allo stesso modo. Daniel è infatti un playboy convinto, innamorato della propria libertà. Per convincerlo a concederle una chance, Holly ha bisogno di un piano. 1769 - Fidanzati a Natale di S. Carlisle La dottoressa Ellen Cox è volata in Sud America per liberarsi dalle catene di una vita noiosa e troppo prevedibile, ma non avrebbe mai immaginato di sostituirle con quelle ben più pericolose del desiderio per il suo nuovo, misterioso capo, il dottor Chance Freeman. 1770 - Il dono più bello di E. Forbes Jess: Sette anni dopo aver perso la testa per un ragazzo australiano e aver concepito la nostra bambina, sono tornata al Moose Ridge Ski Resort, dove tutto è cominciato. Lucas: Non ho mai dimenticato Jess e rincontrarla nei luoghi che hanno visto nascere il nostro amore, mi destabilizza.
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