CARRIE LOFTY
Inconfessabili desideri
1 Granducato di Salisburgo, gennaio 1804 Arie De Voss fletté le dita e ruotò le spalle per sciogliere la tensione che gl'irrigidiva i muscoli. Il vento, scendendo lungo le pareti scoscese del Mönchsberg, sibilava, incuneandosi tra le file di edifici alti e stretti della città. Le folate erano così rabbiose che dovette tenere stretto il cappello perché non volasse via. Attorno a lui risuonava un frastuono di voci e di risate. Se qualche curioso aveva notato l'ingorgo del traffico lungo la Kaigasse, non ci faceva grande attenzione. Il ballo dei Visconti Venner, il primo di Fasching, il periodo del Carnevale, calamitava l'attenzione della città. Preparandosi come se dovesse combattere, Arie raddrizzò la schiena e sistemò il bavero del cappotto. Quando i membri delle famiglie più importanti l'avrebbero guardato con l'indifferenza che si riserva a un musicista da strapazzo, avrebbe sorriso. Quando gli ignoranti gli avrebbero fatto i complimenti per dimostrare d'essere degli intenditori di musica, avrebbe annuito. E quando, come gli succedeva sempre, la sua tolleranza si fosse esaurita, avrebbe bevuto uno sherry, sorridendo, e avrebbe mentito fino al termine della serata. 5
Arie era convinto che le bugie fossero indispensabili perché aprivano la porta di tutti i palcoscenici. La sua menzogna più grave, e cioè che fosse stato lui a comporre Amore e Libertà, era alla base della sua carriera. Una morsa di paura gli serrò il petto. Un giorno qualcuno avrebbe scoperto la verità. Fino a quel momento avrebbe continuato a fare quello che la società gli richiedeva: comporre e suonare. «Perdonatemi, Herr De Voss.» All'ingresso della dimora di città dei Venner, un valletto imparruccato si esibì in un inchino. «Il mio nome è Oliver. Il Visconte Venner desidera che vi assista. Volete affidarmi il vostro cappello e il mantello?» Un mormorio si levò tra gl'invitati che si attardavano nell'ampio ingresso e i loro sguardi avidi fissarono il nuovo venuto con tale impudenza da scatenare la sua ira. Ostentando un'aria indifferente, Arie si tolse il mantello. «Signore, il visconte desidera incontrarvi prima che vi uniate agli ospiti.» «Certo.» La livrea, la parrucca e il comportamento di Oliver erano identici a quelli degli altri valletti. Arie tenne lo sguardo fisso sulla testa incipriata attraverso un dedalo di corridoi e due rampe di scale per evitare di perderlo di vista e scambiarlo con un suo simile. Appena entrarono in una sala da fumo le cui pareti erano rivestite di damasco, il valletto si fece da parte. «Visconte Venner, stimatissimo gentiluomo, vi presento Herr De Voss.» Arie piegò il busto. «Sono onorato.» Christoph, Visconte Venner, gli restituì l'inchino. I suoi modi educati non rivelavano né entusiasmo né disprezzo. «È 6
un piacere conoscervi, maestro. La vostra presenza ci onora.» «Il vostro invito e la vostra protezione mi lusingano» rispose Arie. Le origini olandesi conferivano al suo tedesco un leggero accento che anni di sforzi non erano riusciti a eliminare e che il nervosismo tendeva ad accentuare. Entro poco tempo, dopo la presentazione a decine di burocrati, di nobili e di signorotti, la sua testa sarebbe stata affollata di nomi sconosciuti. Venner indicò le doppie porte che immettevano nel salone da ballo. «Ci stavamo preparando per unirci alla festa. Le signore non ci permetteranno di isolarci per sempre.» «Certamente» convenne Arie, accettando un bicchiere di sherry e affrettandosi a berne un sorso. «Di recente abbiamo comprato un pianoforte da Broadwood & Sons che credo riceverà la vostra approvazione. Il vostro amico Michael Haydn, il Kapellmeister, lo ha definito lo strumento migliore di Salisburgo...» «Vi ringrazio per l'opportunità che mi offrite, visconte. Dovete nutrire un grande apprezzamento per la musica per importare uno strumento così bello.» «Niente affatto» rispose Venner. «Non ho né pazienza né un amore particolare per le arti, che sono invece il dominio di mia moglie.» L'estrema sincerità di quella risposta diede ad Arie l'entusiasmo che gli era mancato fino a quel momento, ispirandogli il desiderio di compiacere il nuovo mecenate, se non altro per ripagarlo di tanta schiettezza. Ma quel sentimento durò poco. Durante la sua carriera politica, Venner aveva affinato la sua tecnica di abile affabulatore. Arie non gl'invidiava la capacità di manipolare la gente, soprattutto non voleva essere manipolato. 7
«Attendo le vostre direttive» dichiarò, tornando a inchinarsi. Quando entrarono nel salone, dovette affrontare la paura della marea di persone in attesa. Ma l'aspettava altresì la possibilità di suonare un Broadwood, una tentazione a cui decise di non resistere. Al diavolo i sicofanti dalla doppia faccia. Poi, preso dal terrore di non riuscire a mantenere un comportamento civile, bevve un altro sherry. Mathilda Haidel osservò la splendida riunione dei cittadini più influenti di Salisburgo e, avvicinandosi alla Viscontessa Venner, le parlò a voce bassa. «Abbiamo ottenuto un successo?» «Per ora non è accaduta alcuna calamità» rispose Ingrid. «Se supereremo indenni questa serata, sarà grazie alla tua capacità organizzativa. Devo ringraziarti, carissima.» Studiando la sua compagna per cogliere un segno di tensione, Mathilda non poté esimersi dall'ammirarne la grazia e la risolutezza. Nonostante la crisi di nervi che poche ore prima ne aveva alterato l'umore, appariva un'ospite perfetta. La sua chioma castana, resistente ai trattamenti di bellezza e alle acconciature elaborate, era luminosa. Mathilda sorrise. «Le tue costanti richieste mi impediscono di annoiarmi. Mi domando solo che cosa farò domani, quando il nostro programma sarà concluso.» «Comincia i preparativi per il May Day.» «È un modo per dimostrarmi che continuerò a essere utile ai Venner?» «Perché lo domandi?» «Vivo qui da quando ti sei sposata.» Mathilda osservò le coppie che ballavano al ritmo vivace di una contredanse. 8
«Suppongo che tuo marito abbia accennato a una mia eventuale partenza.» «Non ha mai detto una cosa simile» protestò Ingrid, ma il suo sorriso incerto rivelò la verità. «Sa quanto tengo a te. Rimarrai qui finché ti risposerai.» Mathilda abbassò lo sguardo sull'abito da lutto. Il violento contrasto tra le guarnizioni chiare e il tessuto nero gridava al mondo che suo marito era morto ingiustamente. Per trovare un po' di pace, doveva sottrarsi agli sguardi curiosi, attratti dalle sue guarnizioni sgargianti, e a quelli colmi di pietà. «Non scherzare, Ingrid. Sai che almeno per molti mesi non potrò rimaritarmi.» «Ma tu ci hai aiutato enormemente. Posso almeno trovarti un partner per ballare.» «Non posso neppure ballare.» «Ancora? Padre Holtz è irragionevole. Alle vedove di guerra si richiede un anno di lutto e anche queste limitazioni vengono ignorate se hanno abbastanza soldi.» Le dita di Mathilda, calzate in guanti di capretto nero, giocherellarono con la sua Fraiskette poi, rendendosi conto che quell'abitudine era dovuta al nervosismo, infilò dentro il corpetto il prezioso amuleto d'ambra. «Vuole solo essere sicuro che io rispetti la memoria di Jürgen.» «Lo fai a sufficienza» replicò l'amica. «Dove saresti andata se Christoph non avesse ascoltato le nostre suppliche quando volevi cambiare casa?» «Sarei potuta andare da tuo padre, in campagna, oppure presso le suore a Nonnberg.» «In convento.» Ingrid arricciò il suo piccolo naso. «Se non altro, avresti ripreso a suonare il violino per vincere la noia.» Il motivo per cui non aveva continuato a suonare il violi9
no era l'argomento preferito dell'amica. Mathilda si difese. «Ho le mie ragioni.» «Ja, lo so.» Ingrid alzò le braccia. «Ragioni molto pratiche, come quando decidesti di sposare Jürgen. Ero in disaccordo anche con quelle, se ben ricordi.» «Ricordo.» «La tua pausa è durata abbastanza.» Mathilda sentì pulsare le tempie. «Intendi forzarmi? Devo suonare contro la mia volontà?» «Non esattamente.» La gentildonna incrociò le braccia sotto il seno. «Che cosa nascondi?» «Congratulazioni, meine Liebe» mormorò una voce maschile. Immerse nella loro pacata discussione le due donne trasalirono nell'udire i complimenti di Venner. Mathilda avrebbe voluto trascinare l'amica da un lato per interrogarla, ma rimase in silenzio mentre Ingrid approfittava dell'arrivo del marito per rivolgersi a lui, evitando di rispondere. «Il successo che abbiamo ottenuto questa sera lo si deve a Frau Haidel» affermò. «Non sei d'accordo?» Gli occhi di Venner tradivano la stanchezza dovuta alle responsabilità, tuttavia l'espressione rimase pensierosa e aperta. L'elegante abito nero e il panciotto dorato accentuavano la sfumatura rossa dei capelli corti. «Ciò che mia moglie vuole» dichiarò inchinandosi leggermente, «è che io insista affinché restiate quanto desiderate. E potete farlo.» Mathilda allontanò il pensiero dei probabili maneggi di Ingrid e sorrise. «Grazie. Ma applaudite prematuramente il nostro successo. Le matrone più conservatrici troveranno qualcosa da ridire sulla nostra scelta della musica. Lo fanno sempre.» 10
Ingrid sbuffò. «Vecchie galline.» Venner ridacchiò e si riservò di ripetere quelle parole al circolo degli amici intimi. «Concordo, Frau Haidel. Il loro maggiore disappunto si manifesterà quando suonerà Herr De Voss.» Mathilda sentì rizzare i capelli sulla nuca. «Chi?» «Il maestro.» Alzando lo sguardo sopra la testa delle sue compagne, scrutò con discrezione la sala. «È arrivato trenta minuti fa.» «Herr De Voss? Arie De Voss, il compositore di Delft?» «Frau Haidel, le eccentricità degli artisti mi sconcertano. Lo sapete. Chiedete a Ingrid i dettagli. Dopotutto è stata lei a invitarlo.» Esterrefatta, Mathilda si voltò verso l'amica. «Che cosa hai fatto?» «La sua esibizione darà lustro alla serata» fu la replica, accompagnata da un sorriso. Mathilda chiuse gli occhi mentre una melodia e un ricordo danzavano nella sua mente. Arie De Voss. Gli appassionati di musica del Continente lo definivano un prodigio, un pianista compositore in grado di rivaleggiare con i migliori d'Europa. Il suo nome, unito alla musica, echeggiò nel suo folle cuore. Un incantesimo. Un'ossessione che apparteneva a una parte di lei che per anni aveva cercato di negare. «Frau Haidel, vi sentite bene?» L'ansia di Venner la strappò dall'incantesimo e Mathilda lanciò a Ingrid uno sguardo spazientito. «E non hai pensato di dirmelo?» «Dovresti indignarti più spesso, mia cara. Sei molto attraente.» «Non voglio essere attraente. Voglio sapere perché Arie 11
De Voss è qui, al vostro ballo, senza che io ne sia stata informata.» «De Voss è un misantropo noto. Sebbene abbia accettato il mio invito, non ero sicura che sarebbe venuto. Non volevo parlartene senza saperlo con certezza. E... ebbene, volevo farti una sorpresa.» «Ci sei riuscita.» Ingrid corrugò la fronte. «So che sei una grande ammiratrice del lavoro del maestro. Credevo che saresti stata contenta.» Venner la stava scrutando e lo stupore che lesse sul suo viso indusse Mathilda a controllarsi. Quelle due persone non avrebbero mai capito che cosa De Voss e la sua musica significassero. Nemmeno lei stessa riusciva a comprendere la natura dei propri sentimenti, quella malia che viveva come una colpa vergognosa. L'arrivo al ballo di un amante illecito, se fosse esistito, l'avrebbe imbarazzata di meno. Se non altro, prendere un amante presupponeva un vero contatto fisico, non l'inconsistenza di un sogno. Una donna normale non sarebbe stata ossessionata da un uomo che non aveva mai incontrato. Non avrebbe privilegiato una mera fantasia rispetto alla serenità di tutti i giorni. No, una donna normale sarebbe stata semplicemente compiaciuta. «Mi scuso, carissima. Grazie d'aver pensato a me» rispose, schiarendosi la voce. «Io... sono contenta.» «Bene» approvò Venner. «Vado a cercare De Voss per presentarvelo.» E avendo perso ogni interesse per l'argomento, si allontanò in fretta. Tra le due amiche passò una conversazione silenziosa, finché Ingrid cedette e abbracciò Mathilda con affetto. «Potrai ascoltarlo suonare di nuovo!» 12
«Non riesco a credere che sia qui. Come hai fatto a convincere Venner a invitarlo?» Ingrid nascose un sorriso. «Oliver è il suo valletto personale.» «Ah.» L'azzimato, educato Oliver Doeger, nativo come il suo padrone di Anhalt, era il dipendente più leale di Venner, un miscuglio tra un ottimo servitore e una guardia del corpo. Il padrone di casa lasciava poco al caso, soprattutto se temeva che uno dei suoi ospiti dalla dubbia reputazione potesse comportarsi male. Sulle labbra di Mathilda apparve un sorriso ammirato. Ingrid era piena di tatto tra le mura domestiche, come suo marito lo era tra i politici. «Ben fatto, Ingrid.» «Un vero colpo di genio. Andiamo e sii allegra.» Lei annuì, ma la sua parte più razionale, quella che l'aveva aiutata a crearsi un'esistenza tranquilla, protestava contro l'idea di manifestare a De Voss la propria ammirazione. Perché sapere di essere insieme a lui in quella stanza immensa le toglieva il respiro? Un accordo musicale le vibrò nel cervello. Poi un altro. E un altro ancora. La sua sinfonia. Amore e Libertà. Desiderio e curiosità resero le sue ragionevoli intenzioni una prigione soffocante. Quali vantaggi potevano derivare dal vederlo? O dall'ascoltare la sua esecuzione? Dopotutto non stava per riprendere in mano il violino. La musica era stata la perdizione di sua madre, la sua tentazione, la sua debolezza e lei non intendeva seguirla fino al decesso prematuro. Ripreso il controllo, aspettò il ritorno di Venner, osservando la scena con occhio esperto. L'immenso salone da bal13
lo, pieno di calore e di gente, sfidava i rigori invernali e induceva tutti ad accantonare la preoccupazione per la guerra in fase di stallo. Sei massicci candelabri diffondevano la luce nella sala e facevano brillare i gioielli delle dame. Ingrid le afferrò una mano e indicò lo scalone principale. «Ecco. Christoph l'ha trovato.» Il clamore svanì, la folla parve dissolversi. Mentre Venner gli parlava, De Voss teneva la testa abbassata come se stesse riflettendo. Mathilda lo divorò sfacciatamente con gli occhi. I suoi capelli chiari erano corti e un po' troppo scarmigliati. Abbigliato in modo formale, l'uomo irradiava arroganza sebbene la sua posa pensierosa tradisse una certa vulnerabilità. Era maturato ed era ancora più bello. Mathilda trattenne il fiato. Le sembrava d'avere di nuovo sedici anni, una ragazzina inesperta e senza un passato. Com'era possibile che sei anni svanissero con tanta facilità? Voleva che lui alzasse la testa, che la guardasse, che la vedesse. Alla fine il maestro lo fece e il cuore di Mathilda si fermò un attimo, e poi prese a battere velocemente.
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