Sed40 rivelazioni scnadalose

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Julianne MacLean, autrice di numerosi bestseller, firma la serie

˜ I RIBELLI DELLE HIGHLANDS˜ Hanno giurato di difendere la loro patria e di proteggere le donne che amano. “Un romanzo suggestivo e accattivante, impossibile farne a meno.” Teresa Medeiros, NYT Bestselling author

“Così reale da farmi sentire il freddo vento scozzese sulla pelle.” Goodreads

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Le autrici che fanno emozionare il mondo

Nuovo look! Dicono che perdonare sia divino. Ma nessuno hai mai avuto veramente a che fare con te.

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Dakota Cassidy firma il primo romanzo della splendida trilogia, Call Girls.

Per portare a termine un’ importante indagine, Margo Peterson, tenente di polizia e l’affascinante Dashiel Riske, dovranno lavorare fianco a fianco, sebbene ciò significhi mettere a rischio il loro cuore.

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EILEEN DREYER

Rivelazioni scandalose


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Barely a Lady Forever - Hachette Book Group, Inc., NY © 2010 Eileen Dreyer This edition published by arrangement with Grand Central Publishing, New York, New York, USA. All rights reserved. Traduzione di Mariangela Latorre Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Storici Seduction aprile 2015 Questo volume è stato stampato nel marzo 2015 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644 Periodico mensile n. 40 del 22/04/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo

Charleroi, Belgio L'alba del 15 giugno, 1815 Gli ci sarebbe voluto un miracolo per uscirne vivo, ma era da un pezzo che aveva esaurito la sua dose personale di miracoli. Riscaldandosi le mani su una gamella di caffè, si concesse un attimo per osservare l'ambiente. La piana di Charleroi si stendeva dinanzi a lui, simile a una trapunta verde e dorata. L'alba tingeva il cielo estivo di un giallo acquoso e il fumo di cento cannoni si attorcigliava nella nebbia mattutina. Regnava il silenzio, ma il campo di battaglia brulicava di attività . L'aria puzzava di cordite, cavalli sudati e uomini sporchi. I soldati si preparavano alla battaglia, spegnevano i falò, controllavano le armi. Il paesaggio collinare risuonava dell'eco delle spade levigate, dei nitriti nervosi dei cavalli, del clamore aspro degli ordini. Attorno a lui, gli uomini si spogliavano di tutto ciò di cui non avrebbero avuto bisogno, scambiandosi battute grevi per infondersi coraggio. Nessuno badava a lui, fermo accanto a uno dei fuochi ormai estinti. Era solo un ufficiale come tanti che si concedeva 5


una fumatina veloce prima della chiamata alle armi. Eccola, dunque, la battaglia finale per l'Europa. Come diavolo aveva fatto a finire lì? Non desiderava altro che tornare a Bruxelles, lui. Aveva una missione da portare a termine, un dono finale da consegnare, e tra lui e il successo non si frapponeva altro se non due eserciti che si preparavano a scontrarsi come bestie immani. Se fosse stato un uomo diverso, in un momento diverso, magari si sarebbe fermato a offrire la vita sull'altare del patriottismo. Ma non era quel tipo d'uomo, lui. Aveva commesso fin troppi peccati, per arrivare al punto in cui era, e non poteva certo permettere di farsi arrestare proprio adesso. Doveva raggiungere Bruxelles. E una volta concluso il suo compito laggiù, doveva tornare a casa, in Inghilterra. Lo doveva a tutti coloro che si era lasciato alle spalle. Lo doveva a quelli che lo aspettavano. E soprattutto, lo doveva a se stesso. Era arrivato il momento di rispondere a vecchie domande, e per riuscirci doveva affrontare il passato, chiarire finalmente le cose con Livvie e Gervaise. Doveva sistemare la situazione con la sua famiglia. Doveva trovare finalmente vendetta. Già, pensò spegnendo il sigaro che stava fumando. Era per quello che avrebbe continuato a vivere. Per vendicarsi. Fischi laceranti risuonavano lungo tutta la fila. Gli uomini si raccoglievano nelle colonne che avevano terrorizzato un Continente. Rinfoderando la spada, controllò la pistola e la riserva di polvere da sparo, quindi raccolse il moschetto che avrebbe provveduto a ricaricare in corsa. Era solo nel caos, cercava un modo per evitare tutto quell'orrore. Un giovane soldato gli si parò dinanzi facendogli il saluto. «Mon Capitaine. Il nemico è in vista.» 6


Guardò il ragazzo e gli venne da ridere. Era una tragedia o una farsa, quella in cui era rimasto intrappolato? Quel giovane non sapeva neppure cosa fosse un rasoio, tanto pochi erano gli anni sulle sue spalle. «Questa mattina dovremo sgominare il nemico, soldato, ma per voi ho una missione speciale. Siete pronto?» Il giovane si erse in tutta la sua altezza. «Sissignore.» «Bene.» Con un pezzo di carbone, scribacchiò un messaggio su un foglio di carta. «Consegnatelo al furiere, poi restate ai suoi ordini finché non lo avrà completato.» Quali che fossero i peccati che gli gravavano sulla coscienza, non avrebbe mandato quel ragazzino al macello. Non quel giorno, almeno. Il ragazzo guardò accigliato il campo di battaglia, dove nella nebbia si incominciavano a scorgere le uniformi dei nemici. Sembrava perplesso, ma alla fine prese il foglio, scattò sull'attenti per il saluto e si allontanò correndo. Lui attese di vederlo sparire, quindi si sistemò l'uniforme che aveva faticato tanto per avere e si infilò lo shakò sulla testa. «Ci siamo» esclamò estraendo la pistola e rivolgendosi agli altri uomini che gli stavano intorno. «Non siate pecore. Arriva il nemico!» Il reparto si scagliò verso la nebbia. Sulla piana risuonarono le trombe e i tamburi presero a rullare il pas de charge. Migliaia di voci robuste intonarono il canto Vive l'empereur!, quindi la colonna si mosse. La battaglia era incominciata. Lui non aveva altra scelta che combattere. E sperare nel perdono divino.

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Bruxelles GiovedÏ, 15 giugno, 1815. Ore 18:30 Ogni preda comprende il bisogno di nascondersi. Lo comprendeva bene anche Olivia Grace, attenta a tenersi ai margini dell'affollato salone da ballo, simile a una gazzella nei pressi di una pozza d'acqua. La similitudine le strappò un sorriso. Forse aveva letto troppe riviste naturalistiche, però era innegabile che in quella sala i predatori fossero presenti numerosissimi, a cominciare dalle madri aggressive che sorvegliavano le giovani figliole. Fortunatamente Olivia era al riparo dai loro sguardi, camuffata in un pratico abito di bambagina grigia, una delle tante, anonime dame di compagnia che fungevano da chaperone mentre le loro protette danzavano. La sala da ballo, una rimessa per carrozze riadattata, accanto alla casa del Duca di Richmond, era piena fino a scoppiare. Soldati in uniforme rossa danzavano con giovani donne ridenti abbigliate in bianco. Vedove dallo sguardo attento sparlavano le une delle altre, mentre signori in abiti civili si intrattenevano ai bordi della pista da ballo per discutere della battaglia imminente. Olivia aveva avuto il privilegio di vedere il Duca di Wellington in persona entrare nella sala. 8


Era come se tutta Londra si fosse trasferita a Bruxelles, in quegli ultimi mesi. I militari erano arrivati per rispondere alle minacce di Napoleone. Olivia aveva già individuato i ragazzi Lennox, i figli del Duca di Richmond e il giovane Lord Hay in uniforme scarlatta. William Ponsonby, d'altro canto, indossava il verde dei Dragoni, mentre l'elegantissimo Diccan Hilliard portava il nero dei diplomatici. Con tanti giovanotti papabili in giro, sarebbe stato assurdo se le famiglie della zona avessero trattenuto a casa, in Inghilterra, le giovani figlie speranzose in attesa di un buon partito. Quella sera la padrona di Olivia aveva insistito per accompagnare di persona le sue pollastrelle, lasciando lei libera di godersi lo spettacolo. E lei se lo stava godendo sul serio, ammirando ogni colore e ogni modello per poi parlarne alla sua adorata Georgie, in Inghilterra. «Oh, ecco quel diavolo di Uxbridge» commentò la dama accanto a lei in tono salace. «Che faccia tosta! Presentarsi in pubblico dopo essere fuggito con la cognata di Wellington.» Uxbridge era stato richiamato dall'esilio per condurre la cavalleria nel combattimento imminente. Condottiero brillante e carismatico, gironzolava per la sala con la sgargiante uniforme blu e argento da Ussaro e la casacca foderata di pelliccia gettata sulla spalla. Era davvero mozzafiato. Olivia era così intenta a osservarlo, da dimenticare di stare in guardia. E mentre si protendeva a guardare la dama a cui Uxbridge stava baciando la mano, si vide comparire dinanzi un mare di seta dorata. «Non vi dispiace se mi siedo qui, vero?» Sollevò lo sguardo verso una delle donne più belle che avesse mai visto. Donne del genere non le rivolgevano mai la parola. Per un attimo fu colta dal panico. L'istinto di scansare l'attenzione altrui era duro a morire, ma quella donna non sembrava affatto adirata. Anzi, le sorrideva. «Contrariamente all'opinione popolare» le disse la bellezza 9


con un sorriso cospiratore, «mordo soltanto di rado.» «Io mordo molto più spesso» si ritrovò a rispondere Olivia ricambiandole il sorriso, «ma solo dietro provocazione.» Avrebbe dovuto mordersi la lingua, in verità. La sconosciuta non parve notare il suo sconforto. «Vediamo cosa ci vuole per provocarvi, allora» commentò sedendosi con un grande fruscio di seta. «A mio parere, ci vuole ben più di Jane Lennox che fa gli occhi dolci a Wellington, per movimentare questo ballo.» Olivia si ritrovò a ridere. «Credo che tutti quegli uomini in uniforme rossa non sarebbero d'accordo con voi.» La donna osservò la scena con una lorgnette. «Non ci avevo mai fatto caso, ma questo è il posto adatto per avere tutta la sala sotto controllo.» «Già.» «Avrei dovuto sedermi qui, mentre quei magnifici montanari ballavano. Immagino che non abbiate sbirciato quello che portano sotto il kilt.» «Purtroppo no. E non perché non ci abbia provato.» Continuava a chiedersi come mai una nobildonna così bella si fosse seduta tra le dame di compagnia, soprattutto in considerazione del fatto che al suo arrivo alcune di queste si erano adombrate e si erano affrettate a spostarsi. Mentre si allontanavano, Olivia aveva sentito che due di loro sussurravano la parola prostituta. Di nuovo si oppose all'istinto di nascondersi, ma ormai l'attenzione era definitivamente sulla nuova arrivata. Non sembrava essere più vecchia di Olivia, con i suoi ventiquattro anni. Dall'incarnato delicato come quello di una bambola di porcellana, aveva folti capelli castani adornati di diamanti e un viso ovale che sarebbe sembrato del tutto innocente, se non fosse stato per l'espressione astuta dei meravigliosi occhi verdi. Il suo abito era senza dubbio l'opera di un artista, fatto di infiniti strati di velo dorato che sembravano 10


fluttuare come acqua intorno a un corpetto a malapena rispettabile che lasciava scorgere il décolleté generoso e il lungo collo adornato di diamanti. «Non ho potuto fare a meno di notare che avete osservato con attenzione tutti i presenti» commentò la dama sventagliandosi, «e morivo dalla voglia di sapere cosa ne pensate.» «Pensare?» ripeté istintivamente Olivia. «Oh, io non penso niente. Le dame di compagnia non vengono pagate per pensare.» La sconosciuta rise divertita. «Sapevo che mi sareste piaciuta» commentò. «E ditemi, chi è tra le presenti la signora che beneficia della vostra compagnia?» «Mrs. Bottomly e le sue tre figlie.» Olivia sapeva bene che quel comportamento era da incosciente, che sarebbe bastato un barlume di sospetto per essere riconosciuta e, dunque, distrutta, ma era così bello poter sorridere di nuovo. «Hanno pensato che trascorrere la Stagione a Bruxelles avrebbe potuto avere i suoi vantaggi.» L'altra si girò a osservare l'ossuta matrona vestita in verde che in quel momento, sotto lo sguardo delle sue tre giovani figlie, colpiva con il ventaglio il braccio del rigido Mr. Hilliard. «Vi riferite a quello stormo di civette denutrite che se la prendono con il mio povero Diccan? Santo cielo, mi piacerebbe sapere come hanno fatto a procurarsi un invito.» «Ah, be'» rispose Olivia, «ci è voluta una tempestiva passeggiata lungo la Allée Verte, un'ancor più tempestiva slogatura alla caviglia che ha obbligato la Duchessa di Richmond a caricare Mrs. Bottomly in carrozza, ed eccoci qui.» La giovane donna scosse il capo, incredula. «E perché mai accontentarsi di un semplice ballo? Presentiamola a Nosey. Con una mente come la sua, potrebbe aiutarlo a sbaragliare Napoleone.» «Non ne farebbe niente, a meno che lui non le offrisse tre giovani ufficiali papabili come ricompensa.» 11


«Oh, no. Questo è un crimine che non vorrei mai portarmi sulla coscienza. Temo che Wellington dovrà fare affidamento soltanto sulle sue capacità. E voi?» La giovane dama la osservò sorridendo. «Senza dubbio meritate di meglio che stare al servizio di una simile presuntuosa.» Olivia ricambiò il sorriso. «Raramente la vita presta attenzione a ciò che meritiamo.» Per un attimo l'espressione della sua compagna si fece riflessiva. Poi, altrettanto all'improvviso, si rasserenò. «Almeno ci sono piccole ricompense. Se quella orribile donna avesse abbandonato Bruxelles al pari di tutti coloro che temevano la battaglia, non vi avrei mai conosciuta.» Poi, distogliendo di colpo lo sguardo, si raddrizzò. «Grace!» chiamò agitando in aria il ventaglio. «Da questa parte!» Olivia vide una giovane dai capelli rossi girarsi verso di loro, poi avviarsi zoppicando nella loro direzione. Indossava un modesto abito grigio, molto simile al suo, che non faceva nulla per nascondere il pallore del viso. Olivia accennò ad alzarsi per offrirle il suo posto, ma la sua compagna la trattenne. «Grace, mia cara, cosa hai saputo?» La ragazza si fermò davanti a loro e si abbassò in un inchino. «È giunta la notizia, Vostra Grazia. Il combattimento a Charleroi è incominciato.» Vostra Grazia? Oh, cielo! Cosa aveva combinato? Olivia si sentì sbiancare. Cercò con lo sguardo Mrs. Bottomly e le figlie, ma non le trovò. Molti ufficiali si aggiravano incerti tra la folla, le ragazze da marito si torcevano le mani e parlavano in tono ansioso. Lo stesso Wellington parlava con il Duca di Richmond, ed entrambi avevano un'aria preoccupata. Era incominciata, dunque. La grande battaglia che tutti aspettavano da settimane era iniziata. Olivia avvertì un colpe12


vole senso di sollievo. Finalmente sarebbe tornata a essere invisibile. «Ah, dunque» commentò la duchessa alzandosi. «A quanto pare il tempo delle frivolezze è terminato. Noblesse oblige. Ma prima di andar via, Grace, venite a conoscere la mia nuova amica.» Olivia si alzò e si stupì nel constatare che la duchessa le arrivava soltanto alle spalle. E dire che lei stessa era di media altezza. «Mi spiace di non avere avuto più tempo per chiacchierare» le disse la nobildonna con un sorriso malizioso. «Avremmo sparlato di tutti i presenti, sapete?» Olivia si inchinò. «È stato un piacere, Vostra Grazia.» «Mia cara, mi rendo conto adesso che non ci siamo neppure presentate. Incomincio io. Per tutti i miei peccati, io sono Dolores Catherine Anne Hilliard Seaton, Duchessa Vedova di Murther.» Detto questo, agitò con pompa una mano. «Potete rispondere con uguale gravità, se lo ritenete.» Olivia rispose con una riverenza decisamente formale. «Mrs. Olivia Grace, Vostra Grazia.» «Oh, cielo! Sembra un gioco di parole. Grace, grazia. E io sono Vostra Grazia. E poi, naturalmente, c'è anche la mia Grace, che è una grazia in tutti i sensi.» Appoggiò la mano sul braccio della giovane dai capelli rossi. «Presentatevi, mia cara, così l'ironia sarà completa.» Con un sorriso che le addolcì il viso magrissimo, la rossa si inchinò a sua volta. «Miss Grace Fairchild, signora.» «Grace è la figlia di un generale pluridecorato della Guardia» aggiunse la duchessa. «Il generale Sir Hillary Fairchild. Grace è una di quelle donne indomite che hanno trascorso la vita al seguito degli eserciti pur di seguire i loro cari. Sa come cavarsela in ogni situazione, lei.» Olivia fece una riverenza. Le piaceva quella giovane semplice, le piacevano i suoi gentili occhi grigi. «Sono felicissima 13


di fare la vostra conoscenza, Miss Fairchild.» «Vi prego, chiamatemi Grace.» «E io sono Kate» precisò la giovane duchessa. «Lady Kate, se troppa familiarità vi mette in imbarazzo. Ma mai duchessa, né Vostra Grazia. Non è così che si chiamano le amiche. E noi siamo amiche, vero?» «Ne sarei felicissima» rispose Olivia. «E vi prego, chiamate per nome anche me.» «Ci vediamo più tardi da Madame de Rebaucour, Olivia?» le chiese Grace Fairchild. «Sta coordinando le donne della città per prepararsi a ricevere i feriti.» «Se la mia padrona me lo consentirà, sarò felice di raggiungervi» rispose lei, continuando a guardarsi intorno alla ricerca di Mrs. Bottomly. «Oh, sono certa che acconsentirà» sentenziò con un sorrisetto malizioso Kate. «Ditele che siete al seguito di una duchessa e avrete subito il suo permesso. Daremo tutte una mano, come fanno le vere eroine.» «Per rovinarvi quelle splendide manine bianche?» risuonò una voce maschile alle spalle di Olivia. Lei raggelò. «Sono le uniche mani che ho» replicò intanto Lady Kate, «quindi credo che dovranno adattarsi alla situazione.» Olivia non riusciva a muoversi. Sapeva che si sarebbe dovuta girare verso l'uomo col quale stava parlando Lady Kate, ma era paralizzata dal terrore. Non era lui. Non poteva essere lui. Gli era sfuggita, si era nascosta così bene da dimenticarsi perfino della sua esistenza. E adesso quella voce... quella voce... Ma no! Forse era soltanto qualcuno con una voce che assomigliava alla sua. Olivia avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi per scacciarlo. Se non lo vedo, è come se non ci fosse. Purtroppo sapeva che non era così facile. Poteva respingere 14


la verità, ma il suo corpo lo aveva già riconosciuto. Il cuore le martellava nel petto, le sudavano le mani e di colpo non riusciva più a respirare. Non aveva scampo. Così fece ciò che avrebbe fatto un animale in trappola. Si girò ad affrontare la minaccia. E si ritrovò di fronte a uno degli uomini più belli che Dio avesse mai creato, un vero aristocratico dai capelli biondissimi e dagli occhi azzurri, il naso leggermente aquilino e un filo più basso di sei piedi. Sorrideva malizioso alla duchessa, che sembrava deliziata da quel sorriso. Una volta Olivia si era illusa che quell'aspetto angelico riflettesse un animo altrettanto nobile. Non avrebbe mai più ripetuto quell'errore. «Caro Gervaise» stava dicendo Lady Kate sorridendo, «quanta persistente, quanto vana sollecitudine da parte vostra, nell'illudervi che io sia un fragile fiorellino.» Il ghigno di lui era disarmante, la sua voce soave come musica. «Mi ritengo debitamente redarguito, milady. Ma che farete, quando la bellezza che vi esorto a conservare sarà svanita?» Lady Kate rise ancora. «Non me ne preoccupo, Gervaise. Lascio a voi il compito di portare la torcia della perfezione naturale.» Gervaise si chinò a baciare la mano a Lady Kate, ma di colpo si ritrovò a guardare Olivia. Probabilmente fu solo lei a cogliere la sorpresa che gli saettò negli occhi, poi il guizzo di trionfo. Che stupida era stata! Si era nascosta dallo sguardo delle ricche matrone, ma non aveva fatto caso alla vipera che si era celata accanto a lei per tutta la serata. «Si direbbe che io sia arrivato appena in tempo» commentò Gervaise raddrizzandosi, «altrimenti non vi avrei più trovate. Conosco Miss Fairchild, naturalmente, ma chi è costei?» «Inchinatevi a Mrs. Olivia Grace, Gervaise» rispose Lady 15


Kate. «Olivia, vi presento Mr. Gervaise Armiston, che sta per accompagnarmi alla porta affinché io possa andare a prendermi cura dei nostri valorosi soldati. Io non ho valorosi soldati tutti per me. Ho soltanto Gervaise.» L'uomo sghignazzò bonario e tese il braccio. «Vivo per servirvi, Lady Kate» sentenziò prima di inchinarsi per salutare Olivia. «Mrs. Grace.» Lei inghiottì bile. «Mr. Armiston.» «Ben fatto, Gervaise, ma adesso andiamo, sbrighiamoci. I soldati hanno bisogno di noi. Grace, Olivia... a domani.» La duchessa aveva appena voltato le spalle, che Olivia si sentì cedere le gambe e crollò a sedere «Olivia?» Grace Fairchild la guardò preoccupata. «Vi sentite bene?» Lei sollevò gli occhi, tentando di sopprimere la nausea. All'improvviso dalla strada risuonò il rullo dei tamburi militari, squarciando d'aria, e la Duchessa di Richmond si precipitò in giro per la sala da ballo, esortando gli uomini a restare alla festa almeno fino all'ora di cena. «Ancora un'ora. Un'ora soltanto» diceva. Accanto alla porta, intanto, gli ufficiali facevano la coda per ricevere un bacio d'addio dalla bella Duchessa di Murther. Alcune ragazze piangevano, altre andavano a cena con gli uomini che restavano. E nell'angolo delle dame di compagnia, il mondo di Olivia andava in pezzi. Le tremavano le mani. Doveva avvertire Georgie. Doveva avvertirli tutti. Ma non poteva. Qualsiasi contatto con lei avrebbe condotto Gervaise fino alla sua dimora e questo si sarebbe rivelato fatale. Proprio come era già accaduto in passato. Grace le sfiorò una spalla. «Olivia?» Lei sussultò. «Sto bene» mormorò mentre tentava di rialzarsi. «È ora di andare.» 16


«Ma siete pallida come un cencio. Siete certa di stare bene?» «Sarà stata la notizia della battaglia» rispose cercando di evitare lo sguardo penetrante di Grace. «Vorrei essere come Lady Kate. Guardate, sta facendo ridere tutti gli uomini.» «Già. Lady Kate è una donna stupefacente, non trovate anche voi?» «È una disgraziata» sibilò una delle donne vicine, raccogliendo con quell'insulto i consensi entusiastici di tutte le altre. «Spudorate» commentò di rimando una matrona accanto a loro rivolgendosi a quelle megere, quindi si alzò di scatto per avviarsi verso la porta. Era una donna alta, con un atteggiamento eccezionale e un volto orgoglioso incorniciato da folti capelli bianchi. Ma mentre si dirigeva alla porta, inciampò di colpo e rischiò di cadere lunga distesa. Olivia scattò in piedi per correre ad aiutarla, ma Grace era già lì, accanto a lei. «Cara Lady Bea» la esortò raddrizzandola. «Abbiate cura di voi.» L'anziana signora le accarezzò la guancia. Grace la prese a braccetto per scortarla all'uscita. «È l'accompagnatrice fissa di Lady Kate» confidò a Olivia nel passarle accanto. «Mrs. Grace!» gridò in quel momento Mrs. Bottomly. Le si stava dirigendo incontro come uno sparviero che punti la preda. «Dobbiamo andare.» E Olivia non poté fare altro che seguirla. Vide che Lady Kate le faceva un cenno di saluto con la mano e notò con sgomento che Gervaise non era più al suo fianco. Purtroppo poteva solo immaginare dove fosse. Fuori, ad aspettare lei. E infatti aveva appena mosso pochi passi oltre la sala da ballo, quando lui emerse dalla folla. 17


«Mi siete mancata, Livvie» disse tendendo una mano. «Possiamo incontrarci più tardi?» Non era una richiesta, quella, ma un ordine velato. Olivia sostenne il suo sguardo. «No, Gervaise, non possiamo.» E prima che lui avesse modo di replicare, scese in fretta le scale e sparì tra la folla che si accalcava per strada.

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Tra le braccia di un guerriero JULIANNE MACLEAN SCOZIA, 1716 - La vita di Lady Amelia Templeton sta per cambiare per sempre. Di fronte a lei, ai piedi del suo letto, c'è infatti Duncan MacLean, il guerriero più fiero e spietato del suo clan, nemico giurato degli inglesi. Quella sera si è introdotto a Fort William per vendicarsi di un torto subito e uccidere il fidanzato di Amelia, colonnello dei Dragoni di Sua Maestà. Ma quando la vede, incantevole e sensuale nella sua innocenza, decide che otterrà una più eccitante soddisfazione rapendola e portandola nel suo castello delle Highlands.

Rivelazioni scandalose EILEEN DREYER INGHILTERRA - BELGIO, 1815 - Sono molti i segreti che potrebbero distruggere Olivia Grace. Il più pericoloso di tutti è rappresentato da Jack Wyndham, Conte di Gracechurch, il marito che l'ha lasciata cinque anni prima, tra imbarazzo e disonore, a combattere con ogni mezzo per mantenere la propria rispettabilità. Quando, inaspettatamente, lo rivede tra i feriti della battaglia di Waterloo, Olivia è ancora più allarmata: lui non ricorda nulla degli ultimi cinque anni. E indossa l'uniforme del nemico.


Notte di conquista JULIANNE MACLEAN SCOZIA, 1718 - Bellissima e fiera, Lady Gwendolen sarebbe una moglie perfetta, se non si mostrasse tanto ostinata. Angus MacDonald, però, è un guerriero, abituato a combattere battaglie ben più dure di quelle contro una donzella recalcitrante. Per l'highlander il matrimonio con la nobildonna è essenziale per unire i loro due clan e non vuole rinunciarvi. Conquistare il cuore di Gwendolen, tuttavia, non sarà altrettanto semplice. Notte dopo notte, il tocco di Angus la infiamma. Bacio dopo bacio, la passione cresce, fino a quando il corpo sensuale di lei non può più negare il profondo desiderio che lo infiamma.

Sedotto da una ladra JENNIFER ASHLEY LONDRA - SCOZIA, 1885 - Roberta "Bertie" Frasier entra nella vita dell'avvocato scozzese Sinclair McBride rubandogli l'orologio. E strappandogli un bacio. Sarà per via delle circostanze bizzarre del loro incontro – o per la corrente di desiderio che si percepisce tra loro – ma nessuno dei due riesce a dimenticare l'intrigante momento. Quando, tempo dopo, lei salva i figli di Sinclair da una situazione pericolosa, l'affascinante avvocato le chiede di trasferirsi a casa sua in qualità di governante. Bertie accetta, sicura che riuscirà a insegnare al padrone di casa un paio di scandalose nozioni sull'amore. Dal 10 giugno


I tuoi sogni più hot si stanno per avverare…

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