Seduzione francese

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KARIN BAINE

Seduzione francese


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: French Fling to Forever Harlequin Mills & Boon Medical Romance © 2015 Karin Baine Traduzione di Monica D'Alessandro Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Bianca novembre 2017 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY SERIE BIANCA ISSN 1122 - 5420 Periodico settimanale n. 1765 del 21/11/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 377 dello 09/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 Lola bevve un sorso di tè e fece del suo meglio per ignorare le varie fonti di ansia che si contendevano spazio nella sua testa. Sono all'altezza di questo lavoro? Sarò in grado di prendere decisioni dalle quali dipenderanno la vita o la morte delle persone? Dov'è il bagno? Oltre il bordo della sua tazza, un mare di camici blu riempiva la mensa. Le risate e le chiacchiere dei suoi nuovi colleghi contribuivano poco a confortarla. Sembravano così a loro agio, sicuri di sé nel loro ambiente. Era certa di essere l'unica dottoressa al primo anno con un nodo allo stomaco. Nonostante si fosse ripromessa che il suo nuovo lavoro al Belfast Community Hospital sarebbe stato un altro passo verso l'indipendenza, era tentata di mettersi a correre. Fino a poco tempo prima aveva sempre avuto vicino i suoi fratelli, per rassicurarla e prenderla per mano quando ne aveva avuto bisogno. Era stata una sua idea andarsene di casa dopo la laurea in medicina, anche se non era sicura che traslocare dall'altra parte della città per condividere l'appartamento con la sua migliore amica potesse ritenersi un gesto particolarmente coraggioso. 5


In quel momento avrebbe avuto bisogno di uno di quei caldi abbracci che solo un fratello maggiore poteva dare. Quel senso di isolamento non le era estraneo, anzi, lo conosceva molto bene da quando, a quindici anni, tutto il suo mondo era crollato. Persino adesso, dopo quasi dieci anni, Lola non riusciva a scrollarsi di dosso la paranoia che tutti la stessero guardando o giudicando. Trasalì quando il cellulare le suonò in tasca, distogliendola dai suoi ricordi. Non sarebbe stato un bene per lei perdersi in quei pensieri di sofferenza e umiliazione quando nel giro di quindici minuti sarebbe dovuta entrare per la prima volta nel reparto di Pronto Soccorso. Era sicura che ogni paio d'occhi nella stanza si fosse girato nella sua direzione mentre con le mani sudate rovistava per recuperare il telefono. «Ciao, sore'» la salutò dall'altra parte del telefono il più grande dei suoi fratelli maggiori. «Ehm... ciao, Jake.» Se non avesse preso la chiamata, il resto della sua famiglia l'avrebbe di certo perseguitata tutto il giorno, dato che erano stati loro a insistere che si portasse sempre appresso quell'aggeggio rumoroso. Dopo avere abbandonato il caffè, si affrettò in corridoio per evitare ulteriori sguardi di disapprovazione. «Come va?» Jake, senza saperlo, le aveva già messo virtualmente un braccio sulle spalle, per farle capire che non era sola. «Non ho ancora iniziato. Ti chiamo appena arrivo a casa.» Lola sentì salire le lacrime al pensiero che i suoi fratelli la conoscessero abbastanza da prevenire la sua ansia in un ambiente poco familiare. Nonostante il loro interesse a volte eccessivo nei confron6


ti della sua vita privata, non sapeva che cosa avrebbe fatto senza di loro. «Sono nel parcheggio. Ho qualcosa per te.» Jake sembrava così contento che Lola non ebbe il coraggio di declinare il suo invito. Inoltre, un vero abbraccio l'avrebbe aiutata ad affrontare il resto della giornata. «In tal caso, arrivo tra un paio di minuti.» Questa volta non riattaccò e corse lungo i corridoi bianchi per andargli incontro. Le suole basse e di gomma delle sue scarpe scricchiolavano sul pavimento dell'ospedale. Jake, bello come il sole, la stava aspettando nell'area riservata all'ambulanza, per la gioia di tutte le donne che passavano. Tutti e tre i suoi fratelli assomigliavano, nella carnagione scura, al padre, mentre lei era identica alla madre, con i suoi capelli biondi e gli occhi verdi. A volte pensava fosse quella la ragione per cui suo padre aveva preso le distanze da lei. Era un doloroso ricordo della donna che l'aveva abbandonato e l'aveva lasciato solo ad allevare i loro quattro figli. «Sono venuto per augurarti buona fortuna.» Jake l'attirò tra le sue braccia e la lasciò solo quando lei sentì le costole scricchiolare. Le mise tra le mani un pacco sgualcito. «E ti ho portato questo.» «Grazie.» Lola strappò la carta malridotta e scoprì uno stetoscopio nuovo di zecca. Quel gesto gentile non poté fare a meno di farla sorridere. Anche se non aveva ricevuto molto appoggio dai suoi genitori, con la madre che aveva tagliato la corda e il padre preoccupato solo per se stesso, i suoi fratelli avevano 7


sempre cercato di compensare più che potevano. «Te ne abbiamo preso uno rosa... non si sa mai.» Jake rise per quel dettaglio che avrebbero potuto capire solo loro quattro. Per evitare che i suoi fratelli rubassero le sue cose quando erano piccoli, Lola aveva imparato presto a contrassegnare ciò che le apparteneva con colori a prova di maschio. «Grazie. È bellissimo, Jake. Ma devo davvero scappare. Non voglio dare una brutta impressione il primo giorno.» Gli diede un bacio frettoloso sulla guancia e si mise al collo il regalo. «Non c'è problema. Hai ragione.» Un altro abbraccio che le tolse il respiro mise in evidenza il suo totale appoggio, ma Lola fu costretta a divincolarsi perché il tempo passava veloce. Lo salutò e aspettò che se ne andasse prima di ricominciare a correre. Senza fiato, si fermò dietro al gruppo già riunito al Pronto Soccorso. «Che piacere che ti sia unita a noi.» Il tagliente accento francese del nuovo capo richiamò la sua attenzione al di là delle teste dei suoi colleghi. Aveva sentito storie secondo le quali tutte le nuove arrivate si innamoravano dello specializzando francese dell'ultimo anno, e riusciva a capire perché. Henri Benoit era il classico uomo dei sogni: alto, moro e bellissimo. Era un bene che Lola avesse giurato di smettere di frequentare uomini affascinanti. «Mi dispiace. Mio fratello voleva augurarmi buona fortuna.» Anche a se stessa sembrò la scusa di una bambina di cinque anni al suo primo giorno di scuola. Lola si 8


tolse lo stetoscopio dal collo e lo tenne tra le mani. La bellezza di quel regalo si era attenuata di fronte al disprezzo del suo capo. «Bene, dottoressa...» Lui esaminò il suo badge. «... dottoressa Roberts. In futuro puoi lasciare la tua vita personale fuori dalle porte dell'ospedale?» «Non si ripeterà.» Stamparsi un marchio in fronte era l'ultima cosa che una persona timida poteva desiderare. «Bien. Ora che ci siamo tutti vi mostrerò il reparto, prima di lasciarvi da soli.» L'uso della sua madre lingua da parte di Benoit non intimidiva di meno Lola, ma metteva in evidenza gli occhi a cuore, stile cartone animato, delle altre nuove colleghe accanto a lei. Persino gli uomini del gruppo pendevano dalle sue labbra. In circostanze diverse, anche Lola avrebbe sospirato al suono sensuale della voce di un francese in carne e ossa, invece del solito forte accento di Belfast, ma per quanto la riguardava un rimprovero non poteva essere considerato romantico in nessuna lingua. «Queste sono la Sala Rianimazione e la Stazione di Monitoraggio. Sono le stanze per i pazienti in entrata...» Lola fece del suo meglio per assorbire tutte le informazioni con cui li stava bombardando. Non sembrava certo il tipo abituato a ripetersi, e Lola non intendeva attirare altra attenzione su di sé facendogli domande. Un giorno sarebbe andata avanti nella vita come facevano tutti gli altri, senza preoccuparsi di come appariva agli occhi di chi le stava intorno. Ma per adesso sentiva ancora quella vocina crudele che le 9


sussurrava all'orecchio cattiverie sul suo aspetto, dicendole che non era abbastanza brava per stare lì. Persa nei pensieri, si ritrovò al centro del Pronto Soccorso dietro ai suoi colleghi. Quando si avvicinarono al letto di un anziano paziente, Lola all'improvviso si rese conto che tutti la stavano guardando, in attesa. Questa volta non se lo stava affatto immaginando. Henri Benoit incrociò le braccia e alzò un sopracciglio, aspettando chiaramente qualcosa da lei. Lola rimase senza fiato e li guardò con aria assente, chiedendosi cosa avesse fatto di sbagliato questa volta. «Excuse-moi per avere interrotto il tuo sogno a occhi aperti, dottoressa. Bisogna fare un prelievo di sangue a questo paziente e ti stavo chiedendo se volevi essere tanto gentile da farlo tu.» Lola si meritava questa seconda lavata di capo. Aveva lasciato che la mente si allontanasse dal presente per perdersi tra gli ingombranti ricordi del passato. Non avrebbe mai potuto fare carriera come medico se non fosse riuscita a gestire i suoi problemi personali. Con le mani sudate e le gambe che le tremavano, Lola uscì dal suo angolino. «Signore, le farò un prelievo di sangue.» Seguendo la procedura, mantenne il paziente informato su ciò che stava per fare mentre si avvicinava al letto, cercando di tenere sotto controllo la voce che le tremava. Non c'era spazio per l'incertezza nella frenetica routine del Pronto Soccorso e Lola aveva bisogno di un'aria autorevole se sperava di guadagnarsi il rispetto in quell'ambiente. 10


Purtroppo, a quanto pareva era sopraffatta dalla tensione. «Mi dispiace, sembra che io non riesca a trovare una vena adatta...» «Una delle cose principali da ricordare in questi primi giorni è chiedere aiuto quando ce n'è bisogno e non far soffrire un paziente solo per amore del proprio ego. Adesso qui ci penso io.» Tutte le paure di Lola si materializzarono quando il suo capo la utilizzò come esempio negativo per il resto del gruppo. Le mani di Henri Benoit sfiorarono le sue quando prese l'ago e Lola sentì ancora di più lo stomaco sottosopra. Fece un passo indietro per avere un po' più di spazio per respirare. «Fatto.» Con una facilità che suscitò l'invidia di tutti, lui finì il lavoro e mise da parte le provette per il laboratorio. Dopo avere fatto risistemare il paziente, rivolse di nuovo la sua attenzione al gruppo. Anche se Lola aveva la netta sensazione che si stesse rivolgendo soprattutto a lei. «Il miglior modo per imparare è sul campo. Fate, dunque, la conoscenza dell'infermiera di turno e distribuitevi i pazienti tra di voi. Sarò nei dintorni, se avete bisogno di me.» Lola si rilassò. Naturalmente, non appena il dottor Gentilezza se ne fu andato, lei iniziò a essere efficiente come ogni altro membro dello staff. Tutte le procedure successive, dopo la débâcle della mattina, andarono lisce come durante il tirocinio. E in ogni occasione in cui ebbe davvero bisogno di un po' di aiuto si rivolse alle infermiere per assistenza. 11


In ogni caso, non riusciva a scrollarsi di dosso il disappunto, ogni volta che si ricordava di quella colossale brutta figura che aveva fatto davanti al suo capo. Le sembrò che passasse un'eternità prima della conclusione della giornata, ma alla fine il suo turno terminò. Lola indossò di nuovo i suoi abiti borghesi e si avviò dritta verso l'uscita. Alzò il viso verso il cielo, lasciò che la pioggia la bagnasse e lavasse la sua pelle, come se in qualche modo potesse spazzare via tutto ciò che era successo dietro quelle porte. L'ombrello che alla fine fu costretta a tirare fuori si rivelò una protezione insufficiente contro gli elementi naturali. Si piegò varie volte mentre lei si univa alle persone che si dirigevano verso il centro della città. Aveva accettato di uscire con Jules, la sua coinquilina, e dopo quella giornata se lo meritava. La maggior parte delle sere preferiva studiare, ma Jules aveva insistito a volere festeggiare il suo primo turno. Come specializzanda del secondo anno del programma di tirocinio, si era presa l'impegno di istruire Lola su come si svolgesse la vita dell'ospedale dentro e fuori i reparti. «Andremo in un nuovo posto di cui parlano tutte. Un posto in cui ti puoi davvero lasciare andare» le aveva detto Jules, quando le aveva dato l'indirizzo. Per Lola questo era perfino più terrificante che affrontare un altro turno con il suo capo francese. «Nel burlesque, l'importante è stuzzicare, piuttosto che spogliarsi.» L'accento delicato della signorina Angelique attraversò la stanza poco illuminata e raggiunse le orecchie della sua allieva più riluttante. 12


Vedere l'insegnante di burlesque e sentire la sua voce esotica avrebbe dovuto trasportare Lola con la mente in un favoloso locale notturno di Parigi, glamour ed elegante. Purtroppo, il rumore assordante degli autobus e il conseguente odore di gasolio, che proveniva dalla finestra aperta sulla strada, le ricordavano in maniera costante che si trovava invece in una squallida sala da ballo nel centro della città di Belfast. «Da quando l'Irlanda del Nord è diventata un punto di raccolta per la popolazione francese?» bisbigliò Lola a Jules, che adesso riteneva del tutto responsabile del suo cattivo umore. Andare in giro impettita tutta in tiro e mezza svestita, con una dei connazionali di Benoit che le dava degli ordini, non era esattamente il rimedio perfetto per tutto quello che l'affliggeva. «Dimmi di nuovo... perché lo sto facendo?» «Per evitare che tu finisca come quelle donne depresse che hanno soltanto i loro libri per compagnia» rispose Jules, prima che la sua attenzione si rivolgesse di nuovo al palco, dove la signorina Angelique si muoveva in modo seducente seguendo il suono della musica. «Forse non mi dispiacerebbe.» Lola fece il broncio e guardò con invidia mentre l'insegnante mostrava ai presenti come eseguire una danza con enormi code di pavone svolazzanti, non concedendo mai nulla di più di un fugace sguardo al corsetto di seta color avorio che indossava. Quella straordinaria donna francese emanava una sicurezza del suo corpo che Lola poteva soltanto sognarsi. Oh, come le sarebbe piaciuto sperimentare quella libertà di movimento, priva di ogni imbaraz13


zo, anche solo per un po'. Ma Lola pensava che neppure la straordinaria signorina Angelique avrebbe potuto insegnarle ad acquisire consapevolezza della sua sensualità, a prescindere dalla percezione degli altri. A quindici anni, un gruppo di ragazzi crudeli le aveva rubato la possibilità di avere qualunque tipo di fiducia in se stessa. Le loro risate rimbombavano ancora nelle sue orecchie, e poteva vedere le espressioni di scherno delle loro facce sopra di lei, mentre la bloccavano a terra e la privavano della dignità. Era stata un fiore sbocciato in ritardo... non era stato d'aiuto il fatto che aveva dovuto indossare i vestiti di seconda mano dei fratelli e aveva dovuto sfoggiare lo stesso taglio di capelli corti che suo padre aveva imposto ai figli maschi. Ma non avrebbe dovuto dare a nessuno il diritto di insultarla, di mettere in dubbio la sua femminilità, o chiedere prove della sua esistenza. Li odiava per la sofferenza che le avevano procurato... odiava la scuola per non avere posto un freno agli episodi di bullismo prima che si spingessero troppo oltre. E soprattutto odiava se stessa per avere lasciato che accadesse. Una persona più forte li avrebbe respinti prima che potessero spogliarla e umiliarla. Una ragazza più attraente non avrebbe avuto bisogno di farlo. Alla fine si era buttata giù e stava ancora cercando di venirne fuori. «Ora, signore, vi abbiamo già assegnato i rispettivi nomi d'arte per stasera e dobbiamo portare in vita i vostri alter ego. Scegliete i costumi.» Angelique batté le mani per riunire tutte di fronte al palco. Il gruppo si precipitò e tra un coro di wow e un chiacchiericcio carico di eccitazione le altre e14


mersero sfoggiando una vasta gamma di parrucche, cappelli a cilindro e guanti di seta. Lola rabbrividì. Giocare a mettersi in ghingheri non faceva proprio per lei. «Ho l'accessorio perfetto per te, Voluttuosa Lola.» Jules si avvicinò, con nappine da capezzoli piene di paillettes attaccate alla maglietta, e mise un boa di piume rosa shocking al collo dell'amica. «Grazie, Succulenta Jules.» Anche Lola si rivolse alla sua amica con il suo nome burlesque e le solleticò il naso con la punta della sciarpa. Anche se avrebbe preferito buttarsi addosso un soprabito e nascondersi dalla vista altrui, non poteva rifiutarsi di partecipare e deludere così la sua amica. In ogni caso, al primo segno che avrebbe dovuto spogliarsi se ne sarebbe andata subito. Angelique radunò le sue allieve. «Vi mostrerò alcuni passi di base per cominciare. Il primo si chiama milkshake.» Scosse il suo generoso décolleté e incoraggiò le partecipanti a fare lo stesso. «Non ho molto da scuotere» brontolò Lola guardandosi il petto. Tutto questo non la stava aiutando per niente a superare i problemi con il suo corpo. Anche se non sembrava più una bambina piatta di dieci anni, decisamente non avrebbe potuto imitare quel movimento. «Mettete in mostra quello che vi ha dato la natura.» Angelique alzò le braccia di Lola e la fece scuotere. Lola si sforzò a fatica di sorridere, ma dentro moriva di imbarazzo. Quello era il suo peggiore incubo divenuto realtà. «Bene.» Angelique la lasciò andare strizzandole 15


l'occhio. «Adesso, dobbiamo fare muovere anche il sedere. Scuotete quel derrière!» Lola giurò vendetta nei confronti di Jules per averla indotta a fare quei movimenti fuori dalla privacy della sua casa. Strinse i denti e fece finta che scuotere quella parte del suo corpo fosse un bel modo per passare il tempo, nel caso in cui il suo tutor tattile sentisse di nuovo il bisogno di aiutarla. L'unica cosa che le impediva di andarsene era il fatto che erano tutte donne e quindi non era un posto minaccioso dal punto di vista sessuale. Quelle donne erano lì per farsi due risate, e in effetti anche lei poteva riuscire a vedere il lato divertente. Forse quando fosse stata a casa, nascosta e al sicuro da mani francesi pronte ad afferrarla... «Ora sedetevi» le invitò Angelique mentre provavano i passi, ed espresse indignazione quando lo fecero. «Non così. Così.» Fece scivolare una sedia tra le gambe e si sedette a gambe divaricate con un movimento fluido. «Con il sedere contro la parte posteriore della sedia, solleviamo le gambe più che possiamo e ci facciamo scivolare, afferrandoci alle gambe della sedia. È tutta una questione di equilibrio.» Lola sapeva che avrebbe dovuto indossare i pantaloni. Angelique mostrò una serie di movimenti provocanti finché le allieve non si misero a loro volta a cavalcioni sulle sedie come sexy cowgirls. Appena l'iniziale sensazione di disagio di Lola fu passata, e vide che le altre erano troppo occupate per vedere ciò che stava facendo lei, iniziò a rilassarsi. Svuotò la mente da tutti i pensieri negativi e si concentrò sull'essere una brava allieva. Dopotutto, 16


quella era soltanto una sedia e lei era completamente vestita. Se voleva lasciarsi alle spalle il passato, doveva smetterla di preoccuparsi per le piccole cose. Con sua grande sorpresa, si ritrovò ad apprezzare la natura sensuale della danza con la sedia e il potere e la grinta che le davano... sull'oggetto, sul suo corpo. Per una volta non doveva provare nulla a nessuno e, senza pressioni, godette della sua sensualità. In totale abbandono, reclinò la testa e si lasciò andare, per poi scoprire che un paio di familiari occhi color cioccolato e caramello la stavano fissando. «Be', ciao, come va laggiù?» la prese in giro una voce maschile con accento francese. Anche se stava guardando sottosopra, un paio di gambe muscolose avvolte dai jeans riempirono la sua visuale, ma quando guardò su, oltre la camicia blu a scacchi sagomata che metteva in evidenza un torace atletico, incontrò l'ultimo volto sulla faccia della terra che avrebbe voluto le rivolgesse un sorrisetto compiaciuto. «Dottor Benoit» disse Lola con voce stridula, sorpresa di vedere lì il capo del suo reparto. Evidentemente quel giorno doveva esserci un'offerta prendi due paghi uno per gli incubi che diventavano realtà. «Dottoressa Roberts.» Lui fece un leggero cenno con la testa, senza smettere di ghignare. Lola provò subito una grande vergogna e i suoi muscoli entrarono in tensione mentre cercava di ricomporsi. Con tutta la dignità che aveva a disposizione in quella circostanza, distese le gambe e si voltò per sedersi in una posizione più consona. Non si poteva negare che la mascella senza barba e dai tratti decisi e i capelli neri un po' troppo lunghi che si arricciavano attorno alle orecchie, insieme al 17


suo accento, costituivano gli ingredienti per essere il più grande rubacuori dell'ospedale. Ma non per lei. In base alla sua esperienza, poteva affermare che un bell'aspetto di solito nascondeva un cuore crudele e fino a quel momento lui non aveva dimostrato di fare eccezione. «Allora è così che passi il tuo tempo libero?» L'ingiustizia di essere stata sorpresa nella sua serata di riposo e l'imbarazzo per essersi ritrovata in quella situazione la fecero scattare. «Sono solo affari miei quello che faccio fuori dall'orario di lavoro. Così, se vuoi scusarmi...» Lola pensò che il cuore le uscisse dal petto mentre reagiva. Normalmente non si sarebbe nemmeno sognata di parlare in quel modo al suo superiore, ma si sentiva in trappola, vulnerabile sotto il suo sguardo e aveva imparato a contrattaccare quando la mettevano in una situazione del genere. Angelique arrivò al suo fianco e le mise una mano sulla spalla. «Resta dove sei. Henri se ne sta andando... non è vero, caro?» Batté le ciglia finte e lo allontanò... con grande sollievo di Lola. Henri sgattaiolò in fondo alla stanza per sedersi. Di solito, vedere donne schiamazzanti che sculettavano non lo impressionava per niente. Ma quella sera, vedere una del suo staff in mezzo alla marmaglia di Ange, lo aveva colto del tutto di sorpresa. Lola... era questo il suo nome. Non le si addiceva per niente. Lola faceva venire in mente immagini di una showgirl, decisa e sicura di sé. L'opposto di ciò che aveva dimostrato quel giorno. Come suo supervisore, spettava a lui adesso tirare fuori da lei quelle 18


qualità. Un'altra responsabilità che avrebbe gravato sulle sue spalle, e di cui certo avrebbe fatto volentieri a meno. Lola doveva essere preparata per essere arrivata così lontano nella sua carriera, ma non gli aveva fatto una buona impressione. Non tollerava chi non si impegnava al massimo nel suo reparto. Gli faceva pensare a quando la sorella aveva rinunciato alla carriera in medicina senza lottare. Anche adesso, Lola sembrava essersi allontanata dal resto del gruppo, per nascondersi in un angolo. Perfino l'atteggiamento assertivo che aveva visto quando era entrato e il tono aggressivo che aveva usato quando lo aveva messo al posto suo erano stati una sorpresa rispetto alla specializzanda di primo anno che aveva incontrato in reparto. Relegato al ruolo di voyeur, a guardarla nell'ombra, era incantato dai movimenti sinuosi del suo corpo. Ogni mossa dei suoi fianchi mostrava le giarrettiere sotto quella minuscola gonna e risvegliava i suoi istinti primordiali. Evidentemente era passato troppo tempo dall'ultimo contatto con l'altro sesso se il modo sensuale con cui Lola si era messa a cavalcioni sulla sedia gli stava facendo provare invidia per quell'oggetto! Non era una buona idea pensare in quel modo alla nuova specializzanda, con la sua piccola coda bionda e il suo ridicolo stetoscopio rosa. Tutto questo lo aveva già distratto dal motivo per cui era andato lì: doveva parlare con Angelique di sua nipote, che aveva fatto un'assenza ingiustificata a scuola. Ange si diresse a grandi passi verso di lui e agitò un dito. «Non posso permettere che tu spaventi le mie allieve, Henri.» 19


1763 - Fra le braccia di uno straniero di E. Forbes Per dimenticare la fine del suo matrimonio, Luci decide di partecipare a uno scambio di abitazione, trasferendosi a Sydney per otto settimane. Nella nuova casa si aspetta di trovare quella serenità che le è mancata negli ultimi tempi... non certo un sexy straniero in camera da letto! LO SCAMBIO DI NATALE 1764 - Scintille in corsia di S. Wilson Il dottor Avery, medico militare di stanza a Tokyo, non sa resistere al fascino dell'infermiera Katsuko, soprannominata Fuoco d'Artificio per il suo carattere ribelle. Il loro rapporto non tarda a fare scintille, finché Avery si rende conto che l'unico modo per aiutare la donna di cui si è innamorato, è lasciarla. 1765 - Seduzione francese di K. Baine Da "mai più" a "per sempre"... in sei settimane! La specializzanda Lola Roberts ha finalmente rimesso in sesto la propria vita e non ha intenzione di rovinare tutto il suo primo giorno di lavoro. Ma non ha fatto i conti con il suo capo francese, il dottor Henri Benoit, la più grande distrazione che abbia mai conosciuto! 1766 - Una famiglia per Natale di L. Heaton Sydney: Ho deciso che non avrei più festeggiato il Natale. Ma l'arrivo in città di Nathan, un affascinante medico, e della sua figlioletta mi costringe a fare i conti con il passato. Nathan. Più tempo trascorro con Sydney e più mi convinco che lei sia la donna giusta per me, per creare una nuova famiglia.


Dal 19 dicembre

1767 - In vacanza col dottore di A. Andrews L'infermiera Felicity sta finalmente facendo il viaggio che sogna da una vita. Il dottor Callum sta fuggendo da un presente difficile da accettare. Nessuno dei due è alla ricerca di un'avventura, eppure la passione irrompe nel vagone del treno di lusso su cui stanno viaggiando. LO SCAMBIO DI NATALE 1768 - Intrigo in corsia di C. Marinelli Una notte fra le sue braccia e Holly non ha alcun dubbio: il dottor Daniel è l'uomo della sua vita. Peccato che lui non la pensi allo stesso modo. Daniel è infatti un playboy convinto, innamorato della propria libertà. Per convincerlo a concederle una chance, Holly ha bisogno di un piano. 1769 - Fidanzati a Natale di S. Carlisle La dottoressa Ellen Cox è volata in Sud America per liberarsi dalle catene di una vita noiosa e troppo prevedibile, ma non avrebbe mai immaginato di sostituirle con quelle ben più pericolose del desiderio per il suo nuovo, misterioso capo, il dottor Chance Freeman. 1770 - Il dono più bello di E. Forbes Jess: Sette anni dopo aver perso la testa per un ragazzo australiano e aver concepito la nostra bambina, sono tornata al Moose Ridge Ski Resort, dove tutto è cominciato. Lucas: Non ho mai dimenticato Jess e rincontrarla nei luoghi che hanno visto nascere il nostro amore, mi destabilizza.


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