Tra le braccia di un duca

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E SE LA SECONDA IMPRESSIONE FOSSE QUELLA CHE CONTA? Il brutto anatroccolo si è trasformato in un’affascinante trentenne. ed è pronta a conquistare il suo primo amore (forse). “Assolutamente brillante.” The Sun

Aureliana non è mai stata la ragazza più popolare della scuola, era una sorta di brutto anatroccolo, schernita per le sue origini italiane. Oggi però, a trent’anni, è decisamente cambiata, una splendida donna che gli ex compagni di classe faticano a riconoscere. Ma è difficile fronteggiare l’adolescente timida che è stata un tempo… soprattutto di fronte a James, la sua cotta senza speranza.

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LE BUGIE HANNO LE GAMBE CORTE... E LA PANCIA FINTA! UNA COMMEDIA ROMANTICA FRIZZANTE E DIVERTENTE SULLA DIFFICOLTÀ DI CONCILIARE LAVORO E … MATERNITÀ.

“Una novella Bridget Jones alle prese con tutti i problemi della singletudine dopo i 30 anni e una finta maternità. Esilarante!” Kristin Harmel, autrice di Finché le stelle saranno in cielo

L’editor Liz Buckley tira avanti a cupcake, caffeina e cocktail. A trentuno anni può dirsi soddisfatta del suo lavoro a Paddy Cakes, una rivista patinata destinata a genitori moderni. Se c’è una cosa di cui però è stanca è di fare un milione di straordinari per occuparsi del lavoro lasciato indietro dalle colleghe con figli. La soluzione è una sola: una finta maternità. Ma cosa succede se all’orizzonte fa capolino Quello Giusto?

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LORRAINE HEATH

Tra le braccia di un duca


Immagine di copertina: Lee Avison / Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Surrender to the Devil Avon Books © 2009 Jan Nowasky Traduzione di Graziella Reggio Published by arrangement with HarperCollins Publishers Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special settembre 2016 Questo volume è stato stampato nell'agosto 2016 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 228S del 14/09/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo Dal diario di Frannie Darling Il mio ricordo più remoto è di Feagan che, con il suo marcato accento cockney, mi diceva: «Frannie, darling, vieni a sederti in braccio a me». Mi chiamava sempre darling, tesoro. «Frannie, darling, portami un bicchiere di gin.» «Frannie, darling, massaggiami i piedi doloranti.» «Frannie, darling, adesso ti racconto una storia.» E quindi, se qualcuno chiedeva come mi chiamassi, rispondevo Frannie Darling. Abitavo in un unico locale insieme a lui e alla sua famigerata banda di abili ladruncoli. Non ricordo un solo momento della mia infanzia in cui mancasse Feagan. A volte sospettavo che fosse mio padre. I suoi capelli erano rosso vivo come i miei e altrettanto indomabili. Tuttavia non mi riconobbe mai come figlia. Per lui ero soltanto una dei suoi bambini, quella che gli sedeva in grembo e lo aiutava a contare i fazzoletti e le monete procurati dagli altri. Ero io a sfilare con cura dalla seta il ricamo dei monogrammi. Imparai a leggere l'alfabeto grazie a quel compito tedioso, poiché ero affascinata dalle volute e dagli in5


trecci dei caratteri e chiedevo sempre a Feagan cosa significassero, prima di impegnarmi a cancellare ogni traccia della loro esistenza. Ripensando a quei tempi, mi meraviglio che un pezzetto di tessuto avesse tanto valore. Eppure era così. Forse Feagan, da giovane, era stato un maestro di scuola, aveva insegnato a leggere e scrivere ed era stato amato e ammirato dagli alunni. O magari, da piccola, mi piaceva immaginarlo in quel ruolo perché, se per caso era davvero mio padre, lo volevo credere qualcosa di più di un delinquente comune. Non parlava mai del suo passato e io non gli chiedevo mai del mio. Accettavo la misera vita dei bassifondi perché mi sentivo al posto giusto. Gli altri monelli di Feagan avevano un particolare riguardo per me, forse perché, d'istinto, li accudivo come una mammina, rammendavo gli indumenti e mi rannicchiavo in mezzo a loro quando, la sera, andavamo a dormire. Crescendo, iniziai anche a cucinare per tutti e a medicare le ferite. E a volte li aiutavo a rubare. Tuttavia, niente di tutto questo mi aveva preparata all'orrore e alla paura che mi attanagliarono quando, alla tenera età di dodici anni, venni rapita e venduta a un bordello. Furono Luke e Jack, ai tempi i più grandi della banda, a correre in mio soccorso per salvarmi da quell'incubo. In ritardo, purtroppo. In seguito Luke uccise l'uomo che, con tanta brutalità, mi aveva sottratto l'innocenza. Mentre aspettava il processo per omicidio, ricevette una visita dal padre della vittima, il Conte di Claybourne. L'anziano gentiluomo riconobbe in lui il nipotino perduto 6


da anni, e questo determinò una svolta drastica nella vita di tutti noi: la Corona, infatti, perdonò Luke e lo affidò alla custodia del nonno, che accolse in casa anche me e gli altri. Il vecchio conte aveva ogni intenzione di offrirci privilegi di cui non avevamo mai goduto. Tanto per cominciare, assunse istitutori per educarci. Io imparai in fretta a leggere e scrivere e a effettuare calcoli molto più complessi di quelli cui ero abituata. Appresi anche l'etichetta e il comportamento corretto. Tuttavia, mi sentivo a disagio nella lussuosa dimora di St. James. E quando Luke si trasformò in un vero aristocratico, cominciai a provare un certo imbarazzo nei suoi confronti. Mi sentivo molto più rilassata con Jack. Così, appena venne benedetto dalla fortuna e aprì un club per gentiluomini, accettai lo stipendio assai generoso che mi offrì per occuparmi della contabilità. Ringraziai il conte per tutto quello che aveva fatto per me. Riconoscevo che la mia esistenza era molto migliorata grazie ai suoi sforzi e alle sue attenzioni, eppure provai un notevole sollievo nel lasciare per sempre il suo palazzo. In cuor mio sapevo che era troppo sontuoso per me. Non ero un membro dell'aristocrazia, ed era pressoché impossibile conquistarsi un posto in quell'ambiente tramite l'impegno e la riuscita personale. Il prestigio dipendeva quasi soltanto dal lignaggio, e non avevo dubbi che il mio fosse corrotto in maniera irreparabile. Ero contenta di non dover più sopportare le occhiate, i pettegolezzi e i sussurri malevoli. Mi convinsi che per stare bene dovevo evitare di frequentare i gentiluomini e le dame della nobiltà, e quindi li ban7


dii dalla mia vita. Lavoravo sodo per crearmi un rifugio sicuro dove sentirmi felice e soddisfatta. Quanto avevo, pensavo, corrispondeva ai miei desideri e non aspiravo a niente di piÚ. E poi lui fece irruzione nel mio piccolo mondo tranquillo, che tornò a essere un luogo insidioso...

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1 Londra, 1851 Sterling Mabry, ottavo Duca di Greystone, non sapeva di preciso perchĂŠ l'avesse notata. Si chiese se fosse stato il rosso acceso dei capelli a catturare la sua attenzione. O forse il fatto che stesse accanto a sua sorella Catherine davanti all'altare, mentre celebrava le nozze con Lucian Langdon, Conte di Claybourne. Oppure, magari, la determinazione con cui durante il ricevimento, nel palazzo dello sposo, tre uomini si erano diretti verso di lei e l'avevano circondata, ognuno reclamando a modo suo il proprio territorio, con un comportamento molto simile a quello dei leoni che aveva avvistato in Africa. Era quasi sorprendente che nessuno dei tre avesse ruggito. In piedi davanti alla finestra del salotto, con in mano il calice di champagne e in attesa del brindisi di rito, dopo il quale avrebbe finalmente potuto andare a casa, Sterling osservava il sorriso quasi timido che la giovane signora rivolgeva a ognuno di loro, la sua maniera di parlare inclinando un poco il capo, come per rivelare un segreto scandaloso che lui moriva dalla voglia di conoscere. Era troppo lontano per udirne la voce, ma con ogni probabilitĂ era 9


melodiosa e angelica. O magari somigliava al canto seducente di una sirena, poiché i tre uomini sembravano ammaliati quanto lui dalla sua semplice presenza. Era evidente che condividevano qualcosa di speciale. Persino da quella distanza, Sterling vedeva rispecchiato sul bel volto espressivo della donna l'affetto che provava per ognuno dei tre. Si domandò se, in periodi diversi, fosse stata la loro amante, poiché mostrava una confidenza che andava ben oltre l'amicizia. Gli uomini lo interessavano poco, se non per il ruolo che rivestivano nella vita della giovane. Il primo lo conosceva abbastanza bene. Si trattava di Jack Dodger, proprietario del famigerato club per gentiluomini che lui frequentava spesso dacché era tornato a Londra. Il secondo, più alto e robusto degli altri, era il tipo che non conveniva incrociare in un vicolo in piena notte; o anche di giorno, a dire il vero. Il terzo gentiluomo era William Graves, il medico chiamato da Claybourne quando Catherine era svenuta, durante la recente veglia funebre per il padre. Sterling rimase a guardare incuriosito mentre il cognato si accostava al gruppetto e veniva accolto come un fratello, con larghi sorrisi, pacche sulle spalle, strette di mano e scherzi amichevoli. Nessun abbraccio da parte della signora, ma un sorriso cordiale assai eloquente: lo ammirava, era felice per lui e gli augurava ogni bene. E soprattutto gli era affezionata. Ed eccoli tutti e cinque. Cresciuti insieme per strada, senza dubbio. Ladri, borsaioli, assassini e chissà che altro. Quella considerazione avrebbe dovuto spegnere l'interesse di Sterling per la giovane dai capelli rossi, invece lo acuì ancora di più. 10


Riconobbe i ben noti passi leggeri, ne identificò la direzione e si girò verso la sorella solo quando fu certo che si stesse avvicinando a lui. I capelli biondi erano raccolti sulla sommità del capo, le gote erano un po' arrossate per la gioia e gli occhi azzurri brillavano come gemme preziose. «Ti incuriosiscono, vero?» commentò Catherine con dolcezza, e lui si rese conto che il suo sguardo insistente sul gruppetto non era soltanto scortese, ma anche troppo evidente. Comunque, con ogni probabilità non era l'unico tra gli invitati ad aver notato i cinque amici. Non era strano che fossero venuti tanti aristocratici. La notizia delle nozze affrettate tra il Conte Diavolo e Catherine era sulla bocca di tutti, in città. I membri più curiosi dell'élite avevano riempito la piccola cappella dove si era svolta la cerimonia, e al momento venivano accolti a casa Claybourne. Era presente persino Marcus Langdon, in passato ritenuto il legittimo erede del titolo nobiliare; a quanto pareva, aveva accettato il destino di non essere il successore. Senza dubbio tutti erano interessati e il rischio di uno scandalo era appena dietro l'angolo. «Provo una moderata curiosità, ecco tutto» replicò laconico Sterling. «Non sono i tipici invitati dei nostri ricevimenti. La signora era la tua testimone.» «Frannie. Sì, siamo diventate molto amiche. Se ieri sera ti fossi degnato di partecipare alla cena di festeggiamento, oppure se fossi arrivato prima in chiesa, stamattina, vi avrei presentati.» Ignorando il rimprovero, poiché si sarebbe sentito a disagio a cena e avrebbe messo in imbarazzo Catherine con la sua presenza, lui rifletté sul nome appena appreso. Frannie. Si era aspettato qualcosa di più esotico, o forse lo 11


aveva sperato. Eppure le si addiceva. «Si veste con semplicità.» Il modesto abito azzurro spento sembrava fuori posto in quella sala quasi quanto lei. Sterling la immaginò avvolta invece in un drappo di seta viola o scarlatta che, accarezzandole la pelle, scivolava giù dal corpo e le si raccoglieva attorno ai piedi nudi. «Negli ultimi tempi ho imparato a non giudicare dalle apparenze» affermò Catherine. Sterling colse la critica nel suo tono di voce. La sorella sapeva che, al contrario, lui valutava le persone in base all'aspetto e alla classe sociale. Distingueva i membri dell'élite dai cittadini comuni, che evitava di frequentare se non era indispensabile. E di certo non aveva mai avuto motivi né provato il desiderio di accompagnarsi con criminali o individui che lo erano stati un tempo. «Provvedono al suo mantenimento?» si informò. «Scusami?» «I gentiluomini che la circondano. Sono parenti? Di cosa vive?» «Queste sono domande inopportune.» Lui la fissò con intensità. «È l'amante di qualcuno di loro, dunque?» Gli pareva strano che la sorella fosse amica di una donna di dubbia moralità, e ancor più che l'avesse invitata alle nozze, ma se la ragazza frequentava Claybourne dai tempi dei bassifondi... Catherine sbuffò. «Cosa mai ti induce a pensarlo? È la contabile della Dodger's Drawing Room.» Un nome elegante per un luogo indecoroso. Faceva apparire il club per gentiluomini quasi rispettabile, ed era 12


proprio questo il punto. «Insolito» commentò lui. «Io lo trovo ammirevole. Non tutte le donne sono così fortunate da avere un padre che le mantenga.» «Rinfodera le unghie, Catherine. Non intendevo offenderla, però devi ammettere che, in genere, le signore lavorano in casa, non fuori.» Lei gli sfiorò un braccio. «Scusami. Forse sono troppo protettiva nei confronti degli amici di Luke. Mentre tu eri via, mi hanno aiutata in diverse occasioni.» Quindi l'assenza di Sterling l'aveva costretta a rivolgersi a noti malviventi. Doveva essere stato un duro colpo per il padre, che certamente aveva così trovato un motivo in più per sentirsi deluso dell'erede, già bollato come un buono a nulla. Sterling era pronto ad ammettere di avere condotto una vita dissoluta, ponendo il piacere personale al primo posto. Aveva litigato con il padre riguardo alle sue scelte. Questi, però, si era dimostrato incapace di comprendere come fosse penoso non sentirsi nel pieno controllo di se stessi. Ignorava il brivido della paura; non capiva cosa significasse scrutare nel futuro con l'intima certezza che sarebbe stato cupo e solitario. «Vi dovrei presentare» si offrì Catherine in tono gaio, come se avesse intuito il triste corso imboccato dai suoi pensieri. «Non è necessario.» Dubitava che i gentiluomini avrebbero apprezzato l'intromissione nel loro territorio. «Sei cambiato, Sterling.» «Lo hai già fatto notare prima. Tutti noi cambiamo, Catherine. Potrei affermare lo stesso di te.» «Non quanto te. Sei diventato cinico.» 13


«Sono solo realista. Raggiungi il tuo sposo, così potrò brindare e concludere questa faccenda.» Una profonda pena balenò negli occhi della sorella, azzurri quanto i suoi. Lui le afferrò una mano per trattenerla. «Ti chiedo scusa. Ti auguro tutta la felicità che meriti, lo sai. Poiché ho passato tanto tempo in viaggio, spesso all'aria aperta, mi sento un po' a disagio confinato in una sala affollata.» E farsi strada tra la folla senza urtare nessuno gli era diventato assai difficile. Se avesse saputo che Catherine e Claybourne intendevano aprire le porte a tanta gente, li avrebbe salutati all'uscita dalla chiesa. «È solo per questo che ti trattieni vicino alla finestra, come se fossi pronto a balzare fuori da un momento all'altro?» «Nel temporale?» Sterling lanciò un'occhiata alla pioggia che batteva contro il vetro. Le nuvole erano così scure e pesanti che, benché fosse mattina, sembrava quasi notte. E la notte era diventata sua nemica. «È una giornata piuttosto cupa.» «Non mi pare affatto. È la più bella della mia vita.» Riconoscendo di essere stato davvero scostante, dichiarò pentito: «Sarà la prima di tante altre meravigliose». «So che disapprovi la mia scelta e che, come molti, rinfacci a Claybourne il suo passato problematico, però spero che, con il tempo, imparerai a conoscerlo quanto me e apprezzerai le sue notevoli qualità.» Era improbabile, tuttavia Sterling preferiva non offuscare la gioia della sorella con la verità. Intuendo che non intendeva esprimere commenti, Catherine aggiunse: «Suppongo che ti concentrerai nella ricerca di una consorte, adesso che sei rientrato dal tuo giro del mondo». 14


«Tra un po'. Al momento siamo in lutto. In effetti non mi aspettavo un ricevimento così fastoso.» «Non lo è poi tanto. Forse c'è qualche ospite in più di quanto non sarebbe appropriato, ma questo aiuterà Luke a inserirsi in società, visto che ne è rimasto ai margini per anni. Inoltre agli uomini non è richiesto come alle donne di rispettare le limitazioni imposte dal lutto. Se questa sera partecipassi a un ballo, non ti criticherebbe nessuno.» «Il potere che deriva dal titolo di duca.» «Mentre eri lontano, hai mai pensato a qualcuna in particolare?» azzardò Catherine. «Stai già cercando di combinare un incontro? Presumo siate in partenza per il viaggio di nozze.» «No, invece. Abbiamo alcune faccende da sbrigare a Londra.» «Comunque immagino che Claybourne pretenderà la tua completa attenzione per un certo periodo. Sono ben capace di procurarmi una moglie senza disturbare te.» «Non sarebbe un disturbo.» La sorella gli strinse con affetto un braccio. «Mi sei mancato, Sterling. Sono tanto felice di averti qui. Adesso, se mi scusi, raggiungo il mio sposo, così potrai brindare.» Con questo, si allontanò. Sterling venne colto dai rimorsi, ma si affrettò a reprimerli. In realtà avrebbe preferito essere ovunque, ma non lì. Finì il vino, rivolse un cenno a un servitore e prese un altro calice. Quella faccenda non sarebbe mai giunta al termine? Catherine si affiancò al consorte, che la guardò con palese adorazione. Del resto, perché non avrebbe dovuto? Era figlia di un duca, con il miglior lignaggio offerto dall'aristocrazia inglese; era consapevole del proprio posto in 15


società e vi si inseriva alla perfezione. Cosa che invece Sterling non poteva più affermare di se stesso. Divorato dal bisogno di scappare, stava ormai perdendo la pazienza. Diede un colpetto al bicchiere e il mormorio nella sala si acquietò. Alzò il calice per brindare. «A mia sorella Catherine, la nuova Contessa di Claybourne, e al suo fortunatissimo sposo. Che il sole brilli sempre su di voi, miei cari, persino nelle giornate più buie.» Trangugiò il vino frizzante mentre acclamazioni e applausi echeggiavano per il salone. Claybourne e Catherine bevvero un sorso e si scambiarono un rapido bacio. Gli ospiti risero, gridarono felicitazioni e fecero le loro congratulazioni. Sterling prese un'altra coppa di champagne. Forse con una buona dose di alcool sarebbe riuscito ad annegare la consapevolezza che non avrebbe mai goduto della felicità e dell'amore condivisi dagli sposi. Era il più temibile nel locale. Frannie Darling si rendeva conto di attribuire un notevole credito all'uomo in piedi davanti alla finestra, considerato che era attorniata da persone che non si facevano scrupoli a violare la legge, se lo ritenevano necessario. Tuttavia, se i suoi amici erano giudicati minacciosi da tutti tranne che da lei, quel gentiluomo rappresentava un pericolo soltanto per lei. Ne era certa, allo stesso modo in cui un tempo comprendeva al volo quali tasche fossero pronte per essere alleggerite prima ancora di infilarvi la mano per appropriarsi del contenuto. Lo intuiva, così come era in grado di cogliere se c'era un errore in una colonna di numeri senza nemme16


no bisogno di sommarli. Lo sapeva, proprio come era sicura che in quella sala affollata c'erano soltanto tre persone affini a lei: Jack, Bill e Jim. Frannie aveva scoperto solo di recente che Luke aveva sempre dubitato di essere il legittimo Conte di Claybourne. Tuttavia, negli ultimi tempi ne aveva avuto la prova inconfutabile e ormai non metteva più in discussione il proprio diritto al titolo. Al momento si muoveva con disinvoltura per il salone, tranquillo e sicuro di sé, senza più temere di usurpare il posto di un altro. Lei, invece, si sentiva a disagio. Quel mondo tanto grandioso e importante non era il suo. Al confronto, quello cui era abituata impallidiva, eppure Frannie ci stava bene. Forse era proprio il senso di malessere dovuto all'ambiente ad averla indotta a notare l'uomo vicino alla finestra, che aveva l'aria di voler fuggire quanto lei da tutti quei convenevoli. Sapeva chi era: il fratello di Catherine, appena consacrato Duca di Greystone. Un paio di volte aveva avuto l'impressione che la guardasse. E da parte sua aveva tentato di osservarlo di sottecchi. Aveva una carnagione color bronzo dorato, da amante dell'aria aperta; i capelli biondo scuro erano ben pettinati per l'occasione, ma non era difficile immaginarli sferzati dal vento, mentre galoppava per strade lontane, forse un tempo esplorate da Marco Polo. Greystone era un avventuriero, un uomo che ignorava la paura. Mentre ascoltava chiunque gli rivolgesse la parola, manteneva una postura cortese, che esprimeva tolleranza ma anche impazienza, quasi avesse avuto fretta di correre alla ricerca di nuove emozioni. «Credi che saranno felici?» le domandò Jack offrendole 17


una nuova coppa di champagne e costringendola a distogliere lo sguardo dal fascinoso duca. Greystone emanava un'aura di importanza, mentre lei, in genere, preferiva la gente comune. Jim e Bill le stavano vicini in maniera quasi soffocante, come per proteggerla dal disagio che sapevano le procurava l'elegante élite. «Ne sono sicura» confermò. «Catherine è perfetta per Luke.» «Cosa pensi di suo fratello?» Che era possente quanto la tempesta che infuriava dietro le sue spalle. Che tra le sue braccia una donna avrebbe potuto assaporare un piacere inimmaginabile. Una fiammata di calore le turbinò nel grembo mentre si leccava le labbra e rispondeva con una piccola bugia: «Non saprei». «Ci sta guardando» notò Jim. «Anche tanti altri ospiti ci tengono d'occhio» borbottò Bill. «Noi e le loro tasche» aggiunse Jack. «Sono quasi tentato di inoltrarmi tra la folla e sgraffignare qualcosa.» Frannie gli scoccò un'occhiataccia. Il nonno di Luke li aveva portati via dai quartieri malfamati, però non era riuscito a strappare i bassifondi dai loro animi, non del tutto almeno. «Non fare niente che possa mettere in imbarazzo Luke a causa della nostra presenza. È stato finalmente accettato dai suoi pari. Invitarci ha rappresentato per lui una sorta di ribellione.» Erano i compagni della sua gioventù sregolata, che non avrebbe mai davvero abbandonato. Le esperienze passate avevano creato tra loro un legame inscindibile. «Ti prendi ancora cura di lui?» le chiese Jack. 18


«Così come mi prendo ancora cura di tutti voi.» Gli rivolse un sorriso scherzoso. «E voi vi prendete cura di me.» Anche se, in certi casi, si dimostravano fin troppo protettivi. Frannie voleva un gran bene ai vecchi amici, però a volte bramava altro, qualcosa che non sapeva definire. Forse anche per questo provò l'improvviso impulso di violare l'etichetta. Guardò di nuovo il gentiluomo davanti alla finestra. «Adesso mi presento.» «È un maledetto duca» le rammentò Jack. «Sì, lo so» mormorò lei prima di restituirgli il calice, prendere fiato e incamminarsi. Di norma Frannie evitata i nobili poiché la rendevano troppo consapevole delle sue umili origini, tuttavia qualcosa in Greystone la attirava e la spingeva a dimostrarsi avventata. Si era tanto impegnata per isolarsi da tutto ciò che avrebbe potuto nuocerle, ed era riuscita soltanto a crearsi una vita monotona e tediosa. Invece, niente in quell'uomo le pareva noioso. Si accorse che parecchi invitati la fissavano. Poiché non aveva mai amato attirare l'attenzione, avrebbe dovuto sentirsi infastidita da tanto interesse, ma il duca scelse proprio quel momento per lanciarle un'occhiata simile a una dolce e sensuale carezza. Frannie rischiò quasi di inciampare. I ragazzi di Feagan non la guardavano mai con un simile desiderio ardente. Greystone rappresentava davvero un pericolo per lei: con un semplice sguardo, infatti, pareva trasformarla da ragazza impacciata in donna affascinante, capace di sedurre un uomo. Ancora più sorprendente era l'attrazione che provava per lui. Non aveva mai conosciuto nessuno in grado di infiammarla di passione, di indurla a desiderare con intensità un bacio o una lenta carezza. 19


Reprimendo l'improvviso impulso di girare sui tacchi e rintanarsi nel suo rifugio sicuro, si fermò dinnanzi a lui. I suoi occhi erano azzurri come lo zaffiro incastonato nella collana che una volta lei aveva levato dal collo di una matrona sussiegosa. Feagan ne era stato così contento che le aveva comprato una fragola. Frannie ormai non riusciva più ad assaggiare quel frutto senza considerarlo una ricompensa per una malefatta. Con ogni probabilità, una serata con Greystone le avrebbe procurato una fruttiera colma di fragole squisite. «Non credo che siamo stati presentati come si conviene. Sono Frannie Darling.» «La contabile della Dodger's Drawing Room.» Lei sgranò gli occhi. Si avventurava di rado nella sala da gioco e il suo ufficio era situato in un'area accessibile soltanto ai pochi in possesso della chiave. «Mi pare di ricordare che siete un membro del club.» «E a me sembra di rammentare che i vostri amici...» Indicò con un cenno Jack, Jim e Bill, rimasti in attesa del suo ritorno. «... sono tutti ladri.» Una profonda delusione la colse appena si rese conto che il duca era uno di loro, uno di quelli che non ritenevano possibile innalzarsi al di sopra delle proprie origini, che la rendevano tanto infelice quando, da ragazza, risiedeva dal Conte di Claybourne. Frannie avrebbe dovuto lasciarlo ai suoi pregiudizi meschini, però qualcosa le imponeva di trattenersi. Forse gli voleva offrire un'occasione per redimersi. «Poiché, secondo le consuetudini, il rinfresco di nozze si dovrebbe svolgere presso la famiglia della sposa, devo supporre che non approvavate la lista degli invitati?» 20


«Pensate pure quello che volete, comunque tengo alle mie proprietà e preferisco non avere ospiti dalle mani leste.» «Capisco.» Frannie era bravissima a valutare la gente, e aveva la netta impressione che il duca non fosse sincero. Gli attori più abili erano i mendicanti: recitando alla perfezione, riuscivano a conquistare i cuori, suscitare compassione e convincere chiunque a sborsare fino all'ultima moneta. Greystone, a quanto pareva, si rendeva di proposito antipatico. C'era da chiedersi perché. Lui spostò lo sguardo sulla folla. «La renderà felice?» «Luke?» «Claybourne.» Era già positivo che riconoscesse il titolo di Luke. Ed era evidente che voleva bene alla sorella. «Felicissima.» Greystone le rivolse un brusco cenno. «Conta soltanto questo. Adesso, se volete scusarmi...» Si era già allontanato di tre passi quando Frannie lo chiamò: «Vostra Grazia?». Lui si girò a guardarla e lei sorrise maliziosa, incerta sul perché si impegnasse tanto per provocarlo. Per qualche motivo, le pareva che lui ne avesse bisogno. Inoltre non intendeva ignorare l'offesa ai suoi amici e aveva un punto da chiarire: non erano gli unici ladri presenti nella sala. Sollevò una mano. Appeso alla catenella d'oro, c'era un orologio da taschino dello stesso metallo prezioso. «Avete dimenticato questo.» Lui si guardò il panciotto, lo tastò come dubitando della propria vista e poi, lentamente, riportò lo sguardo su Frannie. Con un lampo pericoloso negli occhi, le tese la destra. Lei lasciò cadere l'orologio sul palmo e fece per ritirare la 21


mano guantata, ma Greystone, senza lasciargliene il tempo, strinse le forti dita sulle sue e si protese in avanti. «Attenta, Miss Darling» l'ammonì con una voce bassa che le generò brividi in tutto il corpo. «Ho viaggiato a lungo e non sono più civile come un tempo.» Quell'aspetto della sua personalità divenne di colpo così evidente che Frannie sentì il cuore martellare nel petto e le gambe tremare. Il duca la fissava come se fosse stato pronto a divorarla. Infine, con un brusco inchino, la lasciò, girò sui tacchi e si allontanò a grandi passi. Lei lo seguì con lo sguardo finché non scomparve oltre la porta del salone, senza dubbio diretto all'uscita. Era incredibile come la situazione si fosse capovolta da un momento all'altro, sfuggendole di mano. Frannie non si era certo aspettata di rimanere senza fiato dopo quel breve scambio, però non era soltanto questo a turbarla. Aveva infatti provato un'attrazione insolita e potente, un disperato impulso di trattenerlo. Sterling non desiderava altro che precipitarsi fuori da quella sala, tuttavia si sforzò di rallentare l'andatura, concentrandosi per non scontrarsi con nessuno mentre aggirava i numerosi invitati. Per fortuna andarsene si rivelò molto meno difficile del previsto, forse perché gli altri, notando la sua espressione, si affrettavano a scansarsi anziché tentare di coinvolgerlo nelle conversazioni. Si rendeva conto di essersi comportato in maniera orribile con Miss Darling, però era stato colto alla sprovvista dalla propria reazione alla sua vicinanza. Quella donna non aveva una voce angelica ma sensuale, di un genere che accendeva la passione in camera da letto. Seducente e 22


vellutata, pareva un po' ansimante, come se avesse giĂ goduto e bramasse ancora il piacere. E gli occhi... Sterling gemette quasi al ricordo. Erano di un verde magnifico. Comunque ad ammaliarlo era stato soprattutto quello che vi mancava: l'innocenza. Non ce n'era traccia. Con la vita che aveva condotto, Miss Darling era maturata in fretta. Non somigliava a nessuna delle giovani signore di sua conoscenza. Aveva visto cose, e probabilmente ne aveva commesse, che ne avrebbero provocato l'immediato svenimento. Lui non era il tipo da perdere il controllo, ma aveva capito che, se non si fosse allontanato al piĂš presto, l'avrebbe presa tra le braccia, mandando al diavolo chiunque avesse avuto da ridire. E poi, accidenti a lei, gli aveva sottratto l'orologio con un tocco leggero e impercettibile. Sterling invece, dannazione, avrebbe voluto sentire le sue mani su di sĂŠ, e mentre con le sue lunghe falcate accresceva la distanza da lei, la desiderava sempre piĂš.

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Tra le braccia di un duca LORRAINE HEATH Londra, 1851 - Dopo la difficile infanzia trascorsa nei bassifondi di Londra, Frannie Darling si dedica ai bambini abbandonati. Non cerca l'amore e fa il possibile per passare inosservata, eppure, a una festa di nozze, qualcuno la nota. Turbata dallo sguardo insistente di Sterling Mabry, Duca di Greystone, Frannie si presenta al gentiluomo... e a quel punto tutto cambia. Per la prima volta nella vita, infatti, prova un'attrazione irresistibile e lo stesso vale per Sterling, anche se lui la vorrebbe solo come amante, non certo come sposa. Frannie, però, detesta gli aristocratici arroganti interessati soltanto al proprio piacere... Ma allora perché il pensiero di una relazione clandestina con il diabolico duca la lascia tremante di desiderio?

Lezioni di ballo e prove di seduzione VICKY DREILING Londra, 1822 - Harry Norcliffe non ha mai voluto ereditare il titolo di Duca di Granfield. Per lui la rigidità del ton, nonché le pressioni incessanti di sua madre perché sposi una fanciulla di alto lignaggio e dia un erede al casato sono una scocciatura tremenda. Così, quando lei gli chiede anche di partecipare a una gara di ballo, Harry si rifiuta categoricamente. Finché Lucy, graziosa cameriera e seducente insegnante di danza, non gli fa cambiare idea! Ma se la maggior parte delle donne sarebbe al settimo cielo per avere suscitato l'interesse di un aristocratico ricco e terribilmente affascinante, lei invece non ha alcuna intenzione di compromettere la propria reputazione. Harry però ha un asso nella manica che potrebbe cambiare per sempre la vita della bellissima giovane...


Sogno d'inverno STEPHANIE LAURENS Inghilterra, 1837 - In un gelido dicembre tutti i Cynster si riuniscono a Casphairn Manor per le feste e l'occasione fa incontrare di nuovo Daniel Crosbie, precettore dei giovani Cynster, e la bella governante Claire Meadows, ridestando tra loro la passione che covava sotto la cenere. La vedova Claire non desidera però un secondo matrimonio, mentre Daniel è ben determinato a conquistarla. Approfittando dello stuolo di sensali Cynster pronte a perorare la sua causa, lui cerca di convincerla che insieme sono destinati alla felicità. Solamente quando la cattiva sorte si accanisce sulla famiglia, Claire comprende di voler correre dei rischi per il vero amore.

Un irreprensibile conte CANDACE CAMP Inghilterra, 1825 - Lady Vivian Carlyle e Oliver, Conte di Stewkesbury, sono come il diavolo e l'acquasanta. Lui la ritiene estremamente pericolosa fin da quando era il bersaglio preferito dei suoi scherzi di fanciulla. Ora a imbarazzarlo sono il suo atteggiamento anticonformista e l'ironia pungente, capace di mandare chiunque al tappeto. Neppure la notte di passione che hanno vissuto sembra averli avvicinati. Oliver, infatti, è scandalizzato dalla proposta di Vivian, che preferirebbe una relazione senza impegno, e vorrebbe porre subito fine alla storia. Solo quando la giovane scompare nel nulla, l'irreprensibile conte ammette finalmente di non poter vivere senza di lei. A quel punto, però, forse è troppo tardi...

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