Tre amiche e una jaguar

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Old Boyfriends Harlequin Next © 2005 Rexanne Becnel Traduzione di Giorgia Lucchi Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano eBook ISBN 978-88-5892-790-8

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REXANNE BECNEL TRE AMICHE E UNA JAGUAR

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Morte e dieta Cat Il marito della mia amica M.J. morì un venerdì, durante un massaggio terapeutico. Infarto fulminante, fu ciò che scrissero i giornali, ma solo perché suo figlio e l'agenzia di pubbliche relazioni della loro catena di ristoranti si assicurarono che quella fosse la versione ufficiale. La verità? Furono il Viagra e le sapienti attenzioni di un travestito in parrucca nera, tanga rosso e calze a rete a uccidere Frank Hollander. La Casa del sole nascente serve un'ottima zuppa agrodolce al pianterreno, ma il genere di terapie offerto al piano superiore non è certo quello a cui poteva essere associato il presidente della United Way Fund Drive. Inutile dire che il funerale fu grandioso. Parlò il sindaco, il vescovo celebrò la messa e il coro della St. Joseph Special School, una delle maggiori beneficiarie della United Way, accompagnò Frank sottoterra. Subito dopo i figliastri di M.J. intrattennero i convenuti a casa del padre, dove tutti si presentarono dalla vedova con le solite, trite frasi di circostanza. Per me fu una tortura dover tenere la bocca chiusa, ma Bitsey era stata categorica: eravamo là per stare vicine a M.J., 9


non perché potessi esprimere la mia opinione su quel bastardo traditore di suo marito e quei buoni a nulla dei suoi figli. Per fortuna c'è Bitsey, la voce della ragione nella mia vita, l'immagine materna perfetta per chi, come me, non ha potuto aspettarsi un granché dalla madre biologica. Quel martedì, tuttavia, nella villa di M.J. dove l'aria condizionata andava a palla e il rinfresco per gli ospiti era stato affidato al ristorante fusion di Frank Jr., il Pacific Rim, ci sentivamo tutte un po' in trappola. È surreale veder servire sushi a un funerale. Così M.J., con il suo perfetto abito nero Giselle e i sandali di Jimmy Choo, si sedette sulla poltrona preferita di Frank Senior e in meno di due ore tracannò cinque Vodka Martini. M.J. beveva, Bitsey mangiava e io fumavo e smaniavo per andarmene. Quelle due terribili, morbose ore di tortura furono l'esempio perfetto di come ciascuna di noi reagisca allo stress. Quando Bitsey soffre, mangia. Considerato che suo marito Jack Albertson sa essere un bastardo senza cuore e, a differenza di Frank, non si preoccupa di nasconderlo, non sorprende che lei pesi ottanta chili per un metro e sessanta. È un giro vizioso: più Bitsey mangia, più ingrassa. E più ingrassa, più suo marito la critica. Il che, ovviamente, la induce a mangiare ancora di più. Ma sto divagando, come sempre. Secondo la mia terapista è un metodo tipico di evasione: concentrandoti sui difetti degli altri sei troppo occupato per pensare ai tuoi. M.J. beve, Bitsey mangia e io scappo. Nuovo lavoro. Nuovo marito. Nuovo appartamento. Quel giorno, però, avevo giurato di tenere duro. «Sono desolato, signora Hollander.» Un uomo untuoso si chinò per esprimere a M.J. le sue condoglianze, lo sguardo inchiodato sulle tette di lei che, contrariamente a quanto crede la maggior parte della gente, sono autentiche, senza bisogno di ricorrere alla chirurgia plastica. Le porse un biglietto da visita. «Se posso esserle utile in qualunque modo...» 10


Quando si fu allontanato, Bitsey prese il biglietto dalle dita inerti di M.J. «Un avvocato» sbottò disgustata. «Avrei dovuto immaginarlo.» «Le servirà un avvocato» le sussurrai, augurandomi che la vodka avesse assopito anche l'udito di M.J. «Frank Junior non vorrà lasciarle nemmeno un centesimo del denaro di suo padre. Vestiti e gioielli sì. In un momento di debolezza potrebbe addirittura lasciarle la Jag. Ma la casa e i soldi?» Scossi il capo. «Mai.» «Non ora» sibilò Bitsey. M.J. fissò gli occhi azzurri appannati su Bitsey. «Devo andare in bagno.» «Certo, tesoro.» Bitsey le batté la mano sul ginocchio. Riuscimmo a guidare M.J. tra la folla senza che si notasse troppo che i suoi piedi non si muovevano quasi. Per fortuna pesa solo una cinquantina di chili; è forte come un toro, grazie alle lezioni di Pilates tre giorni alla settimana, cross training due e ballo gli altri due, ma non pesa quasi niente. La accompagnammo nel bagno di camera sua, dove sorprendemmo la moglie di Frank Jr., Wendy, che curiosava in giro. Quando scorsi il coniglietto di ceramica che teneva tra le grinfie dalle unghie laccate, vidi letteralmente rosso sangue. Bitsey aveva fatto quel coniglietto al corso di ceramica durante il quale ci eravamo conosciute. Aveva regalato il coniglietto a M.J., mentre a me aveva dato un gattino. Guardai Wendy con odio feroce, finché quella cagna si decise finalmente a rimettere il coniglietto sulla mensola e se ne andò. Bitsey mi guardò, scandalizzata. «Ti prego, dimmi che non stava facendo quel che temo stesse facendo.» M.J. si tolse i sandali ed entrò barcollando nel bagno. «Wendy vuole questa casa» bofonchiò. «Anche Frank Junior. Ci hanno sempre ripetuto che una casa grande come questa ha bisogno di bambini.» Si appoggiò alla cornice della porta 11


e si voltò verso di noi. Le lacrime le scendevano lungo le guance. Era bellissima perfino quando era infelice, ubriaca e in lacrime. Se non fosse un tale agnellino, la detesterei. «Come se io non avessi provato ad avere figli... Abbiamo tentato di tutto, ma...» Singhiozzò. «Non sono mai riuscita a restare incinta. Wendy e io abbiamo la stessa età, ma lei ha tre figli e io nessuno.» Entrò in bagno e chiuse la porta. Bitsey mi guardò, aveva gli occhi lucidi, ma le sue labbra erano serrate per la rabbia. «E adesso Wendy vuole questa casa?» Estrasse dalla tasca il biglietto da visita dell'avvocato. Io glielo tolsi di mano e lo strappai in due, poi lo gettai nel cestino. «No, non questo avvocato. Se è al funerale di Frank era un suo amico o uno che ha conosciuto sul lavoro. Quando M.J. vorrà un avvocato dovremo assicurarci che non abbia alcun legame con gli Hollander.» «Hai assolutamente ragione. Sei molto sospettosa, Cat, ma a volte questo è un bene» concesse Bitsey. «Una ragazza deve saper badare a se stessa.» Bitsey mi abbracciò. «E alle sue amiche.» M.J. andò da sola alla lettura del testamento. Lo scoprimmo soltanto in seguito. Quando la chiamai quel pomeriggio per domandarle se volesse cenare con me, trovai solo la segreteria telefonica. Non c'era nemmeno la cameriera. A quel punto capii che qualcosa non andava. Dal giorno del funerale, M.J. aveva lasciato la villa solo per andare in palestra. Così telefonai a Bitsey. «Meglio andare a controllare» concluse lei. «E Jack? È quasi ora di cena.» Cercai di cancellare dalla mia voce ogni possibile traccia di scherno, ma non so se ci riuscii. Il fatto è che Jack Albertson è un bastardo prepotente; Bitsey è una moglie perfetta, ma niente di ciò che fa è mai sufficiente per lui. Per Jack lei è troppo grassa, permissiva, spendacciona e senza cervello. Non so se l'ho già detto: pensa che sia troppo grassa. 12


A volte lo detesto, ma sto cominciando a sospettare di detestare tutti gli uomini. «Jack lavora fino a tardi questa sera. La sua divisione esce a cena con un gruppo di uomini d'affari della Corea del Sud.» Finsi di crederle. «Okay, ci vediamo da M.J. tra una ventina di minuti. La portiamo fuori a cena.» Venti minuti dopo, nessuno rispose alla porta, così passammo sul retro. Il cancello era chiuso, ma attraverso le sbarre e le piante di papiro scorgemmo M.J. riversa su una sdraio accanto alla piscina. Dormiva. O, almeno, sperai che stesse dormendo. Dopo aver gridato fino a perdere la voce nel vano tentativo di svegliarla, imprecai. «D'accordo, scavalco il cancello.» Sarebbe stato più facile se avessi avuto vent'anni o cinque chili di meno. O magari tutte e due le cose. Indossavo un paio di ciabattine con il tacco, pantaloni a sigaretta di seta color avorio e una maglietta girocollo senza maniche. Très chic, come si addice a un'arredatrice d'interni che lavora per i quasi ricchi e famosi di Bakersfield, California, ma pessima scelta per arrampicarsi su un cancello. Quando atterrai in un cespuglio di pothos la mia tenuta era un disastro. «Mi sa che mi sono rotta qualcosa.» «No, sei tutta intera. Forza, vieni ad aprirmi il cancello» mi spronò Bitsey. Corremmo da M.J. «Ti prego» implorò Bitsey, «fa' che non sia morta.» «Non dirlo nemmeno per scherzo. È solo ubriaca.» Avevo ragione, più o meno. M.J. respirava ancora, ma rispose alle nostre voci limitandosi a qualche borbottio inintelligibile. «Forse sarebbe meglio portarla in ospedale» suggerì Bitsey mentre trasportavamo la sdraio in casa. «È solo ubriaca. Hai visto quanto è grande quella caraffa di Tequila? E se l'è bevuta quasi tutta.» «E se avesse preso anche qualcos'altro? Dei sonniferi, ma13


gari. E poi, guarda com'è rossa, dev'essere rimasta là fuori tutto il pomeriggio.» M.J. si svegliò quando la trascinammo sotto la doccia e aprimmo l'acqua fredda. «Basta!» esclamò, coprendosi il viso con le mani mentre cercava di raggomitolarsi. «Mary Jo Hollander, cos'hai preso oggi?» le chiese Bitsey con il suo tono più severo da madre allarmata. «Tequila. Lasciatemi in pace.» «Cos'altro?» Aprii l'acqua al massimo. «Niente» boccheggiò M.J. «Nient'altro!» «Niente pillole, Mary Jo?» insistette Bitsey. «No!» Bitsey e io ci guardammo e decidemmo di crederle. Così io chiusi l'acqua, lei andò a prendere degli asciugamani e insieme asciugammo M.J., la cambiammo e la mettemmo a letto. Bitsey si tolse le scarpe. «Non dovrebbe vivere sola.» «Tutte viviamo sole.» «Io no.» Mi massaggiai la caviglia sinistra, ancora dolorante dopo l'avventura con il cancello. «Le tue figlie se ne sono andate e Jack non c'è mai. Ammettilo, Bitsey, sei sola quanto me e M.J.» «Oggi sei intrattabile! Ti devono arrivare?» Bitsey è un agnellino, ma non è completamente indifesa. Con me, però, non ha speranze. «Perlomeno non sono ancora troppo vecchia per non avere più il ciclo.» Bitsey mi scoccò un'occhiata da incenerirmi. Il mese successivo avrebbe compiuto quarantotto anni e, stando alla sua ginecologa, poteva considerarsi ufficialmente in menopausa. Questione delicata. Ero di pessimo umore, ma mi sarei potuta risparmiare una cattiveria del genere. «Se non altro io non morirò sola» disse, senza però alcuna traccia di veleno nella voce. Io mi strinsi al petto un cuscino. «Mi dispiace.» 14


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