Tutto per lui

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Sharon Kendrick

Tutto per lui


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Seduced by the Boss Italian Boss, Housekeeper Bride Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2000 Sharon Kendrick © 2007 Sharon Kendrick Traduzioni di Giacomo Crespi e Paola Picasso Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni Collezione Harmony giugno 2001 - novembre 2008 Questa edizione myLit marzo 2016 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2016 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) MYLIT ISSN 2282 - 3549 Periodico mensile n. 32 del 17/03/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 162 del 31/05/2013 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Solo per un weekend



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Tutto iniziò con una lettera. Megan la teneva tra le mani, studiandola attentamente. Doveva essere una lettera d'amore. La busta era di colore rosa e la calligrafia ben curata. Chi aveva scritto quella lettera aveva scelto una penna stilografica e un inchiostro non molto comuni. Voltò la busta e sorrise. Era divertente pensare che il suo esigente capo fosse il destinatario di un'altra di quelle stravaganti missive! Chi se lo sarebbe immaginato? Il signor no per eccellenza che riceveva lettere d'amore! Lo faceva apparire quasi umano. Megan lavorava per Dan McKnight da piÚ di tre mesi ed era felicissima. La società era in forte crescita, i colleghi giovani e dinamici e lo stipendio molto alto. Nessun altro impiego nell'industria dell'informatica le avrebbe concesso tali privilegi, e lei ringraziava ogni giorno il cielo per aver ottenuto quel posto alla Softshare. I dipendenti erano per il novanta per cento uomini e per il dieci donne. Questo dato avrebbe potuto rappresentare un paradiso per ogni ragazza, ma non era il suo caso. Gli uomini alla Softshare si somigliavano tutti nei modi e nel lin7


guaggio, e non erano per nulla attraenti. L'eccezione che confermava la regola era proprio Dan McKnight, il suo capo. Lui non apparteneva allo stereotipo dell'esperto di informatica, era un altro pianeta. La maggior parte dei colleghi non aveva nessun gusto nel vestire e si radeva di rado ma Dan passava dal barbiere ogni settimana, e suoi capelli non erano mai troppo lunghi o troppo corti. La classica divisa alla Softshare era un paio di bluejeans e una maglietta... per molti ma non per Dan. Con i capelli perfettamente pettinati all'ultimo grido, sembrava sempre uscito dalla copertina di un giornale di moda maschile. Peccato che lei non lo trovasse attraente... Diede un ultimo sguardo alla lettera e poi alzò gli occhi proprio quando la porta dell'ufficio si aprì ed entrò il suo capo. Si alzò in piedi immediatamente, nello stesso modo in cui era solita fare a scuola quando il preside entrava in aula. Non c'era forse qualcosa in Dan che le ricordasse un preside? Forse era la sua severità, o la determinazione nell'ottenere sempre gli obiettivi che si imponeva giorno dopo giorno. Era straordinariamente ben fatto e molto alto. I completi che indossava, sempre grigi, dello stesso colore dei suoi occhi, risaltavano il nero intenso dei capelli. Soltanto la bocca sembrava stonare con l'aspetto così controllato di quell'uomo. Era troppo sensuale, troppo latina per appartenere a Dan McKnight. «Dai, dimmi, com'è?» 8


La compagna di appartamento le faceva spesso questa domanda, ma Megan trovava difficile dare una risposta. C'era qualcosa nello sguardo di Dan che la inquietava. Sapeva che non era sposato, che viveva in un quartiere esclusivo di Londra e che possedeva una delle menti più acute nel campo dell'informatica. Tutto qui, eccetto l'evidente fatto che fosse troppo ricco, troppo capace e troppo bello. «Buongiorno, Dan» disse lei con gentilezza. Lui la guardò come se si stesse concentrando per ricordare chi fosse quella donna che lo salutava e, dopo averle concesso un piccolo sorriso, chiuse la porta dell'ufficio alle sue spalle. La nuova assistente gli piaceva. Piena di entusiasmo e di iniziativa, anche il suo modo di vestire era adatto al ruolo che ricopriva. Oggi ne era il perfetto esempio. Quel paio di pantaloni beige e quel golfino di cotone leggero color crema che indossava, la rendevano elegante senza essere appariscente. Dan voleva che le sue collaboratrici fossero superefficienti e non troppo vistose, e Megan dimostrava entrambe queste qualità. Alcuni dirigenti alla Softshare avevano com messo l'errore di scegliersi segretarie che sembravano attrici o modelle e Dan li aveva guardati con divertimento mentre i poveri cercavano di concentrarsi sul lavoro da svolgere piuttosto che su un paio di magnifiche gambe! «Buongiorno, Megan» disse mentre appoggiava a terra una pesante ventiquattrore di pelle marrone. 9


«Buongiorno. Allora, com'è andata a teatro?» domandò lei. Dan alzò le sopracciglia. Le aveva parlato dello spettacolo teatrale? «È stato... piacevole.» «Penso che il commediografo dovrebbe inginocchiarsi ai tuoi piedi, nell'udire questo giudizio» osservò Megan con un sorriso solare. «Io sono stata a vedere quello spettacolo e l'ho trovato spaventoso.» «Davvero? Che coincidenza...» rispose Dan senza mostrare il minimo interesse per quello che lei gli stava dicendo. Se Megan aveva un difetto, era sicuramente quello di chiacchierare troppo. Parlava spesso e di qualsiasi cosa. Voleva sapere l'opinione di Dan sulla musica, sui quotidiani e sulla situazione economica del paese. E alcune volte, con grande sorpresa, lui si trovava a discutere con lei di questi argomenti! Piegò le labbra in una smorfia. «Forse adesso è meglio se ci mettiamo al lavoro, non credi?» Megan capì al volo che doveva chiudere la bocca, anche se non le era mai stato facile farlo. Forse perché era cresciuta in una numerosa e rumorosa famiglia. «Vuoi che prepari un caffè?» chiese lei con entusiasmo. La risposta fu fredda. «Non per me. Ho appena fatto colazione.» «Oh, d'accordo. Guarda che cosa è arrivato per posta questa mattina» disse rimanendo seduta alla scri10


vania e alzando la mano che reggeva la busta rosa. «Mmh...?» chiese lui, con aria assente. «È una lettera.» Dan fece una pausa mentre appendeva la giac ca di fine lino all'attaccapanni. Diede un rapido sguardo alla lettera, da lontano. «Lo vedo che è una lettera!» «Un'altra lettera» sottolineò Megan. «Buttala nel mio cestino.» Megan non riuscì a trattenersi. Qualcuno aveva preparato quella lettera con cura e Dan non si degnava neppure di aprirla. «Non hai intenzione di leggerla?» chiese sorpresa. Lui si voltò, negli occhi grigi apparve un lampo di irritazione. Quella ragazza parlava come se fosse sua madre. «Scusa?» «Ho notato altre lettere con la stessa calligrafia e tu...» «E io, che cosa...?» la interruppe lui. «Non ti sei neppure preoccupato di leggerle» concluse Megan. «Ti sbagli» la corresse Dan scuotendo la testa, «dire che non mi sono preoccupato di leggerle presuppone il fatto che io sia stato negligente e scorretto. Invece io ho volontariamente scelto di non aprirle.» La curiosità di Megan crebbe, si domandava chi fosse il mittente di quelle buste misteriose. «Posso allora chiederti perché?» Dan la fulminò con lo sguardo. «No, non puoi chiederlo! Tu vieni pagata per assistermi non per interrogarmi! Quindi ti consiglio di a11


prire immediatamente l'agenda ed elencarmi gli appuntamenti di oggi! E metti quella lettera nel mio cestino.» Quel tono non piacque a Megan. Pensò al suo stipendio e convenne che fosse meglio non andare oltre. Si nascose dietro un educato sorriso di convenienza. «Certamente. Questa mattina c'erano due messaggi dal Giappone nella segreteria telefonica e poi, prima che tu arrivassi, hanno telefonato dalla Repubblica Ceca. Un funzionario del governo ha urgenza di parlare con te. Dovresti richiamarlo appena possibile.» «Lo farò.» Dan si avvicinò alla finestra e guardò fuori: il parcheggio sottostante era occupato da una dozzina di macchine di grande cilindrata, tra quelle c'era anche la sua. «Qualcos'altro?» «Devi incontrare Sam Tenbury per discutere di una eventuale sponsorizzazione da parte della Softshare per un torneo di tennis. Pranzerete insieme.» «Dove?» Megan sorrise, sicura di sé. Aveva chiesto a un collega quale fosse il più esclusivo ristorante della città. Anche se Dan McKnight era l'uomo più pignolo del mondo, non avrebbe potuto non accettare la sua scelta. «Ho prenotato al Riverside Restaurant.» «Cancella la prenotazione.» «Ma...» «Cancellala!» ripeté lui incrociando lo sguardo perplesso di Megan. «Ho troppe cose da fare per perdere tempo ad ascoltare camerieri che mi propongono piat12


ti raffinati e si aspettano un applauso a fine pranzo!» Megan aggrottò le sopracciglia. «Fanno soltanto il loro dovere, secondo me» rispose. «Sì, lo so» disse lui accennando un sorriso. «Vorrei solo che non interferissero col mio! E poi è il tipico ristorante dove gli uomini portano le loro amanti...» «E tu come lo sai?» domandò Megan curiosa. «Si vede proprio che tu non sei mai stata in quel ristorante...» «Hai ragione, non ci sono mai stata, ma ha un'ottima reputazione.» «E non la merita! Il cibo è mediocre e i prezzi sono eccessivi per il servizio che offrono. Non voglio perdermi in un menu troppo ricco e avere il bicchiere continuamente rimboccato da un cameriere che mi sta alle spalle. Oggi non devo sedurre nessuno!» «Beh, Sam Tenbury sarà contento!» scherzò lei di rimando. Dan le lanciò uno sguardo di rimprovero. «Voglio solo pranzare e parlare di affari.» «Giusto!» convenne Megan, «ma io non conosco altri ristoranti nella zona. Tu hai qualche suggerimento?» «Potremmo mangiare qui.» Megan si vide per un istante andare e venire dall'ufficio, portando vassoi di panini e bibite. Dan non poteva chiederle tanto. «Intendi dire... qui in ufficio?» Lui la guardò con perplessità. «No, non qui» rispose sarcastico, «non voglio avere la scrivania piena di 13


briciole! Intendo dire che potremmo pranzare nella piccola sala da pranzo riservata ai dipendenti.» «Oh, capisco...» «Povero Sam Tenbury» pensò Megan. Si aspettava certamente di essere portato in un posto esclusivo e invece... «Come preferisci. Cancellerò la prenotazione. Spero solo che il nostro cliente non rimanga deluso.» «Deluso... perché dovrebbe? Dovresti conoscere ormai la filosofia della nostra compagnia. Da quanto tempo lavori per noi? Da più di un mese, vero?» «Più di tre mesi» lo corresse lei pensando se Dan lo stesse facendo apposta oppure no. Quell'uomo aveva il potere innato di sminuire le persone che gli stavano accanto. «E...» iniziò lui sedendosi alla scrivania, «che cosa hai imparato fino ad adesso?» Lei si sentì come una bambina a cui era stato chiesto di ripetere le tabelline di fronte al maestro. «Che la sobrietà è la base della nostra azienda» rispose lei senza esitare. «Che i nostri dirigenti viaggiano in classe economica e non danno importanza alle apparenze.» «Molto bene, Megan» commentò lui a bassa voce, mentre accendeva il computer. «Sono stata brava?» replicò a quel punto lei con voluta ironia, ma ormai Dan era assorto nel suo lavoro e non si degnò neppure di rispondere. L'ufficio consisteva in una grande e luminosa stanza ed era stato progettato da uno studio di architettura per interni. L'arredamento era costituito da due grandi scriva14


nie, l'una di fronte all'altra, e ciò non favoriva certamente Megan che poteva rilassarsi soltanto quando il suo capo non era fisicamente presente. Ma questo succedeva molto raramente. Un angolo della stanza era stato predisposto a salotto: un divano, due poltrone e un piccolo tavolo di cristallo. Fiori freschi venivano portati ogni settimana da un fiorista. Lavoravano da alcune ore quando lo stomaco di Megan iniziò a protestare. Dan era assorto co me sempre nel suo lavoro e sembrava non mostrare segni di stanchezza. «Ti andrebbe una tazza di tè?» chiese Megan, «oppure preferisci una camomilla?» Dan scosse la testa. «No, prenderò una tazza di caffè, forte e senza zucchero, come sempre.» «Troppa caffeina non ti fa bene, ti rende più irritabile.» «Esatto! Altrimenti perché berrei il caffè?» rispose lui sarcastico. Megan uscì dall'ufficio e ritornò dopo pochi minuti con una tazza di caffè nero bollente, come piaceva a Dan. Forse era proprio il caffè a renderlo così attivo. E così magro. Si sedette alla scrivania e iniziò a mangiare una grossa mela verde, mentre Dan parlava al telefono con un fornitore di Tokio. A mezzogiorno ricevette una telefonata dalla reception: Sam Tenbury era arrivato e aspettava di essere ricevuto. Dan si stirò e fece un rumoroso sbadiglio. Megan si domandò istintivamente con chi fosse an15


dato a teatro la sera prima e che cosa avesse fatto dopo che lo spettacolo era terminato. Forse era uscito con l'autrice della lettera che ora era nel cestino della spazzatura. «Okay, Megan. Sai dove trovarmi. Ci vediamo fra un'ora» disse lui uscendo dall'ufficio. Adesso la stanza appariva vuota senza la presenza magnetica del suo capo. Stava per scartare il suo panino al formaggio, quando squillò il telefono. «Ufficio di Dan McKnight. Sono Megan, posso aiutarla?» Ci fu un attimo di pausa e poi una voce di giovane donna chiese: «Dan non c'è?». «Mi dispiace, è appena uscito per un pranzo di lavoro» rispose Megan, con professionalità. «Oh, capisco.» La voce sembrava appartenere a una ragazza molto giovane. «Devo lasciare un messaggio?» «No!» «Devo riferire a Dan che l'ha cercato...» «No, no! Non ha importanza, davvero.» La ragazza dall'altro capo del telefono pareva molto dispiaciuta e così lei si sentì autorizzata a ripetere la domanda. «Sei sicura? Se vuoi posso lasciargli un messaggio. Sarà di ritorno molto presto.» «A dire il vero... non so se dovrei...» Megan intuì che la ragazza voleva dire qualcosa ma non ne aveva il coraggio. «Dimmi pure, con me puoi parlare» la incalzò. «Ma... sai dirmi se oggi Dan ha aperto la posta?» chiese la ragazza, con voce incerta. 16


Lei intuì tutto al volo: stava parlando con chi aveva scritto la lettera rosa e profumata. Poteva scommetterci l'intero stipendio! Ma come poteva dire a quella poverina che le sue lettere venivano regolarmente cestinate senza neanche essere aperte? «Dan riceve sempre molta posta, elettronica e non» rispose Megan con gentilezza. Stava dicendo la verità, in fondo. «Oggi ha avuto una mattinata molto impegnata, non credo abbia avuto tempo di aprire tutte le lettere.» «Ah, capisco... Probabilmente è per questo che non mi ha ancora telefonato.» «Ti faccio richiamare appena ritorna in ufficio, d'accordo?» Dall'altro capo del telefono non ci fu un'immediata risposta. «No, non ce n'è bisogno. Lo vedrò questo fine settimana, grazie lo stesso» le disse con voce incerta. La conversazione si interruppe senza che Megan potesse aggiungere altro. Rifletté a lungo se e come riferire a Dan di quella telefonata. Decise di farlo ma con la massima professionalità. Dan rientrò in ufficio dopo le due e andò a sedersi alla scrivania, salutando la sua assistente con un impercettibile cenno del capo. «Dan?» Megan attirò la sua attenzione. «Sì...?» «Mentre eri a pranzo col cliente, ha telefonato la tua ragazza.» Lui alzò il volto e la osservò con intensi occhi grigi. «Ah, davvero?» 17


C'era qualcosa nel suo tono che non piacque a Megan. «Sì. Circa mezz'ora fa» rispose lei. «Di quale amica stai parlando, scusa?» la corresse lui. «Intendi dire che ne hai più di una?» Lei non riuscì a nascondere il tono di disapprovazione e di accusa con cui aveva formulato la domanda. Dopo un minuto di silenzio in cui Dan fu tentato di alzarsi e comunicarle che il loro rapporto lavorativo era finito, si calmò. Non poteva cacciare una valida collaboratrice per così poco! «Ho molti amici, di entrambi i sessi» rispose lui mantenendo la massima calma, «e tu?» L'imbarazzo si impadronì della povera Megan. «Sì... anch'io» rispose sentendosi un po' sciocca. Dan continuò a guardarla con severità. «E vuoi dirmi il suo nome?» Realizzò che quella ragazza non le aveva detto il nome! «Ehm... in realtà non lo so.» «Non lo sai» ripeté lui, con animosità. «No.» «Non sai chi mi ha cercato?» «Ecco io...» «Non sai che dare messaggi incompleti è una delle cose più irritanti di questo mondo? Non sono mai riuscito a tollerarlo, neppure dal mio compagno di stanza in università. Figuriamoci se l'accetto da una mia collaboratrice!» Megan non sapeva come replicare. Da un lato voleva mantenere un comportamento professionale, 18


dall'altro voleva aiutare quella povera ragazza le cui lettere venivano regolarmente cestinate. Vinse la solidarietà tra le donne. Guardò Dan dritto negli occhi e, senza mostrare la minima incertezza, disse in tono secco: «Mi ha detto che ti ha scritto e che tu non ti sei degnato neppure di rispondere». «Oh... e che cos'altro ha detto?» chiese lui pacato. La sua inaspettata calma la terrorizzava. «Che vi vedrete il prossimo fine settimana.» Lui emise un sospiro. «Ah, capisco...» Megan osò un'ultima frase in difesa della ragazza. «Scusa se te lo dico, ma sembrava sconvolta e...» «E...» la incalzò lui. Megan spalancò gli occhi. Sembrava che Dan le stesse chiedendo un parere personale e allora... perché non darglielo? «Io penso che quella poverina si meriti almeno una risposta.» Dan scoppiò a ridere fragorosamente. Si stava prendendo gioco di lei. «Tu credi?» chiese lui con ironia. «E non pensi che esistano validi motivi per cui io non risponda a quelle lettere?» «Ad alcuni uomini piace far soffrire la propria fidanzata.» «Vedo che hai una grande stima del tuo capo.» «La mia è soltanto un'ipotesi. Io non ti conosco molto bene» mormorò lei. «Non mi conosci affatto!» commentò lui. «Se mi conoscessi, sapresti che non ho tempo da perdere con una ragazzina viziata.» 19


«Una... ragazzina?» chiese Megan stupita e incuriosita allo stesso tempo. «Io ho trentatré anni. Non ho più l'età per seguire chi ne ha appena venti.» «Hai una relazione con una di vent'anni?» chiese Megan allibita. Dan divenne rosso dalla rabbia. «Certo che no!» disse cercando di non perdere la calma. «Devo ammettere che ti sei fatta un'idea piuttosto sbagliata di me. Come puoi pensare che mi piacciano le ragazze di quell'età?» «Non capisco...» insistette Megan. «Raccontami che cosa c'è tra voi due.» Dan sospirò. Aveva sempre cercato di tenere la sua vita privata al di fuori della Softshare, ma Katrina aveva telefonato in ufficio e questo significava che da quel giorno in avanti non avrebbe avuto pace. Tanto valeva parlarne con Megan. «Si chiama Katrina e pensa di essere innamorata di me.» «Perché?» Lui scoppiò a ridere. «Tu che cosa pensi?» chiese provocandola, «ritieni che io l'abbia corteggiata da quando era nella culla?» «Dan!» «Ho già capito che hai preso le sue difese. Solidarietà tra donne, credo.» «Io non ho preso le difese di nessuno! Mi dispiace solo per lei.» «E fai male! Tu non sei in grado di giudicare nessuno, non conosci la situazione.» 20


«Hai ragione» convenne Megan. «Perché non me ne parli?» Lui assunse un'aria pensosa. La osservò con attenzione come per capire cosa lei stesse pensando. Poteva fidarsi di quella donna? Non c'erano alternative. Non poteva andare avanti ignorando il problema, fingendo che tutto fosse sotto controllo. «Forse dovrei parlartene» disse lui a bassa voce. Si sedette alla scrivania e si passò una mano nei folti capelli. «Okay» aggiunse dopo alcuni istanti. «Ti racconterò la storia di Katrina, così mi dirai la tua opinione. Ci siamo intesi, Megan?» disse lui, accompagnando la frase con un sorriso.

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Questo mese A volte le storie d'amore possono meritare una seconda opportunità. Penny Jordan ce lo racconta come solo lei sa fare. Sharon Kendrick ci porta alla scoperta degli uomini di potere, perché quando un capo è dannatamente sexy, l'unica soluzione possibile è cedere al suo fascino.

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