Un amore scritto nel destino

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CANDACE CAMP

Un amore scritto nel destino

Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: His Improper Lady HQN Books

© 2021 Candace Camp Traduzione di Rossana Lanfredi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises ULC.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

© 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special novembre 2022

Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2022 da CPI Moravia Books

I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 5379

Periodico mensile n. 330S del 12/11/2022

Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 20132 Milano

HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 20135 Milano

Per Kat.

Non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto quello che fai. Sei la migliore!

Dedica

Si sentì un grido da qualche parte nell'edificio, sotto di lui. Non fu molto forte, ma bastò a svegliare Tom nel suo appartamento al piano più alto. Aveva il sonno leggero, abitudine che gli derivava da un'infanzia nella quale abbassare la guardia significava rischiare la vita. Restò immobile per un momento, in ascolto. Conosceva bene quell'edificio. Ci viveva da circa un anno, da quando Con si era sposato, e da quindici trascorreva le sue giornate nell'ufficio dell'agenzia al piano inferiore. Riconosceva ogni cigolio, ogni schiocco; rumori normali che non lo avrebbero svegliato.

Più di tutto, Tom sapeva com'era il silenzio dell'edificio di notte. E capì che qualcosa non andava. Scese dal letto, infilò i pantaloni e, mentre raggiungeva la porta, afferrò la camicia dalla spalliera della sedia. Aprì e, di nuovo, tese le orecchie. Era un tonfo? Non sarebbe stata una novità che qualcuno stesse tentando di introdursi in uno dei negozi del pianterreno e, sebbene quelle botteghe non facessero parte dell'accordo per il suo appartamento, Tom sentiva dentro di sé il dovere di proteggere l'edificio. Era, dopotutto, quello che di più vicino a una casa lui avesse mai avuto.

Prese le chiavi dal gancio a cui erano appese, le strinse in pugno per evitare che tintinnassero e si diresse silenziosamente verso le scale. Le scese altrettanto piano, evitando anche il gradino che cigolava. Si muoveva furtivo, come ormai gli veniva naturale.

Ecco. Quello sì che era un tonfo, ne era sicuro. Scese l'ul-

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tima rampa di scale velocemente e arrivò accanto alla porta dell'ufficio di Alex. Tutto era buio e silenzioso quando si girò a controllare il corridoio scuro.

Supponeva che l'intruso si trovasse al piano inferiore, dove il farmacista e l'orologiaio avevano i loro negozi, ma era da sotto la porta dell'ufficio all'estremità opposta del corridoio che proveniva una debole luce. L'ufficio della Moreland & Quick. Il suo ufficio. Tom cominciò a correre. Il pomolo non girava, poiché la porta era ancora chiusa a chiave, e lui perse secondi preziosi a infilare la chiave nella serratura.

Quando finalmente aprì, la luce era stata spenta e una figura scura cercava di uscire dalla finestra. Con una specie di ruggito, Tom attraversò in un lampo la stanza e afferrò il braccio dell'intruso con entrambe le mani, tirandolo dentro. Caddero tutti e due all'indietro, sul pavimento. L'intruso fu più rapido di lui a rialzarsi, ma Tom chiuse le dita di una mano intorno alla caviglia del ladro, lo strattonò e lo sconosciuto crollò ancora una volta sul pavimento, sulle ginocchia.

Si alzarono insieme, lottando, ma il suo avversario era più piccolo e meno forte e Tom fu in grado di immobilizzarlo, bloccandogli le braccia lungo i fianchi. In quel momento sentì un gradevole profumo. Proveniva sorprendentemente dall'intruso e, fatto ancora più strano, lo sconosciuto non indossava pantaloni e camicia, ma indumenti bizzarri che aderivano alle curve del suo corpo. Perché erano decisamente curve. Morbide e invitanti.

Il ladro era una donna.

Stupefatto, Tom allentò la presa e subito l'intrusa ne approfittò. Dopo avergli pestato un piede nudo, gli assestò una gomitata nello stomaco, quindi si girò. Uscì dalla finestra in un lampo. Tom allungò una mano per afferrarla, ma le sue dita presero soltanto aria.

La figuretta scura scappava da lui correndo lungo lo stretto cornicione di pietra che sporgeva sotto le finestre. Era uno spazio non più largo del palmo di una mano, ma lei lo per-

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correva con sicurezza, appoggiandosi con le dita al muro di mattoni. Che cosa diavolo avrebbe fatto una volta arrivata alla fine?

L'intrusa rispose a quella domanda saltando giù dal cornicione e aggrappandosi alla sbarra di ferro alla quale erano appese le insegne dei negozi. La forza di quel movimento la fece ondeggiare e, incredibilmente, lei parve agitare le gambe per aumentare lo slancio mentre avanzava poco per volta lungo la sbarra.

Dopo un altro paio di spinte, si lanciò nello spazio sottostante. Tom sentì il cuore balzargli in gola mentre lei volava nell'aria e atterrava rotolando sul parasole in metallo dell'edificio che confinava con il suo. Una volta là, la ladra scivolò lungo la tettoia in pendenza, girandosi sul ventre mentre si muoveva. Si afferrò al bordo per un istante per rallentare la velocità, quindi saltò leggera sul terreno.

Afferrato un fagotto piegato con cura accanto all'edificio, corse sulla strada. Il fagotto, a quel che pareva, era un mantello, perché lei lo scosse e se lo gettò sulle spalle senza smettere di correre.

Sbigottito, Tom la guardò scomparire nella notte.

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Tom restò immobile per un lungo momento, continuando a fissare sconcertato il punto in cui la donna era scomparsa nella nebbia e nel buio. Il mulinare del suo mantello mentre si dileguava faceva sembrare l'intera scena ancora più irreale, quasi fosse la parte finale di una magia. Misteriosa, sinistra persino... e assolutamente intrigante.

«Accidenti» sussurrò del tutto inadeguatamente, quindi scosse la testa, come se quel gesto potesse placare pensieri e domande che si inseguivano folli nel suo cervello.

Non c'era stata nessuna magia. Si era trattato di una fuga pianificata e ben eseguita. La sconosciuta aveva persino piegato il mantello lasciandolo nel punto in cui avrebbe potuto prenderlo mentre si allontanava. Dio solo sapeva quanto bisogno aveva di qualcosa che coprisse ciò che indossava. Che diavolo erano quegli indumenti?

Il tessuto gli era sembrato morbido sotto le dita e aderiva alla pelle come una calza. Quella sorta di costume l'aveva coperta dal collo alle caviglie, braccia comprese, ma non era per niente pudico, anzi, lasciava ben poco all'immaginazione. O forse lasciava troppo all'immaginazione, conducendo a ogni tipo di disturbanti pensieri. La donna aveva indossato anche una gonna incredibilmente corta, che le arrivava fino a pochi pollici sotto le cosce e che, più che nascondere, stuzzicava.

Non era certo per questo, tuttavia, che lei l'aveva indossata, ma perché le aveva permesso di arrampicarsi lungo un e-

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dificio e compiere quelle stupefacenti manovre acrobatiche. Ma naturalmente! Ecco la spiegazione. Erano abiti simili a quelli indossati dagli artisti da circo. Quelli in genere erano bianchi e ornati di perline, lustrini e roba del genere, ma essenzialmente erano gli stessi. Lei doveva essere un'acrobata, una di quelle donne che volavano nell'aria e affidavano la loro vita a qualche uomo che, appeso a testa in giù da un trapezio, le avrebbe afferrate.

Tom si domandò se si esibisse in un circo o in un teatro e si introducesse negli edifici per guadagnare qualche soldo in più. O forse aveva rinunciato a perline e lustrini per dedicarsi a tempo pieno ai furti. Simili abilità erano di certo molto utili a un ladro. E quelle della misteriosa donna erano davvero notevoli.

Tom emise un suono di disgusto. Ma che cosa faceva? Ammirava le abilità di una ladra, pensava alla morbidezza del suo seno sotto le dita e a come il suo profumo l'avesse avvolto? Doveva capire che cosa stava succedendo. Accese le lampade a gas, illuminando la stanza, quindi controllò i danni. Non erano molti.

Lei era evidentemente una professionista, aveva eseguito un lavoro veloce e ordinato. Tom con ogni probabilità non si sarebbe nemmeno accorto che qualcuno aveva frugato nel suo ufficio se non fosse stato svegliato. Sospettava che quel rumore fosse stato provocato dall'apertura dell'armadio dietro la scrivania di Con, che aveva i cardini arrugginiti ed emetteva un cigolio simile a un urlo terrificante... Tom aveva avuto intenzione di oliarli, ma in quel momento pensò che, in fondo, era meglio lasciare tutto com'era.

Qualche cassetto sporgeva un po', gli oggetti sulla scrivania erano stati spostati. Un libro era caduto da una pila... senza dubbio era stato quello il tonfo che aveva sentito mentre scendeva le scale. Identificare la causa dei rumori, tuttavia, non lo aiutò a capire quali fossero state le intenzioni della ladra. Era però certo che la donna non aveva trovato ciò che era venuta a cercare. Lui non aveva sentito nessun og-

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getto nascosto sotto il suo costume, e le mani dell'intrusa erano vuote. Era una notizia positiva, ma che non gli permetteva di sapere che cosa doveva proteggere o nascondere.

Suppose che l'acrobata avesse cercato del denaro, ma non v'era ragione di tenere nulla più che una piccola somma in contanti in quella stanza. I guadagni suoi e di Con erano al sicuro in una banca, e di certo nessuno li pagava con mucchi di sterline. No, se qualcuno voleva denaro, l'orologiaio o il farmacista, al piano inferiore, avevano oggetti di valore maggiore. Ed entrambi dovevano avere più denaro nel registratore di cassa, frutto delle vendite del giorno appena trascorso.

Con tutta probabilità, la ladra aveva cercato un certo oggetto che aveva un valore diverso da quello monetario. E poiché i ladri professionisti di solito erano interessati soltanto al denaro, pareva proprio che lei fosse stata assoldata per trovare l'oggetto desiderato. Ma di che cosa si trattava? Chi l'aveva assoldata? E perché?

La risposta più logica era che doveva trattarsi di qualcosa collegato a uno dei casi di cui si occupava l'agenzia, così Tom li passò tutti in rassegna mentalmente mentre girava per la stanza rimettendo al loro posto gli oggetti spostati dalla ladra. La Moreland & Quick era un'agenzia famosa per ritrovare persone scomparse o oggetti smarriti o rubati. A volte erano oggetti di valore e venivano conservati nella cassaforte dell'ufficio fino a che non erano riconsegnati ai legittimi proprietari, ma attualmente nel loro forziere non c'era niente. Al momento si occupavano di un solo caso riguardante un articolo rubato, ma non lo avevano ancora rintracciato.

Restavano dunque da considerare soltanto le informazioni, il che avrebbe spiegato perché l'intrusa avesse aperto cassetti e armadi invece di cercare subito la cassaforte.

L'agenzia aveva pochi casi ancora aperti. C'era una donna che sospettava che il marito avesse una relazione. Un'altra sicura che un domestico avesse rubato diversi oggetti e voleva scoprire chi fosse. Poi, nel loro schedario da mesi, c'era il

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caso di una persona scomparsa che ormai veniva data per morta. Tom non era riuscito a trovare nemmeno una traccia di quella persona, e persino le capacità speciali di Alex e Con avevano deluso le aspettative.

Era evidente, perciò, che l'agenzia non era in possesso di nessuna informazione in proposito. Per quel che riguardava poi il marito fedifrago, Tom lo aveva pedinato diverse volte e aveva appunti sui suoi movimenti. Poiché aveva accertato che costui non solo avesse un'amante, ma si incontrasse ogni tanto anche con una donna sposata, era possibile che l'uomo, appreso dell'indagine sul suo conto, intendesse far sparire ogni indizio a suo carico. Quelle informazioni, tuttavia, erano al sicuro nella testa di Tom; in realtà gli appunti non gli servivano molto. In ogni caso, finché l'uomo avesse proseguito nelle sue attività extraconiugali, a lui sarebbe bastato seguirlo di nuovo.

La stessa cosa accadeva per il domestico ladro... Il fatto interessante era che lui aveva cominciato a sospettare che non si trattasse di un domestico, ma di una delle migliori amiche della donna. Una volta ancora, tuttavia, tutto ciò che lui possedeva erano appunti degli interrogatori dei domestici, e avrebbe con facilità potuto ottenere di nuovo quelle informazioni che, peraltro, erano al sicuro nella sua mente.

In quel momento non c'era nemmeno uno dei casi particolari di Con. Ora che sua moglie, Lilah, era in attesa di un bambino, Con pareva molto meno interessato ai fenomeni soprannaturali e veniva in ufficio di rado, preferendo restare a casa e accudire Lilah. L'ombra di un sorriso curvò le labbra di Tom a quel pensiero. Lui e Alex avevano fatto una piccola scommessa su quando Lilah non ne avrebbe potuto più delle eccessive premure del marito e lo avrebbe minacciato di fargli del male fisicamente.

E se si fosse trattato di uno dei loro vecchi casi? Non riusciva a immaginare, però, perché qualcuno volesse impadronirsi di un vecchio schedario. Andò alla scrivania e scostò la sedia. In quella zona della stanza, là dove lui e la ladra ave-

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vano lottato, aleggiava ancora una traccia del profumo che aveva sentito in precedenza Era una fragranza insolita, esotica e sensuale, che lo turbò come mai nessun altro profumo aveva fatto prima, in modo intenso, viscerale.

Persino quella lieve traccia lo stuzzicò. Scrollando le spalle, fece per sedersi, ma lo scintillio di qualcosa di metallico colse il suo sguardo; era proprio sotto la scrivania, nascosto fino ad allora dalla sedia. Tom si chinò e raccolse una delicata catenina a cui era appeso un disco d'argento.

Rammentò allora che, mentre lottava contro l'intrusa, si era sentito graffiare le dita da una catena. Quello che ora aveva in mano doveva essere un girocollo e la maglia sottile si era spezzata, cadendo sul pavimento durante la colluttazione. Di certo non apparteneva a lui e non si trovava sotto la scrivania quella sera, quando aveva lasciato l'ufficio.

La esaminò. Il disco era di forma oblunga e qualcuno ci aveva praticato un foro a un'estremità, senza dubbio per legarci la catenina. Catenina che sembrava molto più preziosa del medaglione, il quale doveva essere di latta e stampato invece che inciso. Aveva però un aspetto raffinato e vi era impressa sopra una scritta dai caratteri eleganti: Farrington Club.

Tom chiuse le dita intorno al disco e con un sorriso cupo borbottò: «Bene, sembra proprio che mi abbiate lasciato un biglietto da visita».

Desiree Malone saltò giù dalla vettura pubblica e salì di corsa i gradini fino alla casa, il mantello nero che le fluttuava alle spalle. Sperando che nessuno fosse sveglio, varcò la porta d'ingresso e cominciò a salire la scala, le scarpe dalla suola sottile e flessibile silenziose sul tappeto persiano.

«Desiree?»

Dannazione. Ovvio che Brock dovesse essere nel salotto. Desiree si fermò e si voltò verso di lui, incollandosi un sorriso sulla faccia. «Che cosa fai ancora alzato?»

«Mi chiedevo dove fossi» fu l'asciutta risposta del fratello.

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Brock Malone era sulla soglia del salotto, ancora vestito da sera, le braccia incrociate e la fronte corrugata. «Sono tornato dal club mezz'ora fa e tu non c'eri.»

«Sono una donna adulta, Brock» si irritò subito Desiree. «Non devo rendere conto a te dei miei spostamenti.»

«Lo so bene» replicò lui. «Ma ti ho visto lasciare il club due ore fa e nessuno sapeva che fine avessi fatto.»

«Sì, eravamo solo preoccupati, Dez.» Il gemello di Desiree raggiunse Brock sulla soglia. Wells era una versione più snella del fratello maggiore, anche se i colori dei suoi tratti, come quelli di Desiree, erano più chiari dei capelli neri e degli occhi grigio tempesta di Brock. Aveva sempre posture pigre, spesso si appoggiava languidamente ovunque gli capitasse o si allungava sulle sedie, un'espressione vagamente divertita sul volto. Coloro che si affidavano al suo aspetto per giudicarlo, però, spesso se ne pentivano.

«Perché non hai preso la carrozza?» Lo sguardo di Brock si spostò sulla parte anteriore del mantello della sorella. L'atteggiamento combattivo che lei aveva assunto aveva fatto sì che i lembi si scostassero, svelando gran parte del costume che indossava sotto. «Be', hai appena risposto alla mia domanda. Ti sei intrufolata da qualche parte.» Il fratello sospirò e si passò le mani sulla faccia. «Desiree... che cosa stai combinando?»

Senza aspettare risposta, fece cenno agli altri due di entrare nel salotto e chiuse la porta. Attraversò la stanza e la sua zoppia parve più pronunciata, come spesso accadeva alla fine della giornata. Si fermò accanto al camino, quindi incrociò di nuovo le braccia e si appoggiò alla mensola, per non pesare sulla gamba ferita. Wells invece si spaparanzò sulla sua sedia preferita, le gambe allungate davanti a lui, le caviglie incrociate. Non la guardò con aria truce, come Brock, anzi, Desiree lesse un intenso interesse nei suoi occhi, mascherato dalla postura rilassata.

«In che guai ti sei cacciata ora?» chiese Brock, la voce più rassegnata che severa.

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«Non mi sono "cacciata" in niente» ribatté lei ma, vedendo la preoccupazione nello sguardo del fratello maggiore, notando i segni che circondavano la sua bocca, non poté fare a meno di sentirsi in colpa. Con un sospiro si tolse il mantello, lo appoggiò sullo schienale del sofà e si sedette. «Mi dispiace che ti preoccupi, ma avevo una faccenda da sistemare stanotte e non potevo far sapere niente al cocchiere.»

«Avresti potuto parlarne a me» osservò Wells. «Perché non hai chiesto il mio aiuto?»

«Meraviglioso» commentò Brock, sarcastico. «Così vi avrebbero presi entrambi.»

Wells posò due occhi gelidi sul fratello. «Io non mi faccio prendere.»

Brock gli lanciò uno sguardo sarcastico e tornò a rivolgersi a Desiree. «Tornare a quel vecchio modo di vivere, anche solo per una notte, è pericoloso, Desiree. Di certo lo capisci, vero?»

«Sapevo di non correre rischi» rispose lei, torva in volto. «Percepire il pericolo è quello che faccio, se ben ricordi.» E decise di omettere il particolare che sì, una volta era stata presa.

«Sì, sappiamo bene che tu sei in grado di riconoscere pericoli che la gente normale non avverte, ma non puoi avere ragione ogni volta» ribatté Brock. «E perché mai vuoi ricominciare a introdurti nelle case? Non hai bisogno di denaro. Non provvedo forse a te?» E fece un gesto con il braccio a indicare la stanza lussuosamente arredata. «Che cosa ti manca? Sai che io...»

«Non mi manca niente, tu sei davvero generoso. Non l'ho fatto per denaro, l'ho fatto perché Falk mi ha detto...» «Falk!» Brock la guardò allibito.

Wells balzò in piedi, il suo volto di solito calmo era paonazzo. «Stavi lavorando per Falk? Buon Dio, Desiree, che cosa ti è preso? Perché hai ricominciato a frequentare quella canaglia? Hai dimenticato tutte le volte che...»

«Non ho dimenticato assolutamente niente» replicò lei in

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tono asciutto. «E disprezzo quell'uomo quanto voi.»

«Eppure hai rubato per lui.» Brock si avvicinò alla sorella «Perché? Cosa diavolo...»

«Ve lo dirò se la finite tutti e due di rimproverarmi e mi ascoltate!» Desiree si alzò. «E la smettete di incombere su di me.» Lanciò un'occhiataccia a entrambi i fratelli e loro si calmarono. Wells tornò sulla sua sedia e Brock si sedette per la prima volta. «Grazie. Falk mi ha chiesto di introdurmi nel l'ufficio della Moreland & Quick.» «Chi?» domandò Brock. «E perché?»

«Moreland dei Moreland del Duca di Broughton?» Le sopracciglia di Brock scattarono verso l'alto.

«Sì, penso di sì. Non so che cosa abbia a che fare quell'ufficio con i Moreland, ma l'insegna dice che è un'agenzia investigativa.»

«Oh, ancora meglio.» Brock sospirò.

Lei fece una smorfia. «Non sapranno mai che sono stata io.»

«Continuo però a non comprendere perché hai fatto qualcosa per Falk.»

«Era quello che voleva in cambio del nome di nostro padre.»

«Per quello hai rischiato la galera?» Brock si alzò di nuovo. «Posso dirti io chi è tuo padre. Un uomo debole ed egoista che è stato infedele a sua moglie e non si è mai interessato dei suoi figli. Era un uomo che non è riuscito a fare il suo dovere nei confronti della donna che era legalmente sua moglie e che ha abbandonato te e Wells. È scappato dal suo matrimonio, ma non ha voluto farlo da solo, così ha portato con sé nostra madre, la sua amante, lasciandoci a morire di fame. Perché vuoi sapere il suo nome?»

«Non ho detto che lui mi piace. So che i nostri genitori ci hanno abbandonato come un paio di scarpe rotte, ma voglio sapere chi era!»

«Che vantaggio ne ricaveresti?» insistette Brock.

«Non lo so! Tu non ti domandi mai chi era tuo padre? Di

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chi è il sangue che scorre nelle tue vene?» sbottò lei. «No. Mai. Quell'uomo per me non è niente. E il sangue che mi scorre nelle vene è mio.» Brock fece una pausa, gli occhi cupi. «Io e Wells siamo la tua famiglia. Non ti basta?» «Ma certo che mi bastate.» Desiree conosceva a sufficienza il fratello per vedere il dolore che si nascondeva dietro la sua espressione severa, e il senso di colpa la travolse. Balzò in piedi e lo abbracciò, dichiarando con veemenza: «Tu e Wells siete davvero la mia famiglia. La sola di cui ho bisogno. La sola che voglio». Si ritrasse, guardandolo dritto negli occhi perché vedesse che diceva la verità. «Sei stato il miglior fratello che si potesse desiderare. Ti sei sempre preso cura di noi, anche quando eri così giovane da avere bisogno che qualcuno si prendesse cura di te. Sei tornato da noi, come avevi detto che avresti fatto, e ci hai liberato da Falk. Hai costruito questa vita meravigliosa per noi.»

Un sorriso tremò agli angoli della bocca di Brock, che sollevò le mani. «Basta, basta. Mi hai convinto. Sono un uomo esemplare.» Le prese le dita e le strinse. «Non riesco a pensare che Falk possa essere una fonte di informazioni affidabile. Che cosa ti ha detto?»

«Niente, non l'ho ancora visto. Sono tornata dritta a casa. Dubito che mi dirà qualcosa perché non sono riuscita a trovare quello che voleva. Ma...» Una luce le brillò negli occhi. «Da quello che ho saputo, non credo che avrò più bisogno di lui. Nostro padre era un Moreland.»

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Un amore scritto nel destino CANDACE CAMP

Londra, seconda metà '800 Quando una sera Tom Quick sorprende un intruso nell'ufficio della sua agenzia investigativa, un intruso agile come un acrobata, con un seducente profumo e chiaramente in cerca di qualcosa, tutto si aspetterebbe tranne che si tratti di una donna. Per quanto non si fidi della bella Miss Desiree Malone, è deciso ad aiutarla a scoprire la verità sul suo passato, ignorando di andare incontro a un mistero che minaccerà le loro vite.

Una rivelazione per Therese Cynster

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Londra, 1851 Lord Devlin Cader, Conte di Alverton, ha preso in moglie Therese Cynster cinque anni prima. Per quelle che all'epoca sembravano ottime ragioni, non le ha mai detto che la ama tanto quanto lei ama lui, lasciandole credere che il loro sia un matrimonio a metà. Ma ora ha scoperto che l'amore è una forza troppo potente per essere negata e lui deve trovare il modo per rivelare a Therese la verità, senza perderla per sempre.

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Dal 13 gennaio

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