Un anno nuovo a new york

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Andrea Bolter

Un anno nuovo a New York


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Her New York Billionaire Harlequin Mills & Boon Romance © 2017 Andrea Bolter Traduzione di Federica Jean Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly gennaio 2018 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY SERIE JOLLY ISSN 1122 - 5390 Periodico settimanale n. 2733 del 23/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 56 del 13/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 «Perché hai la faccia blu?» Holly si bloccò, sorpresa. Aveva aperto la porta di un appartamento che avrebbe dovuto essere vuoto, e invece le luci erano accese e c'era un uomo a torso nudo seduto sul divano. Un uomo bruno molto attraente e a torso nudo stava leggendo il giornale sul divano. «Perché hai la faccia blu?» ripeté lui. Aveva le spalle così larghe che sporgevano dai lati del giornale aperto. Perché hai la faccia blu? Holly comprendeva le singole parole di quella frase, ma non riusciva a coglierne il senso. In realtà non riusciva nemmeno ad accettare mentalmente che c'era un uomo nell'appartamento, figuriamoci capire che razza di domande le stava facendo. Controllò le chiavi che aveva in mano, pensando di aver sbagliato porta, e notò di avere le mani macchiate di blu. Blu cobalto, per l'esattezza, uno dei suoi colori preferiti. Ah. Adesso cominciava a capire. Pochi minuti prima, si era messa al riparo dalla pioggia nell'ingresso dell'edificio e aveva frugato 5


nel borsone alla ricerca delle chiavi dell'appartamento. Nel borsone teneva anche diversi tubetti di colore, pennelli, disegni cui stava lavorando e svariati altri oggetti. Probabilmente il blu cobalto si era aperto. E probabilmente si era toccata il viso con le mani macchiate. «Cosa ci fai, qui?» chiese all'uomo a torso nudo. «Questo appartamento appartiene alla mia società.» Lo sconosciuto abbassò il giornale e lo ripiegò con nonchalance posandolo poi sul divano accanto a sé. Holly trattenne il fiato vedendo il torace snello e muscoloso che emergeva da un paio di pantaloni di pigiama. «E tu, invece, cosa ci fai qui?» chiese lui. Holly deglutì, prima di rispondere. Era parecchio che non vedeva un uomo mezzo nudo, ed era da tutta la vita che non vedeva un uomo così bello. «Alloggio qui» rispose. Era stato un viaggio piuttosto pesante, e l'ultima cosa che voleva era mettersi a discutere. Sbatté le palpebre e cercò di riordinare le idee. «Mi hanno detto che potevo utilizzare questo appartamento.» «Deve esserci stato un errore.» Un errore? Di cosa sta parlando quell'uomo? «Sono appena arrivata dalla Florida. Mio fratello Vince lavora nell'ufficio di Miami della Benton Worldwide Properties. Questo è uno degli appartamenti che la società mette a disposizione dei suoi visitatori qui a New York.» «Vero.» «Vince ha prenotato quest'appartamento per me. Me l'ha confermato la settimana scorsa e ha chiamato anche ieri il quartier generale della Benton a Bo6


ston» disse Holly. «Ho tutte le ragioni di stare qui.» «Sono Ethan Benton, vicepresidente della Benton Worldwide. Come noterai dal mio abbigliamento, in questo momento sto usando io questo appartamento.» «Be', io sono Holly Motta e contavo di dormire qui. Vedi?» disse lei, mostrando le chiavi. «L'ufficio di Boston me le ha lasciate all'aeroporto.» «Mi spiace per l'inconveniente. Anch'io sono arrivato stasera. Domani mattina scoprirò chi è il responsabile di questo madornale errore e lo farò decapitare.» Era serio, ma l'angolo sinistro della sua bocca carnosa si sollevò leggermente. Ethan Benton e il suo torso nudo erano su un divano di pelle nera. Davanti al divano c'era un tavolino da caffè di vetro e, oltre a esso, due poltrone di pelle. L'arredamento era minimalista: alla parete c'erano due grandi foto in bianco e nero, una che raffigurava una orchidea in un vaso e l'altra un acero. Era tutto molto neutro e noioso. Era un tipico appartamento aziendale, pensò Holly, che in realtà non ne aveva mai visto uno. Elegante, ma privo di carattere. Non era il tipo di luogo dove ci si aspetta di trovare un uomo attraente e mezzo nudo. Non il tipo di luogo in cui un ricciolo bruno gli ricadrebbe sulla fronte come se fosse normale. Come se non fosse la cosa più affascinante che una donna stanca e zuppa di pioggia potesse vedere al suo arrivo da Fort Pierce, Florida. «Mi scuso ancora per l'inconveniente» disse l'uo7


mo con il ricciolo che ricadeva sulla fronte. «Purtroppo devi andartene. Ti chiamo un taxi.» «Ehi, aspetta.» Strappandosi dalla contemplazione del ricciolo di Ethan, Holly si diresse a grandi passi verso una delle poltrone di fronte al divano. Tenendo ben sollevate le mani macchiate di blu, si sedette. «Non era previsto che tu fossi qui. Forse sei tu quello che deve andarsene.» L'angolo delle labbra di lui si inarcò di nuovo in un modo che lei non sapeva se trovare affascinante o irritante. «Nemmeno per sogno. Non ho alcuna intenzione di sloggiare dall'appartamento della mia società.» Holly non riusciva a crederci. Quella mattina aveva preso un pullman da Fort Pierce a West Palm Beach. Poi il suo volo per Newark, New Jersey, aveva avuto un ritardo. Quando era finalmente atterrato, aveva preso un altro pullman fino a Manhattan. A quel punto era già buio e pioveva forte, e non era riuscita a trovare subito un taxi che la portasse a quell'indirizzo della Upper East Side. E ora doveva andarsene di lì? «E cosa dovrei fare?» «Be', potresti cercare un hotel.» Gli alberghi a New York erano costosi, ed erano mesi che Holly risparmiava per potersi finanziare quel viaggio. «Non posso permettermelo.» Ethan la fissò con espressione pensosa. Mentre la studiava, Holly notò che tamburellava distrattamente con le dita sui pettorali. «Non conosci nessuno a New York che potrebbe ospitarti?» le chiese. «No. Non conosco nessuno. Sono venuta per...» 8


Holly si interruppe. Quell'uomo era un estraneo, e forse era meglio non raccontargli troppo. Senz'altro, non era il caso di parlargli del suo ex marito, Ricky il Verme, o di quella squilibrata di sua madre. Forse si era messa davvero tutto alle spalle e adesso il mondo era ai suoi piedi. O forse la aspettavano ancora tempi difficili. Non aveva idea, ma era disposta a scoprirlo. Uno scroscio di pioggia sferzò i vetri delle finestre, e proprio in quel momento, una imbarazzante lacrima le sgorgò dall'angolo dell'occhio. Quando alzò la mano istintivamente per asciugarla, notò che anche il dorso delle sue mani era macchiato di blu cobalto. «Stai piangendo?» chiese Ethan, come se la cosa lo sorprendesse moltissimo. «No» mentì lei. «È stata una giornata dura.» «Perché non vai in bagno a darti una rinfrescata?» offrì lui, indicando il corridoio alle sue spalle. «È la porta a destra.» «Grazie.» Holly si alzò senza toccare niente e si diresse verso il corridoio. «Comunque non intendo andarmene.» Dietro il divano c'era un piccolo tavolo da pranzo di vetro e acciaio, con quattro sedie di pelle arancione, che fornivano un piacevole tocco di colore. Dietro di esse si apriva una minuscola cucina. Suo fratello le aveva detto che l'appartamento aveva una sola camera da letto. Era esattamente ciò di cui Holly aveva bisogno, per i primi tempi. Poi avrebbe capito se si sarebbe fermata a New York o se il suo destino l'avrebbe portata altrove. Entrò nel bagno rivestito di marmo e chiuse la 9


porta con il piede, cercando di convincersi che la stava chiudendo in faccia anche alla sua malsana attrazione per Ethan Benton... Anche se le ci volle un po' per smettere di chiedersi che sensazione avrebbe provato a sfiorare una di quelle spalle muscolose. Oh, no! Quando si vide nello specchio sopra il lavandino, si accorse che la situazione era molto peggio di quanto avesse immaginato. Aveva strisce orizzontali di blu cobalto su tutto il viso, che la facevano sembrare un guerriero maori, e i suoi capelli corvini erano attaccati alla fronte dalla pioggia e dal sudore. Sembrava uno spaventapasseri! Cosa poteva pensare quell'uomo di lei? Per evitare di sporcare, aprì il rubinetto con il gomito e mise entrambe le mani sotto l'acqua corrente finché questa divenne di un azzurro più chiaro. A quel punto utilizzò il sapone per togliere il resto del colore. Alla fine, le mani tornarono pulite, tranne qualche piccolo residuo di blu sulle cuticole, come al solito. Si asciugò le mani con una salvietta che trovò accanto al lavandino e si tolse la giacca di pelle nera prima di cominciare a lavarsi il viso. Aveva comprato quel giubbotto il giorno prima, per affrontare il freddo di New York, e le piaceva moltissimo. Ricky non l'avrebbe pensata allo stesso modo. Avrebbe detto che era troppo vistosa. Ma adesso Holly era l'unica ad avere il diritto di decidere come vestirsi e cosa fare, alla faccia di cosa ne pensava chiunque altro. Dopo aver lavato bene il viso, usò l'asciugamano per tamponarsi i capelli e infine li sciolse dall'elastico che li teneva legati in una coda di cavallo. Si era 10


fatta crescere i capelli fin oltre le spalle, per la prima volta in vita sua. Adesso con il suo nuovo taglio di capelli, il suo nuovo giubbotto e una nuova città da esplorare, si sentiva pronta per una vita completamente nuova. Si sistemò la maglietta e i jeans, e si chiese cosa avrebbe pensato Ethan vedendola adesso. Il che era assurdo, dato che non lo conosceva nemmeno! Però! Holly Motta non era niente male, una volta pulita. Distratto dalle macchie blu sul suo viso, Ethan non aveva notato l'azzurro trasparente dei suoi occhi, che contrastava piacevolmente con il nero dei capelli. Quando tornò dal bagno, gli sembrò che una ventata di energia animasse il salotto. Ethan non sapeva a cosa fosse dovuto, ma non aveva mai sperimentato niente di simile. «Va meglio?» fu tutto ciò che riuscì a dire. Fu contento di aver infilato una maglietta, anche se aveva ancora i piedi nudi. «Sì, grazie.» Lei gli passò davanti e si diresse verso le sue valigie, che erano ancora vicino alla porta d'ingresso. Ethan prese il suo tablet e lo accese. Era meglio trovare subito una sistemazione per Holly. In fondo non sapeva chi fosse: il mondo era pieno di truffatori, e non era il caso di credere sulla parola a una sconosciuta, anche se sembrava sincera e innocente. Doveva pensare a tutelare l'impresa di famiglia, di cui presto sarebbe stato alla guida. Appena fosse riuscito a convincere sua zia Louise ad andare in pensione. 11


Come se un attacco di cuore non fosse bastato, adesso la sua carissima zia cominciava a perdere l'equilibrio e la mobilità a causa di una rara patologia neurologica che faceva venir meno la sensibilità degli arti. Quel sabato ci sarebbe stata la serata di gala annuale per gli azionisti della Benton Worldwide. Ethan sperava che zia Louise non avesse ancora sul viso i lividi dovuti alla caduta che aveva fatto la settimana prima. Ethan doveva tutto a zia Louise e a zio Melvin, che era morto cinque anni prima. Solo grazie a loro non era diventato uno dei tanti bambini abbandonati e privi di sostegno. Sua zia aveva espresso un'ultima richiesta prima di dare le dimissioni dall'impresa che lei, lo zio Mel e il defunto padre di Ethan avevano trasformato in un impero in cinquant'anni di lavoro. Voleva che Ethan fosse sistemato in tutti i settori della vita. Avrebbe lasciato il timone dell'azienda solo quando lui fosse stato pronto a farsi una famiglia. Temendo per la sua salute, Ethan le aveva mentito, dicendole che aveva trovato la donna giusta. In realtà non era affatto vero, e nei giorni successivi avrebbe dovuto colmare quel vuoto. Gli veniva il mal di testa solo a pensarci. L'ultima cosa che gli serviva erano altri problemi, come la presenza inaspettata di quella donna luminosa e vitale nel suo appartamento. La trovava troppo attraente: un ottimo motivo per mandarla via il prima possibile. Inoltre, tra pochi minuti avrebbe dovuto partecipare a una conferenza online. Consultò il sito della sua azienda, ma tutti gli al12


loggi della Benton a New York erano occupati. Holly appese il giubbotto accanto alla porta e si sedette sul pavimento, dove si sfilò gli stivali. Ethan fissava affascinato le sue braccia mentre frugava nella borsa. Sembrava fatta di arti snelli e affusolati che non finivano più. Sembrava fragile e forte al tempo stesso. Non somigliava in nulla alle bionde tutte uguali con cui Ethan usciva di solito. Certo, sapeva che quelle ragazze non erano adatte a lui, ma non aveva importanza: in fondo cercava solo divertimento, niente di più. Adesso, però, aveva detto a zia Louise di aver trovato una fidanzata, e quindi doveva reperirne una quanto prima. Per fortuna, aveva già un piano. Sotto gli stivali, Holly indossava un calzino rosso e uno a righe. Li sfilò e agitò le dita dei piedi con evidente soddisfazione. «Finalmente...» sospirò. Ethan dovette trattenere un sorriso. «Signorina Motta, non si metta troppo a suo agio.» «Non ho un altro posto dove andare.» Holly lo guardò dritto negli occhi, fingendo una sicurezza che non provava affatto. In realtà, era terrorizzata all'idea che lui la buttasse fuori. «Perché non te ne vai tu?» L'espressione severa di Ethan si addolcì un poco. Cosa poteva fare? Buttarla in strada, sotto la pioggia? Gli aveva detto di non conoscere nessuno a New York. Era strano, ma la stessa cosa valeva per lui. Aveva centinaia di colleghi e dipendenti in quella città, ma nessuno che potesse chiamare in una sera piovosa per chiedere di ospitarlo. 13


Naturalmente, sarebbe potuto tornare all'aeroporto per dormire a bordo del suo jet privato. Oppure avrebbe potuto pagarle una stanza d'albergo o andarci lui. Ma... Ma aveva passato tutto il giorno in aereo, aveva disfatto le valigie e si era messo in libertà. Non aveva voglia di lasciare l'appartamento, tanto più che apparteneva a lui. Sospirò. Ethan aveva sempre una soluzione. Tutta la sua vita era strutturata intorno a progetti e soluzioni. «Bene. Trascorreremo entrambi la notte qui.» «Oh, no. Sono sicura che sei una brava persona...» Lui la interruppe con un gesto imperioso. «Ti assicuro che l'unica cosa che ho in mente è andare a dormire. Sono esausto. Puoi prendere la camera da letto, e io dormirò sul divano.» «Non mi sembra giusto» disse lei aggrottando la fronte. «Forse dovrei chiamare mio fratello. Un attimo che sistemo il caos nella mia borsa.» Holly tirò fuori dal borsone tutto quello che vi era contenuto, sistemando gli oggetti sporchi di colore in un sacchetto di plastica. Alzò gli occhi su Ethan solo quando prese in mano un paio di calzini bianchi macchiati di blu cobalto. «Rischi professionali» commentò. «Immagino che tu sia una pittrice.» «Sì.» «E sei venuta a New York in cerca di fortuna?» «Ah! Sarebbe bello. Chi non vorrebbe vedere le proprie opere in una galleria in questa città?» «Qualcosa mi dice che c'è un grosso "ma" alla fine di questa frase.» 14


«In realtà, mi guadagno da vivere dipingendo quadri per edifici aziendali.» «Quadri per uffici, sale d'attesa, appartamenti ammobiliati?» le chiese annuendo. Conosceva quel tipo di lavoro perché aveva passato ore a discutere la scelta dei quadri con gli arredatori della sua società in tutto il mondo. «La scelta dei quadri è importantissima per determinare l'atmosfera complessiva.» Indicò le due foto appese alla parete. «Come quelle.» «Noiose.» «Sicure.» «Anonime.» Scoppiarono entrambi a ridere, e tra di loro passò una scarica di elettricità talmente intensa che Ethan ebbe l'impressione che fosse reale. Holly era una persona così vitale, il tipo di persona che diceva esattamente ciò che pensava. Somigliava un po' alla zia Louise... In quel momento, gli venne un'idea. No, no. Non era una buona idea. Tutt'altro. «È stato il nuovo marito di mia zia a scegliere e arredare questo appartamento. Alloggia spesso qui» disse Ethan, alzando gli occhi al cielo. Fernando Layne non gli piaceva affatto, ma la zia gli era affezionata e Ethan lo tollerava per amor suo. Guardò Holly pensosamente. «Durante il mio soggiorno a New York, volevo riarredarlo. Ti va di darmi qualche consiglio?» Che sciocchezza, si disse subito dopo. Passata quella sera, non avrebbe mai più rivisto Holly. Quell'idea gli diede uno strano senso di delusione. «Certo! Vuoi vedere il mio sito web?» chiese lei, 15


indicando il tablet che lui teneva ancora in mano. «Mi spiace, ma tra cinque minuti devo partecipare a una videoconferenza e mi devo preparare.» «A quest'ora?» «Aspetto una chiamata da Tokyo» le rispose, un po' irritato dal fatto di dover dare spiegazioni. «La prenderò in camera da letto.» E con questo, raccolse i progetti architettonici che aveva posato sul tavolo e imboccò il corridoio, sentendosi turbato senza sapere perché. Erano le dieci di sera in una New York piovosa. Holly era partita dalla Florida alle otto di quella mattina e aveva fame e sonno. Passò distrattamente una mano sulla pelle del divano dove Ethan era seduto quando era entrata. La pelle era ancora tiepida. Forse avrebbe dovuto spaventarsi, quando aveva aperto la porta e aveva trovato un estraneo nell'appartamento. Invece non aveva provato nemmeno un briciolo di paura. Anzi, aveva sentito un brivido di... eccitazione. Forse era perché Ethan non aveva affatto l'aria di un assassino. Più che altro sembrava il padrone di un maniero di campagna, con la sua altezza, i suoi muscoli e quei folti capelli ondulati castani dai riflessi rossi. Lui era rimasto apparentemente calmo e distaccato, ma di sicuro era rimasto sorpreso nel vedere una donna dal viso dipinto di blu piombare senza preavviso nel suo appartamento. Adesso era intrappolata lì con lui, a meno di non voler uscire di nuovo sotto la pioggia. Quell'uomo 16


dall'accento vagamente inglese aveva gli occhi più intensi che avesse mai visto. New York si stava rivelando più avventurosa di quanto avesse immaginato. Ethan si sarebbe arrabbiato se lei avesse frugato in cucina alla ricerca di qualcosa da mangiare? Con lo stomaco stretto dalla fame, si recò nell'angolo cottura. Aveva sgranocchiato patatine e salatini in aereo, ma non metteva qualcosa sotto i denti da quella mattina. Sul ripiano c'era un cesto di frutta, e un sacchetto di carta con del pane. Il frigo conteneva birra, latte, uova e formaggio. Quel cibo era stato messo lì per lei o per Ethan? Oppure era del marito di sua zia, che, da quanto le aveva detto, veniva spesso lì? Troppo affamata per preoccuparsene, si sedette sul ripiano, lasciando penzolare le gambe. Prese una mela e cominciò a mangiarla con gusto. «Holly?» Ethan sembrò sorpreso di trovarla lì, quando finì la videoconferenza. «Ti comporti sempre come se fossi così... a tuo agio?» Holly alzò le spalle e scese a terra. E va bene, se stare seduta su un ripiano era tanto sorprendente per lui, non l'avrebbe fatto. «Scommetto che non hai mangiato nemmeno tu.» «Non da stamattina, sull'aereo» ammise lui. «Cosa c'è nel frigo?» «Uova e poco altro per la colazione.» «Allora ordineremo qualcosa a domicilio.» «Mi sembra un'ottima idea.» «Cosa ti andrebbe?» «Non vengo a New York da anni. Che ne dici di un po' della famosa pizza di New York?» 17


«Buona idea.» Lui prese il tablet e lo accese. «L'ultima volta ho ordinato da Giuseppe's. Che tipo di pizza vuoi?» Lei lo guardò, incuriosita. Quell'uomo era un groviglio di contraddizioni: un momento prima sembrava seccato dalla sua presenza, un momento dopo era gentilissimo. «Quella con sopra tutto» rispose, senza esitazione. «Tutto?» «Sì: salame, salsiccia, funghi, cipolle, peperoni, olive... Tutto quello che hanno.» Lui parve per un attimo interdetto, ma poi sorrise. «Ma sì. Perché no?» «Pagherò la mia metà.» Ethan le rivolse un mezzo sorriso e digitò l'ordine. «Venti minuti» disse poi. Lei guardò l'orologio in cucina. «Okay» ribatté, dando un altro morso alla mela. «Credo proprio che resterò qui, stasera.» In quel momento un fulmine illuminò il cielo fuori dalla finestra, come a voler sottolineare le parole che aveva appena detto.

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2730 - Il diario della duchessa

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2731 - Un milionario dal nulla

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2732 - Incontro di mezzanotte

di J. Gilmore Sophie e Marco si incontrano a Londra sotto una tormenta di neve, e dopo una notte d'amore si perdono di vista. Sophie fa la cameriera, Marco appartiene a una nobile casata veneziana e sta sfuggendo alle pressioni matrimoniali della famiglia. Quando i due si vedono di nuovo... FAVOLE SOTTO IL VISCHIO

2733 - Un anno nuovo a New York

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dal 1 febbraio 2734 - Il destino di una notte

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2735 - Principessa a tempo

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2736 - L'amore del passato

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2737 - San Valentino sotto le stelle

di T. Beharrie Per Jordan lasciare la moglie era stata la cosa più difficile che avesse mai dovuto fare. Quando i due sono messi forzatamente di nuovo uno accanto all'altro, la situazione non sembra affatto facile. Ritrovarsi però non è poi così difficile: si tratta solo di capire se è troppo tardi per un nuovo inizio.


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