WENDY S. MARCUS
Un guaio per l'infermiera
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Doctor She Always Dreamed Of Harlequin Mills & Boon Medical Romance © 2016 Wendy S. Marcus Traduzione di Monica D'Alessandro Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Bianca gennaio 2018 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY SERIE BIANCA ISSN 1122 - 5420 Periodico settimanale n. 1773 del 20/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 377 dello 09/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
1 «Voglio parlare con l'uomo incaricato.» Kira Peniglatt chiuse gli occhi e si pizzicò il dorso del naso. «Sta parlando con la donna incaricata» rispose all'anziano signore al telefono che da dieci minuti le gridava contro e le rivolgeva richieste irragionevoli. «Sono il direttore del case management qui al We Care Health Care.» Quelle parole le uscirono dalla bocca prima che potesse rendersene conto. Quando parli con un utente insoddisfatto, devi ricordarti di usare invece la sigla WCHC. «We Care Health Care» ripeté lui. «Che sciocchezza!» Se avesse preso un dollaro per tutte le volte in cui aveva sentito un commento del genere negli ultimi cinque anni, sarebbe stata una donna ricca, in pensione all'età di trent'anni, e avrebbe vissuto sulla riva di un lago o su una spiaggia, da qualche parte lontano dalla confusione di New York City. Quel lavoro che adesso odiava, il suo capo spilorcio e le telefonate moleste da parte di persone arrabbiate sarebbero stati niente più che un lontano, spiacevole ricordo. «Care vuol dire avere cura. Be', non vi curate di me» continuò il marito della paziente Daisy Lymon. «E 5
di certo non vi curate di mia moglie, altrimenti mi avreste mandato qualcuno per aiutarmi a occuparmi di lei. Non posso fare tutto da solo. Dopo tre giorni mi fa male la schiena per tutte le volte in cui ho dovuto sollevarla, ho le ginocchia gonfie per essermi piegato tante volte, e le anche sono in fiamme per essere corso su e giù per le scale tutto il giorno.» Kira avrebbe voluto gridargli: «Sei stato tu a volerlo, odioso bisbetico, adesso cavatela da solo!». Ma si era sempre vantata della sua professionalità, nonostante le circostanze difficili. Negli ultimi tempi le circostanze erano diventate molto difficili. Kira diede uno sguardo al computer. Diagnosi primaria della signora Lymon: attacco ischemico cerebrovascolare con residua emiparesi del lato destro e afasia espressiva. Diagnosi secondaria: ipertensione, osteoporosi e ipotiroidismo. Fuori da una struttura di riabilitazione, contro il consiglio dei medici, nove giorni dopo una degenza programmata invece per ventotto giorni, lui si era assunto la piena responsabilità della sua assistenza. Prima dell'ictus, la paziente aveva compilato un modulo Health Care Proxy, una delega per assistenza sanitaria, nominando suo marito come fiduciario per la sua salute, dandogli il completo controllo sulle decisioni da prendere nel caso in cui il suo dottore avesse stabilito che non fosse più in grado di farlo da sola, condizione che adesso si era presentata. Ne conseguiva che lo staff dell'ospedale non poteva fare più nulla. «Signor Lymon, sua moglie non era pronta per tornare a casa.» Lui aveva sottovalutato la grande quantità di cure di cui la donna avrebbe avuto bisogno, anche se lo avevano avvisato... secondo la documentazione dell'ospedale... il case manager, l'assistente sociale, un'infermiera, i fisioterapisti e gli ergoterapisti. «Le ricerche 6
dimostrano che, dopo un ictus, i pazienti che frequentano strutture di riabilitazione intensiva, prima di ritornare a casa, mostrano maggiori miglioramenti di quelli che non lo fanno.» «Non era felice lì, signorina Peniglatt. Faceva mille storie ogni volta che cercavano di portarla a fare terapia. Non mangiava e non beveva.» Ora, invece di un vecchio marito bisbetico, sembrava un anziano preoccupato innamorato di sua moglie, disperato nel tentativo di aiutarla. «Stavano minacciando di inserirle un tubicino nello stomaco. Nessuno di noi voleva una cosa del genere. Continuava a dire casa. Mi ha stretto la mano e mi ha guardato negli occhi dicendo casa. Più e più volte. Così l'ho portata a casa.» Kira provò una grande compassione per lui, ma non c'era nulla che potesse fare. «La sua assicurazione non pagherà per l'assistenza a domicilio ventiquattr'ore su ventiquattro.» «Chi sta chiedendo un'assistenza ventiquattr'ore su ventiquattro? La mamma di Millie James che sta in fondo alla strada ha ottenuto assistenza sei ore al giorno, sette giorni alla settimana e non ha bisogno di tanto aiuto quanto la mia Daisy.» «Ha dei familiari che...» «I miei figli non vivono qui vicino. E sono occupati. Hanno le loro vite.» La famiglia si prende cura della famiglia. La madre di Kira glielo diceva sempre e Kira lo aveva fatto. «C'è qualche altra copertura assicurativa che possiamo aiutarla a esaminare?» chiese Kira. «Non abbiamo nessun'altra assicurazione. Tutto quello che abbiamo è We Care Health Care. E abbiamo bisogno che facciate quello che dice la vostra pubblicità e che ci siate quando abbiamo bisogno di voi.» 7
«Può affrontare la spesa per un'assistenza privata? Io potrei...» «Perché dovrei pagare per un'assistenza privata se vi pago ogni mese da anni?» Dalle sue parole sembrava quasi che pagasse lei direttamente. «Signor Lymon, lei paga per un'assicurazione medica che non copre assistenza come lavaggio e vestizione, che vengono invece garantiti dall'assistenza privata» ribadì Kira, cercando di mantenere la calma. «Non ha un amico o un vicino? Ha chiesto in giro? Forse...» «Lei sta seduta nel suo elegante ufficio» sbottò lui, «cercando di trovare modi per evitare di pagare servizi che vi costerebbero del denaro. Poi conta i grossi profitti che ha realizzato rifiutando l'assistenza alle persone che ne hanno bisogno. È una ladra! Come diavolo fa a dormire la notte?» Kira inspirò ed espirò. Non lasciarti sopraffare. Tu fai del tuo meglio. Dormi bene la notte. No, non era vero. «Signor Lymon, come le ho spiegato prima, ha una copertura assicurativa HMO. Il Servizio Sanitario Statale paga per l'assistenza a breve termine, a intermittenza e specializzata. Non paga per l'assistenza personale come aiutare a fare il bagno o vestirsi. Abbiamo stipulato un contratto con un'Agenzia di Assistenza Sanitaria Domiciliare Certificata nella sua zona.» Con alcuni click del mouse, Kira recuperò il piano assicurativo della signora Lymon. «È venuta un'infermiera per valutare le condizioni di sua moglie. Ha sviluppato un programma di assistenza che include visite di fisioterapia, ergoterapia e logoterapia. Questo programma di assistenza è stato approvato dal medico di sua moglie.» 8
Strano che non fossero state raccomandate ore di assistenza domiciliare considerando la quantità di servizi specializzati richiesti. Kira scrisse una nota per chiamare l'agenzia e informarsi su questo. «Be', di certo non è stata approvata da me!» urlò il signor Lymon. «Quell'infermiera è entrata e uscita di qui in meno di quindici minuti. Ha detto che Daisy non aveva i requisiti necessari per l'assistenza a domicilio. Com'è possibile? Non riesce a scendere dal letto o a mangiare o a vestirsi da sola. E da quando quell'infermiera è andata via, nessun altro è venuto qui. Ora non risponde alle mie chiamate. Deve venire qui di persona per vedere con cosa ho a che fare. Posso mandare qualcuno che venga a prenderla.» «Solo perché non sono venuta a casa sua per vedere sua moglie di persona, non vuol dire che non mi importi. E non significa neanche che non so cosa sta succedendo lì. Il mio ufficio è a quattro ore da casa sua. Sono responsabile della gestione dei casi di quattrocentotrentasette pazienti.» Non ne aveva mai avuti tanti. «Ecco perché lavoriamo con il medico di sua moglie e stipuliamo contratti con fornitori di servizi medici nella sua zona per valutazioni riguardo all'assistenza a domicilio così da poter determinare i requisiti dei pazienti. Se pensa che ci sia stato un forte cambiamento nello stato di salute di sua moglie da quando l'infermiera è venuta a visitarla tre giorni fa, o se non ha più la voglia o le capacità per prendersi cura in sicurezza di lei, deve chiamare il 911 immediatamente e farla portare in...» «Voglio parlare con il suo capo» la interruppe lui. Kira si trattenne a stento dal ridere. Al suo nuovo e venale capo, che incarnava la ragione principale per cui adesso odiava il suo lavoro, non poteva importare di meno della cura e della soddisfazione dei clienti, e ciò 9
metteva lui e Kira in costante conflitto, da mesi. Era snervante. Nonostante tutti i titoli di specializzazione professionale collegati al proprio nome, MSN Master in Scienze Infermieristiche, MBA Master in Direzione Aziendale, CCM Certificato di Case Manager, la sigla RN Infermiera Diplomata era la più importante per Kira. Era la ragione per cui metteva sempre per primi i pazienti, la ragione per cui a volte doveva diventare creativa per mantenere i suoi pazienti in sicurezza nelle loro case. Riusciva quasi a sentire le urla dell'amministratore delegato quando aveva scoperto che lei aveva acconsentito a rimborsare un'assistenza domiciliare. Contenimento dei costi... tagli alle spese... budget... gli utili... blah, blah, blah... I case manager stavano su quella linea di demarcazione che separava il sostegno ai pazienti in difficoltà e il dover rendere conto ai loro datori di lavoro. Un compito che diventava sempre più difficile. «Sono io che riferisco all'amministratore delegato. Lui non accetta chiamate dai clienti. A ogni modo, sarò felice di iniziare per lei un processo di appello. O se l'ho trattata in maniera poco professionale, abbiamo dei moduli per i reclami, che la mia assistente sarà felice di farle pervenire. Ora lasci che trasferisca la chiamata.» Senza dargli la possibilità di controbattere, trasferì la telefonata. Poi appoggiò la schiena alla sedia, fece un respiro profondo e contò fino a dieci. Era arrivata a dieci quando la porta del suo ufficio si aprì ed entrò Connie, la sua assistente. Aveva i capelli corti e scuri, una camicia rossa aderente, una gonna nera che le fasciava le curve abbondanti, e sexy stivaletti neri con catene argentate. Aveva l'espressione corruc10
ciata. «È stato scortese.» Incrociò le braccia sotto il seno prosperoso. «Non puoi avere compilato il questionario per il signor Lymon in così poco tempo» osservò Kira. «L'ho messo in attesa così potevo venirti a sgridare.» Donna piccola ma dinamica, simpatica quanto efficiente, Kira adorava la sua assistente e non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei. «Mi farò perdonare stasera. Offro io da bere.» Quella proposta fece spuntare un sorriso sul volto di Connie. «Bene, perché dopo la settimana che hai avuto, avevo in programma per noi due una bella bevuta.» Di solito, le poche volte in cui erano andate al bar assieme negli ultimi tre anni, Connie si era ubriacata e Kira, la sempre responsabile Kira, si era assicurata che tornasse a casa sana e salva. «La tua coinquilina è d'accordo se stanotte crollo sul vostro divano?» Anche se a casa c'era sua sorella Krissy per una delle sue rare visite, Kira avrebbe rinunciato ai suoi doveri verso la mamma per un'intera serata. Si sentì piena di gioia. Una notte per fare tutto ciò che voleva. Una notte per dormire senza che sua madre la svegliasse, senza saltare in aria a ogni minimo rumore, preoccupata che il genitore potesse scendere dal letto e cadere. «Sì» rispose Connie. «Ma, tesoro, se la serata va come dico io, non avrai bisogno di dormire sul mio divano.» Le strizzò l'occhio. «Va bene, va bene» rispose Kira. «Come se io fossi il tipo che va subito a letto con uno sconosciuto.» Il telefono sulla scrivania di Connie squillò. «Ehi!» La sua assistente schioccò le dita. «Ero venuta per dirti che c'è al telefono il figlio del signor Lymon. Spero che apprezzerai il fatto che sono venuta qui, di persona, per avvertirti invece di deviare solo la telefonata.» 11
«Sei la migliore assistente mai esistita.» Sorrise. Poi diede un'occhiata al suo orologio. «Non è ancora mezzogiorno. Finirà mai questa giornata?» «Vuoi che gli dica che sei impegnata?» Kira scosse la testa. Avrebbe sicuramente richiamato e sarebbe stato persino più arrabbiato per essere stato liquidato in quel modo. Connie si voltò per andarsene. «Vuoi farmi un favore?» le chiese Kira. «Qualunque cosa per te.» Connie si girò sorridendo. «Legale o illegale, faccio quello che vuoi.» Kira rispose al sorriso, non dubitando della sincerità di Connie. «Una tazza di decaffeinato, per favore. Oh» aggiunse Kira, «e quando hai finito con il signor Lymon, puoi chiamare Myra Douglas del In Your Home Health Care Services?» La loro Agenzia di Assistenza Sanitaria Domiciliare Certificata per l'area del West Guilderford, nella parte settentrionale di New York, dove viveva Daisy Lymon. «Chiedile perché non compare più l'assistenza a domicilio sul piano assistenziale di Daisy Lymon.» Anche poche ore due o tre volte alla settimana sarebbero state meglio di niente. «Certo, capo» rispose Connie. Poi, con un saluto militare, si voltò e se ne andò, chiudendo la porta dietro di lei. Alcuni secondi dopo, il telefono di Kira suonò. Fece un respiro profondo per farsi coraggio, dato che il figlio del signor Lymon era ancora più sgradevole del padre, e rispose. «Buongiorno, signor Lymon. Ho appena parlato con suo padre. Prima che dica una parola, lasci che le ricordi la nostra ultima conversazione. Appena minaccerà di farmi causa o inveirà contro di me o mi chiamerà con nomi poco gratificanti io riaggancerò il telefono. Allora, cosa posso fare per lei?» «Dottore» disse lui. 12
«Mi scusi?» «Dottor Lymon. Sono l'altro figlio.» Che Dio mi aiuti, ce ne sono due. «Tre a dire la verità» precisò lui, la voce profonda e divertita. Ops. Doveva avere detto quella frase a voce alta. Per fortuna Connie scelse quel momento per tornare con il caffè. «Cosa posso fare per lei, dottor Lymon?» Bevve un sorso, sorrise alla sua straordinaria assistente e le disse, senza parlare, grazie. «Chiamo per scusarmi, a nome della mia famiglia. Nostro padre può essere... difficile.» E anche tuo fratello. «Ma è nostro padre» continuò il dottor Lymon. «Ha fatto tre lavori per mantenere un tetto sopra la nostra testa e farci andare tutti e tre all'università. Mentre lui lavorava, la mamma si occupava della casa, delle finanze e di noi ragazzi. Questa routine ha funzionato per cinquantaquattro anni. Dall'attacco ischemico di mamma, nostro padre sta lottando per rimettere le cose a posto. Non affronta molto bene i cambiamenti.» Non molti lo facevano. Kira lo capiva. Ma... «Sa che le norme sull'assicurazione sanitaria HIPPA non mi consentono di discutere dell'assistenza alla signora Lymon senza un'autorizzazione firmata.» «Per favore» disse lui. «Come un favore professionale.» In passato, o in rare occasione, Kira poteva avere ceduto alla richiesta di un favore sul piano professionale, ma con tutti i problemi che stava avendo con il suo nuovo capo, e con il fatto che i Lymon avevano un avvocato in famiglia, Kira doveva seguire alla lettera la procedura prevista dall'azienda. «Mi dispiace, signor 13
Lymon. Neanche come favore tra colleghi. Mi faccia avere un'autorizzazione HIPPA, firmata da suo padre, come fiduciario per la salute di sua madre, che mi dia in maniera specifica l'autorizzazione a discutere con lei dello stato di salute e dei trattamenti della signora Lymon, e poi sarò lieta di parlarle.» «Mi sta liquidando.» «Quello che sto facendo è seguire la procedura. Come medico lei dovrebbe avere familiarità con le norme della HIPPA, dottor Lymon» aggiunse poi, perché era di cattivo umore. «Il programma sanitario è inadeguato» urlò lui. Se la paziente fosse stata ancora nella struttura ospedaliera per la riabilitazione, avrebbe ricevuto assistenza ventiquattr'ore su ventiquattro e la supervisione di cui aveva bisogno. «Non posso parlare di questo con lei.» «Quello che voglio sapere è perché non è stata autorizzata l'assistenza a domicilio. E perché non è iniziata ancora la terapia?» Kira avrebbe controllato entrambe le cose non appena avrebbe bloccato il telefono. «Non posso parlare di questo con lei.» «Dannazione!» «Mi porti un'autorizzazione HIPPA firmata» ribadì Kira. «Come suggerisce che potrei farlo? Ho moltissimo lavoro allo studio. Anche lavorando ottanta ore alla settimana non riesco a fare tutto. Vivo a tre ore di distanza dalla casa dei miei genitori. Non hanno un fax o uno scanner e nemmeno un'email.» «Si è laureato in medicina» disse Kira. «Ciò significa che è una persona molto intelligente. Sono sicura che troverà una soluzione.» Il dottor Lymon chiuse qualcosa vicino al telefono e 14
il rumore risuonò nell'orecchio di Kira. «Non ha idea di quanto sia difficile e frustrante» gridò di nuovo lui. «Sì» rispose Kira, «lo so.» Sia da un punto di vista professionale che per esperienza personale. «Sono preoccupato per mio padre» aggiunse lui, sembrando esausto. «Non è in buona salute. Sono preoccupato per lui e ho sempre il timore che mia madre cada e si faccia male, perché non hanno in casa l'aiuto di cui hanno bisogno.» «Capisco la sua preoccupazione. Da ciò che ho sentito e letto, penso che abbia tutte le ragioni per essere preoccupato.» «Eppure non sta facendo nulla per garantire la sicurezza di mia madre.» «Questo caso è stato sottoposto alla mia attenzione soltanto ieri pomeriggio.» «Mia madre non è un caso, signorina Peniglatt. È una donna dolce e gentile che giace priva di aiuto nel suo letto con nessun altro, eccetto mio padre, che si prenda cura di lei.» Kira era quasi sul punto di perdere lo scontro. «La famiglia si prende cura della famiglia, dottor Lymon.» Quella era la ragione per cui Kira aveva bisogno del cospicuo stipendio che le garantiva quel lavoro e per cui aveva raramente un momento libero per sé. La famiglia si prende cura della famiglia. Kira era cresciuta vedendo sua madre che metteva in pratica quelle parole. Così, naturalmente, quando sua madre aveva avuto bisogno di assistenza, Kira si era fatta avanti, felice. Essere l'unica persona che si prendeva cura di un familiare del tutto dipendente da lei non era facile, Kira lo aveva capito subito. E aveva poca tolleranza per le persone che non facevano volentieri lo stesso per i membri della loro famiglia. «Se lei e i suoi fratelli siete così preoccupati per 15
vostra madre e vostro padre come dite, allora forse dovreste passare meno tempo a minacciare e lamentarvi e di più a cercare di trovare qualcun altro che la aiuti.» Kira sapeva che stava superando il limite, ma non ce la faceva più. E a quanto pareva lo stesso valeva per il dottor Lymon, perché senza aggiungere altro le chiuse il telefono in faccia. Forse fu infantile, ma anche Kira fece lo stesso. La porta dell'ufficio si aprì e Connie fece capolino. «Tutto bene?» No. Kira non stava bene. Di solito non lasciava che i clienti la facessero innervosire. Ma quel tipo... e suo fratello e suo padre... quella faccia tosta! «Sto bene.» «Il signor Jeffries ti vuole vedere nel suo ufficio» le disse piano Connie. Il signor Jeffries. L'amministratore delegato. Oh-oh. «Ha detto perché?» Kira sentì stringersi il petto. Connie scosse la testa, seria. Sapevano entrambe che il signor Jeffries non chiedeva mai a Kira di andare nel suo ufficio per qualcosa di buono. Kira fece un respiro profondo, mentre guardava l'orologio. Non era ancora mezzogiorno ed era già stanca. Si alzò in piedi. «Ho parlato con Myra» disse Connie. «Mi ha detto che non hanno una Daisy Lymon come paziente.» Questo non aveva alcun senso. «Un'altra cosa che dovrò controllare.» Kira scrisse una nota nella sua lista in perenne crescita delle cose da fare. «Ha detto che un'altra Agenzia di Assistenza Sanitaria Domiciliare Certificata è stata approvata nella sua zona. Vuole sapere perché tutti i nostri pazienti stanno andando all'improvviso da loro.» Una bella domanda a cui Kira avrebbe trovato una 16
risposta non appena avrebbe avuto un minuto di tempo libero. «Mi fai un altro favore?» chiese a Connie. «Dimmi pure.» «Stasera, al pub, per favore non farmi bere troppo. Inizio le chiamate di amministrazione alle otto sabato mattina.» Se la sua settimana era un indizio, quel fine settimana sarebbe probabilmente stato un incubo. «Non posso soffrire per i postumi di una sbornia.» Diede un'occhiata a Connie. «È Sheila la case manager in servizio.» «Oh, dannazione.» Esattamente. Sheila, che aveva lavorato due volte al Comitato Femminile per l'Assistenza ai Malati Terminali, come Kira. Sheila, che era stata presa in considerazione per la posizione di direttore del case management, come Kira. Sheila, che non aveva preso bene la promozione di Kira e aveva passato tanto tempo a cercare prove del perché credesse che Kira non sarebbe dovuta essere il direttore del case management, cosa che aveva condiviso con il signor Jeffries. Sheila, che a quanto pareva era la case manager di Daisy Lymon.
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