Il calendario 2016 con le serie più avvincenti: 2 gennaio, 2 marzo e 4 maggio - VONDA SINCLAIR Un tuffo nella storia con The Higland adventures. 2 Gennaio e 2 marzo - SARA BENNETT Ultimi appuntamenti con la serie Caccia al marito. 3 Febbraio, 1° aprile, 1° giugno e 3 agosto ELIZABETH BOYLE Rhymes with love: una donna bellissima, ammiratori in cerca di fortuna. 3 Febbraio e 3 agosto - Michelle Willingham Warrior of Ireland… siete pronte ad una battaglia per vincere l’amore? 4 Maggio, 1° luglio, 1° settembre - Caroline Linden Lasciatevi travolgere da Scandalous. 1 Giugno, 1° luglio e 3 agosto - Julianne MacLean American Heiresses: tutti i segreti dell’alta società. 1° Giugno, 1° ottobre e 1° dicembre - Brownyn Scott I segreti dell’arte di amare: Rakes on tour. 3 Novembre e 1° dicembre - Eva Leigh Appuntamento con The wicked quills of London.
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Inghilterra, 1364 - Quando Isabella, figlia del sovrano, si innamora di un bel conte nemico, Lady Cecily, Contessa di Losford, ritiene suo preciso dovere separare i due giovani amanti. E per riuscirci è disposta a tutto.
Inghilterra, 1837 - Per salvare la famiglia dalla rovina, Tina Smythe è determinata a sposare il ricchissimo amico Lord Horace Gilfoyle, Così, per sedurlo, decide di ricorrere ai servigi di Richard Eversham, un noto libertino. Inghilterra, 1815 - Accusato di aver tentato
di uccidere il Duca di Wellington, il colonnello Ian Ferguson è costretto a darsi alla macchia. Gravemente ferito , si ritrova alla mercé di Lady Sarah Clarke, una gentildonna che nasconde segreti più pericolosi dei suoi.
Inghilterra - Scozia, 1618 - Alasdair, laird dei MacGrath, sogna da sempre di porre fine alla faida con il clan dei MacIrwin. Ecco perché vorrebbe garantire protezione a Gwyneth Carswell, lontana cugina di Donald MacIrwin, una donna in grado di accendere i suoi sensi.
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JULIA LONDON
Un'innocente avventura
Immagine di copertina: Ilona Wellmann / Arcangel Imágenes Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Scoundrel and the Debutante HQN Books © 2015 Dinah Dinwiddie Traduzione di Elena Vezzalini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special gennaio 2016 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2015 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 217 del 27/01/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 Blackwood Hall, 1816 È verità universalmente riconosciuta che quando una donna ha raggiunto il ventiduesimo anno di età, e nessun gentiluomo ha contemplato la possibilità di chiederla in moglie, è destinata a restare zitella. Una condizione che la condanna in sostanza alla vita, terribilmente noiosa, di dama di compagnia di anziane signore malferme che ciondolano nella campagna inglese. Una donna di ventidue anni senza prospettive era guardata con sospetto dal ton. Doveva per forza esserci qualcosa che non andava in lei. Perché una persona con una buona dote e ottime conoscenze, dopo essere stata presentata a corte e in società, non riusciva a trovare un corteggiatore? C'erano solo tre spiegazioni possibili. Era insignificante. Soffriva di una malattia orribile. Oppure la causa della sua rovina, totale, era il comportamento scandaloso tenuto dalle sue sorelle maggiori quattro anni prima. La terza ipotesi, esposta da Miss Prudence Cabot qualche giorno dopo il suo ventiduesimo compleanno, fu subito confutata dalle sorelle interessate, Mrs. Honor Easton e Grace, Lady Merryton. Le quali, diversamente 5
dal solito, non alzarono gli occhi al soffitto nĂŠ si rifiutarono di affrontare l'argomento, ma si affrettarono a smentirla con tale fervore che Mercy, la piĂš giovane delle quattro sorelle Cabot, emise un fischio come se fossero dei cuccioli scalmanati che cercavano di mordicchiare gli stivali di Lord Merryton. Malgrado le proteste delle sorelle, Prudence era convinta di avere ragione. Dalla morte del patrigno, avvenuta quattro anni prima, le sue sorelle si erano comportate in modo orribile. In una sala da gioco, davanti a tutti, Honor aveva chiesto a un notorio libertino, figlio illegittimo di un duca, di sposarla. Il fatto che Prudence adorasse George, il cognato, non cancellava lo scandalo che era scoppiato nĂŠ il danno causato alla reputazione delle sorelle Cabot. Per non essere da meno Grace, al fine di salvare la famiglia dalla rovina, aveva escogitato un piano per costringere un uomo facoltoso a sposarla. Peccato che avesse intrappolato l'uomo sbagliato. Per mesi a Londra non s'era parlato d'altro, e anche se il marito di Grace, Lord Merryton, non era altezzoso come si diceva in giro, il suo ingresso in famiglia non aveva minimamente migliorato le prospettive di Prudence. Non giovava alla sua causa nemmeno il fatto che la piĂš giovane delle sorelle, Mercy, avesse sempre disegnata sul viso un'espressione talmente risoluta e irriverente che in famiglia avevano preso in seria considerazione l'idea di spedirla in una scuola per giovinette per domare la belva che era in lei. L'insieme di queste circostanze poneva Prudence nel mezzo, imprigionata fra scandali e comportamenti sconvenienti. In quel limbo noioso, sottovalutato e praticamente invisibile in cui aveva vissuto tutta la vita. 6
È esattamente ciò a cui mi ha condannata il rispetto delle buone maniere, pensò Prudence tra sé. Lei si era sforzata di essere l'unica assennata in un branco di sorelle avventate. Lei era quella responsabile, che aveva preso lezioni di musica e si era occupata della madre e del patrigno mentre le sorelle maggiori se la spassavano in società. Aveva fatto tutto ciò che ci si aspettava da una debuttante, non aveva causato il minimo problema e l'unico risultato era stato di essere considerata quella insposabile! Anche Mercy lo era, probabilmente, ma non sembrava preoccuparsene troppo. «Insposabile non è un termine corretto» sottolineò la più giovane delle sorelle, che si aggiustò gli occhiali sul naso per poter fissare Prudence con aria critica. «È una sciocchezza bella e buona» rimarcò Grace stizzita. «Perché mai devi dire una cattiveria del genere, Pru? Sei infelice qui a Blackwood Hall? Non hai apprezzato la festa che abbiamo organizzato per i fittavoli?» La festa! Come se bastasse una festa per cancellare la sua disperazione. Prudence rispose pestando con forza i tasti del pianoforte, un gesto che fece saltare dallo spavento il cane a tre zampe che Grace aveva salvato. Il povero animale cadde su un fianco, mentre Pru attaccava un pezzo che suonò con grande energia e destrezza per coprire con la musica le parole di Grace e Mercy. Niente e nessuno le avrebbe fatto cambiare idea. Alla fine della settimana era arrivata da Londra anche la sorella maggiore, Honor, con i tre figli e l'elegantissimo marito George. Honor aveva cercato di convincere Prudence che il fatto di non avere ricevuto una proposta di matrimonio non significava che tutto fosse perduto 7
per lei. Quindi aveva asserito con decisione che il comportamento delle sue sorelle non aveva nulla a che fare con la mancata proposta e le aveva ricordato che Mercy, contrariamente a ogni aspettativa, era stata accettata dalla prestigiosa Lisson Grove School of Art. «Ma certo, ho del talento io» osservò Mercy spudoratamente. «Lord Merryton ha pagato per convincerli, non è vero?» Prudence tirò su con il naso. «Sì» confermò Grace, «ma se, come dici, nostra sorella fosse stata esposta allo scandalo, l'avrebbero rifiutata.» «Avrebbero rifiutato il denaro di Merryton?» domandò Pru con una risata. «Comunque, un conto è essere accettata in una scuola, un altro essere chiesta in moglie!» «Chiedo scusa, ma il mio talento non conta nulla?» intervenne Mercy. «Zitta!» esclamarono Grace e Prudence a una sola voce. A quel punto Mercy si aggiustò gli occhiali sul naso e uscì a passo di marcia dalla stanza con il grembiule macchiato di colore. Grace e Honor la ignorarono. Con sommo sgomento di Prudence, il dibattito continuò per alcuni giorni. «Abbi fiducia, cara, prima o poi un'offerta arriverà e tu per prima ti stupirai di esserti preoccupata tanto» affermò Honor in tono condiscendente mentre facevano colazione una mattina. «Honor, ti chiedo gentilmente, anzi ti imploro di non parlarne più» le chiese con garbo Prudence. A bocca aperta per lo stupore, Honor si alzò in piedi 8
e corse via sfiorando involontariamente con la mano la spalla della sorella. «Si è offesa» riconobbe Prudence. «Vuole solo aiutarti» la rimproverò Grace. «Non è esatto» la contraddisse la sorella maggiore, che era già di ritorno perché non era il tipo che scoppiava in lacrime quando era il momento di combattere. «Insisto affinché tu la smetta di piangerti addosso, Pru! È disdicevole e fastidioso.» «Non mi piango addosso» si difese lei. «Invece sì. Sei sempre di cattivo umore» intervenne Mercy. «E lunatica» aggiunse Grace. «Ti dirò ciò che soltanto una sorella affettuosa direbbe, mia cara.» Honor si chinò sul tavolo da pranzo per guardare negli occhi Prudence. «Sei antipatica.» Poi sorrise e si raddrizzò. «Ha scritto Mrs. Bulworth e chiede se vuoi andare a trovarla per conoscere il suo bambino. Accetta l'invito, la renderai felice e un po' d'aria di campagna ti farà bene.» Prudence sbuffò davanti a quella proposta ridicola. «Com'è possibile, dato che mi trovo già in campagna?» «Al nord si respira un'aria diversa» la corresse Honor. Grace e Mercy annuirono per esprimere il loro accordo. Prudence avrebbe voluto spiegare a tutti che andare a trovare la loro comune amica Cassandra Bulworth, che era diventata madre per la prima volta, era il suo ultimo desiderio. La felicità di Cassandra l'avrebbe fatta sentire ancora più sventurata. «Manda Mercy!» «Io?» gridò l'interessata. «Non posso, mi resta troppo poco tempo per prepararmi per la scuola. Ogni studente 9
deve portare una cartella con i suoi lavori, e devo ancora finire la natura morta.» «E la mamma?» continuò Pru, ignorando la sorella minore. Nessuno poteva negare che la madre, ormai fuori di senno, avesse bisogno di essere controllata ogni momento. «Ci sono Hannah e Mrs. Pettigrew, che viene dal villaggio» le ricordò Grace. «Poi c'è Mercy.» «Io! Ho appena detto...» «Sì, tutte noi sappiamo bene cosa devi fare per la scuola. Parola mia, si direbbe che tu sia l'unica a essere stata accettata. Tuttavia partirai fra un mese, perciò perché non dovresti assumerti qualche responsabilità?» domandò Grace, prima di rivolgersi a Prudence con un sorriso. «Lo facciamo per il tuo bene, lo capisci, vero?» «Non vi credo. E si dà il caso che vi trovi abbastanza noiose.» Con un'espressione soddisfatta sul viso Honor si portò le mani allacciate sul seno. «Significa che ci andrai?» «Forse. Se resterò ancora a Blackwood Hall, farò la fine di nostra madre.» «Che magnifica notizia» disse Grace entusiasta. «Be', non è il caso che vi rallegriate troppo» osservò Pru. «Ma siamo felici!» gridò Honor. «Per te, naturalmente» aggiunse, poi fece il giro del tavolo per andare ad abbracciarla. «Credo che il tuo aspetto migliorerà se frequenterai qualcuno, mia cara.» Prudence non ne era affatto convinta. Una volta entrata in società si sarebbe persa d'animo. L'idea di vedere tutte quelle persone gioiose, pronte a vivere l'esistenza che anche lei aveva sognato, la rendeva terribilmente triste. Le sarebbe piaciuto, ci aveva provato in ogni mo10
do, ma non riusciva a dominare il senso di invidia. E, quel che era peggio, era il fatto che non riusciva a nasconderlo. Negli ultimi tempi, persino la luce del sole le ricordava la propria infelice situazione. Quando però Mercy cominciò a lamentarsi che tutte le attenzioni erano per Prudence, anche se era lei ad averne bisogno, allora decise che sarebbe partita. Era pronta a fare qualsiasi cosa per liberarsi delle chiacchiere allegre che era costretta a sopportare ogni santo giorno. Grace si occupò di organizzare la partenza e un pomeriggio annunciò che Prudence avrebbe viaggiato con il dottor Linford e sua moglie, diretti verso nord per andare a trovare la madre dell'uomo. I Linford l'avrebbero lasciata al villaggio di Himple, dove un domestico di Mr. Bulworth sarebbe andato a prenderla per portarla a destinazione nella casa appena restaurata dove Cassandra – che aveva debuttato con Prudence e che, a differenza dell'amica, aveva ricevuto parecchie offerte di matrimonio – l'attendeva con il suo bambino. «La carrozza dei Linford è piccola» osservò Mercy, inarcando le sopracciglia al punto che gli occhiali le scivolarono sul naso. Era seduta davanti al nuovo cavalletto, intenta ad abbozzare un vaso di frutta come i grandi maestri che prima tracciavano lo schizzo, poi dipingevano. «Pru sarà costretta a conversare per ore» aggiunse con aria assente mentre fissava il disegno. «Cosa c'è di male a conversare?» domandò Honor, che stava intrecciando i capelli della figlia Edith. «Oh, niente, se hai altri interessi oltre al clima. Il dottor Linford non parla d'altro, mentre a Prudence non importa nulla, vero, sorellina?» 11
Lei si strinse nelle spalle, perché niente riusciva più a interessarla. Il giorno della partenza il baule e la borsa da viaggio di Prudence furono caricati sulla carrozza che l'avrebbe portata ad Ashton Down, dove all'una avrebbe incontrato i Linford. La borsa conteneva dei nastri per i capelli, una camicia di seta della sua sarta preferita, che Honor le aveva portato da Londra, un paio di scarpine deliziose e un cambio d'abito. Prudence salutò le sorelle, eccessivamente allegre per i suoi gusti, e partì a mezzogiorno meno un quarto. L'efficiente carrozza di Blackwood Hall arrivò ad Ashton Down a mezzogiorno e dieci. «Non è necessario che restiate ad aspettare con me, James» disse Prudence al cocchiere, «i Linford arriveranno tra poco.» L'uomo sembrava perplesso. «Lord Merryton non gradisce che una signora aspetti da sola, signorina.» Un atteggiamento che le aveva sempre dato fastidio. «Ditegli che ho insistito. Lasciate là i miei bagagli» ordinò, indicando il marciapiede lungo High Street. Poi gli sorrise, si aggiustò il cappellino e si diresse al negozio di generi alimentari dove acquistò dei dolciumi per il viaggio. Quando uscì, vide che i bagagli erano stati scaricati e che la carrozza se ne era andata. Finalmente. Alzò il viso verso il sole di fine estate. Era una magnifica giornata, perciò decise di aspettare nel piccolo parco del villaggio che si trovava lì di fronte. Si sedette su una panchina, posò le mani inguantate sul sacchetto dei dolciumi e osservò la fioriera accanto a sé. I fiori erano appassiti... come lei. A quel punto emise un profondo sospiro. Quando udì il rumore di una carrozza che si avvici12
nava si alzò in piedi, lisciò la gonna e guardò la strada, pensando di vedere il veicolo dei Linford. Invece era una delle due diligenze che ogni giorno passavano per Ashton Down, una a mezzogiorno, l'altra nel pomeriggio. Prudence si lasciò cadere di nuovo sulla panchina. Quando la diligenza si fermò proprio davanti a lei, uno dei due uomini scesi dal predellino posteriore aprì lo sportello. Prudence vide uscire una giovane coppia con un bambino e, dopo di loro, un uomo con le spalle talmente ampie che dovette girarsi su un fianco per poter passare. Indossava pantaloni di pelle scamosciata, una camicia di batista e una giacca scura che gli sfiorava le ginocchia. Il cappello, di buona qualità, aveva l'aria vissuta, mentre gli stivali non venivano lucidati da tempo. Sulla mascella squadrata c'era un velo di barba. L'uomo girò su se stesso in mezzo alla strada, incurante dei giovani che si occupavano del cambio dei cavalli e scaricavano i bagagli sul marciapiede. A un tratto tornò a grandi passi davanti al veicolo, dove cominciò a discutere animatamente con il cocchiere. Prudence sbarrò gli occhi. Interessante. Si raddrizzò e si guardò intorno, domandandosi cosa avesse scatenato l'ira del gentiluomo. Non vide nulla di strano né nel parco né sulla strada principale, perciò, dopo essersi alzata, si avvicinò con aria indifferente, fingendo di esaminare le rose per poter udire la conversazione dei due uomini. «Come vi ho già detto, signore, Wesleigh è più avanti lungo la strada. Mezz'ora di cammino, non di più.» «Voi non capite, buon uomo» dichiarò il gentiluomo con uno strano accento. «Wesleigh è una dimora, non una sistemazione. Mi è stato detto che mi avreste ac13
compagnato in una proprietà. Una proprietà! Una grande casa con edifici annessi e persone che vanno in giro a fare Dio solo sa cosa, come fate voi qui in Inghilterra!» esclamò, mentre con le mani disegnava una casa nell'aria. Il cocchiere si strinse nelle spalle. «Io vado fin dove sono stato pagato per andare e nessuno mi ha pagato per andare a Wesleigh. Dove non c'è nessuna grande casa.» «È assurdo. Io ho pagato per essere portato nel posto giusto!» L'uomo lo ignorò. A quel punto il gentiluomo si tolse il cappello, mostrando una folta capigliatura castana, e lo scagliò per terra. Il copricapo rotolò e andò a fermarsi vicino a Prudence. Mentre si guardava intorno cercando il cappello, l'uomo la vide e si avvicinò a grandi passi sventolando un foglietto di carta. Spaventata, lei cercò un luogo dove fuggire ma lo sconosciuto indovinò le sue intenzioni. «No, restate dove siete, vi prego» dichiarò in tono severo. «Qualcuno deve parlare con quell'uomo e spiegargli che deve portarmi a Wesleigh.» «Wesleigh?» ripeté Prudence. «O Weslay?» L'uomo si erse in tutta la sua altezza e la fissò con gli occhi color topazio prima di socchiuderli lentamente, come se pensasse che lo stesse ingannando. Con fare esitante avanzò verso Prudence, il foglietto ancora in mano. «Sareste così gentile...?» domandò a denti stretti, porgendole il foglio. Prudence lo prese tra l'indice e il pollice e lo sottrasse con cautela alla sua stretta. Qualcuno vi aveva scritto o, per meglio dire, scara14
bocchiato con lunghi tratti audaci: West Lee, Penfors. «Mmh...» commentò fissando la scritta con gli occhi socchiusi. «Immagino sia il Visconte Penfors.» Guardò furtivamente lo sconosciuto, che la scrutava con aria accigliata, e sentì la potenza del suo sguardo scorrerle nelle vene. «Lord Penfors abita a Howston Hall, appena fuori Weslay.» «Infatti, come ho scritto» disse lui, indicando il foglio. «Qui leggo West Lee.» «Appunto.» «No, io ho detto Weslay. Non ho mai sentito nominare West Lee» lo contraddisse Prudence, cercando di fargli capire la differenza di pronuncia dei due nomi. «Malauguratamente si direbbe che per errore siate arrivato a Wesleigh.» L'uomo si fece scuro in volto. «Vi chiedo scusa, signorina, ma quello che dite non ha alcun senso.» Prese il foglietto con il pollice e l'indice, come aveva fatto lei, e lo tirò. «Avete ripetuto West Lee per tre volte e non capisco se vogliate prendermi in giro o se mi nascondiate qualcosa.» «Non vi sto prendendo in giro!» protestò Prudence, sconvolta alla sola idea. «Allora si tratta di qualcos'altro.» «Qualcos'altro?» Che cosa intendeva dire? A Prudence sfuggì un sorriso. «Vi assicuro che non sono al corrente di un piano né di una cospirazione per impedirvi di andare a Weslay.» Il cipiglio si fece più pronunciato. «Sono felice che vi divertiate, ma se foste così gentile da indicarmi la via di uno di questi West Lee, magari quello dove posso trovare il tizio di nome Penfors, ve ne sarei grato.» 15
«Oh» disse Prudence trasalendo. «Oh?» ripeté lui, chinandosi in avanti. «Cosa significa?» «Avete preso la direzione sbagliata.» «L'avevo capito.» «Wesleigh è più avanti lungo questa strada, un piccolo villaggio di cinque case, mentre Weslay è a nord» concluse lei, indicando la direzione da cui era arrivata la diligenza. L'uomo seguì con lo sguardo il dito, mentre le sue guance si coprivano di rossore. «Quanto dista da qui?» le domandò con un filo di voce. «Non sono sicura, diciamo... due giorni?» Lui contrasse un muscolo della mascella. Era grande e forte, e Prudence immaginò che in quel momento la collera facesse tremare la terra sotto i suoi piedi. «Però a Weslay troverete quel tizio, Penfors» si affrettò ad aggiungere, cercando di non sorridere. Che assurdità parlare di un visconte chiamandolo tizio! «Nord?» sbraitò lui, spalancando le braccia. Prudence annuì, mentre indietreggiava di un passo. Con le mani sui fianchi lui la fissò, poi si voltò lentamente. Sembrava intenzionato ad andarsene, invece compì un giro su se stesso. Quando furono di nuovo uno di fronte all'altro, Prudence notò che la sua mascella era ancora più rigida. «Potreste» cominciò il forestiero con voce stanca, «suggerirmi il modo di raggiungere questo West Lee che dista due giorni da qui?» «Non è West...» Prudence scosse il capo. «Potete prendere la diligenza diretta a nord, che passa da Ashton Down due volte al giorno. Dovrebbe arrivare da un momento all'altro.» 16
«Capisco» disse lui, anche se non sembrava convinto. «Potreste anche salire sul postale, però è più costoso e passa solo una volta al giorno.» «Entrambi impiegano due giorni?» le domandò l'uomo, sospettoso. Prudence annuì, pensando che non le sarebbe piaciuto viaggiare per due giorni in una diligenza affollata. «Temo di sì.» Lui si passò le mani tra i capelli, mormorando parole che Prudence non comprese e che comunque non erano rivolte a lei. Meglio così, pensò tra sé. «Dove posso comprare il biglietto?» le domandò in tono spiccio. Lei si spostò a destra per poter guardare, oltre l'ampio petto, la locanda. «Se volete, vi accompagno.» «Mi sarebbe di grande aiuto.» L'uomo si chinò, raccolse il cappello che pulì sbattendolo sul ginocchio, poi se lo mise in testa. Dopo avere esaminato Prudence da capo a piedi, indietreggiò di un passo e la invitò a precederlo con un gesto del braccio. Prudence attraversò la strada e si fermò ad aspettarlo mentre lui chiedeva al cocchiere di lasciare i suoi bagagli sul marciapiede, accanto a quelli in attesa di essere caricati sulla carrozza diretta a nord. Solo dopo avere seguito con aria nostalgica il veicolo che partiva verso sud, il gentiluomo la raggiunse e la seguì nel cortile della locanda. Varcarono alcune porte, oltrepassarono la sala comune e giunsero in un piccolo ufficio dal soffitto molto basso, dove aleggiava un odore di stallatico a causa della vicinanza alle scuderie. Il gentiluomo, alto più di sei piedi, dovette chinarsi per varcare la porta e quando fu all'interno il suo capo 17
sfiorava le travi. Con un grugnito di disappunto spostò una ragnatela. «Signore?» domandò l'impiegato dietro il bancone. «Vorrei un biglietto per West Lee» chiese il gentiluomo avvicinandosi. «Weslay» lo corresse Prudence. «Come ha detto lei» sospirò l'uomo. «Sono tre sterline.» Il gentiluomo estrasse dalla tasca un borsellino e lo aprì. Armeggiò con le monete, guardandole a una a una mentre le tirava fuori finché Prudence si avvicinò e gliene indicò tre. Lui le consegnò all'impiegato, che gli diede un biglietto. «Dovrete pagare una corona al cocchiere e mezza al controllore.» «Come? Vi ho appena dato tre sterline.» L'impiegato infilò le monete in una tasca del grembiule. «Sono per il viaggio. Il cocchiere e il controllore vanno pagati a parte.» «Sembra un imbroglio.» «Se volete andare a Weslay...» disse l'uomo stringendosi nelle spalle. «D'accordo.» Il gentiluomo sospirò guardando il biglietto, invitò Prudence a precederlo e la seguì. Si fermarono nel cortile e per la prima volta da quando si erano incontrati lei lo vide sorridere. Attraversata da un brivido di desiderio, Prudence dovette ammettere che era incredibilmente attraente. «Vi sono riconoscente per l'aiuto, Miss...» «Cabot. Mi chiamo Prudence Cabot.» «Miss Cabot» ripeté lui chinando il capo. «Io sono Roan Matheson» si presentò, allungandole una mano. 18
Prudence la guardò perplessa. «Cosa succede? Il mio guanto è sporco? Sì, vi chiedo scusa, ma vengo da lontano e nessuno ha lavato i miei indumenti.» «Non è per quello» disse lei scuotendo il capo, mentre si chiedeva come e perché quell'uomo avesse affrontato un lungo viaggio. «Capisco.» L'uomo si sfilò il guanto e le tese di nuovo la mano. Era grande e forte, e i segni sulle nocche erano la prova che era abituata a lavorare. «La mano è pulita» sbottò lui impaziente. «Scusi? Oh, certo, è che è strano.» «La mia mano?» chiese lui guardando l'arto. «No.» Era stata sgarbata. Prudence alzò lo sguardo sugli incredibili occhi color topazio, sui capelli castano scuro, più lunghi di quanto dettasse la moda del momento. Quell'uomo aveva un'aria esotica e... virile. Sembrava in grado di spostare una montagna, se l'avesse voluto. Si rese conto di avere le pulsazioni accelerate. «È strano che mi porgiate la mano per...» Si fermò, incerta su come proseguire. «Perché io la stringa?» «Naturalmente. Per quale altro motivo dovrei tendervi la mano, Miss Cabot? È un gesto di gentilezza quando ci si presenta...» Quando gli diede la mano, non poté fare a meno di notare quanto sembrasse piccola in quel palmo enorme. «Vi incuto timore?» le chiese lui alzando il capo. «Come? No, affatto!» esclamò Pru agitata. In realtà forse era un po' spaventata, non tanto da lui quanto dalla sensazione piacevole che provava quando la guardava in quel modo. Quando gli strinse la mano, lui ricambiò con energia, strappandole un gemito di sorpresa. «Ho esagerato?» 19
«No.» Le piaceva quel contatto, e per un istante immaginò quella mano che stringeva un'altra parte del suo corpo. «Vi chiedo scusa, ma non sono abituata. Qui la stretta di mano è riservata agli uomini.» «Oh.» Il gentiluomo ritirò la mano con aria confusa. «Allora cosa devo fare quando incontro una signora?» «Rivolgerle un cenno di saluto con il capo» gli spiegò Prudence mostrandoglielo. «E lei vi risponderà con un inchino.» Lui infilò il guanto con un gemito. «Posso essere brutale, Miss Cabot?» «Certo.» «Sono venuto in Inghilterra dall'America per una questione importante: devo riportare a casa mia sorella. Però il vostro paese mi confonde. In tutta onestà...» All'improvviso girò la testa, distratto dal rumore di una carrozza in arrivo. Era quella diretta verso nord, che si fermò davanti al cortile della locanda. Scesero quattro uomini, mentre il cocchiere lanciava i bagagli a un tizio che aspettava sul marciapiede. La carrozza sembrava affollata e Prudence provò un moto di compassione per Mr. Matheson. Non riusciva a capacitarsi di come sarebbe riuscito a infilarsi in quello spazio angusto. «Bene, andiamo» la esortò il gentiluomo, che si avviò verso la carrozza. Dopo qualche passo si fermò e si guardò da dietro una spalla. «Voi non venite?» Quando si rese conto che aveva pensato che anche lei stesse aspettando la carrozza, per un istante Prudence rimase sbigottita. Stava per dirgli che non era così, che lei avrebbe viaggiato su un veicolo privato, ma prima che le parole uscissero dalla bocca si sentì pervadere da un'ondata di calore. Una sensazione pericolosa, eccitan20
te e irresistibile. Assolutamente irresistibile. No, non poteva. E perché mai? Pensò al viaggio da affrontare insieme ai Linford, che avrebbe trascorso parlando del tempo. Poi immaginò di viaggiare su una diligenza, un'esperienza nuova, insieme a Mr. Matheson. L'idea di passare qualche ora con quell'uomo così virile la eccitava come non le era mai capitato prima. «Ah...» Lanciò un'occhiata alla locanda, incerta sul da farsi. Salire su una carrozza insieme a lui sarebbe stata una follia, però era molto più interessante che viaggiare con i Linford. Aveva del denaro con sé, i suoi effetti personali, e sapeva come raggiungere Cassandra Bulworth. Cosa glielo impediva? Il decoro, perdinci? Quel decoro che era stato suo compagno per tanti anni e l'aveva condannata a essere una zitella? Guardò Mr. Matheson. Era affascinante, con quell'aria americana un po' selvaggia. Lei non aveva mai conosciuto un americano, però li immaginava come lui: uomini ribelli e forti, che vivevano senza rispettare le regole della società. Era diverso, spontaneo, incorreggibilmente attraente e grazie al cielo si era perso! Prudence stava quasi per convincersi che gli avrebbe fatto un piacere se l'avesse accompagnato. Mr. Matheson, tuttavia, fraintese la sua espressione perché arrossì e disse: «Vi chiedo scusa, non intendevo mettervi fretta». Prudence sorrise. Pensava che dovesse usare le ritirate! Il suo sorriso lo confuse ancora di più. Lui si schiarì la voce guardando la vettura. «Vi... vi accompagno alla carrozza.» «Sì, grazie» accettò lei con eccessiva confidenza. 21
Matheson la guardò stupito, poi annuì e si diresse a grandi passi verso il veicolo, fermandosi per prendere una borsa da viaggio che lanciò a un garzone intento a fissare i bagagli. Non c'era più tempo per discutere. Prudence si girò e corse nell'ufficio, il cuore che le martellava in petto per l'eccitazione. Quando oltrepassò la porta, un campanello suonò. L'impiegato si girò verso di lei e la guardò di traverso. «Signorina?» «Un biglietto per Himple, per favore» chiese mentre apriva la reticella. «Himple?» ripeté lui dubbioso. «Sì. Posso avere anche un foglio? Devo scrivere un biglietto.» «Fanno due sterline.» L'uomo rovistò sulla scrivania finché non trovò un pezzo di pergamena, che le consegnò insieme a una matita. Prudence scrisse due righe per il dottor Linford. Dopo i saluti, l'augurio che lui e la moglie stessero bene e che la madre si stesse riprendendo, fornì una giustificazione per il proprio cambio di programma. Chiedo perdono fin da ora per il disturbo che vi arrecherò, ma un'amica mi ha offerto un passaggio sulla sua carrozza. Anche lei è diretta a Himple e non è stato un problema aggiungermi al gruppo. Vi prego di scusarmi se vi ho avvisato all'ultimo momento, ma ho colto l'opportunità quando si è presentata. Vi ringrazio per esservi offerti di accompagnarmi e vi assicuro che sono in ottime mani... Prudence fu attraversata da un brivido quando l'im22
magine delle mani di Matheson si affacciò alla sua mente. Auguro a voi un buon viaggio, e a vostra madre una pronta guarigione. P.C. Piegò il foglio, sorrise all'impiegato imbronciato e prese il biglietto. Dopo un ultimo ringraziamento, uscì di corsa dall'ufficio. Il cuore le martellava in petto. Non riusciva a credere che stava per compiere un gesto così audace, rischioso. Non era da lei. Tuttavia per la prima volta da mesi, forse anni, sentì che stava per accaderle qualcosa di straordinario. Buono o cattivo che fosse non era importante, l'unica cosa che le interessava era che si sentiva girare la testa per l'eccitazione.
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I desideri di un duca ANNA CAMPBELL Inghilterra - Europa, 1828 - Cresciuto all’ombra dei numerosi scandali in cui sono stati coinvolti i suoi genitori, Camden Rothermere, Duca di Sedgemoor, è convinto che nel matrimonio l’amicizia e il rispetto contino più della passione e dell'amore. Per questo è deciso a sposare una pacata fanciulla senza grilli per la testa, che lo aiuti a restituire rispettabilità al nome della famiglia. Proprio quando crede di aver individuato la donna adatta, però, un amico in punto di morte gli chiede di rintracciare la sorella sul Continente e riportarla in Inghilterra. È un favore che Cam non può rifiutarsi di esaudire, anche se lei, Penelope Thorne, nove anni prima ha respinto la sua proposta di matrimonio. Quel rifiuto gli brucia ancora, e la cosa peggiore è che non appena la rivede si riaccendono in lui le stesse, conturbanti sensazioni di un tempo...
Un'innocente avventura JULIA LONDON Inghilterra, 1816 - L'eco dei pettegolezzi suscitati dal comportamento poco ortodosso di Honor e Grace si è ormai spento, eppure Prudence Cabot è convinta che le ripercussioni sulla sua vita siano evidenti anche a quattro anni di distanza. Altrimenti perché, alla sua età, nessuno l'ha ancora chiesta in moglie? Poco importa che la sua condotta sia stata irreprensibile; le conseguenze dei temerari piani delle sorelle per trovare marito hanno condannato lei a rimanere zitella e questo la rende triste e intrattabile. Così accetta l'invito di una cara amica, nella speranza che allontanarsi da casa possa risollevarle il morale... e finisce per cacciarsi in un mare di guai. Durante il viaggio, infatti, si lascia coinvolgere nelle peripezie di un affascinante straniero appena giunto dall'America e...
L'intrigante Miss Cynster ANNA CAMPBELL Inghilterra - Scozia, 1837 - Conosciuta nella buona società di Londra come la scombina-matrimoni, Henrietta Cynster ha la straordinaria capacità di intuire se l'unione tra due aspiranti fidanzati funzionerà, dono che le ha permesso di aiutare molte giovani debuttanti a non cadere vittime di una sciocca infatuazione prima di compiere un errore irrimediabile. Ma quando manda a monte il fidanzamento di James Glossup la sua stessa abilità le si ritorce contro, perché per farsi perdonare la deprecabile interferenza si sente in dovere di aiutare l'intrigante gentiluomo a trovare una sposa adatta... un compito che si rivela terribilmente complicato a causa dell'insaziabile attrazione che giorno dopo giorno li incatena l'uno all'altra. A quel punto convincersi di poter sfuggire agli strali di Cupido diventa sempre più difficile.
Tra inganno e verità JULIA LONDON Londra - Parigi - Atene, 1890 - A distanza di due anni dalla morte del marito Emily scopre che era molto diverso da quello che immaginava: non solo era uno studioso e un collezionista d'arte antica, ma era anche profondamente innamorato di lei. Il ritratto che emerge dalle pagine del suo diario è così affascinante da spingerla a studiare le civiltà del passato nella speranza di apprendere qualcosa di più sul suo conto, e la conduce nelle sale del British Museum che lui amava tanto. E qui scopre un pericoloso segreto che riguarda dei reperti trafugati dalla collezione di antichità greche e romane. Decisa a vederci chiaro, l'intraprendente Emily inizia a indagare, sfidando le convenzioni della società vittoriana e cercando al tempo stesso di tenere a bada due affascinanti corteggiatori il cui interesse, però, sembra scaturire da ragioni oscure e ambigue, piuttosto che da sentimenti sinceri.
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