Un segreto per la principessa

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REGNI... O QUASI! Quante sono le monarchie nel mondo? Secondo l'ultima analisi politica sono quarantatré. Quelle riconosciute, ovviamente. Perché in realtà, per gli amanti dell'ironia e della burla sono molte di più, e alcune sono anche vicinissime a noi! Qualche esempio? Iniziamo dal Principato di Seborga, un piccolo centro abitato al confine con la Francia. A partire dagli anni Cinquanta, gli abitanti di Seborga hanno rivendicato l'indipendenza del territorio basandosi su un antico documento che annulla l'annessione all'allora Regno di Sardegna (oggi Italia). Il principato elegge il suo re, ha una moneta corrente valida nel territorio e persino delle targhe automobilistiche! Non tutti hanno manie di grandezza, e si accontentano di regnare su una... fattoria! È il caso del Principato di Hutt River, in Australia. E che dire del Principato di Sealand, fondato al largo della Gran Bretagna su una piattaforma antiaerea? Nell'era di Internet, non poteva certo mancare un regno virtuale: ci riferiamo al Regno dell'amore di re Danny I: chi desidera chiedere udienza, può contattarlo via mail o suonare alla sua porta di casa. Arrivederci alla prossima curiosità!


Barbara Wallace

Un segreto per la principessa


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Christmas Baby for the Princess Harlequin Mills & Boon Romance © 2016 Barbara Wallace Traduzione di Donella Buonaccorsi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly novembre 2017 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY SERIE JOLLY ISSN 1122 - 5390 Periodico settimanale n. 2722 dello 07/11/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 56 del 13/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 Il suo portafoglio non c'era. Arianna stava per sentirsi male. Con lo stomaco in subbuglio, si appoggiò contro il muro di mattoni e ansimò. Poi controllò il contenuto della borsa per la terza volta. Rossetto. Salviette umidificate. Passaporto. Niente portafoglio. Com'era possibile? Ricordava perfettamente di averlo rimesso al suo posto dopo aver pagato la colazione. Times Square. C'era stata quella donna che l'aveva avvicinata chiedendole di aiutarla a leggere la piantina della metropolitana e un uomo che le aveva dato una spinta mentre cercava di liberarsi di lei. Uno di loro doveva averle frugato nella borsa senza che se ne accorgesse! Stupida, stupida, stupida. Ecco che cosa succede quando cerchi di fuggire dai tuoi problemi: li aumenti a dismisura. Arianna chiuse gli occhi per impedire alle lacrime che li avevano riempiti di scorrerle lungo le guance. Qualche settimana, un mese al massimo: era solo di questo che aveva bisogno. Per la centesima volta, maledisse la sua stupidità . 5


Se avesse dato retta all'istinto, non sarebbe mai stata costretta a fuggire. Non avrebbe dovuto decidere fra un matrimonio senza amore e uno scandalo che avrebbe travolto la sua famiglia. Adesso, per colpa dello scippo subito, avrebbe dovuto scegliere prima del previsto. Senza soldi, non poteva rimanere in America. Non aveva denaro neppure per comprarsi da mangiare, senza contare che il proprietario del terribile hotel in cui alloggiava si aspettava che gli pagasse il conto alla fine della settimana o, come le aveva detto in tono soave, avrebbe sbattuto il suo bel sederino sulla strada. Il suo bambino meritava di meglio. Era incredibile quanto una lineetta rosa può cambiarti la vita. Quando le erano saltate le mestruazioni, aveva attribuito la colpa allo stress. Dopotutto, lei e Manolo si erano appena lasciati. Inoltre, erano stati insieme – in quel modo – solo due volte. Due tentativi falliti di approfondire sentimenti che non esistevano. Quando il secondo mese era arrivato e passato, tuttavia, non aveva più potuto incolpare lo stress. E il mondo aveva smesso di girare non appena aveva visto quella lineetta rosa. Non aveva saputo che cosa fare, perciò era fuggita. Scomparsa, in modo da poter decidere quale fosse la meno peggio fra le due scelte che le si paravano di fronte. Proprio in quel momento cominciò a soffiare un vento freddo che rese ancora più gelida quella grigia giornata di novembre. Era il modo in cui la natura le voleva ricordare quanto seria fosse la situazione in cui si trovava? Stringendosi nel cappotto, Arianna sollevò il mento con stoicismo regale. Indugiare non aveva senso. Con un po' di fortuna, avrebbe capito che cosa 6


doveva fare sull'aereo che l'avrebbe riportata a Corinthia. A pochi passi di distanza, un fattorino uscì da uno dei locali che si affacciavano sulla strada spingendo il suo carrello oltre la soglia con un fracasso che nemmeno il traffico di Manhattan riuscì a coprire. Arianna alzò lo sguardo per leggere l'insegna. Fox Club. Dio solo sapeva che razza di club fosse, ma non aveva importanza. Era aperto e lei sperava che avesse un telefono che le avrebbero permesso di usare. Solo che la porta non era una porta, ma un varco temporale. Non c'era altro modo per spiegare quello che trovò dall'altra parte. La stanza sembrava uscita da un vecchio film poliziesco americano, come quelli che a volte venivano trasmessi alla televisione a tarda notte. Séparé con gli schienali alti rivestiti di cuoio rosso, legno così scuro da sembrare nero. Lampadari di vetro iridescente che avvolgevano ogni cosa con una fumosa luce bianca. Ad Arianna venne la pelle d'oca. Raffinato e sensuale, quel posto sembrava promettere qualcosa di speciale a tutti coloro che ci entravano. Alla sua sinistra, il bancone di un bar correva lungo l'intera parete. Era sempre in legno nero, ma intervallato da corrimani di ottone e ripiani pieni di bottiglie e bicchieri. Un uomo di colore tarchiato, che sembrava uscito da Casablanca, era in piedi dietro alla cassa. La sua testa dai capelli impomatati era china su un taccuino. Quando lei gli si avvicinò, non la degnò nemmeno di uno sguardo. Arianna si schiarì la gola, tossendo piano. Continuando a fissare il taccuino, l'uomo prese da sotto il bancone un foglio e glielo porse dicendo: «Riempia 7


questo. Quando avrà finito, dirò al proprietario che è qui». «Mi scusi, ma non credo d'aver capito» mormorò lei. «È qui per il lavoro, no?» replicò l'uomo indicando col pollice il cartello sulla vetrina che entrando Arianna non aveva notato. Allungando il collo, riuscì a distinguere le parole: Cercasi cameriera. «Veramente, io...» cominciò, ma s'interruppe di colpo. Certo, era un'idea assurda. Lei che lavorava in un locale. Non aveva mai lavorato in vita sua. Non sul serio, almeno. D'altro canto, se avesse lavorato, avrebbe guadagnato del denaro e guadagnando del denaro avrebbe potuto posticipare il ritorno a casa. Avrebbe avuto tempo per pensare. Per fare la scelta giusta. Ignorando la voce interiore che le diceva che stava agendo di nuovo seguendo una logica sbagliata, posò la borsa sul tavolo e, prima di cambiare idea, dichiarò: «Sì. Mi piacerebbe moltissimo ottenere il lavoro». «Apprezzo l'entusiasmo» commentò una voce. Una voce bassa e armoniosa che decisamente non apparteneva al barista. Arianna alzò lo sguardo e trattenne il respiro. Se il locale in cui si trovava sembrava uscito da un film, l'uomo che le si parò davanti era il protagonista maschile perfetto. Indossava un completo scuro dal taglio sartoriale, che su un altro uomo sarebbe parso pretenzioso, mentre su di lui era perfetto. Le si avvicinò con un'eleganza quasi surreale, e lei trattenne il fiato. 8


Gli zigomi erano scolpiti, quasi affilati, e gli occhi del colore dell'ardesia. Il naso lievemente arcuato gli impediva di raggiungere la perfezione, ma gli stava benissimo. «Max Brown» si presentò. Arianna cominciò a chinare il capo, come faceva sempre quando veniva introdotto qualcuno al suo cospetto, poi rammentò dove si trovava e si affrettò a stringergli la mano che lui le porgeva. «Arianna» replicò. «Lieto di conoscerla, Arianna.» La stretta dell'uomo era ferma e sicura. «Ha anche un cognome?» «Santoro» gli rispose lei, dandosi subito della sciocca. Non avrebbe dovuto dirgli il suo vero cognome, maledizione! Per fortuna, però, lui non batté ciglio e si limitò a ribadire: «Lieto di conoscerla, Arianna Santoro. Dunque, le interessa lavorare qui come cameriera?». «Sì.» «Bene. Ha già riempito il modulo?» «Non ancora» interloquì il barista. «Sono appena entrata» gli spiegò lei. «Allora, sediamoci e compiliamolo insieme» le propose lui con un sorriso affascinante. «Non ci vorrà molto. Vogliamo sapere le solite cose. Dati anagrafici, titolo di studio e numero di previdenza sociale. Oh, e anche il numero e i nominativi dei figli a carico, naturalmente.» Arianna si sentì rivoltare lo stomaco e impallidì. «Si rilassi» rise lui. «Stavo solo scherzando a proposito dei figli a carico. Ma non si sente bene?» «S... sto b... benissimo» mentì Arianna, domandandosi che cosa diamine gli avrebbe detto quando lui le 9


avesse chiesto i dati anagrafici. Strinse il corrimano e cercò di respirare solo col naso, sperando che la nausea le passasse. Forse mangiare qualcosa le avrebbe fatto bene. Dopotutto, l'ora di pranzo era passata da un pezzo e lei era digiuna dalla colazione. «Posso avere una camomilla e del pane tostato, per favore?» chiese al barista. «Ordina da mangiare durante un colloquio di lavoro?» le chiese lui in tono rimprovero, scuotendo la testa. «Mi sembra un'ottima idea, Darius» interloquì Max. «A me non dispiacerebbe bere una tazza di caffè.» «Vuoi anche che ti macini i chicchi, immagino» grugnì il barista. «Sarebbe fantastico. Magari, potresti anche coltivare la camomilla.» Il barista grugnì di nuovo, ma si mise al lavoro. «Venga, mettiamoci a sedere» disse Max ad Arianna indicandole uno dei séparé. «Innanzitutto, vorrei sapere perché vuole lavorare per il Fox Club» continuò, quando furono l'uno davanti all'altra. Se solo avesse saputo la verità... «Per il motivo per cui tutti vogliono lavorare» affermò scrollando le spalle. «In altri termini, ha bisogno di soldi.» «Certo. Non vedo quale altro...» cominciò Arianna, ma s'interruppe all'arrivo del barista con le loro ordinazioni. «I signori sono serviti» ringhiò. «Se non hanno bisogno di altro, avrei faccende molto più importanti da sbrigare.» «No, va' pure, Darius» replicò Max sorridendo. Sembrava divertito dai modi sgarbati del barista e, 10


quando si fu allontanato, disse ad Arianna: «Non faccia caso a lui. Sotto quella scorza dura batte un cuore tenero come il burro. Mmh! Davvero buono, questo caffè. Importiamo i chicchi dal Sud America. Una miscela esclusiva, fatta apposta per noi». «Fantastico» commentò Arianna con un entusiasmo che era ben lontana dal provare. Di solito, il caffè le piaceva, ma da qualche giorno non ne sopportava nemmeno l'aroma. «Un caffè di bassa qualità può rovinare un'intera cena. L'ultima cosa che vogliamo è che i nostri clienti se ne vadano con un cattivo sapore in bocca.» «Certo» convenne lei pensando a tutte le cene a cinque stelle che aveva consumato in vita sua. Il caffè, come tutto il resto, era sempre stato buonissimo. Ma non si era mai aspettata il contrario. «A quanto pare, siete molto scrupolosi.» «Sì. Sono i dettagli che decretano il successo o la morte di un ristorante.» Max fece una breve pausa, poi soggiunse: «Tornando alla domanda originale, perché vuole lavorare al Fox Club, oltre al fatto che ha bisogno di soldi?». «Io, ecco...» cominciò lei, terribilmente a disagio perché anche la camomilla le dava la nausea. «Non c'è un motivo preciso.» «Non è di New York, vero?» «No. Sono arrivata pochi...» Arianna si fermò un istante prima di dire giorni e concluse correggendosi: «... poche settimane fa. Come ha fatto a capirlo?». «Perché tutti i newyorkesi conoscono il Fox Club. Quelli che vanno al ristorante, almeno. Dunque, lei è arrivata in città da poco e ha bisogno di un lavoro.» «Sì.» 11


«Dove alloggia?» «Al Dunphy Hotel.» Vecchio e sporco, il Dunphy non avrebbe dovuto avere nemmeno l'abitabilità. Ma era anche l'ultimo posto al mondo in cui chiunque avrebbe pensato di andare a cercare una principessa, ed era per questo che Arianna lo aveva scelto. «Scelta interessante» osservò Max. «Non ho molti soldi.» «Capisco.» Qualcosa nel suo tono di voce le fece rivoltare di nuovo lo stomaco. E stavolta alla nausea si accompagnò anche una punta di ansia. Non era possibile che l'avesse riconosciuta, vero? Aveva controllato i titoli dei principali quotidiani da quando era arrivata a New York e finora non c'era stato nessun accenno alla sua fuga. Inoltre, il padre avrebbe fatto di tutto per tenere nascosta la notizia. E se anche i giornalisti l'avessero scoperto, lei aveva fatto il possibile per cambiare il suo aspetto, tagliandosi i lunghi capelli biondi e tingendoli di nero. Tuttavia, il modo in cui gli occhi grigi di Max la fissavano la metteva a disagio. In realtà, quello sguardo l'avrebbe innervosita comunque, che si stesse nascondendo o meno. Si costrinse a ricambiare lo sguardo, premendosi una mano sul ventre. La nausea stava peggiorando. «Ha esperienza?» le chiese lui riportandola bruscamente alla realtà. «Esperienza di cosa?» «Di servizio ai tavoli. Siamo vicini alle festività natalizie, quindi avremo più clienti del solito. Molti gruppi prenotano tavolate già in questo periodo dell'anno, perciò abbiamo bisogno di qualcuno che 12


sappia districarsi in mezzo a tanta gente. Lei ha affrontato situazioni simili prima d'ora?» «Parecchie» gli rispose Arianna con fermezza. Non era una vera e propria bugia. Aveva fatto da padrona di casa al fianco di suo padre da quando sua madre era morta dieci anni prima e lo aveva aiutato a organizzare dozzine di cene di stato. Di sicuro, memorizzare gli ordini e portarli ai tavoli non poteva essere più difficile che memorizzare i dossier degli invitati per evitare incidenti internazionali. «Fantastico! Dove?» «Dove che cosa?» «Dove ha fatto la cameriera prima d'ora?» «Ah, certo! In Italia.» Aveva deciso che era quello che avrebbe detto se qualcuno avesse notato il suo accento. Di tutte le nazioni vicine a Corinthia, l'Italia era la più simile come lingua e cultura. «In qualche posto in particolare o in tutto il paese?» le domandò lui con un guizzo divertito negli occhi. La stava prendendo in giro ed era chiaro che voleva maggiori dettagli. Per prendere tempo, Arianna si portò la tazza alle labbra, ma fu una pessima idea perché non appena sentì il sapore della camomilla le venne da vomitare. «Signorina Santoro, c'è qualcosa che non va?» le chiese Max in tono preoccupato quando lei posò di nuovo la tazza sul tavolo. «Io...» cominciò lei, ma non riuscì a continuare. Coprendosi la bocca con una mano balzò in piedi e corse via. «La seconda porta alla sua sinistra» le gridò Max mentre si allontanava. Non che avesse importanza: a 13


quell'ora il locale era vuoto e qualunque toilette sarebbe andata bene. «Che succede?» gli domandò Darius. «Di solito ci vogliono due o tre appuntamenti prima che le donne ti piantino in asso!» «Molto spiritoso. Fammi un favore e portami un bicchiere d'acqua fredda. Ne avrà bisogno, quando uscirà dalla toilette.» Decisamente, quello con Arianna Santoro non era stato un normale colloquio di lavoro. A cominciare dall'aspirante. Non aveva mai visto una cameriera disoccupata con una giacca di cachemire. Gli sembrava impossibile che una come lei alloggiasse in un buco come il Dunphy Hotel. «Hai notato il suo taglio di capelli?» gli domandò Darius portandogli l'acqua. Sì, Max l'aveva notato. Come aveva notato la giacca. Un lavoro fatto in casa e nemmeno troppo bene. «Sta cercando di nascondersi.» «Se spera che quell'acconciatura l'aiuterà, si sbaglia di grosso.» «Se li raccoglie, andrà benissimo.» «Non dirmi che stai prendendo in considerazione l'idea di assumerla.» «Qualcosa mi dice che è nei guai.» «Magnifico. Un altro dei tuoi cuccioli smarriti. Non ti ha insegnato nulla quello che è successo con Shirley? Non puoi salvare il mondo intero, sai?» «Non ho mai detto di voler salvare il mondo intero.» Solo i due o tre disperati che gli attraversavano la strada, tutto qui. E se qualcuno di loro, come la sua ultima pianista, aveva deciso che non voleva farsi salvare, non era un buon motivo per smettere. Soprattutto 14


non nel caso di Arianna Santoro. «Alloggia al Dunphy Hotel» disse a Darius abbassando la voce. «Accidenti!» commentò lui. «Già. E poi, devi ammettere che con l'uniforme da cameriera starà benissimo.» «Forse, ma credi che sappia servire ai tavoli?» Max aprì bocca per rispondere, ma la richiuse non appena vide Arianna uscire dalla toilette e tornare al séparé. Nonostante le tremassero le gambe e fosse bianca come un lenzuolo, era bellissima. «Va tutto bene?» le chiese. «Sì» annuì lei. «Mi gira un po' la testa, ma va molto meglio.» Max sperò che non giocasse mai a poker. Se fosse stata davvero meglio, avrebbe avuto un po' di colore sulle guance. «Grazie» soggiunse, notando il bicchier d'acqua. «Di nulla. Ho pensato che non avrebbe avuto più voglia di camomilla.» Max finì di bere il suo caffè ormai freddo e proseguì: «Dunque, mi stava dicendo dove ha lavorato come cameriera». «Sì. Ecco... Il fatto è che...» «È passato molto tempo?» le suggerì lui. «Proprio così» convenne Arianna aggrappandosi a quella scusa come a un'ancora di salvezza. «Non sono sicura che si ricordino di me.» Max la osservò in silenzio. Era pronto a scommettere dieci contro uno che la sola esperienza che Arianna Santoro aveva in fatto di cameriere fosse stata lasciare una mancia. Darius aveva ragione: non avrebbe mai dovuto assumerla. Ma poi vide quanti sforzi stava facendo per mante15


nere il controllo e la sua coscienza batté alla grande il suo buonsenso. «Non importa» le assicurò sorridendo. «Mi basta la sua parola. Se la sente di cominciare domani sera?» «Ho ottenuto il lavoro?» si stupì lei spalancando gli occhi. In un lampo, Max capì come mai tutti gli investigatori privati in tutti i film polizieschi cadevano vittima della femme fatale di turno. Il modo in cui il suo viso si era illuminato era assolutamente criminale. Si allentò la cravatta e cercando di dissimulare la propria reazione replicò: «Aveva detto che lo voleva, no?». «Lo avevo detto, sì. E lo voglio, certo che lo voglio.» Arianna si chinò in avanti e il suo profumo di lusso lo avvolse come una nuvola. «Grazie mille!» Gli prese le mani fra le sue e le strinse con forza. «Non ha idea di quanto tutto questo significhi per me.» Decisamente criminale. Con estrema riluttanza, Max si sciolse dalla stretta e si alzò in piedi. «Darius le dirà tutto quello che deve sapere, incluso dove può trovare la sua uniforme. Benvenuta nella famiglia del Fox Club, signorina Santoro.» Con la coda dell'occhio, vide Darius scuotere la testa. Non c'era verso: il suo amico tendeva sempre a vedere il bicchiere mezzo vuoto. Stavano aiutando una splendida donna che stava attraversando un momento difficile. Che cosa poteva esserci di tanto pericoloso?

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2722 - Un segreto per la principessa di B. Wallace La principessa Arianna di Corinthia è fuggita in incognito a New York per evitare uno scandalo. Spera, lontano dal suo regno, di riuscire a prendere la decisione giusta. Ma un destino beffardo la spinge tra le braccia di Max Brown, bellissimo ristoratore. 2723 - Il Natale del milionario di S. Meier Quando Kristen chiede al milionario Dean di sovvenzionare il suo progetto di aiuti nel Terzo mondo, lui accetta di buon grado, ma vuole una contropartita: lei dovrà accompagnarlo a un esclusivo party di Natale. Dean ha un animo ferito e valide ragioni per detestare quella ricorrenza, ma Kristen spera di... 2724 - Un ballo da favola di K. Shepherd Ashleigh è a Londra da poco, e quando si trova a pulire l'appartamento vuoto del milionario greco Lukas cede alla tentazione di stabilirvisi. Lukas torna all'improvviso, la scopre, ma invece di cacciarla le fa una proposta intrigante e in cambio del suo sì la ospiterà fino a Capodanno. FAVOLE SOTTO IL VISCHIO 2725 - Un regalo per il capo di J. Faye Quanto Holly conosce Finn, il milionario per cui lavora? Non sa del suo progetto a favore dei bambini svantaggiati, o che sia uno dei principali finanziatori del più importante ballo di beneficenza di New York... ma sa che dopo una magica notte insieme è diventato ancora più difficile non desiderarlo.


dal 5 dicembre 2726 - Un principe al bivio di B. Wallace Un fugace bacio sotto il vischio tra Rosa e Armando stupisce entrambi per l'intensità dell'emozione che suscita. Loro, però, non sono fatti per stare insieme. Lui è il principe Armando Santoro di Corinthia, e il suo destino è un matrimonio politico. L'amore, però, non conosce le regole di corte... 2727 - Amore sulla soglia di K. Hardy L'ultima relazione di Amy è finita perché non poteva avere figli, il matrimonio di Josh è terminato perché la moglie lo ha lasciato per un altro. Sono vicini di casa, si conoscono poco ma entrambi hanno chiuso con l'amore. E se invece fosse l'amore a cercare loro nelle fattezze di una neonata lasciata sulla soglia di casa? 2728 - Un Natale perfetto di S. Wilson Grace ha sempre amato il Natale, ma questo è il primo senza la sua adorata nonna. Per far fronte alla mancanza ha deciso di passarlo lavorando nell'hotel presso cui fa la cameriera. Finlay Armstrong è il proprietario dell'hotel e, come Scrooge, odia quella festività e tutto ciò che la riguarda. FAVOLE SOTTO IL VISCHIO 2729 - Un uomo nuovo di S. Pembroke Quando il quasi ex marito, il milionario Jacob Foster, ricompare nella sua vita, Clara non riesce a rifiutare. Sarà un'ottima occasione per verificare se quell'uomo è ancora il distratto maniaco del lavoro da cui è fuggita o se è finalmente pronto per conoscere il segreto che lei custodisce da anni.


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