Un segreto per lo sceicco

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MAGGIE COX

Un segreto per lo sceicco


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Sheikh's Secret Son Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2017 Maggie Cox Traduzione di Paola Mion Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony dicembre 2017 Questo volume è stato stampato nel novembre 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3232 del 12/12/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 La caduta dalla sommità del muro di granito avvenne in un istante, eppure stranamente il tempo sembrò rallentare mentre Darcy guardava se stessa precipitare in basso. Era un po' come vivere una di quelle esperienze extra corporee: la sua mente riceveva dei flash, in una sorta di sogno, come di una cosa che stava accadendo ma non succedendo davvero. Il problema era che aveva perso la concentrazione a causa dei nervi, la mente agitata all'idea di vedere il proprietario della villa principesca, almeno per dirgli che la loro relazione appassionata del passato aveva dato origine a una vita... Ora però, la fitta lancinante che partì dalla caviglia quando cadde a terra le diede qualcosa di più reale di cui preoccuparsi. Soffocando un'imprecazione, si allungò a toccarsi il piede, una smorfia che le contraeva le labbra. Come diavolo avrebbe fatto ora? La caviglia si stava già gonfiando, troppo in fretta per i suoi gusti. Non aveva alcuna speranza di passare inosservata come aveva creduto di fare. Infatti un uomo imponente con un completo nero stava già correndo verso di lei attraverso il meraviglioso giardino. Non le ci volle molto a capire che era una guardia della sicurezza. Si impose di stare calma, a dispetto di ciò che 5


sarebbe accaduto, e prese un respiro profondo per controllare il dolore pungente che la tormentava. Quando l'uomo la raggiunse, notò che la sua pelle olivastra era imperlata di piccole gocce di sudore, nonostante il respiro affannoso si condensasse nell'aria fredda dell'ottobre londinese. «Avrebbe potuto risparmiarsi la corsa, dal momento che è chiaro che in questa condizione non sarei potuta scappare da nessuna parte. Temo di essermi lussata la caviglia» gli disse querula. «È stata davvero sciocca a rischiare una simile follia. Posso dirle fin d'ora che lo sceicco non sarà molto contento.» Rendendosi conto che si stava riferendo all'uomo che aveva cercato disperatamente di incontrare, Darcy si sentì come se fosse sprofondata dentro il muro, invece di essere caduta dalla sommità. «Lei ha violato la proprietà privata di Sua Altezza, e l'avverto che la cosa non sarà presa alla leggera» la minacciò l'uomo, anche se nella sua espressione traspariva quasi una nota di pena. «Già... non credo che lo farà.» Ma, in qualunque modo avesse reagito il suo ex amante nel vederla, non avrebbe potuto farla sentire peggio di così. Anzi, sì. Darcy era già stata così nervosa prima dell'incidente, figurarsi adesso, con l'evidenza dell'intrusione. «Senta, quello che è accaduto è accaduto. E per poter spiegare a Sua Altezza le ragioni per cui sono qui ho bisogno del suo aiuto per alzarmi in piedi.» «Non credo che sia una buona idea. Deve farsi vedere da un medico prima, sforzare la caviglia potrebbe peggiorare il danno.» 6


Alzando lo sguardo sull'uomo, notò un lampo di preoccupazione nei suoi occhi color cioccolato. Poi lo vide prendere il telefono dalla tasca e parlare con qualcuno in una lingua che le era fin troppo familiare dai tempi in cui lavorava alla banca di proprietà dello sceicco. A peggiorare la situazione, fu inondata da improvvisi, sgraditi ricordi. E tutto perché aveva avuto la malaugurata idea di scalare le mura di cinta di una proprietà privata, cadendo come una stupida. Ma che altro poteva fare, dal momento che vedere il suo ex amante era diventato tanto urgente? Le sue più tremende paure si erano realizzate: lui si era fidanzato ed era prossimo al matrimonio. E per quanto cercasse di convincersi di quel fatto, il suo cuore rifiutava l'idea come un veleno. La guardia terminò la telefonata e Darcy si rese conto che non aveva intenzione di aiutarla a mettersi in piedi. Anzi prese un fazzoletto dalla tasca e si asciugò la fronte. «Il medico sta arrivando. E ho chiesto che le portino dell'acqua.» «Non ho bisogno di acqua. Voglio solo un aiuto per alzarmi in piedi!» Conscia che era inutile insistere, abbassò la testa, le ciocche di capelli biondi che sfuggivano dal nodo lento sulla sommità del capo e le ricadevano sul viso. Sperò che almeno servissero a occultare lo shock e la paura che l'attanagliavano. Arrendersi alla debolezza era un anatema per lei. L'ultima volta che l'aveva fatto le era costato caro. «Chi sarebbe questo dottore? E cosa farà, chiamerà un'ambulanza?» «Non le serve un'ambulanza. Il dottore è il medico personale dello sceicco, è molto qualificato e ha un appartamento nella villa.» 7


«Allora presumo di non avere altra scelta che aspettarlo» si arrese lei di malagrazia. «Spero almeno che abbia qualche analgesico per il dolore.» «Se deve prendere delle pillole, allora avrà bisogno anche dell'acqua. Vuole che chiami qualcuno per informarlo che ha avuto un incidente?» Il suo cuore accelerò. Sua madre non avrebbe certo preso la novità con calma, dato che aveva una tendenza a trasformare ogni piccolo problema in un dramma. E l'ultima cosa che lei voleva era che sua madre mettesse in agitazione il suo bambino. «No, io non... non ne ho bisogno. Ma grazie comunque.» Fece un sorriso speranzoso alla guardia, ma sospettava che l'uomo non credesse alla sua calma. Accecata dalla luce del sole, non aveva notato le due figure che stavano correndo verso di loro provenienti dalla casa. Quando le vide, il suo cuore smise di battere in fretta, e cominciò a correre furibondo. Distogliendo lo sguardo, fece una smorfia rivolta alla caviglia gonfia. Si chiese se l'avrebbero accusata di violazione di domicilio, e che cosa sarebbe accaduto poi. Come intuendo i suoi pensieri, l'uomo accanto a lei si chinò e le batté sul braccio in un gesto incoraggiante, facendole sgranare gli occhi blu per la sorpresa. Per quanto ne sapeva lei, una guardia non si comportava in quel modo, di solito. Tuttavia era talmente spaventata che apprezzò quella gentilezza. «Il medico si occuperà della sua caviglia. Non si preoccupi.» «Non mi preoccupo. Sono solo seccata per la situazione, e per aver scavalcato quel muro. Non volevo fare nulla di male, intendevo solo dare un'occhiata alla residenza, nella speranza di... vedere lo sceicco, poiché ho bisogno di parlargli. Ho letto che sarebbe stato qui per qualche 8


giorno... Lavoravo per lui, sa?» domandò con un tremito nella voce. «Allora, se voleva parlargli avrebbe dovuto chiamare il suo ufficio.» L'uomo sembrò sinceramente interessato, questa volta. «L'ho fatto» sbottò lei, vittima di un'ondata di autocommiserazione. «Ho parlato un sacco di volte con la segretaria, che mi ha detto che doveva chiedere prima allo sceicco. Ma non mi ha mai risposto, per quanto abbia continuato a chiamare. Dubito persino che lui abbia mai avuto la mia richiesta e i miei messaggi» concluse torva. «Sono sicuro di sì. Forse Sua Altezza ha le sue ragioni per non volerle parlare?» «Rashid.» La voce bassa dietro di loro li fece girare contemporaneamente. Darcy si sentì pervadere dallo shock quando scorse l'imponente arabo proprietario della voce. I suoi lineamenti perfetti erano un ricordo vivido inciso nella sua mente, ma l'ultima volta che li aveva visti il loro incontro era terminato con il suo cuore ridotto in mille pezzi. L'impulso traditore, però, fu di accoglierlo con familiarità. Zafir... Si fermò in tempo. I suoi occhi scuri la stavano fissando con durezza, se non ostilità. Pur rabbrividendo, lei lo divorò con gli occhi, notando che, anche se era un poco più vecchio, era ancora bello come il peccato, capace di rubare il cuore di una donna. I capelli erano più lunghi. Gli ricadevano sulle spalle in lucide onde scure. L'indiscreto ricordo della sensazione della seta sotto le dita le fece venir voglia di passarvi le mani attraverso, percorrendone lentamente la lunghezza. «La signorina è caduta dal muro di cinta, Vostra Al9


tezza.» Il tono della guardia suonò inesplicabilmente protettivo. «E si è fatta male...» «Fare del male è ciò che sa fare meglio.» Darcy aprì la bocca per protestare. Lui era quello bravo a far male, non lei! L'aveva forse dimenticato? «Che cosa fai qui, e perché hai violato la mia proprietà?» la interrogò lui secco. «Oh, te lo dirò il perché...! Non hai mai risposto alle mie chiamate o ai miei messaggi, né mi hai concesso un appuntamento perché potessi parlarti. Dio solo sa quante volte ho provato. Questa era l'ultima risorsa. Onestamente, avrei preferito starti alla larga... ma... dovevo vederti.» Lo sguardo sospettoso, lui scosse il capo. «Non ho mai ricevuto nessuna richiesta o messaggio da parte tua.» La bocca le si seccò. «Stai scherzando? Come mai non ti è stato riferito? Ho detto alla tua segretaria che era urgente e confidenziale. Per quale motivo non mi ha creduto? Ho chiamato un'infinità di volte!» «Non importa in questo momento. Se quello che dici è vero, indagherò al riguardo. Ma perché mai volevi parlarmi? Avevo chiarito che non volevo mai più posare gli occhi su di te, rammenti? Non credo che potessi aspettarti qualcosa di buono dal nostro incontro.» Si chinò in avanti e, pur respirando l'aroma esotico del suo profumo, lei notò l'espressione di accusa sul suo viso. «Da quanto tempo sai che mi trovavo qui?» «L'ho letto di recente su un giornale.» «E hai pensato di venire da me per ottenere qualcosa per via di ciò che è accaduto in passato?» Il sangue le si gelò per un attimo. «No! Non è per questo che volevo parlarti. Credi che volessi ricattarti in qualche modo? Non potresti sbagliarti 10


di più!» Le lacrime le riempirono gli occhi. Cercando di respingerle con tutte le sue forze, si sforzò di continuare. «L'articolo diceva che ti sei fidanzato e ti sposerai.» «E senza dubbio volevi congratularti con me.» «Non prenderti gioco della mia pena in questo modo.» Come faceva sempre quando si trovava dinanzi a un'ingiustizia, incrociò le braccia sul petto con indignazione. Ma il movimento brusco le spedì una fitta alla caviglia, e non riuscì a trattenere un gemito di dolore. Immediatamente gli occhi neri si velarono di preoccupazione mentre Zafir si volgeva verso l'uomo vestito di bianco che era rimasto a rispettosa distanza. «Dottor Eden, per cortesia, dia un po' d'acqua alla signorina e controlli subito la caviglia. Potrebbe essere fratturata.» Inorridita a quella possibilità, Darcy si ravviò indietro i capelli e lo guardò. «Ne saresti contento, vero, Zafir?» domandò mentre prendeva il calice d'argento che le veniva porto e ingollava una sorsata di acqua gelata. Lo sceicco si rialzò in tutta la sua altezza, l'espressione contrariata. «Sebbene ti meriti una punizione per ciò che mi hai fatto, non mi procura alcuna gioia il fatto che ti sia infortunata. E un'altra cosa...» aggiunse con un lampo di avvertimento negli occhi, mentre il medico si piegava per esaminare la caviglia. «Non chiamarmi Zafir. L'uso del mio nome è permesso solo a una ristretta cerchia di familiari e amici e tu, signorina Carrick, dovresti mostrare deferenza per la mia posizione. Sei una mia subordinata.» Lei sussultò nel sentire il proprio cognome, ma le diede una piccola soddisfazione notare l'enfasi che aveva messo nelle parole che la indicavano come subordinata. Cosa che, d'altra parte, non era più. La furia nei suoi oc11


chi però le fece contrarre ancora di più il cuore. Non aveva ceduto alle lacrime prima, ma adesso vi era davvero vicina. Una volta aveva amato quell'uomo più della sua stessa vita. Eppure ora sembrava che lui la odiasse, e tutto perché aveva creduto alle bugie vendicative di suo fratello... «Sebbene non possa affermarlo con certezza prima di aver fatto una radiografia, credo che si tratti di una brutta distorsione, signorina Carrick» dichiarò il dottore mentre sondava gentilmente con le dita la caviglia gonfia. La sua dichiarazione calma e professionale le fece ravviare una fiammella di speranza. Emise un sospiro, ma poi si accigliò. Chi vuoi prendere in giro? Le cose erano comunque disastrose. Sospettava infatti che Zafir non fosse disposto a lasciarla andare tanto facilmente dopo che aveva fatto irruzione nella sua proprietà allo scopo di avere un incontro con lui. Zafir era il figlio maggiore della famiglia che reggeva il regno di Zachariah, quindi non solo un uomo importante, ma anche potente, e se non avesse dovuto comunicargli che aveva un figlio, e quindi un erede, lei non avrebbe mai cercato di rivederlo. Quante volte l'autostima di una persona doveva essere calpestata prima che uno ammettesse la sconfitta e se ne andasse? «Dobbiamo condurla all'interno della villa, in modo da somministrarle qualche cura» dichiarò il dottor Eden, gli occhi grigi che si volgevano verso il suo datore di lavoro. «Andrò a prendere una barella, Vostra Altezza» si offrì immediatamente la guardia. «Non è necessario, Rashid» rispose Zafir, gli occhi gelidi abbassati su Darcy che stava seduta e si massaggiava la caviglia dolorante. «Porterò io la signorina Carrick.» 12


La protesta per essere trattata come un bagaglio morì sulle labbra di Darcy. Nei suoi momenti proibiti, quando aveva flirtato con l'improbabile idea di incontrarsi di nuovo con Zafir per avere con lui una franca conversazione su quanto era davvero accaduto tra loro, non aveva mai immaginato che potesse avvenire così. No, mai così... L'uomo caloroso, divertente e colto per il quale aveva lavorato, e di cui si era innamorata, era molto diverso dal gelido estraneo che aveva dinanzi ora. Si morse il labbro. «Penso che preferirei strisciare...» mormorò. Non seppe se l'aveva udita, ma lui si chinò impassibile e la sollevò tra le braccia. «Spero che tu non abbia un complice in questa tua intrusione. Ma, nel caso, probabilmente se ne sarà andato. Avrà scoperto che non siamo poi dei mostri e avrà pensato bene di squagliarsela.» Deglutendo all'idea che lui pensasse che le fosse facile mettersi con un altro uomo, si sforzò di non replicare, ma si sentiva preda del dolore e del rimpianto che sembravano rombare nel suo sangue come un fiume in piena. Zafir non riusciva proprio a vedere la verità al di là dei suoi pregiudizi? Decisamente no. Senza avvertimento, lui si girò e si avviò verso la villa, con il medico dinanzi a loro e Rashid al seguito, a controllare l'area intorno. Dal canto suo, Darcy si ritrovò a venire a patti con l'inaspettata intimità di essere stretta contro quel suo ampio petto, ben sapendo che per lui non rappresentava un piacere, come invece era stato una volta. Il cuore di Zafir batteva a velocità doppia quando posò 13


Darcy sull'ampio sofà del salotto, e non per la fatica. Neppure nei suoi sogni più sfrenati aveva pensato di reggerla ancora in quel modo. Quando l'aveva bandita dalla sua vista più di quattro anni prima, aveva giurato di non pensare mai più a lei. Ma anche allora qualcosa gli aveva rivelato che stava mentendo. L'immagine del suo bellissimo viso, che gli aveva sempre ricordato la visione di un angelo, era continuamente stata presente nel suo cuore, che lui lo desiderasse o meno. Ora l'aiutò a sistemarsi sui cuscini, cosa non facile dal momento che il suo profumo gli stava intossicando i sensi, inoltre si rese conto che i suoi occhi blu avevano il potere di incantarlo anche più di prima. Ma sarebbe stato un folle a dimenticare anche solo per un istante che quella donna l'aveva crudelmente tradito. Se la loro relazione fosse andata avanti lui le avrebbe dato tutto, oltre al suo amore incondizionato e alla sua devozione, ma lei aveva rovinato ogni cosa giocando alle sue spalle e tradendolo con il suo stesso fratello. Il suo comportamento era stato intollerabile. Fingere devozione per lei era stato solo un gioco. Con quel suo viso angelico sembrava potersi fare beffe di qualsiasi uomo, rigirandoselo intorno al dito. Xavier lo aveva avvertito più di una volta di quello di cui lei era capace, sebbene Zafir sapesse che il suo affascinante e scapestrato fratello fosse incline a mascherare la verità di tanto in tanto. Ma il sangue era più spesso dell'acqua, si era detto, e come poteva non credere a quello che aveva visto con i suoi stessi occhi? In seguito a quell'increscioso episodio, Xavier non aveva perso tempo nel fornirgli ulteriori dettagli di chi fosse realmente Darcy, confidandogli quanto fosse stato deplorevole il suo comportamento nella banca di proprietà 14


della loro famiglia prima che Zafir divenisse responsabile della filiale a Londra. La scena cui aveva assistito, in ogni caso, aveva già messo fine a tutte le sue speranze. Aprendo la porta del suo ufficio, aveva trovato Darcy avvinghiata in un abbraccio con Xavier. I lineamenti di lei si erano increspati per lo shock quando l'aveva scorto, mentre si affrettava a spiegargli che lei stava cercando di scappare dalle braccia di Xavier, non che intendeva abbracciarlo. Anzi, aveva aggiunto che il fratello aveva cercato di molestarla per mesi, e quindi era lui che doveva essere punito, non lei... «Chiedi al domestico di portare da bere alla mia inaspettata ospite» ordinò Zafir a Rashid prima di tornare a concentrarsi su Darcy, che non voleva perdere di vista, anche se era improbabile che in quelle condizioni potesse fuggire. «Che cosa preferisci, signorina Carrick? Tè o caffè?» Nonostante le parole cortesi, lo sguardo che le lanciò non era amichevole, e neppure gentile. «Niente.» Tuttavia era difficile non farsi commuovere dalla pena ansiosa nei suoi occhi blu, e stranamente Zafir si sentì più turbato di quanto gli piacesse. Era preoccupata che lui potesse chiamare la polizia? D'altra parte, non c'era ragione perché non lo facesse. A dispetto di quello che era accaduto tra loro in passato, lui non le doveva alcun favore. «Io... voglio solo sapere che cosa intendi fare per... tutto questo» mormorò Darcy nervosa. «Mi perdoni per l'interruzione, Vostra Altezza» intervenne il dottor Eden, «ma qualsiasi cosa intenda fare, prima di tutto le consiglio di portare la signorina Carrick all'ospedale per fare una radiografia.» Scuotendosi dallo stupore che l'aveva avvolto mentre la fissava, Zafir annuì. Prendendo il cellulare dalla tasca 15


della khandoura, la veste araba che indossava, fece il numero di uno dei più esclusivi ospedali privati di Londra. Mentre richiedeva un'ambulanza notò che Darcy sembrava in preda allo shock: aveva le guance arrossate e chiudeva gli occhi come se non fosse più in grado di tenerli aperti. «Dottor Eden» chiamò immediatamente. «Le controlli la temperatura, mi sembra che stia peggio di quanto sembri.» «Non si preoccupi, Vostra Altezza» lo rassicurò il medico. «È abbastanza usuale che una persona svenga dopo un incidente, ma la visiterò subito.» «Bene.» Poco dopo Zafir fu rassicurato sulle condizioni di Darcy, e percorse la stanza impaziente in attesa dell'ambulanza. La donna si era fatta stranamente silenziosa e quieta, come persa in un mondo proprio. Lui non aveva idea di cosa stesse pensando. Una volta era stato così intimo con lei da intuire ogni suo pensiero, ma adesso si portava dentro una ferita che non sarebbe mai riuscito a curare del tutto. La sirena dell'ambulanza squarciò il silenzio, insieme alla luce roteante che proveniva dalle finestre, e Zafir si affrettò verso l'ingresso, seguito da Rashid, non prima di aver ordinato al dottor Eden di non perdere di vista la paziente. «Che cosa pensi che possa fare? Sparire con qualche trucco magico? Mi piacerebbe proprio...» mormorò Darcy sarcastica. Zafir non sprecò tempo a risponderle. Era già all'ingresso e spalancò la porta, facendo entrare i tre paramedici che si affrettarono verso il salotto reggendo la barella. Sul divano, Darcy non era più in grado di nascondere la sua preoccupazione. 16


Ma anche lui era preoccupato. In quel preciso momento non sapeva quali sarebbero state le conseguenze della caduta, o meglio della ricomparsa di quella donna nella sua vita. In realtà era ancora scombussolato per averla rivista. E non aveva ancora deciso se denunciarla o meno. Sapeva che cosa avrebbero commentato gli amici della sua cerchia. Non aveva già constatato che lei non meritava la sua fiducia? Che non era altro che un'opportunista, traditrice per giunta? Non volendo perdere altro tempo in speculazioni, diede istruzioni ai paramedici perché la portassero al più presto in ospedale. Darcy indossava dei jeans, un maglione blu e una giacca corta color mostarda. Mentre i paramedici l'adagiavano sulla barella, Zafir notò che era più magra di com'era stata l'ultima volta che l'aveva vista. Mangiava abbastanza? Sapeva che perdeva l'appetito quando era stressata, e anche se si ripeteva che non era affar suo, dal momento che non rappresentava più nulla per lui, si avvicinò con improvvisa sollecitudine. «Accompagnerò la mia ospite all'ospedale» dichiarò cupo. «Naturalmente, Vostra Altezza» rispose un paramedico in fare ossequioso. «Alla signorina sarà riservato un trattamento di urgenza, e andrà tutto bene» lo rassicurò comprensivo. E, stranamente, Zafir si sentì rassicurato, almeno per un minuto o due. Zafir seguì Darcy anche nella sala di visita dell'ospedale mentre il dottor Eden, per deferenza verso i colleghi, disse che avrebbe aspettato fuori. L'insieme della situazione, aggravata dalla presenza imperiosa di un aristocra17


tico Zafir, preoccupò ancor più Darcy. Tuttavia il suo pensiero più pressante in quel momento era per il figlio. Sami al momento era con la madre di Darcy, che viveva con loro e si prendeva spesso cura di lui, ma come avrebbe fatto se avesse dovuto restare in ospedale per la notte? Non aveva mai confidato a sua madre chi fosse il padre di Sami, e ora si domandò come poteva spiegarle la situazione senza allarmarla troppo. Come poteva giustificare il fatto di aver scavalcato il muro di cinta della residenza londinese dello sceicco nel tentativo di parlargli? Sua madre avrebbe pensato che era impazzita. Specialmente quando aveva finito per rompersi una caviglia. Sentì un peso gravarle nel petto, come un macigno. In quel modo era riuscita a rendere il suo ex principale ancora più furioso con lei, anche prima di confessargli quello che era venuta a dirgli, e cioè che l'aveva messa incinta quattro anni prima, e che quindi lui aveva un figlio di cui non sapeva nulla. E dal momento che aveva appena annunciato il fidanzamento e le nozze imminenti, la notizia non sarebbe stata la migliore che potesse ricevere. Inoltre, che conseguenze ci sarebbero state per lei? Cosa avrebbe fatto se Zafir avesse preteso di avere la custodia di Sami? O, peggio, se l'avesse voluto portare a Zachariah, lontano da lei e da tutto quello che lui aveva conosciuto nei suoi quattro anni di vita? Non osava neppure pensarci.

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