Una fata nel camino

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CREATURE FANTASTICHE, IRONIA, SUPERPOTERI: L’ULTIMO IRRIVERENTE APPUNTAMENTO CON LA SERIE

monster paradise “Monster Paradise ha tutto, suspense, romanticismo e un’interessante protagonista. Volevo sapere tutto di Zoey, era sempre nella mia mente, qualsiasi cosa facessi.” The Reading Diaries

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R.L. NAQUIN

Una fata nel camino


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Fairies In My Fireplace Carina Press © 2013 R.L. Naquin Traduzione di Irene Montanelli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne novembre 2015 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2015 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X Periodico mensile n. 118 del 27/11/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Dedica

A mamma e papĂ , che mai si sono aspettati che fossi altro che me stessa, e che mi hanno insegnato che essere me stessa non era poi cosĂŹ male.



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L'arpia accovacciata vicino al comignolo mi guardava sospettosa mentre, con cautela, mi arrampicavo sul tetto di casa mia. Io l'avrei anche lasciata stare lì, però il postino poteva sbucare da un momento all'altro e, con tutte le stranezze che aveva intravisto nella mia proprietà, non credevo che se gli avessi detto che era una decorazione di Halloween se la sarebbe bevuta. Soprattutto perché eravamo ad aprile. Più mi avvicinavo, più la creatura si schiacciava contro i mattoni. Se fosse stata umana, le avrei dato diciotto o diciannove anni, ma forse le arpie invecchiavano diversamente. Era tutta tette, capelli e penne. E puzzava. Senza contare che i suoi artigli sudici e affilati stringevano le chiavi della mia auto. Allungai le gambe ai lati della sommità del tetto e mi sedetti cavalcioni. L'arpia si rilassò. Poggiai le mani sulle cosce, per sembrare meno minacciosa possibile. Cercai di mantenere la voce bassa e calma, per quanto una possa ostentare tranquillità standosene seduta a due piani di altezza, con delle schegge di cedro piantate nel culo. «Non hai niente da temere, qui» azzardai. «Stai bene?» Aggrottò la fronte. Speravo con tutto il cuore che capisse la mia lingua visto che la mia traduttrice ufficiale, una Brownie incinta di otto mesi, al momento non era disponibile. Non che l'altezza fosse un problema, dato che i Bro7


wnie non cadono bensì fluttuano nell'aria, ma salire fin lassù sarebbe stato troppo faticoso per la mia amica: il suo corpicino era già sufficientemente appesantito dalla minuscola vita che cresceva dentro di lei. L'arpia allungò un'ala sporca e scosse il mazzo di chiavi, facendo così sobbalzare allegramente le tette. Mi sforzai di continuare a guardarla negli occhi per paura che mi beccasse a fissargliele ma, porca miseria, erano davvero impressionanti. Non avevo mai avuto il complesso del seno, almeno non fino a quel momento, ma, se avessi avuto un ben di Dio del genere, sarei andata dritta alla festa del Martedì Grasso e sarei rimasta lì finché non finivano la birra e le perline. Da sotto le penne unte spuntò fuori un braccio di cui ignoravo l'esistenza, andò a grattare un capezzolo e poi tornò da dove era venuto. L'arpia scrollò le spalle. «Ho avuto momenti migliori.» Aveva una voce ruvida, come fosse solita fare i gargarismi con la sabbia. Almeno potevamo comunicare: non male come inizio. «Vuoi parlarmi di qualcosa?» Aprii la mia mente alle sue emozioni, cercando di sfiorarla col mio dono empatico. Percepii una sorta di energia nervosa, con un nero retrogusto di paura, picchiettarmi la pelle. L'arpia scosse la testa e una matassa di capelli biondi e appiccicosi le ricadde sul viso. Mi osservava, in attesa. Credetti di sentire una macchina e guardai in basso. Il postino non era ancora arrivato, e il vialetto era sgombro. «Senti, devo portarti in un posto dove non ti possano vedere, okay? Sei la benvenuta qui solo... non proprio qui, ecco.» Si morse il labbro inferiore con aria pensosa, prendendomi le misure attraverso l'intrico di capelli. Quando, infine, parlò, la voce era poco più che un sussurro. «Non ho nessun altro posto dove andare.» 8


Sospirai. «Tesoro, finché ci sarò io, avrai sempre un posto tranquillo dove stare. Solo che non puoi rimanere sul tetto. Siamo al sicuro qui, ma dobbiamo comunque evitare di farci vedere, capito? Se ti piace stare all'aperto, sul retro ci sono degli alberi. Se preferisci un luogo chiuso, c'è spazio in soffitta. Lì nessuno ti disturberà.» La donna-uccello si tolse i capelli dalla faccia e mi guardò sorpresa. «Posso venire dentro?» «Certo che puoi» le sorrisi, rassicurante. «E quando sarai pronta, forse, mi dirai cos'è che non va.» Annuì. «Forse.» Le tesi la mano col palmo rivolto verso il cielo. «A meno che tu non abbia in programma un viaggetto, vorrei riavere le mie chiavi.» Spostò il peso da un piede all'altro e si mosse verso di me. Una tegola di legno si staccò e scivolò giù dal tetto, andando a infrangersi sul portico sottostante. Una voce si alzò dal lato della casa dove avevo lasciato la scala: «Zoey! Tutto a posto lassù?». L'arpia si bloccò e impallidì. «Va tutto bene, è Maurice. È un mostro dell'armadio, ti piacerà: tutti lo adorano» le spiegai subito, per tranquillizzarla. Mi guardò, dubbiosa. «Hai un mostro dell'armadio qui?» Tremò. Soffocai una risatina. Come se Maurice potesse essere una minaccia per qualcuno. «Ospitiamo ogni genere di creatura, e Maurice mi aiuta a prendermi cura di tutti. Il mio nome è Zoey. Come possiamo chiamarti?» «Viola o Vi, se volete.» Sorrisi. «Lieta di conoscerti, Vi. Se mi dai le chiavi possiamo scendere da qui e pensare alla tua sistemazione.» Vi mi si avvicinò rapida e lasciò cadere le chiavi nella mia mano. «Scusa, ma erano così brillanti e lucenti... a volte agisco senza pensare.» 9


Riuscii a scendere dalla scala a pioli senza farmi male. Maurice mi aspettava alla fine. «Perché non mi hai risposto?» chiese serio. «Ero preoccupato. E poi cosa hai combinato là sopra? Non è che ora ci piove in casa? Come se non avessi già abbastanza da fare.» Stiracchiai un sorrisetto stanco. «Si sono spostate un paio di tegole. Non succederà niente.» Un'ombra svolazzò sopra di noi e un'altra tegola cadde a terra. «Devo salire in soffitta e aprire l'abbaino per la nostra nuova ospite.» Maurice sospirò: gli occhi gialli ed enormi tradivano stanchezza e il volto era ancora più pallido del solito. «Ci penso io. Tu da' un colpo di telefono ad Andrew. Abbiamo un cane infernale con la rogna o qualcosa del genere. L'ho messo in garage. Abbiamo anche un paio di spiritelli d'acqua nel lavandino del bagno e una famiglia di gnomi nascosta sotto il portico sul retro.» Mi passai una mano fra i capelli e sbuffai: «E sono arrivati tutti quanti mentre ero sul tetto?». Annuì. «Non abbiamo più posto dove metterli, Zoey, è assurdo.» Da sei mesi, da quando ero stata dichiarata ufficialmente un'Aegis, ovvero una specie di assistente sociale per i Nascosti, il numero di mostri, leggende metropolitane e creature mitologiche che si presentavano alla mia porta in cerca d'aiuto, era andato aumentando. Avrebbero dovuto esserci parecchi Aegis sparsi per il Paese, ma tutti gli altri erano scomparsi, lasciandomi, sola e senza esperienza, a prendermi cura di tutti. Le cose non andavano affatto bene. Sapevo di mostrare la stessa aria distrutta di Maurice: avevo gli occhi gonfi, i capelli perennemente raccolti in una coda di cavallo e la settimana prima ero andata per ben due volte al lavoro con le scarpe spaiate. Ma, dato che tanto il mio modo di vestire è comunque considerato bizzarro 10


dalla maggior parte delle persone, l'avevo spacciato per un effetto voluto. Per prima cosa andai in bagno a dare un'occhiata agli spiritelli d'acqua. E meno male! Avevano lasciato il rubinetto aperto e l'acqua era fuoriuscita dal lavandino, bagnando il piano d'appoggio e il tappeto. Il phon, staccato dalla corrente, per fortuna, giaceva in una pozzanghera. Scossi via più acqua possibile e poi lo appesi ad asciugare: probabilmente era rovinato e comunque non era il caso di provarlo, almeno per una settimana o due. Mi sentii d'improvviso stanchissima. Vabbè, era solo uno stupido asciugacapelli. Che comunque non avevo il tempo e l'energia per usare. Gettai a terra un paio di salviette per assorbire l'acqua. I due spiritelli facevano il morto e mi guardavano. Le code azzurre da anguilla si muovevano oziose, i capelli indaco galleggiavano attorno ai visetti affilati. Dai risolini capii che erano delle femmine. «Signore, so che vi piace l'acqua ma per favore solo nel lavandino, okay?» La più grande annuì, facendo ondulare i capelli. «Ci dispiace molto, Aegis. Il mostro non l'aveva riempito abbastanza e abbiamo riaperto il rubinetto.» Si sollevò, continuando a muovere la coda sott'acqua. «E non siamo riuscite a richiuderlo. Ma ci abbiamo provato.» «Niente di grave». Detti un colpetto agli asciugamani con la scarpa. «Allora, cosa posso fare per voi? Siete ferite?» La più piccola si alzò e si unì all'altra. «Abbiamo perso nostra sorella.» «Quindi non siete ferite?» Scossero le testoline bagnate. «Ferite no, ma Layla è scomparsa e abbiamo sentito dire che tu puoi aiutarci.» Chiusi il coperchio del water e mi sedetti. «Raccontate.» Iniziarono a parlare in contemporanea, finché non si or11


ganizzarono e decisero chi dovesse essere la portavoce: immaginai si trattasse della sorella più grande. «Eravamo nel nostro laghetto a giocare a scoiattolo e mocassino. Toccava a Layla nascondere la noce, per cui io e Bette siamo rimaste sulla riva a occhi chiusi a contare le lune.» Bette interruppe la sorella, sbracciandosi tanto da schizzare acqua tutto intorno. «Avrebbe dovuto chiamarci per dirci che aveva fatto prima che arrivassimo alla Luna Fragola, invece eravamo già alla Luna Ghiacciata e lei ancora non aveva finito. Celie ha detto di andare a guardare perché magari Layla ci stava facendo uno scherzo. Abbiamo percorso il laghetto in lungo e in largo per cercarla ma lei non c'era.» Batté rumorosamente la coda come per dare enfasi alle sue parole e spalancò gli occhi. «Da nessuna parte!» Bette scoppiò in lacrime e Celie la abbracciò, carezzandole i capelli e canticchiando piano. Quando si calmò, la sorella maggiore si rivolse a me, sempre tenendo stretta la piccola. «Abbiamo trovato la noce nel fango, non lontano dall'acqua. Non è più tornata. Per favore, Aegis, aiutaci.» Si lasciarono affondare nelle profondità del mio lavandino e si sistemarono sul fondo, avvolte da una nuvola azzurra di capelli. Uscii dal bagno e chiusi la porta, per dar loro un po' di privacy. Nel corridoio silenzioso mi concessi un minuto per riprendermi. Mi appoggiai al muro ed espirai a fondo. Riprenditi, Zo. Trenta secondi, e poi hai un casino di cose da fare. Ma, ovviamente, era troppo chiedere trenta secondi di pace. Un branco di esserini alti quanto le mie ginocchia mi superarono diretti verso il soggiorno, lasciandosi dietro una scia di sporco lungo la guida del corridoio che partiva da camera mia. Mi massaggiai la fronte con la punta delle dita, mugugnando. «Chi diamine ha lasciato entrare in casa i diavoli di polvere?» 12


Nessuno rispose anche perché, al momento, ero sola nel corridoio. Il prossimo punto della lista era l'ennesima seccatura riposta in garage. Sospirai, sfilandomi il cellulare dalla tasca dei jeans. Mandai un messaggino ad Andrew: Cane infernale con la rogna o roba del genere. Hai qualcosa? Le conoscenze erboristiche e l'accesso agli ingredienti che aveva nel suo negozietto lo rendevano impagabile. Veniva quasi una sera sì e una no a curare i miei ospiti: ali rotte, membrane connettive lacerate, comuni raffreddori... di' un sintomo e sicuramente Andrew ha un impiastro, una crema o una tisana capace di curarlo. Senza il suo aiuto sarei persa. La risposta arrivò dopo neanche un minuto: Tranquilla, tesoro. Lo aggiungo alla lista e lo porto stasera col resto. Sorrisi e mi sentii meglio. Per quanto fossi stanca non potevo lamentarmi: non ero sola. A volte dimenticavo quante persone avevo intorno. Scrollai la rubrica del telefono e poi premetti un tasto. Suonò quattro volte prima che lei rispondesse. «Ciao Bernice, sono Zoey.» Tacque un attimo, forse valutando il livello di panico nella mia voce. «Va tutto bene?» «Sì. No.» Inspirai profondamente. «Sì, stiamo bene ma abbiamo il pienone, qui. Come procedono le ricerche, ancora niente?» Si schiarì la gola. «Mi dispiace Zoey, ancora niente. I miei uomini stanno perlustrando il Paese alla ricerca di un nuovo Aegis, ma sono così rari... Potrebbero passare anni prima che ne spunti un altro. Forse, se avessi un po' più di personale, potrei fare di meglio, ma al momento le mie risorse sono limitate.» Deglutii a fatica. «Notizie delle persone scomparse? Ho un disperato bisogno di aiuto.» «Stiamo cercando, davvero, ma senza successo. Ti pro13


metto che, come so qualcosa, ti chiamo.» Lasciai ricadere le spalle. Non che mi aspettassi buone notizie ma, nel profondo, continuavo a covare la speranza che gli Aegis scomparsi venissero ritrovati. Soprattutto mia madre. Non la vedevo da quando avevo otto anni. Il Consiglio degli Affari Nascosti me l'aveva portata via per riaddestrarla e trasferirla, ma lo avevo scoperto solo pochi mesi prima, quando era già troppo tardi e il Consiglio se l'era persa. Dopo tutti quegli anni, ero arrivata così vicina a trovarla... e intanto era scomparsa con tutti gli altri Aegis del Paese e i membri del Consiglio stesso, esclusa Bernice. Sfiorai la sporcizia sul tappeto con la punta del piede. Maurice sarebbe andato su tutte le furie per quel casino. «Non è che hai delle tende da campeggio magiche e delle casette incantate che spuntano dal nulla da mandarmi? Che l'hotel Aegis, qui, è in overbooking...» «Non essere ridicola, non esistono cose del genere! Potrei aiutarti di più se smettessi di essere così testarda e ti decidessi a tornare al Quartier Generale. Abbiamo un sacco di spazio, qui, e potrei creare dei golem per darti una mano nelle faccende e nella cura dei Nascosti. Tutti quelli che vuoi!» Sospirai. Ormai ne discutevamo da mesi. Il Quartier Generale del Consiglio degli Affari Nascosti si trovava a Lebanon, nel Kansas, al centro di una vasta distesa di campi, diverse centinaia di acri di niente e polvere circondati da filo spinato e da una serie di allarmi, difese magiche e stupide trappole. A novembre, alcuni mesi prima, avevano tentato di trattenermi lì contro la mia volontà anche se, a dire il vero, avevano agito in quel modo per tenermi al sicuro. Volendo essere ancora più precisi, era stata Bernice a volermi tenere lì. I suoi fantocci-golem avevano fatto finta di essere gli altri membri del Consiglio, finché non li avevamo smascherati. Alcuni dei veri membri erano stati ri14


trovati morti mentre i restanti, al pari degli Aegis, erano scomparsi senza lasciare traccia. «Apprezzo la tua offerta, Bernice ma sai che non me ne andrò. Ho un'attività da mandare avanti, una casa tutta mia e amici che hanno bisogno di me.» Non accennai al fatto che non ero sicura che, una volta entrata nel Quartier Generale, poi mi avrebbe lasciato ripartire. E non era un rischio che volevo correre. Un rumore di passi sopra la testa mi disse che l'arpia aveva raggiunto la soffitta. La scala a scomparsa cigolò dietro l'angolo e apparve Maurice. Aveva l'aria esausta. «È entrata» disse e poi aggiunse, a voce più bassa: «Devi convincerla a farsi un bagno. Puzza come un facocero che si è rotolato in una tinozza di latte scaduto e pannolini usati». Sollevai un dito per fargli cenno di aspettare un secondo. «Devo andare, Bernice. Chiamami se ci sono novità.» Ci salutammo e riposi il cellulare in tasca. Maurice sgranò gli occhi, che brillarono nella penombra del corridoio. «Che diavolo è successo al tappeto?» «Diavoli di polvere, un piccolo branco. Non sei stato tu a farli entrare?» Scosse la testa. «Dobbiamo stabilire delle regole di base, qui.» Feci per aprire la bocca ma il suono del campanello mi costrinse a richiuderla prima che potessi rispondergli. Sbuffai. «Vado io. Sarà il comandante dei vigili del fuoco che mi dice che abbiamo superato la capienza massima.» Per raggiungere la porta dovetti scavalcare una chimera addormentata e scansare una famiglia di gnomi. A quanto pareva da sotto il portico avevano raggiunto il soggiorno. Sempre che non si trattasse di un'altra famiglia di gnomi. Quante erano le probabilità? Parecchie, dato l'andazzo degli ultimi tempi. Dovevo assolutamente fare un censimento. 15


Aprii il portone e i diavoli della polvere sprintarono dalla cucina verso l'esterno, spintonando me e la donna sul portico, che mi guardava sbattendo gli occhi. Era alta e formosa, aveva gli occhi scuri, la pelle perfetta e i capelli neri dai riflessi blu erano raccolti sulla testa, trattenuti da un pezzo di stoffa. Perché era vestita come Pat Benatar nel video di Love is a Battlefield? Dovevo assolutamente scoprirlo. Aveva lo stesso identico vestito con quei fazzoletti kitsch verdi e bianchi. Gli stessi mezzi guanti, la stessa collezione di bracciali ai polsi e le perline al collo, come fosse appena uscita da un programma di MTV degli anni Ottanta. Se non l'avessi lasciata entrare, sarei morta sul colpo per autocombustione da eccesso di curiosità. Allungò il collo per guardare il soggiorno e il caos che vi regnava. «Dovevo prenotare? Non sapevo fosse tanto affollato. Mi avevano detto che era un posto sicuro. Lo è, vero?» Dall'altro lato del giardino, Iris, la scimmia Skunk che mi faceva da guardia del corpo, se ne stava con le braccia pelose conserte a parlare con quello che sembrava un ramo. Strizzai gli occhi e vidi che sopra c'era un Brownie, non Molly, forse uno dei suoi figli o il marito, Walter. Se avevano lasciato passare quella donna, significava che non costituiva una minaccia. Per la seconda volta nel giro di un'ora, mi ritrovai ad avere il complesso del seno, ma, a quanto pareva, non era quello il genere di minacce che faceva scattare il mio allarme fatato o insospettire Iris. Quella nuova insicurezza era un problema mio. Sospirai e mi feci da parte. «Sei in una botte di ferro» dissi, facendole cenno di entrare. Superò la soglia e si guardò rapidamente intorno. «Carino qui!» esclamò, sorridendo agli gnomi stretti l'uno all'altro e si lasciò cadere sul divano. «È davvero bello. La prendi la rete HBO? Hai un letto per me o devo dormi16


re sul divano?» Molleggiò sui cuscini. «È comodo. Posso dormirci. No problem. Quanta gente abita qui?» Passò le dita sul tessuto del divano, poi si alzò e andò a toccare ogni singolo soprammobile sul caminetto, guardando le foto, esaminando la balena di legno intagliata e lanciando un gridolino di sorpresa di fronte al pezzo di roccia gargoyle, regalo del cognato di Maurice. «È davvero fatta di caccole di gargoyle?» esclamò. Feci cenno di sì. «Mesi fa mi ha salvato la vita. Mi avevano fatto una specie di malocchio che è durato due settimane.» Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Detti una sbirciata alle sue emozioni per assicurarmi che non mi stesse prendendo in giro, ma era così sincera che mi venne da ridere. Da lei emanavano morbide onde di pura delizia e divertimento. Aveva un entusiasmo contagioso. Girò l'angolo e si lanciò nel corridoio. «Quante camere hai? Dividerò la stanza con qualcuno? Possiamo fare i pop-corn?» Risi. «Calmati. Mi fai venire il fiatone.» Le feci cenno di seguirmi in cucina. «Siediti. Fai un bel respiro. Sei al sicuro qui, ma vorrei sapere chi sei e da cosa fuggi.» Si guardò intorno furtiva e si umettò le labbra. «Posso avere qualcosa da bere?» Due bicchieri di limonata ci comparvero davanti. Maurice era lì e mi fece l'occhiolino. La mia ospite prese un bel sorso attraverso la strana cannuccia verde, chiuse gli occhi e sospirò. «Che buona. Mi ci voleva.» Maurice si sedette accanto a me e la guardammo. La nuova ospite aprì gli occhi e ridacchiò. «Che meraviglia! Cosa sei, un mostro del letto? Della soffitta?» «Dell'armadio» precisò il mio anfitrione. Afferrò un altro bicchiere pieno. «Non bevevo niente da così tanto tempo...» Aggrottai la fronte. «Da quanto?» le domandai. Doveva essere stata una fuga davvero precipitosa la sua, per non 17


aver avuto neppure il tempo di bere un bicchier d'acqua. Scrollò le spalle. «Non ne sono sicura. In che anno siamo?» «2013» rispose Maurice. «Che anno pensavi fosse?» «Non lo so, altrimenti non lo avrei chiesto.» Ingurgitò il resto della bevanda, succhiando rumorosamente le ultime gocce rimaste. Maurice capì l'antifona e le riempì il bicchiere. La vidi prendere un altro sorso enorme, poi iniziò a rallentare. «Ok, tesoro, ricominciamo. Io sono Zoey. Lui è Maurice. E tu?» Inspirò, trattenne un attimo il respiro e poi esalò: «Kam. Che è il diminutivo di un'altra cosa, ma che è meglio non sappiate per intero». «Va bene, Kam. Non vorrei sembrarti scortese ma... che razza di Nascosto o di umano sei?» Sollevò i polsi pieni di bracciali. «Ecco.» Sbattei le palpebre. Quei gioielli non mi dicevano niente e cercai l'aiuto di Maurice. Lui sorrise e mi dette una pacca sulla spalla. «È un djinn.» Indicò degli enormi bracciali dorati al di sotto dei guanti e della chincaglieria. «Visto? Bel modo di nasconderli, comunque. All'inizio non ci avevo fatto caso.» «Grazie» rispose, giocherellando coi ninnoli per rimetterli in ordine. «L'ho fatto io il vestito.» «Djinn.» Bevvi a mia volta un sorso di limonata per darmi il tempo di pensare. «Quindi una specie di genio della lampada? Tre desideri, apriti sesamo, fenomenali poteri cosmici?» Kam annuì. «Sì, esatto. Ma preferisco djinn. E comunque, la storia dei tre desideri non è molto accurata e non so se definirei i miei poteri fenomenali. Dipende da quanta energia ho, credo. E mi serve tempo per ricaricarla.» Fece gorgogliare di nuovo la cannuccia, a indicare che voleva altra limonata. 18


Dalla soffitta sopra di noi sentimmo provenire un forte rumore. Nel tempo che impiegai ad alzare gli occhi verso il soffitto, Kam si era catapultata giù dalla sedia, mandandola a gambe all'aria, e si era messa in una posizione di difesa, come volesse prendere a colpi di kung-fu la prima persona che le sarebbe passata davanti. Rabbrividii: aveva le pupille dilatate e al loro interno danzavano delle fiamme. Un istante prima era solo un gioioso anacronismo e quello successivo una letale assassina magica. «Ehi» le sussurrai in tono calmo e rassicurante. «È solo un'arpia che si sta sistemando al piano di sopra. Va tutto bene, te l'ho detto, sei al sicuro, qui. Davvero.» Rilassò le spalle e raccolse la sedia, ma senza abbassare la guardia, però. Si guardò intorno, esaminando vie d'uscita e potenziali pericoli all'interno della stanza. La ragazza entusiasta e ciarliera di poco prima era scomparsa, lasciando il posto a una fuggiasca dall'aria circospetta o forse a una killer. Non ne ero sicura. Quando si fu riseduta, le poggiai con gentilezza la mano sulla sua. «Chi ti insegue, tesoro?» Mi voltai verso Maurice ma senza smettere di guardare negli occhi la djinn spaventata. «Scommetto che è affamata, le prepareresti un panino, Maurice?» Con un cenno di assenso, il mostro andò verso il frigo. Kam si raccolse in se stessa, frizionandosi le braccia come se sentisse freddo e facendo tintinnare i bracciali. «L'altra notte, dopo avermi messa via, il Padrone ha scordato di controllare la chiusura della mia scatola. Ho aspettato che se ne andasse e sono scappata. Lui non sopporta che esca. Presto mi verrà a cercare.» Si alzò, stavolta muovendosi con cautela. «Non sarei dovuta venire, scusate. Qui mi troverà. Devo continuare a scappare, non posso fare altro.» Fece per raggiungere la porta sul retro. «Grazie comunque della limonata.» 19


Maurice, che si trovava più vicino alla porta e sapeva muoversi infinitamente più veloce di me, la fermò prima che potesse muovere un altro passo. «Devi rimanere, Kam» le disse. «Lo sai, vero, cos'è un Aegis?» «Sì. Si prendono cura dei Nascosti, ma sono così rari... non ne ho mai incontrato uno.» «Zoey è l'unica Aegis del Paese, al momento. Se non può tenerti al sicuro lei, allora non può farlo nessuno.» Mi guardò, come se volesse prendermi le misure. «Un gremlin nella camera d'albergo del Padrone mi ha detto di venire dalla signora. Non mi ha spiegato il motivo.» «Il motivo è questo. Quel tuo Padrone di cui parli non riuscirà a passare oltre la scimmia Skunk e il cerchio fatato. Resta con noi, Kam. Non c'è posto più sicuro di questo.» Fu come se l'ansia che la attanagliava le scivolasse giù dalle spalle e scomparisse nel pavimento. Un senso di sollievo andò a sostituirla, poggiando sulle sue spalle come uno scialle caldo, ma la stanchezza le adombrava il viso. «Sono così stanca di scappare. Ogni venti anni circa, si ripete sempre la stessa storia: fuggo, e mi godo uno sprazzo di vita, come se fossi libera. Qualche giorno qui, qualche settimana là... negli anni Venti riuscii a godermi ben tre mesi di libertà. Ma alla fine lui mi ricattura sempre.» «Andrà tutto bene, Kam. Chiunque sia questo tizio, non lasceremo che arrivi a te.» Sperai con tutto il cuore di non sbagliare.

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HEATHER GRAHAM

Blood Red - L'ombra del vampiro La sua fidanzata Katie è stata uccisa da un vampiro sanguinario di nome Stephen, e da allora Mark Davidson pattuglia le strade di New Orleans armato di croce e acqua santa, cercando vendetta. Poi, una notte, la polizia rinviene il cadavere di una donna senza testa e Mark capisce che l'ora della resa dei conti è vicina. La sua convinzione si rafforza quando conosce Lauren Crow, una ragazza che assomiglia come una goccia d'acqua alla sua amata Katie. Ma lei, nonostante l'attrazione bruciante che vibra tra loro, non è disposta a credergli. E convincerla che i suoi non sono soltanto i vaneggiamenti di un folle si rivelerà un'impresa quasi impossibile.

R.L. NAQUIN

Una fata nel camino Dal giorno in cui Maurice, il mostro dell'armadio, si è insediato in casa di Zoey, le creature soprannaturali che bussano alla sua porta sono sempre più numerose. E dal momento che è l'unica Aegis in zona, lei non può fare altro che offrire aiuto e protezione ai Nascosti. Di colpo, la sua oasi di tranquillità si è trasformata in un rifugio per brownies, fate, arpie, djiin... e chi più ne ha, più ne metta! Per fortuna non è sola: con Maurice ai fornelli e il Mietitore super-sexy con cui è fidanzata che la riempie di attenzioni, la giovane wedding planner riesce a ritagliare qualche momento per rilassarsi. Ma quando il via vai di Nascosti aumenta, Zoey capisce che c'è qualcosa che non va.


LORIBELLE HUNT

Bacio di demone Freddo e impenetrabile, Dupree Jackson è uno dei più micidiali sterminatori di demoni che abbiano mai militato nelle file dell'Ordine dei Templari. Ora, però, a sessant'anni dal giorno in cui ha rinunciato alla propria umanità per diventare un ibrido immortale, la sua metà di demone sta per prendere il sopravvento e lui sa che l'unico modo per non trasformarsi in una belva assetata di sangue è legare la propria anima a quella di un suo simile... o di una creatura che non sia stata contaminata dal male. Come Kara. E questo è un sacrificio che Dupree non è disposto a chiederle. Anche se la desidera con tutto se stesso. Anche se unirsi a lei sarebbe la salvezza.

R.L. NAQUIN

Un golem nel cruscotto Per Zoey Donovan salvare mostri e creature magiche è ormai una routine. Ora, però, anche gli esseri umani hanno bisogno dei suoi poteri! Qualcuno che ha dei conti in sospeso con il Consiglio degli Affari Nascosti ha rapito tutti gli Aegis esistenti, compresa sua madre, e minaccia di ucciderli. Così lei e Riley, il suo Mietitore preferito nonché fidanzato, partono a bordo della fidata Mabel per seguire gli indizi che il sequestratore si è lasciato dietro, accompagnati da Griswold, un minuscolo e intraprendente golem in cerca della propria umanità. Ma il nemico sembra sempre un passo avanti a loro, e salvare gli umani scomparsi sembra un'impresa davvero impossibile...

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