Una moglie rispettabile

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JENNI FLETCHER

Una moglie rispettabile


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Convenient Felstone Marriage Harlequin Historical © 2017 Jenni Fletcher Traduzione di Erica Farsetti Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici febbraio 2018 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2018 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1103 del 23/02/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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North Yorkshire, luglio 1865 «Ma io non voglio sposarlo!» Ianthe Holt si sentì come se le avessero appena dato uno schiaffo in pieno viso. «Come puoi propormi una cosa del genere?» «Perché è una buona idea, ecco perché!» Suo fratello, Percy, appoggiò la testa al sedile del treno con uno sbuffo. «E non ho detto che devi farlo, solo prenderlo in considerazione.» «Ha vent'anni più di me!» «Trenta, piuttosto.» «E allora come hai potuto...? Come potrei...?» Ianthe farfugliò, resistendo a fatica all'impulso di sferrare un calcio negli stinchi del fratello. In Sir Charles Lester c'erano ben altri aspetti che la preoccupavano, oltre all'età, peccato che Percy non le avrebbe mai creduto. Che fosse o meno una buona idea, il baronetto era l'ultimo uomo sulla terra che avrebbe voluto sposare. In quei giorni, persino vederlo le faceva venire la pelle d'oca, eppure eccola lì, rinchiusa in un vagone, e ogni sbuffo di vapore e ogni tonfo dei pistoni la portavano più vicina a lui. 5


Digrignò i denti in silenzio e fissò lo sguardo fuori dal finestrino, sperando che la vista della campagna la placasse. In quel periodo, discutere con Percy era inutile, e un rifiuto secco l'avrebbe solo fatto intestardire di più. No, doveva cercare di rimanere tranquilla, anche se aveva una voglia matta di gridare. Certo, il terreno accidentato non la aiutava affatto a calmare i nervi. Era abituata alla vita di città, alle case, ai negozi, alle fabbriche. Il paesaggio dello Yorkshire era diverso, tanto da risultare stranamente scoraggiante, come se il mondo, a un tratto, fosse diventato più grande e selvaggio, come se lei stesse perdendo il controllo della sua vita sotto ogni aspetto. «Hai detto che stavamo andando a fare visita a zia Sophoria.» «Ed è vero, ma Charles ha un palazzo nei pressi di Pickering. Non ti ho mentito.» «Non mi hai detto che stavi combinando un matrimonio alle mie spalle!» «Ne sto discutendo, non lo sto combinando. Ascolta, sorella, non devi fare niente che tu non voglia fare, ma puoi provare a fartelo piacere. È sincero, sai, ha chiesto la tua mano e tutto il resto.» «L'ha chiesta a te?» Ianthe si voltò di scatto, incredula, dimenticando tutti i buoni propositi. «Ho ventun anni! Non ho bisogno del tuo permesso per sposarmi.» «Sono il capofamiglia.» «Sei mio fratello, Percy, il mio fratellino! Sono perfettamente in grado di prendere le mie decisioni da sola.» «Venendo prima da me, mi è parso che Charles abbia dimostrato una grande correttezza.» «Oh, adesso non fare il pomposo. Non lo sei mai 6


stato. Anche questo è frutto della sua influenza.» «E tu non sei mai stata una vecchia zitella barbosa. Eri una bella ragazza prima di andare a Bournemouth, invece adesso è impossibile capirlo con quel collo alto e quei capelli orrendi. Devi proprio tirarli all'indietro così? Sembri una bacchettona.» «Lo sai che non mi curo delle apparenze.» Ianthe si voltò dall'altra parte, e con la coda dell'occhio, purtroppo, colse il suo riflesso sul vetro, i capelli castani dalla sfumatura indefinita e un paio di occhi sgranati dello stesso colore. Occhi da cerbiatta, li aveva definiti suo padre, e dopo la sua morte sembravano diventati ancora più grandi. Adesso, parevano quasi innaturali nel viso magro, e al confronto i suoi lineamenti sembravano eccessivamente piccoli. «E devi proprio vestirti di grigio ogni santo giorno?» Percy si stava appassionando alla causa. «È deprimente.» «Abbiamo appena smesso il lutto!» «Appunto, l'abbiamo smesso. Avrei detto che ti sarebbe venuta voglia di rimetterti qualcosa di colorato. Personalmente, non capisco cosa trovi Charles in te.» «Preferirei che non ci trovasse niente! E non c'è bisogno di essere così poco cavalleresco. Non siamo da soli.» Lanciò un'occhiata tagliente all'uomo seduto di fronte. Quando erano entrati nel vagone stava dormendo, con la testa mora abbandonata contro il finestrino, ma Percy non si sforzava minimamente di parlare a voce bassa, e l'ultima cosa che lei voleva erano degli spettatori. La sua situazione era già abbastanza penosa senza che venisse sbandierata ai quattro venti. Per di più, non era per niente sicura che il loro com7


pagno di viaggio fosse incosciente, come le era sembrato all'inizio. Durante l'ultima tirata di Percy, le era parso di notare un lievissimo cambiamento d'espressione, una ruga quasi impercettibile all'incrocio delle sopracciglia, come se si fosse offeso per come il fratello la stava trattando. Era la sua immaginazione oppure li stava ascoltando? Socchiuse gli occhi, scrutando il suo profilo in cerca di un fremito, di un movimento. Persino mentre dormiva, la sua bellezza era sconvolgente; aveva il naso dritto, gli zigomi definiti e la mascella squadrata, e il volto incorniciato dai capelli neri e tagliati con cura. La pelle era leggermente abbronzata, come se trascorresse molto tempo all'aperto; allo stesso tempo, a giudicare dal taglio degli abiti costosi, era evidente che fosse un gentiluomo – ma un gentiluomo non si sarebbe mai permesso di origliare in modo tanto plateale, giusto? Doveva averlo immaginato. «Cosa?» Percy seguì la direzione del suo sguardo. «Ah, dorme. E anche se fosse sveglio, non credo che sarebbe interessato al nostro piccolo dramma domestico.» «In ogni caso dovresti abbassare la voce.» «Perché? Se si sveglia, possiamo chiedergli cosa ne pensa. Sono certo che sarà d'accordo con me. Nessuno vorrebbe una moglie che sembra una vecchia bacucca.» «Non mi serve il parere di nessuno. E non osare chiederglielo!» «Sto solo cercando di aiutarti. Se non sposi Charles, io almeno ci avrò provato, e poi amen. Dovrai trovare 8


qualcun altro da sola, e non troverai mai marito conciata così. Ahi!» Ianthe lanciò un'occhiata velenosa al fratello, ritraendo lentamente il gomito che gli aveva piantato con violenza nelle costole. Sapeva benissimo l'effetto che faceva il suo aspetto. Era proprio quello il punto. Neppure a lei piacevano i vestiti grigi o i capelli scialbi. Perlomeno, non si poteva accusarla di voler richiamare l'attenzione. Non si poteva accusarla di niente di sconveniente. Lei era così, lei voleva essere così, in quel momento, e non le importava se a Percy o agli altri uomini non piaceva. Le sue parole le fecero male, tuttavia, soprattutto perché il vecchio Percy non si sarebbe mai dimostrato tanto crudele da insultarla. Da quando la madre era scomparsa a causa della consunzione, l'anno precedente, seguita a breve distanza dal marito, morto di dolore, il carattere del fratello era cambiato in peggio, il suo animo solare si era incupito a forza di passare il tempo in compagnia di Sir Charles. Adesso, lei aveva l'impressione di conoscerlo a malapena. Se solo avesse potuto ritrovare il vecchio Percy, appellarsi alla sua natura buona... «Avrei voluto che mi dicessi la verità su questo viaggio.» Tentò di non usare un tono eccessivamente accusatorio. «Non possiamo essere sinceri fra di noi?» Percy fece un profondo sospiro. «Senti, Charles mi ha chiesto di non dirti che ci sarebbe stato. Ha detto che voleva farti una sorpresa, mostrarti la sua casa prima di farti la proposta. Sebbene trascorra la maggior parte del tempo a Londra, va molto orgoglioso del palazzo. Ecco perché non ho rivelato niente finché non siamo arrivati a Malton.» 9


«Perché sapevi che avrei preso il primo treno e sarei tornata a casa, piuttosto.» «Sì, anche per quello. Ma visto che siamo qui, non puoi prenderla come una vacanza? Saranno passati come minimo dieci anni da quando siamo andati a trovare zia Sophoria l'ultima volta.» «Dodici.» Ianthe si addolcì leggermente. A causa della salute cagionevole, la zia non era riuscita a partecipare ai funerali dei loro genitori, ma aveva inviato delle lettere di condoglianze tenere e premurose; l'aveva persino invitata a trasferirsi a nord, per quanto l'anziana e indigente signora riuscisse a malapena a mantenere se stessa, Ianthe ne era consapevole, figurarsi una seconda persona. Considerato ciò che era successo dopo, la ragazza rimpianse di non aver accettato... Il pensiero di passare un po' di tempo in compagnia di zia Sophoria era l'unico lato positivo che vedeva all'orizzonte. Le memorie delle vacanze passate a casa della sorella della madre, quando era bambina, erano vaghe, ma felici. In particolare, ricordava una montagna di pizzo e di boccoli biondi avvolta in una nuvola di profumo floreale. «Sono contenta di rivederla.» «E ha ribadito che puoi fermarti quanto vuoi.» «Che vuoi dire?» Il sentimento nostalgico svanì all'istante. «Pensavo che ci saremmo fermati solo una settimana.» «Be'...» Percy prese a muoversi nervosamente. «La verità è che Londra è costosa. Non posso più permettermi un alloggio per entrambi. E Charles è convinto che, in ogni caso, per te sia comunque più opportuno vivere con zia Sophoria.» 10


«Lo pensa lui?» «Sì, ma io sono d'accordo. Avrei dovuto capirlo prima, che era la decisione più dignitosa.» «Quindi, vorresti dire che questo – che tutto questo – è stato una sua idea?» «Credo di sì, e questo non fa altro che dimostrare quanto tenga a te. È un vero gentiluomo. Anche papà lo pensava, lo sai.» «Nostro padre non mi ha mai consigliato di sposarlo! E sai bene come la pensava la mamma. Evitava persino di stare nella stessa stanza con lui, se poteva. Mi portava sempre via.» «Ah, voi donne e i vostri pregiudizi!» Percy alzò gli occhi al cielo, esasperato. «Da parte mia, so che è stato molto buono con me nell'ultimo anno. Mi ha aiutato molto con le spese.» «Gli devi del denaro?» «Una piccola somma, e non c'è bisogno che mi biasimi a quel modo. Mantenere entrambi non è facile. Papà non intendeva lasciarci in queste condizioni finanziarie disastrose, ma l'ha fatto. In qualche modo dovevo pagare i conti.» «Non puoi dare la colpa a papà.» Ianthe si irrigidì, sulla difensiva. «Lo sai che la morte della mamma gli ha spezzato il cuore.» «È stato un irresponsabile, ha lasciato andare in malora tutti i suoi investimenti e mi ha lasciato con questo fardello.» «Fardello?» La ragazza trasalì. Era così che la vedeva ormai? «Non volevo dire questo.» Se non altro, Percy ebbe la decenza di vergognarsi. «Voglio soltanto farti capire che dobbiamo essere pratici. Le nostre rendite non 11


sono sufficienti per continuare a vivere come abbiamo fatto finora. Per una donna nella tua posizione, il matrimonio è l'unica soluzione, e a quanto ne so non sei assediata dai corteggiatori. Ecco perché ti ho portato qui, da Charles.» Ianthe sentì lo stomaco che si contorceva, agitato da un'emozione a metà strada fra la paura e il disgusto. Aveva nutrito dei sospetti sulle intenzioni del baronetto – e aveva espresso le sue riserve sulla questione in modo molto chiaro, o almeno così aveva creduto − ma non si sarebbe mai aspettata che si spingesse così in basso. Era tutto uno stratagemma. Anzi, peggio, una trappola. Sir Charles aveva manipolato Percy e l'aveva convinto a portarla in quel luogo, lontana dalla sua casa e dagli amici, isolata in una sperduta cittadina del Nord con l'unica compagnia di una zia anziana e povera, dando per scontato, probabilmente, che questo l'avrebbe costretta a sposarlo. Be', lei non sarebbe stata altrettanto facile da manipolare. Doveva esistere un'alternativa. «Cercherò un lavoro.» «Non essere ridicola. Dopo quello che è successo l'ultima volta?» «Non è stata colpa mia!» «È quello che continui a sostenere. Per fortuna che la famiglia è stata discreta, altrimenti ti avrebbero rovinato la reputazione. L'unico aspetto positivo è che Charles non ha saputo nulla.» Ianthe incrociò le braccia con fare ribelle, rimpiangendo con tutto il cuore che non fosse andata diversamente. «È improbabile che succeda di nuovo.» «Sì.» Percy la squadrò con sguardo critico. «Penso 12


proprio di sì. E se non funzionasse con il lavoro, cosa farai? Non avrai niente su cui fare affidamento. Sposare Charles è la scelta migliore, devi riconoscerlo. Avrai denaro, protezione, e anche dei bambini, suppongo.» «Bambini?» farfugliò lei, inorridita. Era già sufficiente il modo in cui la guardava Sir Charles. Il pensiero di essere toccata da lui le faceva accapponare la pelle. Quanto ai figli... non aveva chiaro cosa comportassero nello specifico, ma non ci teneva minimamente a scoprirlo. Dal punto di vista pratico, Percy aveva ragione – il baronetto era il partito migliore. La vita da governante si era rivelata molto più deprimente di quanto si era aspettata e, dopo l'episodio di Bournemouth, al solo pensiero di cercare un altro impiego, sentiva l'ansia serrarle lo stomaco. Sempre che riuscisse a trovarlo. Era già stata dura la prima volta, e di certo non poteva contare sulle referenze! Se si era sparsa la voce di quanto era accaduto, sarebbe stata davvero fortunata a ottenere un altro lavoro. Inoltre, per quanto ce la mettesse tutta, per quanto si vestisse con abiti austeri e mantenesse le distanze, niente era servito a scoraggiare Sir Charles. L'aveva sempre guardata in uno strano modo, sin da quando era bambina, e le si era presentato come un vecchio amico della mamma, ma dopo la morte della madre le sue occhiate erano diventate ancora più sfacciate. Dopo il funerale, si era recato all'estero per qualche mese. Tuttavia, da quando era rientrato, nello stesso periodo in cui lei era tornata da Bournemouth, stava sempre intorno a Percy, era sempre fra i piedi, la guardava in continuazione. Ormai, sembrava che non avesse più 13


scampo. Ianthe era stanca di resistere, stanca di sforzarsi di nascondersi. E se Percy gli doveva del denaro... era forse suo dovere aiutarlo a ripagare il debito, a qualunque costo? «Questa deve essere Rillington.» Quando il treno iniziò a rallentare, Percy balzò in piedi. «Vado a comprare il giornale. Tutte queste discussioni mi stanno facendo venire il mal di testa.» «Aspetta!» Quando le passò accanto, la sorella gli afferrò la mano, lanciando un ultimo appello disperato. «Quell'uomo ha qualcosa di strano. Non riesco a spiegarlo...» «Be', qualunque sia il problema, non dovrebbe essere di lunga durata. Charles avrà come minimo cinquant'anni.» «Percy!» Lei lasciò andare subito la sua mano. «Non dovresti dire certe cose! Qualcuno potrebbe sentirti.» «Oh, mi arrendo!» Spalancò la porta dello scompartimento e sparì. «Faccio presto. Promettimi che ci penserai e sceglierai con giudizio.» «Se accetto, mi prometti di dirmi sempre la verità, d'ora in poi?» «Ovvio!» Si era già incamminato. «Tienilo a mente, trent'anni! In men che non si dica sarai una ricca vedova.» Ianthe lo fulminò con lo sguardo, in preda alla voglia di andargli dietro, prendere il bagaglio, scendere sulla banchina e scappare lontano. Dove sarebbe andata, però? Percy e la zia erano gli unici parenti che le rimanevano, e sembrava che ormai stessero cospirando contro di lei. Si appoggiò allo schienale, fissando la schiena del fratello che si allontanava, invidiando in 14


silenzio la sua libertà. Non si preoccupava mai per come si comportava, né di essere indiscreto. Non temeva mai la censura. Com'era possibile che le regole fossero tanto diverse per gli uomini e le donne? Per fortuna, non c'erano persone nei dintorni, e nessuno poteva aver udito la sua ultima frase. All'improvviso, ebbe un sussulto colpevole e si raddrizzò sul sedile, incrociando lo sguardo d'acciaio dell'uomo seduto di fronte. Non si era mosso, non aveva neppure alzato la testa, eppure era sveglio, e la guardava dritta in faccia con un'espressione intensa, minacciosa, quasi feroce. Stavolta, era impossibile non notare il cipiglio dei suoi lineamenti severi. Sembrava furioso. «Siete sveglio.» Si ritrovò ad affermare l'ovvio. «Come potete vedere.» Lei sbatté le palpebre, spiazzata dal tono sarcastico della sua voce profonda, con un forte accento settentrionale. Era spaparanzato sul sedile e non gli passava neanche per la testa di sedersi composto, come se la disprezzasse a tal punto da rinunciare a qualsiasi decoro. E il modo in cui la guardava era ancora più oltraggioso dei suoi modi. A Ianthe si prosciugò la bocca. A parte Sir Charles, nessuno l'aveva mai guardata con quell'insistenza tanto a lungo. Con gli abiti scialbi che portava ultimamente, aveva iniziato a pensare di essere invisibile agli occhi dell'altro sesso, eppure aveva l'impressione che gli occhi chiari dello sconosciuto le guardassero dentro. Lanciò subito un'occhiata fuori dal finestrino, ma non c'era traccia di Percy. Era tipico di lui, si comportava in modo sconveniente e poi lasciava lei a rimediare al danno! Era ovvio che l'uomo avesse udito una 15


parte della loro conversazione, se non tutta. E adesso sembrava sul punto di rimproverare lei. Be', non era dell'umore giusto per sorbirsi la paternale, non quel giorno, soprattutto. «Signore.» Ianthe alzò il mento, sulla difensiva. «Vi prego di dimenticare qualsiasi cosa possiate aver udito. Si trattava di una conversazione privata.» «Allora avreste fatto meglio ad andare altrove, invece che nel vagone di un treno.» «Origliare non si confà a un gentiluomo.» «Non ho potuto evitarlo. Temo che tutto il convoglio abbia sentito la voce di vostro fratello.» Lei si sentì avvampare le guance per la vergogna. Anche se fosse stato vero, e aveva paura che potesse esserlo, avrebbe dovuto tenerlo per sé. Che razza di maleducato aveva davanti? «Mio fratello avrebbe dovuto essere più discreto. Però, come avrete senz'altro udito, l'ho già rimproverato.» «Era un rimprovero?» Gli occhi grigi la guardarono con sarcasmo. «Più che altro davate l'impressione di aver paura che qualcuno venisse a conoscenza del vostro piccolo complotto.» Complotto? Ianthe aprì la bocca per protestare, poi la richiuse. Adesso che ci pensava, aveva solamente detto a Percy di chiudere la bocca. Non l'aveva contraddetto in nessun modo. Non c'era da meravigliarsi se quell'uomo aveva pensato al peggio, per quanto non avesse alcun diritto di sgridarla. Non si erano presentati, e lei era pur sempre una donna che viaggiava da sola, al momento. Non avrebbero neppure dovuto parlare, figuriamoci discutere. Congiunse le mani in grembo, in modo compito. 16


«Non ho in mente nessun complotto, signore.» «A parte sposare un uomo che disprezzate per denaro, e poi desiderare la sua rapida dipartita. Come lo definireste, se non un complotto?» «Direi che voi non ne sapete un bel niente. E dato che avete così pochi riguardi per le buone maniere, aggiungerei che l'apparenza inganna. Voi, per esempio, avete l'aria da gentiluomo, ma è evidente che siete tutto il contrario.» «Potrebbe essere, sebbene mi abbiano apostrofato con termini ben peggiori, vi assicuro.» «Non ne dubito. Ma la mia vita non è affare vostro.» «Al contrario.» Un'ombra gli oscurò il volto. «Credo che qualsiasi uomo abbia il diritto di sapere che al mondo esistono donne come voi.» «Donne come me?» Un brivido le raggelò la spina dorsale. Cosa voleva dire? Come faceva a sapere che genere di donna era? Come faceva a dirlo? «Opportuniste. Ingannatrici. Donne che in faccia ti dicono una cosa, e alle spalle un'altra.» Lui abbassò lo sguardo sdegnato, squadrandola dalla testa ai piedi come se stesse cercando le sue mancanze. «Non avete neppure la decenza di parlare bene della vostra preda. Io, perlomeno, so chi sono. Voi, invece, vi considerate ancora una signora, non è vero?» Lui si voltò dall'altra parte e guardò fuori dal finestrino, lasciandola con gli occhi persi nel vuoto, ammutolita dallo sbigottimento. Com'era possibile? Dopo tutto quello che aveva fatto per apparire diversa, per essere diversa, com'era possibile che l'uomo continuasse a vederla come un'opportunista? Prese fiato, lottando contro la vecchia, familiare 17


sensazione di vergogna e autocommiserazione. Non era la prima volta che la definivano un'intrigante, e anche nell'altro caso aveva cercato di dimostrare la sua innocenza, per quanto non avesse fatto una grande differenza. Allora tutto ciò che avevano detto su di lei a Bournemouth era vero? Nella sua natura, c'era qualcosa di irrimediabilmente malvagio e corrotto, tanto che persino un estraneo riusciva a capirlo? No! La sua mente si oppose a quell'idea. Anche se c'era, non era voluto. Non era lei a complottare contro Sir Charles. Non voleva avere niente a che fare con lui. Al contrario, era lui a cospirare contro di lei! E come osava quello sconosciuto parlarle in modo tanto odioso, come se fosse la peggiore arrampicatrice sociale su cui avesse mai posato gli occhi? Chiunque fosse, non aveva alcun diritto di giudicarla! «Sì» sbottò, furiosa. «Mi definisco una signora. Non meno di quanto voi siate un gentiluomo. E se aveste prestato più attenzione, o mi aveste concesso il minimo beneficio del dubbio, vi sareste accorto che non ho alcuna voglia e soprattutto nessuna intenzione di sposare Sir Charles!» «Sir Charles?» Se lo sconosciuto aveva continuato a guardare fuori dal finestrino per la maggior parte del discorso di Ianthe, quando lei giunse al termine, si voltò di scatto. «Intendete Charles Lester?» La ragazza si morse la lingua, accorgendosi dell'errore con qualche secondo di ritardo. Possibile che non avessero menzionato il suo titolo prima di quel momento? No, ora che ci pensava. Percy l'aveva sempre chiamato Charles, e lei aveva evitato del tutto di menzionare il suo nome. Ormai, era inutile negare. Annuì, timorosa, e l'estraneo si passò una mano fra 18


i capelli, borbottando alcune parole indistinte a mezza voce. «Sapete chi è, signore?» «Ci conosciamo.» «Oh.» Lei rimase in attesa, senza sapere se sentirsi in colpa o sollevata. Per una volta, forse il comportamento di Percy avrebbe avuto delle conseguenze. Se l'uomo conosceva Sir Charles, senza dubbio sarebbe andato a raccontargli tutto ciò che aveva sentito. Allo stesso tempo, per quanto fosse imbarazzante, forse avrebbe risolto il suo dilemma. Dopo che fosse stata svergognata in pubblico, il baronetto, probabilmente, non avrebbe più voluto vederla. Forse, non era stato un errore così tremendo, dopotutto... «In questo caso...» disse l'estraneo sporgendosi avanti all'improvviso e appoggiando le braccia sulle ginocchia, per avvicinarsi a lei, «... credo di dovermi rimangiare gli ultimi commenti. Ho sentito solo metà della conversazione, e ho reagito male. Credo di aver iniziato più o meno dal punto in cui stavate accusando vostro fratello di essere pomposo, e a ormai non potevo intromettermi senza mettervi in imbarazzo.» Fece una smorfia, come l'avesse ammesso contro la sua stessa volontà. «Ma ho sbagliato, avrei dovuto annunciarmi. Non stavo tentando di origliare, ma l'ultima frase di vostro fratello...» Scrollò la testa con rammarico. «Vi porgo le mie scuse più sentite.» Ianthe sbatté le palpebre sbigottita, sconvolta da quella repentina trasformazione. Il tono dell'uomo era ancora brusco, ma lo sguardo torvo e il sorrisetto di scherno erano scomparsi, come se l'oggetto della sua 19


rabbia fosse diventato un altro. Cos'era accaduto? Un momento prima, le era parso che non sopportasse neppure la sua vista e dopo si scusava? L'unica novità era che adesso conosceva l'identità del suo corteggiatore. Quando lo capì, si sentì decisamente a disagio. «Avete una cattiva opinione di Sir Charles, devo concludere?» Non osava chiederlo. «Un'opinione che non voglio esprimere.» «Date le circostanze, credo di avere il diritto di sapere.» L'uomo scrollò la testa, guardando fuori dal finestrino con un'espressione rabbiosa. «Come vi ho detto, siamo solo conoscenti. Gran parte delle informazioni che ho sono di seconda mano, e a me i pettegolezzi non interessano.» «Mi avete appena dato dell'opportunista» sbottò lei. «Non vedo perché dovreste iniziare a fare il reticente proprio adesso.» A quel punto, lui tornò a guardarla, come se la vedesse per la prima volta, e lei si sorprese a lisciare imbarazzata le pieghe del vestito. Che aveva da guardare? Cosa stava pensando? Non che le importasse, ma il bagliore penetrante di quegli occhi foderati d'acciaio la turbava. Tuttavia, se era convinto di poter evitare di risponderle, allora era meglio che ci ripensasse... Sollevò il mento, decisa a non cedere. «Se volete che vi perdoni, allora potreste perlomeno avere la decenza di dirmi la verità.» Un sopracciglio nero si inarcò all'istante. «E che importanza ha, se intendete respingerlo?» «È importante, perché mio fratello trascorre molto tempo in sua compagnia. Se Sir Charles dovesse avere 20


una condotta poco corretta, mi piacerebbe saperlo.» Lui annuì impercettibilmente, finalmente sembrava che le sue parole l'avessero convinto. «Bene, allora. Penso che sia un libertino, un giocatore d'azzardo... per quanto i soldi non gli manchino, ve l'assicuro. Se una donna qualsiasi si opponesse a un'unione con lui, non la biasimerei.» «Persino una donna come me?» La mascella dell'uomo si irrigidì. «Perdonatemi, mi sono espresso male. La mia rabbia era diretta più che altro a vostro fratello. Quando ho aperto gli occhi, però, se n'era già andato. Mi dispiace di essermi sfogato sulla persona sbagliata. Vi prego di dimenticare le mie parole.» «Dimenticare?» La ragazza lo fissò, incredula. «Credete che sia così facile dimenticare parole del genere?» «No, forse no.» Per un attimo, distolse lo sguardo. «L'unica giustificazione che posso addurre è che ho avuto una mattinata difficile. Mi sono sentito chiamato in causa.» «E questa dovrebbe essere una giustificazione?» Ianthe fece una risata secca. In qualunque modo fosse andata la sua giornata, non aveva nessun diritto di riversare il suo cattivo umore su di lei. Ci mancava solo che ci si mettessero gli estranei! «È una spiegazione. Dovete ammettere che le parole di vostro fratello sono state prive di qualsiasi rispetto.» «Mio fratello è giovane e a volte si comporta in modo stupido, ma alla fine desidera il meglio per me.» «Costringendovi a sposare un uomo come Lester? Sì, sembra proprio il fratello ideale.» 21


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