KATE HEWITT
Una notte col sultano
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Secret Heir of Alazar Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2017 Kate Hewitt Traduzione di Maria Paola Rauzi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony gennaio 2018 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3238 del 2/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
1 Lei lo ipnotizzò. Malik al Bahjat, erede al trono di Alazar, fissò la ragazza da lontano. Non era una bellezza classica, ma era proprio quello che faceva parte del suo fascino. I capelli biondo castano le ricadevano sulla schiena in una cascata di onde e ricci. I suoi occhi nocciola brillavano di speranza, felicità e allegria, tre cose che Malik non aveva mai sperimentato veramente in vita sua. Era seduta su una poltrona, con le gambe lunghe e abbronzate raccolte e indossava un paio di calzoncini, un top bianco e delle scarpe da ginnastica rosso fiammante. Gli uomini, ovviamente, stavano parlando con lei e non riuscivano a staccarle gli occhi di dosso. Tutto in quella ragazza pulsava di gioia di vivere. E lui si sentiva come un automa da anni, programmato soltanto per svolgere il suo dovere. Fece un altro passo nella stanza. Di solito non andava alle feste. Si trovava a Roma insieme al nonno per concludere dei trattati commerciali con l'Unione Europea. Alazar aveva sviluppato dei forti legami con l'Europa che avrebbero potuto stabilizzare una volta per tutte la situazione economica del suo paese, nonchÊ dell'intera regione della Penisola Arabica. 5
Malik sapeva che quegli incontri erano importanti. La pace e la stabilità di Alazar dipendevano dal successo di quelle riunioni. Poi, all'improvviso, un amico dei tempi dell'accademia militare lo aveva contattato per invitarlo a una serata e, considerando quanto rare fossero simili occasioni, aveva accettato. Una serata in cui avrebbe potuto comportarsi come le persone normali, come se avesse il controllo sul suo destino e potesse forgiare la sua felicità. Dopo anni di assoluta obbedienza se lo meritava. Si avvicinò di un altro passo a lei. Anche se era ancora ad alcuni metri di distanza, la ragazza si voltò e i suoi occhi nocciola incrociarono i suoi. Malik smise di respirare e non osò sbattere le ciglia per paura di perdere la connessione con quella sconosciuta. Lei sembrava scioccata, le labbra piene e sensuali leggermente socchiuse. Lui avanzò senza sapere cosa avrebbe detto. La sua esperienza con le donne era limitata grazie alle misure messe in atto per garantire la sua sicurezza. Era cresciuto in un palazzo circondato dal lusso, ma completamente isolato, a parte gli anni all'accademia militare. Quella era la prima vera festa a cui partecipava. I ricevimenti diplomatici o per cause benefiche non contavano. «Ciao» esordì roco. Poi si schiarì subito la gola. Non era stato di certo un grande inizio, tuttavia sul volto della sconosciuta comparve un sorriso radioso che lo scaldò con la stessa intensità di un raggio di sole. «Ciao» rispose lei. La sua voce era bassa e musicale. Rimasero a fissarsi per un lungo istante. Malik sor6
rise a sua volta. Evidentemente nessuno dei due conosceva frasi a effetto per rimorchiare. «Almeno hai intenzione di dirmi il tuo nome?» gli domandò lei con un'espressione radiosa che le illuminava il volto. «Malik» rispose lui deliziato per il solo fatto di essere in sua presenza. «E il tuo?» «Grace. Ma la maggior parte della gente mi chiama Gracie fin da quando ero bambina. A quanto pare non sono mai stata un tipo sofisticato stile Grace Kelly» sospirò lei divertita. Malik era incantato. Gracie. Assaporò mentalmente il suo nome. «Sono felice di fare la tua conoscenza, Gracie. E il tuo nome mi piace così.» Lei raddrizzò la testa. «Hai un accento strano» gli disse guardandolo in un modo che lo agitò. Malik sentì la sua libido che si risvegliava. «Non sei italiano?» «No.» «Quindi?» «Io sono...» Malik si fermò. Quella sera non voleva essere un erede al trono. Non era stato altro che quello da quando aveva dodici anni. Adesso che Azim non c'è più devi accantonare i tuoi passatempi infantili. Devi prendere il suo posto e diventare uomo. «Sono di Alazar.» «Alazar?» ripeté Gracie arricciando il naso. «Non l'ho mai sentito. È in Europa?» «No, in Medio Oriente. Suppongo che non sia conosciuto ai più. È un piccolo stato» ribatté lui liquidando in quel modo il suo paese, le sue radici e la sua intera vita senza provare il minimo senso di colpa. «Tu, invece, sei americana?» «Come hai fatto a indovinare?» gli domandò Gra7
cie. «Dev'essere questo terribile accento del Midwest.» «Il tuo accento è affascinante.» Gracie scoppiò a ridere. «È la prima volta che lo sento dire! Questa mattina ho chiesto indicazioni a delle persone e sono rimaste sconvolte.» «Perché erano stupide e maleducate.» Lei rise di nuovo. Malik amava il fatto di divertirla. Quella consapevolezza era inebriante. «Che cosa fai a Roma?» «Sto viaggiando per l'Europa prima di cominciare l'università. Ho sempre voluto vedere il mondo. Peccato che a casa non riescano a capire questo mio desiderio.» «No?» «Sono convinti che sia pazza» sospirò lei e adottando una versione più carica del suo accento aggiunse: «Perché diavolo vuoi viaggiare per il mondo, Gracie? È pericoloso». Quindi gettò indietro la testa e i capelli le ricaddero lungo la schiena in una cascata di morbidi ricci. «Ecco. Questa sono io. Pazza da legare perché voglio conoscere un po' il pianeta su cui vivo.» «Non penso affatto che tu sia folle.» «Allora siamo in due. Bene. Tu, invece, che ci fai a Roma?» «Affari con mio nonno. Abbastanza noioso» rispose Malik, che non aveva affatto voglia di parlare di se stesso, quindi si affrettò a cambiare argomento. «Da che parte dell'America vieni?» «Addison Heights, Illinois.» «Sei diversa dai tuoi amici» commentò lui. Be', in realtà lo era rispetto a tutti. Non aveva mai incontrato nessuno così allegro e pieno di vita. Voleva starle accanto semplicemente per assorbire il suo entusiasmo. 8
No, in realtà voleva ben più di quello. Voleva accarezzare la sua pelle vellutata e baciare quelle labbra sensuali. Malik rimase scioccato da quei pensieri. Il desiderio sessuale era qualcosa che era stato costretto ad accantonare per la maggior parte della sua vita e adesso, a ventidue anni, ne percepiva la forza soverchiante. «Ehi, Gracie!» Un giovane uomo cercò di avvicinarsi con due birre in mano. Lui si irrigidì, risentito da quella intrusione. Gli fece piacere che anche lei fosse infastidita. Il giovane gli lanciò un'occhiata diffidente prima di cercare di allontanarlo mettendosi davanti a lui per porgere la birra a Gracie. «Ti ho portato da bere.» «Grazie» rispose lei. Malik spostò il peso da un piede all'altro, spingendo in tal modo il ragazzo con la spalla. L'altro trasalì, ma lui era più alto e forte e non ci fu bisogno d'altro perché si scansasse. Gracie sorrise divertita. Un sorriso diretto soltanto a Malik. Un sorriso che conteneva una promessa. «Veramente non ho più sete» disse al ragazzo restituendogli la bottiglia. «Ciò di cui ho davvero bisogno è una boccata d'aria fresca.» «Anch'io.» Malik le porse la mano e lei gliela strinse, procurandogli una piacevole sensazione all'inguine. «Allora andiamo» lo esortò Gracie. Cosa stava facendo?, si chiese lei mentre seguiva Malik lungo la strada che portava alla Fontana di Trevi. L'aria di giugno era calda e balsamica e i rumori della città riempivano la notte. 9
Lui si voltò a guardarla tenendola sempre per mano. Nell'oscurità, Gracie riusciva a distinguere a malapena i suoi occhi del colore del granito. Era l'uomo fisicamente più prestante che avesse mai conosciuto. Era alto, imponente. Le spalle ampie e il torace muscoloso erano fasciati da una camicia bianca e le lunghe gambe da un paio di pantaloni grigio scuro. In mezzo a quegli studenti universitari in jeans e maglietta era semplicemente magnifico. Regale. E lei aveva attirato la sua attenzione. Un brivido le corse lungo la schiena. Era Gracie Jones, di Addison Heights, Illinois, un paese di tremila abitanti. Non aveva mai avuto un ragazzo e non era mai stata baciata. Non che la cosa le fosse importata perché aveva sempre sperato in qualcosa di meglio. Era quello il meglio? «Dove vuoi andare?» le chiese Malik. «Non saprei. Sono arrivata a Roma soltanto ieri. Hai qualche posto da suggerire?» Lui le sorrise. «Mi dispiace, ma nemmeno io conosco la città. Anch'io sono atterrato ieri, quindi siamo entrambi dei novellini.» Novellino non era certo la parola adatta per descrivere quell'uomo, pensò Gracie. Potente, sicuro, esperto erano di certo più adatte. «Come sei finita a quella festa?» volle sapere Malik. Lei arricciò il naso. «Ho incontrato il tipo che mi ha portato la birra mentre visitavo la città e mi ha invitata. Ho pensato che potesse essere un'esperienza carina.» In realtà si era sentita eccitata e nervosa allo stesso tempo all'idea di immergersi in quella vita sociale sconosciuta. «Che ne dici se ci sediamo a un tavolino di un caffè a bere qualcosa?» 10
Malik la guardò divertito. «Credevo non avessi sete.» «Infatti, ma dobbiamo pure andare da qualche parte, no?» Lui sostenne il suo sguardo a lungo e Gracie provò un intenso calore al ventre nel notare il suo palese desiderio. All'improvviso immaginò tantissimi luoghi dove potevano recarsi e un sacco di cose che avrebbero potuto fare. Il che era ridicolo, considerando la sua esperienza limitata. Inoltre non conosceva affatto quell'uomo. Non sarebbe stata così stupida proprio il primo giorno che si trovava in Europa. Eppure non poteva negare che l'attrazione tra loro fosse straordinaria. «Hai ragione.» Malik le strinse forte la mano e la condusse in un bar vicino alla Fontana di Trevi. Il locale era pieno, ma dopo che lui ebbe scambiato qualche parola con il responsabile furono accompagnati a un tavolo da cui si poteva godere una vista spettacolare. Gracie si accomodò ammirando estasiata la fontana illuminata e ancor più il magnifico uomo seduto di fronte a lei. Si sentiva come se, nelle vene, le stesse scorrendo champagne. Che cosa aveva Malik da farla sentire così eccitata, così impaziente? Certo era molto più bello di qualsiasi altro ragazzo avesse conosciuto, ma era più di quello. Tra loro due c'erano una comprensione e un'affinità che andavano oltre la semplice attrazione. O magari si stava soltanto lasciando trascinare dall'atmosfera romantica del momento? Soltanto due giorni prima si trovava ad Addison Heights a mangiare un hamburger stracotto a una grigliata di famiglia mentre adesso, invece, era seduta in un bellissimo bar 11
di Roma in compagnia di un meraviglioso uomo che aveva appena ordinato una bottiglia di champagne. «Adoro lo champagne» gli confessò d'impulso. «Ottimo. Mi sembra giusto festeggiare.» «Che cosa dobbiamo festeggiare'» «Il nostro incontro.» «A dire il vero non ci conosciamo» rispose lei con una risata. Essere il centro della sua attenzione la rendeva nervosa ma anche incredibilmente viva. «L'unica cosa che so di te è il tuo nome.» «E dove vivo» la corresse lui. «Comunque chiedimi quello che vuoi.» «Qualunque cosa?» «Sì, qualunque cosa.» In quel momento, però, Gracie non riusciva a pensare a niente. La sua mente era vuota e il suo corpo così teso che aveva l'impressione di essere sul punto di esplodere. «Quanti anni hai?» riuscì a domandargli alla fine, arrossendo. «Ventidue.» Ventidue? Ne dimostrava molti di più. E sembrava anche più maturo e sofisticato di lei. Possedeva una innata autorità che sfiorava quasi l'arroganza, ma che l'attraeva e l'affascinava. «E tu?» «Diciannove.» «Mi hai detto che stai per iniziare l'università.» «Sì, a settembre. Una volta che mi sarò laureata vorrei occuparmi di persone con speciali bisogni educativi.» Avrebbe frequentato l'università dell'Illinois come tutti quelli che conosceva, ma prima però voleva vivere un po'. Malik aggrottò la fronte. 12
«Bisogni speciali? È un termine che non mi è molto familiare.» «Si tratta di bambini che hanno difficoltà di apprendimento, o altri tipi di disabilità» gli spiegò Gracie. «Il mio fratellino Jonathan ha la sindrome di Down e ha avuto un sacco di benefici grazie agli insegnanti di sostegno. Vorrei fare lo stesso per altri bambini con gli stessi problemi.» «È davvero ammirevole da parte tua essere tanto d'aiuto alla tua famiglia. Anche per me è così.» «Dici sul serio? Che... che cosa fai?» gli chiese lei provando una fitta di piacere e di qualcosa di più profondo. Praticamente non sapeva nulla di lui e non aveva neppure idea di dove fosse Alazar. «Assisto mio nonno» rispose Malik, dando l'impressione di aver scelto quelle parole con cura. «Condividendo le sue responsabilità e i suoi doveri. Lui è un uomo di una certa importanza ad Alazar.» «Oh!» esclamò lei. Ecco, quello forse spiegava i suoi modi e il suo portamento. Chi era suo nonno? Un diplomatico? Un uomo d'affari? Uno sceicco? Le venne da ridere pensando di essere precipitata in un universo parallelo fatto di avventura, romanticismo... e champagne. Un cameriere arrivò con una bottiglia pregiata e un secchiello del ghiaccio. La stappò e riempì due bicchieri, lasciandoli poi di nuovo soli. «A cosa brindiamo?» le chiese lui porgendole un calice. La mente di Gracie si svuotò di nuovo. «Al futuro» propose alla fine, aggiungendo subito dopo: «Al nostro futuro». Malik sorrise e senza smettere di fissarla si portò il bicchiere alle labbra. 13
«Sì, al nostro futuro» ripeté prima di bere. Lei lo imitò, sentendo le bollicine solleticarle il naso e la gola. Quella incredibile situazione in cui si trovava le faceva venire voglia di ridere. Poi però quel desiderio le passò allorché Malik posò il bicchiere e con un tono intenso le disse: «Senti anche tu quello che provo io?». Il cuore di Gracie prese a battere forte. Con la mano che le tremava posò a sua volta il bicchiere sul tavolo. «Sì. Credo di sì» sussurrò. Anche se era una follia. «Mi chiedo se non sia un po' pazzo. Non ti conosco nemmeno.» «No...» «Eppure tra noi c'è questa forte alchimia.» «Un legame.» Lui la guardò per un lungo momento facendola irrigidire. «Sì» dichiarò alla fine. «Un legame.» Malik aveva appena toccato il suo champagne, ma si sentiva lo stesso ebbro. Tutti i suoi sensi erano tornati in vita. Quando era stata l'ultima volta in cui si era sentito così eccitato? Così pieno di speranza? Non c'era mai stata un'ultima volta. Lo stomaco gli si contrasse per la tensione. Sapeva che ciò che stava sperimentando con Gracie era temporaneo. Sarebbe potuto durare soltanto una notte. La sua vita non gli apparteneva. Non poteva decidere e non aveva il controllo su di essa da quando aveva dodici anni ed era stato allontanato dalla scuola, dai suoi libri e dai suoi giochi. Con il volto duro e la voce aspra, il nonno gli aveva annunciato a chiare lettere: «Azim non c'è più. Adesso l'erede al trono sei tu». 14
Lui non aveva avuto neppure il tempo per assimilare la portata di quella dichiarazione che la sua esistenza era cambiata in modo radicale. Da ragazzino timido, amante dei libri, si era trasformato nel futuro sultano. Era stato strappato da tutto ciò che amava e dalle persone a cui teneva di più. Ma dopo dieci anni di assoluto dovere poteva godersi una serata. Una donna. Si sporse in avanti, spinto dal desiderio di toccarla, di sentirla. La sua pelle era così morbida. «Usciamo da qui.» «Per andare dove?» gli chiese Gracie con gli occhi che le brillavano. «In qualunque posto» rispose Malik. Non gli importava. Voleva soltanto stare con lei. «Potremmo gettare delle monete nella Fontana di Trevi» gli propose lei allegra. «Viviamo un po'.» Era giusto quello che lui voleva fare. Che poteva fare: vivere... un po'. «Va bene» dichiarò alzandosi. Pagò lo champagne e uscirono nella notte. Le strinse di nuovo la mano. Non voleva lasciarla finché non fosse stato costretto. La piazza era piena di gente e di musica, eppure era come se fossero in un mondo tutto loro. «Conosci la tradizione?» lo interrogò lei. Malik scosse la testa. «Bisogna stare con la schiena rivolta alla fontana e lanciare una moneta con la mano destra oltre la spalla sinistra» gli spiegò mimando il gesto. «E poi cosa succede?» Gracie gli sorrise maliziosa. «Succede che tornerai a Roma. Ma non è finita» aggiunse mordendosi il labbro. Lui aggrottò un sopracciglio. «Ce n'è un'altra?» «Sì. Quella delle tre monete.» 15
«Tre? Per cosa?» «Una per tornare a Roma. Una seconda per una nuova storia d'amore. E infine una terza per il matrimonio» gli spiegò lei con una risata forzata. «Sciocco, non trovi?» Malik estrasse una moneta dalla tasca, voltò le spalle alla fontana e la gettò in acqua. Poi ne prese un'altra e la lanciò mentre lei lo fissava trattenendo il respiro. Con il cuore che gli batteva impazzito, Malik alla fine fece quello che desiderava da tutta la sera: l'attirò a sé e la baciò.
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