Una promessa reale

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Care lettrici, come sapete per me ogni libro è speciale: mi immedesimo completamente nei protagonisti e quando scrivo la parola “FINE” detesto dovermi separare da loro. Questo, poi, è ancora più speciale degli altri perché è il mio 100° romanzo. Desideravo celebrarlo a dovere, ma non sapevo come, finché una cara amica non mi ha suggerito: «Perché non torni dove tutto è cominciato?». Tornare dove tutto è cominciato? Mi è parsa subito un’idea allettante. Il mio primo romanzo raccontava la storia di un’infermiera che si innamorava di un dottore, mentre in questo caso la vicenda è completamente diversa, ma entrambi sono ambientati in Australia... La mia nuova eroina è una principessa che scappa dal suo mondo dorato per poter vivere nell’anonimato, trovando pace in una fattoria del Queensland. Ma l’improvviso arrivo dell’affascinante Rafe Carter fa precipitare la situazione. I due protagonisti si spostano poi in un’incantevole Inghilterra innevata, quindi in una dinamica New York ravvivata dalle abbaglianti luci natalizie e infine nella lussuosa dimora di Sophie, su un’isola del Mediterraneo. Questa storia parla di sfarzo, coraggio, sofferenza, e spero che vi appassioni tanto quanto ha appassionato me. Ci sono molte persone che dovrei ringraziare per avermi aiutata nel corso di questo lungo cammino: c’è chi mi ha spiegato in maniera minuziosa come si svolge il suo lavoro, chi mi ha suggerito battute brillanti e ottime idee e chi mi ha ascoltato con pazienza quando mi perdevo nei meandri della mia immaginazione. Ognuna di voi sa se sto parlando di lei. Più di tutti, però, devo ringraziare Voi, care lettrici, perché siete la ragione per la quale scrivo. Sharon


SHARON KENDRICK

Una promessa reale


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Royal Vow of Convenience Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2016 Sharon Kendrick Traduzione di Leonora Sioli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony dicembre 2017 Questo volume è stato stampato nel novembre 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3235 del 22/12/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 Mentre l'elicottero stava per atterrare, producendo un frastuono assordante, Sophie fu percorsa da un brivido di terrore. «Eccolo» annunciò Andy nel momento in cui le eliche si fermarono. «Ehi, non essere così spaventata, Sophie. Rafe Carter è il grande capo, ma ti assicuro che non morde. Vedrai, andrà tutto bene. D'accordo?» «D'accordo» fece eco lei poco convinta, mentre Andy si allontanava dalla veranda per correre incontro al capo. Nel frattempo il portello dell'elicottero si era aperto ed era apparso un uomo dal fisico prestante, che si passò una mano tra i capelli scuri, spettinati dal vento. Una signorina bionda, stretta in un'uniforme blu, gli disse qualcosa e lui, dopo essersi guardato intorno, scosse la testa quindi saltò sul terreno polveroso, lasciandola lì con le spalle ricurve, in una posa sconfortata. Di nuovo, Sophie avvertì quel brivido di terrore, questa volta però accompagnato anche da un altro tipo di sensazione. Qualcosa che le fece accelerare il battito del cuore, mentre il nuovo arrivato rimaneva immobile a osservare le sue terre, in una postura fiera, orgogliosa che fece risaltare ancor più il suo fisico imponente. 5


Anche da quella distanza, infatti, Sophie aveva già notato quel corpo atletico. Indossava un completo elegante che gli fasciava i muscoli, dandogli un'aria sofisticata e raffinata del tutto fuori luogo nel selvaggio Outback, così come lo era il suo lussuoso elicottero. Tutto in lui dimostrava a chiare lettere chi fosse: un multimilionario, proprietario di una delle più grandi compagnie di telecomunicazioni, oltre che di un'immensa fattoria, che probabilmente per lui era solo un hobby. Rafe Carter. Anche il suo nome trasmetteva forza, sensualità. Sophie aveva sentito gli altri membri dello staff parlare di lui, o meglio, spettegolare sul suo conto, ma non aveva mai fatto domande per non sembrare troppo curiosa. Data la situazione, infatti, non poteva permettersi di attirare su di sé l'attenzione, se voleva mantenere segreta la propria identità. Niente abiti appariscenti, dunque. Niente atteggiamenti azzardati. E niente domande sul proprietario di quell'enorme tenuta. Di lui sapeva solo che era molto ricco, che amava gli aeroplani, l'arte e le belle donne, oltre alla vita di campagna dell'Outback, dove a volte veniva a trascorrere qualche giorno di vacanza. Sentì il battito del proprio cuore accelerare ancora di più. Aveva immaginato che Rafe Carter fosse un uomo carismatico, ma non così carismatico. Guardò Andy avvicinarsi a lui e poi i due scambiare qualche parola, prima di dirigersi verso casa, mentre l'elicottero si alzava in volo e spariva. Si moriva di caldo in veranda. Nonostante fosse mattina presto, la colonnina di mercurio stava già salendo. L'estate ormai era arrivata e a volte le pareva di vi6


vere in una grande sauna. Si passò le mani sudate sui calzoncini, sperando che il suo cuore smettesse di battere all'impazzata, altrimenti il signor Carter si sarebbe accorto di quanto lei si sentisse a disagio. In effetti non riusciva a spiegarsi per quale ragione fosse tanto agitata, lei che era abituata a confrontarsi con persone importanti. Aveva forse timore di essere smascherata? Temeva che lui scoprisse fino a che punto si era spinta per trovare un po' di pace, in quella fattoria immersa nell'Outback, lasciandosi alle spalle il suo mondo dorato? Non si erano mai incontrati prima, ma non sarebbe stato cosÏ strano se Rafe Carter avesse visto qualche sua fotografia sui giornali. E che cosa sarebbe successo se lui avesse scoperto la verità ? Sophie strinse le mani a pugno, mentre la sua mente continuava a lavorare. No, non sarebbe successo. Lei non avrebbe permesso che accadesse. Per la prima volta in vita sua aveva scoperto che cosa significasse vivere nell'anonimato e sentirsi soddisfatti dopo una giornata di duro e onesto lavoro. Per la prima volta in vita sua riusciva a pensare al futuro con ottimismo. Nessuno sapeva chi era e nessuno se ne preoccupava. Nessuno era ossessionato dal voler seguire ogni suo passo. Certo, a volte era faticoso doversela cavare da sola, ma era anche entusiasmante, e lei non era pronta a rinunciare a tutto questo, anche se sapeva bene che non sarebbe durato per sempre. Suo fratello le aveva dato infatti un ultimatum e non le restava ancora molto tempo a sua disposizione. Myron voleva che lei tornasse a Isolaverde per Natale o, al massimo, per il compleanno di sua sorella minore, a fine febbraio. Tra un paio di mesi, dunque, avrebbe dovuto dire addio alla pace e alla libertà che aveva conosciuto in 7


quel luogo sperduto e selvaggio. Sarebbe tornata nel mondo da cui era fuggita per affrontare il proprio destino, ma lo avrebbe fatto alle proprie condizioni. Se ne sarebbe andata da lì, così com'era arrivata, senza scandali o clamori. Non sopportando più il caldo soffocante che la avvolgeva come una pesante coperta, cercò ristoro in cucina dove l'aria condizionata, in realtà, non le procurò alcun sollievo. Si fece aria con le mani sul viso arrossato e quando sentì i passi pesanti dei due uomini che si avvicinavano fece una gran fatica a mantenere il controllo di sé. «Sophie? Ti presento il capo.» La voce amichevole dall'inconfondibile accento australiano di Andy interruppe i suoi pensieri e, di colpo, non ci fu più tempo per riflettere perché il fattore entrò in cucina con un'espressione allegra dipinta in viso, in netto contrasto con lo sguardo serio dell'altro uomo. Pur sapendo che non era educato fissare le persone, Sophie non poté evitare di rimanere imbambolata a guardare Rafe Carter. Visto da vicino, era di una bellezza straordinaria. Tratti decisi, fisico possente, possedeva un'aria misteriosa e un po' cupa che lo rendeva incredibilmente affascinante. Era consapevole dell'effetto che aveva sulle donne? Si rendeva conto dell'effetto che aveva su di lei? E com'era possibile poi che, nonostante il caldo opprimente, lui avesse un aspetto pressoché perfetto in giacca e cravatta? Da quale pianeta arrivava? Quasi che le avesse letto nel pensiero, Rafe si tolse la giacca, restando con indosso un'immacolata camicia bianca che avvolgeva i suoi muscoli scolpiti, quindi la guardò negli occhi, facendola avvampare. Anzi, non si limitò a guardarla bensì la squadrò da 8


capo a piedi, e a quel punto l'agitazione di Sophie si trasformò in indignazione, perché nessun uomo aveva mai osato guardarla in quel modo! Come se avesse avuto il diritto di farlo. Come se avesse saputo perfettamente che cosa le stesse passando per la mente... «Rafe...» Andy usò un tono rilassato mentre gesticolava verso di lei, «... ti presento Sophie, la ragazza di cui ti stavo parlando. È la nostra cuoca da circa sei mesi.» «Sophie...?» La voce vellutata di Rafe squarciò l'aria per arrivare dritta a lei, paralizzandola. Sophie sapeva che non avrebbe dovuto esitare, perché sarebbe bastato un solo, piccolo passo falso per mandare tutto all'aria. D'altro canto lo sguardo magnetico e la voce calda di Rafe l'avevano mandata in tilt. «Sophie Doukas» si affrettò a rispondere, usando il cognome della sua nonna greca, sapendo che nessuno avrebbe potuto contraddirla visto che nessuno le aveva mai chiesto i documenti. Lo sguardo di Rafe diventò ancora più penetrante. «Un nome inusuale.» «Già.» Ansiosa di cambiare argomento, Sophie si schiarì la voce e abbozzò un sorriso. «Immagino che avrà sete dopo il viaggio. Vuole che le prepari un tè, signor Carter?» «Temevo che non me lo avresti mai chiesto» reagì lui. «E diamoci del tu.» «Sì» rispose lei, indispettita dal suo tono deciso. Calmati e concentrati. Ricorda che lui è il capo e che tu devi esaudire tutte le sue richieste. «D'accordo.» Di nuovo si sforzò di sorridere. «Lo preparo subito. Andy, ne vuoi una tazza anche tu?» «No, grazie. Aspetterò la pausa di metà mattina per fare uno spuntino. Ci vediamo fuori, dopo che avrai 9


bevuto il tè, Rafe, così facciamo un giro di ricognizione della tenuta.» Sophie si sentì sopraffare dal panico quando Andy se ne andò e si trovò da sola con Rafe Carter in una stanza le cui pareti parevano volerla inghiottire. Nonostante preparasse il tè ogni giorno, all'improvviso le sembrò di non averlo mai fatto e cominciò a muoversi nervosamente, mentre si sentiva addosso lo sguardo di lui. Per quale ragione è qui?, si domandò versando l'acqua bollente nella teiera. Andy le aveva spiegato che non sarebbe tornato prima che fosse arrivato l'autunno, e per allora lei sarebbe già stata a casa. Strano, dunque, che Rafe Carter fosse comparso all'improvviso ora che mancavano solo poche settimane a Natale. Prese una tazza dalla credenza. Già. Il tempo scorreva così rapidamente. In quel luogo esotico, non si era resa conto che Natale fosse già così vicino. Il caldo afoso, la vegetazione rigogliosa e gli animali che in passato aveva visto solo nei documentari in effetti non creavano un'atmosfera natalizia. Tuttavia, visto che gli uomini glielo avevano chiesto, aveva cercato in qualche modo di addobbare la casa usando del vischio finto e un albero artificiale, che aveva comprato nel supermercato locale. Certo, non era come a Isolaverde, si ritrovò a riflettere, pensando all'enorme albero che veniva allestito nel salone del trono, decorato con candele vere che venivano accese dalla servitù, e ai mucchi di pacchi che lei e suo fratello distribuivano ai bambini della città il giorno di Natale. Ricordando i visini allegri di quei piccoli, venne travolta dalla nostalgia. Sarebbe stato così facile mollare tutto e tornare a casa. Non intendeva farlo, però. Non ancora. Non finché 10


non avesse capito che cosa voleva fare del proprio futuro. Mescolando l'acqua nella teiera, si augurò che Rafe uscisse a bere il tè e quando lo vide appoggiarsi al davanzale della finestra, dimostrando di non avere alcuna intenzione di andarsene, Sophie sentì il cuore fermarsi. Possibile che non si rendesse conto di quanto la stava mettendo in difficoltà? Nonostante lei fosse abituata a essere osservata dalle persone, visto che lo era stata da quando era venuta al mondo, Rafe Carter aveva il potere di farla sentire a disagio... Forza, cerca di dire qualcosa. Fai finta che sia solo uno dei tanti sconosciuti che ti capita d'incontrare e con cui devi scambiare qualche frase di circostanza. «Sei arrivato qui dall'Inghilterra, oggi?» gli domandò. «No. Avevo un impegno di lavoro a Brisbane ieri e visto che ero così vicino, mi sembrava assurdo non passare dalla tenuta.» I suoi occhi grigi si illuminarono. «In ogni caso non vivo in Inghilterra.» «Io credevo...» «Che il mio accento fosse inglese?» «Sì, esatto.» «Si dice che non si perda mai l'accento della propria terra nativa, ma non vivo in Inghilterra da anni.» Aggrottò la fronte. «E a proposito di accenti, non riesco a capire quale sia il tuo. Sei greca?» Sophie gli indicò la tazza. «Zucchero? Latte?» «No. Va bene così.» Lei gli passò il tè e quando lui allungò le gambe davanti a sé, Sophie non poté evitare di fissarle. Lo faceva apposta?, si domandò. Voleva essere guardato? Se era così, era riuscito nel suo intento, perché lei non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Ed era assurdo, perché non era certamente il tipo di donna abi11


tuata a corteggiare gli uomini. Non lo era mai stata. Non era nella sua natura. Non le era concesso farlo, visto che se avesse osato rivolgere a un uomo uno sguardo seducente, in men che non si dica sarebbe finita sulle prime pagine dei giornali di gossip. E comunque nessuno aveva mai suscitato in lei un interesse così forte, nemmeno il suo promesso sposo, un uomo famoso per il suo grande fascino. Cercando di nascondere quanto fosse turbata, fece finta di togliere delle briciole dal tavolo. «E dunque, dove vivi?» «A New York, per lo più, anche se ho vissuto a lungo qui, quando ho comprato la fattoria. Viaggio molto. In effetti sono sempre in movimento. Sono quello che si direbbe un nomade urbano, Sophie.» Bevve un sorso di tè, studiandola con espressione provocatoria. «Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda.» «Co... come?» balbettò lei con un'espressione confusa dipinta in volto. «Quale domanda?» «Ti ho chiesto se sei greca.» Sophie non avrebbe voluto mentire ma se gli avesse raccontato la verità, avrebbe dovuto rinunciare alla serenità che si era faticosamente conquistata negli ultimi mesi. Ci sarebbero state domande. Molte domande. A cui lei avrebbe dovuto rispondere. Sono una principessa che non vuole più esserlo. Sono una donna che è cresciuta in un palazzo e che non ha mai dovuto affrontare la vita vera, finora. Una donna che è stata ferita e umiliata e che ha deciso di mettersi alla prova per scoprire se è in grado di cavarsela da sola, senza la protezione che ha avuto fin da quando è venuta al mondo. Lo guardò negli occhi. «Mia nonna era greca» gli spiegò. «E il greco è la mia lingua madre.» 12


Lui la stava osservando con interesse. «Quali altre lingue parli?» «Inglese, ovviamente.» «E poi?» «Conosco l'italiano e il francese.» «Complimenti. Hai un'ottima preparazione, per essere una cuoca che ha passato gli ultimi mesi a cuocere bistecche e imburrare pane per un mucchio di braccianti, in una fattoria.» «Non pensavo che il fatto di parlare diverse lingue fosse un difetto per una cuoca» replicò lei. Rafe cercò di ignorare il modo in cui lo sguardo di lei si era acceso in un'espressione di sfida. Era ovvio che Sophie stava volutamente eludendo le sue domande. Ma per quale ragione? Aveva incontrato tante ragazze che venivano a lavorare in quella zona dall'estero, ma mai nessuna come Sophie Doukas. Che cosa ci faceva lì una come lei, che era del tutto fuori luogo, come un diamante ritrovato nel fango? Andy gli aveva raccontato che quando era arrivata gli era parsa un po' spaesata, ma che aveva dimostrato subito una gran voglia di imparare. Lui si era domandato per quale ragione il suo burbero fattore avesse assunto una persona senza un minimo di esperienza, ma ora che l'aveva vista, aveva trovato la risposta. Sophie era bella. Sentì la gola secca. Molto bella. Ma non era quel tipo di bellezza che derivava da ore di trucco davanti allo specchio o dall'intervento di un chirurgo estetico. Si trattava di una bellezza naturale. Tratti delicati ed eleganti, occhi azzurri come il cielo del Queensland e capelli castani legati in una coda di cavallo. Non aveva un filo di trucco. Del resto non ne aveva bisogno con quelle ciglia lunghe, e quelle lab13


bra... Rafe si sentì prendere fuoco. Labbra che avevano il potere di fare impazzire. E non era tutto. Oltre a un bel viso, Sophie aveva un corpo mozzafiato. Gambe infinite, curve al punto giusto, si muoveva inoltre con la grazia di una ballerina. Era una splendida donna, insomma. E Rafe non faticò a immaginare che reazione avesse avuto Andy quando se l'era trovata di fronte. Chi avrebbe potuto resistere a una simile creatura, che era l'incarnazione dei sogni di qualsiasi uomo? Andy però gli aveva spiegato che Sophie era molto riservata. Non era insomma una di quelle ragazze spregiudicate a caccia di nuove esperienze, anche sentimentali. Non aveva flirtato con nessuno e non aveva mai lasciato intendere che potesse essere interessata all'avventura di una notte. Inoltre Andy gliel'aveva descritta come una donna diffidente. Per questo nessuno aveva mai osato fare il primo passo, nonostante fosse una ragazza molto attraente. Rafe aggrottò la fronte. Sì. Diffidente, in effetti, era l'aggettivo giusto. Ora lei lo stava guardando come se fosse stata uno splendido uccello azzurro entrato per sbaglio in casa, che stava sbattendo disperatamente le ali poiché non riusciva a trovare una via d'uscita. Rafe bevve un altro sorso di tè, osservandola con interesse, mentre sentiva che Sophie voleva tenere le distanze. Strano, di solito le donne facevano di tutto per avvicinarsi a lui. Gli dicevano esattamente quello che lui voleva sentirsi dire, e non si fermavano a questo. Ma Sophie Doukas era diversa da tutte le altre. Chissà per quale ragione era così sfuggente. E chissà se era proprio questo suo atteggiamento schivo a renderla così attraente. «No, la tua conoscenza delle lingue è ammirevole» affermò secco. «Peccato che tu non abbia potuto sfrut14


tarla lavorando qui.» Si concesse una breve pausa poi concluse: «E così, a quanto pare, dovremo vivere sotto lo stesso tetto, tu e io». Lei era sempre più nervosa. «No, non è necessario. Ho vissuto qui finora perché Andy mi ha spiegato che sarebbe stato assurdo lasciare la casa vuota, ma adesso che sei tornato...» Lo guardò dritto negli occhi con espressione decisa, senza cercare di flirtare, come invece avrebbe fatto qualsiasi altra donna al suo posto. «... posso trasferirmi in una delle dépendance» aggiunse, «non vorrei mai esserti d'intralcio.» Rafe abbozzò un sorriso. No. Decisamente Sophie non stava flirtando. Dannazione! Quando era stata l'ultima volta in cui aveva parlato con una donna senza che lei cercasse di sedurlo? «Non devi farlo. C'è molto spazio qui per due persone. Sono certo che non faremo fatica a non pestarci i piedi. Inoltre sono solo di passaggio. Mi fermerò un paio di notti al massimo. A proposito, Andy non mi ha detto per quanto tempo resterai.» Lui la osservò con attenzione mentre Sophie prendeva il cucchiaino che aveva lasciato sul tavolo e lo metteva nel lavandino, come se avesse temuto che potesse esplodere se non lo avesse lavato subito. «Non ho ancora deciso» gli rispose, rimanendo di spalle. «Non molto, comunque. Credo che partirò appena dopo Natale.» «La tua famiglia non sentirà la tua mancanza per Natale?» si meravigliò lui. «O forse non hai l'abitudine di festeggiare il Natale?» Sophie si voltò per guardarlo e vedendo che era impallidita e che i suoi occhi azzurri si erano incupiti, Rafe si sentì per un attimo in colpa, temendo di aver detto qualcosa di sbagliato. Ma subito dopo si rese conto che le aveva rivolto una semplice domanda a cui aveva il 15


diritto di ricevere una risposta, essendo il suo capo. «Certo che festeggio il Natale» reagì lei. «Ma non ho più i genitori.» «Mi dispiace.» «Grazie.» «Non hai fratelli o sorelle?» Sophie cominciava a essere stanca di essere bersagliata dalle sue domande, anche perché non era abituata a essere trattata in quel modo. Nessuno avrebbe mai osato sottoporla a quella specie di interrogatorio, a casa. Non capiva inoltre per quale ragione Rafe fosse così curioso. Si era forse reso conto che Andy non le aveva fatto un colloquio molto approfondito quando le aveva offerto il lavoro? O c'era dell'altro? Fissò la teiera. Era abbastanza ingenua, d'accordo, ma non era stupida. Aveva visto come Rafe l'aveva guardata quando era entrato in cucina. Dopo un attimo di sorpresa l'aveva squadrata con espressione compiaciuta. Cosa che non avrebbe fatto di certo se avesse saputo che lei era una principessa. Ma non lo sapeva, giusto? E non lo avrebbe scoperto. La verità era che Rafe le provocava uno stato di agitazione che non aveva nulla a che fare con il timore di essere smascherata, ma che era comunque forte e fastidioso. Era una specie di nodo allo stomaco, un senso di oppressione sul petto, un'inquietudine che le pervadeva tutto il corpo. In una parola era attrazione. Desiderio. Puro e semplice. Intenso. Bollente. Ecco che cosa le faceva battere il cuore all'impazzata. Non aveva mai provato nulla di simile per nessun altro. Si sentì sopraffare dal senso di colpa. Nemmeno per Luciano. Solo dopo qualche istante si rese conto che Rafe 16


stava ancora aspettando la sua risposta e cercò quindi di tornare in sé per comporre una frase coerente. «Ho una sorella più giovane e un fratello.» «E non ti stanno aspettando a casa?» Sophie scosse la testa. Dopo che aveva lasciato Isolaverde aveva telefonato a suo fratello, Myron, per avvertirlo che stava bene e per chiedergli di non cercarla, perché aveva bisogno di restare lontano da casa per un po' di tempo, per superare quello che era successo e lasciarsi alle spalle la pressione che si era sentita addosso nell'ultimo periodo. E lui l'aveva accontentata. Quando aveva avuto l'occasione di fare delle ricerche online, infatti, Sophie si era sentita sollevata notando che non era stata diffusa alcuna notizia riguardo alla sua improvvisa fuga. Sua sorella minore, Mary-Belle, l'aveva sostituita nei suoi impegni ufficiali. Myron doveva aver capito che si era sentita ferita nell'orgoglio, visto che era stata tradita pubblicamente dall'uomo che sarebbe dovuto diventare suo marito, e così l'aveva lasciata in pace. O forse era stato troppo impegnato a governare Isolaverde per curarsi di lei. In effetti si era calato alla perfezione nel ruolo di re. «Hai a disposizione sei mesi per sfogare la tua ribellione» le aveva risposto. «Ma se a febbraio non sarai tornata, allora spedirò i miei uomini a cercarti fino in capo al mondo. Credimi, lo farò.» Ripensando al carattere autoritario di suo fratello e al fatto che le era sempre stato detto come doveva comportarsi, Sophie guardò Rafe sapendo che non doveva permettere che anche lui la controllasse. Quindi sii forte. Chiedigli qualcosa. Mettilo alle corde. «E che cosa mi dici del tuo Natale? Starai seduto intorno all'albero, insieme alla tua famiglia a scartare regali e cantare canzoni natalizie?» 17


Lui si irrigidì e Sophie ebbe la sensazione di vedere i suoi occhi intristirsi. No, impossibile. Un uomo forte e potente come Rafe Carter non poteva conoscere la tristezza. «Quel tipo di Natale esiste solo nelle fiabe» le rispose lui con tono cinico. «E io non ho mai creduto alle fiabe.» Rafe si alzò di scatto, trovandosi vicino a lei. Così vicino che Sophie venne avvolta dal calore del suo corpo, e di nuovo si sentì invadere dal desiderio. «Che cosa ti succede, Sophie?» le domandò lui, abbassando lo sguardo sulle sue dita. «Ti tremano le mani. C'è qualcosa che ti turba?» Sophie aveva l'impressione che lui conoscesse la risposta, ma cercò di nascondere il proprio imbarazzo scuotendo la testa. «In effetti sì» ammise. «Mi innervosisco se qualcuno mi guarda mentre lavoro, soprattutto se si tratta del mio capo. Devo cominciare a preparare lo spuntino di metà mattina per i braccianti. Sai che hanno bisogno di fare il pieno di energie.» Gli sorrise, sperando che Rafe non si rendesse conto di quanto si sentiva attratta da lui. «Quindi, se non ti dispiace...» «Ho l'impressione che tu mi stia mandando via» osservò lui con la sua voce seducente. «Sinceramente non mi era mai capitato prima ma considerando che ammiro le persone dedite al proprio lavoro, ti accontento subito.» Quando fu sulla soglia della stanza, tuttavia, si fermò e la guardò con espressione decisa, tipica di un uomo forte e sicuro di sé. «Per me non è un problema dividere questa casa con te, a patto che tu capisca che amo la mia solitudine. Quindi non sentirti in obbligo di cercarmi o d'intavolare una conversazione quando ci incrociamo. Se ci sarà 18


il sole, lo considereremo un dono del cielo, intesi?» Il suo tono si indurì. «Non ho bisogno di sentire la tua opinione riguardo alle condizioni climatiche, né desidero che mi domandi come impiegherò la giornata. Chiaro?» Guardandolo negli occhi, Sophie pensò che nessuno era mai stato così arrogante nei suoi confronti. Intavolare con lui una conversazione? Avrebbe preferito parlare con le cimici che trovava tutte le mattine in veranda, piuttosto che con lui! Nonostante ciò annuì, poi borbottò: «Certamente...». Quando lo sentì chiudere la porta dietro di sé, Sophie provò un gran sollievo. Rafe Carter era l'uomo più presuntuoso che lei avesse mai incontrato. Ma anche il più attraente. Chiuse gli occhi, ripensando a come si era sentita vicino a lui. Aveva letteralmente perso la testa. E non era da lei. Non era da lei tremare e non sapere come comportarsi. Si era lasciata stregare dal suo fascino, ma non doveva più permettere che accadesse. Lui era il suo capo. Un uomo di passaggio. Niente di più. Eppure si affacciò alla finestra per guardarlo attraversare il cortile e rimase incantata a osservare come il sole spargeva riflessi rossi sui suoi capelli corvini, mentre le sue gambe si muovevano con agilità. Peccato che Rafe scelse proprio quel momento per voltarsi e avendola colta sul fatto le rivolse un sorriso sfrontato.

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