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DEBBIE MACOMBER
Una vacanza lunga una vita
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Shadow Chasing Silhouette Romance © 1986 Debbie Macomber Traduzione di Daniela Cristina Innocenti Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Pack giugno 2016 Questo volume è stato stampato nel maggio 2016 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY PACK ISSN 1122 - 5380 Periodico bimestrale n. 135A del 18/06/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 239 del 15/05/1993 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 «Mi prendi in giro?» Carla Walker guardò l'amica con diffidenza. «Cosa ti hanno messo nel margarita? Il siero della verità?» Gli occhi scuri di Nancy Listten brillavano nonostante fosse concentrata sul complesso mariachi che suonava musica di sottofondo. «Dico sul serio, invece» le rispose. «Le nostre vacanze vanno sempre a finire così. Ora ci aspettano sette meravigliosi giorni a Mazatlán. Quanto ci scommetti che non troviamo un uomo con cui flirtare fino al sesto giorno?» «Perché ci vuole sempre un po' per scoprire chi è disponibile» ribatté Carla, sorseggiando il proprio cocktail. I granelli di sale sul bordo del bicchiere le raschiavano il labbro inferiore, ma era una sensazione piacevole; e il sapore le piaceva da morire. «È proprio questo che intendo.» Nancy si tolse gli occhiali e li mise in borsa. Quell'azione la diceva lunga: la sua amica faceva davvero sul serio. «Ci mettiamo sempre almeno due giorni per capire chi è sposato e chi è single.» «Non è detto, però, che la tua idea funzioni» obiettò nuovamente Carla. «I prossimi due uomini che entre5
ranno nel locale potrebbero essere sposati.» «Ma pensa quanto tempo risparmieremmo, se glielo chiedessimo. E poi...» Nancy respirò a fondo. «Hai mai notato quanto siamo esigenti? Ci comportiamo sempre come se le nostre possibilità dovessero migliorare con il tempo, mentre invece dovremmo renderci conto che non ci sono candidati migliori dei primi uomini a varcare quella soglia stasera.» «Non lo so...» L'altra esitò, chiedendosi se anche nel suo drink ci fosse qualcosa. L'idea dell'amica iniziava ad apparirle sensata. «E se parlano solo spagnolo?» Era una domanda sciocca, e l'occhiata che le rivolse Nancy glielo confermò. Entrambe erano armate di frasario, e Carla aveva guardato abbastanza episodi dei Muppets in spagnolo insieme alle nipotine da imparare i primi rudimenti della lingua. Si sentì morire. Era partita per quella vacanza con grandi speranze. Sette giorni meravigliosi in una delle mete turistiche più popolari al mondo, gremita di maschi affascinanti e abbronzati. E lei si sarebbe presentata nello spagnolo dei Muppets al primo uomo a varcare la soglia del lounge bar in cui si trovava. Ancora più grave, con lo scorrere dei minuti l'idea si faceva sempre più attraente. Nancy aveva ragione: si erano rovinate le vacanze per due anni di seguito, andando alla ricerca dell'uomo ideale. Oltre a non trovarlo mai, con il passare dei giorni diventavano meno esigenti: quelli considerati a malapena accettabili il primo giorno apparivano meravigliosi il penultimo. Il settimo giorno, scoraggiate e in preda alla frustrazione, riprendevano l'aereo per Seattle, lasciandosi alle spalle una vacanza sprecata. «Però, dovremmo stabilire dei criteri, non trovi?» Carla annuì. «Liberi.» «Questo è chiaro.» Nancy la fulminò con il suo sguardo da maestra severa, che lei ormai conosceva 6
bene. «Devono entrare da soli. E avere non più di trentacinque anni. Ti viene in mente altro?» «Sappi che io sono più esigente di te.» «D'accordo, aggiungi ciò che vuoi.» «Credo che dovrebbero ordinare un margarita.» «Ma potremmo stare qui tutta la notte, Carla!» «Siamo a Mazatlán; tutti bevono margarita» ribatté lei. Be', tutti i turisti, perlomeno; ed era proprio questo che voleva. Niente di serio, solo una piacevole storia estiva. «Va bene» concordò Nancy. Si voltarono a guardare l'ingresso, in attesa che entrasse qualcuno. «Hai mai notato come le sale da cocktail inizino a sembrare saloni da esposizione di mobili?» commentò Carla, tanto per dire qualcosa. Aveva le mani sudate. «Ssh... arriva qualcuno.» Entrò una coppia di mezza età. Si rilassarono entrambe. «Dovremmo decidere a chi tocca per prima» fece Nancy. «A te» disse Carla all'istante. «L'idea è stata tua.» «Ok» convenne l'amica. Raddrizzò la schiena, torcendosi le mani con espressione nervosa. Carla tirò su la spallina del vestitino, che le era scivolata giù. Raramente le rosse riuscivano a indossare il rosa, ma il color camelia dell'abito esaltava la tonalità particolare dei suoi capelli. «C'è un uomo da solo.» Due sguardi ansiosi seguirono l'andatura goffa di un uomo latinoamericano dai capelli scuri che si sedette sul divanetto più vicino alla porta. «Ha la gamba ingessata» sussurrò Nancy in preda al panico. «Non preoccuparti» la tranquillizzò Carla. «Non mi sembra il tipo da margarita.» 7
Nancy estrasse gli occhiali dalla borsa e se li rimise. «È un bell'uomo, però.» «Suppongo di sì» fece Carla, anche se non era affatto il suo tipo. Quell'aspetto da divo del cinema bello e tenebroso non l'attraeva. Il suo sorriso era talmente smagliante da accecarla. Per il bene di Nancy, pregò in silenzio che ordinasse un bicchiere di vino. «Sei sempre in tempo a cambiare idea» disse, sperando quasi che l'amica concordasse. Era un'idea folle. «Neanche per sogno.» «Il tizio è ingessato fino all'anca. Non mi pare un buon partito.» «No.» La ragazza non batté ciglio. «E smettila, fai sempre così.» «Cosa?» «Lo sai benissimo.» «Ok, la smetto. Se vuoi accollarti un tizio che lascia un solco buffo nella sabbia, sono affari tuoi.» «Guarda» sussurrò Nancy. «È arrivato anche il tuo uomo.» Carla si voltò subito verso la porta all'altro lato della sala. Lo riconobbe subito: anche lui aveva viaggiato sul loro aereo da Seattle. Non che lei l'avesse considerato granché. Seduto di fronte all'amica, aveva letto un libro per tutta la durata del volo. «Ehi, era sul nostro aereo» commentò Nancy. «Lo so» disse Carla in tono neutro, cercando di mascherare la propria delusione. Ingenua come sempre, dentro di sé aveva sperato in qualcuno di più virile. Entrambe tese, e in silenzio, le ragazze seguirono con gli occhi una giovane cameriera che portava due margarita su un vassoio. Ne servì uno all'uomo ingessato e l'altro al topo di biblioteca. «Sei pronta?» bisbigliò Nancy. «Cosa diremo?» Carla strinse la borsa nelle mani. 8
Nancy la fulminò di nuovo con lo sguardo che di solito riservava ai propri alunni. «Santo cielo, siamo donne mature! Sappiamo cosa dire.» Carla scosse la testa. «Quello che stiamo per fare non è da donne mature!» Si alzarono nello stesso momento, come condannati a morte che avanzano verso il boia. «Come sto?» chiese Nancy, sforzandosi di sorridere. «Sembri sul punto di vomitare.» La sua amica chiuse gli occhi. «È così che mi sento, infatti.» Carla esitò. «Forza» sibilò Nancy. «Non possiamo tirarci indietro proprio ora.» Non riusciva a credere che la sua amica – calma, pragmatica e con la testa sulle spalle – avesse proposto un piano del genere. Non era assolutamente da lei. Tra le due, era Carla quella impulsiva – creativa e fantasiosa, in lei era dominante la parte destra del cervello. Per questo erano così amiche: i loro caratteri si completavano a vicenda. Parte destra e parte sinistra del cervello, rifletté. Forse era proprio questo il problema: entrambe avevano solo metà cervello! Osservò il tizio dell'aereo. Non era il suo tipo; per una storia spensierata avrebbe preferito qualcuno di più dinamico. Lui invece non emanava fascino, perlomeno non a prima vista. Se non ricordava male, però, era alto... Per fortuna, dato che, essendo quasi un metro e ottanta, non incontrava spesso uomini più alti di lei. Lo sconosciuto era anche piuttosto smilzo, quasi troppo a giudizio di Carla. Gli occhiali con la montatura di corno gli davano un'aria seria, e i capelli, biondo sabbia, gli ricadevano con noncuranza sulla fronte larga. Aveva una bella abbronzatura, ma a lei non sembrava il tipo da trascorrere ore sulla spiaggia o da farsi le 9
lampade. Probabilmente lavorava all'aperto, rifletté. Magari faceva il postino. In quel momento, l'uomo alzò lo sguardo e le sorrise; Carla rischiò di inciampare sulla soffice moquette. Aveva degli occhi incredibili, grigio scuro come nuvole d'inverno illuminate da un raggio di sole. Non aveva mai visto uno sguardo illuminato da quel bagliore argenteo, e si sentì subito meglio. I suoi occhi, almeno, erano decisamente attraenti. «Ciao» gli disse fermandosi di fronte a lui. «Mi chiamo Carla Walker.» Gli tese la mano, convinta che fosse meglio essere diretta fin da subito. L'uomo si alzò in piedi, sovrastandola di almeno dieci centimetri, e le strinse la mano. «Philip Garrison.» Il nome gli si addiceva. «Eravamo sullo stesso volo da Seattle, no?» Lui spinse gli occhiali sul naso con il dito indice. L'azione le ricordò Clark Kent, ma lei non si illuse; Philip Garrison non era certo Superman. «Mi sembra proprio di sì» le rispose, con un sorriso che trovò inaspettatamente affascinante. «Ti andrebbe di farmi compagnia?» «Sì, grazie.» Carla si sedette accanto a lui, accavallando le gambe snelle con fare disinvolto. «Sei anche tu di Seattle?» «No, di Spokane.» A circa quattro ore di distanza da Seattle, dunque. «Sei qui in vacanza?» Il suo sorriso si allargò. «In un certo senso. I miei genitori hanno un appartamento qui che richiede dei lavori di ristrutturazione.» Carla ammiccò, sorseggiando il suo drink con aria distratta. Era un carpentiere, quindi. Il lavoro gli si addiceva, decise. Da lontano le era sembrato troppo ma10
gro, ma adesso riusciva ad apprezzare il suo fisico asciutto e muscoloso. E, nonostante non fosse un latin lover, aveva un fascino tutto suo che lei avvertì subito. «Posso offrirti un altro margarita?» le chiese Philip, notando il suo bicchiere vuoto. «Sì. Grazie.» Lui alzò la mano per attirare l'attenzione della cameriera, una bella ragazza dalla carnagione olivastra, la quale indicò con un cenno del capo che sarebbe arrivata subito. Il servizio era notoriamente lento in quel locale, ma in quel momento a Carla non dispiacque affatto. Si guardò in giro in cerca di Nancy, e scoprì che l'amica stava chiacchierando animatamente con il tizio a cui si era presentata. Sorrideva felice. Il loro folle piano sembrava aver funzionato. «È la prima volta che vieni a Mazatlán?» le domandò Philip, sorseggiando il proprio drink. Lei notò il modo in cui si inumidiva il labbro inferiore con la punta della lingua per togliervi il sale. Il gesto, quasi provocante, la turbò, e abbassò lo sguardo. «Sì; anzi, non sono mai stata in Messico prima d'ora. E, a dire il vero, non mi aspettavo che fosse così bello.» In quel momento arrivò la cameriera, e Carla le porse il bicchiere vuoto. Aveva notato poco prima che la ragazza parlava poco in inglese e, nonostante il proprio spagnolo non fosse affatto fluente, l'impulso di fare colpo su Philip ebbe la meglio sul buonsenso. Così, in tono orgoglioso e senza traccia di accento, chiese un altro margarita. Apparentemente perplessa, la cameriera guardò Philip, che tratteneva a fatica le risate. Le disse qualcosa in uno spagnolo perfetto e, con un sorriso, la ragazza si allontanò. «Che c'è di così divertente?» Carla si sentì arrossire. 11
Lui si ricompose all'istante. «Hai appena detto alla cameriera che Kermit la Rana vuole un bicchiere d'acqua.» Lei chiuse gli occhi e cercò di ridere, ma suonò forzata. Giurò a se stessa che non avrebbe mai più guardato i Muppets, per quanto le sue nipotine adorassero il programma. «Quanto resterai a Mazatlán?» le domandò Philip, cambiando argomento con destrezza. «Una settimana. Io e la mia coinquilina, Nancy, abbiamo comprato un pacchetto vacanze per insegnanti.» «Insegni all'asilo?» Era una supposizione logica. «No, faccio l'assistente chirurgo.» Inarcò un sopracciglio, sorpreso. «Sembri ancora una studentessa.» «Ho venticinque anni.» Abbastanza da non coprirmi di ridicolo in questo modo, aggiunse tra sé e sé. In quel momento arrivarono i loro cocktail, e Carla frenò l'impulso di berlo tutto d'un fiato per rinfrescarsi la gola secca. Gradualmente, mentre parlavano del volo e del tempo, iniziò a rilassarsi. Dopo un'altra mezz'ora di convenevoli, Philip le propose di cenare insieme. L'invito le fece piacere. Dopo la gaffe con la cameriera, aveva temuto che volesse liberarsi di lei il prima possibile. «Molto volentieri.» Con grande sorpresa, Carla si rese conto che non vedeva l'ora. La portò in un ristorante di nome El Marinero, che offriva una vista mozzafiato del porto. Il cocktail di gamberi, la specialità del posto, era squisito. Philip parlò con il cameriere in spagnolo, girandosi poi verso Carla per tradurre la loro conversazione, in modo che lei potesse capire. Fu un gesto premuroso per evitare che si sentisse esclusa, e lei lo apprezzò. Durante la 12
cena, Philip non tentò mai di fare lo spiritoso o di conquistarla con il suo fascino. Fu semplicemente se stesso, calmo e riservato; non sembrava avvertire la necessità di cambiare atteggiamento dopo che lei l'aveva approcciato. «Ho mangiato tantissimo» si lamentò Carla mentre uscivano dal ristorante. L'aria si era rinfrescata rispetto a prima, sebbene fosse ancora afosa. «Ti va di fare due passi sulla spiaggia? Sarà meno affollata dell'albergo.» «Mi piacerebbe molto.» Gli occhi azzurri di lei gli sorrisero. «Ma possiamo? Cioè, le spiagge non sono private?» «Non in Messico. Qui sono per tutti.» «Che bello» mormorò Carla, riflettendo che l'uomo le sembrava sempre più attraente. Tornarono in albergo a bordo di un veicolo aperto sui lati. Sembrava un golf cart, anche se l'autista guidava come se fosse al volante di un'auto sportiva, insinuandosi nel traffico senza curarsi dei pedoni né della segnaletica stradale. Arrivati in hotel, Philip la prese per mano, conducendola nella hall e poi fuori sul retro, dove c'erano una grandissima piscina e una scalinata che scendeva verso la spiaggia. In lontananza si estendeva una striscia di sabbia bianca e finissima, sulla quale si affacciava una schiera di alberghi. «Immagino che tu non abbia ancora fatto il bagno nell'oceano.» «No, non ne ho avuto il tempo» confessò Carla. «Come prima cosa io e Nancy ci siamo fatte una doccia.» Appena sbarcate dall'aereo, avevano trovato un caldo soffocante ad accoglierle. Non erano abituate a un'afa del genere. Erano arrivate in albergo in un bagno di sudore. «Tra l'altro mi ha stupito molto che la 13
navetta sgangherata dell'aeroporto sia arrivata a destinazione senza problemi.» Philip sorrise, divertito. «Lo penso ogni volta che soggiorno qui.» «Vieni spesso a Mazatlán?» chiese Carla, mentre si sedevano sulla sabbia. Si tolsero le scarpe, e lui si arrotolò i pantaloni beige fino al ginocchio. «Un paio di volte l'anno.» Alzandosi in piedi, la prese sottobraccio. «Dovrei dirti una cosa» disse Carla mentre le onde lambivano i loro piedi nudi. L'acqua era meravigliosamente tiepida – un'altra sorpresa. «Cioè che non sei solita rimorchiare gli uomini nei locali?» ridacchiò Philip. «Lo sapevo già.» «Ah, sì?» Carla rimase stupita. «E perché l'hai fatto stavolta?» Scalciò la sabbia con un piede. «Credo che la risposta non ti piacerà» borbottò. «Sentiamo.» Carla fece un respiro profondo, poi espirò lentamente. «Ogni volta che partiamo insieme, succede che io e Nancy trascorriamo l'intera settimana nella speranza di conoscere qualcuno. Questa volta, invece, abbiamo deciso di prendere l'iniziativa, anziché sprecare la vacanza come sempre, scegliendo un uomo da approcciare il primo giorno. Un altro problema è che siamo troppo esigenti, quindi abbiamo deciso anche di essere più spontanee. Tu sei entrato nel locale da solo, hai meno di trentacinque anni e hai ordinato un margarita. Tutto qua.» Il suono piacevole della risata di Philip si mescolò al frangersi di un'onda sulla spiaggia. «Stavo per ordinare una birra.» «Sono contenta che tu non l'abbia fatto.» Carla pronunciò quelle parole quasi automaticamente, senza ri14
flettere, ma si accorse con stupore che erano sincere. Il sole si era trasformato in un'enorme sfera rosso fuoco, che lentamente scendeva a fondersi con l'orizzonte azzurro. Lei non aveva mai visto uno spettacolo così mozzafiato. Guardò Philip, curiosa di sapere se anche lui stesse ammirando la bellezza che li circondava. Ormai aveva capito che non era molto loquace, ma questo non era un problema: Carla riusciva a chiacchierare per due. La risata di lui, spontanea e disinvolta, le scaldava il cuore. «Cosa leggevi di tanto avvincente in aereo?» gli chiese, curiosa di sapere il più possibile su di lui. «L'ultimo romanzo di Ann Rule, che è...» «So chi è» lo interruppe Carla. Ann Rule, una scrittrice di Seattle di grande talento, era un'agente di polizia, diventata prima cronista e poi autrice di libri gialli ispirati a fatti realmente accaduti. Il suo romanzo sul serial killer Ted Bundy era stato un bestseller a livello nazionale. «Mio padre ha lavorato con Ann prima che iniziasse a dedicarsi alla scrittura» gli spiegò. «Anche lei è di Seattle.» «Che lavoro fa tuo padre?» Carla deglutì, improvvisamente a disagio. «Il poliziotto» mormorò, distogliendo lo sguardo. «Sembra che questo ti infastidisca.» «Infatti» disse lei in tono deciso. «Al liceo, nessuno dei miei compagni voleva chiedermi di uscire. Avevano tutti paura di inimicarselo se non avessero tenuto le mani a posto.» «Tuo padre li avrebbe arrestati per averci provato con te?» le domandò, incredulo. «Non proprio.» Gli lanciò uno sguardo di sfida. Era chiaro che Philip, come la maggior parte delle persone che conosceva, non riusciva a capire. «È troppo complicato da spiegare.» 15
«Perché non ci provi?» Carla avvertì un nodo allo stomaco. Sebbene avesse provato queste sensazioni fin da quando era piccola, non le aveva mai espresse a voce alta. «Ti faccio un esempio, per spiegarti cosa intendo: quando avevo circa dieci anni, siamo stati invitati al matrimonio di amici di famiglia. Al ricevimento l'alcol scorreva a fiumi, e uno zio della sposa aveva servito bevande alcoliche a un gruppo di adolescenti. L'atmosfera si è fatta gelida non appena papà è entrato nella sala.» «Temevano che facesse una scenata?» «Non lo so, ma ricordo quanto la gente fosse a disagio.» «Te compresa?» Carla esitò. «Sì.» «Ma non è solo questo, vero?» proseguì Philip dolcemente. «No» ammise lei. «Si trattava di molto più di questo. Le volte che papà ha trascorso il Natale a casa si contano sulle dita di una mano, ed era così per qualsiasi festività. Per non parlare dei compleanni – eravamo davvero fortunati se poteva festeggiare con noi. Alla fine non sopportavo più lo squillo del telefono, perché sapevo che era sempre reperibile, anche quando non era in servizio. Il suo lavoro era la sua vita.» «È naturale che ti facesse soffrire.» Una volta iniziato, Carla scoprì di non essere più in grado di fermarsi. «Lavorava con la feccia della terra: magnacci, prostitute, rapinatori, assassini, ubriaconi. E poi c'erano i malati e i moribondi, i morti, i violenti e i pedofili. A volte rincasava la sera e...» Si zittì di colpo, rendendosi conto di non aver mai preso fiato. Respirò profondamente, poi disse: «Mi dispiace, non volevo sfogarmi così». «Non fa niente» disse Philip, sfiorandole la spalla 16
con una mano. «Non hai mai voluto raccontare queste cose a tuo padre, vero?» «No, a cosa sarebbe servito? Papà ama il suo lavoro.» La pressione della mano di Philip sulla sua spalla si fece più forte; stava cercando di darle conforto, e Carla apprezzò davvero il suo gesto. Non aveva mai espresso quei pensieri a voce, e l'intensità dei propri sentimenti l'aveva scossa. Senza bisogno di parlare, tornarono indietro verso l'albergo. Il cielo si era fatto buio ormai, e il luogo era fievolmente illuminato dalla luce proveniente dalla lunga schiera di hotel. Molte coppie passeggiavano lungo la spiaggia, mentre altre si divertivano a bagnarsi i piedi nell'oceano sempre in movimento. «Philip.» Fermandosi di scatto, Carla si voltò verso di lui. «Grazie» mormorò. «Di cosa?» La trafisse con il bagliore argenteo dei suoi meravigliosi occhi, e nello stesso momento la catturò tra le braccia, stringendola lentamente a sé. «Forse non berrò mai più niente che non sia un margarita» sussurrò con voce roca. Tuttavia, non cercò di approfittarsi di lei. L'abbracciò dolcemente, posandole il mento sulla testa. La brezza dell'oceano le aveva scompigliato i capelli; prima acconciati elegantemente, ora le incorniciavano il viso ovale in un'infinità di boccoli. Philip non aveva ancora commentato il colore dei suoi capelli, un altro punto a suo favore. Gli uomini la prendevano sempre in giro a tal proposito, chiedendole se avesse un temperamento focoso quanto i suoi capelli, e questo la faceva inevitabilmente infuriare. In realtà, la loro tonalità era tra il rosso e il biondo. «Il colore delle foglie di quercia in autunno» sosteneva sua madre. Come la chioma di sua nonna. Suo fratello, inve17
ce, li paragonava alla ruggine. Il colore dei suoi capelli e la carnagione diafana erano sempre stati una spina nel fianco per Carla. «Ti va di fare una nuotata?» chiese Philip, lasciando cadere le braccia per prenderle la mano. Si incamminarono di nuovo verso l'albergo. «Nell'oceano?» Non aveva con sé il costume da bagno. «No, la corrente è troppo pericolosa. Intendevo in piscina.» Carla non aveva mai visto una piscina così sfarzosa. In effetti, un'immagine della grandiosa piscina dell'albergo El Cid era stata un fattore determinante nella scelta delle due amiche quando avevano prenotato la vacanza. L'hotel era circondato da canali color turchese, con ponti che univano una parte all'altra. «Mi piacerebbe moltissimo» disse Carla, entusiasta. Avevano raggiunto la scalinata che dalla spiaggia portava in albergo. «Devo andare a cambiarmi; ci rivediamo qui tra dieci minuti.» «Solo dieci?» Philip inarcò un sopracciglio, un gesto che lei aveva notato più di una volta nel corso della serata. Sembrava il suo modo di esprimere sorpresa. «Nessun problema» fece Carla, sicura di sé. Sapeva esattamente in quale angolo della valigia si trovasse il costume da bagno. Non ci avrebbe messo più di cinque minuti a indossarlo, per cui contava di avere tempo in abbondanza. Non si era però accorta del fatto che Nancy aveva riposto i bagagli sotto i letti, per cui trascorse cinque minuti a setacciare la stanza, convinta che fossero stati rubati. Trasse un sospiro di sollievo quando finalmente li trovò. Avrebbe dovuto ricordarsi della precisione dell'amica. Un quarto d'ora più tardi, con una smorfia di disappunto, Carla raggiunse Philip a bordo piscina. 18
Lui guardò l'orologio deliberatamente. «Non è colpa mia» ansimò Carla, spiegandogli in poche parole cos'era successo mentre stendeva il telo mare sul lettino prendisole. La piscina era stranamente deserta; questo la stupì ma, mentre si toglieva l'orologio, Carla notò che era già mezzanotte. Fasciata da un elegante costume intero verde foresta, infilò un piede nella vasca. L'acqua era tiepida, quasi troppo calda. «Sei una di quelle donne che entra in acqua gradualmente?» le chiese Philip, sfilandosi gli occhiali per posarli sull'asciugamano. «Neanche per sogno.» Avvicinandosi a lui, Carla tese le braccia e si tuffò, fendendo l'acqua turchese con il corpo snello. Philip la raggiunse quasi subito, e insieme iniziarono a nuotare. «Facciamo una gara?» le domandò lui. «No» ridacchiò lei. «Perché no?» «Perché facevo parte della squadra di nuoto all'università, e sono molto veloce. I maschi non sopportano di perdere.» «Ne sei davvero convinta?» «Sì.» «Io non sono come gli altri uomini.» Carla se n'era accorta. Ma la relazione stava rivelandosi promettente, e non voleva rischiare di rovinarla. Galleggiando pigramente sulla schiena, lasciò scivolare le mani a pelo d'acqua. Decise di ignorare il suo tono di sfida. Accostandosi a lei, anche Philip iniziò a fare il morto. «Se non vuoi fare una gara di velocità, cosa ti va di fare?» «Baciarti sott'acqua.» Rise allo sguardo stupito di lui, che si sforzò di tirarsi su. Senza gli occhiali sem19
brava diverso, quasi bello. Ma non proprio. In piedi, immobile, nell'acqua che gli arrivava alle spalle, Philip la guardò. «Non sono quel genere di uomo.» Il suo tono era talmente serio che inizialmente Carla non capì che stava scherzando. «Non sono una ragazza facile, sai?» fece poi, con fare provocante. «Prima devi riuscire a prendermi.» Si comportavano come due adolescenti, e ne era felicissima. Con lui poteva essere se stessa; non c'era bisogno di darsi arie sofisticate. Con una risata gioiosa, Carla si voltò per tuffarsi sott'acqua, riemergendo qualche metro più in là. Philip la inseguì, e lei partì con tutte le forze che avrebbe impiegato per una gara importante. Fendendo l'acqua con bracciate energiche, si allontanò da lui. Quando lui le afferrò un piede, Carla scalciò in modo convulso e riuscì a sfuggirgli. Era difficile credere che l'avesse raggiunta così in fretta. Si stupì ancora di più quando, con bracciate vigorose, Philip sopraggiunse al suo fianco e, prendendola per la vita, la tirò a bordo vasca. «Mi sfuggi come un'anguilla.» «Sei bravo» ribatté lei. «Chi ti ha insegnato a nuotare così?» «Mia madre.» Erano nascosti nell'ombra di un ponte che sovrastava uno dei tratti più stretti della piscina. Carla allungò le braccia intorno al collo di Philip. Voleva che la baciasse. Era chiaro che fosse attratto da lei; glielo aveva letto negli occhi prima, sulla spiaggia. Proprio quello sguardo l'aveva indotta a sfidarlo, sfacciatamente, a baciarla sott'acqua. Lui le scostò alcune ciocche di capelli bagnati dal viso. Il bagliore argenteo dei suoi occhi si fece più in20
tenso e si avvicinò ancora di più a lei, forse perché senza gli occhiali non vedeva nitidamente. Le piacevano i suoi occhi, erano così espressivi; le piaceva il modo in cui si facevano più scuri quando era serio, e come scintillavano quando la stuzzicava. Erano contornati da piccole rughe, e Carla capì che di fronte a sé aveva un uomo che rideva spesso e amava la vita. Ciò che provava per lui si faceva più ardente con il passare dei minuti. Philip le incorniciò il viso con le mani, tenendola ferma al lato della piscina. «Sto per baciarti» sussurrò. Lasciò scorrere una mano lungo il corpo di Carla, cingendole la vita per attirarla a sé, un movimento lento ma inesorabile. Lentamente, assaporando ogni istante, ogni respiro, si chinò a impossessarsi delle sue labbra. Sentendosi rilassare, Carla si aprì a lui, anima e corpo. Desiderava toccarlo, anzi, ne aveva un disperato bisogno. Quindi gli sfiorò il viso con la mano, girando la testa in modo da incontrare la sua bocca. Fu un bacio dolce, delicato, che crebbe in intensità finché lei non si sciolse tra le braccia di Philip. Lui si staccò dal bordo della vasca, e insieme scivolarono appena sotto la superficie dell'acqua, le gambe intrecciate. Carla schiuse le labbra, e la lingua di Philip cercò la sua, esplorando la sua bocca con frenesia sempre maggiore. Le sembrò di annegare, ma era un dolce tormento. Riemersero insieme, respirando con affanno, entrambi tremanti. La teneva ancora tra le braccia, il suo corpo muscoloso premuto contro il seno di lei. Carla si sentì in preda alle vertigini. Stringendola nuovamente, Philip la spinse ancora contro la parete della piscina per ricominciare a baciarla. Carla fu travolta da un'infinità di sensazioni tanto 21
difficili da definire, quanto meravigliose. Quando il bacio finì, lui le posò la testa sulla spalla. Entrambi ansimavano. «Santo cielo» mormorò lei, ancora senza fiato. «Chi ti ha insegnato a baciare così?» Philip rise debolmente. «Tu.» Esitò, strofinandosi gli occhi umidi. «Vorrei riuscire a vederti meglio.» «Io invece sono contenta che tu non ci riesca» rispose allegramente. «Se vedessi quanto mi piaci, potresti montarti la testa.» «Carla.» La sua voce profonda si fece all'improvviso seria. «Cosa c'è?» Gli pose le mani sul torace, godendosi la sensazione dei loro corpi così vicini mentre galleggiavano. «C'è una cosa che devi sapere.» «Cosa?» La sua espressione era talmente grave che il cuore di lei sembrò fermarsi. Non voleva che questo sogno andasse in frantumi. E se le avesse confessato di essere sposato? «Carla, sono un agente di polizia di Spokane.»
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I romanzi che hai sempre desiderato ma non hai mai osato chiedere U , . I … “Vorrei che i romanzi di Jo Leigh non finissero mai… una lettura intrigante.“ Goodreads Reviews
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Inghilterra, 1881 - Sophia Wilson, abituata agli ambienti informali di New York, si prepara a vivere la Londra dei ricevimenti e delle convenzioni sociali. - Serie Dollar Princesses La nobilità è tutto.
Inghilterra, 1811 - Harriet Hathaway sa che il Conte di Roxley è il compagno della sua vita, l’uomo ideale. Ma se ora fosse promesso ad un’altra fanciulla? – Serie Le adorabili zitelle di Kempton.
Irlanda, 1172 - Per riscattare dalla prigionia
le sorelle, Raine de Garenne è costretto a mettersi al servizio di Enrico II d’Inghilterra e uccidere il Re Supremo d’Irlanda. Durante il viaggio, però, incontra la bellissima Carice Faoilin... - Serie Warriors Of Ireland.
Londra-Bruxelles, 1815 - La vita di Tess Summerfield è una sequela di scandali e in più ora è costretta a un matrimonio riparatore con il misterioso Marc Glenville. Poco dopo le nozze, però, la abbandona. Finiranno mai le sue sfortune?
Dal 1° giugno in edicola e sul nostro store www.harpercollins.it - Seguici su
La tua favola quando vuoi
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Una fuga romantica
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L’uomo dei sogni è a tua completa disposizione, ti sta aspettando in edicola o sul nostro store. Diventa protagonista della tua favola, tra le pagine del tuo Harmony del cuore.
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