I diari della duchessa Carlotta L’amore non è sempre una favola per chi ha il sangue blu.
Un weekend di fuoco, un matrimonio di convenienza, un affascinante diplomatico. Basterà questa miscela esplosiva a cambiare per sempre la vita di Gina St. Sebastian? “Risvolti inaspettati, colpi di scena, una protagonista di cui innamorarsi perdutamente. Da non perdere.”
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QUANTO PUÒ ESSERE DOLCE LA VENDETTA, SOPRATTUTTO SE SI CELA TRA INTRIGHI MILIONARI E PASSIONI DIROMPENTI? UNA SERIE CHE VI TERRÀ COMPAGNIA FINO A DICEMBRE, STUZZICANDO I VOSTRI “NOBILI” DESIDERI.
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RACHEL BAILEY
Uno scandalo per la principessa
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Nanny Proposition Harlequin Desire © 2014 Rachel Robinson Traduzione di Giada Fattoretto Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Destiny ottobre 2015 Questo volume è stato stampato nel settembre 2015 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY DESTINY ISSN 1122 - 5470 Periodico settimanale n. 2151 del 20/10/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Liam Hawke teneva il cellulare premuto all'orecchio, ma non serviva a molto. Quello che gli stava dicendo la persona all'altro capo del telefono non aveva alcun senso. «Signor Hawke? È ancora lì?» «Attenda un attimo» disse e fermò la jeep sul ciglio della strada. Quando il fratello lo guardò con aria interrogativa Liam disse sottovoce: «Ascolta», e inserì il vivavoce. «Può ripetere, per favore?» «Sono un'ostetrica dell'ospedale Sacro Cuore e volevo informarla che è appena diventato padre. Congratulazioni.» Liam era perplesso, Dylan sgranò gli occhi e la donna continuò: «Bonnie, sua figlia, ha due giorni ed è ancora qui con la madre. Sfortunatamente la signora ha avuto delle complicazioni dopo il parto e mi ha chiesto di contattarla. Sarebbe meglio se potesse venire subito». Una bambina?, sillabò Dylan mentre Liam si allentava la cravatta e sbottonava il colletto della camicia, che all'improvviso sembrava troppo stretto. Dovevano essersi sbagliati. I bambini non comparivano magicamente dal nulla. Tanto per cominciare di solito lo si sapeva con nove mesi d'anticipo. Il sole di Los Angeles picchiava su di loro attraverso il tettuccio apribile mentre Liam deglutiva e 5
cercava di riprendere l'uso della parola. «È sicura di aver chiamato la persona giusta?» «Lei è Liam John Hawke?» chiese. «Sì.» «Ha una relazione con Rebecca Clancy?» «Sì.» Se la loro si poteva definire una relazione... «Ma non era incinta quando ci siamo lasciati.» Il che era successo un bel po' di tempo fa. Si sforzò di ricordare l'ultima volta che l'aveva vista però non gli venivano in mente né un luogo né una data. Quanto tempo era trascorso? Forse otto mesi... Una spiacevole sensazione iniziò a farsi largo. Poi ripensò all'altra informazione che gli era stata fornita. «Ha detto che Rebecca ha avuto delle complicazioni. Sta bene?» L'ostetrica fece un respiro controllato. «Credo che sarebbe meglio se parlassimo di persona.» «Arrivo il prima possibile» disse e riagganciò. Riportò la jeep nel flusso del traffico e fece un'inversione a U. Dylan estrasse il cellulare. «Disdico la riunione.» Quando Dylan finì di telefonare Liam gli rivolse un sorriso teso. «Grazie.» «Non lo sapevi?» chiese il fratello. «Non me ne rendo ancora conto.» Si passò una mano tra i capelli, poi afferrò nuovamente il volante. «Frequentavo Rebecca all'epoca, ma questo non significa che sia io il padre della bambina.» Aveva sentito dire che poco dopo che si erano lasciati lei aveva iniziato a vedere un altro. La prima cosa da fare era chiedere un test del DNA. Dopo essere stati imbottigliati nel traffico arrivarono all'ospedale. Si diressero verso il reparto di pediatria neonatale, dove li accolse una donna con un camice azzurro per accompagnarli. «La signora Clancy si è aggravata dopo che le ho telefonato, ed è stata riportata in chirurgia. Ci sono i suoi ge6
nitori con lei, Bonnie invece è rimasta qui.» Si sporse e prese in braccio un fagotto avvolto in una soffice coperta rosa da cui spuntava un piccolo faccino. «Ciao, tesoro» le sussurrò. «Il tuo papà è venuto a conoscerti.» Prima che Liam potesse fermare l'infermiera spiegandole che voleva richiedere un test di paternità lei gli aveva piazzato la bambina tra le braccia. Due occhioni incorniciati da lunghe ciglia nere lo fissarono. Quel visino rosa sembrava così fragile eppure in un certo qual modo più reale di tutto ciò che lo circondava in quel momento. «Vi lascio soli per qualche minuto, così potete conoscervi» disse l'ostetrica. «C'è una sedia nell'angolo.» Dylan si schiarì la voce. «Io vado... un secondo di là... a prendere un paio di caffè.» Ma Liam non li stava ad ascoltare. Aveva occhi solo per Bonnie. Non ricordava l'ultima volta che aveva tenuto in braccio un bambino e non era sicuro di farlo nel modo giusto, tuttavia la tenne stretta e ne inalò il dolce profumo. Sentiva il calore del suo corpo attraverso la coperta e sorrise. I tre fratelli Hawke avevano ereditato dalla madre quello strano colore di capelli castano ramato, e Bonnie presentava già un folto ciuffo della stessa identica tonalità. Liam avrebbe comunque richiesto il test, non c'erano dubbi, e avrebbe parlato a lungo con Rebecca, di una cosa, però, era sicuro: Bonnie era sua figlia. Era una Hawke. Non appena si sedette e guardò la figlia negli occhi, il mondo sembrò fermarsi. Sua figlia. Gli si strinse il cuore, poi lo sentì espandersi fino a colmargli il petto, l'intero corpo. E per la prima 7
volta in vita sua Liam Hawke sentì di essersi perdutamente innamorato. Perse la cognizione del tempo lì seduto con in braccio la figlia, raccontandole storie sulla sua nuova famiglia, sui due zii e sui nonni, che avrebbero adorato e viziato la prima nipotina. Solo un'ora prima stava andando con Dylan a una riunione di lavoro per l'azienda di famiglia, la Hawke's Blooms. Com'era successo che in un solo giorno fosse passato dal pensare alla compravendita di fiori al rendersi conto di essere diventato padre? Con la coda dell'occhio percepì un movimento, alzò lo sguardo e vide una coppia di mezza età entrare nel reparto. Si fermarono appena superata la soglia. «Chi è lei?» chiese la donna dal trucco pesante. Liam strinse istintivamente Bonnie al petto. Dovevano essere i genitori di Rebecca. Non li aveva mai incontrati quando usciva con lei; non se n'era mai presentata l'opportunità visto che la loro relazione era durata appena tre mesi. Immaginò che da quel momento in poi li avrebbe visti parecchio. «Liam Hawke» disse con calma, gentilmente. «Il padre di Bonnie.» L'uomo avanzò con sguardo truce, ai piedi un paio di costose scarpe italiane. «Come ha fatto a sapere di Bonnie?» «Rebecca ha chiesto all'infermiera di telefonarmi.» Rimase seduto per non agitare la piccola, e continuò a parlare a voce bassa. «La domanda è: perché non dovrei sapere della nascita di mia figlia?» «Rebecca non avrebbe voluto» dichiarò la donna, gli occhi ridotti a due fessure. «Quando la dimetteranno lei e la bambina verranno a vivere con noi, si è trasferita due mesi fa. Cresceremo Bonnie insieme. Anzi, adesso può darcela e poi può andarsene 8
prima che Rebecca esca dalla sala operatoria. Se avesse voluto vederla ce l'avrebbe detto.» Liam fece un bel respiro, pronto a non prendersela con loro visto che avevano una figlia sotto i ferri. Tuttavia si sbagliavano di grosso se pensavano che se ne sarebbe andato. «Quindi pensavate di non farmi sapere che avevo una figlia?» chiese sostenendo il loro sguardo. «L'ha deciso Rebecca» lo corresse l'uomo. La loro arroganza era inaudita. Celare di proposito la nascita di un bambino, di un essere umano, era inconcepibile. «Non pensava che volessi saperlo? Che Bonnie avrebbe avuto bisogno di un padre?» La donna fece una smorfia di disappunto. «Non potrebbe darle nulla che già non ha. Siamo molto più ricchi di lei. E sarà circondata da persone in grado di amarla.» Liam comprese la critica velata diretta alle capacità economiche della sua famiglia: gli Hawke non avevano meno denaro, se l'erano sudato. Si stava innervosendo. Si era scontrato spesso con il pregiudizio di persone che non avevano mai lavorato in vita loro, persone ricche per nascita, il cui unico scopo era spendere e badare agli investimenti. Non era mai riuscito a provare rispetto per chi aveva ereditato soldi e prestigio. Stava per controbattere ma si trattenne. Quella frecciata era stata molto specifica. Cosa aveva raccontato Rebecca di lui ai genitori? Non si erano lasciati nel migliore dei modi, questo era certo, ma non credeva che Rebecca lo odiasse così tanto. Eppure, adesso che ci pensava, non gli aveva raccontato di avere dei genitori freddi e manipolatori? Era farina del loro sacco o di Rebecca? Un medico apparve sulla soglia. Con espressione tesa si tolse la mascherina che gli copriva i capelli. «Signori Clancy?» 9
«Sì?» La madre di Rebecca afferrò la mano del marito. «È terminata l'operazione? Come sta?» «Purtroppo ho delle cattive notizie. Rebecca ha combattuto con tutte le sue forze ma...» «È morta?» chiese il signor Clancy, con voce roca. Il medico annuì. «Mi spiace.» La signora Clancy scoppiò a piangere e si accasciò contro il marito, che la strinse. Bonnie iniziò a piangere per il trambusto. Liam la guardò, allibito. La madre della piccola era appena morta. Era orfana. La sua vita sarebbe sempre stata segnata da questo tragico evento. E non sapeva cosa fare. L'ostetrica si precipitò nella sala, facendosi largo tra il dottore e i genitori di Rebecca che stavano ancora parlando, e prese Bonnie. Liam la guardò cullare la piccola come se si trovasse in un'altra dimensione. Come se non stesse succedendo realmente. «Mi dispiace molto, signor Hawke» gli disse. «Cosa?» Liam si schiarì la gola. «Cosa ne sarà adesso di Bonnie?» «Rebecca aveva compilato il certificato di nascita e l'ha nominata come padre. Quindi ne ha la piena custodia. Se non la vuole, so che i genitori di Rebecca si erano offerti di allevarla. Vuole che chiami l'assistente sociale perché la aiuti a decidere?» Bonnie si era calmata, e adesso singhiozzava a malapena. Bonnie. Sua figlia. Aveva scoperto il braccino dalla coperta e lo stava agitando. Liam allungò una mano per toccarne il pugno minuscolo, chiudendolo nel suo. «Non ce n'è bisogno» dichiarò, incrociando lo sguardo dell'infermiera. «Bonnie vivrà con me. Crescerò mia figlia.» La donna sorrise felice. «Le insegneremo alcune cose di base, come per esempio darle da mangiare, 10
poi potrà fare da solo. L'abbiamo già visitata, è sanissima.» Liam batté le palpebre. Adesso? Così su due piedi? Non sapeva nulla di bambini... La madre di Rebecca gli si parò davanti all'improvviso, afferrando la piccola. «La prendo io» disse, lanciando a Liam uno sguardo di sfida. «Andiamo a casa.» Senza scomporsi, l'infermiera consegnò Bonnie a Liam. «Mi scusi, ma il signor Hawke è il padre. L'ha sottoscritto sua figlia nel certificato di nascita. Ha lui la custodia.» Il signor Clancy si avvicinò alla moglie e guardò Liam con occhi arrossati dal pianto. «Lo vedremo. Non è in grado di crescere un bambino e lo dirò in tribunale se sarà necessario.» Liam non batté ciglio. I Clancy potevano ricorrere a qualsiasi mezzo. Nessuno gli avrebbe tolto la figlia. Mentre Jenna sistemava quel che restava della consegna floreale settimanale in un vaso di cristallo – gelsomini profumati e gigli gialli – sentì il proprio capo, Dylan Hawke, rincasare dopo una notte fuori casa. Dalle voci che provenivano dall'entrata dell'attico capì che c'era anche il fratello, Liam. Liam aveva una voce profonda, che la faceva sciogliere... E non doveva pensare a un datore di lavoro in quei termini. O a qualsiasi uomo. Si trovava in quelle condizioni per colpa di un uomo. Raccolse gli steli recisi e si affrettò a uscire nel corridoio prima che i due entrassero in salotto. Una delle cose che aveva imparato crescendo in un palazzo era che le domestiche dovevano mantenere un basso profilo, come magiche fate che pulivano, cucinavano e che non si vedevano quasi mai. Dalla cucina sentì un neonato piangere e si bloc11
cò. Desiderava tenere tra le braccia la sua Meg, ma era all'asilo nido, e a otto mesi aveva un pianto diverso. Dylan, e i suoi due fratelli, Liam e Adam, erano tutti scapoli e nessuno degli amici di Dylan aspettava un figlio, per quanto ne sapeva. Jenna era stata incinta per gran parte del tempo in cui aveva lavorato lì, quindi si sarebbe accorta di un'altra donna incinta per casa. Sentì dei passi lungo il corridoio e poi Dylan si affacciò. «Jenna, avremmo bisogno del tuo aiuto con una bambina.» «Certo» disse, asciugandosi le mani e seguendolo. L'enorme salotto dell'attico di Santa Monica era arredato con tonalità neutre, quindi gli unici tocchi di colore erano i fiori che aveva appena sistemato nel vaso e i due uomini al centro della stanza: uno di loro sorreggeva impacciato il piccolo fardello che gridava a pieni polmoni. Jenna sospirò, smaniosa di prendere in braccio la piccola e consolarla. Liam diede un'occhiata al fratello, poi di nuovo alla piccola che stava cullando. Nonostante la vista di quell'uomo possente con in braccio quel fagottino rosa la intenerisse, Jenna si accigliò. Chi lascerebbe una bambina con due uomini incapaci? Anche se erano imprenditori rispettati e temuti erano palesemente in difficoltà. «Liam» disse Dylan. «Ti ricordi di Jenna? Lei saprà cosa fare.» Jenna guardò il suo capo e chiese sottovoce: «Cosa fare con cosa, di preciso?». Lui la guardò assente e si strinse nelle spalle. «Con la bambina» sussurrò. Giusto. Be', se fosse riuscita a calmare la bambina avrebbe capito cosa doveva fare. «Sì» disse, gli occhi fissi su quell'esserino racchiuso tra le braccia possenti di Liam. «Magari la posso aiutare?» 12
Liam la guardò con sospetto: lui non era così sicuro delle sue capacità. Aveva bisogno d'aiuto, era ovvio da come la bambina piangeva disperata e da come lui la teneva in modo goffo, ma il suo sguardo comunicava possessività. Non voleva affidare la piccola a nessuno. Jenna lo rispettò. Anzi, vedere un uomo così protettivo la fece emozionare. Doveva rasserenarlo se voleva aiutarlo. «Salve, signor Hawke» lo salutò, sorridendo raggiante. «Non so se si ricorda di me, sono Jenna Peters.» Di solito cercava di defilarsi quando Dylan aveva ospiti, quindi lei e Liam non si erano mai parlati, ma sperava che l'avrebbe almeno riconosciuta. Lui annuì, poi tornò a concentrarsi sulla bambina che si disperava. «Ho una figlia di otto mesi, Meg, e anche lei piangeva così la prima volta che l'ho portata a casa. Vuole che provi con qualche metodo che ho imparato con Meg?» Liam guardò la figlia, le passò delicatamente un dito sulla guancia, respirò a fondo e depose la bambina tra le braccia di Jenna prestando la massima attenzione. «Bonnie» mormorò, la voce roca. «Si chiama Bonnie.» Nel pronunciare quel nome i suoi occhi verde scuro si addolcirono e Jenna sentì una stretta allo stomaco. Liam era ancora lì vicino, come se non volesse allontanarsi troppo dalla bambina. Jenna sussultò. Riusciva a sentire il calore che si irradiava dal suo corpo, ne respirava il profumo virile della pelle... Arretrò, per sottrarsi all'aura di quell'uomo. La priorità era Bonnie. Coprì la piccola con la coperta rosa pallido, se la posò al petto per farle sentire il battito del cuore e iniziò a camminare cullandola e canticchiando. 13
Le urla diminuirono finché Bonnie la scrutò, il viso bagnato dalle lacrime. «Ciao, piccolina» sussurrò Jenna, incapace di trattenere un sorriso. Dylan si avvicinò lentamente per dare una sbirciatina da dietro le spalle di Jenna. «Bel lavoro» mormorò. Lei continuava a guardare Liam, che la ricambiò con un'espressione carica di troppe emozioni per poterle decifrare, ma la gratitudine era sicuramente tra quelle. Doveva esserci un forte legame tra Liam e la bambina: forse erano parenti, o lui conosceva bene i genitori. Liam si schiarì la gola. «Come ci sei riuscita?» «L'ho appoggiata sul mio cuore» spiegò, accarezzando i capelli scuri di Bonnie. «Ai bambini piace sentire il battito.» «Grazie» le disse, il tono sommesso e sincero. Jenna sollevò lo sguardo e stava per ringraziarlo, ma non le uscirono le parole. Aveva già visto i fratelli di Dylan in passato, tanto da riconoscerne la bellezza e quei capelli scuri come il mogano, ma non si era mai trovata di fronte alla forza che sprigionava Liam Hawke. I suoi capelli rilucevano alla luce del sole che filtrava dalle finestre. I suoi occhi non brillavano come quelli di Dylan, ardevano: un vortice verde scuro che la ipnotizzava. Jenna deglutì e si sforzò di parlare. «È adorabile. Se ne prende cura lei?» «Diciamo così» affermò. «Sua madre è morta.» Con il cuore affranto per la sorte della piccola, Jenna la guardò addormentarsi. «Oh, mi dispiace tanto. È sua?» «Sì» confermò Liam. In quell'unica parola era racchiuso un mondo di significati. Jenna allungò una mano per sfiorargli l'avambraccio ma ci ripensò e la cinse attorno a Bonnie. 14
Quell'uomo era pur sempre il fratello del suo capo. Dylan si avvicinò. «Prima che ce ne andassimo dall'ospedale hanno insegnato a Liam come accudirla. E mentre lui era lì io sono andato a prendere un seggiolino da mettere nella Jeep. Quando siamo partiti, però, ha iniziato a piangere e non siamo riusciti a calmarla. Gli ho suggerito di fermarsi qui prima di andare a casa, per chiederti se riuscivi a tranquillizzarla.» Jenna scoccò un'occhiata a Liam, curiosa di sapere come si fosse cacciato in quella situazione. Come mai non avesse già predisposto un seggiolino in auto prima di andare a prendere la bambina. Invece gli chiese: «Magari ha fame?». Liam scosse la testa. «Non dovrebbe. Le abbiamo dato da mangiare prima di lasciare l'ospedale.» «Adesso è tranquilla» lo rassicurò Jenna. «Vuole portarla a casa?» Liam annuì, ma c'era dell'incertezza nei suoi occhi. Gli porse la piccola, seguendo l'impulso di sfiorargli la camicia, poi si ritrasse. Bonnie iniziò a dimenarsi, ma si calmò non appena il papà le accarezzò la schiena. «Vivi da sola al piano terra, vero?» le chiese, senza staccare gli occhi dalla figlia. «Sì, con mia figlia.» L'appartamento di Dylan si sviluppava su tre piani; fortunatamente i rumori non oltrepassavano i muri, così Meg non poteva disturbare Dylan che abitava all'ultimo piano. Era più di un anno che Jenna lavorava come domestica in quella casa. Si era candidata per la posizione al quarto mese di gravidanza e Dylan era stato gentile con lei, più di quanto si sarebbe aspettata da un datore di lavoro. Nella sua situazione un posto in cui vivere e uno stipendio erano tutto quello di cui aveva bisogno. Una principessa nubile appartenente all'antica 15
famiglia reale dei Larsland che si ritrovava incinta era intollerabile, quindi la principessa Jensine Larsen aveva lasciato il proprio paese prima che il suo stato venisse allo scoperto per iniziare una nuova vita a Los Angeles con il nome di Jenna Peters. Tuttavia non aveva nessuno che la aiutasse: né famiglia, né amici. Il lavoro da Dylan era stato una manna dal cielo e non voleva rischiare di perdere il posto. «Devo tornare...» disse voltandosi, ma Liam la interruppe. «Dove sta tua figlia mentre lavori?» Jenna pensò alla cosa più preziosa che aveva e trattenne un sussulto. «Al nido.» «Non preferiresti averla con te?» Jenna esitò, guardando prima Liam e poi Dylan, poi di nuovo Liam. La risposta era ovvia, ma c'era lì il suo capo. «In un mondo ideale, certo che vorrei rimanere con mia figlia tutto il giorno.» Anche se fosse stata a palazzo, non avrebbe visto molto Meg: sarebbe stata cresciuta da tate e domestici, proprio come Jenna. «D'altra parte ho bisogno di guadagnare per entrambe, e sono disposta a fare dei sacrifici. Dylan è stato gentile con me. Gli sono grata per questo lavoro. A proposito» continuò, guadagnando l'uscita, «devo andare...» «Aspetta» la fermò, e lei ubbidì. Liam guardò gli occhi azzurri della domestica del fratello. «Avrò bisogno di aiuto con Bonnie.» Lei annuì e gli rivolse un sorriso d'incoraggiamento. «Credo sia una buona idea» concordò nel suo melodioso accento scandinavo. «Essere genitori single non è semplice. La aiuteranno i nonni?» Sarebbe stata la cosa migliore, e se avesse saputo che sarebbe diventato padre probabilmente ci avrebbe pensato. Si passò una mano sulla fronte. 16
«I miei sono all'estero per un paio di mesi.» Dylan rise, ironico. «Non vedevano l'ora di andare in vacanza in Europa, il tempismo non è stato dei migliori.» «Potrebbe pensare di assumere una tata» propose Jenna. Esattamente quello che aveva pensato lui. Quando l'ostetrica gli aveva messo tra le braccia la figlia Liam l'aveva accolta goffamente. Aveva praticato molti sport e gli allenatori gli avevano detto spesso che aveva una grazia e un'agilità naturali. Almeno nel cuore non si era sentito impacciato: in quel momento, con la figlia stretta al petto, aveva sentito l'amore espandersi oltre il proprio corpo e avvolgere entrambi con una forza che non aveva mai sperimentato prima. Una volta arrivati, però, a casa di Dylan, Bonnie piangeva e vederla così l'aveva dilaniato. Avrebbe mosso mari e monti per quella creatura, ma lei non sembrava voler nulla da lui. E adesso aveva trovato una persona che piaceva alla piccola: Jenna Peters. E la voleva per Bonnie. Liam guardò il fratello. «Devi farmi un favore, Dylan.» «Io?» si stupì, incrociando le braccia al petto. «Cioè?» «Devi lasciare libera la tua domestica senza i giorni di preavviso.» Dylan si portò le mani ai fianchi. «Perché, scusa? Mi trovo bene con Jenna.» Liam sorrise, soddisfatto del suo piano. «Non può lavorare per te perché diventerà la mia tata.» «La sua tata?» esclamò Jenna, incredula. «Io non lascio il mio lavoro.» «Non farai solo la tata. Mi insegnerai anche a fare il papà.» 17
«Lei è già un padre.» «Sono suo padre, ma non so come si fa.» Si bilanciò sui piedi. Non era facile ammettere apertamente una debolezza, tuttavia doveva essere onesto se voleva che la cosa funzionasse. «Devo imparare a prendermi cura della bambina e a creare un legame con lei. Non ho avuto il tempo di prepararmi e non voglio che Bonnie soffra mentre mi metto alla pari. Sarai una specie di insegnante per me.» I nonni di Bonnie si erano infuriati perché la nipote era stata affidata a lui e Liam credeva che si sarebbero fatti vivi molto presto per chiederne la custodia... be', ci avrebbe pensato quando fosse stato il momento. Per ora si stava concentrando sull'immediato futuro. Per diventare ciò di cui Bonnie aveva bisogno. «Non sono un'esperta» dichiarò Jenna, scuotendo la testa. «Ci sono molte persone più qualificate di me. Ci sono apposite agenzie per la ricerca di tate e babysitter.» Liam fissò la figlia che ora dormiva profondamente, poi Jenna. «Sembra che Bonnie non sia d'accordo.» «Far addormentare una bambina è una cosa. Sto ancora imparando molte cose e commetto degli errori. Certo, mi aggiorno leggendo libri e articoli.» Si portò dietro l'orecchio una ciocca di capelli sfuggita alla coda, in un gesto semplice ma elegante. «A volte, però, improvviso.» Liam fece spallucce. Quelle cose non lo preoccupavano, aveva già avuto informazioni sufficienti. «Sei molto più brava di me. Condividerai con me quello che sai e io imparerò un po' alla volta. Non ci metterò molto a imparare quello che mi serve sui bambini.» Jenna sembrava sempre più scioccata e incerta. Liam non si era mai sottratto a una sfida, e questa 18
volta riguardava sua figlia. Non avrebbe fallito. «Allora, accetti il lavoro?» «È solo che qui ci vivo.» Si portò un dito alla bocca, attirando la sua attenzione sulle labbra perfette. «E cosa ne sarà di me dopo che le avrò insegnato ciò di cui ha bisogno? Qui ho un lavoro stabile e una casa per mia figlia. Sono sicura che Dylan mi sostituirà presto quindi non potrà riassumermi.» «Dopo che avrai finito di insegnarmi come si fa il papà avrò ancora bisogno di una tata, almeno finché Bonnie non andrà a scuola. Non finirai in mezzo a una strada.» Jenna si morse il labbro, la mente che vorticava veloce, vagliando le varie possibilità. A Liam piaceva quell'aspetto nella tata di sua figlia. Anzi, gli piaceva in generale. Jenna si passò una mano in fronte. «Posso pensarci?» «Preferirei di no. Come puoi vedere, sto andando a casa adesso. Mi sono fermato solo per lasciare Dylan e volevo cercare di calmare Bonnie prima di rimettermi in macchina. Vorrei che venissi con me e che per iniziare mi aiutassi a darle da mangiare e a farle il bagnetto.» «Adesso?» chiese, sgranando gli occhi azzurri. «Metti qualcosa in valigia e passiamo a prendere Meg. Domani manderò una compagnia di traslochi a prendere le altre cose.» «Ehi, e io?» chiese Dylan, guardandoli incredulo. Liam liquidò il problema con un movimento di polso. «Sono sicuro che sopravviverai senza una domestica finché l'agenzia ti manderà una sostituta.» Si rivolse di nuovo a Jenna. «Ci stai?» Lei si portò una mano alla gola, spostando lo sguardo alternativamente sui due fratelli. «Ma...» «Non pensarci troppo, Jenna. Ti offro un lavoro 19
per il quale sei qualificata. Ti pagherò un venti per cento in più rispetto a quello che ti dava Dylan, e avrai vitto e alloggio. E poi puoi tenere con te tua figlia invece di portarla all'asilo. Devi solo dire sì. Andiamo...» Sorrise. «Dimmi di sì.» Jenna guardò Dylan. «Vai» la incoraggiò, palesemente rassegnato a perdere la sua domestica. «Se vuoi quel lavoro, accetta. Me la caverò. Mio fratello e mia nipote hanno bisogno di te, più di quanto ne abbia io.» «Sì» rispose lei, poi si morse il labbro, quasi fosse sorpresa di se stessa. Poi ripeté più sicura: «Sì». «Perfetto.» Liam si alzò, pronto a partire. «Quanto ci metti a fare la valigia?» «Se mi lascia il suo indirizzo posso prendere un taxi e raggiungerla più o meno fra un'ora.» «Ti aspetto.» Voleva che fosse con loro quando fossero arrivati a casa. Era sicuro che la bambina avrebbe avuto bisogno di mangiare o di essere cambiata, o di entrambe le cose. «Tu e Meg potete venire con me e l'impresa di trasloco può occuparsi del resto.» «Okay, vado a preparare un paio di borse in velocità.» Liam si rilassò mentre guardava la sua nuova tata incamminarsi lungo il corridoio. C'era qualcosa di speciale nel suo modo di muoversi: avrebbe potuto guardarla camminare tutto il giorno. Vivere sotto lo stesso tetto non sarebbe stato faticoso. Prima di crogiolarsi troppo su quel pensiero si diede una scrollata mentale. Aveva cose più importanti a cui pensare che non all'attrazione per una bella donna. In effetti, però, l'attrazione sarebbe stata un problema non da poco. D'altra parte, adesso che aveva risolto la situazione con Bonnie, non avrebbe rovi20
nato tutto per assecondare gli ormoni come un adolescente. Sapeva trattenersi, sapeva come evitare il pericolo. Tutto sarebbe andato per il meglio. Guardò Bonnie che dormiva tra le sue braccia. Avrebbe fatto tutto il possibile per lei.
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2149 - Accordo a sei zeri di Maureen Child Dave Firestone non ha in previsione di sposarsi, ma è pronto a qualsiasi compromesso pur di concludere un affare vantaggioso. Per esempio a trovare una donna disposta a fingersi la sua fidanzata. Ma chi potrebbe impersonare questo ruolo? Forse Mia Hughes. IL CLUB DEI MILIONARI 2150 - Matrimonio con il nemico di Lauren Canan A causa di un atto giuridico vecchio di secoli, Shea rischia di vedersi privata della dimora vittoriana proprietà della sua famiglia da generazioni. La casa le appartiene, ma non la terra su cui è costruita e per far valere i propri diritti Shea ha un'unica opzione: sposare Alec Morreston. 2151 - Uno scandalo per la principessa di Rachel Bailey Scoprire di essere il padre di una bambina di cui non sapeva nulla è uno shock per Liam. Per fortuna può contare sull'aiuto di Jenna. A sua volta madre single, viene assunta come babysitter ed è preziosissima nell'insegnare al neo papà come affrontare la vita con un neonato. Ma Jenna... 2152 - Conquistata dall'ambasciatore di Merline Lovelace Un weekend di passione è destinato a cambiare per sempre le vite di Jack Mason e Gina St. Sebastian. Quello che poteva sembrare un incontro occasionale da ricordare si trasforma infatti in un problema quando Gina scopre di essere incinta. Che fare? I DIARI DELLA DUCHESSA CARLOTTA
dal 24 novembre 2153 - Sensuale amicizia di Jules Bennett Ryan ha deciso di ritirarsi dal circuito professionistico dei rodei e Royal è il luogo ideale in cui riflettere su cosa fare per il resto della vita. Non è certo un caso che abbia scelto l'esclusiva cittadina del Texas. È il cuore che lo chiama laggiù, e il ricordo di Piper. IL CLUB DEI MILIONARI 2154 - Passione sotto la neve di Maureen Child Jake ama la pace e la tranquillità del suo rifugio nel Montana. Quando però la madre gli manda da Boston la sua assistente Cassidy per risolvere una vecchia questione di famiglia, esplode il caos. L'attrazione reciproca divampa, favorita dalla tormenta di neve che li isola sulle montagne. 2155 - Calda notte d'Oriente di Kristi Gold Lo sceicco Rayad Rostam ha consacrato la vita alla difesa del suo paese e alla vendetta. Ha giurato infatti di scoprire chi ha provocato l'attentato che, anni prima, ha ucciso la giovane moglie. L'incontro con la famosa giornalista Sunny McAdams sconvolge all'improvviso ogni sua priorità. 2156 - Ricordi di piacere di Merline Lovelace L'agente sotto copertura Dominic St. Sebastian non è particolarmente elettrizzato quando la brillante ricercatrice Natalie Clark, assistente della cugina, scopre un antico documento che fa di lui nientemeno che un granduca ungherese! I DIARI DELLA DUCHESSA CARLOTTA
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I romanzi che hai sempre desiderato ma non hai mai osato chiedere Tra le autrici più amate, ai vertici delle classifiche di New York Times, USA Today e Publishers Weekly. “È in grado di soddisfare qualsiasi vostro desiderio. Incandescente, sensuale, magnifica.” Library Journal
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Quando la fantasia si scatena è difficile tenerla a bada, soprattutto se è in grado di scatenare pensieri conturbanti e trasgressivi…
Dal 15 ottobre in edicola www.harlequinmondadori.it – Seguici su
BRILLANTE E MALIZIOSA… VICTORIA DAHL È TORNATA! IRRIVERENTE, SPASSOSO, ECCITANTE: IL TERZO ROMANZO DELLA SERIE DEDICATA ALLA FAMIGLIA DONOVAN VI ASPETTA. Spesso un solo assaggio non basta. Dopo quell’unica notte di bruciante passione ognuno avrebbe dovuto andare per la propria strada. Eric Donovan ha mentito, è vero… ma Beth potrà dimenticare quell‘affascinante incantatore dagli occhi di ghiaccio? “Un romanzo sensuale con protagonisti indimenticabili.” Booklist “Frizzante, divertente e… incredibilmente sexy!” Carly Phillips autrice nella classifica del New York Times
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www.harlequinmondadori.it In libreria dal 27 ottobre www.harlequinmondadori.it – Seguici su
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