Ritorno a Virgin River di Robyn Carr

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Dedica

Per Melanie Stark, con affetto, e in memoria di Cindy Stark Stoeckel.


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Kaylee Sloan impiegò tre giorni per il viaggio in macchina da Newport, in California, alla contea di Humboldt. Avrebbe potuto farcela in poco più di un giorno, ma non ci provò neppure. Lungo il tragitto si fermò a trovare un paio di amiche: Michelle, che viveva a San Luis Obispo, e Janette a Bodega Bay. Sì, erano sue carissime amiche sin da quando era piccola, però in realtà erano state legate alla sua defunta madre. Non solo le avevano offerto una pausa molto gradita nel lungo viaggio in macchina, ma Kaylee aveva anche bisogno delle loro premure. Era diretta a nord, in montagna, per una fuga di sei mesi per scrivere. Aveva portato con sé tutti i bagagli che poteva e aveva affittato una casa nella contea di Humboldt da vecchi amici di famiglia. La città più vicina era un piccolo borgo isolato che si chiamava Virgin River, un paesino che conosceva solo vagamente. Era già stata in quella baita di montagna, due volte con sua madre e due volte da sola. Le garantiva l'assenza assoluta di distrazioni. Kaylee scriveva romanzi suspense e aveva una scadenza ravvicinata per consegnare un libro. Nell'ultimo anno il processo di scrittura era stato lento e difficoltoso, durante il peggioramento delle condizioni di salute di sua madre e dopo la sua morte. Man mano che da Bodega Bay si dirigeva verso nord, il paesaggio era sempre più suggestivo. Era proprio come lo ricordava: rasserenante. Le sequoie erano maestose, le montagne verdi e lussureggianti, il cielo di un azzurro intenso e 7


l'oceano vasto e sconfinato. Kaylee abitava a Newport Beach perciò l'oceano le era familiare, ma quegli alberi! Erano imponenti e possenti. I proprietari dello chalet a Virgin River erano vecchi amici di sua madre, Gerald e Bonnie. Lo sfruttavano come casa di villeggiatura estiva da più di trent'anni. Quando aveva accennato a Bonnie che secondo lei sarebbe stata una buona idea andarsene, cambiare aria e sfuggire a tutto ciò che le ricordava costantemente la morte di sua madre, lei le aveva offerto di sistemarsi a casa loro. «Noi tutti smetteremo di andarci dopo luglio, e dubito che qualcuno ci andrà in autunno» le aveva detto Bonnie. «Magari un paio dei nostri figli vorranno passarci un fine settimana lungo con le famiglie, ma non è detto.» Kaylee avrebbe potuto adattarsi a quelle visite senza problemi. Era abbastanza legata ai figli dei Templeton. Li conosceva tutti e quattro da sempre. E sapeva che il loro chalet era spazioso e invitante, comodo e accogliente. Era pieno di divani e poltrone in pelle, coperte morbide, una miriade di graziosi cuscini decorativi e folti tappeti soffici intorno a un grande caminetto in pietra. E la veranda era perfetta; offriva un panorama straordinario delle montagne e delle valli, con magnifici tramonti a ovest. In autunno i meravigliosi colori mutevoli del fogliame le avrebbero tolto il fiato. Aveva un disperato bisogno di allontanarsi da Newport Beach, isolarsi abbastanza da costringersi a concentrarsi sul libro che doveva terminare per contratto. Abitare a casa di sua madre la turbava troppo e sembrava indurla a proseguire il lutto a tempo indeterminato. Aveva l'impressione che smuovere le acque le avrebbe fatto bene per ripartire da zero. Kaylee era cresciuta come figlia unica. I suoi genitori si erano separati quando aveva cinque anni e avevano divorziato quando ne aveva sei. Suo padre aveva avuto pochissimi contatti con lei dopo i primi due anni e sembrava più un conoscente che un genitore. Si era risposato e aveva avuto altri figli; in seguito aveva divorziato di nuovo, e poi un'altra vol8


ta ancora. Kaylee era convinta che fosse solo una questione di tempo prima dell'arrivo della moglie numero quattro. Le poche volte in cui le era capitato di conoscere le famiglie successive di suo padre era stata educata ma distaccata. Non aveva mai capito come lui avesse fatto a lasciare una donna fantastica come Meredith, sua madre, per quelle misere controfigure. Non aveva mai legato né con lui né con le sue mogli e i suoi figli. Si era tenuto pochissimo in contatto fino a poco tempo prima. Sembrava però che la malattia di sua madre avesse avuto un impatto sconvolgente su di lui. Era come se, improvvisamente, la famiglia che si era lasciato alle spalle tanto tempo addietro avesse suscitato la sua attenzione. Con la morte di Meredith, l'interesse di Howard Sloan si era acuito ancora di più. La presenza di Meredith era stata una costante importante nella vita di Kaylee. Anche se erano loro due da sole, la sua infanzia era stata felice e perfettamente normale. Per lei sua madre era stata tutto, la sua migliore amica, la sua fan numero uno e il suo idolo. E poi le era stato diagnosticato un cancro ai polmoni, anche se non aveva mai fumato né vissuto a contatto con l'amianto, né lavorato in un ambiente ad alto rischio. I medici avevano dichiarato che aveva eccellenti possibilità di recupero e sopravvivenza; tutti si aspettavano che vincesse la malattia, ma avevano torto. Era morta sei mesi dopo la diagnosi. Kaylee era piombata nella disperazione. Nei sei mesi in cui Meredith si era sottoposta alle cure e nei sei mesi dolorosi che erano seguiti alla sua morte, Kaylee non aveva scritto una parola. Era piuttosto nota come autrice di thriller. Non era ricca e famosa, ma era conosciuta da scrittori e bibliotecari, e nei gruppi di lettura. Riusciva a guadagnarsi da vivere abbastanza bene, e si era impegnata moltissimo per arrivare dov'era. La sua casa editrice era stata comprensiva e l'aveva sostenuta, le aveva concesso diverse proroghe della scadenza e le aveva offerto tutto l'aiuto di cui poteva avere bisogno. Però Kaylee sapeva che alla fine la pazienza dei suoi editori 9


sarebbe finita e non avrebbero potuto mettere in programma l'uscita del suo libro successivo finché non avesse consegnato il manoscritto completo. A quel punto della sua carriera, non pubblicare un romanzo per un paio di anni avrebbe potuto avere ripercussioni molto negative. Perciò aveva avvertito il bisogno di cambiare ambiente, decisa a rimettersi al lavoro. Sapeva che era ciò che avrebbe voluto sua madre. Meredith era stata la sua più grande estimatrice e la sua fan più sfegatata, sia che cercasse di farsi pubblicare un romanzo, sia che avesse conosciuto un uomo. Era sempre stata presente e l'aveva sempre appoggiata. Kaylee si chiedeva se si sarebbe mai ripresa dalla sua perdita. Sperava che sei mesi in montagna potessero rappresentare un nuovo inizio, ma non sapeva ancora che cosa fare della casa della madre, che ora era sua. La sua amica Lucy Roark le aveva proposto una soluzione. Lucy lavorava per una società di gestione di case di villeggiatura. Kaylee era uscita a bere qualcosa con lei, e Lucy le aveva chiesto con disinvoltura: «Hai pensato di affittare casa tua per qualche mese? Sarebbe una fantastica sistemazione temporanea. Potrei occuparmene io per te. Anzi, possiamo contare su una rete intercontinentale, se per caso volessi andartene per qualche mese». «E come si fa?» le aveva chiesto Kaylee. «Mi basta chiudere la porta e partire?» «Di solito i proprietari delle case che gestiamo portano via gli effetti personali. Ci sono sempre richieste per abitazioni ammobiliate in affitto a Newport Beach.» Kaylee non aveva impiegato molto ad accettare l'offerta dei Templeton di prendere in affitto la loro baita di montagna, e aveva dovuto insistere per convincerli a farle pagare l'alloggio. Volevano lasciargliela perché le volevano bene. Poi Lucy aveva assunto dei traslocatori per imballare e mettere in deposito le cose di Kaylee. Già quella decisione era stata utile da diversi punti di vista. Il pensiero di un eremo in montagna era stimolante e l'aveva aiutata a portare a termine 10


l'incombenza gravosa di passare in rassegna gli effetti personali di sua madre e dare via quello che non voleva tenere. La casa era stupenda perché Meredith era una progettista d'interni, e con pulizie approfondite, una mano di vernice e una bella lucidata, era pronta per essere messa in mostra. Una coppia che la ditta di Lucy conosceva bene era entusiasta alla prospettiva di affittarla per sei mesi, perché i nipoti abitavano nei paraggi. Kaylee era contenta di lasciargliela per tutte le vacanze di Natale. L'idea delle feste le era quasi insostenibile. Senza sua madre, sarebbero state difficili da sopportare. Kaylee aveva circa otto anni la prima volta in cui lei e Meredith avevano trascorso qualche settimana in montagna con i Templeton. Considerava Gerald e Bonnie come dei parenti, e i loro figli erano come cugini per lei. Nei successivi ventisei anni, Kaylee era andata a trovarli altre volte. La cittadina vicina era piccola e offriva ben pochi servizi. L'ultima volta in cui era stata lì, dieci anni addietro, aveva trovato uno chalet trasformato in bar ristorante. Era stata una bella scoperta. Quel posto non le avrebbe offerto distrazioni e Kaylee non vedeva l'ora di passarvi il resto dell'estate e l'autunno. Ora sperava di rimettersi in piedi e ricostruirsi una vita dopo la tragedia che l'aveva colpita, andare avanti come avrebbe voluto Meredith per lei. Quell'idea le era parsa impossibile. Però mentre percorreva in macchina le strade di montagna, dopo avere passato Fortuna, con gli alberi da tutti i lati, cominciava a sentirsi piena di speranza per la prima volta da tanto. Quel luogo era carico di bei ricordi che ora le tornavano in mente. Immaginava la baita piena di porcellane antiche, colorati plaid fatti a patchwork e un robusto parquet dappertutto, coperto da folti tappeti; sapeva che sarebbe stato un rifugio perfetto. Ricordava risate, buon cibo e lunghe passeggiate. Aveva pescato nel fiume con Gerald e i figli dei Templeton. Seguì le indicazioni che le dava la voce pimpante del 11


GPS. La strada era stretta e circondata da grossi alberi. Ogni tanto, quando Kaylee passava per una radura, il sole l'abbagliava. In lontananza vide un refolo di fumo. Non aveva pensato ai rischi degli incendi nei boschi e sperava che non ce ne fossero vicino alla casa dei Templeton. Ricordava che la baita era appollaiata sul pendio di una collina. Mentre s'inerpicava con la macchina, il suo desiderio di sistemarsi e cominciare a scrivere diventava sempre più forte. Di solito la sua scrittura era più prolifica d'inverno, quando il cielo era grigio, pioveva ed era tanto freddo da accendere il fuoco nel caminetto alle sei di mattina e accingersi a passare una lunga giornata alla scrivania. Abitualmente l'inverno a Newport era mite e c'era il sole, ma quando arrivavano quei giorni invernali tetri e nuvolosi, Kaylee si metteva d'impegno e si lasciava trasportare dalla storia. Ora era agosto, perciò non mancava molto alle prime avvisaglie dell'autunno. Ben presto il tempo sarebbe cambiato insieme al colore del fogliame e Kaylee pregustava quei mesi di calore domestico davanti al caminetto. Altri venti minuti e una quindicina di chilometri, e poi arrivò nella via in cui avrebbe abitato. C'erano poche case ben distanziate, tutte situate in alto rispetto alla strada, con vialetti di accesso piuttosto lunghi per arrivarci. Vide che una delle case era circondata da autopompe e il vialetto era bloccato, con copiosi rivoli d'acqua che bagnavano la strada. La via era ostruita da diversi pick-up; in fondo al vialetto d'accesso c'era una casa o, per meglio dire, quello che ne rimaneva. I vigili del fuoco stavano arrotolando i tubi di gomma. Un lato della casa a due piani era carbonizzato e sembrava che le fiamme avessero lambito l'esterno uscendo dagli abbaini. «Poverini» disse ad alta voce. I fiori che bordavano il vialetto davanti alla casa erano calpestati e innaffiati da un fiume d'acqua, così come quello che rimaneva del portico. Il fango scorreva abbondante e davanti alla facciata della casa c'era un gruppo di uomini. 12


«La destinazione è a sinistra» annunciò la voce del navigatore. Kaylee rallentò fino a fermarsi e si guardò intorno in cerca di un'altra casa. Ma non c'era un'altra casa, e il numero sulla cassetta delle lettere le confermò la brutta notizia. Il suo rifugio, la sua bella baita di montagna era un cumulo di cenere e macerie fumanti. «Oh, porca vacca» mormorò. Accostò al bordo della carreggiata, tenendosi lontana dalle autopompe. Una riportava sulla fiancata la scritta Volontari di Virgin River, e l'altro camion più grosso recava lo stemma del reparto antincendio della Forestale della California. Kaylee si avviò a piedi su per il vialetto, dirigendosi verso il gruppo di uomini. Alcuni indossavano la tipica uniforme dei pompieri, una grossa tuta gialla ignifuga; altri erano in jeans e camicia di denim o di flanella a quadri, e Kaylee immaginò che stessero solo assistendo all'accaduto. «Che cosa è successo?» chiese al primo uomo che le capitò a tiro. Lui la guardò grattandosi il mento. Era un tipo piuttosto rustico, con un velo di barba incolta, i capelli radi sulla sommità del cranio e degli occhi celesti acquosi. «Un incendio» rispose. «Lo vedo! Ci sono state vittime?» «Nah, la casa è disabitata dal quattro di luglio. Ho sentito dire che qualcuno l'avrebbe affittata, ma immagino che ormai il contratto sia saltato...» «Ero io» precisò Kaylee. «L'ho presa in affitto io. Santo cielo, per quale motivo è bruciata tutta? Voglio dire, se dentro non c'era nessuno...» «Saranno i vigili del fuoco a stabilirlo, penso. Non è stato un fulmine, questo è certo. Abbiamo avuto bel tempo. Siamo stati fortunati perché il postino ha visto il fumo, altrimenti sarebbe andata a fuoco tutta la collina!» «Oh, mamma mia...» «Abbiamo rischiato di stare qui per giorni» commentò lui. 13


«E i Templeton? Qualcuno ha avvertito i proprietari?» chiese Kaylee. «I vigili del fuoco li chiameranno appena avranno il numero. Per caso ce l'ha lei? Può avvisarli lei. Non è certo un segreto. Ci vorrà un po' prima che si capisca che cosa ha innescato l'incendio e quanto sono gravi i danni.» Si girò e guardò da sopra la spalla le macerie carbonizzate, poi scosse la testa. «Spero che abbia un'alternativa come sistemazione.» «Sarà un problema» ammise Kaylee. «Immagino che potrei tornare indietro fino alla costa e cercare un albergo. A meno che non ce ne sia uno da queste parti.» Ma l'uomo scuoteva già la testa. «Se è messa alle strette, posso offrirle il mio divano.» Un uomo con la tuta gialla e una pala in mano si avvicinò verso di lei. «Ho sentito bene? Lei conosce i proprietari?» «Sì, li conosco praticamente da tutta la vita. Mi avevano dato la casa in affitto, ma quando sono arrivata mi sono trovata davanti... questo.» «È ridotta male» dichiarò l'uomo. «Si può riparare, ma non in quattro e quattr'otto. Di sicuro non può dormirci nessuno questa notte... e neppure questo mese, se è per questo.» «Ha idea di che cos'abbia provocato l'incendio?» «Non sono un investigatore, intendiamoci, solo un pompiere di lunga data, ma per me è stata una coperta elettrica. Sembra che le fiamme si siano sprigionate in camera. Sul letto.» «Qualcuno ha lasciato accesa una coperta scaldaletto? E può causare un incendio?» «Non deve neppure essere accesa» precisò lui. «Bisogna sempre attendere la perizia, ma non sarebbe la prima volta che succede. Non credo che la casa si possa più affittare ormai.» «E adesso che dico al signor Templeton?» si chiese Kaylee ad alta voce. «Può cominciare informandolo che c'è stato un incendio parecchio grave a casa sua. La baita non è distrutta comple14


tamente, ma è inabitabile. Chiameremo qualcuno che venga a chiudere bene tutto e mettere le assi alle finestre. Bisogna evitare che ci entri qualcuno e si faccia male, o che quel poco che è rimasto venga rovinato o rubato. Da queste parti non c'è tanta delinquenza, ma...» Scrollò le spalle. «I danni sono notevoli.» «Direi!» annuì Kaylee. «È iniziata maluccio la sua vacanza» disse gentilmente il primo con cui aveva parlato. «Non sono venuta qui in vacanza, ma per lavorare» puntualizzò Kaylee. «Ho affittato la casa per sei mesi per avere tranquillità e poter finire un lavoro. Ehi, posso dare un'occhiata dentro? Almeno così potrò dire a Gerald come stanno le cose.» «Non può entrare. È troppo caldo, si soffoca e potrebbe essere instabile» replicò il vigile del fuoco. «L'accompagno sul retro e illumino l'interno da una finestra, così magari potrà vedere qualcosa. La cucina è danneggiata dal fumo, ma l'incendio si è sviluppato soprattutto al primo piano, e lì non potrà dare un'occhiata ancora per molto.» «Okay, andiamo a controllare» annuì Kaylee. Poi rabbrividì. Era una tragedia; i Templeton erano molto affezionati alla baita. Ci avevano trascorso molto tempo quando i figli erano piccoli. A volte Bonnie veniva lì con i ragazzi per quasi tutta l'estate, mentre Gerald andava a trovarli in aereo da Los Angeles tutte le volte che poteva liberarsi. E adesso erano contenti di fare qualche gita lì con i nipoti. Era un grazioso cottage in pietra con un'ampia veranda sia davanti sia sul retro. L'interno era informale ma accogliente, con le pareti intonacate e i rivestimenti in legno. La cucina era ampia, con un lungo bancone per la colazione; il caminetto in soggiorno dava un tono intimo all'ambiente, e una scalinata aperta portava al primo piano. C'era anche un ambiente seminterrato, che Bonnie diceva spesso di voler trasformare in cantina, ma, per quello che sapeva Kaylee, era ancora usato solo come ripostiglio. 15


Seguì il pompiere verso la veranda sul retro; un lembo del tetto pendeva come se fosse stato danneggiato, ma l'uomo vi girò intorno e Kaylee gli andò dietro. Quando puntò il raggio della torcia dentro la finestra della cucina, Kaylee sbirciò all'interno e trasalì. Era tutto annerito. «Non si è bruciato niente» precisò lui. «Sono solo i danni del fumo e dell'acqua.» Dopo qualche istante si spostò verso la finestra della sala da pranzo e appoggiò la torcia contro il vetro. Sembrava tutto intatto. Neppure i mobili erano rovinati. «Penso che il fuoco non sia arrivato al pianterreno» le disse. «Però il solaio è danneggiato e temo che sia instabile e pericoloso. Il tetto è stato sfasciato dal fuoco, e anche nei punti in cui l'abbiamo spaccato per far uscire le fiamme. Ci vorrà sicuramente un tetto nuovo.» «E anche tante altre cose nuove» commentò Kaylee, sorpresa di notare che aveva un nodo in gola. Le comparvero davanti agli occhi le immagini dei bambini seduti intorno al tavolino basso in soggiorno a giocare a Monopoli o a Scarabeo. Ricordò le tende indiane improvvisate che avevano costruito con vecchi plaid e coperte, con i sacchi a pelo sul portico sul retro. Toby, il minore dei figli, non riusciva mai a passarci tutta la notte. Improvvisamente rammentò la volta in cui era stata lì con sua madre che piangeva sempre, depressa, e cercò di ricordare se fosse per il divorzio. E poi invece in un'altra occasione lei e sua madre erano venute da sole, e la mamma era felice e spensierata. Il merito era soprattutto del suo nuovo fidanzato, Art. Lui e sua madre erano stati insieme per almeno un paio di anni e grazie alla sua presenza Meredith era sempre di buonumore. Kaylee non ricordava che avesse sofferto per amore quando si erano lasciati. Aveva chiesto a sua madre che cosa era successo, ma le aveva dato una risposta vaga e insoddisfacente, del genere La nostra storia era arrivata al capolinea, ma siamo rimasti amici. «Come affittuaria, non credo che abbia l'obbligo di chia16


mare i proprietari per spiegare l'accaduto» disse il vigile del fuoco, facendola riscuotere dai ricordi. Kaylee si asciugò un occhio per impedire a una lacrima di cadere. «No, voglio chiamarli. I padroni di casa sono dei miei cari amici.» Tirò fuori dalla tasca il cellulare e si mise a scattare qualche fotografia. Inquadrò da diverse angolazioni la falda pendente del tetto danneggiato sopra il porticato e la fotografò. Poi chiese al pompiere d'illuminare di nuovo l'interno e cercò di scattare qualche foto della cucina e della sala da pranzo, anche se le immagini erano scure e indistinte dall'altra parte della finestra. «Vedere tutto questo gli spezzerà il cuore. Adorano questa casa.» «L'ufficio dei vigili del fuoco li contatterà comunque, ma lei li chiami se vuole. Mi raccomando d'informarli che si farà sentire il comandante, e dica anche che per il momento non possono fare molto. Non c'è bisogno di precipitarsi qui. Però dovrebbero sentire la loro compagnia di assicurazioni.» «Li chiamerò subito» disse Kaylee. «Ascolti, sono stata in macchina per parecchie ore e devo capire dove posso pernottare. C'è un ristorante o un bar nei paraggi?» «C'è il locale di Jack in città» rispose lui. «Oppure può tornare indietro sulla statale 36 fino a Fortuna, e lì troverà diversi posti in cui mangiare e dei motel. Il bar ristorante di Jack è a dieci minuti da qui, per Fortuna invece dovrà fare quaranta minuti di strada. È sola?» Le tornò il nodo in gola. «Sì, sola» mormorò, avvertendo la familiare fitta profonda di nostalgia per sua madre. La sua migliore amica. La sua anima gemella. Rimettere tutti gli attrezzi a posto e far sgombrare due autopompe fu una faccenda rumorosa. Kaylee fu quasi contenta di non poter chiamare Bonnie e Gerald finché non si fosse placato tutto quel frastuono. Trovò un grosso tronco abbattuto di un vecchio albero dall'altro lato della strada rispetto a dove aveva parcheggiato. Erano quasi le quattro e lottava contro le lacrime, non tanto per la casa carbonizzata quanto 17


per le immagini che le evocava nella memoria. Il suo intento era stato quello di staccarsi dai ricordi affettuosi di sua madre, e invece venire lì non aveva fatto altro che risvegliarne altri. Quando trovò il numero in rubrica e lo chiamò, era ormai completamente sola, e circondata dal silenzio assoluto, come in una chiesa con gli imponenti alberi come colonne. «Pronto, Gerald? Sono Kaylee. Sono arrivata a Virgin River, ma ho una brutta notizia da darvi.» «Lo so già, Kaylee. Mi ha telefonato il comandante dei vigili del fuoco giusto mezz'ora fa. Ha detto che eri lì e avevi visto la casa. Oh, tesoro, mi dispiace tanto. Non capisco che cosa sia successo!» «Sospettano che sia stata una coperta elettrica» lo informò. «Me l'ha detto, ma mi sembra strano. Prima di tornare a casa, non siamo mai andati via dallo chalet senza togliere tutte le spine dalle prese, all'infuori del frigorifero.» «Allora credo che dovremo attendere che siano le indagini a individuare la causa. Qui è un disastro, Gerald. La casa non è completamente distrutta, ma è malridotta. I danni che non ha fatto l'incendio li hanno causati l'acqua e l'intervento dei pompieri. Il vigile del fuoco con cui ho parlato ha detto che sarebbe tornato qualcuno per mettere delle assi di legno alle finestre e assicurarsi che sia tutto ben chiuso. Posso mandarti per messaggio delle foto, ma prima volevo parlare con te.» «Sì, grazie, Kaylee, mandamele.» «Te le invio mentre parliamo, così puoi chiedermi quello che vuoi quando le vedi. Sono abbastanza a fuoco... Oddio, forse non avrei dovuto usare quel termine!» Mise la chiamata in vivavoce e gl'inoltrò le fotografie scattate con il cellulare. «Santo Dio...» commentò infine Gerald in un sussurro roco e spezzato. «Il pompiere ha detto che dovresti avvertire la tua compa18


gnia di assicurazioni, ma che non hai motivo di precipitarti qui.» «Oh, cara... proprio quando pensi di voltare pagina, succede una cosa del genere.» «La tua povera casa» gemette Kaylee. «So quanto vi siete affezionati.» «Ci faceva piacere sapere che ci avresti abitato tu. Grazie a Dio era vuota quando è scoppiato l'incendio! Ci vorrà del tempo per scoprire la causa e fare una stima dei costi delle riparazioni, ma ti informerò appena lo saprò. Che fai ora, torni subito a casa?» «Be', non stasera. Per oggi ho guidato abbastanza. Mangerò qualcosa, mi concederò un bicchiere di vino e poi troverò un motel, credo. C'è un locale in città. Da Jack?» «Sì, il bar ristorante di Jack» confermò Gerald. «Ormai c'è da dieci, dodici anni. Lo conosciamo. Digli che sei nostra amica, e chiedigli consiglio su un posto decente per pernottare. È un tipo schietto, tutto d'un pezzo. E conosce tutti.» «Ti farò sapere dove sarò quando l'avrò capito.» Kaylee ricordava il locale di Jack, anche se le sembrava molto più grande dell'ultima volta in cui era stata lì. Era un ampio chalet a due piani in centro città, situato in mezzo a un gruppo di case e a uno spazio verde che era un parco, o forse solo un vasto giardino. Non c'era una vistosa insegna al neon che pubblicizzava birra o spogliarelliste. Se non fosse stato per i cinque uomini sotto il portico con una bottiglia di birra in mano e il cartello APERTO sulla porta, sarebbe sembrata la casa di qualcuno. C'erano dei pick-up parcheggiati lungo la strada, insieme a un paio di automobili e SUV. Il ristorante di Jack sembrava molto attivo. Kaylee parcheggiò e salì i gradini del portico. Era alquanto intimidita finché non riconobbe un paio dei tizi in veranda come due dei vigili del fuoco; si erano tolti la tuta e ora erano in jeans e stivaletti. Uno di loro le fece un cenno di saluto e le sorrise. «Va tutto bene, signorina?» 19


«Sì, grazie. Pensavo di bere una birra qui, ne ho bisogno.» «Fa bene. Ci dica pure se ha bisogno di qualcosa. Anche se non era effettivamente casa sua, per stanotte lo sarebbe stata, prima di prendere fuoco.» «Grazie, molto gentile.» «Abbiamo un comitato per le vittime di incendi. Lì danno cibo, indumenti... generi di prima necessità.» «Per fortuna non mi ero ancora sistemata in casa, perciò non ho perso niente.» «Comunque si può essere ugualmente sconvolti.» Lei gli sorrise, grata per la sua sensibilità. Uno dei presenti le tenne aperta la porta e lei entrò nel bar. Poi si guardò intorno. Era quasi una città tutta racchiusa in una sala. C'erano due donne anziane sedute vicino al camino. Un'intera tavolata era composta da una famiglia con cinque bambinetti. Cinque o sei uomini erano appoggiati contro il bancone del bar a un'estremità. Due coppie mature bevevano ridendo e chiacchierando intorno a un tavolo. Un altro tavolo da quattro era occupato da donne che sferruzzavano sorseggiando birra e vino. Dal retro usciva a passo svelto una donna che reggeva un vassoio colmo di cibarie, e dietro il bancone c'erano due uomini – uno molto aitante, intorno ai cinquanta o poco meno, con i capelli castani appena brizzolati, e un altro con i capelli neri, anche lui con qualche filo grigio nella chioma. Kaylee si avviò verso l'estremità del bar e si sedette su uno sgabello. Subito il bell'uomo castano arrivò davanti a lei, pulì il bancone e vi mise un tovagliolo. «Buonasera, che cosa le porto?» «Per caso ha uno Chardonnay freddo e delle noccioline?» «Sicuramente.» «E qui c'è un certo Jack?» L'uomo si girò di scatto. «Sono io.» «Ah. Be', ero diretta a casa dei Templeton, dove è successa una catastrofe. Ero appena arrivata quando i vigili del fuoco hanno finito di spegnere un incendio. Perciò ora ec20


comi qui, momentaneamente senza un tetto sulla testa. Ho parlato con Gerald Templeton, che le manda i suoi saluti, e mi ha detto anche che lei potrebbe avere qualche buona idea su dove potrei pernottare stanotte. C'è un buon motel o albergo non troppo lontano da qui?» «L'incendio!» esclamò Jack. «L'ho saputo. Accidenti, è una bella casa, e i Templeton sono brave persone.» «Sono dei miei cari amici. Li conosco da quando avevo sei anni o giù di lì.» «Le porto subito il vino, poi facciamo due chiacchiere.» Trafficò dietro il bancone per qualche istante e, prima di servirle il vino, girò la testa per parlare con qualcuno dietro di sé. «Mike, mi sostituisci, per favore?» «Certo» rispose Mike. Jack le mise davanti il bicchiere e una ciotolina di arachidi. Poi prese da sotto il bancone un'altra ciotola con dentro dei salatini. Si strinsero la mano e si presentarono. «E quindi sarebbero venuti i Templeton per un po'?» le chiese Jack. «Non ne avevano intenzione. Non so se cambieranno programma, considerati i danni alla casa. L'avevo presa io in affitto. Avevo bisogno di un posto tranquillo, di cambiare aria, perciò lo chalet doveva essere mio per sei mesi, ma forse sarebbe venuto qualcuno della famiglia per un fine settimana.» «E ora sei bloccata qui senza alloggio, Kaylee?» «Praticamente sì. Ho dato in affitto casa mia a Newport, perciò non mi è possibile rientrarci. I miei affittuari non vedevano l'ora di prenderne possesso. Fortunatamente ho delle amiche nella zona di Los Angeles, però non hanno esattamente una vita tranquilla...» «Non puoi spiegare il problema ai tuoi affittuari?» «Suppongo di sì, però ho preso un impegno e mi sembrano brave persone che contavano di poter abitare vicino ai nipoti per qualche mese. E poi io sono solo una, posso sempre adattarmi nella stanza degli ospiti da qualche parte. Devo solo pensare a dove andare. Ma nel frattempo...» «Nel frattempo, permettimi di offrirti la cena. Salmone, 21


riso, asparagi, una pannocchia di granturco bollita. Una squisitezza.» «Sembra tutto ottimo.» «Posso anche darti una sistemazione, però purtroppo è solo temporanea. Abbiamo una dépendance sul retro di casa mia, ma alla fine della prossima settimana verrà a trovarmi mia sorella, perciò quel posto sarà occupato.» «Sei molto gentile. Non mi conosci neanche. Posso passare la notte a Fortuna o in qualsiasi altro posto che mi consiglierai.» «Capisco se preferisci non stare con degli estranei» osservò lui. «Ma non c'è bisogno che torni in macchina fino alla costa, specialmente ora che i tuoi programmi sono saltati. Fammi telefonare a mia moglie. Si chiama Mel ed è un tipo molto accomodante.» «Ti capita spesso di offrire un alloggio a una persona che entra nel tuo bar?» Lui la guardò sorpreso. «Stavo per dirti di no, ma la verità è che, ogni volta che c'è una situazione particolare per cui qualcuno si trova senza un letto e un bagno, non mi tiro indietro. Abbiamo anche una baita non lontano da qui. Anche lì c'è spesso un certo andirivieni, specialmente quando è bel tempo.» «Non vorrei disturbare.» «Pensaci mentre servo i clienti. Dopo che avrai bevuto un goccio di quel vino, ti porterò la cena. Quando avrai finito di mangiare saprai quello che vuoi fare. La mia porta è aperta. Sei amica dei miei amici. Conosco Gerald e Bonnie da quando sono arrivato in città, ormai più di dieci anni fa. Mi piacciono. Se non ricordo male, Gerald mi ha aiutato per il tetto del locale, ai tempi in cui era solo un piccolo chalet. Da allora abbiamo fatto delle aggiunte e lo spazio è raddoppiato.» «Grazie, Jack.» Prima di cena e mentre mangiava, qualcuno dei clienti del bar si fermò da lei per chiederle se stava bene, se aveva bi22


sogno di qualcosa, perché ormai mezza città aveva saputo della sua presenza e dell'incendio. Al termine della cena, quando Kaylee si sentiva piena e rilassata, Jack le servì un caffè anche se non l'aveva chiesto. «Perché non vai a dare un'occhiata alla casetta? Prenditi un paio di giorni di tempo per guardarti intorno. Da queste parti potrebbero esserci altri posti da affittare, e forse i tuoi programmi non saranno rovinati. A volte le cose si sistemano. Ti do le indicazioni. Non è lontano e Mel ti sta aspettando.» «Sei incredibilmente gentile» disse lei. «Non costa nulla essere gentili, giusto, Kaylee?»

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