Seeing sounds, Hearing spaces

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Seeing Sounds Hearing Spaces

Laboratorio Sintesi Finale A a.a. 2016 – 2017

20 maggio 2017 Elena Fauri


Partendo dai concetti esposti nel saggio precedente, mi sono voluta concentrare sull’aspetto effimero dell’architettura e sul mutamento degli spazi e delle funzioni determinato dalla successione degli eventi. Ho poi paragonato l’architettura alla musica, studiandone l’essenza e cercando di creare delle sinergie che si potessero relazionare con la realtà museale del conservatorio di Castelfranco Veneto, attraverso la sperimentazione di nuove interazioni tra visitatore e museo. SOUND AND SILENCE Partendo dall’accezione che l’architettura è definita come una successione di spazi e che la musica si configura come una successione di suoni, è evidente che intercorre una forte legame tra le due discipline: entrambe operano all’interno di un implacabile scorrere del tempo, che prevede il passaggio da un elemento passato ad uno futuro. Quindi, in entrambi i linguaggi, si riconoscono delle caratteristiche comuni che sono legate alla natura effimera del tempo, e a sostenerlo è il compositore e direttore d’orchestra argentino Daniel Barenboim: “Il suono scompare appena cessa: è effimero. In questo mondo, il suono non resta: svanisce nel silenzio.” 1 ARCHITETTURA spazi

timeline

suoni MUSICA

passato

spazio

futuro suono

Difatti, come l’architettura, anche la musica ha un suo tempo di vita limitato e si esprime tramite delle note che nascono e muoiono, percepite dall’uomo sotto forma di suoni e silenzi. Ma cos’è il suono? Ferruccio Busoni, noto pianista e compositore, definisce la musica come ‘aria sonora’, ma Barenboim va oltre ed afferma che il suono è un fenomeno fisico determinato da una reciproca e costante relazione con il silenzio, poiché nasce da esso e muore in esso. Queste due condizioni si manifestano tramite un legame contrastante ma inevitabile che li tiene in vita, poiché l’esistenza di uno dipende dall’assenza dell’altro e quindi dal suo annullamento; ma al contempo, è necessario che entrambi si riconoscano a vicenda e collaborino per poter continuare a sopravvivere. Lo stesso autore continua la sua tesi dicendo: “Se un suono non è sostenuto, precipita nel silenzio.” 2 Dunque, non può esistere il suono se prima non esiste il silenzio e viceversa, ma non ci sarà mai un momento in cui possano essere entrambi presenti, bensì compariranno unicamente secondo un’alternanza tra i due diversi ‘stati sonori’. Ma come interagiscono tra loro nella pratica? Secondo tali considerazioni, la strutturata disposizione tra suoni e silenzi crea una sinfonia che diventa rappresentazione acustica dell’atemporalità, in quanto le note e le pause permangono sospese in un limbo tra l’essere e il non-essere, tra una vita apparente ed una morte temporanea, come appunto argomenta Barenboim: “Quando si suona, è possibile raggiungere uno stato di pace assoluta, dovuta in parte al fatto che si può controllare, attraverso il suono, il rapporto fra vita e morte, un potere che ovviamente non è concesso agli esseri umani. [...] in un certo senso, suonando si è a diretto contatto con l’atemporalità.” 3

silenzio battito suono silenzio

pausa suono

silenzio atemporalità suono

[1] D. Barenboim, 2007, La musica sveglia il tempo, p. 13 [2] D. Barenboim, 2007, La musica sveglia il tempo, p. 14 [3] D. Barenboim, 2007, La musica sveglia il tempo, p. 15


Un simile contrasto è evidente anche tra più suoni, quindi tra più voci, che si distinguono in principali, secondarie e di accompagnamento, dove quest’ultima si impegna a sostenere o completare le altre due voci, ma può agire anche in maniera sovversiva: “In musica, note e voci diverse si incontrano e si legano l’una all’altra in un andamento comune o in un contrappunto, che significa ‘un punto contro l’altro.” 4 Difatti, in una sinfonia a più voci si ripresenta la condizione di reciproca esistenza degli opposti, tale per cui il soggetto risponde ad un controsoggetto, e proseguendo fedelmente assieme creano la ‘fuga’. Entrambe le voci hanno medesima importanza all’interno della sinfonia, si completano a vicenda e creano un discorso logico di contrappunto, secondo il quale uno dipende dalla presenza dell’altro per esistere nel mondo sonoro. fuga

controsoggetto

voce 1 soggetto

voce 2 andamento comune

contrappunto

TIME IN MUSIC Ma come si può gestire un rapporto così controverso? Come già citato, la manipolazione delle note lungo il tempo è un potere riservato a poche persone. Occorre una piena conoscenza degli strumenti ed una capacità uditiva in costante sviluppo per formulare una sapiente integrazione dei vari elementi sinfonici, e quindi per produrre musica. Questa forma d’arte, come le discipline storiche, si muove nel tempo ed è espressa in un determinato ordine temporale, perché altrimenti muterebbe il proprio senso e la nostra percezione legata ad esso. Ma a differenza di altre discipline, la musica è in grado di controllare ed attuare impercettibili modificazioni del tempo, pur mantenendo delle forti connessioni con esso. Quest’alterazione prende il nome di ‘tempo rubato’ e si verifica quando il musicista si affida al proprio orecchio e compie liberamente dei salti temporali senza rispettare il ritmo datogli, bensì rallentando la melodia od accelerandola per riacquistare quella parte di tempo perduto, e ritornare in sincrono con la cadenza scandita dal metronomo. Così si spiega l’onnipresenza della musica dichiarata da Barenboim, per la quale essa è simultaneamente sia nel tempo sia fuori dal tempo: “La musica dispone di un mondo ben più vasto di associazioni proprio in virtù della sua natura ambivalente: essa è nel mondo, ma è anche fuori dal mondo.” 5 rallentamento

tempo rubato

tempo restituito accelerazione

Ma non è solo la velocità o il ritmo che caratterizzano l’ambiguo rapporto tra musica e tempo, bensì è importante anche la scelta del momento più opportuno per la collocazione di un evento, che può alterare e a volte addirittura determinare direzione e contenuto di un brano. Tali considerazioni si possono riflettere anche su discorsi legati alla progettazione architettonica, poiché quando si opera un inserimento di nuova costruzione in un territorio già insediato, di fatto, si va ad alterare l’immagine del paesaggio esistente. Dimostrazione dell’affinità tra queste due dottrine ne sono i cambiamenti che si manifestano quando il suono nasce dal nulla, poiché un suono può irrompere nel silenzio assoluto provocando un’alterazione improvvisa ed evidente, come quando si inserisce un nuovo fabbricato nel paesaggio e se ne esalta la differenza; oppure il suono si può sviluppare partendo dal silenzio, generando così un’alterazione graduale ed accompagnata, come quando i volumi esistenti e quelli di nuova costruzione appaiono in simbiosi tra loro. Pertanto, riconosciamo come la musica sia capace di viaggiare nel tempo, di giocare con esso e di rimanere in sospensione mentre esso procede regolarmente, ma tutto ciò come viene percepito dall’orecchio umano?

[4] D. Barenboim, 2007, La musica sveglia il tempo, p. 61 [5] D. Barenboim, 2007, La musica sveglia il tempo, p. 9


LISTEN TO Il nostro orecchio percepisce le vibrazioni fisiche, convertendole in segnali che, una volta trasmesse al cervello, diventano sensazioni sonore, scatenando in noi dei sentimenti di apprezzamento o di disgusto a seguito di un personale giudizio critico. Tale sensibilità musicale posseduta dall’uomo è un’inclinazione intuitiva del suono, ma risulta insufficiente se non viene unita al pensiero, poiché è impossibile per l’uomo provare delle emozioni senza una completa comprensione intellettuale, o di contro, non è possibile comprendere delle informazioni senza che esse influenzino le nostre emozioni. Difatti, come in musica e in architettura, non si può mai dare un giudizio obiettivo ad un complesso edilizio, poiché tramite le sue sfumature di forme e colori esso determinerà sempre una reazione – positiva o negativa – da parte dell’osservatore. “L’ascolto è il sentire accompagnato dal pensiero.” 6 sostiene Barenboim, avvicinandosi ad alcuni filosofi del mondo greco che privilegiavano il senso dell’udito e lo consideravano un aiuto fondamentale all’educazione dei giovani. A questa linea di pensiero apparteneva Aristotele, il quale reputava la musica una conoscenza pluridisciplinare alla base di tutti gli insegnamenti, poiché essa coinvolgeva la comunicazione linguistica (scritta e parlata), la matematica, l’arte e la storia, contribuendo ad una loro maggiore comprensione. Addirittura, Aristotele riteneva che gli occhi fossero gli organi della tentazione e le orecchie quelli dell’istruzione, in quanto ricevono il suono e lo inviano al cervello, innescando così un processo creativo del pensiero. Dopotutto, l’udito è il secondo senso a formarsi dalla nascita, successivamente al tatto ma prima della vista, quindi potenzialmente è un senso predisposto ad assorbire e memorizzare le informazioni molto rapidamente e con facilità. Copia romana del busto di Aristotele di Lisippo (Palazzo Altemps, Roma)

Tuttavia, l’udito viene largamente sottovalutato e trascurato durante la crescita, ottenendo di conseguenza un graduale impoverimento delle sue potenziali capacità. Spesso e volentieri, infatti, sentiamo ma realmente non ascoltiamo, quindi le informazioni ci solleticano il cervello senza però essere assimilate per intero; questo è un problema evidente nella società contemporanea, poiché per apprendere una nuova dottrina si fa sempre più affidamento alla vista, unico organo sensoriale di cui quotidianamente ne abusiamo l’uso, come vuole ribadire il compositore Daniel: “Viviamo in una società prevalentemente basata sulle immagini. Fin dell’infanzia si stimola nel bambino la consapevolezza di ciò che vede, non di ciò che sente.” 7

Teatro Festspielhaus, by Gottfried Semper & Wagner (Germania, Bayreuth, 1876)

Un esempio chiave di come, contrariamente, venga data molta più rilevanza all’udito che alla vista, è fornito dal Teatro tedesco progettato dall’architetto Gottfried Semper sotto la supervisione di Wagner. All’interno del cosiddetto Festspielhaus, situato a Bayreuth (Germania), è evidente come la separazione dei due sensi sia stata una scelta insolita ma efficace. La particolarità di questo teatro, infatti, è quella di possedere un’orchestra infossata, cioè situata ad un piano inferiore rispetto a quello del pubblico, e protetta da un parapetto che nasconde l’azione dei musicisti. Dunque, l’orchestra sprofonda sotto il palcoscenico e viene coperta da un lieve ag[6] D. Barenboim, 2007, La musica sveglia il tempo, p. 40 [7] D. Barenboim, 2007, La musica sveglia il tempo, p. 30 [8] D. Moreno, 2012, intervista alla Biennale d’arte di São Paulo, Brasile


getto, cosicché risulti totalmente invisibile agli occhi degli spettatori ed in modo che essi possano, anzi debbano, percepire la musica solo tramite un unico organo di senso. Pertanto, essi sono costretti a concentrarsi sul dramma musicale, senza poterlo prevedere, senza che vengano distratti dai movimenti del direttore, evitando quindi che la vista sottragga qualcosa all’udito. Inoltre, all’inizio di ogni opera teatrale, l’orchestra inizia a suonare prima che si alzi il sipario, in modo da avere la percezione della scena prima tramite l’orecchio e poi tramite l’occhio. Tali scelte sono state fatte per separare l’udito dalla vista, dando un equo ruolo ad entrambi, e senza che un senso percettivo contamini l’altro. Questa buca orchestrale risultava utile, inoltre, per riequilibrare il volume tra i cantanti e la musica, creando l’acustica ideale per le rappresentazioni proprie di Wagner. Tale soluzione progettuale creava - secondo le parole di Wagner - un “golfo mistico” tra il pubblico ed il palcoscenico, trasmettendo così un senso di magia agli ascoltatori. Pur avendo numerosi vantaggi acustici e visivi, non fu un’idea innovativa, in quanto venne introdotta per la prima volta nel Teatro di Besançon progettato da Claude-Nicolas Ledoux tra il 1775 e il 1784. FEEL IT Dunque, musicista ed architetto hanno il comune compito di trasmettere in maniera comprensibile un’emozione, un’intuizione, un’idea, o un ricordo, così da coinvolgere l’animo di chi meno se ne intende, dando un impulso sensoriale e provocando in loro una reazione percettiva non scontata, ma studiata. Ma cosa succede se vengono mescolate o invertite due percezioni di natura sensoriale diversa creando quindi una sinestesia? Ce ne dà una dimostrazione David Moreno nella sua doppia esposizione alla Biennale d’arte a São Paulo avvenuta nel 2012. Entrambe le installazioni sono incentrate sul legame controverso tra la vista e l’udito, poiché l’autore espone dei suoni in maniera visuale e non acustica.

Silence, by David Moreno (Brasile, São Paulo, Biennale d’arte, 2012)

Nella prima installazione, ‘Silence’, l’autore espone delle fotografie di maschere morte sulle cui labbra è incollato un mini megafono di carta; mentre nella seconda, ‘Quietly Oscillating’, egli utilizza 16 molle ‘slinky’ con un’estremità fissata ad uno speaker sottostante e l’altra incollata ad una mensola superiore distante circa 2 metri. Attraverso questi giocattoli in tensione, passa un leggero suono inaudibile dall’orecchio umano ma visibile tramite la vibrazione dell’oggetto stesso, travolgendo così il senso percettivo con cui si ha esperienza dell’opera. Pertanto, l’idea portante di tali progetti è che, come afferma David: “You are seeing, instead of hearing, sound’’ 8, risvegliando così l’attenzione dell’osservatore che si imbatte in un’opera insolita posta in maniera provocativa e a prima pelle incomprensibile.

Quietly Oscillating, by David Moreno (Brasile, São Paulo, Biennale d’arte, 2012)


Stereomo, by David Moreno (NY, Moma, Greater New York Exhibition, 2005)

Un’evoluzione ancora più minimale di quest’opere artistiche si nota in un’altra installazione chiamata ‘Stereomo’, composta da due woofer che si reggono in sospensione su due supporti verticali realizzati con sottili fili metallici. Qui, l’autore sperimenta la manipolazione di diversi suoni affinché provochino un costante e scandito movimento dell’oggetto simile a quello di un metronomo.

Chladni’s figures

Chladni’s plate method (1787)

Ernst Florens Friedrich Chladni

Infine, un metodo più pratico e divertente per rappresentare le vibrazioni del suono ce lo offre Ernst Chiadni, fisico ed inventore tedesco che nel XVIII secolo introdusse degli studi sperimentali riguardanti la connessione tra suono ed onda, ponendo appunto le basi per la teoria delle onde acustiche. Egli realizzò alcuni esperimenti per visualizzare il suono, utilizzando una tecnica basata sulla vibrazione di una lastra in vetro, ricoperta di sabbia finissima, tramite lo sfregamento di un bordo con un arco di violino. Con quest’azione, il cumulo di sabbia posizionato sopra la lastra comincia a muoversi e a dividersi, allontanandosi dalle zone di maggiore vibrazione (ventri) e concentrandosi in prossimità di linee dove la vibrazione è nulla (linee nodali). Così, quando la sabbia si stabilizza e quindi la lastra raggiunge la risonanza, si formano delle curiose geometrie simmetriche (pattern) a seconda della vibrazione provocata. Tale scienziato fu il promotore di una tecnica che tutt’ora viene sfruttata per la progettazione e la costruzione di strumenti acustici come il violino, la chitarra, la viola ed il violoncello. Inoltre, prendendo ispirazione da questo semplice esperimento conosciuto come ‘Chladni plate’, sono scaturite ulteriori prove successive volte ad esplorare il funzionamento delle vibrazioni provocate dalle onde sonore e i loro effetti sui materiali conduttori leggeri di diversa composizione (fluida o granulosa), tra cui anche l’acqua.

‘’If you want to find the secrets of the universe, think in terms of energy, frequency and vibration.’’

Nikola Tesla


Partitas for Long String, by Paul Panhuysen (Netherlands, Eindhoven, Het Apollohuis, 1985)

Ginger Strings, by Paul Panhuysen (Netherlands, Eindhoven , Temporary Arts Center TAC, 2012)

Un ultimo esempio di come il suono si possa non solo sentire o vedere, bensì addirittura toccare, viene fornito da Paul Panhuysen, un compositore olandese che si è dedicato all’arte visuale ma sopratutto all’arte sonora. Infatti, Paul è conosciuto per le sue performances sperimentali legate al suono, come le sculture sonore e i concerti di musica improvvisata o elettronica, rese possibili grazie alla manipolazione di differenti toni ed intensità. Uno dei suoi lavori maggiori, denominato ‘Long strings’, consiste in un’installazione temporanea realizzata con lunghe corde fissate a muri di legno situati all’estremità opposte di una grande stanza vuota. Senza l’ausilio di amplificatori artificiali, egli è in grado di comporre delle sinfonie minimali, camminando e scorrendo con le dita sulle corde tese. Il suo intento, quindi, è quello di mostrare ai visitatori come è facile e divertente giocare con il suono ed entrare in contatto con esso, anche attraverso l’impiego di materiali poveri. Quest’installazione ha avuto così tanto successo che ne è stata riproposta una simile, ‘Ginger strings’, nel 2012 ad Eindhoven, ma stavolta sfruttando anche parti meccaniche oltre alle sue stesse mani. POINTS OF VIEW Prendendo spunto da tutti i riferimenti citati, il museo si configura come un percorso espositivo multisensoriale, in modo che coinvolga a pieno l’attenzione dell’utente e che possa essere una vera esperienza conoscitiva aperta a tutti, dove ognuno si costruisce la propria esperienza. In che modo sarebbe possibile? Il museo ruota attorno al tema principale della musica, la quale verrà espressa in tutte le sue forme e nella sua piena essenza, a qualsiasi genere o tempo essa appartenga, con l’obiettivo di poter essere compresa a fondo da chiunque, cosicché “nel momento dell’esecuzione, la composizione riesca ad essere al centro del mio interesse e della mia attenzione, eclissando, finché dura, tutte le altre opere.” 9 L’unica particolarità è che, per quanto la musica sia un linguaggio universale, viene concepita e percepita da degli individui e quindi è espressa per forza attraverso un filtro soggettivo. Tale soggettività è frutto di associazioni mentali di cui ognuno di noi è involontariamente vittima, perciò una stessa composizione può apparire piacevole o stancante, ed accogliere i pensieri e le paure accompagnandoli verso strade inesplorate, spesso così determinando lo stato d’animo dell’ascoltatore. Difatti, “la musica ha un potere che va oltre le parole” 10, riesce ad incantare e a rapire l’animo di chi la suona o di chi l’ascolta, scatenando emozioni e sentimenti nascosti a [9] D. Barenboim, 2007, La musica sveglia il tempo, p. 111 [10] D. Barenboim, 2007, La musica sveglia il tempo, p. 109


volte piacevoli e a volte pericolosi, e provocando allucinazioni o delusioni a seconda di quale animo la interpreti. Pertanto, non la si può definire oggettivamente ed anche “è difficile distinguere la sostanza della musica e la percezione che ne ha l’ascoltatore” 11. Con queste parole, Barenboim sottolinea la differenza tra sostanza e percezione, quindi distingue una sinfonia pura dalle associazioni che essa evoca nei soggetti, considerate parte integrante di tale sinfonia ma che non ne esprimono il senso più ampio su cui è costruita. Inoltre, identifica lo spartito come sostanza ultima, quindi opera perfetta ed infinita, mentre le sue possibili interpretazioni sono espressioni finite e transitorie, prodotte da un orecchio che non detiene la fine capacità di separare contenuto e sentimento. Quindi, la musica può subire un giudizio diverso dato da più persone oppure può anche scaturire significati opposti per la stessa persona, ma in momenti diversi. Ad esempio, durante il periodo nazista, le composizioni di Wagner furono trasformate in sinfonie propagandistiche per professare una loro ideologia ma che non era propria del musicista. Pertanto, il senso di tale musicalità è stato manipolato e traviato da un’immoralità che ne ha svuotato l’essenza, mutandone anche il ricordo che ora si ha di Wagner, il quale spesso viene associato ad un preciso movimento politico di cui non fa realmente parte. Ma la musica non è morale o immorale, bensì è il nostro giudizio che la rende tale, o meglio, è la società che alimenta un’idea giusta o sbagliata che sia; quindi tali brani musicali sono stati occultati solo perché rappresentano degli avvenimenti orribili di cui il compositore è vittima di associazioni improprie. Ciò dimostra che siamo sempre e comunque schiavi delle associazioni mentali che sorgono in noi quando ascoltiamo musica o quando guardiamo un quadro, finché non ne comprendiamo la mera sostanza. Wilhelm Richard Wagner

Adolf Hitler

MUSEUM-EXPERIENCE Trasportando tali concetti finora espressi all’interno del progetto museale di Castelfranco Veneto, e trascendendo dalla classica conformazione di museo-racconto o museo-informativo, il mio intento è quello di proporre un museo esperienziale a triplice servizio: esposizione, didattica, e coinvolgimento, che possa risvegliare la curiosità dei più inesperti ed alimentare la conoscenza dei più preparati. Quindi, l’articolazione dell’allestimento non si focalizza sulla mera ed unica presentazione degli strumenti, né tantomeno in un percorso narrativo-cronologico, bensì si conforma in un modello spaziale che sollecita la partecipazione del visitatore, in cui le nuove tecnologie sono chiamate a sorprendere e ad arricchire la relazione tra opera d’arte e soggetto, fino a giungere ad un sistema in cui allo spazio reale si affianca quello virtuale. Una sorta di edutainment, ossia un intrattenimento educativo aperto a nuove dimensioni di fruizione esperienziale, in cui il visitatore gioca e si muove attivamente nello spazio, pur essendo guidato da un filo conduttore. Inoltre, questo museo multisensoriale vuole accogliere tutte le età e i target di persone, fungendo da esperienza unica per studenti e professori che posseggono conoscenze in questo campo, ma anche per persone esterne che si prepongono di ampliare il proprio bagaglio culturale, o per bambini che vogliono semplicemente divertirsi a suonare. Pertanto, l’individuo diventa elemento attivo e di fondamentale importanza, senza il quale il museo-esperienziale si svuota di significato, e a cui è richiesta piena attenzione e partecipazione, non solo attraverso un’attività contemplativa data dall’intelletto, bensì tramite anche l’uso pratico dei sensi. Dunque, l’allestimento si concentra sul rapporto tra l’utente e l’oggetto esposto, sfruttando dispositivi tecnologici e soluzioni innovative, ma anche utilizzando materiali di scarto rielaborati in chiave moderna, poiché: “È il progetto della relazione che diventa importante oggetto di innovazione.” 12

Museum Experience [11] D. Barenboim, 2007, La musica sveglia il tempo, p. 109 [12] D. Spallazzo, A. Spagnoli, R. Trocchianesi, 2010, Il museo come organismo sensibile, p. 1


Come si può formalizzare il tutto nei limiti spaziali forniti dal conservatorio? Ma, soprattutto, come si possono integrare gli elementi legati al tempo e alla musica in un’esperienza che segua un filo logico? Innanzitutto, ho pensato di organizzare lo spazio in tre aree principali, che riflettono rispettivamente le tre rappresentazioni formali del tempo e i tre elementi portanti della musica. Pertanto, il tempo puntuale è associato al ritmo e si colloca idealmente nelle singole stanze espositive, il tempo lineare si configura come una melodia e si dispone lungo i corridoi che abbracciano la corte, ed infine, il tempo circolare si affianca all’armonia e viene situato nello spazio esterno retrostante all’edificio. Tempo puntuale > ritmo > stanze espositive > passato (memoria) > esposizione e didattica (comunicazione con l’opera mediata dai dispositivi) Tempo lineare > melodia > corridoio interattivo > presente (percezione) > sperimentazione (approccio diretto con le installazioni) Tempo circolare > armonia > piazza esterna > futuro (immaginazione) > comunicazione (libero spazio di incontro per esposizioni e performances)

EXPOSITION SPOT Le stanze espositive del piano primo si propongono come luoghi di osservazione, acquisizione e stasi, dove è possibile soffermarsi momentaneamente a contemplare le opere in tranquillità, ad individuarne la storia e a tenerne viva la memoria. Infatti, sono dei piccoli spot che rispecchiano episodi musicali reali ma passati, utili a livello conoscitivo per studiarne il processo e l’ambientazione culturale in cui sono stati concepiti. Pertanto, offrono un servizio prettamente didattico che pone in relazione diretta il visitatore con l’opera esposta, ma mediata da alcune tecnologie digitali finalizzate a migliorare ed arricchire l’esperienza di visita. Appunto, per far sì che l’utente possa apprendere attivamente, alla collezione di strumenti musicali verranno affiancati dei dispositivi in grado di risvegliare la curiosità dei più piccoli e di mantenere attiva l’attenzione degli utenti meno interessati, coinvolgendoli tramite installazioni puntuali che aiutano a veicolare i contenuti informativi. Inoltre, a livello architettonico verranno posti degli specchi per ampliare lo spazio, dove necessario, e per poter ricevere una visione completa dello strumento, a cui si aggiungerà anche una riproduzione fisica dello strumento medesimo ed una riproduzione sonora del suo processo di costruzione.

Musical Instrument Museum, Phoenix, USA


ONE WAY TUNNEL Sempre al piano superiore, si colloca anche la parte più sperimentale, la quale si dispone lungo il perimetro che si affaccia sulla corte interna del conservatorio, quindi più propriamente sul corridoio di servizio che comunica con le singole stanze. Tale percorso appare lineare come il tempo che lo rappresenta, dotato quindi di un inizio, uno svolgimento ed una fine, il tutto giocato sulla precisa logica dell’irreversibilità del tempo, secondo la quale si procede costantemente verso una sola direzione, attraversando in successione gli spot espositivi ma senza poter tornare indietro. Un’unica promenade interrotta da elementi di intrattenimento ludico per l’utente, volti a stimolarne vista, tatto ed udito, quali sensi preposti alla percezione, all’interazione e all’orientamento. Infatti, le installazioni sensoriali aiuteranno a dirigere l’utente lungo il percorso, reso accessibile ad un target di persone più vasto quindi anche a fruitori con disabilità motorie, visive e/o uditive, cosicché anch’essi si possano orientare nello spazio, ed avere una percezione del tempo che li avvolge e del suono che costantemente li accompagna. Quest’interessante promenade spazialmente si conforma come un tunnel ricoperto di pannelli neri che oscurano la visuale sulla corte e limitano quindi la luminosità proveniente dall’esterno. Un lungo cammino che metaforicamente è paragonabile al trascorrere della vita presente, immersa in una realtà percettiva con cui abbiamo esperienza di ciò che ci circonda.

Allestimento a tunnel per Susana Solano, by Cadaval & Solà-Morales (Spagna, Madrid, Museo de la Casa de la Moneda, 2013)

VOID and WATER / PAVILLION and EVENTS Infine, la terza area è situata nel cortile esterno posteriore, chiuso da due fabbricati ed identificato come spazio libero e ricreativo, volto a mettere in comunicazione queste due realtà disconnesse. Difatti, da un lato si presenta la sede attuale del conservatorio che, secondo progetto, ospiterà l’allestimento espositivo; mentre dall’altro lato si innalza un fronte scandito dalle aule scolastiche, dove si svolgeranno le nuove lezioni musicali. A delimitare questo cortile, vi è anche un canale che scorre quasi inosservato, accompagnato da una via pedonabile seminascosta che sfocia su due vie maggiori (via Riccati e Corso 29 Aprile), ma che permane assente nel dialogo tra gli spazi. L’intento è quindi quello di integrare in maniera organica tutti gli elementi esistenti tra loro, e ridare nuova vita al cortile tramite una riscoperta delle potenzialità dell’acqua e delle sue capacità di comunicazione sonora attraverso il movimento.

Morske Orgulje, by Nikola Bašic (Croazia, Zadar, 2005)


Un esempio più concreto è fornito dall’organo marino realizzato dall’architetto croato Nikola Bašic, il quale riesce ad instaurare una relazione tra il mare, l’uomo ed il paesaggio urbano. Questa struttura in pietra, rientra in un progetto più ampio atto a ridisegnare la costa di Zadar rimasta distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale, e funge da singolare attrazione pubblica che raccoglie acqua ed aria attraverso i fori dello scalino superiore, incanalandoli in una cavità risonante. Tale cavità è una condizione necessaria per la creazione del suono, presente in quasi tutti gli strumenti musicali, poiché permette all’onda sonora di muoversi al suo interno e di riflettere sulle pareti, producendo così una frequenza di risonanza che dipende dalla dimensione della medesima cavità. Quest’installazione permanente funziona in maniera costante ed indipendente tutto l’anno, senza l’ausilio di pezzi meccanici o l’intervento fisico dell’uomo, bensì solo tramite le correnti naturali del mare e del vento.

“Music is the expression of the movement of the waters, the play of curves described by changing breezes.”

Claude Debussy

Inoltre, tale spazio esterno si presenta vuoto, asfaltato, disorganizzato, e privo di un’utilità, quasi fosse abbandonato. Tuttavia, se lo si guarda da un’altra prospettiva, esso riserva grandi potenzialità architettoniche, poiché essendo localizzato in un’area comune ma pur sempre privata, si presta bene ad ospitare allestimenti, concerti, e/o conferenze, dove far convogliare numerose persone di diverso target (studenti, professori, famiglie, visitatori). Un’unica piazza corredata da una struttura completa di servizi e di impulsi, in cui si alternano performances degli studenti ad incontri informativi da parte di artisti esterni, che possano attrarre ed incuriosire gli utenti, diventando così un vero e proprio spazio effimero che muta a seconda degli eventi e delle esigenze. Pertanto, tale vuoto sarà un nuovo punto di ritrovo, rivisitato in chiave moderna e quindi caratterizzato da una flessibilità funzionale, che permetterà ai fruitori di partecipare attivamente nello spazio. Interaktive Exponate, by Claudia Schleyer

Musical Installations, by Acoustic Arts

Water Harps, by Riccardo Sammo Casagrande (Germania, Lipsia, Kunstkraftwerk Leipzig, 2015)

Ulteriore dimostrazione di come l’acqua può interagire e creare giochi sonori la si trova in ‘Water Harps’ a Lipsia, ossia un’installazione realizzata artigianalmente mediante oggetti d’uso comune, recuperati ed assemblati per comporre una sinfonia musicale. Tale meccanismo non è indipendente, bensì si aziona grazie ad un contenitore che viene riempito ogni volta con dell’acqua da parte del visitatore. Pertanto, la struttura si presenta ferma e priva di senso, in attesa del passaggio dell’acqua con la quale prenderà vita, ma solo tramite la partecipazione dell’osservatore, considerato punto iniziale del processo. In questo senso, l’ideale di piazza si configura come un’immagine fossilizzata, in stasi, ferma, ma potenzialmente dinamica e satura di possibilità costruttive, realizzabili attraverso una sapiente riorganizzazione degli elementi che ne costituiscono lo spazio. Un vuoto che possa fungere da sfondo musicale, ma che va adattato all’esigenze odierne seguendo le abitudini di una società mutevole, senza alterarne gravemente l’aspetto ma rendendolo funzionalmente fruibile e plasmabile da tutti.


BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA -Barenboim D., La musica sveglia il tempo, a cura di Elena Cheah, 2007 -Spallazzo D., Spagnoli A., Trocchianesi R., Il museo come organismo sensibile. Tecnologie, linguaggi, fruizione verso una trasformazione design-oriented, Politecnico di Milano - Dipartimento INDACO, 2010 -Dernie D., Design espositivo: progetti e allestimenti, a cura di Rossella Botti, 2006 Linguaggio musicale - http://www.treccani.it/enciclopedia/musica/#illinguaggiomusicale-1 David Moreno - https://www.moma.org/explore/inside_out/2013/04/19/artwork-momas-creative-minds-david-moreno Chladni plate & Sound Visuals Movement - http://s-v-m.tumblr.com/post/63367633552/sound-sculptures-ii Paul Panhuysen - http://proyectoidis.org/paul-panhuysen Elementi della musica: ritmo, melodia, armonia e timbro - http://www.accademiaarsantiqua.net/elementi-musica-ritmo-melodia-armonia-timbro Riccardo Sammo Casagrande - https://www.youtube.com/watch?v=EW_zAk4nBmk


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