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DOCUMENTI E TESTIMONIANZE

• Ricordo di Marziale (Plinio il Giovane)

BIBLIOGRAFIA ESTESA

B� Fra le numerose edizioni dell’opera di Marziale si conBibliografiaessenziale siglia: Marco Valerio Marziale, Epigrammi, voll. III, saggio introduttivo di M. Citroni, trad. di M. Scandola, note di E. Merli, Rizzoli BUR, Milano1996. Per il libro d’esordio: Marziale, Gli spettacoli, a cura di F. Della Corte,

Università di Genova, Istituto di Filologia classica e medievale, Genova 1986. � Sulla poesia epigrammatica, e le sue connessioni con la satira: M. Citroni, Musa pedestre, in Lo spazio letterario di Roma antica, vol. I: La produzione del testo, Salerno editrice, Roma 1989, pp. 311341.

SMarziale e la poesia epigrammatica Sintesi

Marco Valerio Marziale nasce a Bilbili, nella Spagna Tarraconense, fra il 38 e il 41 d.C. Intorno al 64 si trasferisce a Roma, dove risiede per trent’anni conducendo la vita convulsa e precaria del cliente subordinato ai favori, sempre più o meno incerti, dei protettori.

Solo dopo la pubblicazione del Liber de spectaculis (80 d.C.), composto durante la grandiosa inaugurazione dell’anfiteatro Flavio, raggiunge una certa notorietà; l’imperatore Tito e poi Domiziano gli concedono alcuni benefici; stringe rapporti di amicizia con gli scrittori più importanti dell’epoca, fra cui Quintiliano e Plinio il Giovane.

Nell’84 (o nell’85) pubblica Xenia e Apophoreta, due libri di epigrammi legati alle festività dei Saturnali; tra l’86 e il 96 si succedono, uno all’anno, i primi undici libri degli Epigrammata, che trattano un’amplissima varietà di temi, dai componimenti autobiografici a quelli encomiastici, dal pettegolezzo mondano alle divertite, ammiccanti oscenità, alle descrizioni, spesso caricaturali, di ambienti, personaggi, oggetti.

Nel 98 fa ritorno a Bilbili, dove compone il dodicesimo e ultimo libro di Epigrammata. Nel lontano paese natale il poeta muore fra il 101 e il 104

d.C.

Marziale scrive esclusivamente epigrammi, ed è l’unico epigrammista di cui ci sia pervenuta integralmente l’opera. Alla sua copiosa produzione (quindici libri: in tutto 1561 componimenti per quasi diecimila versi) toccò in ogni tempo grande fortuna, tanto da portare all’identificazione fra i caratteri della sua opera e il genere letterario dell’epigramma.

La pagina di Marziale vuole avere il «sapore» dell’uomo, ritrarre la vita così com’è, in un linguaggio semplice, naturale e scherzoso; il poeta dichiara polemicamente il suo rifiuto della mitologia e dei generi “alti” (epos e tragedia), sentiti come inattuali, ripetitivi e lontani dalla vita reale.

Brevità, concentrazione espressiva in vista dell’arguzia finale con effetto-sorpresa (la pointe o chiusa epigrammatica), inesauribile ricchezza dell’invenzione linguistica, attenzione per il mondo concreto degli oggetti, gusto del catalogo, accentuazione dell’elemento comico-satirico in assenza di intenzioni moralistiche e di denuncia così come di partecipazione emotiva, sono gli elementi che caratterizzano gli epigrammi di Marziale e che riescono a conferire unità alla varia, dispersa e multicolore materia trattata.

Poeta d’occasione, legato alle esigenze del suo vasto ed eterogeneo pubblico sia nei versi di carattere celebrativo sia in quelli di intrattenimento mondano, Marziale si pone in una prospettiva comico-realistica e carnevalesca da cui può sortire un sorprendente svelamento della realtà: nella rappresentazione crudamente spregiudicata del formicolante mondo cittadino, gli Epigrammi restano un grande affresco, libero e lucidissimo, della società imperiale romana.

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