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Bibliografia essenziale 258 Sintesi
Marzialenel TEMPO
Presso i contemporanei La fortuna di
Marziale, privilegio toccato a pochissimi poeti dell’antichità, non conosce interruzione. Già in vita le sue opere erano lette, recitate, imparate a memoria da un pubblico vasto ed eterogeneo: laudat, amat, cantat nostros mea Roma libellos,/ meque sinus omnes, me manus omnis habet («La mia Roma loda, ama, canta i miei epigrammi; io sono in ogni piega della toga e in ogni mano»), come scrive orgogliosamente l’autore stesso (VI, 60, 12). Una fama che si era rapidamente estesa anche al di fuori dei confini italici: i suoi libri si leggevano a Vienne, sul Rodano (VII, 88) e persino nella remota Britannia (XI, 3, 15): Non urbana mea tantum Pipleide gaudent / otia nec vacuis auribus ista damus, / sed meus in Geticis ad Martia signa pruinis / a rigido teritur centurione liber, / dicitur et nostros cantare Britannia versus («della mia poesia non si compiace soltanto la gente oziosa di Roma, ed io non scrivo questi epigrammi per uomini sfaccendati: il mio libro è assiduamente letto dal duro centurione accampato nel freddo paese dei Geti presso le insegne di guerra, e mi dicono che anche i Britanni cantano i miei versi»). Non c’è da stupirsene: Marziale ricerca il consenso del pubblico e ne soddisfa ogni esigenza. La sua è una poesia piacevole e raffinata che non disdegna battute spiritose, oscenità, invettive alla moda, adulazioni ben congegnate. Mostra al mondo com’è Roma, in un’epoca in cui il mondo parla solo di Roma e in cui tutti i provinciali (come già lo stesso Marziale) sognano di venire ad abitarvi.
In età imperiale e nel Medioevo Assi
duamente letto nel secolo successivo, specialmente nell’ambiente dei poetae novelli [cap. 13.4], citato da grammatici ed eruditi nella tarda età imperiale, imitato da poeti come Ausonio [cap. 18.3] e Claudiano [cap. 18.9], apprezzato anche dai lettori cristiani (si pensi solo ai nomi di Gerolamo, di Prudenzio e di Paolino da Nola), Marziale continuò ad essere conosciuto e trascritto nei monasteri anche dopo la caduta dell’impero. Mentre si perdono i testi di Lucrezio o di Tito Livio, gli Epigrammata vengono trasmessi senza interruzione in numerosi codici paralleli. Tracce e citazioni si ritrovano in diversi autori durante tutta l’epoca medievale.
In età moderna Ma è con l’età umanistica che nasce e si sviluppa l’epigramma moderno, uno fra i generi più apprezzati e coltivati tra XV e XVI secolo: il via lo diede il Panormita, con gli ottanta epigrammi osceni e provocatorii contenuti nell’Hermaphroditus (1425); seguirono il Filelfo, Pio II Piccolomini, il Pontano, Sannazaro (con gli splendidi Epigrammata), il Poliziano, l’Alamanni, che scrissero epigrammi sia in lingua italiana che latina su imitazione di Marziale. E il genere avrà immensa fortuna in ogni parte d’Europa per secoli: ancora Voltaire, Goethe (autore anche di Xenien), Alfieri vi si misureranno con notevoli risultati. La stessa poesia barocca, fondata sulla poetica della meraviglia e sul concettismo, sulla ricerca di ingegnosità e di argutezze, deve molto alla tecnica epigrammatica di Marziale.
Nell’Ottocento e in età contempora-
nea Il XIX secolo screditò l’opera di Marziale, condannando sia l’oscenità sia il servilismo di una parte della sua opera. Resta il fatto che l’impronta fortemente satirica del genere epigrammatico, ancora oggi abbondantemente praticato, deriva direttamente dai libri di Marziale: si leggano, per misurare fino in fondo la tenuta e la forza di questa tradizione, gli Epigrammi (seguiti dai Nuovi epigrammi) presenti in una delle raccolte poetiche più felici di Pasolini, La religione del mio tempo (1958).