Caseus

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Caseus Il grande libro dei formaggi italiani

A cura di Renato Brancaleoni e Davide Mondin

Euro 37,00

Il grande libro dei formaggi italiani

www.edizioniplan.it

Caseus

Il formaggio rappresenta uno dei prodotti più adatti a svolgere il ruolo di “ambasciatore” della cultura gastronomica di un territorio. Le sue caratteristiche dipendono infatti dall’incrociarsi di molteplici fattori, spesso inscindibilmente legati a particolari zone e, quindi, non riproducibili altrove. Ecco perché l’Italia, Paese che come pochi altri presenta varietà di paesaggi e culture, è la culla di un inimitabile scrigno di sapori, forme, aromi e profumi anche in questo ambito. Caseus descrive il formaggio in tutte le sue dimensioni, accompagnando il lettore lungo un percorso che ripercorre i vari momenti nei quali è scandita la “vita” del prodotto. Storia, legislazione, informazioni tecniche, classificazioni, descrizione approfondita di tutti i formaggi italiani DOP e IGT, ma anche temi quali la gestione di banchi e carrelli nell’ambito di negozi e locali, le tecniche e gli strumenti per la conservazione e il taglio, le modalità di servizio e i criteri per la scelta, le quantità e gli abbinamenti costituiscono gli elementi caratterizzanti del testo. L’opera si rivolge sia al professionista sia all’appassionato che desidera acquisire la capacità di valutare in modo autonomo il profilo qualitativo dei prodotti proposti dal mercato. Una serie di ricette della tradizione che trovano nel formaggio l’ingrediente principale completa il volume.

Il grande libro dei formaggi italiani


Indice Il latte e i prodotti lattiero-caseari nella storia Le origini del latte agro

5

Il contributo dei monaci

9

L’età moderna

11

La valorizzazione della tipicità

15

Il formaggio Che cosa è il formaggio

19

La composizione del formaggio

21

Le qualità del formaggio

23

Il territorio d’origine

24

Il latte d’origine

25

L’animale di provenienza

27

Il latte vaccino

33

Il latte caprino

34

Il latte ovino

35

Il latte bufalino

36

La mungitura

37

Il trattamento termico del latte

39

La coagulazione delle proteine

41

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Indice

La rottura della cagliata

45

Il trattamento termico della cagliata

47

La filatura

49

La formatura

53

La pressatura

55

La stufatura

59

La salatura

63

L’affumicatura

65

Il trattamento della crosta

69

Ingredienti particolari e muffe

73

La maturazione e la stagionatura

77

L’affinamento

85

Il contenuto in grassi

89

La consistenza della pasta

92

La classificazione dei formaggi

95

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Panorama dei formaggi italiani Il patrimonio caseario italiano

99

La tutela e la valorizzazione della tipicità

103

Il marchio collettivo

105

La tutela legislativa

109

La Denominazione di Origine Protetta (DOP)

112

L’Indicazione Geografica Protetta (IGP)

114

La Specialità Tradizionale Garantita (STG)

116

Altre forme di tutela

118

I formaggi italiani (schede)

120

Gli impieghi del formaggio Il banco dei formaggi in un punto vendita e il carrello dei formaggi in un locale

220

La conservazione del formaggio

224

Il taglio del formaggio

227

Il servizio e l’abbinamento del formaggio

229

Il formaggio nel menu

233

La valutazione sensoriale del formaggio

237

Sensazioni visive

241

Sensazioni tattili

243

4

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Indice

Sensazioni olfattive

245

Sensazioni aromatiche

247

Sensazioni gustative

249

Glossario

252

Bibliografia

262 5

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Il formaggio

Che cos’è il formaggio Scrivere una definizione universalmente ac-

settore alimentare. Secondo tale piano, il for-

cettata del termine formaggio è cosa per

maggio è “il prodotto di consistenza molle,

niente facile. Oltre alla normativa nazionale,

semidura, dura ed extra dura, stagionato o

entra in gioco la legislazione europea, unita-

non stagionato, che può essere incartato, nel

mente ad altri accordi o convenzioni condi-

quale il rapporto tra le proteine del siero e la

visi a livello internazionale, tra i quali vale la

caseina non è superiore a quello riscontrabile

pena di ricordare il Codex Alimentarius e la Con-

nel latte”.

venzione di Stresa.

Inoltre, poiché il processo produttivo determina la concentrazione della caseina e delle

Il Codex Alimentarius è un piano elaborato

altre proteine presenti, per essere considerato

nell’ambito della FAO (Food and Agricul-

formaggio, il prodotto finito deve avere un

ture Organization) e dell’OMS (Organizza-

tenore proteico nettamente superiore a quello

zione Mondiale della Sanità) per lo sviluppo

della materia prima di partenza (latte, deriva-

di standard di riferimento e di linee guida

ti del latte o miscela di prodotti lattei).

con l’obiettivo di tutelare la salute dei con-

Per il Codex Alimentarius, il formaggio è ot-

sumatori con riferimento alla produzione e

tenuto infatti mediante coagulazione totale o

alla conservazione di alimenti e di garantire

parziale delle proteine del latte, del latte scre-

la correttezza negli scambi internazionali nel

mato, del latte parzialmente scremato, della

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Il formaggio

panna, della crema di lattosiero o del latticel-

maggio, oltre ai requisiti previsti dalla norma-

lo, usati da soli o combinati tra loro.

tiva europea, è riferita anche a quanto dispo-

La coagulazione può avvenire per effetto

sto dal Regio Decreto Legge n. 2033/1925,

dell’azione del caglio o di altri coagulanti

che riserva tale definizione al prodotto ottenu-

idonei e per spurgo parziale del lattosiero che

to dal latte (intero, parzialmente o totalmente

si forma in conseguenza di essa, oppure essere

scremato) o dalla crema, in seguito a coagula-

indotta mediante altre tecniche di lavorazio-

zione acida (innescata da microrganismi natu-

ne purché il prodotto così ottenuto presenti

ralmente presenti o addizionati) o presamica

caratteristiche fisiche, chimiche e organoletti-

(ottenuta con l’aggiunta di caglio), anche fa-

che simili a quelle previste per potersi deno-

cendo uso di fermenti e di sale da cucina.

minare formaggio. La Convenzione di Stresa riserva invece la denominazione formaggio a prodotti non necessariamente fermentati “ottenuti mediante sgocciolamento della cagliata di latte, di panna, di latte parzialmente o interamente scremato, o della loro mescolanza, come pure ai prodotti ottenuti per concentrazione parziale di siero di latte o di latticello di burro, esclusa in ogni caso qualsiasi aggiunta di sostanza grassa non proveniente dal latte”. Secondo la normativa europea, che fa capo al Regolamento (UE) n. 1308/2013, il formaggio è un alimento appartenente alla categoria dei prodotti lattiero-caseari e, quindi, deriva esclusivamente dal latte, con la possibile aggiunta di altre sostanze necessarie alla produzione, purché queste non sostituiscano né totalmente né parzialmente un qualsiasi componente del latte stesso. Sul mercato italiano, la denominazione for7

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In linea generale, dalle definizioni fin qui evidenziate, si deduce che il latte si trasforma,

I prodotti lattiero-caseari

grazie alla coagulazione acida o presamica delle proteine in esso contenute, in formaggio, un prodotto lattiero-caseario a base di solo latte, eventualmente addizionato delle sole sostanze necessarie a produrlo, fresco o stagionato e di consistenza variabile, con un rapporto tra proteine del siero e caseina non superiore a quello della materia prima ma con una concentrazione proteica maggiore.

Il Regolamento (UE) n. 1308/2013 stabilisce che nel territorio dell’Unione europea vanno intesi come prodotti lattiero-caseari quegli alimenti “derivati esclusivamente dal latte, fermo restando che possono essere aggiunte sostanze necessarie per la loro fabbricazione, purché esse non siano utilizzate per sostituire totalmente o parzialmente uno qualsiasi dei componenti del latte”. Questa stessa norma specifica che i nomi siero di latte, crema di latte o panna, burro, latticello, butteroil, caseina, grasso del latte anidro, formaggio, yogurt, kefir, kumiss, viili o fil, smetana, fil, rjaženka e r gušpiens vanno impiegati soltanto per indicare alimenti compresi nella categoria dei prodotti lattiero caseari. I prodotti lattiero-caseari diversi dal formaggio (cioè che non rispondono ai requisiti necessari per potersi denominare tali) sono chiamati per consuetudine latticini. Per esempio, secondo la legislazione nazionale, la ricotta non può dirsi formaggio perché è ottenuta dalla lavorazione non del latte o della panna bensì del siero: è quindi un latticinio. Il mascarpone, pur rientrando nella categoria dei formaggi perché ricavato dalla coagulazione acido-termica della panna, non è unanimemente riconosciuto come formaggio in virtù del particolare processo produttivo che, prevedendo l’aggiunta di acido citrico e il riscaldamento fino a 90-95 °C, ne fa un latticinio. Vale la pena di ricordare però che il termine latticini è impiegato spesso in qualità di sinonimo di prodotti lattiero-caseari, indicando genericamente tutti i prodotti derivati dal latte.

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Il formaggio

Non solo latte: la composizione del formaggio Riguardo al formaggio propriamente detto, la

sulla superficie del formaggio sia a secco sia

sua composizione non si esaurisce nella ma-

mediante spugnature umide. In alternativa,

teria prima di origine, il latte, ma si completa

si può anche immergere il formaggio in sala-

con altre sostanze utilizzabili durante la ca-

moia, cioè in una soluzione di acqua e sale in

seificazione, come per esempio i coadiuvanti

concentrazione variabile.

tecnologici e gli additivi, questi ultimi nella

I fermenti sono microrganismi che sono ag-

forma di addensanti, antimicrobici, enzimi e

giunti per ripristinare la flora batterica dan-

coloranti.

neggiata in conseguenza del trattamento ter-

I coadiuvanti tecnologici comprendono in-

mico subito dal latte.

vece i coagulanti, cioè gli agenti responsabili

Tale integrazione è necessaria per innescare i

della coagulazione proteica, il cloruro di so-

processi fermentativi che portano alla corret-

dio e i fermenti.

ta maturazione del prodotto finito.

Tra i coagulanti rientrano l’acido lattico na-

Nella composizione del formaggio possono

turalmente prodotto dai microrganismi pre-

entrare però anche altri ingredienti rispetto a

senti nel latte stesso e il caglio, ottenuto in

quelli fin qui citati, tra i quali figurano, per

genere dal quarto stomaco di ruminanti non

esempio, erbe aromatiche e spezie, come nel

svezzati contenente tutti gli enzimi necessari

caso dello zafferano e del pepe in grani.

alla digestione del latte. In particolare, l’azione dell’acido lattico è sfruttata per ottenere la coagulazione acida, acido-presamica e presamico-acida, mentre quella del caglio origina la coagulazione presamica in tutte le sue varianti (presamica, acido-presamica e presamico-acida). Il cloruro di sodio, il comune sale da cucina, può essere incorporato nel prodotto in diver-

Sul territorio europeo si riscontra in realtà

si modi e in diversi stadi della caseificazione:

anche l’impiego di modeste quantità di latte

può essere aggiunto durante la lavorazione

in polvere o concentrato, per standardizzare

del latte, mescolato all’impasto, distribuito

la resa del latte durante l’anno e ottenere così 9

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I formaggi: modalità di vendita

prodotti di qualità costante. Tale pratica è ritenuta legittima in quanto, secondo le disposizione del Regolamento (CE) n. 853/2004, il formaggio può derivare dalla lavorazione sia di latte crudo sia di latte a sua volta “trasformato” in vista della caseificazione. Questa possibilità non esiste però di fatto per i formaggi DOP e IGP, prodotti secondo disciplinari che prevedono l’impiego di latte che può aver subito, nel caso, soltanto la pastorizzazione o la termizzazione. Inoltre, in Italia vige un generale divieto d’uso di latte in polvere nella produzione di tutti i formaggi, secondo quanto disposto dalla legge n. 138/1974 e confermato dal decreto legislativo n. 175/2011. Per rispondere alla necessità di standardizzare la resa del latte, la normativa europea ammette anche, seppur entro certi limiti e previa autorizzazione, l’aggiunta di caseina nella produzione di formaggio, che l’ordinamento italiano prevede però esclusivamente per i

In base al decreto legge n. 98/1986, alla Comunicazione del Ministero della Sanità 21 ottobre 1998 e alla Circolare ministeriale n. 168/2003, “i formaggi freschi a pasta filata, quali fiordilatte, mozzarelle ed analoghi, possono essere posti in vendita solo se appositamente preconfezionati all’origine”, mentre “possono essere venduti nei caseifici di produzione preincartati”. Le altre tipologie (cioè i formaggi a pasta filata non freschi ma stagionati e quelli non a pasta filata) possono essere vendute anche sfuse, sia nei caseifici di produzione sia in altri locali. Il significato dei termini preconfezionato e preincartato associati ai prodotti alimentari, e quindi anche ai formaggi, è chiarito dal decreto legislativo n. 109/1992. Un prodotto alimentare preconfezionato è “l’unità di vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore ed alla collettività, costituita da un prodotto alimentare e dall’imballaggio in cui è stato immesso prima di essere posto in vendita, avvolta interamente o in parte da tale imballaggio ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata”. In questo caso, il confezionamento avviene senza che l’acquirente sia presente e in un luogo diverso da quello di commercializzazione. Per prodotto alimentare preincartato si intende invece “l’unità di vendita costituita da un prodotto alimentare e dall’involucro nel quale è stato posto o avvolto negli esercizi di vendita”. Il confezionamento e la commercializzazione avvengono quindi nello stesso luogo, sia in presenza sia in assenza dell’acquirente.

formaggi fusi. 10

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Il formaggio

Il latte d’origine Secondo il Regolamento (UE) n. 1308/2013

sta oppure per specificare il trattamento fisico

il latte è “il prodotto della secrezione mam-

di conservazione al quale è stato sottoposto

maria normale, ottenuto mediante una o più

(pastorizzato, sterilizzato, microfiltrato) o le

mungiture, senza alcuna aggiunta o sottrazio-

modificazioni della sua composizione pur-

ne”. È denominato latte anche quello che ha

ché queste siano il risultato esclusivamen-

subito trattamenti che non ne hanno modifi-

te dell’aggiunta o della sottrazione dei suoi

cato in alcun modo la composizione e quello

componenti naturali. In particolare, la speci-

che presenta materia grassa standardizzata.

ficazione dell’origine è obbligatoria per legge

La denominazione latte è usata inoltre in as-

quando il latte proviene da specie diverse da

sociazione a uno o più termini per definire il

quella bovina, stabilendo così che la defini-

tipo, la classe qualitativa, l’origine (di asina,

zione generica latte può riferirsi al solo latte

di capra, di bufala) e/o l’utilizzazione previ-

vaccino.

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Una simile disposizione era già stata introdot-

L’odore, generalmente delicato e gradevole,

ta nell’ordinamento italiano nel 1929 con il

varia invece in funzione della specie di prove-

Regio Decreto n. 994/1929, che aveva stabi-

nienza. Costituito per quasi il 90% da acqua,

lito anche che per latte alimentare si dovesse

il latte è una fonte alimentare di proteine ad

intendere “il prodotto della mungitura rego-

alto valore biologico, sali minerali (calcio e

lare, ininterrotta e completa della mammella

fosforo), vitamine (A, D e del complesso B),

di animali in buono stato di salute e di nutri-

glucidi (lattosio) e lipidi (specialmente acidi

zione”. La mungitura regolare e completa tu-

grassi saturi). In particolare, i lipidi sono co-

tela infatti la salute dell’animale e garantisce

stituiti in larga misura da trigliceridi che, po-

nel contempo l’apporto di tutti i nutrienti,

che ore dopo la mungitura, tendono a sepa-

considerato che, per esempio, il contenuto li-

rarsi dalla soluzione acquosa nella quale sono

pidico aumenta e si completa a mano a mano

emulsionati e ad affiorare in superficie, un

che la procedura è portata a termine.

fenomeno sfruttato per la produzione di pan-

Liquido di colore bianco opaco e più o meno

na o crema di latte oppure inibito mediante

candido, il latte deve il sapore dolciastro alla

omogeneizzazione.

presenza del lattosio, un disaccaride costitu-

L’omogeneizzazione riduce e

ito da una molecola di glucosio e una di ga-

uniforma la dimensione dei

lattosio, e le note salate al contenuto di sodio

globuli di grasso che, oltre a

e cloro.

rimanere in emulsione, risultano anche più digeribili perché più facilmente attaccabili dagli enzimi digestivi. Questo processo è applicato nella produzione di alcune tipologie di latte in commercio, come nel caso del latte fresco pastorizzato o del latte fresco pastorizzato di alta qualità. Vale infatti la pena di precisare che la dicitura latte fresco, contrariamente a quanto comunemente inteso, identifica per legge esclusivamente il latte che ha subito un pro-

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Il formaggio

cesso sia di omogeneizzazione sia di pastorizzazione. Inoltre, secondo il Decreto Legge n. 157/2004 il termine fresco nelle denominazioni di vendita del latte vaccino destinato all’alimentazione umana è riservato ai prodotti che hanno data di scadenza fissata per il sesto giorno successivo a quello del trattamento termico. La sola tipologia di latte commercializzata senza essere omogeneizzata o sottoposta a trattamenti termici (ossia a temperature superiori a 40 °C o ad altri processi aventi un effetto equivalente) è il latte crudo che, subito dopo la mungitura, è filtrato, refrigerato (a 0-4 °C) e quindi commercializzato, motivo per il quale va bollito prima del consumo. Oltre al latte crudo e al latte fresco pastorizzato, in funzione del trattamento tecnologico

per la classificazione delle diverse tipologie

applicato, è possibile distinguere il latte pa-

di latte sottoposto a trattamento termico in

storizzato, il latte microfiltrato pastorizzato,

commercio è il tenore di materia grassa, che

il latte sterilizzato a lunga conservazione e il

individua il latte intero (con contenuto li-

latte UHT a lunga conservazione, ciascuno

pidico uguale o maggiore di 3,5%), il latte

caratterizzato da specifici tempi di esposizio-

parzialmente scremato (con tenore di materia

ne a determinati livelli termici (75-85 °C per

grassa portato a un valore compreso tra 1,5%

la pastorizzazione, 140-150 °C per la steriliz-

e 1,8%) e il latte scremato (con contenuto

zazione) stabiliti per legge. Questi trattamen-

lipidico ridotto ad un massimo dello 0,5%).

ti tecnologici sono applicati dall’industria

Vale la pena precisare che il latte crudo non

alimentare per sanare il latte e garantirne la

rientra in questa classificazione e, in ogni

sicurezza microbiologica e la stabilità durante

caso, è riconducibile alla sola tipologia intero

tutta la shelf-life.

e che il latte fresco pastorizzato di alta qualità

Secondo il già citato Regolamento (UE) n.

è commercializzato esclusivamente in qualità

1308/2013, un altro parametro impiegato

di latte intero. 13

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Il consumo di latte Il latte è da sempre ritenuto buono e, in qualità di alimento principe dei piccoli dei mammiferi nei primi mesi o anni di vita, è associato culturalmente all’idea dell’infanzia. Il candore del latte rimanda alla purezza e alla bontà, facendone così un alimento puro e purificante, che nella Bibbia e nella simbologia religiosa in genere riunisce in sé l’idea della fonte della vita, della salute e della salvezza interiore, facendosi emblema della rinascita e della purezza. Nasce da qui, per esempio, il divieto ebraico di consumare congiuntamente formaggi e carne: l’alimento che dà vita non può essere unito a quello che ha conosciuto la morte. Per lo stesso motivo, agli albori del Cristianesimo il latte, in associazione con il miele e con il pane, costituiva il pasto sacro, nel quale sarà però “sostituito” poi dal vino, nel momento in cui dall’infanzia si passa all’età adulta. Non è un caso che ancora oggi il latte sia abitualmente consumato al mattino, quando si rinasce al nuovo giorno, o la sera, quando aiuta ad affrontare il buio della notte. Alimento per eccellenza dell’infanzia, il latte entra nella dieta dell’essere umano adulto lungo un percorso di adattamento della specie durato millenni, tanto che il suo consumo in età adulta rimane ancora oggi l’abitudine alimentare con la connotazione culturale più forte. Largamente consumato, anche nella forma di latticini, dalle popolazioni del Nord, presumibilmente facilitate dalle diverse condizioni ambientali che favorivano il trattamento e la conservazione di questo alimento delicato, il latte era ritenuto dai medici dell’antichità mediterranea un alimento inappropriato per l’adulto, tanto da essere consigliato esclusivamente per uso medicinale, Ancora nel primo Medioevo il consumo di latte in età adulta era considerato un segno (alimentare) della barbarie, intendendo quest’ultima come una sorta di infanzia socio-culturale. Si tratta, a questo tempo, ancora di latte di pecora o di capra e così sarà fino all’epoca moderna, quando l’allevamento bovino inizierà ad assumere un ruolo economico fondamentale e i bovini cesseranno di tirare l’aratro per nutrire gli uomini con le loro carni e con il loro latte. Non bisogna però pensare che il latte non avesse allora alcun rilievo nutrizionale: diffuso era infatti il consumo di formaggio, che costituiva anche un mezzo efficace per conservarlo.

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Il formaggio

L’animale di provenienza Uno dei fattori da considerare per com-

Inoltre, ciascuna di queste tipologie di latte si

prendere le peculiarità organolettiche di un

presenta con caratteristiche diverse a seconda

formaggio è rappresentato dalla specie e,

della razza di provenienza. Le differenze tra

nell’ambito della medesima specie, dalla raz-

le varie razze costituiscono nell’insieme una

za di appartenenza dei capi dai quali è stato

grande ricchezza e scaturiscono dall’adatta-

munto il latte utilizzato.

mento degli animali all’ambiente oppure dal-

Il latte vaccino, quello caprino, quello ovino

le selezioni e dagli incroci praticati dall’uomo

e quello bufalino si distinguono infatti l’uno

nel corso della storia.

dall’altro in virtù di una serie di elementi e

Nonostante negli ultimi decenni questa “di-

sono impiegati nella produzione di formaggi

versità” sia stata ridimensionata in conse-

sia da soli, producendo formaggi rispettiva-

guenza della necessità di puntare su poche

mente vaccini, caprini, pecorini e bufalini, sia

razze di più facile gestione e in grado di pro-

variamente miscelati tra loro, come avviene

durre grandi quantità di latte, sia gli allevato-

nel caso dei formaggi a latte misto, frequenti

ri e i produttori sia i consumatori manifesta-

nelle realtà più artigianali e tradizionali carat-

no oggi una nuova sensibilità che ha iniziato

teristiche degli ambienti rurali, nei quali con-

a sollecitare il recupero e la valorizzazione

vivono animali di specie diverse.

delle razze locali.

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Queste varietà autoc-

Da capi allevati e nutriti in stalla con il co-

tone, pur non garan-

siddetto foraggio da prato, costituito da spe-

tendo

elevate,

cie foraggere spontanee o seminate, falciate e

permettono di ottene-

consumate fresche, affienate oppure insilate,

re formaggi qualitati-

si ottiene invece un latte (e di conseguenza

vamente assai pregiati.

un formaggio) con caratteristiche meno com-

Le caratteristiche del latte utilizzato per pro-

plesse, perché gli aromi presenti nei vegeta-

durre formaggio sono influenzate anche

li sono per lo più volatili e, co n il taglio, il

in modo decisivo dal tipo di vita condotto

trasporto e la conservazione, vanno in parte

dall’animale dal quale il latte stesso proviene.

persi.

In particolare rivestono importanza determi-

Va inoltre detto che le sostanze aromatiche

nante l’ambiente di vita e il regime alimenta-

ingerite, in misura più o meno significativa,

re. Il valore organolettico del latte, infatti, è

dagli animali si trasferiscono nel latte da essi

tanto più elevato quanto maggiori risultano

prodotto soprattutto attraverso i grassi e, di

la varietà e il pregio delle piante e dei semi di

conseguenza, trovano la loro massima espres-

cui l’animale si è nutrito.

sione nei formaggi a latte intero. Inoltre, le

Il massimo livello è raggiunto quando un

componenti aromatiche risentono negativa-

capo è lasciato libero di alimentarsi diretta-

mente dei trattamenti termici praticati sul

mente al pascolo, quindi di consumare le

latte e pertanto sono più percepibili nei for-

piante direttamente dal suolo in cui crescono,

maggi ottenuti a partire da latte crudo.

rese

e può scegliere tra una grande varietà di erbe, ciascuna caratterizzata da diverse componenti aromatiche. Questa condizione si verifica per lo più durante gli alpeggi estivi in alta montagna, quando l’alimentazione dell’animale si basa sul cosiddetto foraggio da alpeggio, costituito da specie erbacee, arbustive e arboree, diverse per numero e varietà in funzione del luogo. Diverso, seppur simile, è il caso del cosiddetto foraggio da pascolo, costituito da specie foraggere spontanee (graminacee e leguminose in particolare). 16

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Il formaggio

Ingredienti particolari e muffe Le caratteristiche organolettiche di alcuni formaggi sono influenzate dalla presenza di particolari ingredienti o di muffe all’interno della pasta.

È questo il caso per esempio dell’aggiunta di

In particolare, questi ingredienti speciali sono

zafferano durante la realizzazione del Piacen-

aggiunti al latte durante la lavorazione appo-

tinu ennese DOP, del Nostrano Valtrompia

sitamente per conferire al prodotto finito un

DOP e del bagoss, oppure di nepitella nel

sapore, un profumo e un aspetto particolari,

caso del casieddu lucano.

come nel caso, per esempio, del pepe, dello

Nei formaggi erborinati, che devono il nome

zafferano o delle erbe aromatiche.

all’espressione dialettale milanese erborìn (prezzemolo), è riscontrabile la presenza di particolari muffe appartenenti alla specie Penicillium roqueforti, che determinano la comparsa di striature di colore verde-blu e dall’aspetto che ricorda appunto il prezzemolo tritato. In considerazione di questa particolare caratteristica cromatica e visiva, questi formaggi sono detti anche blu o prezzemolati. La presenza di queste muffe è dovuta quasi sempre alle spore aggiunte direttamente al latte durante la lavorazione, che proliferano in una fase successiva in fori appositamente

Si tratta di elementi originali e non facoltati-

praticati inserendo lunghi aghi nella pasta,

vi che, proprio per questo motivo, non pos-

con lo scopo di favorire il passaggio dell’aria.

sono essere ridotti al ruolo di aromatizzanti:

Le spore si sviluppano a partire da tali con-

essi sono infatti componenti necessari, essen-

dotti, propagandosi poi anche all’interno di

ziali, tradizionali e indispensabili che entrano

interstizi volutamente lasciati nella forma: la

a pieno titolo nella particolare composizione

cagliata, dopo essere stata rotta in frammen-

dei formaggi che li prevedono.

ti piuttosto grandi, non è infatti sottoposta 17

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Il formaggio

Le muffe si sviluppano prevalentemente nella parte della forma dove la concentrazione di sale è minore, ovvero quella centrale, e dea pressatura, lasciando così spazi vuoti tra i

terminano una significativa proteolisi della

diversi pezzi che la compongono. Questa

pasta, che tende così ad assumere una più o

procedura è adottata per esempio nella pro-

meno accentuata consistenza cremosa.

duzione del Gorgonzola DOP. Altri formaggi sono classificati come erbo-

L’aromatizzazione

rinati sebbene non sempre siano presenti le caratteristiche striature. Questi prodotti sono ottenuti con particolari tecniche tradizionali, in virtù delle quali la presenza e lo sviluppo delle muffe non sono certi, come accade con l’aggiunta delle spore al latte in lavorazione e con la successiva foratura della forma, ma solo eventuali. Lo sviluppo delle muffe dipende infatti dalla capacità delle muffe stesse di penetrare in modo naturale nella pasta a partire dall’ambiente in cui il prodotto è lasciato maturare, come avviene per esempio nel caso del Castelmagno DOP. A volte lo sviluppo spontaneo delle muffe è propiziato unendo due cagliate prodotte in tempi diversi, così da permettere sia il passaggio dei microrganismi dall’ambiente alla cagliata realizzata per prima sia il mantenimento di un sufficiente spazio vuoto tra le due paste. Queste, non potendo né aderire perfettamente l’una all’altra né fondersi, conservano sufficienti spazi d’aria, in certi casi aumentati tramite foratura, come avviene nel caso dello Strachitunt DOP.

L’aromatizzazione mira a far acquisire ai formaggi una serie di caratteristiche che essi non possiedono nelle loro versioni normali, come per esempio un particolare aspetto, un certo sapore o un determinato profumo. L’aromatizzazione rimanda quindi all’affinamento, dal quale si differenzia però perché è attuata aggiungendo ingredienti aromatizzanti durante la lavorazione. In questo caso, gli ingredienti aggiunti costituiscono però un’integrazione di una versione standard e non possono essere considerati componenti necessari o essenziali del prodotto specifico. Di conseguenza, nel caso del Piacentinu ennese DOP, del Nostrano Valtrompia DOP e del bagoss, lo zafferano non è un aromatizzante, bensì un ingrediente a tutti gli effetti, così come la nepitella nel caso del casieddu lucano. Gli aromatizzanti risultano a volte visibili e individuabili all’interno del prodotto, come nel caso di quei formaggi che presentano all’interno della pasta frammenti di tartufo, pezzi di vegetali, frutta secca o grani di pepe. In altri casi, determinano invece una colorazione uniforme e diffusa della pasta. L’aromatizzazione crea prodotti che non richiedono cure e attenzioni particolari, essendo sufficiente la normale gestione del periodo di maturazione-stagionatura, e che risultano replicabili con risultati tendenzialmente costanti su larga scala.

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Il formaggio

Il trattamento della crosta Alcuni formaggi sono pronti per il consumo in tempi così brevi da non permettere la formazione di una crosta sulla loro superficie, come nel caso dello Squacquerone di Romagna DOP, della Robiola di Roccaverano DOP oppure della Mozzarella di bufala campana DOP. Altri formaggi presentano invece una sorta di “pelle” o di “buccia”, come accade nel caso di una provola o di una scamorza al primo stadio di maturazione e di numerose altre tipologie, chiamate appunto abbucciate,

DOP o il Parmigiano reggiano DOP, può

come per esempio l’abbucciato aretino. Col

essere mantenuta pulita asportando eventuali

trascorrere del tempo, questa buccia può ac-

impurità tramite raschiatura o spazzolatura,

quisire spessore e consistenza, diventando

senza però alterarne la struttura. In questo

una vera e propria crosta.

caso, si parla di crosta pulita.

La crosta, la parte del formaggio a contatto

In alternativa, la crosta può essere cosparsa

con l’ambiente esterno, è uno strato di spes-

(conciata) con uno strato di olio (per lo più

sore e consistenza variabili che svolge diverse

di lino, di semi o di oliva) o ricoperta (cap-

funzioni. In primo luogo, essa permette una

pata) con sostanze quali vinili o paraffina, nel

più o meno significativa e veloce disidrata-

qual caso si parla di crosta trattata.

zione del prodotto e, di conseguenza, con-

La crosta può subire infatti anche trattamenti

corre a determinarne l’intensità e la rapidità

più intensi, finalizzati a far acquisire al for-

della maturazione, oltre ad influire sulla sua

maggio i sapori e i profumi di particolari so-

conservazione; inoltre, in funzione del trat-

stanze, come nel caso delle croste trattate ot-

tamento subito, contribuisce in modo più o

tenute ponendo il formaggio a contatto con

meno significativo a definire le caratteristiche

sostanze aromatizzanti, quali per esempio vi-

del formaggio.

nacce (nel caso dei formaggi “ubriachi”), pu-

La crosta dei formaggi a stagionatura medio-

ree di ortaggi (pomodori, peperoni), petali di

lunga, come per esempio il Grana padano

fiori o carbone vegetale. 19

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Altri trattamenti, come per esempio l’impie-

o della maturazione del prodotto in ambienti

go di muffe commestibili e i lavaggi con ac-

particolari, oppure essere distribuite tramite

qua e sale, mirano ad accelerare la maturazio-

nebulizzazione diretta sulle forme o, in alter-

ne del prodotto facendola iniziare dallo strato

nativa, essere aggiunte direttamente al latte

più esterno (maturazione centripeta) e, nel

in lavorazione. In genere, i formaggi a crosta

contempo, conferiscono al prodotto partico-

fiorita sono a pasta morbida e hanno sapore

lari peculiarità organolettiche. Il formaggio,

che rivela sentori fungini.

in questo modo, tende infatti ad assumere

L’applicazione periodica sulla crosta di spu-

consistenza cremosa e colore più intenso nel

gnature eseguite con una soluzione di acqua

sottocrosta, per un fenomeno di degradazio-

e sale permette invece la sopravvivenza esclu-

ne delle caseine noto come proteolisi.

sivamente a particolari microrganismi (batte-

In particolare, l’impiego di muffe commesti-

ri, muffe e lieviti) che, agendo sulla superfi-

bili, di solito appartenenti al genere Penicil-

cie del prodotto, determinano la formazione

lium (P. camemberti o P. candidum), fa sì

di uno strato appiccicoso e molle (morchia),

che il formaggio risulti ricoperto in superficie

che assume via via un colore ocra-arancio più

da un soffice strato biancastro (crosta fiori-

o meno intenso oppure grigio con sfumature

ta), come nel caso, per esempio, di formaggi

rossastre. I formaggi a crosta lavata, tra i qua-

francesi come il Brie de Meaux AOP, il Brie

li figura per esempio il Taleggio DOP, sono

de Melun AOP e il Camembert de Norman-

caratterizzati da odore e sapore piuttosto

die AOP. Le muffe possono svilupparsi in

marcati, talvolta pungenti, aggressivi e con

modo naturale, a seguito della stagionatura

note ammoniacali.

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Panorama dei formaggi italiani

Asiago DOP Consorzio per la Tutela del Formaggio Asiago Corso Fogazzaro, 18 - 36100 Vicenza tel. 0444 321758 - info@formaggioasiago.it - www.asiagocheese.it

Originario dell’omonimo altopiano in provincia di Vicenza da cui prende il nome ed inizialmente ottenuto da latte ovino, l’Asiago divenne un formaggio a latte vaccino solo partire dal XVI secolo. L’estensione dell’area di produzione alle limitrofe zone pedomontane è da ricollegare alla migrazione della popolazione locale verso questi territori nel periodo della Prima Guerra Mondiale. La tipologia fresca, nata nei primi anni del Novecento, all’epoca rappresentò il frutto dell’applicazione di nuove tecnologie casearie e favorì la diffusione del prodotto a livello internazionale. Province interessate dal comprensorio di produzione Veneto Vicenza, Padova (in parte), Treviso (in parte) Trentino-Alto Adige Trento

Latte utilizzato

Coagulazione

Latte vaccino proveniente soprattutto da capi di razza Pezzata Rossa Italiana, Frisona e Bruna Tipologia pressato o fresco: latte crudo o pastorizzato derivante da una o due mungiture Tipologia d’allevo o stagionato: latte crudo o termizzato derivante: da due mungiture parzialmente scremate per affioramento da due mungiture, di cui una scremata per affioramento da una sola mungitura parzialmente scremata per affioramento

Presamica (caglio di vitello)

Fermenti utilizzabili Fermenti lattici o lattoinnesto

Rottura della cagliata Tipologia pressato o fresco: noce/nocciola Tipologia d’allevo o stagionato: nocciola o dimensioni minori

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Trattamento a cui viene sottoposta la cagliata

Durata minima della maturazione-stagionatura

Tipologia pressato o fresco: riscaldamento a 42-46 °C e pressatura praticata per non più di 12 ore Tipologia d’allevo o stagionato: riscaldamento a 45-49 °C

Tipologia pressato o fresco: 20 giorni dalla data di produzione Tipologia pressato o fresco recante la dicitura prodotto della montagna: almeno 30 giorni Tipologia d’allevo o stagionato: 60 giorni dall’ultimo giorno del mese di produzione Tipologia d’allevo o stagionato recante la dicitura mezzano: 4-6 mesi Tipologia d’allevo o stagionato recante la dicitura vecchio: 10-15 mesi Tipologia d’allevo o stagionato recante la dicitura stravecchio: oltre 15 mesi Tipologia d’allevo o stagionato recante la dicitura prodotto della montagna: almeno 90 giorni

Salatura Salatura in pasta con eventuale completamento a secco o in salamoia

Trattamento a cui viene sottoposta la crosta Trattamento con sostanze consentite dalla normativa (la tipologia di montagna non è trattabile con sostanze coloranti e antimuffa)

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Panorama dei formaggi italiani

Ambiente in cui avviene la maturazione-stagionatura Locali con temperatura di 10-15 °C e umidità dell’80-85% Tipologia d’allevo o stagionato: può essere conservata per i primi quindici giorni dopo la salatura in magazzino a temperature di 5-8 °C Tipologia prodotto della montagna: locali con temperatura e umidità determinate dalle condizioni ambientali naturali

Tipologie particolari prodotte in specifiche sottozone e/o con determinati metodi Possono fregiarsi della menzione prodotto della montagna le forme: ottenute e stagionate in zone situate a un’altitudine superiore a 600 metri ricavate lavorando latte munto da bovine allevate nelle medesime zone e alimentate senza ricorrere a insilati stagionate almeno 30 giorni (nel caso della tipologia pressato o fresco) o almeno 90 giorni (nel caso della tipologia d’allevo o stagionato) in locali con temperatura e umidità determinate dalle condizioni ambientali naturali

Dati sensoriali Tipologia pressato o fresco a 20 giorni di maturazione: forma cilindrica con scalzo diritto o leggermente convesso alto 11-15 cm, facce piane o quasi piane con diametro di 30-40 cm e peso da 11 a 15 kg pasta di colore bianco o leggermente paglierino con occhiatura marcata e irregolare sapore delicato e gradevole, latteo, con sentori di fermenti e lievi note acidule crosta sottile ed elastica Tipologia d’allevo o stagionato a 60 giorni di maturazione: forma cilindrica con scalzo diritto o quasi diritto alto 9-12 cm, facce piane o quasi piane con diametro di 30-36 cm e peso da 8-12 kg pasta di colore paglierino o leggermente paglierino con occhiatura di piccola e media grandezza sapore dolce (mezzano) o fragrante (vecchio), con note vegetali che, a partire circa dal sesto mese di stagionatura, cedono via via il passo a sentori di frutta secca crosta liscia e regolare

Periodo di produzione Tutto l’anno

Grasso Tipologia pressato o fresco a 20 giorni di maturazione: 2634% sul tal quale (almeno 44% sulla sostanza secca) Tipologia d’allevo o stagionato a 60 giorni di maturazione: 26,5-35,5% sul tal quale (almeno 34% sulla sostanza secca)

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Caseus Il grande libro dei formaggi italiani

A cura di Renato Brancaleoni e Davide Mondin

Euro 37,00

Il grande libro dei formaggi italiani

www.edizioniplan.it

Caseus

Il formaggio rappresenta uno dei prodotti più adatti a svolgere il ruolo di “ambasciatore” della cultura gastronomica di un territorio. Le sue caratteristiche dipendono infatti dall’incrociarsi di molteplici fattori, spesso inscindibilmente legati a particolari zone e, quindi, non riproducibili altrove. Ecco perché l’Italia, Paese che come pochi altri presenta varietà di paesaggi e culture, è la culla di un inimitabile scrigno di sapori, forme, aromi e profumi anche in questo ambito. Caseus descrive il formaggio in tutte le sue dimensioni, accompagnando il lettore lungo un percorso che ripercorre i vari momenti nei quali è scandita la “vita” del prodotto. Storia, legislazione, informazioni tecniche, classificazioni, descrizione approfondita di tutti i formaggi italiani DOP e IGT, ma anche temi quali la gestione di banchi e carrelli nell’ambito di negozi e locali, le tecniche e gli strumenti per la conservazione e il taglio, le modalità di servizio e i criteri per la scelta, le quantità e gli abbinamenti costituiscono gli elementi caratterizzanti del testo. L’opera si rivolge sia al professionista sia all’appassionato che desidera acquisire la capacità di valutare in modo autonomo il profilo qualitativo dei prodotti proposti dal mercato. Una serie di ricette della tradizione che trovano nel formaggio l’ingrediente principale completa il volume.

Il grande libro dei formaggi italiani


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