Unità
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L’uomo, un es s religioso
“
Tutto quel che avviene nella vita dell’uomo, anche nella sua vita materiale, trova un’eco nella sua esperienza religiosa.
”
Mircea Eliade, storico delle religioni rumeno.
Il sito neolitico di Stonehenge, nello Wiltshire, in Inghilterra. 8 unita_01.indd 8
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UOMO
s sere
DOMANDE DI SENSO
TRASCENDENTE
RELIGIONE
NATURALE
RIVELATA Ebraismo Cristianesimo n Islam n n
LIBRO SACRO
CULTO Riti Sacri Luoghi Sacri n Tempi Sacri n Persone Sacre n n
Ambiti tematici degli Obiettivi di Apprendimento Dio e l’uomo La Bibbia e le altre fonti Il linguaggio religioso I valori etici e religiosi
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Le domande dell’uomo C
iò che fa essere l’uomo un uomo e gli permette di distinguersi dagli altri esseri viventi è la capacità di pensare, ragionare e porsi domande. Molti uomini prima di te si sono posti i tuoi stessi interrogativi. È lo stupore, la meraviglia di fronte alle cose del mondo, agli spettacoli della natura e alle forze che essa manifesta che ci fa porre domande come queste:
raviglioso: sarebbe diventato un grande re ma soltanto se non avesse incontrato mai nella sua vita un vecchio, un malato e un morto. Il re si disperò, perché capì subito che, nella vita, era impossibile non incontrare mai queste realtà ma, volendo sfidare il desti-
• Chi? • Che cosa? • Perché • Che senso ha? Ci sono domande di curiosità, cioè domande che hanno un’unica risposta uguale per tutti e domande di senso, cioè domande che possono avere risposte anche diverse ma significative per ciascuno; sono quelle domande la cui risposta dà un senso alla vita. Ti raccontiamo una storia:
Il Pensatore di Auguste Rodin (Museo Rodin, Parigi) è divenuto nel mondo l’icona dell’umano pensare umano. Immagine di Buddha in meditazione, emblema della volontà umana della ricerca: la tradizione narra che dopo sette settimane di profondo raccoglimento e ricerca gli si spalancò la conoscenza della verità.
Molti secoli fa, in India, viveva felice un re. La moglie, purtroppo, morì dando alla luce il figlio primogenito, maschio. Una grande gioia si unì ad una grande tristezza. L’evento particolare doveva significare per forza qualcosa e allora il re si rivolse ad un indovino, uno che sapeva leggere il futuro, portandogli il principe suo figlio. L’indovino predisse per il bambino un futuro me-
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no, rinchiuse suo figlio nel palazzo reale e lo fece crescere attorniato solo da persone sane e giovani. Siddharta, così si chiamava il giovane, crebbe, si sposò ed ebbe anche un figlio senza mai accorgersi di essere prigioniero dentro la sua stessa casa. Ma un giorno Siddharta chiese a suo padre: “Come potrò diventare un buon re se non conosco il mio regno e i miei sudditi? Come potranno i miei sudditi amarmi se non mi hanno mai visto?”. Di nuovo il re si disperò di fronte alla richiesta legittima del figlio, ma cercò ancora di cambiare il destino programmando accuratamente l’uscita del principe. Fece uscire un araldo con un proclama che annunciava la visita del principe e obbligava tutti i malati e i vecchi del regno a starsene chiusi, nascosti, in casa. Siddharta, sopra il cocchio regale, girando per le strade del regno, emozionato e felice di vedere tanti sudditi che lo inneg-
giavano, riuscì anche a vedere, lontano, un vecchio, un malato e un morto. Subito si rattristò e saputo che tutte le persone, principi compresi, possono ammalarsi e invecchiare e che tutti debbono morire, si chiese: “Come può una persona vivere felice sapendo che ci si può ammalare, si invecchia e si muore?”. Queste domande gli provocarono un grande turbamento. Non tornò più a palazzo, rinunciò alla sua carica di principe e poi di re, e si ritirò nella foresta a meditare. L’unico suo scopo era pensare e trovare una risposta alla domanda che non gli permetteva di stare sereno. Fu infine investito dalla consapevolezza di tutte le cose, capì la strada da seguire e da allora tutti lo chiamarono Buddha, l’illuminato.
Raffaello Sanzio, Allegoria della Filosofia, affresco, Stanza della Segnatura, Vaticano. La filosofia (dal greco fileo “amare” e sofia “sapienza”) si chiede il perché delle cose.
• Quali sono le domande che il protagonista, il giovane Siddharta, si pone sul senso della vita? • Quali incontri ed eventi della vita hanno suscitato in lui questi interrogativi? • Che cosa fece per trovare risposta alle sue domande?
Antica miniatura medievale raffigurante l’uomo che, paragonato a un viandante, è in continua esplorazione del mondo, fino a spingersi a “uscire” da esso per lanciare lo sguardo verso ciò che “supera” il mondo stesso: Dio.
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Alla ricerca di risposte S
Lo scrittore Dino Buzzati (1906-1972), autore della raccolta di racconti Il Colombre (1966).
e è normale porsi domande sul senso della nostra esistenza, è legittimo chiedersi anche “dove possiamo trovare le risposte?”. Per molte domande di senso e di significato le risposte sono nello stesso “luogo” da dove esse sgorgano: nell’uomo stesso. Quante volte ti sei chiesto, per esempio “io chi sono?”. La risposta è in te, nel tuo rapporto con gli altri e nel tuo saperti accettare per ciò che sei. Per riflettere ti proponiamo un affascinante racconto di Dino Buzzati.
Rifletti osservando queste facce.
• Quali stati d’animo rappresentano? • Quando ti senti così? Perché? • Quale delle quattro emozioni è più difficile da definire? • Con l’aiuto del tuo insegnante di Arte e Immagine analizza le espressioni dei volti di alcune opere artistiche.
Ex-voto del 1867 nel quale si racconta di un certo capitano Simone Lak, miracolosamente scampato da un assalto del “gran Colombre” al largo di Forasti.
Il Colombre Quando Stefano Roi compì i dodici anni, chiese in regalo a suo padre, capitano di mare e padrone di un bel veliero, che lo portasse con sé a bordo. «Quando sarò grande - disse - voglio andar per mare come te. E comanderò delle navi ancora più belle e grandi della tua». «Che Dio ti benedica, figliolo» rispose il padre. E siccome proprio quel giorno il suo bastimento doveva partire, portò il ragazzo con sé. Era una giornata splendida di sole; e il mare tranquillo. Stefano, che non era mai stato sulla nave, girava felice in coperta, ammirando le complicate manovre delle vele. E chiedeva di questo e di quello ai marinai che, sorridendo, gli davano tutte le spiegazioni. Come fu giunto a poppa, il ragazzo si fermò, incuriosito, a osservare una cosa che spuntava a intermittenza in superficie, a distanza di due-trecento metri, in corrispondenza della scia della nave. (...) Il padre, non vedendo Stefano più in giro, dopo averlo chiamato a gran voce invano, scese dalla plancia e andò a cercarlo. «Stefano, che cosa fai lì impalato?» gli chiese scorgendolo infine a poppa, in piedi, che fissava le onde. «Papà, vieni qui a vedere». Il padre venne e guardò anche lui, nella direzione indicata dal ragazzo, ma non riuscì a vedere niente. «C’è una cosa scura che spunta ogni tanto dalla scia - disse - e che ci viene dietro». «Nonostante i miei quarant’anni - disse il padre - credo di avere ancora una vista buona. Ma non vedo assolutamente niente».
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Poiché il figlio insisteva, andò a prendere il cannocchiale e scrutò la superficie del mare, in corrispondenza della scia. Stefano lo vide impallidire. «Cos’è? Perché fai quella faccia?». «Oh, non ti avessi ascoltato - esclamò il capitano - Io adesso temo per te. Quella cosa che tu vedi spuntare dalle acque e che ci segue, non è una cosa. Quello è un colombre. È il pesce che i marinai sopra tutti temono, in ogni mare del mondo. È uno squalo tremendo e misterioso, più astuto dell’uomo. Per motivi che forse nessuno saprà mai, sceglie la sua vittima, e quando l’ha scelta la insegue per anni e anni, per una intera vita, finché è riuscito a divorarla. E lo strano è questo: che nessuno riesce a scorgerlo se non la vittima stessa e le persone del suo stesso sangue». «Non è una favola?». «No. Io non l’avevo mai visto. Ma dalle descrizioni che ho sentito fare tante volte, l’ho subito riconosciuto. Quel muso da bisonte, quella bocca che continuamente si apre e chiude, quei denti terribili. Stefano, non c’è dubbio, purtroppo, il colombre ha scelto te e finché tu andrai per mare non ti darà pace. Ascoltami: ora noi torniamo subito a terra, tu sbarcherai e non ti staccherai mai più dalla riva, per nessuna ragione al mondo». (...) Da allora il ragazzo con ogni espediente fu distolto dal desiderio del mare. Il padre lo mandò a studiare in una città dell’interno, lontana centinaia di chilometri. E per qualche tempo, distratto dal nuovo ambiente, Stefano non pensò più al mostro marino. Tuttavia, per le vacanze estive, tornò a casa e per prima cosa, appena ebbe un minuto libero, si affrettò a raggiungere l’estremità del molo, per una specie di controllo, benché in fondo lo ritenesse superfluo. Dopo tanto tempo, il colombre, ammesso anche che tutta la storia narratagli dal padre fosse vera, aveva certo rinunciato all’assedio. Ma Stefano rimase là, attonito, col cuore che gli batteva. A distanza di due-tre-
cento metri dal molo, nell’aperto mare, il sinistro pesce andava su e giù, lentamente, ogni tanto sollevando il muso dall’acqua e volgendolo a terra, quasi con ansia guardasse se Stefano Roi finalmente veniva. Così, l’idea di quella creatura nemica che lo aspettava giorno e notte divenne per Stefano una segreta ossessione. E anche nella lontana città gli capitava di svegliarsi in piena notte con inquietudine. Egli era al sicuro, sì, centinaia di chilometri lo separavano dal colombre. Eppure egli sapeva che, di là dalle montagne, di là dai boschi, di là dalle pianure, lo squalo era ad aspettarlo. (...) Stefano, ch’era un ragazzo serio e volonteroso, continuò con profitto gli studi e, appena fu uomo, trovò un impiego dignitoso e rimunerativo in un emporio di quella città. Intanto il padre venne a morire per malattia, il suo magnifico veliero fu dalla vedova venduto e il figlio si trovò ad essere erede di una discreta fortuna. Il lavoro, le amicizie, gli svaghi, i primi amori: Stefano si era ormai fatto la sua vita, ciononostante il pensiero del colombre lo assillava come un funesto e insieme affascinante miraggio; e, passando i giorni, anziché svanire, sembrava farsi più insistente. (...) Aveva appena ventidue anni Stefano, quando, salutati gli amici della città e licenziatosi dall’impiego, tornò alla città natale e comunicò alla mamma la ferma
Il mare dimostra d’essere spesso un elemento particolarmente evocativo per l’uomo di ogni tempo.
Incisione del 1865 di Gustave Doré raffigurante il Leviatano, mostro biblico descritto nel libro di Giobbe come una fiera invincibile che comanda in modo spietato le creature del mare (Gb 41,1-26).
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Pittura su vetro utilizzata in occasione del film Il vecchio e il mare di Aleksandr Petrov inerente il celebre romanzo di Ernest Hemingway, nel quale per tutta una notte un vecchio pescatore “lotta” con un grosso pesce. Anche in questo caso si tratta di un rapporto che costituisce una metafora della vita. Miniatura conservata nell’Università di Erfurt (Germania) raffigurante il profeta Giona e il grosso pesce che lo tenne per tre giorni nel ventre. Anche nel contesto biblico i mostri marini, come il Leviatano, divengono l’emblema di esperienze umane forti.
intenzione di seguire il mestiere paterno. La donna, a cui Stefano non aveva mai fatto parola del misterioso squalo, accolse con gioia la sua decisione. (...) E Stefano cominciò a navigare, dando prova di qualità marinare, di resistenza alle fatiche, di animo intrepido. (...) «Non vedete niente da quella parte?» chiedeva di quando in quando ai compagni, indicando la scia. «No, noi non vediamo proprio niente. Perché». «Non so. Mi pareva...». «Non avrai mica visto per caso un colombre?» facevano quelli, ridendo e toccando ferro. «Perché ridete? Perché
toccate ferro?». «Perché il colombre è una bestia che non perdona. E se si mettesse a seguire questa nave, vorrebbe dire che uno di noi è perduto». Ma Stefano non mollava. (...) Poté in seguito acquistare un mercantile sul serio, avviandosi a traguardi sempre più ambiziosi. (...) Navigare, navigare, era il suo unico pensiero. (...) Finché, all’improvviso, Stefano un giorno si accorse di essere diventato vecchio, vecchissimo; e nessuno intorno a lui sapeva spiegarsi perché, ricco com’era, non lasciasse finalmente la dannata vita del mare. Vecchio, e amaramente infelice, perché l’intera esistenza sua era stata spesa in quella specie di pazzesca fuga attraverso i mari, per sfuggire al nemico. (...) E una sera, mentre la sua magnifica nave era ancorata al largo del porto dove era nato, si sentì prossimo a morire. Allora chiamò il secondo ufficiale, di cui aveva grande fiducia, e gli ingiunse di non opporsi a ciò che egli stava per fare. L’altro, sull’onore, promise. Avuta questa assicurazione, Stefano, al secondo ufficiale che lo ascoltava sgomento, rivelò la storia del colombre, che aveva continuato a inseguirlo per quasi cinquant’anni, inutilmente. «Mi ha scortato da un capo all’altro del mondo - disse - con una fedeltà che neppure il più nobile amico avrebbe potuto dimostrare. Adesso io sto per morire. Anche lui, ormai, sarà terribilmente vecchio e stanco. Non posso tradirlo». Ciò detto, prese commiato, fece calare in mare un barchino e vi salì, dopo essersi fatto dare un arpione. «Ora gli vado incontro - annunciò . È giusto che non lo deluda. Ma lotterò, con le mie ultime forze». A stanchi colpi di remi, si allontanò da bordo. Ufficiali e marinai lo videro scomparire laggiù, sul placido mare, avvolto dalle ombre della notte. C’era in cielo una falce di luna. Non dovette faticare molto. All’improvviso il muso orribile del colombre emerse di fianco alla barca. «Eccomi a te, finalmente - disse
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Stefano - Adesso, a noi due!». E, raccogliendo le superstiti energie, alzò l’arpione per colpire. «Uh! - mugolò con voce supplichevole il colombre - che lunga strada per trovarti. Anch’io sono distrutto dalla fatica. Quanto mi hai fatto nuotare. E tu fuggivi, fuggivi. E non hai mai capito niente»- «Perché?» fece Stefano, punto sul vivo. «Perché non ti ho inseguito attraverso il mondo per divorarti, come pensavi. Dal re del mare avevo avuto soltanto l’incarico di consegnarti questo». E lo squalo trasse fuori la lingua, porgendo al vecchio capitano una piccola sfera fosforescente. Stefano la prese fra le dita e guardò. Era una perla di grandezza spropositata. E lui riconobbe la famosa Perla del Mare che dà, a chi la possiede, fortuna, potenza, amore, e pace dell’animo. Ma era ormai troppo tardi. «Ahimè! - disse scuotendo tristemente il capo - Come è tutto sbagliato. Io sono riuscito a dannare la mia esistenza: e ho rovinato la tua». «Addio, pover’uomo» rispose il colombre. E sprofondò nelle acque nere per sempre. Due mesi dopo, spinto dalla risacca, un barchino approdò a una dirupata scogliera. Fu avvistato da alcuni pescatori che, incuriositi, si avvicinarono. Sul barchino, ancora seduto, stava un bianco scheletro: e fra le ossicine delle dita stringeva un piccolo sasso rotondo. Il colombre è un pesce
di grandi dimensioni, spaventoso a vedersi, estremamente raro. A seconda dei mari, e delle genti che ne abitano le rive, viene anche chiamato kolomber, kahloubrha, kalonga, kalu-balu, chalung-gra. I naturalisti stranamente lo ignorano. Qualcuno perfino sostiene che non esiste. • Che sentimenti prova Stefano di fronte al colombre? • Chi o che cosa si può nascondere dietro al colombre? Le domande di senso come “Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?” hanno indotto l’uomo di tutti i tempi a cercare delle risposte per essere felice. Non tutti, di fronte alle domande sul senso della vita, hanno lo stesso atteggiamento. Si può provare turbamento, angoscia, paura, ansia, talvolta nessuna emozione. C’è chi si pone in ricerca, c’è chi rimane indifferente e vive alla giornata, affermando che le cose avvengono per caso; c’è chi, infine, afferma che non ci sono risposte plausibili: la vita è semplicemente un incidente di percorso e non è possibile dare risposte a questo tipo di domande.
Acquaforte di Jan Luyken raffigurante la parabola della perla preziosa (Matteo 13,45-46), Bowyer Bible, Bolton, Inghilterra. In questa parabola del Regno la perla è accostata alla realtà più preziosa che l’uomo può scoprire nella propria vita.
Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? è un dipinto del 1897 di Paul Gauguin ad olio su tela, conservato al Museum of Fine Arts di Boston. L’opera va letta da destra a sinistra e rappresenta un ciclo vitale disposto ad arco, dalla nascita alla vecchiaia.
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L’origine del senso religioso M
Pittura rupestre del mesolitico, Castellon, Spagna. Alcuni arcieri stanno accerchiando e cacciando degli stambecchi. Ricostruzione di un villaggio del centro neolitico di Catal Hujuk; nel particolare in rilievo si può notare come le teste degli animali uccisi venissero tenute appese nelle abitazioni per motivi religiosi.
olte migliaia di anni fa gli uomini vivevano in caverne e non conoscevano l’uso del fuoco. Quando un fulmine colpiva un albero si spaventavano e si chiedevano: “Chi è costui che può lanciare terribili fulmini? Deve essere molto più grande e potente di noi! È certamente un essere potente, capace di lanciare frecce di fuoco”. Essi lo temevano e gli offrivano sacrifici per beneficiare i suoi favori. Nei tempi primitivi gli uomini si procuravano il cibo con la caccia: gli animali selvaggi erano indispensabili per la loro vita e perciò pensavano che fossero dèi forti e potenti e, infatti, quando volevano disegnare le loro divinità, le raffiguravano spesso sotto forma di animali. Immagina di tornare indietro nel tempo e di raggiungere una comunità di uomini primitivi. Vivono nelle caverne, conoscono il fuoco, cacciano per mangiare. Ti raccontiamo una storia.
Uno degli uomini è particolarmente stanco di uscire a caccia con la lancia: pesa e una volta usata non c’è possibilità di un veloce e secondo tiro. Pensa che servirebbero tante lance piccole da portarsi dietro agevolmente, ma bisognerebbe trovare il modo per imprimere forza alle stesse nel momento del lancio. Studia molto e inventa l’arco. Di nascosto, per non farsi deridere se l’arma da lui inventata non dovesse funzionare, se ne va a caccia di buon mattino. è una mattina fortunata e subito, sotto le querce, vede un cinghiale intento a mangiare le ghiande. Prende la mira e... l’arma funziona! Felice se ne torna al villaggio dove consegna i due cinghiali alle donne perché li puliscano, e li cucinino. Si mette poi a raccontare a tutti la grande sua impresa e invenzione. Dopo ore di racconti in cui si vanta molto, sia con i grandi che con i piccini, per suscitare invidia e ammirazione è pronto il cibo. Una montagna di carne è stata cucinata e, per tanto che tutti si sforzino nel mangiare, ne avanza una quantità molto grande che corrisponde ad un cinghiale intero. Metodi per la conservazione non ce ne sono. L’unica possibilità che hanno per evitare spiacevoli visite da parte di animali selvatici è buttare la carne nella foresta così da tenerli lontani dal villaggio. Dopo il pranzo il nostro eroe si mette a dormire sotto l’albero davanti alla sua caverna. Una leggera brezza lo culla. Presto si addormenta ma ancora più presto si sveglia perché un vento impetuoso solleva polvere e foglie. Apre gli occhi e vede sopra di lui un cielo nero che brontola e
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manda fuoco. Ha paura. Non conosce il temporale, non sa cosa sia. Scappa nella sua caverna e appena entrato, girandosi,
vede che un fulmine incenerisce l’albero sotto il quale stava dormendo.
Pitture rupestri con immagini sacrificali nelle grotte di Serra da Capivara, Brasile.
• Cosa penserà il nostro uomo primitivo? • Quali domande si porrà? • Quali risposte si darà?
Terracotta di Luc Faydherbe, Musei Reali delle Belle Arti, Bruxelles. L’opera raffigura il dio Giove mentre scaglia una saetta.
Fin dall’antichità l’uomo tende a ricorrere a spiegazioni divine dinanzi a fenomeni che lo sorprendono e che non riesce a spiegarsi.
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La nascita della religione
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e guardi indietro nel tempo ti accorgi che tutti i popoli antichi hanno avuto una religione; questo ci porta ad affermare che la religione nasce con l’uomo o, meglio, che l’uomo, in quanto essere pensante e razionale, si configura come essere religioso (homo religiosus). Il nascere, il morire, la forza e la bellezza della natura suscitano nell’uomo di ogni tempo stupore e meraviglia, uniti ad un senso di timore e insieme di fascino. Tutto ciò porta l’uomo ad intuire l’esistenza di un Essere più grande di lui e della natura stessa che tutto ordina.
Eglon van der Neer, Allegoria della Religione, olio su tela, Museo Amstelkring, Amsterdam.
Australopiteco anello di raccordo
Homo habilis lavora la pietra
Non tutti riescono a percepire la presenza di un Essere Superiore, di un Dio perché affermano che la risposta religiosa non si può affermare vera in quanto essa va oltre la comprensione umana. È l’atteggiamento dell’agnosticismo.
Homo erectus conosce il fuoco, migra, si adatta ai vari ambienti
Homo sapiens elabora un linguaggio, seppellisce i morti
Homo sapiens sapiens l’uomo moderno
Alcuni necessitano di prove concrete e visibili per poter affermare l’esistenza di un Dio (è l’atteggiamento dello scetticismo) e altri, per varie ragioni, negano la sua esistenza (ateismo). Chi cerca le risposte sul significato della vita, al di là di se stesso e del mondo, ha cercato di instaurare una relazione con Dio: è la nascita della religione. La storia dell’uomo è anche storia della religione e viceversa. Per la religione Dio è l’origine della vita e del mondo, è la risposta alle domande sull’esistenza. Chi si fida di Dio e gli è fedele, si dice che ha fede in Lui.
Quando comparve il senso religioso nell’evoluzione dell’uomo? • 2 milioni di anni fa: Homo habilis (inventò i primi rudimentali utensili di pietra). • 1.600.000 anni fa: Homo erectus (ideò il linguaggio, addomesticò il fuoco, costruì capanne e scoprì il piacere della convivialità). • 100.000 anni fa: Uomo di Neanderthal, Homo sapiens (risalgono a lui le prime costruzioni di sepolcri: egli seppellisce con cura i propri morti, li adorna e ricopre di elementi particolari le tombe). • 35.000 anni fa: Homo sapiens sapiens (siamo noi, costruttori di città e conquistatori del mondo, eredi di tanta preistoria).
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Magia, superstizione, religione: quale differenza Alcuni pensano che credere nell’esistenza di Dio sia segno di fragilità e di irrazionalità. In realtà molti credenti pensano che sia proprio la ragione a condurre l’uomo a Dio, a credere che “oltre” l’uomo ci sia Qualcuno che ordina le cose, lasciandogli però la libertà di vivere la propria vita. C’è però una constatazione interessante da fare. Se credere in Dio è considerato da alcuni irrazionale (perché non ci sono prove della sua esistenza, ma non ci sono neppure prove che dimostrino la sua non-esistenza), è d’altra parte vero che non poche persone credono agli oroscopi, vanno dai maghi, dalle cartomanti o dimostrano le più svariate forme di superstizione. Di certo, si può affermare che nemmeno tutto ciò è “razionale”. La magia ha anzi un atteggiamento opposto alla religione. Il mago pratica l’arte di dominare le forze superiori per poterle sfruttare a proprio vantaggio, ricevendo molto spesso denaro da chi chiede un suo intervento. I mass media ci informa-
no quasi ogni giorno di truffe a danno di persone che cadono nella rete di maghi imbroglioni. Mentre la magia cerca di impossessarsi del sacro, la religione lo rispetta e cerca di mettere l’uomo in relazione con esso. Nelle religioni primitive abbiamo testimonianza di concezioni magiche della religiosità (magia bianca/buona e magia nera/cattiva): lo sciamano con l’aiuto di feticci (oggetti che venivano considerati sacri e a cui si attribuivano poteri magici), cerca di impadronirsi di energie superiori per contrastare le forze negative che agiscono sulle persone e sulle cose. Con l’evoluzione dell’uomo si è avuta anche l’evoluzione della religiosità e l’eliminazione dell’aspetto magico. La superstizione è la credenza che collega due eventi tra loro estranei come se fossero in relazione di causa ed effetto tra di loro: ad esempio assistere al passaggio di un gatto nero e alla caduta del sale sulla tavola viene interpretato come segno di imminenti sciagure.
Hieronymus Bosch, Il mago, olio su tela, Museo Municipale di Saint-Germain-en-Laye (Francia).
• Che cosa pensi dell’oroscopo? • È conciliabile la credenza in Dio con la credenza nell’oroscopo?
Da Fides et ratio, n. 25, Giovanni Paolo II Tutti gli uomini desiderano sapere, e oggetto proprio di questo desiderio è la verità. La stessa vita quotidiana mostra quanto ciascuno sia interessato a scoprire, oltre il semplice sentito dire, come stanno veramente le cose. L’uomo è l’unico essere in tutto il creato visibile che non solo è capace di sapere, ma sa anche di sapere, e per questo si interessa alla verità reale di ciò che gli appare. Nessuno può essere sinceramente indifferente alla verità del suo sapere. Se scopre che è falso, lo rigetta; se può, invece, accertarne la verità, si sente appagato.
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Classificazione delle religioni
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n base alla loro origine le religioni si possono distinguere in due tipologie:
• possono essere non rivelate, cioè nate per iniziativa dell’uomo al fine di dare risposta ai propri bisogni spirituali, ricevere protezione e dare spiegazione ai fenomeni naturali. Sono le più antiche e sono caratterizzate da una concezione primitiva dell’idea di divinità;
Antica miniatura raffigurante l’arcangelo Gabriele mentre ispira Maometto. L’Islam, come l’Ebraismo e il Cristianesimo, è collocato tra le “religioni rivelate”.
• possono essere rivelate, cioè nate per volontà della divinità che si è manifestata, fatta conoscere all’uomo attraverso la sua parola, o, addirittura, la sua presenza. Le religioni non rivelate possono essere naturali e animiste o soprannaturali di tipo politeista (cioè credenza in più divinità). Le religioni naturali/animiste sono an-
cora ampiamente diffuse in Africa, America Latina e Australia. Considerano essenziale propiziarsi la benevolenza degli dèi con opportune cerimonie, sacrifici, riti magici. Le religioni politeiste sono soprannaturali e possono avere caratteri legati all’animismo. Le principali e le più antiche, oramai estinte perché scomparsa la civiltà in cui sono nate, sono: • religione mesopotamica • religione egizia • religione greca • religione romana Un caso a parte può essere considerato l’Induismo che apparentemente può sembrare politeista, mentre in realtà sarebbe più corretto parlare di “enoteismo” (manifestazione dell’Uno in diverse forme).
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Le religioni rivelate sono le più recenti e sono monoteiste (cioè credono in un solo Dio); in ordine cronologico ha avuto origine prima l’Ebraismo (XIX a.C. circa), poi il Cristianesimo (I sec. d.C.) e infine l’Islam (VI sec. d.C.). Il Buddhismo è una religione particolare, nel senso che non si adorano vere e proprie divinità. La salvezza non dipende da nessun dio, non si offrono sacrifici, ma vi è una via di salvezza per l’anima dell’uomo da percorrere. Dipende solo da lui intraprenderla. Sono praticate tuttora in Oriente il Confucianesimo, il Taoismo in Cina e lo Shintoismo in Giappone. Sono religioni non rivelate legate alle tradizioni popolari rispettivamente del popolo cinese e giapponese. Oggi convivono assieme al Buddismo.
Sono numerose nel Mediterraneo le testimonianze dell’antica religione greca.
2 miliardi
Tabella relativa al numero dei credenti alle varie religioni
1,5 miliardo 1 miliardo 500 milioni 0 Cristiana
Confuciana
Islamica
Shintoista
Induista
Taoista
Tribale
Ebraica
Buddhista
Monaco buddhista in atteggiamento di preghiera. La croce è divenuta, fin dai primissimi tempi delle comunità cristiane, il principale simbolo e segno di riconoscimento dei credenti in Cristo Gesù.
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Il linguaggio della religione D
Trascendente si riferisce a ciò che è al di là dell’uomo, delle sue facoltà e della natura stessa; è un attributo che si applica a Dio, il quale, proprio per il fatto di essere ‘trascendente’ è perfetto, senza limiti e quindi non pienamente e totalmente comprensibile. Il contrario di ‘trascendente’ è ‘immanente’ (= ciò che circonda e partecipa alla vita dell’uomo).
a dove deriva il termine “religione”? È possibile che derivi da due termini latini: • da relegere che significa “raccogliere con ordine”, nel senso che una religione è la raccolta di quanto si conosce sulla divinità, sull’evento fondatore; è l’insieme di preghiere, significati di feste, simboli, tradizioni...; • da religare che significa “unire insieme” e in questo caso la religione sarebbe il legame stretto stabilito tramite la fede e il culto con la divinità. Partendo proprio da questo ultimo significato, si comprende come la religione, essendo il collegamento con ciò che è trascendente, necessiti di un linguaggio che permetta all’uomo di esprimere questa relazione, cioè la sua esperienza religiosa.
Il mito Il mito è un racconto che ha per protagonisti divinità ed eroi e serve a dare ragione di fatti o fenomeni che l’uomo non saprebbe spiegarsi altrimenti. È un modo raffinato per rispondere alle domande di senso. Ci sono alcuni miti che nonostante siano nati in luoghi lontanissimi hanno elementi comuni: ad esempio l’uomo costruito con la terra è un dato che si ritrova in tutto il mondo! Si riportano alcuni miti sull’origine del mondo (descrizioni dette cosmogonie, tramandate dalle culture antiche): mito degli Indiani d’America Yakima, mito del popolo finlandese, mito degli Ioruba dell’Africa.
Il mito del dio Mitra costituisce una cosmogonia, in quanto dall’uccisione del toro, avvenuta per sua mano, ebbe vita ogni essere vivente. Mosaico del Mitreo di Felicissimus ad Ostia Antica raffigurante armi e strumenti musicali.
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Unità 1 L’uomo, un essere religioso
Mito dei Finlandesi Europa del Nord Un tempo, l’unica creatura esistente era Luonnotar, la bella figlia dell’aria. Un giorno si tuffò nell’acqua facendosi trasportare dalla corrente.
Robert Wilhelm Ekman, Luonnotar, 1860, Art Museum di Atene.
Arrivò in volo un’anatra, Luonnotar la vide e per aiutarla sollevò un ginocchio fuori dell’acqua. L’anatra credette che quella sporgenza fosse un’isoletta, vi si pose e preparò il nido. Vi depose sei uova d’oro e uno di ferro, poi cominciò a covarle. Luonnotar sentiva un calore sempre più forte al ginocchio, ma non si mosse per lasciare che l’uccello covasse le uova. Ma al terzo giorno non ce la fece più e diede uno scossone al ginocchio. Le uova caddero in mare e si ruppero. Improvvisamente metà guscio diventò terra e l’altra metà diventò cielo, il giallo dell’uovo fu il sole, il bianco fu la luna e i pezzettini più piccoli delle uova di ferro furono nuvole.
Mito degli Indiani Yakima America del Nord Agli inizi del mondo c’era solo acqua. Whee-me-me-owan, il Grande Capo Lassù, viveva su nel cielo tutto solo. Quando decise di fare il mondo, venne giù in luoghi dove l’acqua è poco profonda e cominciò a tirar su grandi manciate di fango, che divennero la terraferma. Fece un mucchio di fango altissimo che, per il gelo, divenne duro e si trasformò in montagne. Quando cadde la pioggia, questa si trasformò in ghiaccio e neve sulla cima delle montagne. Un po’ di quel fango indurì e divenne roccia. Il Grande Capo Lassù fece crescere gli alberi sulla terra, ed anche radici e bacche.
Mito degli Ioruba Africa Da principio, prima che esistesse quanto vediamo, non c’era terra. C’era soltanto un mare sconfinato, il cui dio si chiamava Olokun. Sopra queste acque c’era Olorun, il dio del cielo, della pace e della purezza. Olorun chiamò il figlio Odudua, primo re della popolazione Ipruba, e gli disse: “Va’, figlio mio, prendi del terriccio, il pollo dalle cinque dita e forma la terra sul mare!”.
Costume rituale delle attuali tribù africane Ioruba.
Uno scorcio del territorio dell’attuale indiana Yokima.
Con una palla di fango fece un uomo e gli disse di prendere i pesci nell’acqua, i daini e l’altra selvaggina nelle foreste. Ma l’uomo era triste perché era solo e allora Whee-me-me-owan gli fece dono al suo fianco di una donna.
Odudua andò, prese il terriccio, discese dal cielo e lo pose sul mare, mettendoci sopra il pollo dalle cinque dita. Il pollo si mise a razzolare e distese la sabbia spingendo da parte l’acqua. Si formarono le montagne, le colline, i boschi, i prati con alberi e fiori di ogni specie. Conclusa la sua missione, Odudua chiamò in cielo il pollo dalle cinque dita che aveva separato l’acqua dalle terre asciutte. Dai granelli di terriccio caduti a terra dalle sue dita nacquero gli animali e gli uomini.
Dopo aver analizzato in modo sinottico i tre miti sull’origine del mondo individua le strutture comuni. Mito dei Finlandesi
Mito degli Yakima
Mito degli Ioruba
In principio chi, che cosa c’è? Chi compare poi? Che cosa avviene?
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Unità 1 L’uomo, un essere religioso
Il culto: riti, segni, simboli, preghiere, uomini del sacro Il culto è tutto ciò che l’uomo compie per mettersi in relazione, in dialogo con la divinità. È costituito da:
Aid el Kébir è la più importante festa dell’Islam, simbolo di sottomissione totale di Abramo e, per estensione, di tutti i credenti in Dio (Allah). Ha luogo il 10° giorno dell’ultimo mese del calendario musulmano e segna la fine del pellegrinaggio alla Mecca. Secondo il Corano, Abramo, inviato di Dio, obbedendo ad un comandamento divino, si apprestò a sacrificare il suo unico figlio, Ismaele, nato dalla sua unione con Hajar (Agar), una ex serva della sua prima moglie Sarah, quando l’Arcangelo Gabriele sostituì, nel momento dell’uccisione, un montone a Ismaele. Nella Bibbia, il sacrificio è quello di Isacco, figlio unigenito, avuto da Sara.
• riti, cioè insieme di pratiche religiose che si ripetono con un ordine preciso e regolare. Hanno il compito di ricordare qualche evento importante di quella religione: ad esempio il rito del sabato per gli ebrei, il rito della messa per i cristiani... I riti vengono vissuti in comunità e hanno anche il compito di segnare alcuni momenti importanti nella vita di un credente. I riti sono il fulcro delle feste religiose, dei tempi sacri (la festa del Natale, della Pasqua ebraica, della Pasqua cristiana, di Aid el Kébir, o festa del sacrificio) registrati nel calendario proprio di ogni religione. Essi si distinguono in riti di: • iniziazione o passaggio dall’infanzia alla vita adulta • propiziazione per ottenere un beneficio o grazia dalla divinità • ringraziamento per i benefici ottenuti • espiazione o richiesta di perdono • sepoltura • segno e simbolo: il segno è un’entità sostitutiva formata da un significante e da un significato, il cui legame è convenzionale: è “ciò che sta al posto di...”, come ad esempio lo “stop” come segnale stradale e l’obbligo di arresto; i segni religiosi possono essere di tipo territoriale (chiesa, battistero, edicola...), di tipo ecclesiale (croce, lumini, abiti religiosi...), di tipo liturgico (acqua, olio, pane, vino...). Nel simbolo il rapporto tra significante e significato non è un semplice riferimento diretto come per il segno, ma avviene un coinvolgimento personale che chiama in causa sentimenti e
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interpretazioni e può spingersi fino al trascendente, unendolo con la realtà. • preghiera: è una forma di comunicazione con la divinità. Può essere di ringraziamento o di supplica, inventata da chi prega o codificata in testi ben precisi. Nella preghiera variano le posizioni (seduti, inginocchiati, inchinati...), le direzioni (verso una città santa), gli oggetti che si usano (lo scialle, il velo, i tefillim, il rosario...), la modalità (recitata, cantata...), il momento della giornata (tre volte, cinque volte, all’alba, a mezzogiorno, al tramonto...); • uomini del sacro: sono coloro che dedicano la propria vita a Dio; sono gli intermediari del rapporto tra l’uomo e la divinità. Organizzano il culto e vivono o in modo eremita (cioè solitario) o in comunità (monasteri, conventi...). Possono avere nomi diversi: sacerdote, bramino, sciamano, imam, rabbino.
Un Sadhu indiano, mistico praticante di yoga e di meditazione.
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Il luogo sacro e i suoi simboli Fin dall’antichità l’uomo ha sentito la necessità di creare uno spazio che fosse luogo d’incontro e di dialogo con la divinità. Ha iniziato a distinguere gli spazi normalmente utilizzati nel tempo della normale quotidianità, dedicati al lavoro, da spazi dove poter entrare in dialogo con ciò che era Altro da lui e dagli altri uomini (tempo sacro, cioè dedicato alla divinità). Gli antropologi e i sociologi, cioè coloro che studiano le caratteristiche culturali e le forme di organizzazione sociale dei diversi gruppi umani, hanno verificato l’esistenza di luoghi che potremmo definire “sacri”. Essi possono essere naturali (caverne,
montagne, fiumi, laghi, alberi ) oppure strutture costruite dagli uomini (es. le ziggurat, i templi, le sinagoghe, le chiese, le moschee...). Il luogo sacro è delimitato da confini, naturali o artificiali, è spazio chiuso, diverso dai luoghi abitualmente frequentati dagli uomini (spazio profano). Il luogo sacro è il luogo dove si incontra la divinità, perché ci abita o perché lì si è manifestata. Lì essa viene venerata e in suo onore si compiono riti, sacrifici, olocausti e le si rivolgono preghiere. Chi guida il culto è colui che è deputato a fare ciò: l’uomo del sacro (sacerdote, rabbino, imam, bramino...).
Profano: dal latino pro (davanti) fanum (tempio), cioè ciò che sta davanti al tempio. Sacrificio: dono alla divinità per renderle onore. È una privazione che l’uomo si pone rinunciando o alle primizie raccolte dalla terra da lui coltivata o dal gregge da lui allevato. Olocausto: dal greco holos “completo” e kaustos “rogo”, indica il sacrificio bruciato sull’altare.
Spesso, soprattutto nell’antichità, sono stati considerati sacri luoghi naturali particolarmente suggestivi ed evocativi. I luoghi sacri più strutturati sono pensati anche in modo funzionale ai riti che vi si compiono; i campanili delle chiese e le torri dei muezzin, ad esempio, servono a richiamare la gente.
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La religione nell’antichità F
in dall’antichità l’uomo seppelliva i propri defunti e ciò non era dovuto solo a ragioni d’igiene o di rispetto, ma anche all’intuizione che vi fosse una vita nell’aldilà. Le modalità di sepoltura sono diverse e stanno ad indicare, oltre al culto religioso seguito, la descrizione di come veniva immaginata questa nuova vita ultraterrena. A riprova di ciò consideriamo, ad esempio, le ossa umane che sono state rinvenute nei terreni dove sorgono i grandi megaliti. I megaliti, enormi strutture di pietra che l’uomo antico erigeva come prima forma di tempio, ricordano la montagna che, per semplice intuizione naturale, avvicina l’uomo al cielo e quindi alla divinità. Inoltre, queste costruzioni delimitano sempre uno spazio sacro che serve a officiare il culto. Presso i siti archeologici delle aree più antiche di insediamento umano sono state trovate statuette che raffigurano le
Statua della dea Cybele (Museo Getty Villa, Malibu, California, USA) una delle differenti e numerose espressioni della “Magna Mater”, la Grande Madre.
Il menhir, dal bretone men e hir “pietra lunga”, si presenta come una grossa pietra allungata eretta verticalmente.
prime divinità: si tratta di divinità femminili chiamate veneri o dee-madri; sono rappresentate generalmente come figure piuttosto formose, spesso incinte, perché venivano invocate per propiziare la fertilità e l’abbondanza nella famiglia, nell’agricoltura e nell’allevamento.
Il cromlech è costituito da pietre conficcate a terra in modo tale da creare una piccola o grande camera circolare. Il dolmen è una tipologia di tomba antica a camera singola.
Megalito: da mega - grande e lythos - sasso è un enorme pietra conficcata nel terreno dall’uomo. Sono strutture più o meno elaborate, cioè formate da una o più grandi pietre.
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Le grandi civiltà antiche del bacino del Mediterraneo hanno sviluppato religioni politeiste la cui eco giunge fino ai giorni nostri. Alcune di queste realtà, migrate da quei luoghi alla nostra attuale Europa, hanno lasciato dei segni anche nelle nostre terre, come avvenuto ad esempio per la dea Cybele, il cui culto ha raggiunto l’attuale Italia centrale appenninica. Passiamo in rassegna queste realtà e cogliamone i tratti comuni, le differenze e gli influssi giunti fino ai nostri giorni.
La religione nella Mesopotamia
Tigr
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at e
Gilgamesh era il re della città di Uruk. Era un buon re, ma aveva la mania di abbellire senza limite le strade, le piazze e i
Mesopotamia: («in mezzo ai due fiumi») è il nome della regione geografica che si trova tra il Tigri e l’Eufrate, oggi Iraq.
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Il mito di Gilgamesh
Statua di Gilgamesh presso l’Università di Sydney in Australia. Spesso si vede questo personaggio dimostrare la sua forza con i leoni.
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In Mesopotamia si sono succedute grandi civiltà (gli Accadi, i Sumeri, gli Assiri e i Babilonesi), diverse tra loro, ma con tratti comuni per quanto riguarda le loro religioni: • sono politeiste; • le divinità sono antropomorfe, cioè rappresentate con forma umana; • il tempio era chiamato Ziggurat ed era una piramide a gradoni con il vertice a terrazza; era fortificata perché aveva anche funzione difensiva; • codificano in miti la tradizione orale; • credono in un aldilà che è poco rassicurante per tutti: l’anima vaga senza meta.
palazzi della sua città. I sudditi, disperati e stanchi di essere tassati per quelle spese esose, cominciarono a pregare; pregarono così tanto gli dei del cielo che la dea Aruru, la creatrice, ascoltò ed esaudì la loro richiesta. Per distogliere Gilgamesh dalla sua fissazione, la dea prese dell’argilla, la modellò, ne formò un uomo, gli diede la vita e lo mandò al re. Enkidu, l’eroe nato dalle mani di Aruru, e Gilgamesh per un po’ si contrastarono, ma poi diventarono grandi amici e cominciarono a vivere tante avventure insieme. Sia come sia, lo scopo era stato raggiunto: Gilgamesh si occupava d’altro. Purtroppo, però, Enkidu si ammalò e morì. Gilgamesh di fronte alla morte dell’amico cadde in una profonda disperazione e cominciò ad invocarlo a voce alta di giorno e di notte senza tregua. Il fastidio di questi lamenti fece sì che le divinità del cielo decisero di permettergli di vedere per l’ultima volta Enkidu, così da farlo smettere. Saputo che ebbe dell’esistenza di un luogo per i morti, Gilgamesh pensò che sarebbe diventato suo unico scopo trovare l’immortalità da regalare ai suoi sudditi, finché scoprì che il suo segreto stava in una pianta che vive in fondo al mare: bisognava cercarla, trovarla e mangiarla. Gilgamesh partì, la cercò, la trovò e, mentre stava tornando a casa, vide sulla riva del mare una fontana di acqua fresca che lo ammaliò e sembrò invitarlo a bere e a lavarsi. Gilgamesh si lasciò tentare, abbandonò la barca per andare alla fontana e lasciò incustodita la pianta dell’immortalità che fu mangiata da un serpente.
Babilonia
Uruk Ur
La grandiosa ziggurat dell’antica città di Ur, fatta costruire dal re Ur-Nammu alla fine del XXI secolo a.C.: l’idea di raggiungere la divinità fa costruire all’uomo “montagne”.
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Pantheon: letteralmente “tutti gli dei”, indica o tutte le divinità di una religione politeista o un tempio dedicato a più di un dio.
Sarcofago di Meretamon, figlia del nobile Herua, Museo Archeologico di Padova.
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La religione in Egitto Nell’antico Egitto la religione aveva carattere politeista. Le tante divinità erano rappresentate sia in forma umana (antropomorfa) che in forma animale (zoomorfa). La divinità principale, a capo del pantheon, era il dio Ra, che veniva rappresentato con il disco solare e aveva la sua personificazione in terra nella figura del faraone. In alcune città questa divinità era chiamata Amon, in altre Aton. Va considerato, a questo riguardo, il nome di alcuni faraoni: Ramses (Ra-mses), Tutankhamon (Tutankh-amon). Nel 1356 a.C. il faraone Amenofi IV cercò di superare il politeismo e di instaurare un monoteismo attorno al dio-sole, per il quale scelse il nome di Aton cambiandosi anche il suo nome (Akhenaton). Egli, però, fu duramente contrastato dai sacerdoti che, per questa decisione, avrebbero perso sia in autorità sociale che in potere economico. Alla morte del faraone fu ripristinato infatti il culto politeista precedente. In ogni caso, politeismo o monoteismo, la gente cominciò a scegliere, tra le tante, una divinità sola cui chiedere protezione contro le malattie e contro le sventure. Il tempio, casa di dio, co-
minciò ad avere caratteristiche architettoniche particolari come colonne, vestiboli, atri. Costruiti con il massimo splendore, essi offrivano stanze riservate ai fedeli, alcune solo per i sacerdoti, altre solo per il faraone.
Il dio Anubi, protettore dei morti.
Nell’antico Egitto viene riposta molta attenzione all’esperienza della morte. Le grandi Piramidi sono in realtà tombe per il faraone e sono da considerare come grandi scale per il cielo. Sono orientate perfettamente con i punti cardinali e, nell’immaginario collettivo, il faraone (dio sole) poteva così raggiungere la sua vera dimora “camminando” sui raggi solari. L’aldilà cui si credeva era il regno del dio Osiride, ma solo l’uomo giusto poteva raggiungerlo. A ciascuno venivano considerate e giudicate le azioni compiute nella vita terrena, così da vedere se si meritava o meno l’accesso nel regno dei morti. A tale scopo veniva pesato su una bilancia il cuore, sede dei sentimenti e della volontà, e come contrappeso veniva appoggiata una piuma, simbolo di verità. Se il cuore pesava come la piuma o meno di essa il passaggio al regno dei morti avveniva, se invece il cuore risultava pesante (“cuore di pietra”) il defunto doveva entrare in un luogo di sofferenza dove la Divoratrice (metà coccodrillo e metà ippopotamo) l’avrebbe finito per sempre. La sfinge di Giza in Egitto, con sullo sfondo la piramide di Chefren.
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Gli egizi pensavano che l’uomo fosse costituito dal corpo e dall’anima: il ka e il ba. Le due forze si dovevano ricomporre insieme dopo la morte per originare l’akh, la pienezza. Ciò avveniva solo se il corpo era integro. Da qui l’importanza della mummificazione, che nell’antico Egitto venne perfezionata con tecniche a tutt’oggi sorprendenti.
Il Mito di Osiride Thot, dio del cielo, ebbe un figlio, Osiride, al quale diede il compito di portare la civiltà nell’antico Egitto. Osiride si sposò con Iside, ma la loro felicità fu turbata da Seth, il quale, invidioso del ruolo del fratello Osiride, pensava soltanto all’unico modo per eliminarlo. Lo invitò a cena una sera, da solo, e nella sala dove si ritirarono gli fece trovare una bellissima cassapanca chiusa. Quando Osiride espresse la curiosità di sapere cosa ci fosse dentro alla cassa, Seth, facendo il misterioso e parlando di segreti, fece accrescere ulteriormente la curiosità nel fratello. Alla fine, fingendo una resa, raccontò del potere che la cassapanca aveva di dare a chiunque ci stesse disteso dentro ciò che desiderava. Osiride s’impose per provare e Seth approfittò del fatto per rinchiudere il fratello nella cassa e gettarla nel Nilo. Il Nilo la portò nel mare e il mare la fece naufragare nelle coste della Fenicia (Libano). Lì fu ritrovata molti anni dopo dai servi del re che cercavano alberi per costruire nuove colonne alla sala delle feste. Una tamerice che cresceva sulla riva del mare aveva inglobato a sé la cassa. Un fatto così sensazionale fece il giro del mondo allora conosciuto e la notizia arrivò alle orecchie di Iside e di Seth che, per ragioni diverse, corsero in Fenicia a vedere. Arrivarono all’apertura della cassa e mentre tutti i presenti erano stupiti nel veder uscire Osiride un po’ intontito ma vivo, Seth, disperato, prese la prima cosa a portata di mano, l’accetta dei servi, e fece a pezzi, davanti alla mo-
glie inorridita, il fratello. Non contento, prese i pezzi e li disperse per l’intero Egitto. A Iside non rimase altro che cercare i pezzi e riunirli, attaccandoli con una sostanza appiccicosa fatta di resina e profumo chiamata balsamo e tenendo uniti i pezzi con l’aiuto di lunghe bende di lino. A lavoro finito Osiride era simile ad una mummia e così si ritrovò nel regno dei morti a pesare il cuore di chi voleva entrare.
La grande madre Iside: “Io sono tutto ciò che fu, che è e che sarà” (da un testo rituale antico).
Il dio Osiride, raffigurato con i suoi attributi regali, il bastone ricurvo in mano e il flagello, elementi tipici dei pastori e caratteristici del dio Andyeti, cui è assimilato.
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Immortale: non muore mai, ma nasce; diverso da eterno: non nasce né muore, è da sempre e per sempre. Oracolo: dal verbo latino orare (chiedere), è qualcuno o qualcosa considerato come fonte di saggi consigli o di profezie circa il futuro.
I resti del tempio di Poseidone a Capo Sounion, promontorio a circa 70 km da Atene. Secondo la mitologia greca sarebbe il luogo dal quale Egeo, re di Atene, si sarebbe gettato nel mare: da qui nome di Mar Egeo. Moneta di bronzo raffigurante il volto di Zeus, databile attorno al 230 a. C. Spesso l’immagine sulle monete greche antiche rimanda alla presenza di una divinità o di una figura mitologica.
La religione nell’antica Grecia Anche la religione dell’antica Grecia si presenta in forma prettamente politeista e antropomorfa. Una particolarità immediata che si nota è che qui gli dei abitano su di un monte, il Monte Olimpo. Di questo monte, però, non si vede mai la cima che è sempre coperta dalle nuvole e perciò è come se abitassero in cielo. Gli dei greci non avevano sono l’aspetto fisico degli uomini, ma anche i sentimenti e le debolezze: provavano amore e amicizia, ma anche rabbia, gelosia, invidia. Dell’umore degli dei ne risentivano gli uomini che spesso, letteralmente in balia di esso, dovevano sopportarne le conseguenze più disparate. Gli dei erano creduti immortali. Numerosi sono i miti e le epopee giunte fino ai giorni nostri che ci permettono di ricostruire tutto ciò in cui gli antichi greci credevano. L’entità divina più importante era senza dubbio il Fato (Destino) le cui decisioni erano improrogabili e a cui persino Zeus doveva sottostare. In un primo tempo il Fato aveva la fisionomia di tre vecchie, le Moire, che posse-
dendo un unico occhio in tre risultavano perlopiù cieche e avevano il compito di filare, tessere e tagliare il filo della vita. Le divinità maggiori erano dodici, avevano un ruolo ben preciso e le loro decisioni ricadevano sulla vita degli uomini che vivevano come burattini nelle loro mani. Le alterne fortune dei viventi dipendevano infatti dall’essere protetti o meno da qualche divinità. Il culto al dio Apollo, in particolare, aveva come scopo la conoscenza del futuro. Molti si recavano dall’oracolo per conoscere il loro destino. L’oracolo era il sacerdote di Apollo e i suoi responsi, di non facile comprensione, erano da interpretare. Celebre è il seguente: “Partirai Tornerai Non Morirai in battaglia”. Questa frase senza punteggiatura può significare sia la salvezza che la morte del richiedente, a seconda se si consideri la parola “non” in relazione a “tornerai” (non tornerai, cioè morirai) o a “morirai” (non morirai, quindi tornerai). Il più famoso tra gli oracoli era a Delfi. L’aldilà era dapprima creduto solo come un posto triste governato da Ade, poi si
Zeus, padre e capo degli dei, dio del cielo e della terra. Poseidone, dio del mare. Ade, dio dell’oltretomba. Era, moglie di Zeus e protettrice della famiglia. Estia, dea del focolare domestico. Demetra, dea dell’agricoltura. Afrodite, dea della bellezza e dell’amore. Pallade Atena, nata dalla testa di Zeus, dea della giustizia e della sapienza. Ares, figlio di Zeus e di Era, dio della guerra. Efesto, fratello di Ares, fabbro degli dei. Apollo, figlio di Zeus e Latona, dio delle arti, guidatore del carro del Sole. Artemide, sorella gemella di Apollo, dea della caccia.
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inserì la possibilità di entrare in luoghi più piacevoli, chiamati Campi Elisi, grazie all’influenza di Persefone. Gli antichi greci credevano che solo l’anima fosse immortale e che continuasse a vivere separata dal corpo anche dopo la morte. I templi erano sontuosi e di grande architettura. Erano decorati con fregi e abbelliti con dipinti, statue e colonne. Potevano essere dedicati ad un singolo dio o a più dei (pantheon).
Frederick Leighton, Il ritorno di Persefone, 1891, Leeds City Art Gallery, Gran Bretagna. Persefone, divinità legata ai riti agricoli, sposando Ade era divenuta anche la regina degli Inferi. Essa rappresentava simbolicamente l’alternanza e il suo culto fu particolarmente sentito in Magna Grecia ed in Sicilia. Nel suolo italico essa arriverà a corrispondere in futuro alla figura latina di Proserpina, anch’essa protettrice dei raccolti e del mondo agricolo in generale.
Il mito di Ade e Persefone Demetra, figlia di Crono e di Rea, era la madre di Persefone. Un giorno Persefone, mentre coglieva dei fiori con altre compagne, si allontanò dal gruppo e all’improvviso la terra si aprì e dal profondo degli abissi apparve Ade, dio dell’oltretomba e signore dei morti, che la rapiva perché da tempo innamorato di lei. Il rapimento si era compiuto grazie al volere di Zeus. Demetra, accortasi che Persefone era scomparsa, per nove giorni corse per tutto il mondo alla ricerca della figlia, fino alle più remote regioni della terra. Ma per quanto cercasse, non riusciva né a trovarla, né ad avere notizie del suo rapimento. Fu Elios che disse a Demetra che a rapire la figlia era stato Ade. Inutile descrivere la rabbia e l’angoscia di Demetra, tradita dalla sua stessa famiglia. Demetra abbandonò quindi l’Olimpo e, per vendicarsi, decise che la terra non avrebbe più dato frutti ai mortali, cosicché la razza umana si sarebbe estinta nella carestia. In questo modo gli dei non avrebbero più potuto ricevere i sacrifici votivi degli uomini, fatto di cui andavano tanto orgogliosi. La dea si mise poi a vagare per il mondo, cercando di soffocare la sua disperazione, sorda ai lamenti degli dei e dei mortali che già assaporavano l’amaro gusto della carestia. Alla fine, Zeus, costretto a cedere alle suppliche dei mortali e degli stessi dei, inviò Ermes, il messaggero degli dei, nell’oltre-
tomba da Ade, per ordinargli di rendere Persefone alla madre. Ade, inaspettatamente, non si oppose alla decisione di Zeus e, anzi, esortò lui stesso animatamente Persefone a fare ritorno dalla madre. Ma un inganno era in agguato. Infatti Ade, prima che la sua dolce sposa salisse sul cocchio di Ermes, fece mangiare a Persefone tre chicchi di melograno, dando atto in questo modo al sortilegio che le avrebbe impedito di rimanere per sempre nel regno della luce. Grande fu la commozione di Demetra nel rivedere la figlia e, in quello stesso istante, la terra ritornò fertile ed il mondo riprese a godere dei suoi doni. Solo più tardi Demetra scoprì l’inganno teso da Ade: avendo Persefone mangiato i chicchi di melograno nel regno dei morti, era costretta a farvi ritorno, ogni anno, per un lungo periodo. Questo infatti era il volere di Zeus. Fu così allora che Demetra decretò che nei tre mesi che Persefone doveva stare nel regno dei morti nel mondo sarebbe calato il freddo e la natura si sarebbe addormentata.
Scultura del dio Ermes, dai piedi alati, il messaggero degli dei (Palazzo di Achille nell’isola di Corfù, Grecia).
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Il mito di Orfeo ed Euridice
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Muse: nove personaggi femminili della mitologia, figlie di Zeus e di Mnemosine (Memoria) che rappresentavano l’ideale supremo dell’arte, di cui erano patrone.
Francesco Xanto Avelli, Coppa con Euridice, Aristeo e Orfeo, Urbino, 1531 circa. Narra lo storico Ovidio nelle Metamoforsi (X, 6163): “Ed Ella, morendo per la seconda volta, non si lamentò; e di che cosa avrebbe infatti dovuto lagnarsi se non d’essere troppo amata? Porse al marito l’estremo addio, che Orfeo a stento riuscì ad afferrare, e ripiombò di nuovo nel luogo donde s’era mossa”.
Orfeo era figlio di Eagro, re della Tracia, e della musa Calliope. Il dio Apollo gli donò la lira e le Muse gli insegnarono ad usarla, per questo era così bravo a suonare. Un giorno Orfeo si innamorò di una ragazza, Euridice, e si sposarono. Ma di Euridice era innamorato anche Aristeo, che la insidiò fino a che lei non scappò. Nella fuga Euridice venne morsa da un serpente e morì, andando così nel regno dei morti: l’Ade. Orfeo disperato la seguì nell’Ade e portò la sua disperazione per la morte di Euridice, suonando e cantando in tal modo da far piangere tutti, Caronte, Cerbero e alla fine Proserpina stessa, moglie di Ade, che concesse ad Orfeo di riaccompagnare alla luce Euridice, a patto di non voltarsi mai a guardarla fino a che non fossero fuori dall’Ade. Arrivato però in prossimità dell’uscita, Orfeo venne assalito da un dubbio: e se quella che stava conducendo per mano non fosse stata Euridice, bensì solo un’ombra? E così si volse a guardarla. Il patto fu infranto ed Euridice tornò per sempre nel regno dei morti. Orfeo, disperato, si rifugiò su un monte, continuando a suonare.
La religione nell’antica Roma Analizzando la religione antica romana risalta subito una sorta di parallelismo con quella greca, perlomeno dal punto di vista dell’elenco delle divinità. In realtà, i romani non si limitarono ad assimilare il mondo religioso greco, ma presero un po’ da tutte le religioni dei popoli che via via conobbero man mano che procedevano con le loro conquiste. Più che di religione politeista, infatti a Roma si può parlare di insieme di tanti culti. La ragione va cercata nel sentimento superstizioso proprio dei romani che, per paura di incontrare divinità più forti delle proprie che potessero rivelarsi come nemiche, tendeva a dare spazio a tutti gli dei, evitando così eventuali maledizioni. Come a dire che la via più facile non era combattere le altre religioni, ma “crederci”. La conseguenza più immediata di tale atteggiamento fu una tolleranza nei confronti di tutti i popoli conquistati, ai quali i romani permettevano, sempre per non offendere le divinità, di continuare a professare il proprio culto. L’unica religione nei confronti della quale i romani per un certo periodo di tempo si incattivirono, cercando di eliminarla con ogni mezzo attraverso persecuzioni, fu, come studie-
• Cosa vogliono spiegare i miti che hai letto qui sopra? • Quali sono le conseguenze del credere al Fato come Divinità più importante? • Confronta questi miti con quanto stai studiando in Storia.
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remo più avanti, la religione Cristiana. Le divinità nell’antica Roma erano considerate immortali e potevano essere sia antropomorfe che zoomorfe. Troviamo tra le principali divinità sia alcune di origine etrusca che di origine greca, ma le più importanti personificavano i valori su cui era fondata la società. Quirino, Giano bifronte, i Lari, i Mani e i Penati unitamente a Giove, Marte, Vesta, erano i principali. Quirino, aveva il tempio sul colle più alto di Roma (Quirinale), era il dio protettore della città e personificava Romolo, fondatore della stessa. Giano guardava il futuro tenendo controllato anche il passato grazie alle sue due facce. Per questo motivo si cominciò a contare l’anno nuovo nel mese dedicato alle feste a lui riservate, gennaio. I Lari, i Penati e i Mani sono divinità a protezione della famiglia e dello stato. Ogni casa aveva il suo larario che era l’altare per venerare i Lari. Giove (Zeus) diventa il capo del pantheon, Marte (Ares) il dio della guerra e Vesta (Estia) la dea del fuoco sacro. L’idea della morte e dell’aldilà si distingue però dalle religioni viste in precedenza. Gli antichi romani credevano che i morti entrassero in un regno che era diviso in tre parti: il Tartaro per chi era stato malvagio, i Campi Elisi per i giusti che ave-
Immagine dell’interno del tempio del Pantheon a Roma, costruito dall’imperatore Adriano come tempio dedicato alle divinità dell’Olimpo. La scrittrice francese Marguerite Yourcenar nella sua opera Memorie di Adriano fa così parlare l’imperatore: “Volli che questo santuario di tutti gli dei rappresentasse il globo terrestre e la sfera celeste, un globo entro il quale sono racchiusi i semi del fuoco eterno, tutti contenuti nella sfera cava”. Una curiosità: la cupola del Pantheon è la più grande cupola della città di Roma, più grande anche di quella della Basilica di San Pietro.
vano compiuto il proprio dovere, i Campi Lugentes per i giovani. Per entrare in contatto con le divinità si ricorreva alla preghiera e ai sacrifici. Mediatore tra uomini e divinità era il sacerdote, che fungeva anche da aruspice, cioè studiava le interiora dell’animale sacrificato per leggervi se la divinità aveva gradito o meno il dono. Anche i romani si affidavano agli oracoli per conoscere il futuro. Il più famoso era la sacerdotessa di Apollo che viveva a Cuma (vicino Napoli) chiamata Sibilla cumana.
Persecuzione: cercare, trovare, torturare e infine uccidere coloro che hanno un’idea diversa o che seguono una religione differente da chi comanda. Tolleranza: atteggiamento di rispetto verso idee o persone diverse.
I resti della Casa delle Vestali nel Foro Romano di Roma. Le vestali, sacerdotesse consacrate alla dea Vesta, avevano il compito di mantenere sempre acceso il fuoco sacro davanti alla Dea, la quale rappresentava la vita della città. Se una Vestale lasciava spegnere il fuoco subiva una punizione durissima: essere sepolta viva con una lampada e una piccola provvista di pane, acqua, latte e olio. Nettuno era inizialmente il dio delle acque correnti e in seguito divenne il dio del mare, trasformandosi nell’equivalente del dio greco Poseidone.
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R
O
S
D
E SI
L’IRC a scuola: perché?
Che cosa significa la sigla IRC? Significa “Insegnamento della Religione Cattolica”. Che cos’è? È una disciplina presente nella scuola di ogni ordine e grado e di cui condivide finalità e metodi. Assieme a tutte le altre materie scolastiche l’IRC forma l’alunno in quanto persona e cittadino. Perché si insegna a scuola? La presenza dell’IRC nella scuola ha
radici lontane. Fu un noto accordo, chiamato Concordato, tra Stato e Chiesa Cattolica avvenuto l’11 febbraio 1929 (riporta la firma di Mussolini e del card. Gasparri) ad inserire l’insegnamento della Religione Cattolica. Il 18 febbraio 1984 tale Concordato fu revisionato e venne chiamato Nuovo Concordato (riporta le firme dell’allora Presidente del Consiglio Craxi e del cardinale Casaroli).
In tal modo lo Stato Italiano assicura alle generazioni di studenti la conoscenza della Religione Cattolica in quanto parte fondamentale del patrimonio storico-artistico-religioso italiano. Il Cattolicesimo non è religione di stato e la stessa Costituzione della Repubblica (1948) ha sancito la laicità dello Stato (art. 7 e art. 8) e la libertà di culto per qualsiasi religione. Lo Stato Italiano, in nome proprio della laicità, offre
Accordo di revisione del concordato lateranense Testo dell’accordo 1984 Art. 9 1. La Repubblica italiana, in conformità al principio della libertà della scuola e dell’insegnamento e nei termini previsti dalla propria Costituzione, garantisce alla Chiesa cattolica il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione. A tali scuole che ottengano la parità è assicurata piena libertà ed ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole dello Stato e degli altri enti territoriali, anche per quanto concerne l’esame di Stato. 2. La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione.
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Unità 1 L’uomo, un essere religioso
l’occasione di conoscere la religione cristiano-cattolica non perché essa venga obbligatoriamente praticata, ma perché si abbiano le competenze necessarie per comprendere la cultura e l’ambiente in cui si vive. C’è differenza tra L’Insegnamento della Religione Cattolica e il catechismo? Certo, e la differenza è rilevante, ma molti confondono l’IRC con il catechismo. Molto spesso si pensa che avvalersi dell’uno o dell’altro sia indifferente. In realtà non è così. Nonostante l’oggetto contenutistico alla base di entrambi sia lo stesso (Bibbia, documenti della Chiesa, dottrina cristiano-cattolica), ci sono delle differenze che ne fanno la loro specificità: • l’IRC si fa a scuola ed è una materia scolastica (c’è un’ora nell’orario scolastico, un registro, un libro di testo, una valutazione...) che fa una proposta culturale: non è ammissibile oggi non conoscere o interessarsi di religione (anche se non si è credenti) perché essa è trasversale a tutti i campi. Capiremo l’arte se non conoscessimo i contenuti biblici? In una gita qualsiasi, tra le mete più importanti ci sono spesso anche luoghi religiosi: chiese, abbazie, monasteri con i loro chiostri... L’IRC, proprio perché promuove la cultura, è aperto a tutti, credenti e non credenti, cristiani e non cristiani;
• il CATECHISMO si svolge in parrocchia, accompagna la crescita della persona con una proposta di fede nella religione cristiana cattolica. Possono accedervi i cristiani cattolici che desiderano praticare la loro religione, supportati da una persona matura nella fede e dal catechismo. Vale la pena partecipare all’ora di religione? Se sei una persona attenta a ciò che ti accade nella vita, se sei curioso di conoscere e hai interrogativi a cui vuoi rispondere, sicuramente l’IRC ti può essere d’aiuto. L’IRC è, infatti, un’opportunità che
ti viene offerta per conoscere la religione del Paese in cui vivi e le altre grandi esperienze religiose, nell’ottica del dialogo interreligioso. Nell’attuale situazione di pluralismo religioso, che oggi caratterizza la scuola, sia per chi è credente (anche di altra religione) sia per chi non lo è, conoscere la religione dell’ambiente in cui si vive, può essere veramente di grande aiuto per l’inserimento nella vita e nella società. L’IRC ti offre, inoltre, uno spazio per valorizzare le tue esperienze e il tuo vissuto, dandoti la possibilità di confrontarti con i tuoi compagni con la guida di un insegnante. Avere degli strumenti in più per poter interpretare la realtà che ti circonda e le sue sfide quotidiane è fondamentale, soprattutto se si è in fase di crescita come te. Per dimostrare che conoscere il Cristianesimo è importante per comprendere l’ambiente in cui viviamo, proviamo a trasformarci in “ricercatori” di tracce di cristianesimo intorno a noi: ci saranno tracce?
Suddividetevi in 4 gruppi con ciascuno un ambito di ricerca: Area ricerca 1: dato l’elenco dei nomi propri degli alunni della tua classe e uno o più libri sul significato dei nomi, vedete quanti e quali nomi sono propri di un santo cristiano (il calendario può essere d’aiuto); Area ricerca 2: data la cartina della città in cui abitate, dopo attenta osservazione, elencate tutti gli edifici, le vie, le piazze e gli elementi che ricordano qualche legame con il cristianesimo; Area ricerca 3: dati alcuni libri d’arte, dopo attenta osservazione, verificate il rapporto tra le opere d’arte (dipinti, sculture, ecc.) a tema religioso e le opere d’arte di altro soggetto; Area ricerca 4: dato il calendario e con l’ausilio delle proprie agende/diari, elencate tutte le festività di un anno (domeniche escluse) e definitene la ricorrenza.
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iv at
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Ti racconto l’uomo or
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Lab t a e r c
Ti svegli un mattino e accanto a te trovi un simpatico robottino. Superato lo sgomento iniziale capisci che non c’è da aver paura, perché questa creatura ti vuole come guida. Desidera infatti che tu la aiuti a conoscere l’uomo. Non ha molto tempo, un fine settimana soltanto. Devi essere molto preciso.
Il percorso: 4 passi in 2 giorni
1. Sabato mattina
2. Sabato pomeriggio
Proponi al tuo nuovo amico di costruire un identikit dell’uomo attraverso immagini cercate su giornali, riviste, libri o nella rete di internet. Non fermarti alla tua nazione e nemmeno al tuo tempo. Scegli quelle che secondo te sono le più adatte per definire l’uomo di tutti i tempi. Ritagliale e incollale a mo’ di collage artistico su un cartellone.
Fate una ricerca su alcuni riti religiosi. Pittura, scultura, musica, danza, gesti: quali di questi linguaggi riconosci nei riti che avete esaminato? Sai spiegane al tuo nuovo amico i significati?
Scopri poi assieme al tuo amico robottino quale antico filosofo greco disse “Uomo, conosci te stesso, e conoscerai l’universo e gli Dei”, frase iscritta sul tempio dell’Oracolo di Delfi. Risolvi il gioco del cercaparole e saprete il suo nome.
In tutto ciò l’uomo cerca, essenzialmente, una sola cosa: scopri cos’è risolvendo il seguente cruciverba. Nella riga evidenziata ti apparirà la soluzione. 3 1
2
5 4
6
8 7
9
10
11 12 13 14
Cerca e cancella le seguenti parole: le lettere che restano, lette in sequenza, ti daranno la soluzione.
DOLMEN ALLAH
O L
I M P O O
OLOKUN
L D U S Z A T
RITO
O O S O E L I
GESÙ
K L E C U L R
MAGIA IRC
U M G R S A A
ZEUS
N E
OLIMPO
E N A I G A M Soluzione: __
I R C H T
__ __ __ __ __ __
Definizioni: 1. La religione musulmana. 2. Il padre greco degli Dei. 3. Il fondatore del Confucianesimo. 4. L’antica Grande Madre egizia. 5. La religione del Tao. 6. Il giovane Siddharta. 7. Il Dio cristiano fatto uomo. 8. Antica tomba a camera singola.
9. Termine latino da cui deriva “religione”. 10. Nega l’esistenza di Dio. 11. Opposto a profano. 12. Il profeta biblico nella pancia del pesce. 13. Sposò Iside. 14. Celebre oracolo greco.
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Riferimento agli Ambiti Tematici • Dio e l’uomo • Il linguaggio religioso
I miei Traguardi • So aprimi alla sincera ricerca della verità sviluppando un’identità capace di accoglienza, confronto e dialogo. • So riconoscere i linguaggi espressivi della fede, ne individuo le tracce e li apprezzo dal punto di vista artistico, culturale e spirituale.
3. Domenica mattina Stanchi per aver lavorato tanto, proponi al tuo amico una mattinata di svago a contatto con la bellezza della natura. Scatta o cerca una foto di un paesaggio naturale che ti coinvolga particolarmente. Incollala nel riquadro a lato e descrivi al tuo amico le emozioni che ti suscita. ................................................................................................... ................................................................................................... ................................................................................................... ...................................................................................................
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4. Domenica pomeriggio
U
Organizza infine ora un giro in alcuni posti del tuo paese o città (ospedale, casa di cura, cimitero...) per mostrare al tuo amico un ultimo aspetto della vita umana: la malattia, la sofferenza, la solitudine, la morte. Cosa dire di fronte a queste immagini ancora impresse negli occhi dell’alieno? Parlagli di una persona che fu straordinaria proprio per come affrontò queste realtà: scopri chi è risolvendo il seguente labirinto e fa’ una ricerca su di essa. Entra ed esci dal labirinto seguendo la via più breve e scopri il suo nome.
I
M
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D A
T L
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E
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Esito È giunto il momento per il tuo amico di abbandonare la Terra. Che cosa si porterà di questa esperienza e che cosa avrà compreso dell’uomo?
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Soluzione:
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Unità 1 L’uomo, un essere religioso
Verifichiamo il percorso La religione
Inserisci il termine corretto.
Completa il seguente testo.
divinità • essere superiore • fede • magia • riti
Una religione si dice ......................................................... se
La Religione non è facile da definire. In primo
i fedeli adorano un solo Dio; si dice .................................
luogo potremmo affermare che è il riconoscimento
.....................................
di un ............................................................., al quale
se i fedeli adorano più dei.
Una religione si dice ........................................................ se
l’uomo riconosce una totale dipendenza.
Dio si è manifestato all’uomo attraverso la Parola,
È importante distinguerla dalla ..............................,
attraverso segni, gesti e persone.
dalla quale si differenzia sostanzialmente
Una religione monoteista è anche ....................................
dall’atteggiamento di ................................... Infatti,
...........................................,
mentre nella magia si crede di riuscire attraverso
mentre una politeista
particolari .......................... a manipolare la forza della
non lo è.
natura a proprio piacimento, nella Religione ci si affida completamente al volere della ...............................
Vero o falso.
V F Rispondi alle seguenti domande.
1. La religione indica il rapporto
1. Quali sono le religioni rivelate e monoteiste?
2. Alle domande di senso non c’è risposta
2. Quali religioni antiche, oggi estinte, erano
3. Gli uomini primitivi non erano religiosi
uomo-divinità
3. Fai un esempio di religione politeista oggi
4. La montagna può essere considerata
una prima forma di luogo sacro
politeiste?
ancora praticata.
4. Che differenza c’è tra religione naturale Scegli la risposta esatta.
Monoteismo significa:
a.
A
Credere in tanti dei
b. nella prima si crede in un Dio indicato
B
Credere in un unico Dio
nelle forze delle natura e nella seconda
C
Credere che tutti gli essere viventi
si crede in un Dio come un essere
superiore alla natura
c.
nella prima si crede che la Natura sia
Scegli la definizione esatta di “mito”.
un Dio e nella seconda si crede nella magia
A
possiedono un’anima
Spiega un fatto o un fenomeno che non so spiegarmi
e soprannaturale? non c’è differenza
V F
5. Una religione monoteista può essere
B
Insegna un giusto comportamento
animista.
C
Racconta come si sono svolti i fatti
6. Una religione politeista può essere
D
Le cosmogonie non sono dei miti
animista.
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Unità 1 L’uomo, un essere religioso
Rispondi o completa in relazione
Scegli l’espressione corretta in relazione
al concetto di “luogo sacro”.
al concetto di “uomo sacro”.
V F
1. Gli uomini del sacro sono:
1. Un luogo si definisce sacro quando
a. intermediari tra il divino e l’umano
in esso si è vissuta o si vive
b. uomini che hanno una nascita divina
un’esperienza religiosa
2. I luoghi sacri sono solo naturali
c.
2. Essere consacrati significa:
persone che hanno avuto la visione di Dio
3. Il contrario di sacro è .......................................................
a. pregare
4. La comunità celebra il proprio culto
b. vivere in modo solitario
nel luogo sacro
5. La moschea non è un luogo sacro
c.
rendere sacro il proprio vivere, in modi diversi a seconda delle religioni
3. Il sacerdote è: Rispondi in relazione al concetto
a. colui che può compiere un sacrificio
di “tempo sacro”.
b. colui che prega
V F
1. Nel tempo sacro si vivono le stesse
c.
colui che compie miracoli
4. Lo sciamano ha il compito di:
cose della quotidianità
a. guarire dalle malattie, parlare con
2. Nella festa religiosa si esprime
gli spiriti, accompagnare le anime
un particolare legame degli uomini
dei morti
con il divino
3. Il calendario deriva dall’organizzazione religiosa del tempo
b. guidare la tribù c.
far fare le prove di coraggio ai giovani
che diventeranno adulti
Elenca tutte le feste che conosci
4. Nel tempo sacro si ricordano eventi importanti della vita politica
distinguendo le sacre dalle profane. Rispondi in relazione al concetto
.......................................................................................................
di “rito sacro”.
.......................................................................................................
V F
1. Il battesimo è un rito, mentre la Messa
non lo è
2. I riti fanno parte del culto
....................................................................................................... ......................................................................................................
......................................................................................................
Scegline una religiosa e descrivi
Completa la frase.
le sue caratteristiche.
1. Nella preghiera si realizza un’unione personale e
.......................................................................................................
profonda tra .................................................................................
.......................................................................................................
............................................................................................................
.......................................................................................................
............................................................................................................
......................................................................................................
............................................................................................................
......................................................................................................
............................................................................................................
............................................................................................................
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Unità 1 L’uomo, un essere religioso
IRC
L’ESPERIENZA DI SIDDHARTA
Rispondi alle seguenti domande.
Leggi e rispondi.
1. Che cosa s’intende con la sigla I.R.C.?
1. Siddarta (= il Buddha), fondatore del buddismo,
I =
..............................................................................................
all’età di 29 anni scopre l’esistenza del dolore
R=
..............................................................................................
attraverso 3 importanti incontri. Quali?
C = ..............................................................................................
......................................................................................................
2. Quando è stato inserito l’I.R.C. nella scuola
......................................................................................................
italiana?
......................................................................................................
1984
......................................................................................................
1929
......................................................................................................
1924
Che cosa ci ha insegnato l’esperienza
1989
del principe Siddharta?
3. Attraverso quale patto la Chiesa Cattolica e lo
............................................................................................................
Stato Italiano decisero di inserire l’IRC nella
............................................................................................................
scuola italiana? .....................................................................
............................................................................................................
......................................................................................................
La risposta religiosa è una possibile risposta
4. In che anno fu rivisto? ..................................... E come
alle domande sulla vita. Chi non accetta
tali risposte si definisce ateo, agnostico,
fu chiamato? .........................................................................
5. Che differenza c’è tra I.R.C.e catechismo?
scettico o indifferente. Collega il significato
......................................................................................................
corretto:
......................................................................................................
......................................................................................................
......................................................................................................
......................................................................................................
ateo
Vero o falso.
V F
1. L’IRC è una disciplina scolastica
che aiuta a comprendere l’ambiente
in cui viviamo
scettico
2. L’IRC è una disciplina scolastica
che aiuta a dare risposta ai bisogni
spirituali ai soli alunni credenti
indifferente
3. L’IRC è una disciplina scolastica
che non aiuta a comprendere l’arte
4. L’IRC è una disciplina scolastica solo
per chi è credente cattolico cristiano
agnostico
colui che ritiene che l’uomo non possa giungere a darsi spiegazioni sul significato della vita a causa dei suoi limiti è l’atteggiamento di chi nega l’esistenza di Dio è l’atteggiamento di chi è incredulo, diffidente, non crede se non vede con i propri occhi è l’atteggiamento di colui che non si pone il problemadi cercare le risposte alle domande di senso
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Unità 1 L’uomo, un essere religioso
Mito, rito, segno, simbolo Per ognuno di questi termini riconosci le categorie di appartenenza riscrivendole nel posto corretto all’interno della tabella: racconto della Genesi cap. 1,1-31 • rosa regalata alla fidanzata • crocifisso • fuoco • ulivo • acqua • anello di fidanzamento • fede nuziale • pane • eucarestia • penitenza • battesimo • saluto del mattino • abluzioni (cioè lavaggio di certe parti del corpo prima della preghiera coranica) • la cena pasquale ebraica • il mito dei pellerossa sull’origine del mondo • matrimonio • funerale • scambio della pace durante la Messa • il dare precedenza • alfabeto • i numeri • le formule matematiche • i geroglifici • la scrittura cuneiforme • le note musicali • le sigle a.C e d.C. • bandiera nazionale • fazzoletto bianco • croce • divisa militare • cappello da alpino • fiocco rosa o blu • recarsi la domenica a messa • recarsi il sabato in sinagoga • recarsi il venerdì in moschea • meditazione per buddisti • i segnali di fumo degli indiani • l’occhiolino • il tè delle cinque • la creazione di Adamo ed Eva • le 4 operazioni Mito
Rito
Segno
Simbolo
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