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C IVICA

EDUCAZIONEEDUCAZIONE CIVICA nel TESTO NARRATIVO

Circle time

Alcune persone hanno difficoltà ad accettare chi viene da lontano e ha colore della pelle, abitudini, lingua... diversi dai nostri. Parlandone e confrontandosi, però, è più facile capire le ragioni di tutti.

Oggi circle-time in classe: si parla di amicizia e di accettazione. – Perché si deve essere amici per forza? – esordisce Alessandro. – Se una persona mi è antipatica, è antipatica e basta. È mai possibile essere sgridati per questo? La maestra Paola sorride e dice: – Chi vuole rispondere? – Secondo me le persone ci possono essere simpatiche o antipatiche – dice Talo. Carolina ribatte: – Ma non perché sono bianche o nere, ricche o povere, del Nord o del Sud. Invece ci sono alcuni che, per partito preso, non accettano e addirittura odiano chi non è come loro. Marta aggiunge: – Per me siamo tutti uguali, siamo fatti allo stesso modo con gambe e braccia, mani e piedi e anche cervello. – Brave! – annuisce la maestra Paola. – Come si usa il cervello non dipende dal colore della pelle, ma dall’intelligenza. La maestra fatica a parlare perché altre voci vogliono dire la loro. – Però è meglio che gli stranieri rimangano nei loro Paesi! – Sono d’accordo: tanti extracomunitari possono essere un problema per noi italiani! Il tono della voce si alza: c’è una grande confusione, finché con un “Si parla uno alla volta!”, la maestra riprende il filo del discorso. – Cerchiamo di capire un po’ meglio come stanno davvero le cose, altrimenti sarà impossibile stabilire veri rapporti. Scaturiranno solo aggressività e rabbia. Alessandro, allora, sottolinea timoroso: – Però... è vero che tanti extracomunitari vengono a rubarci il lavoro e portano la delinquenza. Non dico tutti... ma... A questo punto interviene la maestra Gilda: – Non è proprio così. Talvolta alle persone che conosciamo poco attribuiamo le cause delle nostre paure e le emarginiamo. Io vengo da un paese vicino e quando sono venuta ad abitare qui mi sembrava che tutti mi prendessero in giro per il mio modo di parlare.

UTUROdel PROTAGONISTi F

Mi sentivo emarginata. Ora non vivrei in nessun altro posto. – È vero, maestra – dice Pierpaolo. – Mio padre mi ha raccontato che tanti anni fa suo nonno si è dovuto trasferire da Napoli a Torino per trovare un lavoro e ha fatto molta fatica per inserirsi: nessuno gli voleva affittare una casa e sui portoni c’erano dei cartelli con la scritta “non si affitta ai meridionali”. – Questo non può essere vero! – interviene Federico. – No, è vero – puntualizza Abdul. – Anche a noi è capitata la stessa cosa. Prima di trovare una sistemazione decente, siamo stati costretti a vivere in dieci in una sola stanza! La maestra Paola aggiunge: – All’epoca di tuo nonno, Pierpaolo, al Nord c’era bisogno di operai, ma si nutriva molta diffidenza verso i meridionali. Adesso molti hanno paura di perdere il lavoro per colpa degli extracomunitari. Anche se essi, spesso, fanno i lavori rifiutati dagli altri. – Che confusione ho in testa! – dice Carolina. – Non ci capisco più niente. Mio padre dichiara sempre che la gente si giudica da quello che fa e non da quello che dice né dal Paese d’origine né dal colore della sua pelle. La maestra Gilda le risponde: – Le parole di tuo padre sono sagge. Bisogna conoscersi meglio, facendo tante cose insieme, come giocare e studiare. Solo così scopriremo che chi credevamo antipatico può diventare il nostro migliore amico. La campanella pone fine al circle-time. Le maestre commentano: – Quanta carne al fuoco abbiamo messo oggi!

Ivonne Mesturini, Un amico dal mare, Raffaello Rifletto

La maestra dice che, se non si cercherà di capire i problemi degli immigrati, non sarà possibile stabilire veri rapporti: scaturiranno solo rabbia e aggressività. Tu sei d’accordo?

Sottolinea nel testo quello che dice la maestra Gilda su che cosa succede con le persone che conosciamo poco.

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