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Non potevo più andare a scuola

EDUCAZIONE CIVICA

L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA L’autrice racconta un episodio della sua vita, che è parte di una delle più grandi tragedie della Storia del secolo scorso. Perché è necessario ricordare le grandi tragedie del passato e non perderne la memoria? Esprimi la tua opinione e confrontala con quella delle compagne e dei compagni.

Era una sera qualsiasi. Stavamo a tavola. Io, papà e i nonni. Io ridevo e scherzavo come al solito. Però mi accorsi che c’erano tre paia di occhi che mi guardavano ansiosi. “Mi dovranno dire qualcosa di importante” pensai. In quel momento mio padre parlò: – Liliana, sai che non puoi più andare a scuola… – Ah no? – gli dissi cercando un perché con gli occhi smarriti. Lui lo capì. – Perché ci sono delle nuove leggi per noi che siamo ebrei. Tu, come tutti i bambini ebrei, sei stata espulsa dalla scuola. Espulsa. Avevo appena compiuto otto anni, era settembre e la scuola cominciava il 12 ottobre. Quel giorno segnò un prima e un dopo nella mia infanzia. Il prima della vita di Liliana bambina, allegra e serena, e il dopo, di Liliana bambina ebrea, espulsa, poi esclusa, poi internata. Quell’anno avrei dovuto frequentare la terza elementare… – Perché sono stata espulsa, papà? Che cosa ho fatto? – non capivo. – Tu non hai fatto niente, Liliana – mi disse papà con dolcezza. – Ma questa legge dice che non puoi andare a scuola. Non possiamo farci niente. Sentivo che papà cercava un modo per spiegarmelo che non mi facesse restare male, ma io andavo volentieri a scuola, e lui sapeva che avrei sofferto di questo allontanamento. C’erano le compagne di classe che vedevo anche fuori dalla scuola, ai giardini, oppure alle feste di compleanno; mi dispiaceva anche lasciare la maestra,

si chiamava Cesarina, ero molto affezionata a lei. Era affettuosa e sentivo di poter contare su di lei. Almeno così pensavo. Perché non potevo più andare a scuola? Perché io, solo io, non potevo più imparare? Mi misi a cercare un motivo, qualcosa che avevo fatto o detto in classe, scavai nei giorni precedenti, cercavo qualche fatto che mi facesse dire: “Ah, ecco perché sono stata cacciata”. Ma era inutile, non c’era. Papà parlava di “nuove leggi”. Ma chi le aveva fatte? Perché? Io non sapevo neppure di essere ebrea fino a quando non erano venute fuori queste stupide regole. Io sono italiana, lo diceva anche il nonno, ed era davvero arrabbiato. – Siamo italiani, siamo come tutti gli altri e guarda cosa ci fanno… – sussurrava alla nonna, mentre Susanna sparecchiava la tavola e scuoteva la testa come a cancellare quella brutta serata. Ma era impossibile. La realtà era come l’aveva raccontata papà. Io non potevo più andare a scuola.

L. Segre, Fino a quando la mia stella brillerà, Piemme Completa indicando con X. Questo brano è raccontato in prima persona. Significa che: l’autrice racconta fatti di una persona che conosce bene. l’autrice e la protagonista del fatto sono la stessa persona. La protagonista fu espulsa dalla scuola perché: non andava d’accordo con compagni e insegnanti. era di religione ebraica. L’espressione “quel giorno segnò un prima e un dopo nella mia infanzia” vuol dire che: niente, da quel giorno, fu come prima. niente si modificò nella vita della protagonista.

Che cosa pensi della situazione vissuta dalla protagonista? Pensi sia giusto giudicare gli altri per la loro fede, per la loro cultura, per il colore della loro pelle? Discutine in classe.

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