La Valigia di Mariele - Canzoni ed emozioni

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CANZONI ED EMOZIONI porta i bambini alla scoperta della comunicazione emotiva insita nei brani musicali.

PER L’INSEGNANTE

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IL CORO – l’esperienza educativa e metodologica di Mariele Ventre UNA FIABA IN MUSICA – storia di note e sentimenti IL MONDO DEI SUONI – percorso per insegnanti GIOCARE CON LA MUSICA – scoprire i suoni e utilizzarli in modo creativo CANTANDO E RECITANDO – giochi motori e copioni per mettere in scena le canzoni CANZONI ED EMOZIONI – la comunicazione emotiva attraverso le canzoni SCHEDE DI VALUTAZIONE

1 AUDIO CD – 6 canzoni del repertorio del Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna diretto da Mariele Ventre e versione strumentale – Sonorizzazioni contenute nella favola in musica

6 POSTER Canzoni illustrate

PER IL BAMBIN O IL MONDO DEI SUONI percorso operativo per bambini

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Questo volume, sprovvisto del talloncino a fronte, è da considerarsi SAGGIO - CAMPIONE GRATUITO: fuori campo applicazione IVA ed esente da Ddt (Art. 2, c. 3, l.d, DPR 633/1972 e Art. 4, n. 6, DPR 627/1978)


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Mariele Ventre

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CANZONI ED EMOZIONI


INDICE

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INTRODUZIONE PRIMA PARTE:

Analisi emotiva della favola in musica

SECONDA PARTE: Percorso emotivo attraverso le canzoni

Canzoni ed emozioni Gisella Gaudenzi Progetto editoriale: Sarah M. Howell Redazione ELI: Maria Letizia Maggini Art Director: Letizia Pigini Responsabile di produzione: Francesco Capitano Ricerca iconografica: Giorgia D’Angelo Foto: Shutterstock Illustrazioni: Alessia Zucchi Progetto Grafico e realizzazione: Studio Arcobaleno s.r.l. Hanno gentilmente concesso la riproduzione dei testi e partiture delle canzoni: Il torero camomillo (F. Maresca – M. Pagano, Edizioni ABICI s.r.l.) Il valzer del moscerino (L. Zanin – A. Della Giustina, Edizioni Cervino) La sveglia birichina (L. Beretta – G. C. Cadile – Franco e Mino Reitano, Edizioni Fiumara/Mac Rey International/Cervino) Nonna-ni-nonnina (F. Evangelisti – M. Pagano, Edizioni ABICI s.r.l.) Quarantaquattro gatti (G. Casarini, Edizioni musicali Millen) Rapa-Rapanello (Rzepka) (Tradizionale: L. Beretta, Rielab: G. B. Martelli, Edizioni BMG Ricordi Music Publishing s.p.a.) © 2008 ELI s.r.l. Casella Postale 6 – Recanati – Italia Tel. +39 071 750701 - Fax. +39 071 977851 www.elionline.com Tutti i diritti riservati. È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questa pubblicazione, così come la sua trasmissione sotto qualsiasi forma o con qualunque mezzo, senza l’autorizzazione della casa editrice ELI. Stampato presso la Tecnostampa – Recanati – 08.83.179.0 ISBN 978-88-536-0320-3

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INTRODUZIONE Le emozioni costituiscono un patrimonio importante per ogni essere umano, in particolare per i bambini i quali vivono di esse, anche se spesso in modo inconsapevole e quasi istintivo, in una sorta di comunicazione diretta rivolta ai loro coetanei e agli adulti. Il bambino esprime sempre le proprie emozioni, anche quando si chiude improvvisamente, o mette in moto un comportamento provocatorio, mostrando scarsa attenzione alla realtà che lo circonda, o ribellione alle regole e alle consegne. Allora l’insegnante lo osserva sbalordito, cercando di raggiungerlo con lo sguardo, con un’espressione del viso che esprime dispiacere ma anche severità, chiaro richiamo al ritrovare se stesso. Il bambino ricambia lo sguardo per un attimo, poi preferisce distrarsi e apparentemente si allontana. L’insegnante rimane lì, consapevole che quel comportamento, magari più volte reiterato, nasconde un profondo disagio, una disarmonia che necessiterebbe cure particolari ed un lavoro mirato e protratto nel tempo. Spesso però si sente inadeguato, e avverte tutta la stanchezza del dover comprendere l’essenza di meccanismi delicatissimi, che lo interrogano anche dal punto di vista umano e personale. Diviene perciò palese l’importanza di accogliere la comunicazione emotiva e di incentivare la crescita dell’intelligenza che presiede ad essa. Per fare ciò, occorre però che l’educatore si metta in discussione e si apra in prima persona alla comprensione e alla conoscenza della propria intelligenza emotiva. Così egli andrà alla conquista del proprio patrimonio di emozioni anche negative, attuando una sorta di razionalizzazione delle stesse, che certamente non significa castrarle o rinnegarle, ma trasformarle, agendo sul meccanismo che ne determina l’insorgere e il perdurare. La genesi dell’emotività negativa risiede quasi sempre nel profondo dei nostri pensieri. Acquisire la capacità di fronteggiare le emozioni negative significa quindi imparare a riconoscere e a trasformare i propri pensieri irrazionali.

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L’educazione emotiva a scuola Scrive il famoso psichiatra Umberto Galimberti: Espulsa dalla scuola, l’educazione dei sentimenti vaga senza contenuti cui applicarsi, oscillando paurosamente tra pulsioni di rivolta, che sempre accompagnano ciò che non può esprimersi, e tentazioni di abbandono a quelle derive di cui il mondo della discoteca, dell’alcool e della droga sono solo esempi, neppure troppo estremi. (cfr. U. Galimberti, Paesaggi dell’anima, ed. Mondadori, 1987)

Occorre dunque che a scuola, a partire da quella dell’infanzia, si torni ad ascoltare e a ricercare l’ascolto, che è la condizione imprescindibile attraverso la quale si può realizzare l’educazione dei sentimenti, traendo da essi forza educativa e civile. In tal modo è possibile, inoltre, valorizzare la sfera emotiva dei bambini, che ha bisogno di essere riconosciuta, approvata ed amata. La gioia, il desiderio di collaborazione, l’affetto, la solidarietà, la fiducia, sono tutti sentimenti presenti nei bambini. L’insegnante deve guidare i piccoli a riconoscerli, a prenderli per mano e a viverli pienamente. Perciò è bene ricordare che bisogna accorgersi del patrimonio emotivo dei propri alunni non solo quando questi manifestano difficoltà comportamentali e relazionali, ma anche quando esso si rivela nella tranquilla quotidianità di personalità serene, alle quali si deve garantire la possibilità di crescita e di ulteriori elaborazioni.

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Il dinamismo insito in un sentimento costituisce l’occasione per andare oltre il singolo lavoro strutturato nei vari campi di esperienza, per trasformare la scuola in espressione dell’essere individuale e sociale, il quale rafforza e riconosce se stesso seguendo il filo di una sfera emotiva che esprime compiutamente la propria essenza. Se riusciamo a dare valore a quella sfera allora davvero, ogni sapere, ogni proposta culturale acquisterà il carattere di nuovo umanesimo, in cui la ricerca antropologica e la ricerca del dialogo costituiranno terreno sempre fertile e dal raccolto garantito.

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PRIMA PARTE

ANALISI EMOTIVA DELLA FAVOLA IN MUSICA

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IO SONO NO-CRY: RICORDATI DI ME L’insegnante distribuisce ad ogni bambino la scheda 1 di pagina 9 sulla quale è disegnata la sagoma di un bambino, assolutamente priva del minimo elemento di connotazione fisica ed emotiva. Questo ignoto ed anonimo amico, viene presentato come No-Cry. L’insegnante chiede ai bambini se ricordano i particolari fisici di No-Cry, e li invita a elencarli ordinatamente, rispettando ognuno il proprio turno. Dopo aver ascoltato le descrizioni dei bambini, che sicuramente rimanderanno al precedente ascolto e all’elaborazione della favola in musica, l’insegnante li invita a riprodurre i particolari fisici all’interno della sagoma vuota che gradualmente acquisterà nuova vita ed identità, favorendo il riconoscere di un amico già incontrato, immaginato, fatto proprio. Alla fine del lavoro, verranno analizzati i vari risultati ottenuti, stimolando l’osservazione critica da parte dei piccoli. Poi l’insegnante legge ai bambini (o racconta con parole sue) No-Cry vive nel Paese di SoloGesti e non può esprimersi e comunicare con gli altri attraverso la parola. Egli desidera però che la gente si accorga di lui e che non lo consideri un fantasma qualunque. Quali colori potrebbero distinguerlo? Chiede quindi di colorare la sagoma di No-Cry, scegliendo i colori in grado di renderlo più visibile agli occhi delle persone.

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Scheda 1

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LE EMOZIONI DEI COLORI L’insegnante legge ai bambini (o racconta con parole sue) Nel paese di No-Cry esistono solo cartelli: nessuna parola, nessun suono. No-Cry però sente il bisogno di raccontarsi, di ascoltare e di comunicare con gli altri, di parlare al loro cuore. Perciò i suoi cartelli sono molto, molto particolari. Non parlano di persone, azioni o cose, ma dei sentimenti che esse provocano in lui L’insegnante mostra ai bambini le immagini della scheda 2 di pagina 11 e chiede loro di attribuire un colore ad ognuna di esse colorando lo spazio apposito.

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Scheda 2

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LE LACRIME COME SEGNO DI VITA L’insegnante legge ai bambini (o racconta con parole sue) Nel paese di No-Cry nessuno deve piangere. Le lacrime sono un segno di debolezza, per questo i genitori del bambino lo hanno cresciuto abituandolo a non piangere mai e a controllare le sue tristezze. Ma No-Cry non riesce a essere sempre contento. Spesso sente un nodo alla gola che vorrebbe trasformare in lacrime da piangere tranquillamente, per poi magari farsi cullare dalla mamma e dal papà. Si può piangere per se stessi ma anche per gli altri, perché si desidera ottenere qualcosa o perché si vuole esprimere ciò che abbiamo nel cuore. L’insegnante dialoga poi con i bambini, chiedendo a ciascuno di loro di completare la frase: Io piango perché… L’insegnante poi riprende a leggere ai bambini (o racconta con parole sue) Gennarino insegna a No-Cry che si può piangere anche di gioia, di divertimento e di commozione di fronte a persone, cose o azioni che sanno arrivare al cuore e lo fanno battere forte, forte. Allora le lacrime possono anche unire le persone, avvicinarle, legarle, anche se abitano in case diverse e in luoghi del mondo molto lontani l’uno dall’altro. L’insegnante poi invita ad osservare le lacrime della scheda 3 di pagina 13 e colorare con il grigio quelle che fanno pensare alla tristezza; con il marrone quelle che fanno pensare ai capricci; con il giallo quelle che fanno pensare al divertimento e con il rosso quelle che fanno pensare alla commozione. L’insegnante legge ancora Le lacrime, grandi o piccole che siano, non vanno perdute. Noi non riusciamo a seguire il loro percorso ma possiamo immaginare di ritrovarle tutte in un grande mare, formato così un po’ da tutti noi. È un mare prezioso, in cui sono racchiusi, come pesciolini guizzanti, i dolori, le speranze e le gioie di tutti gli uomini. L’insegnante poi chiede al bambino di colorare su un foglio con il blu, l’azzurro e il verde, le onde dello splendido mare delle lacrime.

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Scheda 3

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DUE TAPPI ANTIPATICI ALLA CONQUISTA DELLA SIMPATIA L’insegnante legge ai bambini (o racconta con parole sue) Gli abitanti di SoloGesti hanno degli strani turaccioli nelle orecchie che impediscono loro di sentire i suoni. Tutti sono abituati ad essi e nemmeno si accorgono più di averli, anche se a qualcuno è venuta l’idea di dipingerli con colori diversi. Questi tappi sono un po’ antipatici: non si esprimono in nessun modo, nemmeno attraverso cartelli; non battono come il cuore; non sentono odori come il naso; non vedono come gli occhi; non permettono di toccare come le mani; loro unico compito è impedire alle orecchie di sentire. Sono grigi, grigi come una giornata d’inverno. Quando No-Cry viene rapito dal vento e li perde, ne sente però la mancanza. Li ricerca come si fa con amici a cui siamo abituati da sempre. Per tutta la storia dell’amicizia tra il bambino e Gennarino non sentiamo più parlare dei tappi, che sembrano essere scomparsi per sempre. Ma quando No-Cry, dopo aver scoperto il meraviglioso mondo dei suoni, ripensa al suo Paese e ai suoi genitori, essi ricompaiono dal nulla, come fedeli amici pronti ad esaudire il suo desiderio di ritorno. Così diventano due splendidi e docili missili, sui quali No-Cry sale sicuro. Certo essi sembrano cambiati, ma anche No-Cry lo è, perciò accoglie in modo nuovo tutto ciò che gli sta intorno. Al termine della lettura l’insegnante dialoga con i bambini, chiedendo a ciascuno di completare le frasi: A me una volta… era antipatico, perché… Adesso invece… mi è simpatico, perché ho capito che… L’insegnante passa ora all’attività e invita i bambini a disegnare i due turaccioli di sughero così come vengono descritti nella prima parte della storia, personalizzandoli con occhi, bocca e naso adatti al loro carattere. Dopo aver controllato i disegni prodotti dai bambini e averli commentati insieme, l’insegnante li invita a disegnare e colorare altri due turaccioli di sughero, così come vengono descritti nell’ultima parte della storia, personalizzandoli con occhi, bocca e naso adatti al nuovo carattere che sembra averli trasformati.

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