Elena Uboldi
Abilità per crescere 1 2 3
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Materiali di approfondimento e potenziamento
GUIDA DIDATTICA
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Elena Uboldi
Abilità per crescere
GUIDA DIDATTICA
LO SPIRITO DEL PROGETTO
“Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo vi aggiunge qualcosa e così l’umanità va avanti”
Don Lorenzo Milani
L’idea di questo progetto nasce principalmente dal desiderio di dare una risposta chiara e ben organizzata alla proposta di legge che l’11 gennaio 2022 è stata approvata dalla Camera relativa al Disegno di Legge n. 2493 in merito all’insegnamento delle “competenze non cognitive” a scuola. Ma non solo.
L’esigenza di un percorso che vada nella direzione di una scuola del cambiamento arriva prima, arriva proprio dai bambini e dalle bambine che si affacciano a una società che li vuole diversi dai bambini e dalle bambine che eravamo noi alla loro età. I nostri alunni e le nostre alunne che si troveranno ad abitare il mondo di domani hanno necessariamente bisogno di strutturare un insieme armonico di competenze che permetta loro di esserne parte attiva. La società che cambia necessita di persone che cambino con lei e che contribuiscano in modo positivo a darle una forma che sia in linea con l’inclusione, il progresso, la legalità e il rispetto. Negli ultimi anni gli e le insegnanti della scuola italiana hanno assistito a una profonda trasformazione: uso volontariamente il termine “assistito” perché in molti casi si sono ritrovati all’interno di un vortice di cambiamento senza che venissero loro offerti gli strumenti adeguati per affrontarlo. Sono diventati a volte spettatori e altre volte incerti tirocinanti alle prese con situazioni nuove in contesti già profondamente complessi. Equilibristi, più che insegnanti, forti dello spirito di iniziativa e del desiderio di miglioramento che da sempre contraddistingue questa categoria professionale. Ma tale determinazione non basta a far fronte alle richieste che il cambiamento impone ed è proprio per questo motivo che nasce l’idea di questo progetto, che ha lo scopo di offrire uno strumento concreto ai docenti e alle docenti e agli alunni e alle alunne che permetta loro di percorrere la strada del cambiamento con passi più sicuri e con il giusto supporto. Le competenze non cognitive (definizione non totalmente corretta, ma questo lo vedremo in seguito) non sono da considerarsi un carico aggiuntivo al lavoro dell’insegnante, ma al contrario uno strumento trasversale capace di illuminare le discipline di una luce nuova. Un nuovo paio di occhiali che ci permette di mettere in risalto alcune competenze prima difficilmente osservabili e definibili grazie a una messa a fuoco orientata verso il processo di sviluppo dell’intera persona
Noi insegnanti abbiamo il privilegio di poter fare la differenza nell’accompagnare le nuove generazioni a fare la loro.
Buon lavoro.
Elena Uboldi
LIFE SKILLS
Non chiamatele “non cognitive”
Partiamo subito con il chiarire un aspetto fondamentale: le life skills vengono definite spesso abilità non cognitive, tuttavia nella pagina di presentazione del progetto abbiamo espresso una certa contrarietà nei confronti di questa definizione e qui di seguito ne chiariamo i motivi. All’interno del gruppo delle life skills rientrano anche tutte quelle abilità strettamente cognitive come l’elaborazione delle informazioni ricevute, l’analisi dei dati o la risoluzione dei problemi; appare quindi poco corretto distinguere le due tipologie di skills attraverso le definizioni “cognitivo” o “non cognitivo”. La definizione di life skills intese come abilità “non cognitive” utilizzata nel contesto italiano rimanda a concetti molto differenti da ciò che era nell’intenzione del Legislatore. Per comprendere i motivi di questa scelta lessicale è utile ricostruire quanto riportato negli allegati del dibattito parlamentare. Il modello più citato in questo contesto è quello del professor Williamson, della facoltà di scienze sociali dell’Università di Stirling, che utilizza il termine “Social-Emotional Learning” (SEL), in cui sono ricomprese life skills, non cognitive skills, soft skills.
Secondo questo orientamento, nelle SEL sono incluse tutte “le qualità personali, spesso descritte come dimensioni non accademiche e non cognitive dell’apprendimento, che comprendono auto-controllo, benessere, perseveranza, felicità, resilienza, mentalità aperta, grinta, intelligenza sociale, carattere (…)” (B. Williamson, 2017, Moduling student emotions through computational psycology: Educational Media International, 54-4, 273).
Per essere più chiari possiamo affermare che le competenze “non cognitive” sono le competenze che hanno a che fare con i processi cognitivi che sono alla base dei processi di apprendimento. Le hard skills invece sono quelle legate alla didattica intesa in senso tradizionale legata agli aspetti informativi/cognitivi. Volendo ulteriormente semplificare, potremmo vedere le “non cognitive” come competenze di processo, o quantomeno inerenti al processo di apprendimento; mentre le altre competenze, quelle della didattica tradizionale, sarebbero legate più ad aspetti di contenuto e quindi più specificamente e unicamente centrate su aspetti informativo-cognitivi.
Che cosa sono?
È ormai cosa nota che nel processo di apprendimento concorrano diverse competenze e abilità; alcune di esse, definite hard skills, sono strettamente legate all’acquisizione, all’esecuzione e elaborazione di contenuti come le abilità di memorizzazione, di calcolo, di logica, di comprensione e rielaborazione. Si tratta quindi di abilità tecniche e si applicano a compiti e attività specifiche. Altre invece, meglio conosciute come competenze non cognitive o lifes skills, sono un insieme di abilità personali, emotive, sociali e relazionali che coinvolgono l’area più personale dell’individuo e che permettono, integrandosi con quelle cognitive elencate poco sopra, di affrontare le sfide quotidiane concorrendo a raggiungere il successo personale, nello studio, nel lavoro e nella sfera privata. Possiamo quindi affermare che se vogliamo considerare un individuo nella sua interezza, a 360 gradi, dobbiamo pensarlo come un insieme di competenze che appartengono ai due gruppi: hard e life skills.
L’OMS nel 1993 (Life skills education for children and adolescents in schools) definisce che cosa sono esattamente le competenze non cognitive e le descrive come “abilità che portano a comportamenti positivi e di adattamento, che rendono l’individuo capace di affrontare efficacemente le richieste e le sfide della vita di tutti i giorni”. Si tratta quindi di abilità preziose al fine di adattarsi in modo positivo alla propria realtà, ossia di abilità e competenze che consentono ai bambini e alle bambine di affrontare le difficoltà che la quotidianità propone loro, non solo in ambito scolastico, in modo positivo e soddisfacente. L’OMS, tra tutte le competenze prese in considerazione, ne ha individuate 10 che sembrerebbero concorrere maggiormente alla formazione integrale dell’individuo e che sono quindi considerate particolarmente importanti per il sano e equilibrato sviluppo psicofisico dei minori.
Di seguito l’elenco delle 10 life skills identificate dall’OMS suddivise in 3 macro aree di sviluppo:
COMPETENZE EMOTIVE
1 Autoconsapevolezza
2 Gestione delle emozioni
3 Gestione dello stress
COMPETENZE RELAZIONALI
4 Empatia
5 Comunicazione efficace
6 Relazioni efficaci
COMPETENZE COGNITIVE
7 Risolvere problemi (Problem solving)
8 Prendere decisioni (Decision making)
9 Pensiero critico
10 Pensiero creativo
Andiamo ora a definirle una ad una per comprendere meglio a che tipo di competenze si riferiscono.
1
Autoconsapevolezza
Capacità di comprendere sé stessi/e e riconoscere i propri bisogni. Essere consapevoli dei propri punti di forza o attitudini e dei propri limiti o fragilità. Questa skill condiziona inevitabilmente anche altre abilità, tra cui la capacità empatica, la comunicazione, la gestione dello stress e le relazioni interpersonali.
2 Gestione delle emozioni
Capacità di riconoscere in primis le proprie emozioni e quelle delle altre persone e essere consapevoli del ruolo che le emozioni giocano nel comportamento e nelle relazioni. Saperle gestire e regolare in modo appropriato nelle diverse situazioni e in relazione al contesto.
3 Gestione dello stress
Capacità di governare le tensioni. Essere consapevoli del ruolo dello stress nelle scelte quotidiane e saper riconoscere e definire le fonti e le cause di stress per poi essere in grado di attuare strategie per ridurlo.
4 Empatia
Capacità di ascoltare in modo attivo e comprendere le altre persone. Sapersi immedesimare in situazioni anche non familiari.
5 Comunicazione efficace
Capacità di esprimersi in ogni contesto o situazione sia a livello verbale sia a livello non verbale. Saper manifestare opinioni, desideri, bisogni e sentimenti ascoltando con attenzione gli altri e le altre per comprenderli.
6 Relazioni efficaci
Capacità di interagire e relazionarsi con le altre persone in modo costruttivo. Saper creare e gestire relazioni significative.
7 Risolvere problemi (Problem solving)
Capacità di riconoscere, affrontare e risolvere situazioni problematiche dando spazio a diverse soluzioni in modo costruttivo e non convenzionale.
8 Prendere decisioni (Decision making)
Capacità di prendere decisioni attraverso la valutazione delle opzioni a disposizione e delle eventuali conseguenze ad esse collegate.
9 Pensiero critico
Capacità di analizzare informazioni ed esperienze in modo oggettivo per arrivare ad una decisione consapevole attraverso la valutazione di vantaggi e svantaggi. Riconoscere e valutare i fattori che influenzano una situazione.
10 Pensiero creativo
Capacità di affrontare in modo flessibile le situazioni trovando soluzioni e idee originali. Abilità strettamente collegata al decision making e al problem solving perché permette di esplorare maggiormente alternative diverse e le relative conseguenze.
Obiettivo benessere
Il documento dell’OMS del 1993 ci fornisce alcuni dati da cui si evince che i programmi educativi che comprendono l’insegnamento delle life skills sono stati adottati in diversi ambiti con evidenze positive Possono quindi diventare elementi di collegamento tra i fattori cognitivi e la promozione di atteggiamenti sani che contribuiscono alla tutela della salute personale e della comunità.
ACQUISIZIONE
DI CONOSCENZE
ACQUISIZIONE
DELLE LIFE SKILLS AZIONE
AUMENTO
DEL BENESSERE PERSONALE E DELLA COMUNITÀ
L’acquisizione delle life skills influenza il modo in cui le persone si relazionano tra loro, in cui superano in modo positivo i momenti di difficoltà o attraverso il quale prendono decisioni nella loro vita. Permettono all’individuo di avere una maggiore consapevolezza del proprio ruolo nella società e dei propri punti di forza da investire nel lavoro, nelle relazioni interpersonali e questo favorisce un aumento dell’autostima, della fiducia nelle proprie capacità e non ultimo del benessere personale. Chi si sente bene e si percepisce in modo positivo nel contesto in cui vive e lavora sarà certamente, non solo più produttivo, ma anche più disponibile nei confronti delle altre persone, più attento alle esigenze altrui e sensibilmente meno aggressivo e incline allo scontro. Moltissimi sono quindi i benefici che le life skills porterebbero nelle vite degli individui sia a livello personale (la padronanza di sé, la motivazione, la flessibilità, l’autocontrollo, l’iniziativa, l’impegno, la motivazione) sia a livello sociale (empatia, gestione conflitti, collaborazione, leadership, comprensione).
LIFE SKILLS A SCUOLA
“La scuola non deve soltanto istruire, ma anche e soprattutto educare.”
Mario Lodi
L’11 gennaio 2022 è stata approvata dalla Camera la Proposta di Legge relativa al Disegno di Legge n. 2493 sull’insegnamento delle “competenze non cognitive” a scuola: “Disposizioni per la prevenzione della dispersione scolastica mediante l’introduzione sperimentale delle competenze non cognitive nel metodo didattico”. La proposta di legge sulla valorizzazione delle competenze non cognitive prevede l’incrementazione delle stesse.
Tali competenze vengono definite nella proposta di legge abilità trasversali agli apprendimenti, utili a sostenerli, ma nello stesso tempo “spendibili” anche in ogni altro contesto al di fuori della scuola. Come già detto, la definizione “non cognitive” con cui vengono indicate queste abilità non è completamente corretta perché si tratta di competenze che hanno comunque a che fare con il processo di apprendimento; molti studiosi e molte studiose hanno evidenziato come sia difficile escludere una attività di tipo cognitivo alla base di queste abilità. Howard Gardner con la sua teoria delle intelligenze multiple ha teorizzato che l’intelligenza ha una struttura multidimensionale.
Per quale motivo è importante inserire nel sistema scolastico le life skills in questo momento storico? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare diverse riflessioni: la prima riguarda il contesto scuola in cui i bambini e le bambine si trovano per molte ore al giorno per anni e che si trovano in una fase di crescita e di sviluppo della propria personalità. Alcuni studi suggeriscono che l’introduzione delle competenze non cognitive a scuola favorisce la relazione positiva tra alunni e alunne e tra alunni/e e insegnanti determinando una diminuzione di comportamenti problematici e violenti. L’apprendimento diventa maggiormente attivo, si basa sul lavoro di gruppo promuovendo la cooperazione, l’ascolto empatico, la comprensione e la tolleranza Una seconda riflessione è legata alle figure professionali che oggi sono richieste nel mondo del lavoro che, dopo la pandemia, è sostanzialmente cambiato. Le competenze necessarie oggi per chi si affaccia al mondo del lavoro non possono escludere la propensione alla flessibilità, l’abilità di lavorare in gruppo, quella di organizzarsi e gestire il proprio tempo in modo efficace. Il mondo della scuola si trova di fronte a una sfida importante nel far parte di questo cambiamento, può offrire ai bambini e alle bambine la possibilità di migliorare tutte quelle abilità trasversali che saranno così preziose nella loro vita professionale. Non ultimo, la cronaca recente ci riporta sempre più spesso episodi di violenza che vedono coinvolti adolescenti e ragazzi/e anche per futili motivi: siamo davanti a una generazione che dimostra scarsa empatia nei confronti del prossimo o una mancanza di strategie comunicative efficaci che permettano di risolvere le difficoltà che possono nascere nelle relazioni in modo pacifico e adeguato. La famiglia gioca un ruolo fondamentale in questi contesti e non può essere sminuito il valore educativo che deve esserle attribuito; anche la scuola, tuttavia, gioca un ruolo importante, a maggior ragione nelle situazioni in cui questo contesto non è sano e non rappresenta un modello di vita adeguato per i giovani e le giovani.
Ma procediamo per gradi e cominciamo entrando in una qualsiasi classe di Scuola Primaria.
Laura
Laura frequenta la classe quinta di una Scuola Primaria, studia molto, è sempre preparata e svolge tutti i compiti con la massima cura e precisione, diciamo che è la migliore della classe e forse della scuola. Va benissimo nei compiti scritti ma quando deve dire due parole diventa rossa e non parla più, non ricorda nulla di quello che studiato e la maggior parte delle volte scoppia a piangere e deve uscire dalla classe.
Amedeo
Amedeo è un bambino di quarta, educato e sempre attento, ma poco incline per la matematica. Con le operazioni non c’è grande sintonia e con le frazioni ancora meno. Ogni volta che c’è un litigio lui però è fenomenale, trova sempre le parole giuste e sembra sapere sempre come risolvere la cosa anche quando non riguarda lui direttamente. È un mago Amedeo!
Christian
Christian è uno in gamba, è molto curioso, fa un sacco di domande e in classe è sempre il primo a capire le cose. Quando finisce la lezione si capisce che non vede l’ora di andare a casa ad approfondire ciò che ha appena imparato. Poi però non so che succede perché quando torna il giorno dopo sembra che non abbia nemmeno aperto il libro, si giustifica e sembra confuso e alla fine i risultati sono scarsi.
Chi tutti i giorni entra in una classe qualsiasi della Scuola Primaria sa bene che incontrerà Laura oppure Amedeo o Christian o chissà chi altro/a che ha in comune con questi tre bambini il fatto di avere sviluppato alcune competenze più di altre. Situazioni diverse ma accomunate da aspetti che condizionano decisamente in modo negativo o positivo il risultato, apparentemente legati a caratteristiche caratteriali del/della bambino/bambina. Bambini/e come Laura capaci ma sopraffatti da un’emotività che non riescono a gestire, altri/e che, come Christian, nonostante l’impegno, non riescono a organizzarsi, a pianificare il proprio lavoro in modo produttivo. Altri/e invece che, come Amedeo, mostrano competenze molto sviluppate in ambiti che però non sempre vengono presi in considerazione al fine di una valutazione dell’intero individuo e che vengono messe in secondo piano perché considerate di minor valore.
Scatole o trampolini?
Queste riflessioni ci spingono a riflettere su quanto spesso il sistema scuola tenda a valorizzare alcune competenze ritenendole migliori di altre; di quando a volte si abbia la sensazione di essere chiusi dentro a una scatola con le pareti rigide, che valorizza alcuni tipi di talenti non considerandone altri. Sei dentro alla scatola se riesci a soddisfare le richieste e se corrispondi a quel progetto che qualcuno ha pensato per te; sei considerato un buon alunno o una buona alunna quando ottieni buone valutazioni sulla base di obiettivi spesso molto legati ad alcune competenze specifiche. Parlare di risorse personali e di personalizzazione dell’insegnamento è piuttosto difficile quando ci si trova a fare i conti con un contenitore che lascia poco spazio alle sfumature, alle diverse espressioni del sé. La scuola dovrebbe invece essere un trampolino, sul quale ogni alunno/a deve esercitarsi a fare i primi timidi salti in un contesto sicuro dove sa che può anche sbagliare e ritentare mille volte, dove può sperimentare tipi di salti diversi e dove ha la possibilità di scoprire chi è, quali sono i suoi limiti e quali invece le sue risorse. Un trampolino per spiccare il volo, non una scatola per essere omologati agli altri. La scuola dovrebbe avere un’organizzazione didattica capace di essere flessibile in relazione alle caratteristiche ci ciascun alunno e ciascuna alunna per offrire a tutti la possibilità di raggiungere il successo formativo.
Le competenze
La didattica per competenze ha come elemento fondante la centralità dell’alunno/a e il processo di apprendimento; in questo modo, al contrario di ciò che può apparire, il ruolo dell’insegnante viene valorizzato. L’insegnante assume un ruolo di mediatore, di facilitatore: sperimenta e invita a sperimentare, favorisce le autonomie, accompagna l’alunno/a alla ricerca e alla scoperta delle proprie risorse. Le competenze di cui parlo indicano la capacità dell’alunno/a di utilizzare le conoscenze (sapere), abilità (saper fare) e capacità personali e sociali (saper essere) nel contesto in cui si trova o in cui si troverà una volta adulto/a e inserito nella società in qualità di individuo autonomo e responsabile.
CONOSCENZE
SAPERE
SAPER FARE
SAPER ESSERE
ABILITÀ IDENTITÀ
Possiamo definire la competenza come una disposizione della persona di fronte alla realtà: è competente chi è autonomo/a, responsabile, chi conosce i propri talenti, le proprie risorse e le sa mettere in campo nelle diverse situazioni della vita, chi è inserito nella società riuscendo ad affrontare difficoltà e problemi in modo propositivo, riorganizzando le proprie risorse se necessario. Ecco che a questo punto entrano in campo le life skills, abilità essenziali che rendono l’individuo efficace, che rappresentano il collante che tiene insieme abilità e conoscenze, la base di appoggio del nostro trampolino. Pensiamo a questo esempio: avere una buona comunicazione non è solo una competenza innata, ma necessita di alcune conoscenze (sapere), esperienze (saper fare) e caratteristiche personali (saper essere).
Ogni competenza quindi è formata da un insieme in cui sapere, saper fare e saper essere sono in equilibrio.
Non esistono competenze di serie A e di serie B, ma tutte le competenze concorrono alla formazione dell’individuo inteso a 360 gradi, tutte sono importanti e meritano la giusta attenzione. Avere delle buone competenze matematiche, sapere risolvere le operazioni o essere abili nel calcolo a mente, non è meno importante di essere abili comunicatori o ascoltatori; al contrario queste ultime due competenze andranno a implementare quelle più strettamente scientifiche. La piccola Laura, che abbiamo conosciuto a pagina 9, dovrà lavorare molto sulle competenze legate al riconoscimento e alla gestione delle emozioni, al suo senso di autoefficacia, per riuscire a esprimere al meglio quelle più specifiche legate alle discipline di studio che vuole dimostrare di possedere.
Life skills e inclusione
Le life skills giocano un ruolo fondamentale per la creazione di un contesto inclusivo e di condivisione. Grazie alle maggiori competenze comunicative dei bambini e delle bambine, ad esempio, il clima in classe sarà certamente più disteso e i momenti di conflitto saranno gestititi meglio e in modo più assertivo. Una classe che si impegna a valorizzare ogni individuo nella sua unicità diventa terreno fertile per tutti i suoi membri; ogni bambino e ogni bambina avrà una spinta a dare il proprio contributo perché non esiste nessun individuo che in questo ambito non abbia qualcosa da portare alle altre persone, cosa che invece a volte accade quando ci si orienta solo nell’ambito delle competenze cognitive. Inoltre bisogna ricordare che se le life skills favoriscono l’inclusione, a sua volta un ambiente inclusivo favorisce la nascita di nuove idee, la creatività, la comunicazione e la relazione; si crea quindi una conseguenzialità che porta continue ricadute positive sull’ambiente e su chi ne fa pate
LIFE SKILLS
INCLUSIONE
È bene ricordare che l’inclusione parte anche dalla motivazione personale: se un individuo ha la sensazione di poter prendere parte a un progetto perché in grado di portare un suo personale contributo, sarà decisamente più motivato a farlo.