Anna A. Pacchi
Il pane fatto in casa, ma davvero. Più di 100 ricette, tutte provate nella cucina di casa, sia dolci sia salate, con il lievito madre e quello di birra, per sbizzarrirsi nell’arte della panificazione divertendosi. Il libro, pensato appositamente per la cucina casalinga, dimostra che anche senza strumenti particolari si può preparare un pane buono come quello dei migliori panettieri. Il linguaggio chiaro e semplice e le immagini delle ricette aiutano ancora di più nella comprensione dei passaggi. Infine un’ampia introduzione su lieviti, farine e principali metodi di lavorazione fornisce tutti gli elementi per tuffarsi senza indugi nel mondo della panificazione.
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Anna A. Pacchi
Anna Alessandra Pacchi lavora nel mondo del food e dell’editoria da più di dieci anni. Appassionata di cucina, ha cercato di viverla da tutti i punti di vista: da redattrice, da traduttrice, da home economist, da autrice e perfino da fotografa e ogni volta ne ha scoperto un lato nuovo ed entusiasmante. Dopo aver seguito numerosi corsi sul mondo della panificazione, è scattato il colpo di fulmine e da allora non ha mai smesso di impastare.
I L PA N E FAT TO I N C A S A
NON È M A I S TATO C O S Ì FAC I L E
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Anna A. Pacchi
Euro 24,50
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S OM M A R IO I N T RODU Z ION E
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I LIEV ITI
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Il lievito di birra Nice to meet you… Il lievito fresco Il lievito secco
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I L L I E V I TO M A DR E
6
Da dove si comincia? Let’s get started! Il mantenimento e la conservazione E d’estate?
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G L I A LT R I L I E V I T I
9
Il bicarbonato Il lievito chimico
9 9
L E FA R I N E
10
La macinazione 10 Ma perché dare tanta importanza al germe? 10 La forza 11 Il glutine 12
I VA R I T I PI DI FA R I N E
13
Farina di grano tenero Farina di grano duro Farina di segale Farina di farro Farina di orzo Farina di avena
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IV
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Farina di riso Farina di mais Farina di grano saraceno Farina di Kamut® Farina di malto
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G L I A LT R I PRO TAG ON I S T I 17 Acqua Latte Sale Zucchero Miele Olio Burro Uova
17 17 17 18 18 18 19 19
L E TA PPE DE L PA N E
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L’impasto La fermentazione e la lievitazione Metodo diretto o indiretto La cottura Le pieghe Piega a tre a libro Piega circolare Le forme Pagnotta Filone Bocconcini
21 22 22 23 24 24 25 26 26 26 27
L’AT T R E Z Z AT U R A
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S OM M A R IO
L I E V I TO DI BI R R A
S A L AT I
30
PIZZA LEGGERISSIMA
74
PANE ARABO
76
PANINI CINESI AL VAPORE
78
PAGNOTTA CASALINGA
32
PANE ALLA ZUCCA
80
PANINI AL LATTE
34
PANINI ALLE NOCI
82
BAGUETTE
36
PANE AL POMODORO
84
BRIOCHINE SALATE
38
CRUMPET
86
PIZZA CLASSICA
40
PIZZA INTEGRALE
88
PAIN DE CAMPAGNE
42
QUICK BREAD
90
CIABATTINE CROCCANTI
92
DANUBIO CON PECORINO E SALAME
44
PANCARRÉ AI CEREALI
94
PANE NAAN
46
PANE MANEESH LIBANESE
96
NEW YORK BAGEL
48
TARTINE DI PANE AL LATTE
98
FOCACCIA CON I POMODORINI
50
PANE SENZA IMPASTO
PANETTONE GASTRONOMICO
52
PANE DA HAMBURGER
54
GRISSINI STIRATI
56
PAGNOTTA INGLESE
58
PANINI ALLE PATATE
60
PANE PITA
62
FOUGASSE PROVENZALE
64
TORTILLAS DI GRANO
66
PANE ALLA BIRRA
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FOCACCIA MORBIDA
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PANCARRÉ
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100
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L I E V I TO M A DR E
L I E V I TO DI BI R R A
DOLCI
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SALATI
CREMONESI
106
RINFRESCARE IL LIEVITO MADRE 148
CIAMBELLINE GLASSATE
108
UN BEL BAGNETTO...
149
NODINI AL LATTE DI COCCO
110
PIADINA DI LIEVITO MADRE
150
PAIN AU CHOCOLAT
112
KOUGELHOPF
114
SCHIACCIATINE CROCCANTI DI LIEVITO MADRE
152
MORBIDONI GLASSATI
116
FOCACCIA DI LIEVITO MADRE
154
TRECCIA ALLE MANDORLE
118
PANE E BASTA
156
TORTA DI ROSE
120
IL PANE DI CASA MIA
158
PICCOLI CAKE D'AMOUR
122
PANINI ALL'UVETTA E ROSMARINO
TRECCIA CON FARINA 1 E SEMI DI PAPAVERO
160
124
PANE AI CEREALI E SEGALE
162
PAN BRIOCHE
126
PIZZA ALTA SEMPLICISSIMA
164
CHIOCCIOLE DI DANISH
128
GRISSINI AI SEMI
166
PANE CHALLA
130
ROTOLINI SVEDESI ALLA CANNELLA
PANE DI SEMOLA SENATORE CAPPELLI
168
134
PANINI MORBIDI
170
SCHIACCIA DOLCE ALL'UVA
136
PIZZA BASSA CROCCANTE
172
BRIOCHE FRANCESE
138
GATTINI DI SANTA LUCIA
140
PANDORO
142
146
SCHIACCIA UMBRA AL PECORINO 174 PANE CON IDRATAZIONE AL 50% 176 GRISSINI ALL'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA 178
VI
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S OM M A R IO
SFILATINI DI FOCACCIA ALLE OLIVE VERDI
180
PIZZA CON FARINA 1
182
BOCCONCINI DI SEGALE E SEMI DI LINO
184
SFILATINO INTEGRALE AL GERME DI GRANO E NOCI
218
PANE AI CEREALI CON MIRTILLI ROSSI E SEMI DI GIRASOLE
220
FOCACCIA CON LIEVITO MADRE 186
PANE CON IDRATAZIONE AL 70% 222
PANE INTEGRALE CON MIRTILLI ROSSI, CILIEGIE E SEMI DI ZUCCA
PIZZA AL PIATTO
224
PANE MEDITERRANEO
226
PANE CON FARINA DI MAIS
228
PANE ALASKA
230
188
PANE AI CEREALI E SEMI DI ZUCCA
190
PANE TOSCANO
192
PANE AL KAMUT®
194
PIZZA CON LIEVITAZIONE LUNGA 196 PANE CON FARINA 2
198
PANE DI FARRO
200
PANE AL MALTO
202
FISARMONICA AL GERME DI GRANO
204
PANE DEL GIORNO DOPO
206
PANE DI SEMOLA E FARRO
208
PIZZA A LIEVITAZIONE MISTA
210
PANE ALLE ERBE AROMATICHE
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PANE CON FIOCCHI DI AVENA
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PANE CON FARINA DI RISO
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L I E V I TO M A DR E
D OL C I
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CROISSANT SFOGLIATI
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PANE DOLCE ALLA LAVANDA
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PANE ALL'UVETTA
24 0
PANETTONE BASSO MILANESE
24 2
PANINI CON GOCCE DI CIOCCOLATO
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SCHIACCIA DI PASQUA ALL'ANICE
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BOMBOLONI
250
MUFFIN INTEGRALI ALL'UVETTA 252 VENEZIANA GLASSATA
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BAULETTO AI LAMPONI
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CIAMBELLA PER LA COLAZIONE
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MUFFIN AI MIRTILLI
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COLOMBA AL CIOCCOLATO
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F O C AC C I A D OL C E
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A LT R I L I E V I T I O N E S S U N L I E V I TO
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PA N E A Z Z I MO
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F O C AC C I A DI R E C C O
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PA N E C H A PAT I
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PA NC A K E
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PA N DE QU E S O BR A S I L I A N I
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E NG L I S H S C ON E S
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PI A DI N A S E N Z A L I E V I TO
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S ODA BR E A D
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C OR N BR E A D
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BL I N I S
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B A N A N A BR E A D
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R I NG R A Z I A M E N T I
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IX
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I L I E V IT I I L L I E V I TO DI BI R R A Ve lo immaginate se dal vostro bel bicchiere di birra venisse fuori un cubetto di lievito? Sfatiamo subito questo primo mito: il lievito di birra non è (più) fatto con la birra. Della birra gli è rimasto solo il nome, perché un tempo era preparato con gli scarti della lavorazione della birra. Oggi quello comunemente utilizzato per panificare (e quello che si trova in tutti i supermercati) è il Saccharomyces cerevisiae, un altro tipo di saccaromiceto rispetto al Carlsbergensis che era quello contenuto nel luppolo, ma che aveva un sapore sgradevolmente amaro e poca stabilità. Il lievito di birra, detto anche lievito compresso dagli addetti ai lavori, ha man mano scalzato il lievito madre nella produzione di lievitati dolci e salati perché è di facile utilizzo, non ha bisogno di mantenimento e i tempi di lievitazione sono molto ridotti.
Nice to meet you… In commercio si può trovare sia fresco in cubetti da 25 g, sia secco, in bustine da 7 g: un cubetto corrisponde a una bustina e di solito questa quantità è consigliata per 500 g di farina. L’unico inconveniente del lievito, di birra è che ha un retrogusto molto caratteristico che può risultare un po’ fastidioso; si può però ovviare a questo problema diminuendo il lievito tenendo inalterata la quantità di farina e allungando i tempi di lievitazione. In questo modo il prodotto, una volta cotto, sarà gonfio e ben areato, leggero da digerire e senza spiacevoli retrogusti. 4
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Bisogna però tenere conto che certi impasti ricchi di burro, uova e zucchero hanno bisogno di una spinta maggiore, quindi si può anche aumentare la quantità di lievito arrivando a 35 g di lievito fresco o 10 g di quello secco su 500 g di farina.
Il lievito fresco Il cubetto fresco si trova nella maggior parte dei supermercati, scade nel giro di qualche settimana e si deve conservare in frigorifero. Acquistatelo se sapete di doverlo usare, altrimenti rischiate che vi scada in frigorifero senza che riusciate a utilizzarlo. È sempre meglio sbriciolare il lievito fresco in modo che si amalgami con il resto degli ingredienti e scioglierlo in un po’ di liquido (di solito acqua o latte, a temperatura ambiente o tiepidi). Si può anche preparare il così detto lievitino, cioè un composto di lievito, un liquido e poca farina che si lascia riposare per circa mezz’ora finché inizia a formare delle piccole bolle: a quel punto è pronto per essere unito agli altri ingredienti della preparazione.
Il lievito secco Questo tipo di lievito è sempre più usato, perché rispetto a quello fresco ha una scadenza molto più lunga e non deve essere conservato in frigorifero, quindi si può tenere in dispensa per molto tempo e averlo sempre sotto mano quando serve. Va di solito sciolto in un liquido e si può aggiungere da un cucchiaino a un cucchiaio di zucchero (a seconda della quantità di lievito) per aiutare a far partire il processo. In certi casi può anche essere mescolato direttamente alla farina, comunque seguite sempre i consigli riportati sulle istruzioni. Si può misurare in bustine (una è come abbiamo detto 7 g, mezza bustina 3,5 g) e in cucchiaini: 1 cucchiaino sono circa 1,5 g abbondanti. Per intenderci, i 10 g usati per gli impasti più pesanti sono una bustina più 2 cucchiaini. 5
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Una volta aperta, richiudete la bustina piegando il bordo e conservatela normalmente in dispensa. Ultimi consigli: il lievito di birra agisce molto bene tra i 26 e i 35 °C, sopra tende a rovinarsi, sotto la sua spinta man mano rallenta. Quando fa molto caldo, non mettete quello fresco a contatto con la farina senza iniziare la lavorazione perché si lega alla poca acqua contenuta nella farina e innesca la lievitazione, di conseguenza muore ancora prima di compiere il suo dovere. Per quanto riguarda il lievito secco, se usate quello che si può mescolare direttamente alla farina, non unite mai acqua troppo fredda, perché questo tipo è molto sensibile agli sbalzi di temperatura.
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Il lievito madre è stato fin dai tempi antichi il modo più semplice di avere sempre a disposizione un agente lievitante. Come succede molte volte, per caso, ci si accorse che lasciando della farina a contatto con l’acqua a una temperatura favorevole, la farina iniziava a fermentare, poiché i microrganismi (batteri Lactobacillus) presenti al suo interno mangiavano tutti gli amidi trasformandoli in zuccheri e questi a loro volta si scindevano in anidride carbonica e alcol etilico. Man mano la tecnica si è affinata e quando si faceva il pane, e si faceva in casa, si teneva da parte un pezzettino dell’impasto e si alimentava con altra farina e acqua ed ecco che la magia si compiva: dando nuovo nutrimento al lievito, questo aveva la possibilità di mantenersi attivo e crescere in modo regolare. Negli ultimi anni l’uso del lievito madre ha avuto una forte ripresa, anche se il suo mantenimento e la preparazione del pane sono più complessi, perché questo tipo di lievito, oltre a far crescere l’impasto, ha una notevole influenza sul sapore del prodotto finito. La gamma di aromi che il lievito madre è in grado di regalare al pane o ai prodotti lievitati è indiscutibilmente più varia e complessa rispetto a quella del lievito di birra. Un tipo di lievito del genere ha molte più sfumature e può essere declinato in moltissimi modi: usando farine diverse, mantenendolo più o meno solido, in frigorifero, a temperatura ambiente, legato in un canovaccio, in un contenitore o in acqua. Si dice spesso che i cani e i loro padroni tendono ad assomigliarsi, ecco, in un certo senso anche il lievito madre e il suo padrone hanno questa caratteristica: ognuno crea il proprio lievito madre, con le caratteristiche più consone al suo stile di vita. C’è chi è preciso e quando lo rinfresca pesa ogni volta tutti gli ingredienti; c’è chi va ad occhio perché sente di quanta farina e acqua il lievito ha bisogno; c’è chi lo preferisce molto solido, chi invece morbido e cremoso. Senza parlare della farina: la classica per il mantenimento sarebbe la manitoba, forte e perfetta per dare un pasto energetico al lievito, ma chi è un patito della fibra ne fa una versione integrale e chi ne vuole uno per una pizza da urlo lo rinfresca con la farina 1 (semintegrale).
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E i maniaci? Ne hanno una versione normale e una integrale (anche se si dice che due lieviti nello stesso frigorifero litighino un po’, bisogna tenerli ben separati in modo che i microrganismi dell’uno non interferiscano con quelli dell’altro). Insomma il bello del lievito madre è, che a parte le regole base, tutto il resto viene con il tempo e a seconda del tipo di pane che preparate di solito; potete forgiarlo a vostra immagine e somiglianza.
Da dove si comincia? I modi per ottenere il lievito madre sono due: il primo è farselo regalare da qualcuno che ce l’ha già, il secondo è prepararlo da zero. Ovviamente farselo regalare da qualcuno è più facile, ma ha degli indubbi vantaggi, perché di solito è un lievito che ha già qualche annetto, ed è quindi più stabile e attivo. E poi perché è molto bello condividere il lievito madre, è una forma di amicizia e se un giorno ti capita per qualche motivo che il tuo muore, puoi sempre richiederne un pezzo all’amico a cui l’hai dato e in fondo è come un fratellino del tuo. E poi se uno non è esperto, avere già un lievito pronto e dover all’inizio solo preoccuparsi di imparare a rinfrescarlo, cioè tenerlo in vita, è diverso da partire completamente da zero. Ma bisogna anche dire che partire da acqua e farina è una bella sfida da intraprendere e vedere crescere il lievito dalle fondamenta è sicuramente una soddisfazione.
Let’s get started! Allora… sì, vanno bene la farina e l’acqua, ma per far partire da zero un lievito madre è meglio dargli un aiutino: un po’ di zucchero (o qualche microrganismo…) non si nega a nessuno, in questo caso sotto forma di miele, purea di frutta o yogurt. Meglio usare una farina forte, cioè molto ricca di proteine, quindi scegliete una manitoba: mescolatene 100 g con 50 g di acqua e 75 g di mela grattugiata (con la buccia) o polpa di albicocche o yogurt. Mettete il tutto in un contenitore di vetro capiente con il coperchio e fate un segno dove arriva il composto (questo vi servirà per controllare se e quanto cresce). Lasciate riposare il tutto per circa 2 giorni a temperatura ambiente e, se tutto va come deve andare, trascorso questo tempo il lievito sarà raddoppiato di volume. Prelevatene 100 g e iniziate con il primo rinfresco (che emozione!): unite 100 g di farina e 45-50 g di acqua e impastate bene. Rimettete il vostro lievito nel contenitore e fatelo di nuovo raddoppiare di volume (in questa fase non si può stabilire un tempo preciso, quindi fate di nuovo un segno sul contenitore). Proseguite con questa operazione, cioè prelevando ogni volta 100 g di lievito e rinfrescandolo, finché arriverete al punto in cui in tre ore sarà triplicato di volume. Adesso è abbastanza grande da provare a camminare con le sue gambe e allora non vi rimane che metterlo alla prova e iniziare a utilizzarlo per panificare! 7
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Il mantenimento e la conservazione Il lievito madre, se usato un paio di volte alla settimana, resiste bene in frigorifero nella parte meno fredda per circa 5 giorni, ma a un certo punto reclama cibo, anzi acqua e farina per la precisione. Meglio tirarlo fuori dal frigorifero 2 o 3 ore prima in modo che torni a temperatura ambiente, usare acqua non troppo fredda (meglio a 23 °C, ma almeno non proprio quella che scende dal rubinetto). La farina consigliata è la manitoba. A questo proposito sarebbe meglio usarla sempre della stessa marca perché ogni farina è diversa e così il lievito si mantiene più stabile nutrendosi sempre con gli stessi microrganismi. Meglio scegliere una manitoba che trovate molto facilmente, tipo quella del supermercato dove andate di solito. Per conservare la pasta madre (si chiama anche così), scegliete un contenitore di vetro con il coperchio, non quelli con il tappo a vite, ma piuttosto di plastica, in modo che se per qualche motivo il vostro lievito fosse così potente da debordare, non rischierebbe di rompere il contenitore. Se usate il lievito molto spesso perché fate il pane quasi tutti i giorni, potete anche conservarlo fuori dal frigorifero e rinfrescarlo al massimo ogni 3 giorni.
E d’estate? In effetti non c’è una pensione per lievito madre dove lasciarlo durante l’estate (a meno che non abbiate un parente o un amico molto fidato a cui lasciarlo), quindi il modo più facile di conservarlo è surgelarlo. Fatene un panetto da almeno 150 g, sistematelo in un sacchetto da freezer e segnatevi sopra il peso e la data: da quel momento dura tre mesi. Tornati dalle vacanze, tirate fuori dal freezer il lievito, rimettetelo nel suo contenitore e dategli il tempo di scongelarsi pian pianino in frigorifero (almeno 24 ore). A questo punto eliminate tutta la parte esterna e tenete solo il cuore, la parte più viva del lievito, e iniziate a rinfrescarlo, molto spesso, fino a quando riprende i soliti ritmi di crescita. Ci vorrà anche una settimana per risvegliarlo dal suo sonno profondo, ma se si svegliano le principesse, non vi preoccupate, che si sveglierà anche lui.
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G L I A LT R I L I E V I T I Oltre ai due grandi protagonisti della storia, il lievito di birra e il lievito madre, che sono classificati come lieviti biologici, esistono anche degli altri lieviti che vengono definiti lieviti chimici o agenti lievitanti. Questo perché sono proprio dei processi chimici che innescano la produzione di anidride carbonica e di conseguenza fanno lievitare il prodotto.
Il bicarbonato Il bicarbonato di sodio ha la capacità a temperature medio-alte, (sopra circa i 50 °C), di formare anidride carbonica. Viene però usato come agente lievitante solo in presenza di un acido, perché da solo risulterebbe troppo basico (o alcalino). È presente in molte preparazioni in cui si usa il latticello, dalla forte componente acida, oppure si può utilizzare se nella ricetta c’è tra gli ingredienti lo yogurt o del succo di frutta. Il latticello, cioè la parte di scarto della panna una volta ottenuto il burro, è molto ricco di acido lattico e reagisce con il bicarbonato di sodio formando minuscole bollicine di anidride carbonica. La stessa cosa avviene con lo yogurt. Un altro uso che si fa del bicarbonato è mescolarlo al cremor tartaro, altro agente lievitante, per formare il famoso baking powder o, per gli addetti ai lavori, semplicemente il baking. Il cremor tartaro svolge la funzione del latticello, ma si può dosare meglio e con più precisione.
Il lievito chimico Questo tipo di lievito è sempre formato con il bicarbonato di sodio, ma questa volta è abbinato all’acido tartarico. Poiché il lievito chimico è pensato per agire con il calore del forno, e non con il riposo come quello biologico, al composto viene aggiunto anche il pirofosfato acido che, combinato con il bicarbonato, si attiva con il calore. Ricordatevi quindi che il lievito chimico va aggiunto solo all’ultimo, perché lo sviluppo di anidride carbonica si innesca con il calore, ma anche quando viene a contatto con l’acqua (in questo caso dell’impasto crudo). In commercio potete trovare quello definito per dolci, che di solito è aromatizzato alla vaniglia, e quello per pizze e torte salate. 9
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L E FA R I N E Il mondo delle farine è davvero ampio e variegato. Con quasi tutti i cereali si può produrre della farina e a seconda del tipo di prodotto che volete ottenere dovete usarne una piuttosto che un’altra. Partiamo da una considerazione generale, cioè la classificazione, per potervi orientare in questo vasto mondo. La farina è classificata in base al grado di raffinazione, cioè di quantità di ceneri (i minerali che continuano a rimanere dopo aver bruciato la farina) presenti e in base alla quantità di crusca e germe (detto anche grado di abburattamento): per intenderci, quella bianca 00 è quella con il minor contenuto, quella integrale è quella con il maggior contenuto. La maggior o minor presenza di ceneri influenza anche la quantità di proteine presenti nella farina. Andiamo per gradi: la farina è prodotta dal chicco, che è formato da una parte esterna, la crusca; un cuore, il germe e la parte interna, l’endosperma, dove risiedono le proteine e l’amido. A seconda del tipo di farina, il chicco viene privato o meno della parte esterna e del germe ed è così che si formano i vari tipi di farina. Eccoli: 00, 0, 1, 2, integrale. La 00 è la più pura, prodotta solo con endosperma, bianchissima, l’integrale è ottenuta macinando tutto il chicco.
La macinazione Molte volte troviamo sulle confezioni la scritta farina macinata a pietra, ma cosa significa e come differisce dalla macinazione classica? La macinazione moderna è detta macinazione a cilindri ed elimina man mano le parti esterne e il germe del chicco, ottenendo una farina ricca di amidi e glutine e molto ben conservabile. Il germe, infatti, da una parte è ricco di sostanze nutritive (perché è da lì che nascerà la nuova pianta) molto importanti, ma anche acidi grassi che tendono a irrancidire molto velocemente, compromettendo la conservabilità della farina. La macinazione a pietra, fatta sì come una volta, ma migliorata dal punto di vista tecnologico, macina tutto il chicco, riuscendo a mantenere più fibre, minerali e anche il germe. In pratica con questo tipo di macinazione il chicco viene frantumato tutto in una volta e il germe è disperso nella farina in piccolissime particelle in modo che si mescoli uniformemente e non tenda a irrancidire.
Ma perché dare tanta importanza al germe?
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Perché, come abbiamo detto prima, è ricco di sostanze nutritive, ma anche perché rende l’impasto più elastico e lavorabile e il pane, una volto cotto sarà più areato, con una crosta sottile, dorata e croccante e il profumo e l’aroma saranno inconfondibili.
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La forza Se nella vita quotidiana una farina ci può sembrare equivalente a un’altra, nella panificazione bisogna sapere un paio di cose in più… Tra i vari componenti ci sono anche le proteine che giocano un ruolo fondamentale nei prodotti lievitati perché costituiscono l’impalcatura che tiene su tutta la struttura. Ecco allora che a seconda della quantità di proteine presenti nella farina si parla di farina debole o forte. Il simbolo per classificare la quantità di proteine è la W, ma di solito è una cosa più per addetti ai lavori e si trova sulle farine ad uso professionale. A noi umani basterà controllare sulla tabella delle informazioni nutrizionali la quantità di proteine: fino al 9% su 100 g di prodotto la farina è considerata debole, dal 10 all’11% è media, dal 12% in su forte. Per il pane e i lievitati in genere c’è bisogno di una farina da media a forte.
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Il glutine Va bene tutta questa forza, ma perché è così fondamentale? Perché più una farina è ricca di proteine, più è ricca di glutine che a sua volta forma una maglia (detta maglia glutinica) che intrappola l’aria e sostiene la pasta. Vi immaginate in un impasto come quello del panettone, ricco di burro, zucchero, uova e quant’altro, quanto peso deve sostenere la struttura per non collassare? E allora ben venga il glutine, con tutte le sue proteine!
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I N T RODU Z ION E
I VA R I T I PI DI FA R I N E Farina di grano tenero Il grano tenero è forse il più utilizzato per i prodotti da forno. Da questo tipo di grano si ricava quella che tutti chiamiamo la farina bianca, ma forse questo termine è un po’ generico. In commercio si può trovare la farina 00, quella più pura e impalpabile, praticamente priva di ogni impurità, prodotta solo con la parte dell’endosperma. Può essere più o meno forte, cioè più o meno ricca di proteine, e di solito va bene per tutti gli usi. Poi c’è la farina 0, un po’ meno raffinata e di solito con più proteine, perfetta per la maggior parte dei pani e la pizza. Segue la farina 1, di tipo semintegrale, che regala un delicato sapore, ma contiene solo una piccola quantità di crusca (e germe) e quindi lievita molto bene. Ottima per pani e pizze. Prodotta con ancora più parti del chicco è la farina 2, integrale e ricca di fibre. Di solito va mescolata con un po’ di farina 0 per ottenere un pane leggero e areato. Infine c’è la farina integrale, prodotta macinando tutto il chicco, ricca di sostanze nutritive e fibre. Ricordatevi che tende ad assorbire una maggiore quantità di acqua, va lavorata più a lungo e in ogni caso otterrete un pane più compatto e consistente. Anche in questo caso potete tagliarla con della farina bianca. Tutti questi tipi di farina si trovano in vendita nei supermercati più forniti, nella maggior parte dei casi anche macinate a pietra. E la manitoba? Che farina è? È una farina di grano tenero che prende il nome dalla regione del Canada in cui viene prodotta. Può essere sia 00 che 0, ma la caratteristica principale di questo tipo di grano tenero è che è molto ricco di proteine, quindi la farina ottenuta è una farina forte. Come abbiamo detto, è perfetta per rinfrescare il lievito madre, ma anche per prodotti lievitati che hanno bisogno di un forte sostegno, come ad esempio il panettone.
Farina di grano duro Il grano duro è quello utilizzato per la produzione della pasta. A seconda di quanto è macinato fine si parla di semola, semola rimacinata e (raramente) farina. Si usa il termine semola riferito al grano duro, perché ha di solito una granulometria maggiore rispetto alla farina di grano tenero: in sostanza la farina è più fine della semola. A seconda di quanta parte del chicco viene mantenuta durante la macinazione, si passerà dalla semola, al semolato e infine alla semola integrale. Dal classico colore dorato, oltre che per la pasta, questo tipo di farina produce un pane molto saporito, dalla mollica molto compatta con piccole alveolature. Fate attenzione perché la semola di grano duro assorbe più acqua della farina di grano tenero, quindi regolatevi. 13
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I L PA N E FAT TO I N C A S A
Farina di segale La segale è un cereale molto antico e si macina in modo quasi uguale al grano tenero: si separano le parti esterne e il germe dalla parte centrale. Man mano che la farina si arricchisce di crusca e germe, cambia il suo nome e in questo caso la classificazione è in base al colore: farina di segale bianca, che deriva tutta dall’endosperma, farina di segale media, quella classica, poi la farina di segale scura, con macinazione un po’ grossolana, e infine la farina di segale integrale, prodotta con l’intero chicco macinato. Con quest’ultimo tipo di farina si produce un pane scuro molto compatto e profumato. La farina di segale (di qualsiasi tipo) è ideale da utilizzare con il lievito madre perché l’acidità della pasta madre aiuta il processo di lievitazione: la segale infatti non è così ricca di proteine come il grano tenero, quindi ha meno glutine e fa più fatica a formare una rete interna che sostenga la struttura. Per un risultato ottimale quindi, usate circa il 30-40% di segale sul totale della farina, optate per il lievito madre e date dei tempi lunghi di lievitazione. Poiché questa farina trattiene molto bene l’acqua, si usa unirne circa il 2% a un impasto di pane normale (cioè non integrale) per mantenere più a lungo morbida la mollica.
Farina di farro Il farro è un cereale molto simile al grano, anzi pare che sia stato una specie di nonno per il grano tenero, da cui infatti ebbe origine. Usatissimo dai Romani, fu man mano dimenticato in favore del grano. In questi ultimi anni è stato riscoperto e numerose varietà regionali sono tornate alla ribalta come il famoso farro della Garfagnana, quello del Lazio o d’Abruzzo. La farina ottenuta è leggermente marroncina e di solito si mescola con quella di grano tenero nella percentuale di non oltre il 30%.
Farina di orzo
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L’orzo è un cereale che resiste bene al caldo e cresce anche con poca acqua. Famoso per la produzione della birra, non è molto usato per la preparazione del pane.
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