indice
Cap. 1 • Il caldo che brucia p. 5
Cap. 2 • L’acqua che scorre p. 9
Cap. 3 • Il curiosone p. 14
Cap. 4 • Tutti al sicuro p. 18
Cap. 5 • Quanta difficoltà! p. 22
Cap. 6 • Un piccolo amico p. 26
Cap. 7 • La speranza se ne va p. 31
Cap. 8 • Adesso basta! p. 36
Cap. 9 • Lo scricchiolio p. 40
Cap. 10 • Il via al disastro p. 44
Cap. 11 • Più forte, di più! p. 49
Cap. 12 • Sarà di nuovo utile p. 57
Cap. 13 • L’aiuto atteso p. 63
Cap. 14 • Costruire per cambiare p. 68
Il caldo che brucia
Era nata dal primo fulmine di primavera, una violenta e rapida scarica elettrica, luminosissima, un tuono così esplosivo che aveva fatto tremare il cielo. Lei era piccola, però, tanto piccola, un puntino quasi invisibile che bastava il soffio di un moscerino per spegnerla. Eppure, aveva un nome carico di energia, capace di scatenare disastri dagli effetti incontrollabili. Aveva dentro di sé la potenza del fuoco.
Si chiamava Scintilla e vagava a pochi centimetri dal terreno, riparandosi qua e là per non farsi spegnere dalle correnti
d’aria e soprattutto dall’acqua. Fuggiva dal freddo e dalla mancanza di ossigeno, e cercava il calore.
Non il caldo che riscalda il cuore, ma il caldo che brucia!
In quel nome simpatico, brioso e divertente, c’era un progetto chiaro. Scintilla urlava al mondo: – Voglio essere ammirata in tutto il mio splendore a chilometri di distanza, in lunghezza e altezza. Voglio crescere… non cento volte di più, nemmeno mille volte mi bastano, voglio diventare grande, milioni e milioni di volte in più.
Si mise subito all’opera inoltrandosi in un bosco, in cerca di foglie e rami secchi, li chiamava combustibile, ma la pioggia che seguì quel primo fulmine le rendeva la vita difficile.
Trovò un gruppo di foglie croccanti, asciutte al punto giusto, ben protette tra le radici di un faggio. Erano di un rosso marroncino che le piaceva un sacco. Si avvicinò sfiorandole, ci rotolò sopra e le abbracciò, fino a quando un filo di fumo apparve in un angolo.
Scintilla sfoggiava al meglio le proprie capacità, già si immaginava una fiamma incandescente che cresceva, ma mentre gongolava, troppo orgogliosa del suo primo, fortunato tentativo, una raffica di gocce di pioggia colpì le foglie. Il fumo svanì, il calore si dissolse e… nulla di fatto. Tentativo fallito.
Il temporale scatenò la sua furia, come se dal cielo cadesse un fiume in cascata.
Scintilla trovò un nascondiglio asciutto dentro un tubo di cemento abbandonato sulla strada sterrata. All’interno c’era un ciuffo di paglia, bastò avvicinarsi e prese fuoco all’istante, ma la fiammata durò poco. Scintilla cercava molto di più.
Era nata in una falda acquifera, profonda quasi cento metri, e ora viveva nelle tubature della scuola, insieme a milioni di gemelle che le facevano compagnia. La sua casa non era in perfette condizioni e, ogni tanto, dai tubi malandati qualche sorella cadeva giù, a terra.
Lei si chiamava Stilla, era una goccia prosperosa, fresca, scattante e aveva dentro di sé la potenza dell’acqua.
Era arrivata a scuola per caso, dall’acquedotto, e da lì non si era più mossa.
Neppure quando il calorifero in quarta A
L’acqua che scorre
era esploso, spruzzandola sul pavimento della classe. Lei e le sue sorelle avevano formato una chiazza grande quanto uno stagno. I bidelli le avevano raccolte con lo spazzolone in sei grandi secchi, che poi avevano svuotato nei lavandini dei bagni.
Le altre erano finite nelle fogne, Stilla, invece, si era aggrappata come una ventosa a un rubinetto e, piano piano, spinta dopo spinta, era tornata nella tubatura centrale.