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Architettura come forza risanatrice di una comunità ELISABETTA FAUDA PICHET 8 3 0 6 1 7
POLITECNICO DI MILANO | ARCHITETTURA URBANISTICA INGEGNERIA DELLE COSTRUZIONI, PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA, ANNO ACCADEMICO 2016-2017, SESSIONE DI LAUREA 12 settembre 2017
“I strongly believe that a happy architect is an architect who has the opportunity to do something beautiful and meaningful, who can work in a way that is sustainable in every sense: economical (considering the profit flow of building materials), social (involving the local people, paying them for their services and promoting their craftsmanship) and environmental (trying to avoid use of non-renewable energy sources as much as possible).� Anna Heringer, The Future of Architecture
LIMITI LABILI
TRANSIENT LIMITS
Quando si tratta l’architettura non solo come strumento edilizio o estetico, ma considerandone tutte le implicazioni sulla comunità, essa diventa strumento sociale ed assume una rilevanza di pubblico interesse. In questo approfondimento vengono esplorate le dimensioni su cui l’architettura ha un’influenza rilevante, in particolare in contesti svantaggiati dal punto di vista socio-economico. Progettando in maniera sostenibile è infatti possibile far assumere all’architettura il ruolo di strumento sociale. Ma cosa significa sostenibile? Vengono chiariti e definiti i tre pilastri fondamentali della sostenibilità, ossia economia, ecologia ed equità, nel tentativo di definire uno schema progettuale da seguire qualora s’intenda utilizzare l’architettura come strumento per risanare una comunità dai conflitti sociali ed economici.
When we use architecture not only as a buildig or aestetic tool, but considering all the implications on the community, it becomes a social tool and it engages a public relevance. In this study, I intent to explore the dimensions on which architecture has a significant influence, particularly in disadvantaged socio-economic contexts. By designing in a sustainable way, it is in fact possible to make architecture become a social tool. But what does it mean to be sustainable? The study clarifies and defines the three fundamental pillars of sustainability, such as economics, ecology and equity, in the attempt to define a design scheme to follow to use architecture as a tool for restoring a community from social and economic conflicts.
Architettura come forza risanatrice di una comunità
Crediti immagine di copertina: schizzo della mostra Dreaming of Earth di Jaeeun-Choi
A r c h ite c tu r e a s the power to heal a community
ARCHITETTURA COME STRUMENTO SOCIALE
UMA SALINA MAIS ECONOMIA
LAMBRATE | CORTE APERTA ECOLOGIA
CASA DE ALAMEDA EQUITÀ
CONCLUSIONE & BIBLIOGRAFIA
TRE CASI STUDIO
CONTENUTI ARCHITETTURA COME STRUMENTO SOCIALE
preoccuparsi dei bisogni degli individui e delle comunità progettando secondo le regole della sostenibilità
UMA SALINA MAIS ECONOMIA: sviluppo, sufficienza delle risorse ed efficienza della produzione
LAMBRATE | CORTE APERTA ECOLOGIA: integrità ecologica e protezione dell’ambiente CASA DE ALAMEDA EQUITÀ: giustizia sociale e opportunità economiche
TRE CASI STUDIO
esempi di successo nel presente
CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA
ARCHITETTURA COME STRUMENTO SOCIALE Con Dreaming of Earth Shigeru Ban, in collaborazione con l’artista coreana Jaeeun-Choi, interviene sulla zona nel confine tra la Corea del Nord e la Corea del Sud, quello che è stato un campo di battaglia abbandonato ormai da sessant’anni, dove la natura ha potuto rigenerarsi grazie all’assenza di insediamenti umani. Notando che “la natura dell’universo è volta inesorabilmente verso la vita e il futuro”, propongono il progetto di una passerella in bambù di 15 km che supera i limiti locali generati dai conflitti e che aspira a rimarginare le ferite da essi causati: l’architettura si fa strumento sociale. Ed essendo “un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione”( Le Corbusier), si può intendere l’architettura come un processo volto al servizio di coloro che la vivranno, influenzandone azioni ed emozioni. La forza della progettazione assume così una nuova rilevanza: l’architettura si fa pratica di pubblico interesse. Questa definizione, data dall’architetto portoghese Ines Lobo, è vera però solo quando le aspirazioni e le esigenze delle parti interessate vengono bilanciate, rispondendo ai bisogni sia degli individui che delle comunità: è compito dell’architettura materializzarli “per migliorare la vita delle persone e il loro senso di appartenenza.” (Ines Lobo, Mind the People, lettera a A Aravena per presentare la battaglia proposta per la 15. Biennale)
UMA SALINA MAIS
un centro culturale nella natura Arquitectura I settembre 2016 / gennaio 2017 Professore: Maria Rita Pais Ramos de Abreu de Almeida Universidade Lusofona de Lisboa, Portogallo Lavoro svolto individualmente
Il progetto è situato nelle Saline do Samouco, riserva naturale ad Est di Lisbona. Lo scopo è quello di riqualificare l’area che ha perso valore negli anni ‘90 diventando un villaggio-dormitorio per i pendolari dopo la costruzione del ponte che la collega alla vicina capitale. Attraverso questo progetto, ho provato a ridare rilevanza alla zona, riportando interesse sulla singolare ed ineguagliabile natura e concentrando il programma sulla rivalutazione delle tradizioni culturali portoghesi che rischiano di perdersi in questi anni di grande espansione economica del Paese.
Masterplan | scala 1: 5 000 In una lettera al suo amico e collega Alejandro Aravena, l’architetto Hashim Sarkis si chiede se sia possibile pensare l’architettura come una disciplina e una pratica che si mobilita per aiutare i soggetti privi di diritti e se sia possibile utilizzare l’architettura per finalità ridistributive. A queste domande, Aravena risponde “è possibile affrontare questioni complicate, difficili, di interesse generale e trasversale e contribuire a risolvere senza abbandonare l’architettura, usando conoscenza e strumenti specifici per risolvere problemi non specifici? […] Questo non ha nulla a che vedere con valori morali o con l’affrontare temi che si pongono a un livello etico più alto, come la povertà o il sottosviluppo o l’equità sociale. Ha a che fare con l’essere capaci di offrire risposte con ciò che serve, abbandonando la sicurezza dell’irrilevanza e correndo il rischio della rilevanza.” Assonometria e pianta
Sezione AA’ | scala 1: 200
In accordo con Aravena, ritengo che il compito dell’architetto sia quello di identificare le problematiche della zona in cui s’interviene e concentrare gli sforzi dell’architettura su queste necessità rilevanti. E sebbene le necessità siano differenti per ogni situazione, ponendosi come obbiettivi il bene del singolo e il progresso della comunità risulta semplice delineare un modus operandi attraverso il quale si possa ottenere un’architettura giusta. Questo processo è riscontrabile nell’architettura definita sostenibile. Per sostenibile non s’intende però solo un’attenzione particolare all’ambiente naturale circostante, ma anche alle dinamiche economiche e sociali che l’intervento istituirà nella comunità in cui viene inserito. A questo proposito, molti intellettuali hanno riconosciuto economia, ecologia ed equità come i tre pilastri fondamentali di una progettazione sostenibile. Tenendo presente che, perché un progetto sia considerato sostenibile, questi tre parametri devono essere contemporaneamente presenti, voglio qui definirne le caratteristiche di ognuno.
pannelli in fibrocemento 400/700 mm listelli 30/50 mm barriera all’acqua isolamento termico 60 mm trave in cemento 150 mm intonaco pannelli in fibrocemento 400/700 mm listelli 30/50 mm barriera all’acqua isolamento termico 60 mm parete in cemento 150 mm intonaco
pavimentazione finale massetto di livellamento isolamento barriera al vapore massetto 150 mm cemento alleggerito ghiaia
Dettaglio della stratigrafia | scala 1: 50
Sezione BB’ | scala 1: 200
ECONOMIA
sviluppo, sufficienza delle risorse ed efficienza della produzione
Vista dalla torre “ It never ceases to surprise me when a cultural project has the capacity of triggering the one’s desire to get closer to a previously avoided location, and it does so while assuring the continuity of the place’s character and identity, by bridging the pre-existent social tissues with the differences created by such intromission.” Filipa Ramòs
Prospetto frontale | scala 1: 200
Quando si parla del fattore economico di un edificio non si parla solo del costo della costruzione di esso, ma anche dei costi che la sua demolizione comporterà e, soprattutto delle dinamiche economiche che sono ad esso collegate. S’intende quindi il riscontro che la costruzione di un edificio o progetto avrà sulla comunità in cui viene inserito. La scelta delle aziende che verranno incluse nella costruzione assume subito rilevanza: quando queste sono aziende locali la costruzione stessa dell’edificio sarà fonte di guadagno per la comunità. Per questa ragione non è detto che delle soluzioni pensate e prefabbricate in un luogo possano essere la risposta migliore ai problemi presenti in un posto da lì molto distante. Com’è preferibile utilizzare materiali reperibili localmente, risparmiando così sia sui tempi di consegna che, molto spesso, sui costi derivati dai trasferimenti. In un’operazione di riqualificazione sociale, investire in risorse locali non solo offre lavoro agli artigiani del posto, ma è occasione di sviluppo per l’intera comunità. Nella maggior parte dei casi sarà necessario insegnare il mestiere a terzi, così le maestranze non qualificate avranno un doppio guadagno: una paga immediata e l’opportunità di integrare e rafforzare la propria conoscenza del processo di costruzione. Inoltre aggiungendo valore al loro lavoro, alla loro comunità e alle loro tradizioni, diventeranno artigiani loro stessi, alzando il proprio status sociale e aumentando la possibilità di essere assunti per lavori meglio pagati nel futuro. Un’altro aspetto dell’economia risiede invece nella funzione stessa del progetto: porta a degli incrementi demografici? Apre dei nuovi posti di lavoro? E’ un catalizzatore in grado di attirare turisti o professionisti sul luogo? Se si utilizza l’architettura come innesco allo sviluppo, sfruttando le tecniche tradizionali, è possibile trasformare le tradizioni locali in processi edilizi che hanno il potere di apportare qualità sia all’atto edilizio che al luogo stesso.
LAMBRATE CORTE APERTA
residenze e servizi intorno a una piazza verde Laboratorio di Costruzione dell’Architettura I, marzo / luglio 2016 Professore: Alessandra Zanelli e Carol Monticelli Politecnico di Milano, Italia Svolto con Andrea Ferrarini e Andres Hernaiz
L’obbiettivo del progetto è quello di governare il sistema di relazioni che lega tutte le componenti dell’architettura, quali materiali, elementi costruttivi, tecniche esecutive, esigenze ambientali e funzionali, vincoli normativi ed inserimento nel contesto. La particolarità della residenza è l’adattabilità sia ai bisogni dell’utenza che a eventuali cambiamenti futuri. Le altre funzioni sono servizi a sostegno delle vicine attività (Ventura Lambrate, Città Studi) e intendono servire tutte le fasce d’età.
ECOLOGIA
integrità ecologica e protezione dell’ambiente Per ecologia s’intendono tutte quelle misure prese perché il progetto non danneggi l’ambiente. In questo caso si rende molto importante la fase di progettazione perché permette di considerare tutte le fasi della vita dell’edificio. Nella progettazione del life cycle design, la scelta dei materiali e delle tecniche di costruzione sono ciò su cui l’architetto si deve soffermare di più. Per quanto riguarda i materiali, come per le aziende, sono da privilegiare quelli reperibili localmente, preferibilmente riciclandoli. Ma attraverso una progettazione completa, è possibile programmare come i materiali impiegati possano essere riutilizzati o smaltiti al termine dell’uso dell’edificio. E’ in questo scenario che le tecniche costruttive diventano importanti: con una costruzione a secco ( senza quindi includere colate di cemento, l’utilizzo di colle o saldature a caldo) si può parlare, piuttosto che di demolizione, di disassemblaggio, un processo che lascia i materiali incontaminati e quindi offre la possibilità di riutilizzarli in un altro cantiere o comunque rende più semplice il processo di riciclaggio.
Assonometria 0
10
20
50
SERRAMENTO IN LEGNO 1. Banchina lignea 2. Telaio fisso 3. Telaio mobile 4. Doppio vetro e fermavetro interno 5. Davanzale metallico esterno 6. Davanzale ligneo interno
PARETE PERIMETRALE VERTICALE 1. Pannelli in alluminio 2. Barriera all’acqua 3. Isolamento a cappotto in sughero 4. Isolamento a pannelli in sughero 5. Pannello in cemento alleggerito 6. Barriera al vapore 7. Gesso 8. Intonaco SOLAIO INTERNO 1. Parquet 2. Pannelli di finitura del massetto 3. Massetto a secco Leca 4. Isolante in sughero 5. Pannelli di OSB 6. Controsoffitto
G A
F D
Pianta piano terra | scala 1: 500 E
B
C
BALLATOIO 1. IPE 200 portante fissata di testa al telaio 2. Travetti IPE 80 secondati 3. Travetti IPE di bordo 4. Balaustra in vetro antisfondamento 5. Gronde in lamiera piegata e inclinata 6. Profilo di bordo a C per pavimento e balaustra 7. Profilo centrale a T 8. Pavimentazione in assi di legno predisposte al fissaggio 9. Profilo metallico di fissaggio a filo
ELEMENTI STRUTTURALI A. IPE 200 portante fissata di testa al telaio B. Travetti IPE 80 secondati C. Travetti IPE di bordo D. Pannello in calcestruzzo prefabbricato E. Profilo a C fissato al pannello F. Profilo a T saldato: montante per la facciata ventilata e l’isolamento a cappotto G. Facciata ventilata in pannelli di lamiera zincata
Vista esplosa della porzione di edificio nel riquadro sulla sezione nella pagina a fianco
Prospetto verso la corte
Prospetto verso l’esterno
14,78 m
11,32 m
Una prospettiva interessante è quella di Michael Braungart: egli inverte l’approccio al problema e ridefinisce la sostenibilità con l’espressione the more, the better, ossia a sostegno di un’architettura concentrata a produrre vantaggi per l’uomo e guadagni per il pianeta piuttosto che fermarsi all’impatto zero ( rimanendo quindi “passivi”) attraverso l’uso della tecnologia di cui disponiamo oggi. La ricerca di Braungart si basa sulla produzione, attraverso la progettazione, di un vantaggio pianificato per il pianeta: invece che cercare di ridurre al minimo l’impronta ecologia di un’edificio, fare in modo che essa produca un guadagno energetico risultando così “attiva” (Celebrating our Human Footprint).
7,96 m
4,20 m
“The incorporation of the time factor […] demands constant commitment to the design on the part of the architect during the entire lifespan of a building […]. It is clear that building on a temporary basis is the key to the future.” Hedwig Heinsman
+/- 0,00 m
CASA DE ALAMEDA
un sospiro nella stretta Sabrosa Projeto III settembre 2016 / gennaio 2017 Professore: André de Vito Caiado Universidade Lusofona de Lisboa, Portogallo Lavoro svolto individualmente
Le richieste di questo lavoro sono quelle di progettare delle residenze sociali per famiglie, coppie e singoli individui in uno spazio che si trova nella zona Nord Est di Lisbona, cercando soluzioni che collegassero la nuova comunità alla preesistente. Gli spazi comuni condivisi favoriscono l’incontro per generare lo sviluppo di una nuova comunità; le tipologie delle residenze rispondono ai bisogni dell’utenza. L’individualità delle persone e dei loro spazi privati viene mantenuta pur trattandosi di residenze sociali.
EQUITÀ
giustizia sociale e opportunità economiche Equità è il parametro che considera specificamente le persone e i rapporti sociali che l’intervento favorirà. Molti di questi aspetti sono già stati considerati negli altri principi, a dimostrazione del fatto che i tre parametri siano inscindibili tra loro. Il fine ultimo dell’architettura dovrebbe però essere quello di produrre spazi per permettere ai visitatori di sperimentare la propria interezza e le relazioni interne alla comunità il più intensamente possibile. “E’ ciò che vi succede all’interno [dell’architettura], quello che ha senso per le persone in termini delle loro percezioni e cosa li porta a stare assieme che dovrebbe ricevere l’enfasi maggiore.” Herman Hertzberger Masterplan | Scala 1:1000
Esplosi dei modelli di abitazione
Con queste parole H Hertzberger riassume quello che ritengo significhi costruire per l’uomo. Ed è aspirando all’equità sociale, a soluzioni fisiche e mentali per l’uomo e al miglioramento delle condizioni e della dignità umana che si può parlare di un’architettura sostenibile. Ines Lobo si fa portatrice di questo messaggio attraverso il progetto della moschea a Mouraria, nel centro storico di Lisbona. Il progetto stesso diventerà più di un semplice luogo di preghiera: il programma previsto è quello di un centro culturale, in cui vengono accolte tutte le culture e religioni. Ma il processo di studio preliminare ha comportato un cambiamento degli atteggiamenti degli abitanti nei confronti di quest’area: si sono resi conto della situazione degradata del sito, facendo iniziare così il processo di risanamento.
Monolocali: tipo I 30 mq tipo II 36 mq
Duplex 56 mq
Sezione AA’ 0
2
5
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Triplex 97 mq
Progettare secondo le regole di un’architettura equa permette di trattare le aree d’intervento con rispetto ma senza, per questo, tralasciare l’avanguardia, conservando le tradizioni e valorizzando l’identità degli abitanti, bilanciando la conservazione del paesaggio e della tradizione pur favorendo il turismo. Alla luce di queste componenti, è chiaro come l’architettura sostenibile non si possa scomporre ma sia un incrocio di diversi fattori inscindibili.
Prospetto I 0
2
5
10
Sezione BB’ 0
2
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TRE CASI STUDIO “Make small things, act local, but think global. We don’t need utopian architecture, but we do need visionary dreams.” Marijn Schenk, The Future of Architecture
Dalla definizione di questi parametri, risulta chiaro come aspirare a un’architettura sostenibile non sia solo realistico, ma bensì una necessità della società contemporanea. Viene quindi reso evidente che attraverso piccoli accorgimenti, il potere dell’architettura va oltre i problemi strettamente strutturali o estetici ma influenza anche problematiche di altri campi, integrando nel processo di progettazione tutta la comunità coinvolta dall’intervento. E quando l’architettura si fa processo inclusivo, la costruzione diventa mezzo attraverso il quale si può costruire o rigenerare una comunità. Gli esempi che seguono sono una raccolta di progetti in cui mi sono imbattuta nel tempo e che mi hanno aiutata a definire cosa significhi per me Architettura. Li ho selezionati per mostrare come quest’aspirazione ad un’architettura giusta non sia una speranza utopica ma, se ragioniamo a partire dalle necessità della singola comunità e per il bene locale, sia una concreta realtà possibile. Usando le parole di Alejandro Aravena nell’introduzione alla 15.Biennale, questi progetti sono “storie di successo, storie di proposte di soluzioni a problemi in cui l’architettura ha fatto, fa e farà la differenza,” alla ricerca di messaggi incoraggianti, di quei segni di capacità creativa e risultati che inducono a sperare nel presente.
Dreaming of Earth, Biennale di Architettura di Venezia, 2016. Crediti fotografici: Biennale
Nella pagina a fianco: vista del parco e di una parte di residenze del progetto Casa de Alameda
Ospedale del distretto di Butaro, Ruanda. Costruzione delle fondazioni. Crediti fotografici: Iwan Baan
Ospedale del distretto di Butaro, Ruanda. Crediti fotografici: Iwan Baan
Nella Rwanda del 2008 il team di MASS Group ha trovato una divisione culturale dovuta alla recente guerra civile degli anni 1990-93. Chiamati a progettare l’ospedale del distretto di Butaro, si sono posti una domanda specifica: Can architecture heal? Può l’architettura guarire? Team giovane e composto da professionisti con antefatti e origini diverse, iniziato proprio lavorando sulla progettazione e costruzione dell’ospedale, ha come motto “Architecture is never neutral. It either heals or hurts. Our mission is to research, build, and advocate for architecture that promotes justice and human dignity.” La giovane età e le diverse origini dei componenti fanno si che siano di mente aperta e libera da schemi mentali, solitamente imposti da regolamentazioni troppo ferree. Il loro work flow prevede proprio l’identificazione di un problema e la sua diretta soluzione, in modo da essere in grado di offrire risposte essenziali abbandonando tutto ciò che risulta irrilevante. A corridoi con aria stagnante e insalubre dovuta al malfunzionamento del sistema di ventilazione, rispondono trasferendoli all’esterno e impostando un impianto di ventilazione naturale; all’impianto elettrico sempre rotto sostituiscono aperture più ampie e frequenti. Aperti ai consigli, hanno accettato la proposta dell’architetto locale di sfruttare la manodopera del posto sia per la costruzione dell’edificio che per il seguente arredamento dei locali. Questa scelta ha comportato un riscontro economico positivo per la comunità nell’immediato, dando lavoro a molti, e nel futuro, formando un personale qualificato che potrà sfruttare queste conoscenze nei prossimi lavori. Ma il guadagno non è solo sociale: evitando d’impiegare aziende che arrivano da lontano e utilizzando materiali locali, si sono ridotti di molto i costi complessivi del progetto, risparmiando su spostamenti di macchinari, materiali e manodopera altrimenti necessari. La riduzione dei costi è infatti una condizione necessaria perché si possa aspirare realisticamente alla diffusione dell’architettura (sostenibile). Ciò che più mi ha colpito di questo progetto però è la provenienza delle persone - di cui la metà donne - che vi hanno lavorato: essi provengono da entrambe le tribù che fino a pochi anni fa si combattevano in una sanguinosa guerra civile. Quest’ospedale quindi non cura solamente i pazienti che vi si presentano ogni giorno, ma nel processo di costruzione ha contribuito a sfondare quel limite che si era formato tra le due tribù e a risanare la comunità intera.
E’ sulla base di questi stessi principi che l’architetto Francis Kéré pensa e progetta le scuole di Gandu, in Burkina Faso. Kéré è in grado di far sposare la sua esperienza occidentale con le tradizioni del suo Paese d’origine, il Burkina Faso. Ha saputo sfruttare le conoscenze teoriche occidentali e coniugarle con le tradizioni costruttive locali, finanziato solamente da donazioni volontarie raccolte da lui stesso in Germania. Ma ciò che rende i suoi progetti straordinari non è tanto l’autofinanziamento ma piuttosto la conoscenza e l’amore per i materiali locali, il tempo speso a comprenderli fino in fondo, con i loro benefici e limiti inclusi, e la capacità di utilizzarli con una creatività unica in un progetto completo ed efficace.
Scuola Gandu, Burkina Faso. Crediti fotografici: Erik-Jan Ouwerkerk
Centro culturale Casa do Vapor, Cova do Vapor, Portogallo. Crediti fotografici: Alex Roemer
Sono spesso le comunità con poca disponibilità economica che necessitano di interventi che possano modificarne le dinamiche. Ma questo non è un processo semplice: grandi progetti architettonici rischiano di alterare radicalmente la comunità in cui vengono inseriti, generando fenomeni di gentrificazione e diventando quindi la causa della rovina delle stesse, invece che aiutarle. Ma con un’attenta progettazione, questo fenomeno si può evitare. Ed è quello che succede a Cova do Vapor, un villaggio di pescatori situato a Sud di Lisbona, in Portogallo. Caratterizzata da varie ondate di edificazione concentrate negli anni Quaranta e dopo la Rivoluzione del 1974, la piccola località è formata per lo più da architetture autocostruite e si trova in un’area culturalmente critica a causa della povertà della zona. In questo luogo i collettivi Exyzt e ConstructLab, entrambi composti da giovani professionisti formatosi in città diverse dell’Europa, hanno saputo intervenire in modo da trasformare la percezione del luogo dimostrandone l’abilità di accogliere e gestire un programma di attività e manifestazioni senza però perdere la propria identità. Casa do Vapor è un centro culturale dove l’attività di progettazione e costruzione sono state unite in un unico processo, per il quale si è utilizzato il legno di pino, materiale donato dalle aziende locali, non andando quindi a pesare economicamente sull’Associazione dei residenti di Cova do Vapor. Questo risulta un esempio di successo di come l’intreccio di esperienze, di saperi e di metodi operativi possa realizzarsi, aiutare a superare la barriera dei pregiudizi e andare equamente a vantaggio di tutti.
CONCLUSIONE Attraverso uno studio approfondito di questi progetti ho cercato di delineare quello che credo sia il modus operandi per giungere ad un progetto sostenibile, in tutti i suoi aspetti, per la comunità che lo ospita. Attraverso questo tipo di progettazione, è possibile produrre un’architettura in grado non solo di non nuocere ma di portare un contributo positivo alla realtà che la circonda, capace di oltrepassare i limiti imposti dalla società e di riunificare le comunità che si sono divise nel tempo a causa di diverbi politici, sociali o economici, andando a formare comunità più eque ed unite.
Centro culturale Casa do Vapor, Cova do Vapor, Portogallo. Crediti fotografici: Alex Roemer
BIBLIOGRAFIA Aravena, Alejandro. 2007. Alejandro Aravena - Opere architettoniche. Milano : Electa Hertzberger, Herman. 2014. The Future of Architecture. Rotterdam: Nai Uitgevers Pub Le Corbusier. 1992. Vers une Architecture – Verso una Architettura. Milano : Longanesi & C. Editore Mostra internazionale di architettura. 2016. Reporting from the front : biennale architettura 2016. Venezia : Marsilio Editori Ramòs, Filipa. 2013. Exyzt, ConstructLab: Casa do Vapor. Domus (n. 971). Milano: Domus Zanelli, Alessandra. 2006. Temporaneo per necessità. Temporaneità per scelta. Il progetto sostenibile (n. 9). Monfalcone : Edicom
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