Theriaké ottobre 2018

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Theriaké MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE GIOVANI FARMACISTI DI AGRIGENTO

Anno I n. 10 Ottobre 2018


Sommario

Attualità

Attualità

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Intervista ad Enrica Bianchi presidente dell’Ordine di Cuneo e dell’Associazione Nazionale Farmacisti Volontari della Protezione Civile

Tutela della salute e impegno civile

Prendersi del tempo per aiutare fa bene al cuore ed alla professione

Rubriche

8 Delle Arti

L’arte e la nascita della prospettiva

14 Fitoterapia&Nutrizione

Echinacea: immunostimolante naturale

18 Cosmetica&Natura

SOS pelle, parola d’ordine: esfoliazione

20 Apotheca&Storia

La medicina nel Medioevo /2 La medicina monastica o conventuale

Responsabile della redazione e del progetto grafico: Ignazio Nocera Redazione: Valeria Ciotta, Elisa Drago, Christian Intorre, Francesco Maratta, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Silvia Nocera, Giusi Sanci. Contatti: theriake@email.it In copertina: Villa San Lorenzo a Flaviano (frazione di Amatrice), ottobre 2016. Foto di Ignazio Nocera. Questo numero è stato chiuso in redazione il 15 – 10 – 2018

Collaboratori: Stefania Bruno, Paola Brusa, Laura Camoni, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù, Gaetano Di Lascio, Claudio Distefano, Vita Di Stefano, Carla Gentile, Aurelio Giardina, Pinella Laudani, Maurizio La Guardia, Erika Mallarini, Rodolfo Papa, Annalisa Pitino. In questo numero: Elisa Drago, Federica Matutino, Silvia Nocera, Rodolfo Papa, Giusi Sanci, Elena Vecchioni.

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Attualità

TUTELA DELLA SALUTE E IMPEGNO CIVILE Intervista ad Enrica Bianchi, presidente dell’Ordine di Cuneo e dell’Associazione Nazionale Farmacisti Volontari della Protezione Civile

In occasione del XXXIII Congresso Internazionale della Società Farmaceutica del Mediterraneo Latino incontriamo a Napoli Enrica Bianchi, farmacista titolare, presidente dell’Ordine di Cuneo e dell’Associazione Nazionale Farmacisti Volontari. Una proficua carriera alle spalle, Enrica Bianchi è impegnata in prima persona su più fronti che riguardano molteplici aspetti della professione. Come nasce la tua passione per questo lavoro e quando inizia il tuo impegno per la categoria? L’amore per la professione nasce da bambina quando frequentavo la farmacia di un amico di famiglia e mi sono innamorata delle scatoline. Civile e all’esperienza che hai avuto modo di fare sul Poi negli anni a seguire ho scelto di studiare farmacia e, campo durante le situazioni di emergenza. dando seguito alla passione per L’esperienza dei farmacisti la farmacologia, ho conseguito «… in passato la categoria si è arroccata su volontari è stata la più la specializzazione dopo la alcune posizioni, senza mostrare invece importante nella mia vita da laurea. Ad oggi sono 28 anni di quello slancio che avrebbe dovuto farci farmacista. esperienza in farmacia Tutto è nato nel 2009 quando, trovare pronti per adattarci meglio ai territoriale prima in provincia e con il gruppo di Cuneo e con uno poi a Cuneo città. Quando cambiamenti che sotto i nostri occhi spirito da boy scout, siamo arrivai a Cuneo si era da poco trasformavano la società» partiti alla volta de L’Aquila formata l’AGIFAR locale, e nelle ore successive al terribile cominciai ad impegnarmi attivamente fin da subito. A terremoto che Milano, che è la mia città di origine, e la città in cui ho l’aveva colpita. studiato, avevo già avuto modo di frequentare l’AGIFAR Grazie all’intuizione da studente, formandomi un primo importantissimo di un collega, Cuneo bagaglio. Questo mi ha permesso di mantenere i contatti si era dotata da con i colleghi di Milano e di proseguire il mio percorso, qualche anno di un approdando in consiglio FENAGIFAR. L’esperienza in camper farmacia, FENAGIFAR, durata nove anni, è stata molto formativa. che si rivelò Quasi contemporaneamente è cominciato il percorso utilissimo in quel all’interno dell’Ordine di Cuneo, dove sono entrata da contesto. consigliere, diventando poi segretario, vicepresidente ed Da quell’esperienza, infine, da qualche anno, presidente. di cui Cuneo fu Il rapporto tra colleghi, il confronto, le esperienze antesignana, si capì professionali formative e condivise sul campo sono ciò quanto fossero utili i che, secondo me, oggi più di ogni cosa dà la possibilità di camper farmacia, in essere farmacista a 360 gradi. un contesto Un percorso professionale importante che ha avuto emergenziale in cui anche un significativo risvolto umano, mi riferisco le farmacie erano alla tua esperienza alla guida dell’Associazione crollate. E su spinta Nazionale Farmacisti Volontari della Protezione della FOFI e del suo

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farmacista volontario prestare il proprio servizio a chi si presidente Andrea Mandelli, nacque l’Associazione trova in particolare difficoltà. Nazionale dei Farmacisti Volontari della Protezione Penso pertanto che i giovani siano la nostra forza. Noi Civile. abbiamo tantissimi giovani iscritti, che, insieme ai L’esperienza de L’Aquila, e lo dico con molta sincerità, colleghi volontari meno giovani, possono costruire un senza esagerare, mi ha cambiato la vita. Il vedere e percorso formativo a disposizione della popolazione. toccare con mano, come la tua vita possa cambiare in un attimo, perdendo gli affetti, la casa e quanto di più caro tu possa aver costruito a fatica, mi ha fatto dare un valore del tutto diverso alle cose di ogni giorno. In seguito a questa emergenza abbiamo visto nascere un movimento bellissimo che negli anni ha portato, in tutta Italia, alla formazione di gruppi di farmacisti volontari sia a livello provinciale che regionale. Oggi esistono 11 associazioni distribuite in maniera piuttosto omogenea nel territorio nazionale, comprese le due isole maggiori, e circa 250 colleghi volontari, che hanno dato l’anima in tante situazioni di emergenza occorse in questi ultimi anni. L’associazione è iscritta al registro nazionale del volontariato e a novembre del 2016 è stata insignita del Caduceo Come hai visto cambiare in questi anni la farmacia e d’oro dal presidente dell’Ordine di Bari e vicepresidente la figura del farmacista? della FOFI Luigi d’Ambrosio Lettieri. Questi sono stati anni di grande cambiamento, difficile da Siamo davvero una grande forza! definire. È stata e continua ad essere un’esperienza talmente In fondo la figura del farmacista è sempre uguale, ovvero, intensa da suscitare in me ancora grande emozione. è uguale la predisposizione all’ascolto del paziente, Quanto è importante l’impegno dei giovani in questa l’essere presente in associazione? L’impegno dei giovani è «La farmacia deve puntare sulla professionalità qualunque comune del Paese, anche nei centri più disagiati importante in qualunque del farmacista innanzi tutto. ambito della categoria; Il farmacista dev’essere disposto ad aggiornarsi e mal collegati, sempre con la porta aperta al pubblico tutti i dobbiamo essere noi ed essere preparato» giorni. “vecchietti” a dar loro la Ciò che è cambiato è l’aspetto burocratico che si è molto possibilità di crescere, di formarsi e di costruire un appesantito, rendendo il lavoro sempre più farraginoso e futuro per questa professione, anche attraverso il meno agevole. volontariato. È nel DNA del farmacista l’essere a Credo inoltre che in passato la categoria si sia arroccata disposizione delle persone, ancor di più è nel DNA del

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su alcune posizioni, senza mostrare invece quello slancio che avrebbe dovuto farci trovare pronti per adattarci meglio ai cambiamenti che sotto i nostri occhi trasformavano la società. Ecco perché ritengo che oggi il ruolo dei giovani sia fondamentale. Non solo dei giovani, ma di tutti noi. Come un’orchestra in cui ognuno deve suonare il proprio strumento in armonia con tutti gli altri. Essere farmacista nella società è importante ora come lo è sempre stato nei secoli passati, è ovvio però che bisogna essere consapevoli di lavorare negli anni 2000. Bisogna saper cogliere le occasioni di scambio e di confronto, soprattutto per il farmacista territoriale, evitando di fossilizzarsi e chiudersi nel proprio territorio. Partecipare a convegni, corsi, manifestazioni nazionali, impegnarsi in associazioni di categoria, in tutto ciò che porta a uno scambio, a un confronto fa crescere i farmacisti e la professione. Insieme si è una forza, da soli non si è nessuno.

A cosa dovrebbe guardare oggi la farmacia e su cosa dovrebbe puntare di più? La farmacia deve puntare sulla professionalità del farmacista innanzi tutto. Il farmacista dev’essere disposto ad aggiornarsi ed essere preparato. Deve guardare alla farmacia dei servizi. Ovvero, deve prendere in carico il paziente e far parte del welfare in modo importante. In questi anni, grazie a vari progetti pilota, come IMUR, il farmacista diventerà una figura importantissima nella gestione delle cronicità e nei programmi di prevenzione. Grazie per il tempo che ci hai dedicato, ci regali infine un in bocca al lupo per Theriaké? Non solo in bocca al lupo, ma soprattutto complimenti per una bellissima e interessante rivista. Una chiara dimostrazione di come i giovani possano fare tanto quando c’è voglia di fare e buona volontà. Pertanto faccio un in bocca al lupo a Theriaké, a tutto il gruppo di AGIFAR Agrigento e dei farmacisti volontari.

s. n.

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Attualità

PRENDERSI DEL TEMPO PER AIUTARE FA BENE AL CUORE ED ALLA PROFESSIONE Elena Vecchioni*

Credo che, oggi più che mai, sia molto importante riflettere sul significato del “prendersi del tempo”: dal lavoro, dagli impegni, dal quotidiano che spesso genera stress e ci fa perdere il senso di ciò che stiamo facendo. Sono sempre più convinta che fare una pausa e dedicarsi ad altro, o meglio, agli altri ci aiuti certamente a fare del bene ma anche a svolgere poi la nostra professione in un’ottica di maggiore impegno e propensione ai bisogni altrui. Come faccio ormai da molti anni, anche quest’estate sono riuscita ad organizzarmi, a “prendermi del tempo” dalla farmacia per partecipare ad uno dei Campus di volontariato promossi dalla Fondazione Francesca Rava in America Centrale, a San Pedro de Macoris, nella Repubblica Dominicana, in una casafamiglia di transito dove vengono accuditi molti bambini orfani o abbandonati in attesa di essere assegnati alla Fondazione dal governo dominicano. Con la collega Emanuela Ambreck, meravigliosa ed instancabile compagna di viaggio, ho accompagnato 23 ragazzi italiani di 16 anni, molto giovani dunque, ma non per questo inadeguati ad affrontare un’esperienza di volontariato importante, lontano dall’Italia, in una zona della Repubblica Dominicana dove non arriva il turismo, dove si vive la realtà di una compagine sociale difficile, dove molti bambini in condizioni di povertà vengono fortunatamente accolti nelle case N. P. H. (Nuestros pequeños hermanos), ed accuditi con amore fino alla loro maggiore età. Noi e i nostri ragazzi abbiamo lavorato con impegno alla costruzione di una nuova casa, abbiamo trascorso tante ore con i bambini, giocando con loro, raccontando loro la vita del nostro Paese, comunicando loro tutti i giorni la nostra gioia di condividere il tempo, quello stesso tempo che qui ci sfugge dalle mani e che invece può avere davvero un valore diverso se passato a dare calore e attenzione; perché come diceva Maria Montessori: i bambini non sono mai deboli o poveri, ma sono i veri padri

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dell’umanità. Non è stato facile per i nostri ragazzi, così come per noi, superare l’assenza dei comfort, dalla connessione internet all’acqua giornaliera razionata, all’alimentazione semplice, al clima stesso, talvolta inospitale. Ma la natura nella Repubblica Dominicana è prorompente, il cielo di notte è così limpido che sembra si possa toccare e la musica fa ballare tutti, adulti e bambini, comunque sorridenti nelle case N. P. H., nonostante vivano la realtà difficile dell’assenza della famiglia. Eppure abbiamo respirato l’aria di una famiglia speciale, ricca di un sentimento oggi molto raro: la gratitudine. La gratitudine per essere vivi, poter mangiare tutti i giorni, poter vivere questi giorni intensi in compagnia dei volontari italiani. Sono ritornata in farmacia dopo 15 giorni, certamente stanca ma ogni volta più ricca. Questo bagno di umanità mi aiuta nel mio quotidiano lavoro a rivolgermi agli altri con più impegno, più profondità e dedizione, mi aiuta ad essere una professionista probabilmente più attenta. È per questo

che sempre più, carissimi colleghi, mi sento di dirvi: prendetevi del tempo e fate anche così! È tempo prezioso per le persone che andiamo ad aiutare, è tempo prezioso perché è utile formare adulti più responsabili, è tempo prezioso per sentirsi farmacisti migliori.

*Farmacista

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Delle Arti

L’ARTE E LA NASCITA DELLA PROSPETTIVA

Rodolfo Papa

Peter Burke nel suo Testimoni oculari, denunciando la diffusa prassi di considerare “trasparenti” le fonti figurative, propone piuttosto di guardare ad esse come a una finestra aperta sul passato: «le immagini, proprio come i testi e le testimonianze orali, rappresentano un genere di “prova” storica di grande importanza dal momento che costituiscono delle testimonianze oculari» [1]. Apriamo concretamente una di queste finestre, per guardare a un momento centrale della storia dell’arte, legato al francescanesimo e ad un periodo in cui le immagini assumono un ruolo sempre più importante; lo stesso Burke nota «A partire dal tardo Medioevo le immagini sembrano aver avuto un ruolo sempre più importante nella vita religiosa […] Le nuove forme di immagine sacra sono state messe in relazione anche alla diffusione di alcune pratiche di meditazione religiosa» [2]. Infatti, all’inizio del secolo XIII, le immagini acquistano una nuova spinta propulsiva a partire dall’esperienza mistica di san Francesco, dalla quale nasce una vera e propria spiritualità della “visione”. A metà del secolo precedente, san Bernardo di Chiaravalle esponeva la preoccupazione che le belle immagini scolpite nelle chiese distraessero dalla meditazione sulle scritture, nel contesto della sobrietà austera necessaria al bene morale e spirituale dei monaci [3]. Invece, san Francesco, che scrive e predica in volgare rivolgendosi a tutti, colti ed incolti, propone una meditazione che parta dalla contemplazione del Creato e giunga alla meditazione dei dolori della Croce, passando per la mirabile innovazione, Figura 1. Profeta, portale del Duomo di Cremona XII secolo. artistica e spirituale insieme, della sacra rappresentazione della Natività. Infatti, la proposta per la chiesa di San Francesco a Pescia, troviamo un liturgico-spirituale del Presepe di Greccio, imprimerà primo interessante riscontro di questo clima, che fa del prepotentemente nella spiritualità occidentale il senso particolare narrativo il centro della rappresentazione della vista come mezzo efficace di contemplazione e, pittorica, raffigurando la natura e gli animali. Questo tipo attraverso una più profonda partecipazione affettiva del di immagini traducono di fatto il “realismo” narrativo fedele ai fatti narrati dai Vangeli, un più intenso realismo della Vita prima, di Tommaso da Celano, che pervaderà rappresentativo. Il Capitolo anche le successive biografie. generale dell’ordine francescano, «le immagini, proprio come i testi e le Riscontriamo questo sviluppo in presieduto da Bonaventura da testimonianze orali, rappresentano un senso realistico della narrazione Bagnoregio a Narbona nel 1260, genere di “prova” storica di grande anche nelle Laudi del francescano pone esplicitamente la questione fra Jacopone da Todi o ancora nelle delle immagini e nelle Costituzioni importanza dal momento che Meditationes Vitae Christi, testo afferma che le pitture e le sculture costituiscono delle testimonianze diffusissimo, capace di tradurre in che decorano le chiese non devono oculari» immagini ricche di particolari, la possedere elementi “superflui” o Peter Burke vita di Cristo narrata nei Vangeli. “insoliti”; questo rigore non si Anche la Legenda Aurea, scritta dal traduce in aniconismo, ma al contrario le immagini, vescovo domenicano Jacopo da Varazze alla fine del divenendo sempre più strumenti di devozione, di Duecento, risente della medesima necessità narrativa, meditazione e di formazione all’interno delle chiese tanto che questo santorale diverrà una fonte iconografica dell’ordine, acquistano un linguaggio maggiormente imprescindibile per le botteghe degli artisti, fino a tutto il narrativo, ricolmo di particolari realistici. Già nel dossale XVII secolo. d’altare rappresentante San Francesco e sei episodi della L’esigenza di rappresentare la realtà corporea e il gusto sua vita di Bonaventura Berlinghieri, realizzato nel 1235 narrativo, finalizzato alla predicazione e anche alla

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Delle Arti

L’AUTORE Rodolfo Papa, pittore, scultore, teorico, storico e filosofo dell’arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Docente di Storia delle teorie estetiche presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant’Apollinare, Roma; il Master di II Livello di Arte e Architettura Sacra dell’Università Europea, Roma; l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; la Pontificia Università Urbaniana, Roma. È Accademico Ordinario della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Presidente della Accademia Urbana delle Arti. Tra i suoi scritti si contano circa venti monografie e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verità e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; …). Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San Panfilo, Sulmona; chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma …). meditazione, si traducono lentamente in un ripensamento dell’arte in favore di una maggiore capacità mimetica. Per questo motivo, il fondo a foglia d’oro, proprio del mondo artistico bizantino, collocando le immagini in una dimensione rarefatta e atemporale [4], non è più giudicato adeguato per rappresentare la realtà dei fatti narrati nei testi sacri. La rinnovata spiritualità occidentale produce, insieme al realismo narrativo, la volontà di rappresentare l’effettiva “contemporaneità” del fedele alle narrazioni evangeliche: Cristo e i santi sono rappresentati come presenti in mezzo ai fedeli e di rimando i fedeli vivono, attraverso una dimensione spirituale “affettiva”, un maggior coinvolgimento contemplativo ai sacri eventi. Questo è comprovato implicitamente dalla numerosa produzione di testi devozionali e spirituali, ed anche esplicitamente da testi di tenore teorico, come il Mitrale di Sicardo, vescovo di Cremona che, riflettendo sulla tridimensione delle sculture, giunge ad affermare che queste, proprio perché ad alto rilievo, vengono percepite come presenti e familiari ai fedeli, invitandoli alle azioni virtuose, grazie alla loro naturalezza [5]. Anche Tommaso d’Aquino, in ambiente domenicano, motiverà l’uso delle immagini, non solo come strumento di formazione dell’incolto (ad instructionem rudium) e come aiuto per fare memoria, ma anche per la capacità peculiare delle cose «viste» di muovere l’affetto del fedele ad una maggiore devozione: «ad excitandum devotionis affectum qui ex visis efficacius incitatur quam ex auditis» [6]. La

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considerazione dell’importanza dell’immagine dipinta che, proprio a motivo del coinvolgimento della vista, è superiore alla scrittura, è presente anche nel Rationale scritto da un canonista della curia romana, Guillelme Durand vescovo di Mende [7]. Tutti questi elementi, che nascono in ambito spirituale [8] e pastorale, vengono ben presto acquisiti dagli artisti che collaborano alla realizzazione delle nuove chiese e delle nuove cattedrali. L’esigenza di rappresentare il mondo reale con adeguata capacità mimetica si traduce in una attenzione maggiore alle luci e alle ombre, al fine di rappresentare meglio i volumi dei corpi, come vediamo in Giotto e nei suoi seguaci. In modo particolare, nasce l’esigenza di una costruzione geometrica dello spazio rappresentato, così la spiritualità del Duecento si traduce, in campo artistico, nella nascita della prospettiva. Questo evento storico si trova incarnato proprio nella Basilica superiore di Assisi [9], in due affreschi che si interpongono cronologicamente tra le decorazioni più antiche e gli interventi decorativi di Giotto, e cioè gli affreschi che rappresentano Le storie di Isacco. Infatti, il cosiddetto Maestro di Isacco [10] realizza un’opera eccezionale, dimostrando di possedere una tecnica prospettica compiuta, in grado di rappresentare lo spazio, in modo tale da rendere presenti i corpi rappresentati. Poiché questo modo di concepire lo spazio si ritrova unicamente nella scultura di Arnolfo di Cambio, un’ipotesi affascinante, avanzata a suo tempo da Angiola Maria Romanini [11], vuole vedere nel Maestro di Isacco proprio lo stesso Arnolfo, ovvero il proto-inventore della prospettiva moderna. Lo sviluppo di questo sistema d’arte e la sua successiva messa a punto dura all’incirca un paio di secoli, tra crisi epidemiche come la peste e sconvolgimenti politici, fino a giungere a piena maturazione a metà del Quattrocento dove trovano spazio diverse trattazioni sistematiche riguardanti sia la prospettiva, che il sistema artistico sviluppato nel suo insieme con una più ampia visione e con una coscienza piena dei mezzi e dei fini. Nella trattatistica ovviamente spiccano i testi di Piero della Francesca, di Leon Battista Alberti e ovviamente l’immenso lavoro teorico e tecnico di Leonardo da Vinci. Del resto una storia pensata come narrazione continua tra Medio Evo e Rinascimento si fa strada già con gli studi di Johan Huizinga che con L’autunno del Medioevo [12], che vede la luce tra 1919 e il 1921, scardina i pregiudizi di una periodizzazione in epoche chiuse e di segno contrapposto, inaugurando una più ampia visione capace di rintracciare elementi in comune e sviluppi di un periodo sulla base delle istanze del precedente. Emerge, così, una continuità, non solo formale ma pienamente culturale e religiosa, che consente di affermare che non solo il ‘400 e il ‘500 sono in continuità con i secoli precedenti, ma che per certi versi ne sono il compimento. Del resto i confini storiografici sono come i confini geografici: non sono mai impenetrabili e possono essere quindi percorsi e attraversati in un senso o nell’altro. Martin Kemp giustamente rileva una necessità interna nelle costruzioni spaziali di Giotto e dei suoi seguaci, infatti «sembra che l’artista si sia avvalso di due punti laterali posti precisamente ai bordi dell’affresco [attualmente indicati da due anelli nel muro] in modo da potervi ancorare l’insieme delle diagonali» [13]. Di contro, Pierre Francastel nel suo ormai classico Lo spazio figurativo dal Rinascimento al Cubismo [14], pur ammettendo qualche piccola concessione, descrive il

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Figura 2. Maestro d'Isacco. Benedizione di Giacobbe, Basilica superiore di Assisi.

sistema rappresentativo medioevale come [17], evidenziando così che la concezione dello spazio concettualmente diverso da quello rinascimentale, nella cultura antica greca e romana è totalmente diversa proponendo di fatto i periodi storici come chiusi in da quella rinascimentale. blocchi incomunicanti. Questa Comprendere il rapporto tra la visione della storia, oltre a falsare La prospettiva diventa il «segno spiritualità di un’epoca e le sue le prospettive ermeneutiche, distintivo delle immagini occidentali, esigenze rappresentative e alimenta il perdurante pregiudizio addirittura in contrapposizione a narrative nello spazio di un Rinascimento pagano, tutte le altre» tridimensionale all’interno della l’erronea proposta di una rinascita raffigurazione artistica, consente di del paganesimo antico [15]. H. Belting evidenziare l’inscindibile relazione Decisivi sono al riguardo gli studi di Erwin Panofsky tra cristianesimo e corpo, e la radice intimamente [16] che, seppure cautamente, individuano rapporti di cristiana della soluzione prospettica. interdipendenza tra l’esperienza figurativa e spaziale e il Belting dedica una interessante analisi alla prospettiva sentimento della vita che domina una determinata epoca definita come «l’idea iconica sicuramente più importante

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Figura 3. Maestro delle storie d'Isacco. Isacco che respinge Esaù, Basilica superiore di Assisi.

pensiero» [19]. Egli sottolinea l’aspetto rivoluzionario della cultura occidentale» [18]. Afferma che la della prospettiva: «Per la prima volta l’immagine prospettiva diventa il «segno distintivo delle immagini prospettica rappresentò lo sguardo occidentali, addirittura in che l’osservatore rivolge al mondo e contrapposizione a tutte le altre. «Per la prima volta l’immagine così trasformò il mondo in uno Ciò significa che qui non si tratta prospettica rappresentò lo sguardo sguardo sul mondo» ed anche gli semplicemente di una questione che l’osservatore rivolge al mondo e effetti dirompenti che ne seguirono: artistica, sebbene l’arte ne abbia «modificò l’arte, e non solo: forte di fatto il proprio tema. Il significato così trasformò il mondo in uno quel risultato, essa trasformò culturale viene alla luce, infatti, sguardo sul mondo» un’intera cultura» [20]. Si sofferma soltanto nel momento in cui si H. Belting però soprattutto sulla prospettiva riconosce la prospettiva come in quanto prefigurativa della rappresentazione questione dell’immagine. Il modo in cui le diverse culture tecnologica. La prospettiva, a suo avviso, avrebbe fanno uso delle immagini e comprendono il mondo in introdotto la prima visione “analogica” della realtà, e immagini ci porta al centro delle loro differenti forme di

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Delle Arti dunque sarebbe alla base delle successive immagini fotografiche e digitali: «L’immagine prospettica, come avverrà in seguito con tutte le immagini tecnologiche dell’età moderna, induceva a pensare che noi vediamo con i nostri occhi ciò che in realtà possiamo vedere soltanto nell’immagine. Nell’immagine e nella realtà — questa la convinzione — la percezione è analoga. Nel corso della loro lunga marcia trionfale, le nuove tecniche dell’immagine avrebbero conquistato tutte le zone della realtà precluse al nostro sguardo. Ma già la pittura

prospettica avanzava la pretesa di rispecchiare o di duplicare la nostra percezione» [21]. L’aspetto veramente rivoluzionario della prospettiva sta invece nella capacità di “rendere presente”, al servizio delle esigenze meditative della spiritualità cristiana. Belting vede in Firenze e nella scienza, il luogo e le matrici della innovazione prospettica; più profondamente, come abbiamo argomentato, le radici stanno ad Assisi e nella fede nell’Incarnazione.

Bibliografia e note 1.

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Burke P., Testimoni oculari, p. 16. Per una analisi di vari livelli di opacità delle immagini Cfr. Bastide F., Una notte con Saturno. Scritti semiotici sul discorso scientifico, Meltemi, Roma 2001. Burke P., Testimoni oculari, pp. 61-62. «Tam multa denique, tamque mira diversarum formarum ubique varietas apparet, ut magis legere libeat in marmoribus quam in codicibus, totumque diem occupare singola ista mirando, quam in lege Dei meditando» Trad. it: «Infine, ovunque appare una varietà talmente abbondante e talmente meravigliosa di forme, che piace di più leggere nelle sculture piuttosto che nei codici, e occupare tutto il giorno ammirando queste una a una, piuttosto che meditando sulla legge di Dio», Bernardus Claraevallensis Abbas, Apologia Ad Guillelmum Sancti Theoderici Abbatem, Cap. XII, 29, in J.P. MIGNE, Patrologia Latina, Parigi 1854, Vol. 182, 0916A. Cfr. Settis S., Iconografia dell’arte italiana 1100-1500: una linea, Einaudi, Torino 2005², p. 68. Cfr. Sicardus Cremoniensis Episcopus, De Mitrali Seu Tractatus De Officiis Ecclesisticis Summa, Cap. XII, in Migne J. P., Patrologia Latina, Parigi 1855, Vol. 213, 0044B. «Comunque, l’istituzione delle immagini nella Chiesa ha tre scopi: il primo, per l’istruzione degli uomini rozzi, che in tal modo vengono ammaestrati come se esse fossero dei libri; il secondo, affinché nella nostra memoria restasse più impresso il mistero dell’Incarnazione e gli esempi dei Santi, in quanto ogni giorno vengono rappresentati davanti ai nostri occhi; il terzo, per stimolare l’affetto della devozione, che viene suscitato con più efficacia dalle cose che vediamo che da quelle che ascoltiamo» Tommaso d’Aquino, Scriptum Super Sententiis, lib. 3, d. 9, q. 1, a. 2, qc. 2, ad3 (trad. it L. Perrotto, ESD, Bologna 2000, vol. V, p. 519). «La pittura riesce a smuovere gli animi molto più che la scrittura. In effetti, con le rappresentazioni pittoriche gli avvenimenti sono posti davanti agli occhi […], mentre con la scrittura quei medesimi fatti vengono ricordati attraverso l’udito, che stimola la nostra mente a memorizzare molto di meno» Guglielmo Durando, Rationale divinorum officiorum, I, 3, 1.4, trad.it., Libreria Editrice Vaticana, Roma 2001, p. 42. Riguardo le sacre rappresentazioni nel Trecento e nel

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Quattrocento e le loro implicazioni nello sviluppo dell’arte sacra, Cfr. Baxandall M., Pittura ed esperienze sociali nell’Italia del Quattrocento [1972], Einaudi, Torino1978; Shearman J., Only Connect, Arte e spettatore nel Rinascimento italiano [1992], Jaca Book, Milano 1995. Riguardo l’analisi degli affreschi della Basilica superiore di Assisi, Cfr. Belting H., Die Oberchirche von San Francesco in Assisi. Ihre Dekoration als Aufgabe und die Genese einer neuen Wandmalerei. Berlino 1977. Papa R., Maestro di Isacco. Padre di Benedizione, in Papa R., Dolz M., Il volto del Padre, Ancora, Milano 2004, pp. 75-89. Papa R., La nascita dell’arte moderna, ovvero l’influenza degli ordini mendicanti nell’invenzione dell’arte cristiana, in “ArteDossier” Giunti Firenze, XXIV, n. 258, settembre 2009, pp. 5660. Cfr. A.M. ROMANINI, Arnolfo all’origine di Giotto: l’enigma del Maestro di Isacco, in “Storia dell’Arte”, n. 65, 1989, pp. 5-26. Huizinga J., L’autunno del Medioevo, trad.it., Newton Compton, Roma 1992. L’opera ha una prima uscita nel 1919, poi una seconda accresciuta e rinnovata nel 1921 ed una terza nel 1928. Kemp M., La scienza dell’arte. Prospettiva e percezione visiva da Brunelleschi a Seurat [1990] Firenze, 1994, p.18. Francastel P., Lo spazio figurativo dal Rinascimento al Cubismo, [1951], Einaudi, Torino, 1957. Qui si fa riferimento esplicito al testo: Warburg A., La rinascita del paganesimo antico. Contributi alla storia della cultura, raccolti da G. Bing, [1932] La Nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1966. Panofsky E., La prospettiva come forma simbolica [1924-5], Feltrinelli, Milano 1984. In questo punto Panofsky è debitore del pensiero di Alois Riegl che per primo traccia un rapporto tra storia e cultura che in seguito verrà raccolto negli sviluppi della storia dell’arte intesa come storia spirituale proposti da Max Dvořák alla luce di una visione materialista che si sviluppa in chiave sociologica. Belting H., I canoni dello sguardo. Storia della cultura visiva tra Oriente e Occidente [2008], Bollati Boringhieri, Torino 2010, p. 11. Ivi p. 25. Ivi p. 26. Ibid.

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ECHINACEA

Immunostimolante naturale

Elisa Drago* Echinacea è il nome comune di un gruppo di piante erbacee originarie del Nord America e diffuse in maniera estesa dal Messico al Canada. Oggi è coltivata in quasi tutti i climi temperati per le sue proprietà officinali. Dai fiori di colore rosso o rosa e dalla pianta si ricava l'estratto secco che ha effetti terapeutici. L’echinacea ha un effetto immunostimolante che si esplica aumentando l'attività delle cellule immunitarie come i globuli bianchi che agiscono fagocitando gli agenti patogeni. Migliora quindi la resistenza dell’organismo alle aggressioni esterne. Contiene acido caffeico, l’acido cicorico e l’echinacoside, utilizzati tradizionalmente per i disturbi da raffreddamento. Esistono dieci specie appartenenti al genere, ma solo tre presentano proprietà medicinali: Echinacea angustifolia, Echinacea pallida, Echinacea purpurea. Ad oggi formulazioni costituite da estratti di Echinacea sono impiegate comunemente in virtù della loro attività immunostimolante, antinfiammatoria, antivirale e antiossidante, anche se il meccanismo d’azione dei principi attivi non è stato ancora sufficientemente investigato. Il sistema immunitario Il sistema immunitario è un meccanismo di sorveglianza sviluppato dall’organismo in risposta agli agenti infettivi, che si può funzionalmente dividere in due componenti. • Il sistema immunitario naturale o innato agisce come prima linea di difesa, interna ed esterna, contro gli agenti infettivi che vengono eliminati prima di poter determinare un’infezione clinicamente manifesta. • Il sistema immunitario acquisito agisce nel caso in cui gli agenti infettivi superino le prime linee di difesa, generando una reazione immune selettiva verso ogni agente infettivo, attraverso l’espansione clonale del linfocita che ha riconosciuto l’antigene. L’immunità naturale è l’insieme dei meccanismi di difesa già presenti prima dell’incontro con l’antigene, incapaci di discriminare i diversi agenti patogeni e privi di memoria. L’immunità naturale esterna impedisce la penetrazione dei microrganismi nei tessuti grazie a tre linee di difesa, quali barriere meccaniche, come la cute; fisiologiche, come gli enzimi presenti nelle lacrime e nella saliva; microbiologiche come la flora batterica intestinale. L’immunità naturale interna invece interviene quando i microrganismi superano le difese esterne e invadono i tessuti. Le cellule che appartengono a questa classe sono definite cellule accessorie del sistema immunitario, tra queste si annoverano fagociti mononucleati

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(monociti/macrofagi), cellule dendritiche, granulociti e cellule NK. L’immunità acquisita è l’insieme dei meccanismi di difesa indotti o stimolati dall’AG, è strettamente specifica per i singoli antigeni e dotata di memoria antigenica: l’intensità e l’efficacia della risposta immunitaria aumenta dopo ogni esposizione ad uno stesso AG (risposta immunitaria secondaria). L’immunità specifica può essere divisa in immunità umorale e immunità cellulo-mediata. • L’immunità umorale protegge l’organismo dagli AG circolanti (batteri extracellulari, esotossine microbiche e virus nella fase extracellulare) ed è mediata dagli anticorpi secreti dai linfociti B maturi. • L’immunità cellulo-mediata protegge l’organismo dai microrganismi intracellulari (virus e batteri) ed è effettuata da due tipi di linfociti T, gli helper (Th) ed i citotossici (Tc). Vaccini e immunostimolanti I vaccini sfruttano la memoria e la specificità del sistema immunitario: il germe patogeno attenuato o sue porzioni sono introdotte forzatamente, per iniezione, nell’organismo, da parte del quale è sviluppata una blanda risposta immunitaria specifica, con conseguente produzione di cellule memoria. I rimedi fitoterapici immunostimolanti, a differenza dei vaccini, non agiscono verso un germe patogeno specifico, attivando la risposta immunitaria acquisita, ma stimolano l’immunità innata, provocando per esempio un aumento del numero di macrofagi. L'impiego di piante capaci di regolare il metabolismo e il sistema immunitario può vantaggiosamente precedere, ma anche affiancare, le terapie convenzionali, data la bassa tossicità dei trattamenti naturali. Nella scelta di utilizzare piante medicinali per esercitare un'azione

*Farmacista

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Fitoterapia&Nutrizione

Figura 1. Echinacoside.

immunomodulante su un organismo, gioca il vantaggio che, nel caso del fitoterapico, ad agire non è una molecola singola, ma il fitocomplesso della pianta, che riesce ad esplicare la sua azione sui molti bersagli che attuano l'omeostasi del sistema immunitario. Infatti all'interno di estratti titolati standardizzati di piante ad azione immunomodulatrice, coesistono più molecole che possono possedere le stesse finalità, e quindi costituiscono un vero pool attivo di sostanze capace di risposte importanti, come confermato da numerose sperimentazioni. È quindi essenziale usare sempre prodotti che contengano estratti controllati nel contenuto di principi attivi, oltre che naturalmente nei processi microbiologici e negli eventuali effetti tossici. Le piante medicinali maggiormente utilizzate come immunostimolanti sono diverse, fra queste meritano senz'altro una menzione particolare (oltre all’echinacea) l’uncaria, l’eleuterococco, la curcuma, l’astragalo, ed altre sostanze naturali quali la pappa reale, la propoli, la vitamina C e i lactobacilli o fermenti lattici. Per molto tempo la radice di Echinacea è stata impiegata come droga e solo successivamente sono state individuate molecole biologicamente attive anche in altre porzioni della pianta, quali foglie, rizomi, fiori e semi. Fino ad oggi le tre specie di Echinacea (E. purpurea, E. angustifolia, E. pallida) sono state usate in terapia indistintamente. Recentemente sono stati condotti alcuni studi per identificare e caratterizzare i principi attivi peculiari di ognuna delle tre specie medicinali. In particolare queste analisi hanno permesso di identificare delle notevoli differenze nella distribuzione dei composti chimici fra specie e specie. Estratti alcolici di radici e foglie delle specie considerate sono stati inizialmente analizzati attraverso una cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC), quindi la loro massa è stata determinata con l’assorbanza alla luce ultravioletta e con analisi spettrofotometrica: questo metodo ha permesso di caratterizzare ed identificare i componenti ottenuti. In questo modo è stato possibile individuare tre classi principali di composti chimici, ognuna delle quali risulta costituita da un numero variabile di principi attivi: una frazione polifenolica, una frazione polisaccaridica ed una frazione lipofila. L’echinacea, utilizzata per via orale, attiva i meccanismi di difesa e di reazione propri dei globuli bianchi, con conseguente potenziamento delle risposte immunitarie aspecifiche dell’organismo. L’echinacea, inibisce inoltre la ialuronidasi, enzima

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idrolitico, che scinde l’acido jaluronico nei suoi due componenti fondamentali: acido Dglucuronico e N-acetil-Dglucosamina, impedendo di fatto la propagazione dei batteri in altri tessuti. L’acido jaluronico, mucopolisaccaride a struttura lineare, rappresenta il componente fondamentale del tessuto connettivo, come tutti i mucopolisaccaridi esso forma in acqua soluzioni ad elevata viscosità e conseguente bassa permeabilità. La jaluronidasi si trova in forte concentrazione nell’apparato buccale delle sanguisughe, nel veleno dei serpenti, delle api e degli scorpioni ed in vari microrganismi patogeni, (pneumococchi, streptococchi, bacilli anaerobi della cancrena gassosa ecc.). La jaluronidasi conferisce ai vari microrganismi notevole capacità di penetrazione e la propagazione nei tessuti potenziandone almeno in parte la virulenza o il potere infettivo. Nell’organismo umano la jaluronidasi è presente nella cornea, nel corpo ciliare, nella milza nella pelle ed in altre parti dei tessuti molli. L’attività della jaluronidasi è inibita da vari fattori, tra cui i vari farmaci antinfiammatori. Azione antiinfiammatoria Tale effetto dell’echinacea sembra dovuto a diversi composti, quali i composti fenolici e polisaccaridici. I composti fenolici (echinacoside, acido cicorico, cinarina e acido caffeico) possono inibire la produzione di radicali liberi: sono, infatti, potenti scavenger soprattutto dei radicali idrossile e superossido; essi inibiscono, inoltre, la perossidazione lipidica. Entrambi i processi (produzione di radicali liberi e perossidazione lipidica) sono coinvolti nel meccanismo dell’infiammazione. La frazione polisaccaridica e le alchilamidi esercitano un’azione inibente su soppressori endogeni delle cellule NK, quali la 5-lipoossigenasi (5-LO) e le cicloossigenasi-1 e -2 (COX-1 e COX-2), implicate nella produzione di prostaglandine, in particolare la PGE2. L’echinacea, inoltre, ha un effetto inibente sulla ialuronidasi, enzima che consente la penetrazione dei fluidi extracellulari contenenti le citochine infiammatorie attraverso la sostanza amorfa, facilitando così la diffusione dell’infiammazione. A tale inibizione è dovuto anche l’effetto antibatterico dell’echinacea, in quanto viene impedito ai batteri e alle sostanze da loro prodotte di penetrare all’interno dei tessuti. Azione antifungina Tale azione è stata studiata in esperimenti in vitro su diversi ceppi di Saccharomyces cerevisiae e varie specie di Candida, compresa la Candida albicans. Essa sembra dovuta all’azione dei polisaccaridi, che provocano un incremento della fagocitosi da parte dei macrofagi e dei neutrofili. Azione antivirale Questa azione sembra, invece, dovuta ad un aumento

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Fitoterapia&Nutrizione

della presentazione degli antigeni virali [16]. In modelli di coltura con cellule animali infettate dai virus dell’influenza e dall’Herpes virus è stata osservata un’inibizione della replicazione virale. Azione cicatrizzante L’impiego storico dell’echinacea in medicina è rappresentato proprio dal trattamento locale delle ulcerazioni e di talune patologie dermatologiche; si basa sulla semplice osservazione della capacità della pianta di accelerare la rigenerazione tissutale e di ridurre i rischi di infezione. Gli effetti benefici dell’echinacea nella guarigione di ferite e nella prevenzione di infezioni sistemiche sono dovuti all’inibizione dell’enzima ialuronidasi. L’azione cicatrizzante è dovuta alla presenza dei derivati dell’acido caffeico, i quali sono in grado di proteggere il collagene da eventuali danni, causati da superossidi e da radicali ossidrilici, generati da un sistema di xantine/xantine ossidasi. In particolare, sembra essere l’echinacoside il principale responsabile dell’attività cicatrizzante attribuita all’echinacea; tale composto si trova esclusivamente nell’E. pallida e, solo in piccole tracce, nell’E. angustifolia. Azione antiossidante L’echinacea è in grado di inibire la perossidazione lipidica, impedendo il danno cellulare dovuto a stress ossidativi. È stata osservata una minore attività antiossidante negli estratti di radice rispetto a quella

presente negli estratti di foglie ma non sono state determinate significative differenze nell’inibizione della perossidazione lipidica tra le tre specie. Effetti indesiderati e controindicazioni Generalmente non si riscontrano effetti collaterali dannosi dovuti ad un’overdose di Echinacea anche se alcuni studi hanno messo in evidenza una caratteristica sensazione di solletico nella gola, che può evolvere nella formazione di piaghe, ed un leggero bruciore della lingua a causa di un suo uso eccessivo. Esistono situazioni, patologiche o meno, in cui l’uso di Echinacea è controindicato. Si riscontrano opinioni discordanti sulla pericolosità dell’uso di Echinacea durante la gravidanza e l’allattamento; recenti studi sembrano aver dimostrato che l’assunzione di tale sostanza durante il primo trimestre di gestazione non incrementi il rischio di malformazioni. È controindicata nel caso di tubercolosi, diabete, sclerosi multipla e lupus. Esistono opinioni discordanti anche sulla controindicazione dell’uso di Echinacea in caso di infezione da HIV, tanto che una linea di ricerca vede questa pianta medicinale come sorgente di potenziali farmaci contro HIV ed altre infezioni. È infine controindicata in combinazione con farmaci immuno-soppressori come i corticosteroidi, le ciclosporine, il metotrexato e il ketoconazolo.

Bibliografia: 1.

Hurlbert D., Endangered Echinacea: What threat, which species, and where? UpS Newsletter 4-6. 1999 2. Blumenthal M., Goldberg A., Gruenwald J., et al, German Commission E Monographs: Therapeutic Monographs on Medicinal Plants for Human Use. Austin, Tex: American Botanical Council. 1998. 3. Lohmann-Matthes M. L., Wagner H., Macrophage activation by the polysaccharide arabinogalactan isolated from plant cell cultures of Echinacea purpurea. Journal of National Cancer Institute 81(9):669-75. 1989. 4. Giusti E., Echinacea. In Botanica, chimica, farmacologia e terapia. Erboristeria Domani 64-67. 1992. 5. Steinmüller C., Roesler J., Gröttrup E., Franke G., Wagner H., Lohmann-Matthes M. L., Polysaccharides isolated from plant cell cultures of Echinacea purpurea enhance the resistance of immunosuppressed mice against systemic infections with Candida albicans and Listeria monocytogenes. International Journal of Immunopharmacology 15(5):605-14. 1993. 6. Speroni E., Covoni P., Guizzardi S., Renzulli C., Guerra M. C., Anti-inflammatory and cicatrizing activity of Echinacea pallida Nutt. root extract. J. Ethnopharmacol. 79 (2):265-272. 2002. 7. Tragni E., Galli C. L., Tubaro A., Del Negro P., Della Loggia R., Anti-infiammatory activity of E. angustifolia fraction separated on the basis of molecolar weight. Pharmacol. Res. Commun. 20 (5):8790. 1988. 8. Clifford L. J., Nair M. G., Rana J., Dewitt D. L., Bioactivity of alkammides isolated from Echinacea purpurea (L.) Moench. Phytomedicine 9 (3):249-253. 2002. 9. Facino R. M., Carini M., Aldini G., Saibene L., Pietta P., Mauri P., Echinacoside and caffeoyl conjugates protect collagen from free radical-induced degradation: a potential use of Echinacea extracts in the prevention of skin photodamage. Planta Med. (61):510-514. 1995. 10. Hu C., Kitts D. D., Studies on the antioxidant activity of Echinacea root extract. J. Agric. Food Chem. (48):14661472. 2000.

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11. Luettig B., Steinmuller C., Gifford G. E., Wagner H., Lohmann M. L., (1989) Macrophage activation by the polysaccharide arabinogalactan isolated from plant cell cultures of Echinacea purpurea. J. Natl. Cancer Inst. (81):669-675. 1989. 12. Stimpel M., Proksch A., Wagner H., Lohmann-Matthes M. L., Macrophage activation and induction of macrophage cytotoxicity by purified polysaccharide fractions from the plant Echinacea purpurea. Infect Immun 46 (3):845-9. 1984. 13. Müller-Jakic B., Breu W., Pröbstle A., Redl K., Greger H., Bauer R., In vitro inhibition of cyclooxygenase and 5lipoxygenase by 80 alkammides from Echinacea and Achillea species. Planta Med 60 (1):37-40. 1994. 14. Wagner H., Search for new plant constituents with potential antiphlogistic and antiallergic activity. Planta Med 55 (3):235-41. 1989. 15. Kelly G. S., 'Brittle' diabetes. J R Coll Gen Pract 39 (323):260. 1989. 16. Nguyen H., Zhang S., Morris M. E., Effect of flavonoids on MRP1mediated transport in Panc-1 cells. J Pharm Sci 92 (2):250-7. 2003. 17. See D. M., Broumand N., Sahl L., Tilles J. G., In vitro effects of echinacea and ginseng on natural killer and antibody-dependent cell cytotoxicity in healthy subjects and chronic fatigue syndrome or acquired immunodeficiency syndrome patients. Immunopharmacology 35 (3):229-35. 1997. 18. Parnham M. J., Sodium cromoglycate and nedocromil sodium in the therapy of asthma, a critical comparison. Pulm Pharmacol 9 (2):95-105. 1996. 19. Skwarek T., Effect of plant extracts on the growth of influenza viruses. I. Effect of plant extracts on the growth of influenza viruses in cultures of chick embryo fibroblasts and in chick embryos. Acta Pol Pharm 36 (5):605-12. 1979.

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Cosmetica&Natura

SOS PELLE

Parola d’ordine: esfoliazione Federica Matutino*

Il classico colorito dorato tipico della stagione estiva, frutto di intense giornate passate sotto i raggi solari, generalmente svanisce in tempi rapidi non appena si interrompe l’esposizione solare, lasciando la nostra pelle spenta e disidratata. Per ripristinare il corretto film idrolipidico ed una corretta idratazione non si può non partire da una profonda detersione con l’impiego di sostanze ad azione fisicachimica-meccanica. Come ben noto lo strato corneo rappresenta lo strato più superficiale dell’epidermide. Esso è formato da scaglie cheratiniche dure dette cheratinociti, ancorate le une alle altre in modo da creare una notevole resistenza meccanica e chimico-fisica. Le cellule dello strato corneo subiscono un fisiologico processo desquamativo ogni 28 giorni circa, esse vengono poi rimpiazzate da cellule provenienti dagli strati più profondi dell’epidermide. L’integrità dello strato corneo è anche assicurata dalla presenza di un film, un’emulsione idratante propria della pelle, formata da lipidi, sudore e cellule cornee desquamanti, ed avente un pH acido. La sua presenza previene la perdita per evaporazione di acqua epidermica, prevenendo così la disidratazione cutanea. Diversi fattori esogeni possono alterare il nostro equilibrio cutaneo ad esempio sole, vento, freddo e smog, determinando secchezza che se protratta nel tempo può portare al progressivo invecchiamento cutaneo. La detersione quindi rappresenta, insieme all’idratazione, un aspetto essenziale per il nostro equilibrio epidermico. In particolare dopo prolungate esposizioni solari la pelle appare inspessita e secca, in questi casi lo scrub, attraverso un effetto meccanico di sfregamento, è in grado di promuovere il turnover delle cellule più superficiali dello strato corneo permettendo così una più profonda idratazione. Gli scrub sono composti da percentuali elevate di microsfere di materiale inerte, per esempio polietilene, o da microgranuli di origine vegetale. L’azione esfoliante è dipendente dalla dimensione dei granuli ed è essa che conferisce ruvidità al prodotto. Con granulometrie

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comprese tra i 100 e 500 µ abbiamo particelle più fini adatte a prodotti per il viso, mentre valori di 1-2 mm sono tipici di prodotti adatti al corpo. Gli esfolianti naturali più utilizzati per la preparazione degli scrub sono lo zucchero e il sale. Lo zucchero, ricavato dalla canna da zucchero o dalla barbabietola, è considerato un ottimo prodotto in grado di levigare la pelle delicatamente idratandola contemporaneamente, inoltre grazie alla presenza di acido glicolico, ha un’azione esfoliante. Nello specifico lo zucchero semolato è adatto alle formulazioni per il viso, grazie alla sua sottile granulometria, mentre quello di canna, dalla granulometria superiore, è adatto all’utilizzo sul corpo. Il sale, altro componente naturale presente in molti prodotti, per osmosi richiama acqua dallo strato corneo, disidrata la cute e favorisce il distacco delle cellule morte. Il sale marino si ottiene dall’evaporazione dell’acqua del mare, si tratta di cloruro di sodio, altamente abrasivo che deve essere utilizzato solo per il corpo, inoltre è meglio sceglierlo integrale perché ricco altri minerali. Tra i sali più diffusi, i sali del Mar Morto, ricchi di bromuri, sono indicati per le pelli di mani, piedi e corpo soggette a psoriasi ed eczemi; i sali inglesi (magnesium sulfate) depurano l’organismo e favoriscono la circolazione, hanno una potente azione esfoliante motivo per cui sono indicati solo per il corpo. Inoltre un’immersione nella vasca da bagno contenente

questi sali aumenta i livelli di magnesio, attenuando dolori muscolari, stress ed insonnia. Ricordiamo poi: i noccioli polverizzati di albicocca o pesca, i gusci polverizzati di mandorle o noci, i semi interi di fragola o cranberry, i semi polverizzati di cacao o caffè, bucce essiccate di agrumi, e farine di avena o mandorle. Per favorire lo scivolamento dei granuli dello scrub sulla

*Farmacista

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Cosmetica&Natura

pelle si aggiungono dei liquidi che possono contenere degli oli essenziali alla dose massima del 3%. I più utilizzati sono gli oli vegetali che vengono scelti in base al tipo di pelle da trattare, essi idratano la cute e mitigano l’azione delle sostanze esfolianti. Per le pelli secche si sceglieranno l’olio di mandorle dolci, macadamia o di germe di grano; per le pelli impure l’olio di jojoba o di semi di zucca; per le pelli sensibili olio di crusca di rio o di calendula; mentre per le pelli mature l’olio di Argan, di enotera, di borragine, o di rosa mosqueta. Gli scrub potranno essere applicati settimanalmente sulla pelle precedentemente inumidita. Nel caso dell’applicazione sul corpo si parte dalle caviglie e con movimenti circolari

si prosegue fino al collo, in modo da favorire la circolazione ematica e linfatica. Nel caso di uno scrub al viso, si parte dal collo procedendo con movimenti

circolari verso l’alto e verso l’esterno, evitando le zone più delicate ma insistendo sulla zona T.

Bibliografia 1. 2.

Stavert E., Maschere e scrub di bellezza. Giunti Demetra, 2015. Trenti R., Trattamento cosmetico di corpo, mani e piedi: ingredienti e funzionalità richieste, in Manuale del cosmetologo, capitolo 8 pag. 301-311. Tecniche Nuove, 2014.

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3.

Marotta F., Cosmesi naturale pratica. Come fare in casa prodotti di bellezza con ingredienti facili, sani, efficaci e gustosi. Tecniche Nuove, 2002

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Apotheca&Storia

LA MEDICINA NEL MEDIOEVO /2 La medicina monastica o conventuale

Giusi Sanci* Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente furono i conventi cristiani ad occuparsi della formazione scientifica. In questi luoghi anche i testi di medicina provenienti dalla cultura greca e romana venivano letti, copiati, riassunti e ricompilati. L'unione tra erudizione e misericordia cristiana diede vita ad una medicina conventuale su basi empiriche. La medicina monastica si fonda sulla speranza che la misericordia divina possa portare alla guarigione grazie al ricorso alla preghiera. Furono i monaci a svolgere un'intensa attività di ricerca in campo farmaceutico riguardo la produzione di medicamenti efficaci per la cura di vari disturbi oltre a redigere cataloghi articolati e commentati delle diverse erbe coltivate che venivano utilizzate per le cure mediche. La medicina monastica in Occidente nasce in Italia; il primo centro monastico è il Monastero di Montecassino, fondato nel 529 da San Benedetto da Norcia, studioso di medicina e ritenuto un gran guaritore. Vicino ai monasteri benedettini sorgono inoltre ospedali, e la cultura medica conventuale si diffonde in tutta Europa. Proprio all'interno delle mura dei monasteri si riaccesero l'interesse e lo studio delle opere naturalistiche e mediche come il De Agricoltura di Catone, il Naturalis Historia di Plinio il Vecchio e il De Materia Medica di Dioscoride, nonché l'attenzione per le erbe medicinali (medicamentum simplex). Nel Medioevo le conoscenze teoriche e pratiche di erboristeria diventarono appannaggio dei monaci che andavano per boschi e foreste alla ricerca di ogni sorta di piante utilizzabili in ogni periodo dell'anno. Successivamente i monaci presero a coltivare le piante più utili all'interno del monastero, venne cosi creato l'hortus sanitatis successivamente chiamato "orto dei semplici". Le piante vengono utilizzate in base alle indicazioni di Dioscoride e di Galeno e le ricette vengono trascritte e tramandate dal monaco erborista (infirmarius) ad un allievo di sua fiducia; il monachus

infirmarius ha anche il compito di preparare i medicamenti e di custodire l'armarium pigmentariorium dove vengono riposte le erbe medicinali. Merito degli ordini monastici è anche quello di aver salvato dall'oblio e dalla distruzione la sapienza degli antichi. I monaci amanuensi avevano infatti il compito di trascrivere, tradurre e conservare i testi. I monasteri diventano quindi gli unici centri di conservazione e di diffusione del patrimonio medico e farmacologico in epoca medioevale. Le erbe utilizzate per le terapie venivano adoperate secondo la tradizione antica (egiziana, greca e romana), ed erano le stesse classificate nella Historia Plantarum da Teofrasto e coltivate ed impiegate dai Romani. I testi di riferimento erano il

Figura 1. Antonello da Messina, San Benedetto da Norcia, parte del disperso Polittico dei Dottori della Chiesa. Pinacoteca del Castello Sforzesco, Milano.

*Farmacista

Figura 2. Abbazia di Montecassino.

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Apotheca&Storia

Figura 3. Farmacia conventuale allestita al Museo della scienza e della tecnica Leonardo Da Vinci, Milano.

De simplicium medicamentorum temperamentis et facultatibus di Galeno e il De materia medica di Dioscoride. Questi testi venivano consultati per stabilire se l'ammalato avesse bisogno di un salasso, se dovesse riposare o fare attività fisica, se fosse opportuno un cambiamento della dieta o quale medicamento o erba dovessero essere somministrati. Infine i monaci applicavano toccasana, lenivano i dolori con gesti rituali ed elisir, facevano sorbire acquasanta e baciare le reliquie dei santi, per fare in modo che la restitutio ad integrum della salute fisica coincidesse con quella spirituale. L'erboristeria era costituita da una piccola stanza dove erbe e piante venivano trattate, essiccate, bollite, lavorate e conservate. I medicamenti presenti all'interno dell’erboristeria servivano sia alle necessità del monastero che a quelle degli ammalati che bussavano alle porte. Quando andava a raccogliere le piante, il monaco non strappava tutte le radici, ma solo una parte affinché la pianta continuasse a vivere, e lo stesso faceva con i fiori. La raccolta veniva fatta al mattino dopo che la rugiada si era asciugata. Le parti della pianta raccolte venivano essiccate al sole e successivamente sistemate in strati sottili, oppure appese a dei ganci. La conservazione delle erbe, in un primo tempo, avveniva riponendole in un armadio buio e areato, ma successivamente comparvero scaffali con vasi e ampolle non trasparenti per evitare che la luce deteriorasse il contenuto. I testi più noti della medicina monastica sono i cosiddetti Hortuli, che contengono la descrizione dei semplici con i quali venivano allestite le preparazioni a base vegetale come gli unguenti, i decotti e gli empiastri. Fra le specie botaniche coltivate nell'orto vi erano la salvia, utilizzata per confortare i nervi e come antidoto per i veleni, l'anice (Pimpinella anisum) impiegata come carminativo e antispastico, la melissa e la lavanda come

lenitivi, il rosmarino come tonificante, la menta come digestivo, il finocchio in grado di assorbire le putrefazioni intestinali. Altre piante presenti nell'orto erano l'avena, l'iperico, l'altea, la parietaria, la malva, la liquirizia, la valeriana, la camomilla, l'aloe, il papavero e la mandragola utilizzata per curare le infezioni agli occhi, ferite, morso di serpenti, mal d'orecchio, gotta e calvizie. Al monachus infirmarius veniva anche affidato il compito di assistere i bisognosi di passaggio, a volte accolti in vere e proprie strutture assistenziali. Malati, poveri e viandanti trovavano quindi un punto di appoggio per curarsi o riprendere le forze come fosse una seconda casa. Lo spessore culturale e l'autonomia nella preparazione dei vari rimedi delle farmacie conventuali sono confermati dalle testimonianze a noi giunte. Ancora oggi, in alcuni monasteri, come quello di Calmadoli, è tuttora conservato l'antico e affascinante laboratorio galenico. Dobbiamo proprio alla filosofia conservatoristica dei monaci e al loro modo di vedere la vita come un continuum, il fatto che molte conoscenze di antichi rimedi siano giunte ai nostri tempi. La nascita delle università portò gradualmente ad abbandonare la medicina monastica e alla formazione di medici professionisti. Bibliografia: 1. 2. 3. 4. 5. 6.

Caprino L., Il farmaco 7000 anni di storia. Armando ed. Signore G., Storia della farmacia, dalle origini al XXI secolo. Edra ed. www.deltacomweb.it/stsmom/La%20medicina%20 monastica%20-%20MANUALI.pdf www.piemonteparchi.it/cms/.../524-dall-orto-deisemplici-alla-medicina-monastica https://curemillenarie.wordpress.com/2013/12/11/l a-medicina-nel-medioevo/ www.mondimedievali.net/medicina/altomedioevo14. htm

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Spazio MEDTRE

Con la Circolare congiunta INAIL/MLPS nn. 31/13, è stato messo a disposizione delle micro, piccole e medie imprese uno strumento estremamente utile alla compilazione del Documento per la Valutazione dei Rischi, l’ OiRA . Il tool permetterà al datore di lavoro di valutare in completa autonomia il rischio aziendale nel caso di lavori e/o mansioni d’ufficio, e finanche di scaricare – al termine della procedura – il DVR già precompilato, che potrà peraltro essere modificato o integrato dal datore di lavoro stesso.

Il tool per la valutazione dei rischi È stato divulgato da parte del Ministero del Lavoro il software applicativo chiamato OiRA, ossia uno strumento utilissimo per la compilazione del DVR: lo strumento è stato adottato in Italia con il Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 61 dello scorso 23 maggio 2018, per poi essere ulteriormente specificato con la Circolare congiunta INAIL/MLPS nn. 31/13, del 25 luglio 2018. Tale strumento, a cui è stato dato l’acronimo OiRA, si riferisce all’ “Online Interactive Risk Assessment” con il quale

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è possibile valutare i rischi presenti in azienda in piena autonomia da parte del datore di lavoro permettendo al contempo di elaborare e redarre il Documento di Valutazione dei Rischi attraverso un percorso guidato, realizzato dall’Agenzia Europea per la salute e sicurezza sul lavoro, e impostato secondo le previsioni e le logiche delle Direttive Europee in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. L’Italia – che ha aderito al progetto a seguito della sottoscrizione del “Memorandum of Understanding” tra l’Agenzia Europea per la salute e sicurezza sul lavoro e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 30 agosto 2013 – ha però avuto bisogno di uniformare tale tool alle specifiche regole vigenti in materia nel nostro ordinamento. La valutazione dei rischi è chiaramente un obbligo non delegabile dal datore di lavoro e deve essere effettuato in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, con il medico competente e previa consultazione delle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza, se presenti. Così, in attuazione del D.Lgs. n. 81/2008, articolo 29, comma 6-quater – che prevede l’individuazione di strumenti di Anno I Numero 10 – Ottobre 2018


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Spazio MEDTRE

supporto per la valutazione dei rischi – è stato definitivamente approvato dalla commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro nell’ambito della seduta del 3 maggio 2018, lo specifico applicativo, il quale è stato definitivamente adottato con il Decreto MLPS del 23 maggio 2018.

Soggetti interessati e ambito d’applicazione Tale strumento è specificamente rivolto a micro, piccole e medie imprese del settore: • •

pubblico privato

in cui siano presenti lavoratori rispondenti alla definizione di cui all’articolo 2 del D.Lgs. n. 81/2008, con le limitazioni previste dall’articolo 3 del medesimo Decreto. Solitamente le attività prese in esame maggiormente sono quelle che richiedono ad esempio: •

• • •

l’utilizzo del videoterminale e dei suoi accessori per l’immissione ed elaborazione dati; attività di segreteria; rapporti con clienti e fornitori; archiviazione dei documenti.

Sono invece esclusi dall’applicazione di tale strumento le mansioni di archivista e magazzinierein quanto non previsti dei moduli specifici. Tale strumento può essere utilizzato da: •

aziende di nuova costituzione, le quali siano in procinto di elaborare e redigere il documento di valutazione dei rischi;

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imprese che abbiano effettuato già in precedenza la valutazione dei rischi.

Qualora poi in azienda siano presenti mansioni o rischi non strettamente legati alle attività di ufficio e quindi non contemplati da tale strumento, il datore di lavoro dovrà procedere all’integrazione del DVR. Si segnala che all’interno di tale strumento non sono inseriti: •

i rischi da vibrazioni, da atmosfere esplosive, da campi elettromagnetici, da radiazioni ottiche artificiali; la valutazione e la gestione del rischio da scariche atmosferiche;

in quanto non sono significativi per le attività d’ufficio. Lo scopo di tale strumento è quello di supportare il datore di lavoro nella valutazione dei rischi per le attività di ufficio attraverso: • •

l’identificazione dei pericoli; l’individuazione di specifiche misure di prevenzione e protezione;

allo scopo di tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori, fino a giungere alla redazione del DVR – documento di valutazione dei rischi – che potrà essere stampato al termine del processo valutativo, previsto dallo strumento OiRA. Tale strumento è disponibile in via gratuita a decorrere dalla data di emanazione della circolare citata, cioè Anno I Numero 10 – Ottobre 2018

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Spazio MEDTRE dal 25 luglio 2018, seguendo le informazioni fornite dallo stesso sito.

autonomamente dal tool; modificando (eventualmente) quelle preesistenti;

Il funzionamento Lo strumento fa in modo di strutturare i dati in diversi moduli in cui si affrontano i principali rischi e le problematiche relative al lavoro d’ufficio, identificando pericoli e criticità così come aspetti riguardanti l’organizzazione del lavoro, guidando in tal modo il datore di lavoro nella valutazione di tutti i rischi correlati ai pericoli identificati, secondo i requisiti previsti dalla legislazione vigente. Al completamento di tutti gli step previsti dalla procedura, l’applicativo farà in modo di generare il documento di valutazione dei rischi; qualora poi la specifica attività lavorativa comporti delle modifiche a tale documento, sarà possibile personalizzare la propria valutazione del rischio: •

aggiungendo delle misure che non sono state considerate

purché tali misure servano per migliorare le condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro. Il documento – che sarà disponibile alla conclusione della procedura – dovrà poi essere munito di data certa ovvero attestata dalla sottoscrizione del documento da parte del datore di lavoro così come dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di protezione e prevenzione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e dal medico competente, se nominato. Leggi di più: https://www.medtre.it/2018/09/nuovo -dvr-con-il-software-oira-alcunelimitazioni-per-le-farmacie/

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Anno I Numero 10 – Ottobre 2018



www.agifarag.it


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