Theriaké
Imprescindibile alleanza tra etica e intelligenza artificiale di Giulia Bovassi
LE OMBRE DEL COVID-19
Intervista ad Aldo Rocco Vitale di Ignazio Nocera
PER UNA STORIA DEGLI ARTISTI DIMENTICATI
II parte di Rodolfo Papa
ROCCAFORTE DI ARMONIE
La chiesa del SS. Salvatore a Palermo, un presidio per difendersi dalla gnosi spuria di Ciro Lomonte
LA SCOPERTA DELLA VITAMINA B9 di Giusi Sanci
RIVISTA BIMESTRALE
[online]: ISSN 2724-0509
Anno VI n. 44 Marzo - Aprile 2023 Theriaké
4 Biogiuridica
“ALGOR-ETICA”
Imprescindibile alleanza tra etica e intelligenza artificiale
10 Biogiuridica
LE OMBRE DEL COVID-19
Intervista ad Aldo Rocco Vitale
20 Delle Arti
PER UNA STORIA DEGLI ARTISTI DIMENTICATI II parte
28 Cultura ROCCAFORTE DI ARMONIE
La chiesa del SS. Salvatore a Palermo, un presidio per difendersi dalla gnosi spuria
40 Apotheca & Storia
LA SCOPERTA DELLA VITAMINA B9
Responsabile della redazione e del progetto gra1ico:
Ignazio Nocera
Redazione:
Valeria Ciotta, Elisa Drago, Rossella Giordano, Christian Intorre, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Francesco Montaperto, Carmen Naccarato, Silvia Nocera, Giusi Sanci.
Contatti:
theriakeonline@gmail.com
Theriaké via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG).
In copertina:
Andy Warhol, Brillo Box (Soap Pads), 1964, New York, Museum of Modern Art (MoMA).
Questo numero è stato chiuso in redazione il 24 – 4 – 2023
In questo numero:
Giulia Bovassi, Ciro Lomonte, Ignazio Nocera, Rodolfo Papa, Giusi Sanci.
Collaboratori:
Pasquale Alba, Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Francisco J. Ballesta, Vincenzo Balzani, Francesca Baratta, Renzo Belli, Irina Bembel, Paolo Berretta, Mariano Bizzarri, Maria Laura Bolognesi, Elisabetta Bolzan, Paolo Bongiorno, Samuela Boni, Giulia Bovassi, C. V. Giovanni Maria Bruno, Paola Brusa, Lorenzo Camarda, Fabio Caradonna, Carmen Carbone, Alberto Carrara LC, Letizia Cascio, Matteo Collura, Alex Cremonesi, Salvatore Crisafulli, Fausto D'Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Irene De Pellegrini, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù , Gaetano Di Lascio, Danila Di Majo, Claudio Distefano, Clelia Distefano, Vita Di Stefano, Domenico DiVincenzo, Carmela Fimognari, Luca Matteo Galliano, Fonso Genchi, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Andrew Gould, Giulia Greco, Giuliano Guzzo, Ylenia Ingrasciotta, Maria Beatrice Iozzino, Valentina Isgrò , Pinella Laudani, Anastasia Valentina Liga, Vincenzo Lombino, Ciro Lomonte, Roberta Lupoli, Irene Luzio, Erika Mallarini, Diego Mammo Zagarella, Giuseppe Mannino, Bianca Martinengo, Massimo Martino, Carmelo Montagna, Giovanni Noto, Roberta Pacibici, Roberta Palumbo, Rodolfo Papa, Marco Parente, Fabio Persano, Simona Pichini, Irene Pignata, Annalisa Pitino, Valentina Pitruzzella, Renzo Puccetti, Carlo Ranaudo, Lorenzo Ravetto Enri, Salvatore Sciacca, Luigi Sciangula, Alfredo Silvano, Carlo Squillario, Pierluigi Strippoli, Eleonora Testi, Gianluca Tribirò , Elisa Uliassi, Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Margherita Venturi, Fabrizio G. Verruso, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello.
Sommario Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 44 – Marzo – Aprile 2023 3
“Algor-etica”
Imprescindibile alleanza tra etica e intelligenza arti2iciale
Giulia Bovassi*
Spesso, la questione etico-sociale dell’utilizzo di sistemi di Intelligenza Arti2iciale (IA) implode in due possibili devianze: la prima, tecnofoba (l’intelligenza arti2iciale è tra le massime espressioni dei movimenti trans e post-umanisti in senso spregiativo), denuncia in toto l’IA, giudicando lo strumento come un male in sé ; la seconda, tecno2ila (l’intelligenza arti2iciale è tra le massime espressioni dei movimenti trans e post-umanisti in senso ossequioso), cade nell’eccesso opposto, sovrapponendo l’inevitabilità dell’accelerazione tecnologica al concetto di sviluppo e, forte di questo convincimento, giudica ogni progresso tecnologico come tappa di un autentico sviluppo dell’umanità . In quest’ultimo caso si tratta di vedere nel mezzo un bene in sé dovuto al suo carattere innovativo. Ambedue le polarizzazioni, pur parzialmente vere, sono da rigettare poiché incapaci di ponderare i principi etici de2initi “globali”, i principi di responsabilità e prudenza, la proporzione rischi/bene2ici a breve e, soprattutto, lungo termine. Non a caso, infatti, l’ampia diffusione di quella che
oggi viene riconosciu ta come Global Bioe thics è dovuta ad una sorta di ritorno della bioetica alle proprie origini potteriane, ovvero di preoccupa zione globale e trans disciplinare verso la sopravvivenza dell’u manità e di ponte verso il futuro.
Nelle ultime settimane l’inevitabilità di un’alleanza tra (neuro)etica e IA è stato argomento al centro dell’attenzione internazionale, a causa dell’ormai noto chatbot ChatGPT, sviluppato da OpenAI [1], organizzazione di ricerca sull’intelligenza arti2iciale, particolarmente attenta ad alcuni aspetti essenziali dell’etica dell’IA, direttamente inerenti alla bene2icialità del prodotto: sicurezza e responsabilità . Lo scopo è la simulazione del linguaggio naturale e a tale scopo il modello è stato progetto prevedendo un addestra-
Biogiuridica
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Figura 1. Fonte: https://premoneo.com/2021/10/09/intelligenza-artificiale-cosa-e/
* Associate Researcher Cattedra UNESCO in Bioetica e Diritti Umani presso l’Università Europea di Roma; cultore della materia in Biogiuridica e Biodiritto presso la Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA).
mento compiuto da lavoratori reali che interagendo con ChatGPT hanno orientato il sistema in modo che l’immissione sul mercato poi avesse già orientamenti, in qualche misura, di natura etica o potenzialmente morale [2]. Ciò che ha scosso, sul piano etico, giuridico, politico è l’abilità imprevista di reagire seguendo una 2inalità propria, impropriamente meccanica, per cosı̀ dire, e diversa da quanto intenzionalmente progettato dai suoi programmatori. In tal senso, alcuni esperti di etica mettono in luce «la capacità di creare e agire su piani a lungo termine, di accumulare potere e risorse (“ricerca di potere”)» [3], una sorta di abilità sottesa alla mimesi del linguaggio, che de2iniscono di
«“agentività ” (agency) cioè una relativa abilità nello scegliere i suoi 2ini e agire di conseguenza in maniera indipendente da quanto suppongono i suoi programmatori. In questo contesto, per “agentivo” non si intende l’umanizzazione dei modelli linguistici o il riferimento alla senzienza, ma piuttosto sistemi caratterizzati dalla capacità di avere scopi che potrebbero non essere stati speci2icati concretamente e che non sono apparsi nell’addestramento, di concentrarsi sul raggiungimento di obiettivi speci2ici e quanti2icabili e di fare piani a lungo termine» [4].
Nell’articolo menzionato viene detto che si tratta più del controllo umano sulla macchina, e non tanto dell’umanizzazione, ovvero dell’essere senziente dello strumento. Si potrebbe obiettare, però , che le correlazioni dell’algoritmo, quando declinate nella relazione comunicativa con l’utente, strutturano una dimensione sociale con la persona nell’istante in cui ella si “af2ida” all’interlocutore arti2iciale. La vulnerabilità , paradossalmente, tra i due conversanti, è nell’umano. Anche se la consapevolezza della realtà 2ittizia del rapporto dovrebbe fargli detenere il controllo psico-2isico di ciò che accade. La cronaca mostra che il digitale è ingannevole da questo punto di vista. Inoltre, nel GPT-4 Technical Report [5] vengono evidenziate altre criticità , tra cui il rischio di allucinazioni, disinformazione, contenuti dannosi, potenziale di innescare comportamenti rischiosi, tra i più rilevanti messi in luce nel Documento. In generale, potremmo dire che questo chatbot ha l’enorme potenziale di simulazione del linguaggio umano, con straordinarie capacità conversazionali e contenutistiche, ma proprio l’enorme potenziale dimostrato sfugge nella sua complessità alla capacità di controllo umano (causa dell’allarmismo generale fatto seguito a ChatGPT). In altri termini, l’automazione e la rapidità con le quali vengono fornite le risposte desidera-
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5
Figura 2. Fonte: https://investingnews.com/invest-in-openai-chatgpt/
te assieme alla mole incredibile di dati dai quali attingerne le argomentazioni, possono portare a contenuti di non senso o non del tutto veritieri, nonostante ciò assolutamente credibili per l’utente. Allucinazioni, quindi, nel senso di offuscamento del pensiero critico tanto nell’abilità di mettere in dubbio la veridicità dell’informazione, quanto nel discernere sul tipo, sulla qualità della risposta ricevuta nonché , ovviamente, delle fonti. Come detto poc’anzi, la preoccupazione coinvolge la pigrizia umana verso la divinizzazione del mezzo per le qualità e comodità che porta con sé (velocità , adattabilità , completezza, ecc.). Alla base di simili criticità , parimenti con quelle riguardanti contenuti dannosi/pericolosi, vi è un problema di af2idabilità del sistema, da un lato, e del rapporto uomo-tecnologia dall’altro. L’apprensione sorge nel momento in cui queste criticità etiche, in un prodotto commercialmente a disposizione indiscriminata del grande pubblico, emergono in tutta la loro gravità a seguito (non prima) della disponibilità del prodotto alla collettività e quando devono confrontarsi con una diseducazione di fondo di quest’ultima (formazione di “ eco-chamber”), ignara del potenziale/ della capacità dello strumento di essere una risorsa. In altri termini una sproporzione del mezzo rispetto all’uomo.
“Algoretica” e governance tecnologica
«[…]
Figura 3.
nente alla serie
, undici stampe uniche rappresentanti i componenti dell’immaginaria famiglia Belamy. Prima “opera d’arte” creata attraverso l’intelligenza artificiale, utilizzando i dati provenienti da 15.000 ritratti dipinti tra i secoli XIV-XX. L’algoritmo adoperato occupa il posto della firma. Fonte: https://www.wired.it/lifestyle/design/2018/10/25/christies-asta-opera-arte-intelligenza-artificiale/ L’opera è stata battuta all’asta da Christie’s a New York nel 2018 per 432.500 dollari, contro le stime iniziali che si aggiravano intorno ai 10.000 dollari. Fonte: https:// tg24.sky.it/mondo/2018/10/26/asta-quadro-intelligenza-artificiale
Al di là del caso ChatGPT, per quanto mediaticamente preponderante in questo momento, occorre sottolineare che affrontare la questione etica dell’IA signi 2 ica essere consci, in prima battuta, della complessità del fenomeno preso in carico che ha due dimensioni, una generale e l’altra speciale, cioè declinata ai singoli ambiti di applicazione, ciascuno dei quali solleva dilemmi etici speci2ici, diversi dagli altri; ambedue suddivise in approccio sovranazionale, nazionale e locale. In questa sede s’intende prediligere una ri2lessione del primo tipo. Algoretica [6] è un neologismo coniato da Paolo Benanti, che designa l’indagine etica delle problematiche connesse a strumenti dotati o basati sull’utilizzo dell’IA. La pervasività delle tecnologie d’imitazione (o approssimazione) dell’in-
commercialmente a disposizione indiscriminata del grande pubblico, emergono in tutta la loro gravità a seguito (non prima) della disponibilità del prodotto alla collettività […]»
telligenza umana ha condotto 2iloso2i e bioeticisti a parlare di “condizione tecno-umana”: un momento storico in cui l’algoritmo è talmente presente nella vita dei soggetti, che diviene dif2icile pensare a una condizione ontologicamente e 2isicamente separata tra i due. Estremizzata, questa posizione è fatta propria dai sostenitori dei movimenti trans e post-umanisti per i quali «la convergenza tecnologica diventa convergenza umano/arti2iciale» [7], gli stessi che auspicano l’ambiziosa strategia di auto-dirigere l’evoluzione umana mediante le tecnologie emergenti e convergenti.
«Questo sogno di auto-poiesi è teorizzato da informatici (D. Hill, E. Drexler) che auspicano una convergenza evolutiva fra uomini e macchina e teorici dell’Intelligenza Arti2iciale (M. Minsky, H. Moravec) che prospettano la
Biogiuridica 6 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 44 – Marzo – Aprile 2023
Collettivo artistico parigino Obvious, Ritratto di Edmond de Belamy. Apparte-
La Famille de Belamy
criticità etiche, in un prodotto
riduzione computazionale del funzionamento del cervello al funzionamento del computer e la digitalizzazione della mente per raggiungere una forma di immortalità corporea. Si apre ‘tecno-profeticamente’ un orizzonte futuro che dovrebbe portare ad un’alterazione radicale della natura dell’uomo, mettendo in correlazione il corpo (materia organica) con i computer (materia inorganica), sino alla totale arti2icializzazione dell’umano sostituendo corpo e mente con sussidi meccanici e informatici. La convergenza tecnologica diventa convergenza umano/ arti2iciale in un futuro non troppo remoto, secondo la profezia di N. Bostrom» [8].
gica dell’essere umano sia nella sua costituzione sia nella sua socialità . Per questo si parla di coesistenza esseri umani-IA [9]:
«Si apre ‘tecno-profeticamente’ un orizzonte futuro che dovrebbe portare ad un’alterazione radicale della natura dell’uomo, mettendo in correlazione il corpo (materia organica) con i computer (materia inorganica), sino alla totale artificializzazione dell’umano sostituendo corpo e mente con sussidi meccanici e informatici» [8]
«le intelligenze arti2iciali si inseriscono qui: sono i nuovi agenti che stanno guidando la trasformazione in atto. Per la prima volta gli attori della trasformazione non sono un’ élite umana ma delle macchine. Questo articolato panorama va indagato in tutta la sua complessità . Per comprendere le s2ide e le potenzialità delle intelligenze arti 2 iciali bisogna innanzitutto comprendere il lato umano della relazione uomo-macchina» [10].
Quanto delineato mostra l’iperpolarizzazione di cui accennato inizialmente, ma stimola interesse e ri2lessione, poiché qualunque analisi critica di natura tecno/neuro-etica non può emanciparsi dal problema antropologico e ontologico sotteso alle nuove tecnologie. Signi2ica capire come pervasività , trasversalità ed embodiment (incarnazione) dello strumento tecnologico determinano o plasmano la cifra antropolo-
Dalla complessità consegue l’urgenza di un’etica minima condivisa (tentativo problematico, considerando il contesto storico segnato da relativismo, individualismo e nichilismo), per portare i molteplici interlocutori attivi/passivi delle nuove tecnologie ad organizzarsi, costruire e cooperare per il bene comune. Governance designa una concreta e procedura di gestione a partire dal problema etico, antropologico, sociologico e biopolitico, a preparazione del terreno
Biogiuridica 7 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 44 – Marzo – Aprile 2023
Figura 4. Fonte: https://www.bosch-press.it/pressportal/it/it/press-release-28994.html
fertile per una buona regolamentazione. Non è suf2iciente regolamentare se persistono vulnus signi2icativi sui principi etici di riferimento. Allo stesso modo, non è suf2iciente proporre macro-principi se nell’applicazione divengono soggetti a modelli etici inesistenti, utilitaristi, materialisti, tecnocratici o individualisti. La tecnologia e il cambiamento da essa apportato possono risultare di dif2icile integrazione, se non impossibile, se non vengono incorporate alle infrastrutture sociali e alla cultura umana. Le nuove tecnologie oggi sono gestite e governate non solo dalle forze istituzionali, ma da altre realt à eterogenee che rendono dif2icoltoso il monitoraggio sui diritti fondamentali. La rapida trasformazione e plasticità aggiungono la s2ida, per la biogiuridica e la tecnoetica, di anticipare le tappe dello sviluppo tecnologico con lungimiranza, 2iltrandolo con lente prudenziale. Lavorare sulla policy-governance (strumenti di soft law) ponendo la domanda etica in ogni fase di ideazione, sviluppo e commercializzazione dell’IA (“ethics/rule-by/in-design”) è essenziale al 2ine di garantire la cosiddetta “human Ulourishing” riducendo massivamente il potenziale nefasto e rischioso per la prosperità umana. Senza dubbio l’etica minima condivisa ammesso lo scetticismo sulla sua concreta integrità e fattibilità dal punto di vista globale, sulla quale stanno lavorando gli organismi internazionali, fa perno su dignità umana (come cambia nella relazionalità uomo-macchina), autonomia (particolare attenzione al controllo umano), responsabilità , prevenzione del danno (che deve fare i conti con l’incertezza tecnologica), esplicabilità , trasparenza, af2idabilità , giustizia ed equità , riservatezza. Come nel caso di ChatGPT, oltre all’adesione intenzionale ai principi sopraindicati, che di certo non esauriscono minimamente il dibattito etico in merito alla regolamentazione, è necessario corrispondere ad un principio di conoscibilità : educazione/formazione digitale preventiva circa l’identità del mezzo e la sua relazione con un fruitore che diviene esso stesso prodotto di quello strumento. L’essere umano, se correttamente educato ad abitare quello spazio che Luciano Floridi de2inisce “infosfera” [11], allora acquisisce maggiori probabilità di detenere un controllo decisivo sugli effetti di questo rapporto tecnoumano: comprendendolo, ad esempio, conserva la propria autonomia decisionale, evitando la delega tecnologia “bendata”, una 2iducia cieca nella soluzione algoritmica. In de2initiva, la domanda antropologica dell’era digitale chiede se la capacità pensante (di elaborazione) della macchina riduce l’entità umana nella sua totalità , ragion per cui il concetto di
«[…] non è sufficiente proporre macroprincipi se nell’applicazione divengono soggetti a modelli etici inesistenti, utilitaristi, materialisti, tecnocratici o individualisti»
“persona” diviene, ancora una volta, oggetto d’indagine, ma in modo inedito, cioè per far spazio a nuove “personeità ”, nuovi agenti morali arti2iciali. Detto altrimenti: la realtà , soprattutto quella dell’humanum, oramai è completamente mediata e tradotta dalla tecnologia, che non è più oggetto isolato ed accessorio, ma incarnato, perciò l’impatto sulla società , sui singoli individui e sulla realtà dipende primariamente sia dal tipo di domanda etico-antropologica posta, sia dal tipo di risposta. Come spesso dichiarato da coloro che si occupano di robotica umanoide, la spinta motivazionale all’origine dello sviluppo di tecnologie dotate di IA è replicare l’essere umano come ennesimo tentativo di comprensione dell’umano stesso; alla comprensione che egli dimostrerà di avere della propria capacità intellettiva, emotiva, morale. Pertanto, un atteggiamento oracolare verso l’artefatto tecnologico, assuefazione e passività dovute all’ingerenza del mezzo nell’esistenza personale, impoverimento creativo sono/saranno effetti collaterali indesiderati, se l’approccio algoretico verrà ridotto ad una formulazione di principi ai quali aderire meccanicamente e senza metodo.
Bibliografia e sitografia
1. Per approfondire cfr. OpenAI, GPT-4 Technical Report (2023), https://cdn.openai.com/papers/gpt-4.pdf
2. Cfr. https://formiche.net/2023/04/benanti-gpt4-intelligenza-arti 2 iciale/? 2 bclid=IwAR1H31nL75pYkM-2CXvp-U0rCcGHws7BDXDv3XY-BAAMi1NWk5_98eTDbsA
3. https://www.corriere.it/opinioni/23_aprile_01/se-lintelligenza-arti 2 iciale-rischia-sfuggirci-mano-ed0f1e94-d0a9-11ed-8952-10f6bf0a23fa.shtml?refresh_ce;
4. Ibid.; Cfr. https://www.paolobenanti.com/post/gpt4closedai? 2 bclid=IwAR0n07jES3p6n12Qx0cAFIWWtuPa9Ycgk8CBr2mCkWVZQgZg2oU9a-JHLrA
5. OpenAI, GPT-4 Technical Report (2023), https://cdn.openai.com/papers/gpt-4.pdf, p. 44.
6. Cfr. Benanti P., Oracoli. Tra algoretica e algocrazia. Luca Sossela Editore, Roma 2018.
7. Palazzani L., Tecnologie dell’informazione e intelligenza artiUiciale. Studium, Roma 2020, p. 70.
8. Ibid.
9. Benanti P., Le macchine sapienti. Intelligenze artiUiciali e decisioni umane. Marietti, Bologna 2018, p. 17.
10. Ivi, p. 55.
11. Floridi L., Pensare l’infosfera. La UilosoUia come design concettuale. Raffaello Cortina, Milano 2020.
8 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 44 – Marzo – Aprile 2023
Biogiuridica
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383
Le ombre del COVID-19
Intervista ad Aldo Rocco Vitale
Pubblicato a metà del 2022 per la casa editrice Il Cerchio, e presentato il 23 marzo scorso alla sala “Caduti di Nassirya” presso il Senato della Repubblica, All’Ombra del Covid-19. Guida critica e biogiuridica alla tragedia della pandemia, con la prefazione di Vittorio Sgarbi (328 pagine, 29,00 Euro) [1], vuole ricostruire la vicenda della pandemia passando in rassegna il susseguirsi degli eventi, le dichiarazioni di esperti, politici, governanti, le informazioni provenienti dal mondo scientiSico e i provvedimenti normativi adottati.
L’autore, Aldo Rocco Vitale, giurista esperto di biodiritto, docente presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo PontiSicio Regina Apostolorum di Roma, conduce la sua riSlessione giuridica e SilosoSica sulle diverse problematiche poste dalla pandemia, e sulle conseguenze che le decisioni del governo hanno avuto e
hanno sul diritto e la democrazia. Mediante una meticolosa e arguta capacità di documentazione, l’autore propone al lettore una vastissima bibliograSia storica, SilosoSica, giuridica, teologica e magisteriale, insieme a dati presenti in letteratura scientiSica, ordinanze e sentenze dei tribunali, notizie date dagli organi di informazione italiani e stranieri, restituendo un quadro spesso contraddittorio e preoccupante. All’autore abbiamo chiesto di dialogare su alcuni temi che emergono dal suo lavoro.
Professore, ringraziandola per la disponibilità a concederci questa intervista, vorremmo iniziare chiedendole di parlarci del “criterio di inimicizia” così si potrebbe deFinire con il quale viene ormai affrontato qualsiasi tema nel dibattito pubblico. Quali sono le conseguenze derivanti da questa dicotomica suddivisione amico/nemico
Biogiuridica
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Ignazio Nocera
Figura 1. Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del cattivo governo. 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena.
Aldo Rocco Vitale, nato a Catania (1983), laureato cum laude in giurisprudenza presso l’Università di Catania, Docente a contratto presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo PontiSicio Regina Apostolorum, ha conseguito cum laude il dottorato di ricerca in “Storia e Teoria generale del diritto europeo” presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università Tor Vergata di Roma.
Consegue l’abilitazione forense e diviene Cultore della materia in Biogiuridica, in FilosoSia del diritto e in Teoria generale del diritto.
Ha al suo attivo numerose pubblicazioni scientiSiche e molte altre divulgative.
Ed socio dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani di cui è Segretario della Sezione di Catania “Sergio Cotta”; è socio del Centro Studi Rosario Livatino; è socio della Società Italiana di FilosoSia del Diritto.
Direttore scientiSico della “Scuola di formazione bioetica” della rivista ProVita Onlus che quest’anno ha celebra la sua settima edizione.
Tra le sue più recenti monograSie per le edizioni Il Cerchio All’ombra del Covid-19. Guida critica e biogiuridica alla tragedia della pandemia (marzo 2022) e Introduzione alla bioetica. Temi e problemi attuali (settembre 2019) e per le edizioni scientiSiche FrancoAngeli una sua monograSia dal titolo L’eutanasia come problema biogiuridico (settembre 2017).
nelle scienze, nella politica, nel diritto e in ultima istanza nella vita sociale?
In primo luogo grazie a lei e ai lettori della vostra pregiata rivista.
La domanda è densa e complessa, ma cercherò , nei limiti del possibile, di sempliSicare il problema.
Purtroppo oggi si vive in un habitat culturale che per quanto sia riconosciuto come post-ideologico, poiché successivo al tramonto delle grandi visioni ideologiche che hanno caratterizzato il XX secolo, non ha dismesso gli strumenti e le modalità operative dei grandi confronti ideologici, delle grandi religioni secolari che nel secolo scorso si sono affermate.
La tendenza alla dicotimizzazione della società , del dibattito culturale, del confronto dialettico, cosı̀, è rimasta del tutto inalterata, ma come energia evasa da quei canoni ideologici che in passato ne disciplinavano in un certo senso la potenzialità .
Oggi come un tempo, dunque, la logica del “noi” contro “voi”, dell’amico-nemico, del “puri” contro “impuri” continua ad essere profondamente presente a quasi ogni livello dello scenario culturale, tanto sui mezzi di comunicazione di massa quanto sui social media, tanto nella formazione scolastica quanto nel mondo accademico, tanto nei contesti del pubblico dibattito quanto nei gruppi privati come, per esempio, gli ordini professionali.
L’uomo del XXI secolo che cosı̀ tanto ha cercato di affrancarsi dalle ideologie del XX secolo, insomma, ha Sinito per adottare le stesse metodiche contrapposi-
tive dell’Homo ideologicus da cui ha cercato di emanciparsi; si è sostanzialmente preso il motore da un veicolo e lo si è installato in un veicolo differente,
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di Palermo e poi alla Sapienza di
l’Assemblea costituente per la Democrazia cristiana. Più volte ministro, sindaco di Roma dal 1956 al 1957.
tanto presa in prestito dagli insegnamenti di uno dei maestri dimenticati della sapienza giuridica italiana, cioè Alessandro Passerin-d’Entreves [3] che a sua volta l’ha rubata ad Alexis de Tocqueville, perché solo le intuizioni geniali meritano di essere copiate e ricopiate più volte.
ignorando a volte e facendo Sinta altre volte che trattasi comunque del medesimo identico apparato logico-argomentativo che ieri muoveva le grandi ideologie del XX secolo e che oggi muove l’Homo tecnologicus del XXI. La pandemia è stata, in tal senso, un banco di prova eccellente per l’evidenziazione di paradigmi ancora profondamente radicati, di queste logiche contrappositive e dicotomizzanti che hanno dilacerato il tessuto sociale, spesso perSino quello famigliare e, in deSinitiva, quello umano nella sua più profonda e autentica accezione.
osserva le normative su ordine e sicurezza sempre con occhio critico, mantenendo la consapevolezza che queste non si possono venire a trovare in contrasto con i principi fondamentali del diritto […]»
«il giurista
Nel suo saggio lei esprime una profonda preoccupazione sulla sorte dello Stato di diritto, parla delle attuali condizioni di “salute del diritto”, cita alcuni passaggi degli interventi all’Assemblea costituente di due esponenti della DC, Tupini e Medi [2], e a più riprese oppone alla Figura del giurista quella del leguleio. Alla luce di ciò che è accaduto e continua ad accadere, qual è lo stato di salute del diritto in Italia? Inoltre, chi è davvero il giurista e in che cosa differisce dal leguleio?
Beh, la distinzione tra leguleio e giurista è troppo intelligente per essere farina del mio sacco; l’ho sol-
Io l’ho soltanto afSinata, approfondita e adattata al caso italiano. Ad ogni modo la distinzione è semplice nella sua formulazione originaria tocquevilliana: il leguleio è meccanicamente rispettoso della volont à del sovrano al Sine di garantire ordine e sicurezza, anche al prezzo della libertà , anche al costo di sacriSicare i diritti fondamentali; il giurista, invece, osserva le normative su ordine e sicurezza sempre con occhio critico, mantenendo la consapevolezza che queste non si possono venire a trovare in contrasto con i principi fondamentali del diritto, con la libertà e con i diritti naturali dell’essere umano. Alla luce di ciò , se il leguleio compiace il potere e lo serve, il giurista, invece, lo sSida e lo frena; se il leguleio si appella al mero bilanciamento degli interessi, il giurista conSida nella ratio iuris; se il leguleio sorregge il potere, il giurista, invece, corregge il potere; se il leguleio si limita ad applicare la legge, il giurista, invece,
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Figura 2. Enrico Medi, 1911-1974. Fisico, allievo di Enrico Fermi, direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica dal 1949 al 1974. Docente di fisica all’Università
Roma. Eletto nel 1946 all’Assemblea costituente con la Democrazia cristiana.
Figura 3. Umberto Tupini, 1889-1973. Giurista, tra i fondatori del Partito popolare italiano; nel 1924 prese parte alla secessione dell’Aventino; nel 1945 fu commissario per la preparazione del-
[…]
la critica, cioè la passa al vaglio dell’esame della ragion giuridica; se il leguleio predica la legalità , il giurista, invece, aspira alla giustizia; il leguleio, insomma, è il gran sacerdote del potere e lo stregone della norma, mentre, invece, il giurista è il profeta della recta ratio
Di questa saggezza erano ben consapevoli i padri costituenti che infatti hanno utilizzato più volte il verbo “riconoscere” in relazione ai diritti e alle libertà fondamentali che la Costituzione tutela e garantisce, nel senso che essi non sono “costituiti” o “concessi” dallo Stato, ma dallo Stato riconosciuti come anteriori e superiori e quindi non disponibili, non manipolabili dal potere politico se non come eccezione e nei limiti dettati dalla lettera e dallo spirito delle stesse disposizioni costituzionali.
Ecco, se vogliamo ridurre al nocciolo l’intera faccenda, la distinzione essenziale tra lo Stato di diritto e lo Stato totalitario; nel primo c’è una sfera giuridica intangibile che è rappresentata dalla persona umana e dai diritti naturali ad essa pertinenti; nel secondo, invece, come evoluzione dello Stato assoluto, il cittadino è un bene di cui il potere può disporre e che può perSino sacriSicare in vista di un bene superiore come, per esempio, l’ordine o la sicurezza, appunto.
come ipotizzato da alcuni un criterio premiale di assistenza sanitaria?
«La gestione schizofrenica e sostanzialmente anti-giuridica della pandemia ha […] tracciato un pericoloso precedente, cioè l’idea che il diritto alla salute possa e debba essere tutelato soltanto se il cittadino mantiene un comportamento virtuoso»
Esiste una gerarchia fra i diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione? Come si può affrontare una crisi sanitaria senza sospendere lo Stato di diritto? Insomma, il diritto alla salute si può conciliare con gli altri diritti come, ad esempio, la libertà e il lavoro? È accettabile introdurre
Questo è uno dei principali problemi prima sostanzialmente impensabili se non come mero esercizio accademico che sono emersi dalla gestione della pandemia nell’ultimo triennio. Se la visione tradizionale ha sempre inteso paritariamente tanto il diritto alla salute quanto quello alla libertà , la cui sintesi si rinviene, per esempio, nella rilevanza giuridica e costituzionale della tutela del consenso informato, con l’avvento della pandemia la società occidentale in genere e quella italiana in particolare sembrano aver virato verso una inedita gerarchizzazione dei suddetti diritti per cui il diritto di libertà si può godere soltanto se e nella misura in cui sia compatibile con il diritto alla salute individualmente e collettivamente inteso.
Da questo proSilo si deve in ogni caso distinguere il secondo, cioè il problema dell’introduzione di un criterio premiale al Sine di veder tutelato il proprio diritto alla salute. La gestione schizofrenica e sostanzialmente anti-giuridica della pandemia ha, infatti,
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Figura 5. Alexis Henri Charles de Cl é rel de Tocqueville, 1805-1859, filosofo, storico politico.
Figura 4. Alessandro Passerin d’Entrè ves et Courmayeur, 1902-1985. Giurista, filosofo del diritto, docente in molte Università italiane e straniere (Messina, Pavia, Torino, Oxford, Yale, Harvard).
tracciato un pericoloso precedente, cioè l’idea che il diritto alla salute possa e debba essere tutelato soltanto se il cittadino mantiene un comportamento virtuoso, valutato in base alla sua maggiore o minore adesione ad un paradigma comportamentale prescritto dalla pubblica autorità
Proprio durante la pandemia, infatti, si è assistito ad una paradossale antinomia giuridica: la tutela del diritto alla salute è stata garantita non soltanto in modo condizionato, cioè in base all’adesione del singolo cittadino alla campagna vaccinale pubblica, ma per di più in contrasto con il diritto alla vita nella sua dimensione di capacità di procurarsi i mezzi economici idonei per il sostentamento proprio e della propria famiglia (ex art. 36 Cost.), come comprovano le sanzioni applicate ad alcune categorie di pubblici dipendenti (medici, sanitari, forze dell’ordine, docenti ecc.) a cui è stato sottratto lo stipendio nel caso di un loro riSiuto a vaccinarsi.
Il paradosso, gravemente antigiuridico, dovrebbe essere evidente per tutti e non soltanto per i giuristi; è come se lo Stato avesse dichiarato: per tutelare il vostro diritto alla salute, sono disposto a farvi morire di fame togliendovi ogni mezzo di sostentamento…! Contraddizioni e cortocircuiti davvero impensabili e francamente intollerabili, sebbene paciSicamente e grottescamente ammessi da buona parte dei giuristi (i quali, direi, in tutta la triste vicenda della pandemia, non hanno brillato per rafSinatezza concettuale, per capacità critica e né per preparazione umana) e dalla stessa Corte costituzionale con le recenti e giuridicamente anemiche sentenze n. 14, n. 15 e n. 16 del 2023 sul tema dell’obbligo vaccinale [4].
Se quattro o cinque anni fa qualcuno le avesse detto che fra non molto in Italia sarebbe stato necessario esibire un lasciapassare per entrare al ristorante, cosa avrebbe pensato? È stato un provvedimento utile, oltre che giusto, quello del green pass? Come è stato percepito dalla stampa internazionale?
Prima del giudizio sul fatto, occorre ben ricostruire il fatto.
Il green pass fu pensato in sede europea, con il Regolamento UE n. 953/2021, soltanto per facilitare gli spostamenti tra i Paesi comunitari e non di certo per impedire le attività economiche, l’esercizio delle libertà fondamentali, o per discriminare i non vaccinati tali perché esentati per ragioni mediche, o perché non rientranti tra i soggetti per cui era clinicamente necessario il vaccino, o perché non hanno avuto modo di essere vaccinati o, addirittura, perché hanno liberamente scelto di non farlo rispetto ai vaccinati.
Del resto, ciò emerge con estrema chiarezza dal punto n. 36 del suddetto Regolamento ai sensi del quale:
«It is necessary to prevent direct or indirect discrimination against persons who are not vaccinated, for example because of medical reasons, because they are not part of the target group for which the COVID-19 vaccine is currently administered or allowed, such as children, or because they have not yet had the opportunity or chose not to be vaccinated. Therefore, possession of a vaccination certiNicate, or the possession of a vaccination certiNicate indicating a COVID-19 vaccine, should not be a pre-condition for the exercise of the right to free movement or for the use of cross-border passenger transport services such
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Figura 6. Roma, Palazzo della Consulta, 1732-1737, progettato dall’architetto Ferdinando Fuga su commissione di papa Clemente XII. Dal 1955 è sede della Corte costituzionale.
as airlines, trains, coaches or ferries or any other means of transport. In addition, this Regulation cannot be interpreted as establishing a right or obligation to be vaccinated» [5].
In Francia, infatti, il green pass è stato pensato e utilizzato in modo differente, non venendo introdotto, per esempio, per gli ambienti lavorativi nonostante l’iniziale proposta del Governo di Parigi in tal senso poi ricondotto a pi ù miti consigli per l’infuriare di proteste e polemiche o per l’ingresso negli esercizi destinati alla ristorazione.
« […] con il ricatto della paura o della privazione dello stipendio e dei più elementari mezzi di sussistenza le masse odierne reagiscono con feedback positivi e non negativi, ubbidendo ai comandi dell’autorità anche quando questi sono contrari al diritto e all’umana dignità»
In Spagna è stato bocciato Sin dall’inizio in quanto considerato contrario ai principi costituzionali di quel Paese.
In Italia, invece, il green pass, introdotto con il DL n. 105/2021 del 23 luglio 2021 entrato in vigore il se-
guente 6 agosto 2021 [6], è stato non soltanto pubblicizzato dal Governo medesimo (all’epoca presieduto da Mario Draghi) come strumento necessario e indispensabile per la prevenzione del contagio, cosa palesemente falsa già con un giudizio ex ante, e manifestatasi ancor più falsa alla luce di un giudizio ex post, ma per di più è stato utilizzato in modo contrario a come era stato inizialmente previsto dal suddetto Regolamento Europeo, divenendo efSicientissimo strumento di discriminazione biopolitica, creando una maggioranza di vaccinati in grado di poter esercitare tutti i propri diritti costituzionali e fondamentali, e una minoranza di reietti non vaccinati a cui sono stati negati alcuni diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, come il lavoro, la circolazione, l’istruzione e, in taluni mostruosi casi, perSino l’assistenza sanitaria, poiché inibiti all’ingresso all’interno di strutture ospedaliere
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Figura 7. L’attrice Jessica Brown Findlay in una scena della serie televisiva Brave New World (2020), tratta dal romanzo omonimo di Aldous Huxley.
pur nell’evenienza della stretta necessità , come nel caso della paziente oncologica respinta da una nota struttura ospedaliera romana o come nel caso di una donna di Sassari alla quinta settimana di gravidanza, a cui è stata negata la visita nonostante l’emorragia e i dolori in corso, e che ha subı̀to un aborto spontaneo nel parcheggio dell’ospedale del tutto priva di ogni assistenza medico-sanitaria e umana.
Il green pass in Italia ha svolto, insomma, una triplice funzione: in primo luogo, ha introdotto un obbligo vaccinale generalizzato de facto, non volendo il Governo introdurre un pari obbligo di diritto per non assumersi una cosı̀ vasta responsabilità nei confronti dell’interezza della popolazione; in secondo luogo, ha introdotto un efSicacissimo strumento digitale di controllo biopolitico; in terzo luogo, ha chiarito che con il ricatto della paura o della privazione dello stipendio e dei più elementari mezzi di sussistenza le masse odierne reagiscono con feedback positivi e non negativi, ubbidendo ai comandi dell’autorità anche quando questi sono contrari al diritto e all’umana dignità
Qualcosa di spaventoso, dunque, soprattutto perché oramai costituisce un precedente su cui in futuro potranno essere approvati e perfezionati strumenti analoghi in vista della trasformazione dei legami sociali secondo lo schema cinese dei cosiddetti “crediti sociali”. La cosiddetta “patente digitale del cittadino
virtuoso” approvata di recente (settembre 2022) dal Comune di Bologna, dimostra tutto ciò con sufSiciente chiarezza e precisione.
Quasi alla Fine del suo lavoro, lei riporta parte dell’intervento di mons. Giampaolo Crepaldi pubblicato sul numero di gennaio-marzo 2021 del Bollettino di Dottrina Sociale della Chiesa. Mons. Crepaldi [7], citando il n. 46 dell’enciclica Centesimus annus, «la libertà è pienamente valorizzata soltanto dall’accettazione della verità», esamina appunto il legame tra libertà e verità relativamente alle limitazioni adottate durante il periodo dell’emergenza Covid, e avverte sulla possibilità che nuove emergenze «magari di tipo ecologico e ambientalistico» giustiFichino limitazioni della libertà e nuove forme di controllo. Perché secondo lei è un timore fondato?
Mons. Crepaldi è stato uno dei pochi coraggiosi del mondo cattolico in genere e degli uomini di Chiesa in particolare a far sentire la sua voce contro le bizzarrie e le nefandezze che sono state esibite durante il periodo di gestione della pandemia, e chi come me per formazione e coscienza ha sempre a cuore il rispetto della verità , che come insegna Benedetto XVI nella Caritas in veritate (n. 9) costituisce l’unica autentica forma di garanzia per la libertà e per lo sviluppo umano integrale [8], non cesserà mai di ringraziarlo abbastanza per questo suo coraggio in un periodo come quello pandemico in cui troppo spesso anche le autorità ecclesiastiche si sono troppo docilmente piegate alle ingiuste norme approvate dalle autorità civili.
Il mio è un timore fondato non soltanto perché come detto prima adesso c’è un precedente, e quindi da qui in poi siamo mentalmente predisposti ad accettare nuove simili prospettive ed eticamente e socio-politicamente pronti a subirle, ma per di più c’è chi già le teorizza in modo espresso, come accaduto, tra i tanti esempi possibili, e come infatti riporto al capitolo XIII del mio volume All’ombra del Covid-19 [9], con l’articolo pubblicato da Colin Drury su The Independent del 13 novembre 2021 [10] in cui si ipotizza la necessità che il Governo inglese al Sine di combattere l’emergenza climatica assegni delle quotecarbonio personali e mensili a ciascun cittadino inglese: entro quelle quote ciascuno sarà libero di muoversi, svolgere le proprie attività lavorative e ricreative; superata quella soglia i diritti fondamentali (lavoro, circolazione, istruzione, associazione ecc.) saranno come sospesi per evitare che il loro esercizio incida sulla crisi climatica; si potranno esercitare nuovamente il mese successivo quando si veriSicherà il re-start della propria quota-carbonio mensile.
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Figura 8. Mons. Giampaolo Crepaldi, vescovo emerito di Trieste, arcivescovo a titolo personale.
Insomma: l’utopia ambientalista che si trasforma in distopia eco-biopolitica e, in sostanza, il dell’emergenza pandemica di ieri trasformato in pass dell’emergenza ambientale o energetica di oggi o di domani.
Non credo si debba aggiungere altro per comprende re la gravità di quanto accaduto, per di pi nestare dei molti e con il sorprendente risti, bioeticisti e uomini di Chiesa a cui andr ta un domani non soltanto la responsabilit morale e umana di quanto occorso Sin qui, ma anche di quanto si delinea che possa accadere da qui in poi.
L'OMS deFinisce la salute come «stato di completo benessere Fisico, psichico e sociale e non sempli ce assenza di malattia». Lei confronta questa de Finizione utopistica, inarrivabile per l'essere umano, con la deFinizione data dallo storico della medicina Giorgio Cosmacini, il quale afferma: «La salute non è lo “stato di completo benessere co, mentale, sociale” sancito nel 1948 dall’OMS […]. È invece una costante naturale e una variabi le storica: come costante naturale essa comporta una continuità, ripetitività, ritmicità, regolarità di funzioni dell’organismo che rendono biologi camente simili fra loro l’uomo greco antico e l’uomo d’oggi; come variabile storica essa com porta invece una mutazione di fatti e d’idee, di concetti e di valori, che crea tra l’uno e l’altro uomo una dissimiglianza o discontinuità perce pibili in termini socioeconomici, culturali, menta li» [11]. Come si dovrebbe secondo lei intendere il concetto di salute, in modo che il giurista possa concretamente individuarlo e riconoscerlo come diritto?
Sicuramente la deSinizione dell’OMS, che peraltro risale oramai al 1948, pecca almeno di ottimismo, poich é personalmente non conosco nessuno, nemmeno il sottoscritto, che possa ritenersi in salute secondo quel paradigma coniato dall’OMS, perch é almeno tutti abbiamo quanto meno un malessere Sisico, mentale o sociale.
che poi dovrebbe essere il modo
di considerare indegna la
«Il diritto alla salute andrebbe sganciato da quella “cultura dello scarto”, per di più ammantata di umanitarismo (che come tale è sempre un falso umanesimo), giustamente più volte denunciata da papa Francesco, e riferito alla persona nella sua interezza»
Ci ò premesso, appunto, bisognerebbe capovolgere la prospettiva: non nel senso che la salute sia assenza di malattia, ma nel senso che l’uomo è in quanto creatura costitutivamente malato; la sua è una malattia che oltrepassa la materialità e la sua componente biologica; la sua è una malattia ontologica, poiché appunto il suo essere creatura lo delimita come strutturalmente Sinito, precario e sempre deSicitario. Alla luce di questo ca-
smo che opera in senso positivo chiedendo a ciascu no di essere sempre più prestante Sisicamente, mentalmente e socialmente (ecco perché la deSinizione dell’OMS è quanto meno ambigua prestando il Sianco alle attuali ideologie eugeniste e sostanzialmente anti-umane), e in senso negativo attraverso la diffusione di una cultura tanatocratica che richiede, anzi, esige la messa a morte dei soggetti non produttivi, delle cosiddette “vite indegne di essere vissute”, come per esempio il feto malato, il neonato malformato, il paziente cronico, il malato terminale, l’anziano o il soggetto che in virtù dei parametri socio-economici è da ritenersi non sufSicientemente o non più produttivo.
La diffusione della mentalità eutanasica è la conseguenza più diretta in tal senso.
Il diritto alla salute, dunque, andrebbe sganciato da quella “cultura dello scarto”, per di più ammantata di umanitarismo (che come tale è sempre un falso umanesimo), giustamente più volte denunciata da
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Figura 9. Giorgio Cosmacini, medico e storico della medicina.
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papa Francesco, e riferito alla persona nella sua interezza, nella sua integralità , nella sua pienezza, non come soggetto perfetto o perfettibile, ma proprio come ente per natura imperfetto.
Il giurista, dunque, dovrebbe tutelare sempre e comunque il diritto alla salute, a prescindere dai criteri di efSicienza produttiva che la società stabilisce, a prescindere dall’ideologia tanatocratica che si afferma, a prescindere da tutte quelle circostanze che sono extragiuridiche in quanto poste al di fuori o perSino contro l’indisponibile elemento personale che fonda, o quanto meno dovrebbe fondare, il diritto alla salute.
Anche in questo caso la pandemia è stato un banco di prova eccellente, come indicano gli speciosi casi di mancata assistenza sanitaria che ho citato prima.
InFine, una domanda che mi sta particolarmente a cuore e si riallaccia al tema con il quale abbiamo iniziato l’intervista. Theriaké cerca di mettere in dialogo i diversi saperi, nel rispetto dell’autonomia e dello statuto epistemologico di ciascuna disciplina, ritenendo che soltanto in questo modo sia possibile, per ciascun ambito della conoscenza, partecipare alla formazione umana e contribuire all’armonia delle diverse strutture sociali.
Ciò si lega per certi versi al principio di sussidiarietà, dato che il singolo individuo non può da solo soddisfare tutte le proprie necessità, e dunque deve appunto fare riferimento alle strutture sociali, perché diano di volta in volta una risposta al suo bisogno di salute, di istruzione, di sicurezza, di giustizia, solo per citarne alcuni.
AfFinché davvero questo accada, occorre che i diversi attori della società si riconoscano reciprocamente e possano operare in autonomia. Da quello che si è visto negli ultimi tre anni, e dal modo in cui è stata gestita la comunicazione anche quella scientiFica , sembra che molti tecnici non si preoccupino più di tanto di dare un fondamento teoretico alla propria attività, e di riconoscere l’importanza delle discipline diverse dalla propria.
Conta qualcosa, secondo lei, nella formazione di un giurista occuparsi del fondamento FilosoFico della sua disciplina? E conta qualcosa nella formazione di uno scienziato comprendere il quadro epistemologico entro cui si colloca il suo ambito di studio?
Domanda fondamentale, ricca e densa, e francamente molto complessa a cui si può dare in questa sede, ovviamente, soltanto una risposta per approssimazione.
per almeno due ordini di ragioni differenti, ma complementari.
In primo luogo: se il sapere è davvero se stesso non può che essere razionale e se è tale non può che usare la ragione, cioè lo strumento universale per eccellenza; non si possono dare, quindi, ambiti della realtà in cui la ragione è esercitabile e altri in cui ne resta esclusa.
In secondo luogo: se il sapere è davvero tale non può che riguardare la persona sempre e comunque e la persona è ben più del corpo umano o della sua anima, poiché è unione e sintesi di materia e spirito; alla luce di ciò sono essenziali tanto i saperi cosiddetti “duri” (matematica, Sisica, biologia, chimica, ecc.) quanto quelli cosiddetti “umanistici” (diritto, letteratura, SilosoSia, teologia ecc.).
Pensiamo ai grandi: Michelangelo, per esempio, aveva una perfetta conoscenza tecnico-matematica che gli consentı̀ di realizzare i capolavori che tutti conosciamo, ma che però non si esauriscono nella loro perfezione tecnica, in quanto parlano all’animo umano, cioè a ciò che costituisce la persona, ovvero la sua coscienza.
Tutto questo oggi è disatteso dall’ideologia tecnicistica e scientistica per la quale solo il pensiero calcolante è l’unico degno di ricevere pubblica investitura di utilità
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Figura 10. Francesco Carnelutti, 1879-1965, avvocato e giurista.
Ecco perché , purtroppo, ahinoi, la gran parte degli esponenti della cosiddetta comunit à scienti S ica odierna esclude aprioristicamente il confronto con le scienze umane, ma è proprio questo che ne squaliSica la dignità . Coloro che praticano i saperi scientiSici, oggi, non sono nella maggior parte dei casi autentici scienziati sia perché credono che la scienza sia infallibile, cosa che non è , sia perché appunto credono che sia assoluta, cosa che non è nemmeno.
La gran parte di coloro che oggi studiano o lavorano nell’ambito scientiSico sono sostanzialmente dei meccanici, spesso bravissimi, ma nulla di più ; il fatto che io sappia o possa montare e smontare a occhi chiusi una Ferrari (come del resto una molecola) non mi rende un pilota in grado di saper vincere le corse in pista. Oggi abbiamo tantissimi grandi meccanici, ahinoi, privi di patente: sono essi veri scienziati dunque?
Analogamente vale per i giuristi. Uno dei Maestri della sapienza giuridica (locuzione oggi desueta che ha ceduto il passo a quella più efSiciente di “scienza giuridica”) come Francesco Carnelutti ha insegnato che «il problema del diritto non si esaurisce con la formazione dei comandi e, in particolare, delle leggi» [12], poiché c’è dell’altro, c’è di più , c’è tutta una dimensione che i giuristi devono considerare da esplorare oltre ciò che l’autorità ordina e oltre ciò che la lettera della legge prescrive. A voler essere precisi e voler prendere seriamente le parole di Carnelutti, potremmo osare dicendo che lo spazio del giurista comincia proprio laddove termina quello del comando o della legge, in quanto il giurista non è un meccanico applicatore delle norme e in quanto le norme che il giurista è chiamato ad applicare potrebbero essere norme ingiuste, contrarie all’essere umano come più volte nella storia si è ampiamente dimostrato e quindi sostanzialmente antigiuridiche esse stesse; che giurista sarebbe quello che applicasse norme antigiuridiche poiché antiumane?
Certo, se la maggior parte dei giuristi oggi avesse questa consapevolezza, tante delle cose accadute sotto la rispettabile forma della legge durante la pandemia non avrebbero potuto veriSicarsi e noi oggi parleremmo d’altro.
Purtroppo cosı̀ non è , ed è anche per questo che mi sono sentito in dovere di scrivere il volume sulla pandemia, per ricordare quanto dell’umano e quanto del giuridico essa ci ha tolto con tanta, Sin troppa, facilità , proprio a causa della classe dei giuristi che pensano di essere tali, ma che invece sono diventati soltanto dei semplici “meccanici del potere”, cioè , appunto, dei legulei.
Contro tali deviazioni soltanto l’approccio SilosoSico può essere utile, ma anche questo non è per tutti, perché richiede, come Socrate ha insegnato, di riconoscere proprio ciò che non si sa, mentre il giurista
di oggi è più propenso ad esibire la propria saccenteria che a confessare la propria ignoranza.
Bibliografia, riferimenti normativi e note
1. Vitale A.R., All’Ombra del COVID-19. Guida critica e biogiuridica alla tragedia della pandemia. Il Cerchio, 2022.
2. Ivi, pp. 177-178; Tupini U. (DC), 5 marzo 1947 l’Assemblea costituente prosegue la discussione generale del progetto di Costituzione della Repubblica italiana; Medi E. (DC), 6 maggio 1947, nella seduta pomeridiana, l’Assemblea costituente prosegue la discussione generale del Titolo terzo della Parte prima del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
3. Cfr. Passerin-d’Entreves A., Obbedienza e resistenza Edizioni di Comunità , Roma, 2018, pp. 64-65.
4. Gazzetta UfSiciale 1a Serie Speciale - Corte costituzionale n. 7 del 15-2-2023. N. 14 Sentenza 1 dicembre 2022 - 9 febbraio 2023, p. 1; N. 15 Sentenza 1 dicembre 2022 - 9 febbraio 2023, p. 21; N. 16 Sentenza 1 dicembre 2022 - 9 febbraio 2023, p. 49. https://www.gazzettaufSiciale.it/ gazzetta/corte_costituzionale/caricaDettaglio?dataPubblicazioneGazzetta=2023-02-15&numeroGazzetta= 7
5. Regolamento UE 953/2021, n. 36, sottolineatura nostra. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/ PDF/?uri=CELEX:32021R0953&from=IT
6. Gazzetta UfSiciale, Serie Generale, anno 162, n. 175, DL 23 luglio 2021 n. 105, p. 1. https://www.gazzettaufSiciale.it/eli/gu/2021/07/23/175/sg/pdf
7. Crepaldi G., Difendere e promuovere la vera libertà. Bollettino di Dottrina Sociale della Chiesa, n. 1 anno XVII, pp. 3-4.
8. Cfr. Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, n. 9, AAS 101 (2009), p. 646.
9. Vitale A.R., op. cit., pp. 289-290.
10. Drury C., Should everyone have their own personal carbon quota? Calls grow for emissions allowances. The Independent, 13 novembre 2021. https://www.independent.co.uk/climate-change/news/personal-carbonallowance-trading-climate-crisis-b1956705.html
11. Cosmacini G., L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità a oggi. Editori Laterza, 3 ed. 2016, pp. 390-391.
12. Carnelutti F., Come nasce il diritto. Edizioni Radio Italiana, Torino, 1954, p. 39.
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Per una storia degli artisti dimenticati
La pluralit che contraddistingue tutta la nostra realtà sociale, che seppur frammentata viene ricomposta in mille Dluidi frammenti parcellizzati e a loro volta ricomposti in altri miscugli ibridi di narrazioni storiograDiche, in qualche modo è elusa se non addirittura nascosta. Sbandierata come dimensione auspicabile di un mondo globale, la pluralità è nello stesso tempo nascosta come vero segno di contraddizione di quel medesimo progetto globalista.
Infatti, la pretesa di narrare un mondo dinamico, progressivamente indirizzato verso un futuro festoso
ed una ideologica quanto ipotetica possibilit cità vista come un diritto inalienabile del contemporaneo, poi si frantuma nella realtà dei fatti. Di fatto viene narrata una sola dimensione artistica, come espressione unica ed univoca della realtà globalizzata dell’arte, mentre ne contiamo tante, ne vediamo agire molte e tutte parallelamente vivono nella medesima quotidianità come espressione necessitata di una appartenenza o di una visione del mondo e delle cose.
Se osserviamo bene, se scaviamo meglio tra le pagine patinate del mondo rutilante del mercato, cosı̀ come ce lo ha raccontato tante volte ed anche ultimamente
Delle Arti
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 44 – Marzo – Aprile 2023 20
Figura 1. , 1964. Polimeri sintetici e inchiostro serigrafico su legno, 43,3 x 43,2 x 36,5 cm. New York, Museum of Modern Art (MoMA).
Rodolfo Papa, PhD. Pittore, scultore, teorico, storico e Dilosofo dell'arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Accademico Ordinario della PontiDicia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Docente di Arte Sacra, Tecniche Pittoriche nell’Accademia Urbana delle Arti. Presidente dell'Accademia Urbana delle Arti.
docente di Storia delle teorie estetiche, Storia dell’Arte Sacra, Traditio Ecclesiae e Beni Culturaia dell’Arte Sacra (Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant'Apollinare, Roma; Master II Livello di Arte e Architettura Sacra della Università Europea, Roma; Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; PontiDicia Università Urbaniana, Roma; Corso di Specializzazione in Studi Sindonici, Ateneo PontiDicio Regina Apostolorum). Tra i suoi scritti si contano circa venti monograDie, molte delle quali tradotte in più lingue e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; “Espiritu”; “La Società ”; “Rogate Ergo”; “Theriaké ” ).
Collaborazioni televisive: “Iconologie Quotidiane” RAI STORIA; “Discorsi sull’arte” TELEPACE.
Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San PanDilo, Sulmona; Chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma; Monastero di Seremban, Malesia; Cappella del Perdono, SS. Sacramento a Tor de'schiavi, Roma …)
Achille Bonito Oliva [1], ci accorgiamo delle contraddizioni di un mondo che consiste in una antica impalcatura nata secoli fa in alternativa alla dipendenza dal sistema delle commesse artistiche dirette, con l’aspirazione, forse, di essere inclusivo ed alternativo: dopo molta strada fatta e tante ideologie inglobate e normalizzate, il “sistema del mercato dell’arte” è ormai esclusivo, ideologico e contraddittorio. Privo di una deDinizione del concetto di arte, per apparente inclusività , il “mercato dell’arte” è sempre più monodimensionale, si è , dunque, appiattito alla sola dimensione del “proDitto” e del lancio di prodotti “politicamente corretti” “ecosostenibili” e sempre alla moda (del momento).
Se invece osserviamo la realtà viva e dinamica dell’arte come espressione libera in una società plurale, ci accorgiamo che le realtà sono tante e descrivibili in un contesto che le connota realmente in una dimensione di “relazione biunivoca tra sistema d’arte e weltanschauung” [2].
Ogni forma artistica, infatti, si presenta in relazione “biunivoca” ad una visione politica, ideologica o religiosa che la determina, che l’ha scelta e che la costruisce. Come ho mostrato, ad esempio, nell’analisi critica delle Brillo box di Andy Wahrol [3], l’oggetto di consumo viene interpretato come simbolo di eguaglianza politica, tanto da far coincidere la nuova dimensione cultuale della religione del consumo nella mimesi
totalizzante dell’oggetto artistico con l’oggetto di consumo, al punto tale che l’opera d’arte diviene essa stessa consumo che consuma sé stessa. Ma questo, ovviamente, non è il solo caso plateale di questa condizione artistica della contemporaneità Mario Costa nel 2020 ha pubblicato un bel libro dal titolo molto esplicito Ebraismo e arte contemporanea. Clement Greemberg, Arthur Danto, Isidore Isou, Abraham Moles per i tipi della Mimesis. La tesi sostenuta nel testo è molto interessante e culturalmente importante per comprendere realmente la dimensione plurale dell’arte nella contemporaneità . Infatti, Costa mostra come la vera e profonda necessità di realizza-
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Figura 2. Andy Warhol, Brillo Box (Soap Pads), 1964. Polimeri sintetici e inchiostro serigrafico su legno, 43,3 x 43,2 x 36,5 cm ogni scatola. New York, The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc.
re una vera arte ebraica abbia stimolato DilosoDi, critici ed artisti ebrei a riDlettere più approfonditamente sul tema del superamento e, se possibile, dell’eliminazione di ogni possibilità di idolatria secondo quanto richiamato dalla Halakhah, ovvero il precetto biblico di non fare idoli.
Il testo è interessantissimo non solo perché mette in relazione il pensiero della DilosoDia dell’arte dei principali critici ebrei contemporanei con le grandi teorie dell’arte nella contemporaneità , ma appunto ne legittima giustamente la necessità di una visione identitaria dell’arte nello sviluppo del pensiero ebraico. In altre parole, la giusta necessità culturale e religiosa di una componente importante del mondo contemporaneo ha rivendicato e rivendica il diritto di pensare un sistema d’arte adatto per permettere l’espressione artistica e allo stesso tempo il rispetto del divieto fondamentale di farsi idoli. Direi che questo caso sia veramente fondamentale per comprendere la pluralità nella contemporaneità . La dimensione
“aniconica” tipica dell’arte ebraica e islamica e di alcune confessioni cristiane protestanti, ovviamente declinata secondo necessità interne e secondo varie riDlessioni DilosoDiche e teologiche, ha determinato una parte consistente della produzione artistica nella contemporaneità , ma non sono le sole forme presenti nel mondo plurale e globale occidentale moderno e contemporaneo. Abbiamo assistito, infatti, dal Settecento in poi, ad una serie considerevole di tentativi di revival diacronici di volta in volta ispirati a questa o quella antica religione, neoclassico, neoellenico, neoromano, neoceltico, e poi anche a revival diatopici ispirati a religioni extra europee, che pian piano hanno introdotto non solo le forme ma anche i culti religiosi stessi. Da qui, da questi primi movimenti centrifughi, nella ricerca di spazi di libertà , di volta in volta si sono fatti rivivere tutti i sistemi d’arte che da sempre l’uomo conosce come forme espressive in relazione al culto praticato: aniconico, informale, astratto, performativo si sono afDiancati a quello che la tra-
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Figura 3. Lá szló Moholy-Nagy, AII (Construction AII), 1924, olio e grafite su tela. Solomon R. Guggenheim Museum, New York Solomon R. Guggenheim Founding Collection.
dizione cristiana aveva scelto come proprio, il Digurativo. Artisti appartenenti a varie religioni erano Dinalmente liberi di praticare il proprio culto religioso, la propria appartenenza a quella determinata religione, a quel sottogruppo o a quella setta costruendo di volta in volta la forma d’arte adatta per esprimere il senso cultuale e la weltanschauung proprie.
La libertà di ricerca, la libertà d’espressione, la libertà di confessione e di culto non solo sono legittime, ma giuste se si vuole ediDicare un mondo di convivenza che sia anche veramente plurale.
Ma qui, a questo punto si creano confusioni, si intricano le cose al punto tale da confondere mezzi e Dinalità . L’idea, confusamente concepita, di progresso si mescola con varie altre forme ideologiche, materialismo, storicismo, idealismo, naturalismo ecc., rendendo di fatto una azione, in sé tanto semplice quanto giusta, ideologicamente inadeguata. In altre parole, se l’idea di libertà aveva una giustezza implicita, la sua applicazione pratica è divenuta alla Dine illiberale. Infatti, da molte parti si è assistito all’attacco al sistema d’arte Digurativo, che nel corso dei secoli il cristianesimo ha costruito in relazione al proprio “credo”. Dichiarare la narrazione e la Digurazione del Sistema d’arte cristiano come anacronistica e sorpassata, e quindi in ultima analisi illegittima, è un vero e proprio segno di illiberalità culturale e religiosa. Non solo, ma far coincidere tutta la modernità e la contemporaneità solo con una parte della cultura esi-
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Figura 4. Vassily Kandinskij, Giallo, rosso, blu, 1925, olio su tela, Musé e national d'art moderne, Parigi.
Figura 5. Robert Rauschenberg, Parsons’ Live Plants Ammonia (Cardboard), 1971, collezione privata.
stente e dimenticandone volutamente un’altra, è scorretto politicamente, sbagliato culturalmente ed erroneo metodologicamente e storicamente. Tutto va annotato e tutto va studiato.
Costa nella conclusione del libro [4] però esagera i termini della questione nel proporre una totalizzazione del pensiero critico ebraico con l’intero orizzonte dell’arte contemporanea quando scrive: «la storia dell’arte contemporanea è stata quale il lavoro sotterraneo delle esigenze religiose ebraiche l’ha voluta» [5] o ancora «l’espressionismo astratto era ancora poco, troppo poco. Era la natura stessa dell’arte, con la sua aura, che doveva essere cambiata»
[6] e prosegue «tutta l’arte contemporanea non è altro, dunque, che il molteplice, differenziato e oggettivo sforzo di adeguare l’arte occidentale alle esigenze dell’ebraismo e di ediDicare delle “arti” che, ciascuna a suo modo e per proprio conto, rispettassero l’Halakhah» [7] ed in Dine conclude scrivendo
«ma ormai, con tutto questo, la diga era rotta. Quello che è avvenuto dopo lo sappiamo: il proliferare delle centinaia di migliaia di artisti che ripetono un frammento o l’altro di queste “neo-avanguardie” e fanno gli artisti per professione, o gli affari miliardari perpetrati sul nulla da un sistema che nessuno potrà abbattere. Ma, come ab-
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Figura 6. Johannes Itten, "Education is revelation that affects the individual.” Gotthold Ephraim Lessing, The Education of the Human Race, 1780. From the series Great Ideas of Western Man, 1966, oil and pencil on canvas, 31 1/2 x 31 5/8 in. (80.0 x 80.4 cm.), Smithsonian American Art Museum, Gift of Container Corporation of America, 1984.124.126.
biamo visto, c’era anche un altro modo per scansare i divieti: quello che produce la tecnologia non può mai diventare un idolo! Ev la grande intuizione di Benjamin: la tecnologia liquida l’aura, abbatte l’idolo ed elimina la possibilità dell’idolatria Ev la via sulla quale si erano messi, prima ancora che Benjamin la indicasse, Gabo e Moholy Nagy, ed è la via che farà dell’arte una “cosa del passato”, e porterà , ad un tempo, alla nuova categoria estetica e antropologica del sublime tecnologico. Dietro a tutto questo c’era l’urgenza della tecnologia di liquidare il mondo umano e farsi il suo mondo, e, come abbiamo già detto, è toccato agli ebrei fare il suo gioco» [8].
L’esagerazione di Costa si iscrive all’interno della modalità ormai consolidata di una narrazione monocorde del reale. Tutto è ad una sola dimensione. Certamente le riDlessioni DilosoDiche e critiche di alcuni importanti pensatori contemporanei appartenenti in vario modo al pensiero ebraico (alcuni sicuramente e dichiaratamente atei, altri meno) hanno legittimamente contribuito alla ediDicazione di un “sistema d’arte” che rispondesse alla weltanschauung ebraica, ma non sono i soli che contribuiscono alla costruzione di una società “plurale”. Sono molti gli artisti appartenenti ad altre religioni, come per esempio Itten [9], sacerdote della società internazionale Mazdeista, e Kandinsky [10], membro importante della Società TeosoDica fondata da Madame Blavadsky, solo per nominare due famosissimi esponenti fondatori di “Sistemi d’arte” alternativi al Digurativo cristiano, dei primi del XX secolo; ma anche architetti come Le Corbusier, che realizza chiese come la Chapelle de Ronchamp con lo scopo di realizzare un tempio solare arcaico e non certo una chiesa cattolica [11]. Su questo tipo di esempi si potrebbe proseguire a lungo e mostrare come nella realtà dei fatti i “sistemi d’arte” siano stati tutti rilanciati nella contemporaneità con il giusto intento di dare voce alle varie forme di fede ormai compresenti in tutto l’Occidente. Ma questo non mostra in alcun modo il progetto di
superamento progressivo e progressista del “Sistema d’arte cattolico” che invece si fonda legittimamente sull’Incarnazione, morte e Risurrezione di Cristo ed ha come prototipo iconograDico il “volto di Cristo” ovvero la “vera icona”.
Una storia dell’arte che abbia una visione anti-Digurativa come principio selettivo, sarebbe accusabile di “razzismo”, di discriminazione su base religiosa o ancor peggio di grave mancanza metodologica. Di
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Figura 7. Yves Klein, Monochrome bleu sans titre (IKB 129), 1959; pigmento puro e resina sintetica su garza montata su tavola, 15,5 x 40 cm; Ulm, Ulmer Museum. © Succession Yves Klein c/o ADAGP Paris.
Figura 8. Mark Rothko, No. 8, 1949, olio e tecnica mista su tela, 228,3 x 167,3 cm, Washington, National Gallery of Art.
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Figura 9. Charles-Ex douard Jeanneret-Gris, detto Le Corbusier, Chapelle Notre-Dame du Haut, 1953-1955, Ronchamp, Haute-Saô ne.
fronte ad una opera d’arte Digurativa e narrativa contemporanea non si può in alcun modo dire che “non sia arte”. L’arte è plurale, in una condizione sociale composita come l’attuale società , che vede decine di religioni tradizionali, nuove religioni, sette, ibridazioni di ogni genere e ideologie in vario modo combinate una al Dianco dell’altra. Ognuno è legittimato a esprimersi secondo le proprie ragioni, credenze e visioni del mondo, senza per questo poter pensare di imporre agli altri la propria deDinizione di arte. L’epoca dell’arte “assoluta” [12] è terminata da molto tempo e una corretta storiograDia deve impegnarsi a rendere ragione di tutta la pluralità delle forme artistiche.
3. Papa R., La mimesi del consumo. “ArteDossier”, n. 406 febbraio 2022, pp. 26-31.
4. Costa M., Ebraismo e arte contemporanea. Clement Greemberg, Arthur Danto, Isidore Isou, Abraham Moles. Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2020, pp. 151-161.
5. Ivi, p. 151
6. Ivi, p. 154
7. Ivi, p. 160
8. Ibid., pp. 160-161.
9. Cfr. Papa R., ICONOLOGIE QUOTIDIANE, Johannes Itten, Seconda stagione, VI puntata, visibile su RaiPlay. https:// www.raiplay.it/video/2022/09/Iconologie-QuotidianeJohannes-Itten-2e18970d-b23d-4012-b1eb-2092e Db0e9eb.html
10. Cfr. Papa R., ICONOLOGIE QUOTIDIANE, Wassily Kandinsky, Terza stagione, VII puntata, visibile su RaiPlay. https://www.raiplay.it/video/2022/09/Iconologie-Quotidiane-Wasilij-Kandinskij-pt7-d2f62721-ebec-43e0a7ec-8c45497db71e.html
Bibliografia
1. Cfr. https://artslife.com/2023/02/20/larte-non-esisteesiste-il-sistema-dellarte-il-viziaccio-del-veteromarxistabonito-oliva/
2. Papa R., Discorsi sull’arte sacra. Cantagalli, Siena 2012 pp. 69-115.
11. Cfr. Papa R., ICONOLOGIE QUOTIDIANE, Le Corbusier, Seconda Stagione, VII puntata, visibile su RaiPlay. https://www.raiplay.it/video/2022/09/Iconologie-Quotidiane-Le-Corbusier-e54f5b21-6787-4ac4-a056a6414bc47018.html
12. Papa R., RiUlessioni UilosoUiche su arte, religioni ed ateismo. “Espı̀ritu” LXX (2020) 160, pp. 195-220.
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Figura 10. Mark Rothko, The Rothko Chapel, 1964-71. Complesso di 14 dipinti (tra cui 3 trittici), olio su tela. Houston, Texas (Usa).
Roccaforte di armonie
La chiesa del SS. Salvatore a Palermo, un presidio per difendersi dalla gnosi spuria
Ciro Lomonte
«Giudico in quanto Uomo i corpi, in quanto Dio i cuori»
La chiesa del Santissimo Salvatore è un gioiello ediHicato dalla fede nel cuore della neapoli sicano fenicia. L’architettura si affaccia sull’antica plateia palermitana, ai bordi di uno dei quattro mandamenti, quello meridionale, denominato Palazzo Reale.
Originariamente sorse come luogo per le celebrazioni di rito greco cattolico del monastero delle monache basiliane, voluto da Roberto il Guiscardo nel 1072, subito dopo la liberazione di Palermo dagli emiri islamici. L’istituzione religiosa fu successiva-
mente protetta e beneHiciata dal Higlio del fratello di Roberto, re Ruggero II di Sicilia. Il primo capolavoro architettonico di quest’ultimo, da un punto di vista cronologico, è il Duomo del SS. Salvatore (la Cattedrale della TrasHigurazione), ediHicato a Cefalù . Lı̀, sulla cornice dell’arco delimitante il catino absidale, in relazione al racconto evangelico della TrasHigurazione, corre questa epigrafe: FACTUS HOMO FACTOR HOMINIS FACTIQUE REDEMPTOR – IUDICO CORPOREUS CORPORA CORDA DEUS. Costituisce una sorta di chiosa teologica alla Higura del Pantocratore: “
Fattomi uomo Io il Creatore dell’uomo e Redentore della mia creatura giudico in quanto Uomo i corpi, in quanto Dio i cuori”. Rileggere queste parole è tanto più signiHicativo quanto più l’arte contemporanea spiri-
Cultura
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Figura 1. Ingresso della chiesa del SS. Salvatore, Palermo.
Ciro Lomonte (Palermo 1960) è un architetto, personaggio pubblico e politico, esperto in arte sacra.
Dopo la maturità ha studiato presso le facoltà di architettura dell’Università di Palermo e del Politecnico di Milano.
Dopo la laurea ha iniziato a lavorare presso studi privati di architettura; in uno di essi conobbe l’architetto Guido Santoro, con il quale strinse amicizia e sodalizio professionale.
Dal 1987 al 1990 ha partecipato all’elaborazione del piano di recupero del centro storico di Erice.
Nel 1988 inizia le sue ricerche nel campo dell’arte sacra. Ha partecipato alla rideHinizione di molte chiese, in particolare Maria SS. delle Grazie a Isola delle Femmine, Maria SS. Immacolata a Sancipirello, Santo Curato d’Ars a Palermo ed altre. Attualmente, insieme a Guido Santoro, sta adeguando l’interno della chiesa di Santa Maria nella città di Altofonte vicino Palermo.
Dal 1990 al 1999 ha diretto la Scuola di Formazione Professionale Monte Grifone (attuale Arces) a Palermo.
Dal 2009 è docente di Storia dell’Architettura Cristiana Contemporanea nel Master di II livello in Architettura, Arti Sacre e Liturgia presso l’Università Europea di Roma.
Nel 2017 e nel 2022 è stato candidato sindaco di Palermo per il partito indipendentista Siciliani Liberi, di cui è stato eletto Segretario Nazionale nel 2018.
Ef autore e traduttore di numerosi libri e articoli dedicati alla architettura sacra contemporanea.
Nel 2009, insieme a Guido Santoro, ha pubblicato il libro “Liturgia, cosmo, architettura” (Edizioni Cantagalli, Siena).
tualista, Higlia della gnosi spuria della Società TeosoHica, attenta all’integrità dell’arte sacra con forme di “cannibalizzazione” sadica, più o meno rituali. Nel 1997 venne commissionato ad Arnaldo Pomodoro un portone di bronzo per l’ingresso principale dal nartece del Duomo di Cefalù . Lo scultore elaborò in tempi brevissimi un modellino con il quale, ancorché si deHinisse ateo, rappresentava la versione docetista della TrasHigurazione: in quella occasione Gesù avrebbe manifestato ai tre apostoli presenti che il suo corpo era apparenza, perché la materia sarebbe in realtà un’emanazione per caduta dall’Uno all’origine di tutto. Quanto di più lontano si possa immaginare dalla Rivelazione cristiana.
Torniamo a Palermo. Si dice che la Higlia postuma di Ruggero II, Costanza d’Altavilla, si sarebbe ritirata nel monastero palermitano in quanto nessuno l’aveva ancora presa in moglie ed era già troppo matura per convolare a nozze secondo le consuetudini dell’epoca. Che fosse stata educanda del monastero, monaca professa, inHine badessa, è da provare, corrisponde di più alla leggenda nera elaborata intorno al Higlio. Pare piuttosto che la principessa fosse costretta dal nipote Guglielmo II ad abbandonare il suo buon ritiro per motivi dinastici e politici. Fu data in sposa all’imperatore Enrico VI di Svevia. Dall’unione delle casate Altavilla ed Hohenstaufen nacque Federico Ruggero, lo stupor mundi. Anche di S. Rosalia si dice che fosse monaca di questa comunità , senza alcuna prova.
L’imperatore Federico II, dopo il monastero di San Teodoro, il monastero di San Matteo al Cassaro, il
monastero di Santa Maria di Loreto, associò al monastero del Santissimo Salvatore il monastero di Santa Maria dell’Itria detto «della Pinta». Il re Martino I di
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Figura 2. Arnaldo Pomodoro, modello per il portale di bronzo del Duomo di Cefalù
Sicilia fregiò chiesa e monastero col titolo di «Regio» ponendo le strutture sotto il «Regio Patronato».
Nel 1501 il monastero passò alle monache benedettine, di rito latino. Nel 1528 l’antica chiesetta siculo normanna venne totalmente riediHicata e ingrandita. La nuova architettura, di cui restano seminascoste alcune eleganti colonne, era sviluppata in tre navate, con tre cappelle per lato e l’abside fra le due cappelle minori. Il prospetto era rivolto ad oriente, sull’attuale salita del Santissimo Salvatore.
I migliori architetti dell’epoca barocca
Nel 1682 i cospicui lasciti e le rendite del monastero consentirono di partecipare a quella gara in corso in Sicilia per realizzare le architetture barocche più belle, una più espressiva dell’altra. Il nuovo tempio avrebbe dovuto essere eloquente, nobilitato dall’ingresso diretto sull’asse principale della città . L’ulteriore riconHigurazione ed ingrandimento vennero afHidate a Paolo Amato, architetto originario di Ciminna. I lavori iniziarono immediatamente. Durante lo scavo delle fondazioni furono rinvenuti numerosi reperti archeologici, soprattutto monete.
Coadiuvato dal capomastro Giuseppe D’Amato, il progettista seguı̀ personalmente la realizzazione Hino al
1685, anno in cui subentrò l’architetto gesuita Angelo Italia. Questi, fedele al progetto originario, diresse la realizzazione delle due cappelle presso l’ingresso e della facciata, iniziata nel 1687. Nel 1689 ad Angelo Italia si avvicendò nuovamente Paolo Amato che realizzò le due cappelle maggiori alle estremità dell’asse minore della chiesa, il cupolino sul presbiterio e nel 1694 la cupola centrale, la loggetta e le nicchie sulla facciata.
Nel 1700 la nuova costruzione era pronta. Nel 1704 la chiesa venne consacrata, ma risultava mancante di gran parte della decorazione interna, eseguita lungo tutto l’arco del Settecento. La sontuosità e la magniHicenza dell’apparato simbolico determinarono la lentezza nella prosecuzione dei lavori: alla morte di Paolo Amato avvenuta nel 1714, la gran parte delle decorazioni risultava ancora incompiuta. Nel 1721 Giacomo Amato assieme a Gaetano Lazzara disegnò l’altare maggiore della chiesa, andato in seguito distrutto. I gravi dissesti procurati dal «Terremoto di Terrasini» del 1726, costrinsero a progettare un intervento di consolidamento della cupola e delle altre strutture, in quanto del terreno si era rilevata l’inadeguatezza a sostenere un ediHicio di mole tanto imponente.
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Figura 3. Duomo del SS. Salvatore, Cefalù (PA)
spinte della calotta e di preservarla dalle inHiltrazioni pluviali che minacciavano la decorazione pittorica, gli stucchi, gli intarsi marmorei. Nello stesso anno ebbe inizio la decorazione dell’interno da parte di Vito D’Anna, che realizzò l’immensa Apoteosi di San Basilio, oggi molto frammentaria e deteriorata.
Nel 1782 Andrea Giganti seguı̀ la realizzazione dei pavimenti marmorei della Cappella di San Basilio a sinistra e della Cappella di Santa Rosalia a destra. L’ultimo intervento di rilievo fu la messa in opera del pavimento della grande aula centrale, realizzato nel 1856 sotto la direzione di Giuseppe Patricolo.
Dalla gioia alla tragedia e ritorno Palermo è una città teatrale, a partire dalle sue più remote origini. I suoi abitanti sono allo stesso tempo inclini alla recitazione ed appassionati agli spettacoli. Fino a duecento anni fa, per millenni, questi talenti si manifestavano coerentemente con la natura giocosa e profondamente allegra del popolo siciliano. Poi le pressioni esterne lo hanno costretto ad un umorismo lugubre e sguaiato.
Il SS. Salvatore fu vittima di tre eventi tragici. Il primo fu la soppressione degli ordini religiosi, nel 1866, e l’emanazione delle leggi eversive, in base alle quali il complesso divenne proprietà dello Stato Italiano “unitario” ed il patrimonio librario conHluı̀ parzialmente nelle strutture della Biblioteca comunale di
Casa Professa (complesso sottratto ai gesuiti). Questi provvedimenti – che impoverirono i cittadini paler-
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Figura 5. Loggiato ed estradosso della cupola.
mitani, già esasperati dalla dominazione italiana – contribuirono allo scoppio plebiscitario della Rivolta del Sette e Mezzo, a settembre di quello stesso anno, repressa con una ferocia animalesca. Il secondo episodio è quello dei violenti bombardamenti aerei del 1º marzo e del 9 maggio 1943, prima dello sbarco degli alleati, che colpirono l’ediHicio e distrussero quasi totalmente l’interno. Non ebbero scampo le decorazioni marmoree, a stucco e a fresco, comprese quelle della cupola. Il monastero subı̀ la quasi totale distruzione. La sua facciata, realizzata da Andrea Palma nel 1724, comprendeva una loggia belvedere sull’asse principale della città . Fu ricostruita informe e desolante a metà del Novecento, come la si vede adesso. Del vastissimo isolato alcune sezioni, tra le quali spicca il loggiato settecentesco, sono inserite all’interno dell’orribile complesso scolastico “Regina Margherita”.
La terza vicenda tragica è quella dei restauri postbellici, ma soprattutto devastante è stato l’adattamento ad Auditorium. Dopo i restauri statici eseguiti a cura del Genio civile di Palermo nell’immediato dopoguerra, la chiesa (già da più di ottant’anni proprietà del Fondo Edilizia per il Culto) rimase priva del pavimento d’intarsio marmoreo e delle pregevolissime decorazioni parietali in bassorilievi e intarsi di marmi policromi. La Soprintendenza ai monumenti della Sicilia occidentale provvide al ripristino con i criteri cosiddetti “scientiHici” (in realtà ideologici, obbedienti all’intento di strappare l’anima di un’opera, negandone l’essenza), che mo-
strano chiaramente il contrasto tra gli originari vivacissimi ornamenti superstiti a marmi mischi e tramischi e quelli reintegrati in bianco. Quindi venne incaricato l’arch. Franco Minissi della progettazione per adibire la chiesa ad Auditorium. I vari problemi dell’adattamento del bellissimo tempio cristiano a sala
per audizioni musicali vennero affrontati dal progettista (peraltro autore brillante delle coperture per la villa romana di Piazza Armerina e di musei archeologici come quello di Siracusa) senza tenere conto delle caratteristiche proprie del monumento, come se l’architetto fosse accecato dallo spirito del tempo. Una magra consolazione è confrontare la sorte della chiesa del SS. Salvatore con quella della vicina S. Maria della Grotta, quella del grandioso Collegio Massimo dei Gesuiti (trasformato in Biblioteca generale della
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Figura 8. Ante 1943.
Figura 6. Intradosso affrescato della cupola.
Figura 7. Estradosso della cupola con i puntelli per la copertura.
Regione Siciliana), il cui prodigioso interno barocco venne sacriHicato selvaggiamente nello stesso periodo per costruire un ingombrante scalone al posto della navata e la torre libraria al posto del presbiterio. Gli accorgimenti adottati avrebbero dovuto ottenere un miglioramento dell’acustica, sebbene la moquette ed i pesanti tendaggi hanno generato un ambiente sinistramente ovattato.
Lo spostamento dell’orientamento prospettico dall’asse longitudinale a quello trasversale è ciò che disturba di più , in quanto chi accede percepisce subito non solo la violenza della trasformazione di una chiesa che appare inequivocabilmente una chiesa, ma anche il travisamento dei volumi seicenteschi orientati verso la cappella maggiore. Tale soluzione, arbitraria, mirava a risolvere il problema dell’eco e della coda sonora, avvicinando il pubblico all’orchestra, collocata su un vasto palcoscenico al posto della cappella di destra. Lı̀ era già stato spostato l’altare maggiore, un tempo in asse con l’ingresso, sotto la grande pala della Gloria di Santa Rosalia proveniente dalla chiesa di Santa Rosalia distrutta per la costruzione della via Roma e concessa in deposito dal Museo Diocesano.
Lo studio delle poltroncine per il pubblico venne elaborato secondo una visione d’insieme che, nella forma e nella policromia dei rivestimenti, ottenesse una fusione tra l’ambiente e l’arredamento. Le loggette, costruite a metà altezza dei quattro varchi ai lati delle due cappelle laterali, da un lato incrementano i posti per il pubblico, dall’altro rendono ancora più stridulo il nuovo allestimento rispetto all’architettura elegante ed armoniosa della chiesa. Un pugno nello stomaco dietro l’altro. Una non architettura. Un tradimento clamoroso.
Negli anni Ottanta l’Arcidiocesi di Palermo ottenne l’afHidamento della chiesa, che ha cosı̀ recuperato la sua funzione di ediHicio religioso. Si è veriHicato in tal modo un fenomeno piuttosto curioso: un organismo pienamente “sacramentale” (vale a dire segno sensibile delle celebrazioni sacre per le quali era nato, prima fra tutte la Messa, rinnovo incruento del SacriHicio del Calvario) deve tuttora sopportare il trapianto di soluzioni teatrali più coerenti con il cosiddetto
“intrattenimento liturgico” praticato nelle “chiese” contemporanee. A quando l’auspicato rigetto?
Benedetta solidità della bellezza Nel I secolo a. C., Vitruvio scriveva che sono tre le qualità presenti simultaneamente in un’architettura riuscita: Cirmitas, utilitas, venustas Ef necessaria la solidità della struttura, l’ediHicio deve reggersi in pie-
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Figura 9. Sezione dell’Auditorium S. Salvatore a Palermo, 1959 (ACS, Fondo Minissi Franco, Progetto 87, Rotolo 111).
Figura 10. Pianta dell'Auditorium S. Salvatore a Palermo, 1959 (ACS, Fondo Minissi Franco, Progetto 87, Rotolo 111).
di egregiamente. Ef necessaria la corrispondenza fra i volumi e la funzione a cui il luogo deve assolvere. Ef necessaria pure la durevolezza della forma, oltre le mode. La bellezza è intimamente legata alle altre due qualità . Resiste nel tempo. Comunica molteplici messaggi agli uomini di tutti i tempi. Ef sincera, non inganna. Ecco perché entrare in una chiesa contemporanea disorienta, in quanto si percepisce che potrebbe essere usata molto meglio per scopi profani. Ecco perché entrare al SS. Salvatore provoca un sottile fastidio, considerato che la si percepisce immediatamente come una chiesa, dalle armonie incantevoli, eppure si notano troppi elementi dissonanti.
Qualcosa tuttavia si muove. Dal 2014 al 2022 il Rettore Mons. Gaetano Tulipano ha favorito diversi lavori di pulitura e ripristino delle opere mancanti. Dal 2014, dopo alcuni lavori di messa in sicurezza, il Rettore decide di rendere fruibile anche la grande terrazza della cupola. Tra il dicembre 2015 e il giugno 2016 si provvede alla ripulitura di tutti gli apparati marmorei e al ripristino della scalinata nel vestibolo di ingresso. Il 22 ottobre 2016 la pala rafHigurante Sant’Orsola e storie della sua vita, custodita in precedenza presso la Sala V del Museo Diocesano di Palermo, viene ricollocata nell’altare sud-est dopo un’assenza totale di 87 anni. Si tratta di una tavola delle dimensioni 270 x 143 cm, olio e tempera, attribuita all’artista Hiammingo Simone di Wobreck, documentato a Palermo tra il 1558 e il 1587, autore di
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Figura 11. Presbiterio attuale.
Figura 12. Crocifisso tardo seicentesco fra le statue marmoree di S. Michele Arcangelo, la Maddalena, S. Gaetano da Thiene.
Figura 13. Simone di Wobreck, Pala raffigurante Sant’Orsola e storie della sua vita.
molti dipinti nel territorio palermitano tra cui altre quattro opere nella collezione del Diocesano. Nei primi mesi del 2017 viene restaurato il grande affresco della parete destra del vestibolo rafHigurante La predica di San Basilio opera di Vito D’Anna. Nei primi mesi del 2018 viene restaurato anche il secondo grande affresco di Vito D’Anna posto sulla parete di sinistra del vestibolo e rafHigurante Il miracolo di San Basilio. Per i primi mesi del 2019 viene programmato il restauro dell’affresco della volta della Cappella di Santa Rosalia, rafHigurante Santa Rosalia in abiti basiliani. Il 7 agosto 2019, in occasione della Solennità della TrasHigurazione del Salvatore, rientrano all’interno della Cappella di Santa Rosalia le tele Maddalena Penitente e San Pantaleone di Guglielmo Borremans, provenienti dal Museo Diocesano. Nello stesso giorno vengono collocate alla parete destra e sinistra dell’antico presbiterio Abigail che offre doni al Re Davide e Mosè che conduce il popolo ebreo nel deserto di Fi-
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lippo Tancredi, provenienti dai magazzini del Palazzo Abatellis.
Figura 14. Vito D’Anna, La guarigione di un bimbo per intercessione di San Basilio
Figura 15. Vito D’Anna, Predica di San Basilio
Sono tutte azioni ammirevoli, che stanno restituendo integrità alla bellezza della chiesa, passo dopo passo. A un certo punto sarà importante ripristinare la conHigurazione originale dell’interno, smantellando un adeguamento a sala concerti che la sensibilità attuale (ed il buon senso senza tempo) mai avrebbero permesso.
Contemplare l’ornamento
L’aspetto attuale della costruzione si discosta notevolmente da quello della chiesa siculo normanna, poiché le forme, già rimaneggiate nel Cinquecento, diventarono pienamente barocche con l’afHidamento dell’incarico all’arch. Paolo Amato, il quale adottò il modello di una pianta centrale dodecagonale con cupola ellittica. Il dodici è un numero importante per l’architettura sacra, poiché rimanda al Nuovo Israele (la Chiesa, fondata sui dodici apostoli), compimento delle profezie rivolte alle dodici tribù del Popolo Eletto. Coppie di paraste binate delimitano il vano centrale del prospetto. Il vuoto sopra il semplice portale lascia supporre un
prospetto lasciato incompiuto: le due nicchie tra colonne dovevano accogliere statue che non sono mai state collocate.
La pianta concepita da Paolo Amato risulta dall’innesto di una croce greca su un vasto dodecagono irregolare inscritto in una ellisse. Geometrie e stili inHluenzati dall’architettura borrominiana, ma soprattutto da Pietro da Cortona e dal Bernini, sperimenta-
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Figura 16. Affreschi del vestibolo.
Figura 17. Cupolino sull’altare maggiore.
ta dall’Amato in un altro notevole impianto planimetrico ellittico: quello della chiesa di San Carlo dei Mi lanesi del 1691.
I due ordini di paraste sono divisi da una cornice continua che, seguendo l’andamento della pianta, genera uno stretto matroneo o ballatoio che le mona che potevano percorrere lungo tutto il perimetro dell’ediHicio, assistendo indisturbate alle funzioni. Lo sviluppo parietale è tripartito in un primo ordine d’altari, un secondo ordine di Hinestre e cantorie, il terzo da logge.
Ma ciò che colpisce maggiormente l’immaginazione il fastoso interno, interamente decorato da marmi policromi, stucchi ed affreschi. A proposito di questi ultimi le fonti attribuiscono quelli del cupolino che chiude il cappellone maggiore a Filippo Tancredi del 1705 con l’Adorazione dell’Agnello Mistico e quelli che decorano il vestibolo d’ingresso e la volta (1765) al grande artista palermitano Vito D’Anna: La guarigio ne di un bimbo per intercessione di San Basilio Predica di San Basilio, le Higure allegoriche della tezza, della Prudenza, della Temperanza e della stizia nel vestibolo, quelle della Fede e della Carità nei pennacchi.
Cittadella della speranza
La chiesa del SS. Salvatore a Palermo può costituire un presidio fortiHicato per difendersi dalla gnosi spu ria dilagante, in particolare nella mente di chi è sessionato dalla volontà di intrappolare i fedeli in non chiese disorientanti, con liturgie più o meno
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Figura 18. Marmi mischi e tramischi.
sciatte. Il minimalismo attuale, più che una semplice evoluzione del gusto, è il linguaggio dello spiritualismo gnostico, è la negazione della bontà della materia e della creazione tutta. L’intrattenimento circense di certe celebrazioni è cosa ben diversa dalla rappresentazione sacramentale del dramma divino dell’Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo.
Le non chiese degli ultimi cento anni sono pensate come auditorium in cui l’acustica ha un ruolo fondamentale, per ascoltare sermoni e canti, come nelle aule protestanti. Sono ambienti per spettatori passivi, senza alcun rapporto con Dio Uno e Trino e, tutto sommato, neppure fra di loro. Sono teatri della solitudine.
Il SS. Salvatore è stato trasformato coercitivamente in luogo per spettacoli musicali. Nonostante tutto le melodie che qui si ascoltano sono ancora quelle dell’euritmia architettonica, quelle che danno pace all’anima e la sostengono nell’elevazione a Dio. A maggior ragione risulta indispensabile liberare la chiesa dalle sgradevoli superfetazioni introdotte dall’arch. Minissi. Bisogna riHlettere a fondo sul legame teoretico fra interventi architettonici all’apparenza differenti: da un lato la profanazione priva di pudore di opere d’arte sacra cattolica del passato; dall’altro la realizzazione di opere bizzarre che, seppure sacre, servono per altri tipi di culto.
La conHigurazione barocca originaria, una volta ripristinata, servirà a rimettere la migliore arte sacra al servizio della migliore liturgia, con grande beneHicio dei fedeli. Sarà molto apprezzata anche da visitatori numerosi, come spiegava bene nel 1904 Marcel Proust. Potrà essere un modello per le nuove chiese, non nel plagio delle forme bensı̀ nell’impiego dei principi compositivi come fonte di ispirazione.
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Figura 19. Facciata
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La scoperta della vitamina B9
Giusi Sanci*
Con il termine folati (vitamina B9) ci si riferisce ad un gruppo di sostanze chimicamente correlate all’acido folico (acido pteroil-L-glutammico). L'acido folico svolge un ruolo fondamentale nella vita degli eritrociti, nel metabolismo degli aminoacidi, nella sintesi degli acidi nucleici, e inoltre in molte reazioni metaboliche alle quali partecipa anche la vitamina B12 [1]. EO essenziale per il buon funzionamento del cervello, per la salute mentale ed emozionale, stimola l’appetito e le funzioni del fegato. L’assorbimento dei folati avviene tramite un processo attivo mediato da un carrier, mentre ad alte concentrazioni il processo è passivo. Questo processo si svolge principalmente nel digiuno, ed è inRluenzato dal pH [2].
Poiché l'uomo non è in grado di produrre i folati, è indispensabile assumerli con la dieta [3].
I folati si trovano nelle carni, in particolare nelle frattaglie, e in alimenti di origine vegetale come legumi, pomodori, arance e vegetali a foglia. Sono presenti negli alimenti fattori che possono variare la biodisponibilità . Se l’apporto di acido folico è insufRiciente nell’uomo si osserva una riduzione della sintesi di DNA e RNA, determinando l’anemia megaloblastica.
Frequente è la carenza di folati nelle donne in gravidanza, e rappresenta un fattore di rischio per la comparsa della spina biRida nel nascituro [4], una malformazione della spina dorsale.
Un apporto di folati Rino a 5 mg/die è considerato privo di effetti collaterali. Tuttavia, superato tale limite si ha l’effetto di mascherare un’eventuale carenza in vitamina B12, la quale può avere effetti neurologici irreversibili; pertanto si consiglia di non eccedere [5] [6]. Il fabbisogno giornaliero è di 200 mcg [7].
Assunto nella dose di almeno 400 mcg al giorno Rin dai primi giorni di gravidanza (ma ancor meglio prima) per tre mesi previene la spina biRida [8]; proprietà ormai riconosciuta dalla medicina, è infatti inclusa nell'elenco dei medicinali essenziali dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Nei Paesi sviluppati, la carenza di folati è molto rara: si riscontra soprattutto nei gruppi di popolazione economicamente meno privilegiati, come ad esempio la fascia d’età degli anziani, e si manifesta con l'anemia megaloblastica.
La carenza di folati può essere causata da un’inade-
guata introduzione con l’alimentazione o da un aumentato fabbisogno (es. in gravidanza e in allattamento), da un alterato assorbimento e metabolismo, o dall’assunzione di alcuni farmaci [9].
In caso di carenza di folati può veriRicarsi un accumulo di omocisteina per mancanza diretta o indiretta di metiltetraidrofolato.
Le cellule che si dividono rapidamente sono partico larmente vulnerabili ad una mancanza di folati [10]. Tale deRicit determina, come detto, una sintesi difettosa di DNA nelle cellule che si dividono, particolarmente evidente nel midollo osseo, con conseguente anemia megaloblastica e la carenza nell’embrione con un aumento del rischio di malformazioni [11].
Alcune malattie alterano l’assorbimento dell’acido folico, come la celiachia, la malattia di Crohn o la gastrite.
Il fumo di tabacco e l’assunzione anche moderata di alcol riducono l’assorbimento dei folati [12].
Stati carenziali di folati spesso subclinici e asintomatici, si veriRicano in seguito a trattamenti con alcuni tipi di farmaci, ad esempio chemioterapici antiblastici, come il metotrexato, ma anche con anticonvulsivanti come la difenilidantoina e la carbamazepina, contraccettivi orali o chemioterapici [13].
Mutazioni della metionina sintetasi ed in modo particolare della 5,10-metilentetraidrofolato reduttasi (MTHFR) sono oggi ritenute le più frequenti cause dell’alterato metabolismo dei folati e della conseguente iperomocisteinemia. Inoltre, è spesso associata a carenze di altri oligonutrienti (zinco, vitamina B12) [14].
La scoperta della vitamina B9 risale al 1939, dopo una serie di studi riguardanti la cura di un'anemia provocata artiRicialmente nei polli. Questo nutriente fu inizialmente isolato dai vegetali e denominato fattore di Willis, dal nome della sua scopritrice Lucy
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*Farmacista
Willis [15], un'ematologa inglese, la quale osservò che l'anemia era più frequente nelle donne in gravidanza di basso ceto sociale, costrette a vivere in condizioni di ristrettezze economiche. Questo portò la studiosa a concentrarsi sui deRicit nutrizionali che individuò come possibili cause dell'anemia. La Willis notò per esempio che somministrando Marmite (un estratto di lievito) si osservava un netto miglioramento del quadro anemico, evidenziando cosı̀ il potere terapeutico dell'acido folico, di cui il lievito è ricco. Lucy Wills nasce nel 1888 a Sutton ColdRield, nei pressi di Birmingham. Cresce in una famiglia colta e benestante: entrambi i genitori la incoraggiano, sin dalla più tenera età , a coltivare liberamente i suoi interessi. Dopo aver frequentato un istituto privato, a 15 anni si iscrive al Cheltenham College for Young Ladies, una delle prime scuole britanniche a offrire corsi in scienze e matematica per le studentesse, discipline Rino a pochi anni prima esclusivamente maschili. Successivamente frequenta il Newnham College di Cambridge, dove nel 1911 si laurea con lode in botanica e geologia. Successivamente si iscrive alla London School of Medicine, scuola medica femminile del Regno Unito, dove si laurea nel 1920. Wills concentra i suoi interessi sull’ematologia, disciplina che studia il sangue con lo scopo di individuarne, analizzarne e curarne le malattie. In quegli anni Margaret
Balfour, una dottoressa che lavora presso l’HafRkine Institute di Bombay, sta indagando sulle ragioni per cui molte donne incinte soffrono di una forma grave e spesso mortale di anemia, l’anemia macrocitica, caratterizzata dalla produzione di pochi globuli rossi di grosse dimensioni. Balfour contatta Wills e la coinvolge nella sua ricerca. Fra il 1928 e il 1933 Wills
si reca pi
salire alle cause scatenanti dell’anemia una serie di osservazioni sulle donne che ne sono affette. Si concentra sullo studio delle condizioni di vita e delle abitudini alimentari. Dopo aver scartato ogni ipotesi alternativa, constatato che a sviluppare l’anemia in gravidanza sono soprattutto le donne di ceto sociale basso, ipotizza che la causa sia da ricer
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Theriaké
Figura 2.
Figura 1. Anemia megaloblastica. Fonte: http://www.basesmedicina.cl/hematologia/15_3_anemia_mega/imgs/img_2.jpg
care nella carenza di speciRiche vitamine nella dieta. Con l’obiettivo di individuare le sostanze in grado di compensare questa mancanza, Wills conduce numerosi esperimenti su ratti albini, a cui somministra gli stessi alimenti presenti nella dieta delle donne di Bombay, aggiungendo di volta in volta speciRiche vitamine. Non ottiene tuttavia i risultati sperati. Wills oscilla tra la frustrazione e la rassegnazione. Rivolge allora le sue sperimentazioni sulle scimmie, Rinché , un giorno del 1931, ha un’intuizione destinata a segnare un punto di svolta. Una delle cavie manifesta i sintomi dell’anemia in modo particolarmente grave; constatata l’inefRicacia di tutti i trattamenti provati sino a quel momento, e non avendo nulla da perdere, Wills prova qualcosa di completamente diverso: acquista una confezione di Marmite, crema spalmabile a base di estratto di lievito. Salata e dalla consistenza appiccicosa, diffusa soprattutto nel Regno Unito e in Nord Europa, Marmite è apprezzata per essere ricca di vitamine, tanto che i soldati impegnati nella prima guerra mondiale la mangiavano per rimettersi in forze. Wills la somministra alla scimmia e si accorge che la salute dell’animale migliora rapidamente; realizza cosı̀ che la sostanza tanto cercata si trova proprio nella crema spalmabile comprata al mercato. La scienziata effettua quindi numerosi altri test, stavolta aggiungendo Marmite direttamente alla dieta delle
donne di Bombay affette da anemia. Accertato in via deRinitiva il netto miglioramento delle condizioni di salute e condotte ulteriori analisi, Wills giunge alla conclusione che la sostanza risolutiva presente nell’estratto di lievito non è una delle vitamine ipotizzate, ma “un altro fattore”, scrive in un articolo del 1933: «non ancora identiRicato, presente sia nelle proteine animali che in Marmite». Nel 1941 la misteriosa sostanza contenuta nei barattoli di Marmite, inizialmente chiamata “fattore di Wills”, viene isolata all’interno delle foglie di spinaci dal ricercatore statunitense Henry K. Mitchell e ribattezzata folato, forma naturale dell’acido folico (da folium, termine latino per foglia); la sintesi fu poi ottenuta due anni dopo.
Nel 1943 fu ottenuto in forma pura l'acido pteroilglutammico, mentre la struttura fu deRinita nel 1946.
Bibliografia
1. Cfr. Ferracin A., Severino S., Balzan S., Tutta C., In2luenza dell’alpeggio sulle vitamine liposolubili nei prodotti lattiero-caseari. Tesi di laurea, Università di Padova, A.A. 20062007, pp. 32-33.
2. Selhub J., et al., Intestinal transport of 5-methyltetrahydrofolate. Am J Physiol. 1984 May;246(5 Pt 1):G515-20. doi: 10.1152/ajpgi.1984.246.5.G515. PMID: 6720951.
3. Cfr. Ferracin A., et al., op. cit.
4. Ibid.
5. Ibid.
6. Miller D.R. & Hayes K.C., Vitamin excess and toxicity. In: Hathcock J.N. (ed.) Nutritional toxicology, Academic Press, New York, vol. II, pp. 81-133.
7. http://sinu.it/2019/07/09/vitamine-livello-massimotollerabile-di-assunzione-ul/
8. Cfr. Mariani Costantini A., Cannella C., Tomassi G., Fondamenti di nutrizione umana. Il Pensiero ScientiRico Editore, 1999, pp. 303-307.
9. Ibid.
10. Ibid.
11. Morris M.S., Jacques P.F., Rosenberg I.H., Selhub J., Circulating unmetabolized folic acid and 5-methyltetrahydrofolate in relation to anemia, macrocytosis, and cognitive test performance in American seniors. Am J Clin Nutr. 2010 Jun;91(6):1733-44. doi: 10.3945/ajcn.2009.28671. Epub 2010 Mar 31. Erratum in: Am J Clin Nutr. 2010 Oct;92(4):1002. PMID: 20357042.
12. https://www.iss.it/malformazioni-congenite/-/asset_publisher/hQSlHEwC5XGJ/content/1-acido-folico-efolati-cosa-sono
13. Ibid.
14. Ibid.
15. Wills L., Clutterbuck P.W., Evans B.D., The Lancet, 311-314; A new factor in the production and cure of certain macrocytic anaemias . Nutr Rev. 1979 Feb; 37(2):49-51. doi:10.1111/j.1753-4887.1979.tb02203.x. PMID: 107494.
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Figura 3. Lucy Willis (1888-1964).
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