Nuove strategie chimico-farmaceutiche per il trattamento della leishmaniosi
Bianca Martinengo,* Eleonora Testi,* Elisa Uliassi,* Maria Laura Bolognesi*
La leishmaniosi è una malattia infettiva di origine parassitaria causata da circa 20 specie di protozoi del genere Leishmania, un parassita intracellulare obbligato dell’uomo e di altri mammiferi. Considerata una tipica malattia tropicale, negli ultimi anni l’interesse sulla leishmaniosi in Italia è andato sempre più aumentando, per via del riscaldamento globale, di fenomeni migratori, per l’inclusione della leishmaniosi come complicanza dell’infezione da HIV, e per il ruolo opportunista di Leishmania in pazienti organo-trapiantati. La malattia viene trasmessa all’ospite tramite la puntura di insetti vettori chiamati Klebotomi (genere Phlebotomus), comunemente noti come pappataci. Ospiti della Leishmania sono, oltre agli esseri umani, anche numerosi animali, sia quelli selvatici, in particolare i roditori, che quelli domestici, come ad esempio il cane. Nell’uomo solitamente il contagio avviene in seguito al contatto con animali infetti, trattandosi quindi di una zoonosi. Esistono anche esempi di antroponosi, con l’uomo come unico serbatoio, come nel caso di Leishmania donovani (responsabile dello sviluppo della leishmaniosi cutanea in Messico, America centro-meridionale, USA) e di Leishmania tropica (responsabile della leishmaniosi viscerale prevalentemente in India) [1].
Specie diverse di Leishmania causano manifestazioni cliniche differenti per sintomatologia ed entità . Clinicamente le leishmaniosi possono manifestarsi con tre forme fenotipiche principali: (i) la leishmaniosi viscerale (LV), una malattia sistemica grave risultante dalla disseminazione dei protozoi nei macrofagi, che può essere fatale, se non curata in maniera appropriata, (ii) la leishmaniosi muco-cutanea (LM), che colpisce prevalentemente le mucose, e (iii) la leishmaniosi cutanea (LC), causata dalla moltiplicazione dei protozoi nei fagociti cutanei, caratterizzata nel 90% dei casi da ulcere con tendenza spontanea
alla guarigione in un periodo compreso tra 3 e 18 mesi; nel 10% dei casi, le LC possono invece progredire verso forme più severe conosciute come leishmaniosi cutanea diffusa, leishmaniosi cutanea postkala-azar, leishmaniosi cutanea disseminata e leishmaniosi recidivante [2].
CICLO VITALE
Il ciclo vitale di Leishmania è caratterizzato da due forme distinte: il promastigote e l’amastigote. Nello speciKico inizia con il pasto di sangue di un mammifero infetto da parte del pappatacio e la conseguente iniezione della forma Klagellata infettiva promastigote (extracellulare) che viene fagocitata dalle cellule mononucleate, principalmente macrofagi, nel sangue del mammifero ospite dove assume la forma di amastigote (intracellulare), priva di Klagelli [1].
A questo punto l’amastigote si moltiplica e si sviluppa nel macrofago dell’ospite infettando un numero maggiore di cellule e con esse, tramite il circolo ematico e linfatico, diffondendo agli organi emolinfopoietici (fegato, milza, linfonodi nel midollo osseo), e generando cosı̀ un’infezione sistemica che può causare forme sintomatiche o asintomatiche della patologia. Il parassita è infatti in grado di interagire con il sistema immunitario dell’ospite in modi diversi, modiKicando l’espressione e la secrezione di citochine, in modo tale da modulare l’afKlusso di cellule immunitarie al sito di infezione e ostacolando la risposta immunitaria. InKine, altri pappataci assumeranno gli amastigoti con il pasto di sangue da un individuo infetto, ingerendo quindi la forma aKlagellata del protozoo che, all’interno dell’apparato digerente del Klebotomo assume la forma di promastigote, dando cosı̀ inizio ad un nuovo ciclo [2].
Questa complessa interazione parassita–ospite dipende da molteplici parametri, tra cui fattori genetici o legati allo stato di salute dell’ospite e da caratteristiche intrinseche della specie di Leishmania [3] (Figura 1).
*Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Via Belmeloro 6, 40126 Bologna, Italia.
Chimica farmaceutica
Theriaké
Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 6
[online]: ISSN 2724-0509
EPIDEMIOLOGIA
La leishmaniosi è una malattia caratterizzata da un elevato dinamismo epidemiologico correlato al continuo cambiamento delle condizioni di trasmissione del patogeno che dipendono da aspetti ambientali, demograKici, socioeconomici e dal sistema immunitario dell’ospite [2].
La leishmaniosi colpisce prevalentemente le popolazioni più povere del pianeta in oltre 90 nazioni dell’Asia, dell’Africa, dell’Europa e dell’America. Si stimano tra 700.000 e 1.200.000 nuovi casi di LC ogni anno con circa il 95% dei casi riportati in America, nel bacino mediterraneo e nel centro/sud-est asiatico; e approssimativamente 100.000 nuovi casi di LV con più del 95% dei casi in Brasile, Cina, India, e Africa. Tra i maggiori fattori di rischio per lo sviluppo della leishmaniosi ricordiamo povertà , Klussi migratori delle popolazioni, malnutrizione, condizioni igieniche inadeguate e condizioni di immunodepressione [4].
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2021, il 49% delle nazioni sono considerate endemiche per la LC e/o LV [2]. Tra i Paesi del bacino mediterraneo, ritroviamo l’Italia e la Sicilia in particolare. Sono stati condotti diversi studi retrospettivi per analizzare i dati dal 2013 al 2021 in Sicilia, raccogliendo campioni umani, canini e felini. Il 34.4% dei cani e l’11.8% dei gatti sono risultati positivi ad almeno uno dei test diagnostici effettuati presso il Centro di Referenza Nazionale per le Leishmaniosi (C.Re.Na.L.) dell’Istituto ZooproKilattico Sperimentale della Sicilia, nominato Laboratorio di Referenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE) nel 2014. Sono stati invece riportati un totale di 467 casi di leishmaniosi umana, con manifestazioni cutanee nel 71% dei casi e viscerali nel
29%. Le province con il maggior numero di casi riportati sono Agrigento (45.4%) e Palermo (37%). Il cane domestico (Canis familiaris) risulta essere il serbatoio principale di Leishmania infantum, la specie maggiormente presente nell’area mediterranea e tipicamente associata alla manifestazione viscerale dell’infezione, la quale desta particolare preoccupazione sia per la salute animale che umana. In Italia, la trasmissione di L. infantum è correlata alla distribuzione geograKica e alla prevalenza del vettore associato alla trasmissione di questa specie, ovvero Phlebotomus perniciosus [5].
TERAPIE ATTUALI CONTRO LA LEISHMANIOSI
Le terapie disponibili sono caratterizzate da una scarsa efKicacia, gravi effetti collaterali e un progressivo aumento della frequenza degli episodi di resistenza; inoltre, la maggior parte, prevede periodi di trattamento prolungati e somministrazioni parenterali che rendono molto difKicoltosi l’accesso e l’aderenza alla terapia nei Paesi poveri dove mancano strutture ospedaliere idonee. Le reperibilità stessa di questi medicinali è un problema perché sono disponibili prevalentemente per donazione o per produzione gratuita da parte di industrie farmaceutiche [3, 7].
1. Composti antimoniali
I composti antimoniali pentavalenti (Sbv) sono disponibili da più di un secolo e costituiscono il trattamento di prima linea contro la leishmaniosi. Il primo uso dell'antimonio risale al 1925 quando Brahmachari sintetizzò il composto pentavalente di antimonio urea stibammina e scoprı̀ che era un efKicace agente chemioterapico contro LV [6].
Attualmente sono disponibili due formulazioni principali: l'antimoniato di meglumina (MA- 85 mg anti-
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
Chimica farmaceutica
7
Figura 1. Ciclo vitale di Leishmania.
Antimoniato di meglumina Stibogluconato di sodio
Figura 2. Struttura chimica dei composti antimoniali.
mony/100 mL) e lo stibogluconato di sodio (SSG- 100 mg antimony(SbV+)/100 mL) (Figura 2). Sbv è un profarmaco che viene ridotto all'interno dell'organismo in forma attiva SbIII, ione metallico con elevata afKinità verso i ligandi contenenti azoto e zolfo. Il meccanismo d’azione di SbIII è probabilmente correlato alla sua interazione con biomolecole contenenti gruppi sulKidrilici (come tioli, peptidi, proteine ed enzimi).
Fairlamb e colleghi hanno scoperto che SbIII inibisce l’enzima Tripanotione Reduttasi (TR). L'inibizione di tale enzima peculiare ed essenziale per il parassita è di particolare interesse, poiché il substrato di TR, il tripanotione (N1, N8-bis(glutationil) spermidina) è un intermedio chiave nella regolazione dell’omeostasi redox dei tioli, nonché nel meccanismo di difesa parassitario contro lo stress chimico e ossidativo In studi in vivo, gli antimoniali interferiscono con il metabolismo del tripanotione inducendo un rapido efKlusso di tripanotione e glutatione intracellulari e inibendo la TR nelle cellule intatte. Nonostante questi risultati, le basi molecolari dell'interazione degli antimoniali con la TR e della sua inibizione sono ancora sconosciute.
Entrambe le formulazioni hanno uno scarso assorbimento orale e vengono somministrate tramite iniezioni intramuscolari o infusioni endovenose [1]. Gli effetti collaterali comuni degli antimoniali pentavalenti comprendono:
(i) prolungamento dell'intervallo QT ed episodi sincopali correlati a torsione di punta. Il prolungamento dell'intervallo QTc (>0,5 s) è spesso associato ad aritmie cardiache gravi o addirittura fatali;
(ii) artralgia e mialgia; (iii) enzimi epatici elevati; (iv) pancreatite.
2. Pentamidina
La pentamidina (Figura 3) è stata utilizzata dagli anni '40 per il trattamento della LV. La somministrazione è per via intramuscolare o endovenosa (4 mg/ kg di pentamidina-isetionato o metanosolfonato- die per un numero variabile Kino a 30 di giorni). Il suo meccanismo d'azione non è stato ancora chiarito, in grado driale del parassita. Il principale effetto collaterale
canza, sebbene non riportata in modo uniforme, si ica nel 4-12% dei casi. Ulteriori effetti collaterali
Figura 3. Struttura chimica della pentamidina.
stato segnalato nel 1963 in Brasile. A seguito della perdita di efKicacia dei farmaci antimoniali in India, l'amfotericina B è stato eletto farmaco di prima scelta per la LV. Il farmaco si lega agli steroli di membrana con particolare afKinità verso l'ergosterolo presente nella membrana plasmatica del parassita e assente nell’uomo. La formazione di complessi che si organizzano a livello dei canali ionici aumenta la permeabilità della membrana. L'amfotericina B è usata in complesso con desossicolato (AmB-D) o in vari complessi lipidici e tutte le formulazioni sono somministrate per infusione endovenosa. AmB-D, nonostante la sua efKicacia ha molti effetti avversi, tra cui:
(i) reazioni all'infusione; (ii) nefrotossicità ; (iii) ipokaliemia; (iv) miocardite.
Tali effetti avversi necessitano di un attento monitoraggio e ricovero ospedaliero di 4-5 settimane. L'amfotericina B liposomiale (AmB-L—AmBisome®) è l’unica formulazione lipidica approvata dalla Food and Drug Administration statunitense; sebbene sia efKicace a dosi più basse e abbia una tossicità ridotta,
Chimica farmaceutica 8
+
Sb O
-
O
O
CO 2
CO
St
H O H a O
O
CO 2
St
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
H2 N O H O H O H O H O H
HO O H O
Ant imoniat o di meglumina
Sb Sb O
O H O O O ONa + O
-Na + HO H O H
2-Na + H O H O H
ibogluconat o di sodio
Sb Sb O
O H O O O ONa + O
-Na + HO H O H CO 2-Na + H O H O H
ibogluconat o di sodio
Figura 4. Struttura chimica dell’amfotericina B.
trattamento orale della LV. Questo farmaco è in grado di esplicare la sua azione leishmanicida modiKicando le vie di segnalazione e la sintesi della membrana cellulare, portando cosı̀ all'apoptosi. Sfortunatamente, dopo un decennio di utilizzo, si è veriKicato un aumento della resistenza con ridotta efKicacia, raddoppiando il tasso di recidiva.
Gli eventi avversi più comuni riguardano l’apparato gastrointestinale e occasionali epatotossicità e nefrotossicità . Una limitazione importante della miltefosina è la teratogenicità e le donne in età fertile devono assumere contraccettivi per la durata del trattamento e per ulteriori tre mesi a causa della lunga emivita della miltefosina (~ 1 settimana).
dosi all’RNA ribosomiale 16S e modiKicando la Kluidità della membrana mitocondriale inibendone la respirazione. Si è dimostrato efKicace per il trattamento della LC nel 1966 e per la LV nel 1990 in Kenya. L'evento avverso più comune è il dolore al sito di iniezione (55%); tuttavia, questo in genere non porta all'interruzione della terapia. Una piccola frazione di pazienti presenta ototossicità reversibile (2%) e un aumento delle transaminasi epatiche (6%).
Figura 5. Struttura chimica della paromomicina.
Miltefosina
Figura 6. Struttura chimica della miltefosina.
6. Ketoconazolo
Gli azoli sono farmaci antimicotici orali che inibiscono la biosintesi dell'ergosterolo fungino. Poiché i parassiti della Leishmania utilizzano l'ergosterolo per la biosintesi di steroli e condividono questo percorso con i funghi, gli azoli sono stati esplorati per il loro potenziale terapeutico contro le infezioni da Leishmania. Per la LC, l'efKicacia dei composti varia a seconda della specie. Il ketoconazolo (Figura 7) è stato testato per un mese sia negli adulti che nei bambini con LC causata da L. braziliensis (600 mg o 100 mg al giorno, rispettivamente, per 28 giorni) e ha prodotto una guarigione del 76% con lievi effetti collaterali.
Figura 7. Struttura chimica del ketoconazolo.
Ketoconazolo
Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
9
Chimica farmaceutica
Farmaco EfRicacia Vantaggi
Antimoniali pentavalenti
35-95%
-Basso costo
-Possono essere utilizzati in combinazione con Amfotericina B in caso di gravidanza o in pazienti anziani
Limitazioni Costi
-Resistenza al farmaco in India (>60%)
-Complicazioni ventricolari
-Pancreatiti, mialgia, artralgia, enzimi epatici elevati
-Maggiore tossicità in pazienti con HIV
$50-70
Amfotericina B >95%
-EfKicaci in caso di resistenza agli antimoniali pentavalenti
Amfotericina B liposomiale c.a. 100%
Pentamidina 70-80%
-Nessun caso documentato di farmaco resistenza
-EfKicace con un basso proKilo di tossicità
-Potenziale uso in terapia combinata a basso dosaggio
-La forma deossicolato richiede ospedalizzazione e pu ò causare miocarditi, ipokaliemia, tossicità renale e reazioni al sito di infusione
-Alto costo -Febbre -Tossicità renale
-Tossicità renale -Miocarditi
-Diabete mellito insulino-dipendente come effetto avverso irreversibile
-Ipoglicemia e ipotensione -Febbre
$100
$280
$100
Paromomicina 95% (India) 46-85% (Africa)
Miltefosina 94-97%
-Basso costo
-Molto potente
-Primo trattamento efKicace per LV e LC per via orale
-Ototossicità reversibile -Dolore al sito di iniezione -Alta epatotossicità
-Molto tossico (fegato e reni) -Complicazioni gastro intestinali -Teratogeno
$10
$70
Tabella 1. Principali caratteristiche dei farmaci attualmente in uso contro la leishmaniosi.
NUOVE TERAPIE ANTI-LEISHMANIA IN FASE DI SVILUPPO
Da quanto sopra descritto, c’è un urgente bisogno di nuovi farmaci che possano soddisfare le esigenze terapeutiche, implementare l’aderenza alla terapia e che siano adatti ai sistemi sanitari dei Paesi in via di sviluppo [4]. Per lungo tempo la Leishmania è stata considerata dall’OMS una delle malattie tropicali neglette, ovvero trascurate dai ricercatori, Kinanziatori e
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
politici. Nonostante la vasta diffusione della malattia, i farmaci per la leishmaniosi hanno portato a scarsi ritorni economici, poiché le aree endemiche sono tipicamente Paesi in via di sviluppo. Di conseguenza, i fondi per sostenere la ricerca e lo sviluppo di nuovi trattamenti anti-leishmania sono stati a lungo limitati. Tuttavia, negli ultimi anni, l’impegno della ricerca farmaceutica si è accresciuto, perché si è visto come il tentativo di arginarle possa portare non solo a be-
Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
10
Chimica farmaceutica
neKici dal punto di vista clinico, ma anche sociale ed economico. In questo contesto, nuove strategie, soprattutto nelle terapie Kisiche e locali, tra cui termoterapia e somministrazione di laser CO2 e terapie farmacologiche topiche che utilizzano composti nitroso e somministrazione di farmaci direttamente intralesione, hanno offerto una migliore prospettiva di cura nei pazienti con LC. Inoltre, l'uso di terapie combinate ha contribuito a risolvere i problemi relativi alla resistenza parassitaria e ai casi gravi di coinfezione HIV/Leishmania spp. Inoltre, al Kine di ridurre fortemente i costi di sperimentazione e sviluppo e accelerare il processo di scoperta di agenti farmacologici, il riposizionamento di farmaci sviluppati per altre indicazioni terapeutiche offre nuove speranze. Infatti, questo approccio ha già fornito diversi trattamenti attualmente in uso come miltefosina, amfotericina B e pentamidina, precedentemente approvati o progettati per altre indicazioni. Negli ultimi dieci anni, comunque sono stati compiuti progressi signiKicativi anche nel trattamento della LV: una serie di nuovi candidati farmaci è stata sviluppata ed è progredita nello sviluppo clinico di fase I per il trattamento della LV. Anche dopo più di un secolo, esistono ancora pochi farmaci per la terapia della leishmaniosi, inoltre tali farmaci presentano elevata tossicità e diversi effetti collaterali che mettono a dura prova il programma di controllo della malattia a livello globale. Da ricordare inoltre che, l'emergere di ceppi resistenti ai farmaci convenzionali, co-infezioni come HIV/Leishmania spp., la scarsa disponibilità terapeutica e il basso investimento per la scoperta/sviluppo di nuovi farmaci costringono i ricercatori e le agenzie sanitarie mondiali a cercare nuove strategie per combattere e controllare questa importante e troppo trascurata malattia.
NUOVE STRATEGIE CHIMICO-FARMACEUTICHE PER IL TRATTAMENTO DELLA LEISHMANIOSI
La leishmaniosi rimane, dunque, un grave problema di salute pubblica ed esiste un’impellente necessità , non ancora realizzata, di nuovi farmaci per combatterla.
In questo contesto, si inseriscono due progetti sviluppati dal nostro gruppo di ricerca con l’obiettivo di superare le limitazioni degli agenti farmacologici attuali, non solo in termini clinici ma anche economici. Nel primo caso, si propone un approccio farmacologico rivoluzionario basato su Proteolysis Targeting Chimeras (PROTAC), cioè “molecole chimeriche”, con un meccanismo d’azione completamente diverso rispetto ai farmaci convenzionali. Nel secondo progetto, la nostra idea per la scoperta di nuovi farmaci per Leishmania è completamente nuova e sostenibile: essa si basa sull’utilizzo di scarti alimentari come prodotti di partenza economici e “solidali” per lo svi-
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
POI Poliubiquitinazione Figura 8. Meccanismo d’azione di PROTAC.
PROTAC
luppo di composti che saranno poi ottimizzati ulteriormente in nuovi farmaci.
PROLEISH: PROTACs per la Leishmania
Una nuova frontiera della chimica farmaceutica riguarda lo sviluppo di Proteolysis Targeting Chimeras (PROTAC). I PROTAC sono piccole molecole eterobifunzionali costituite da un frammento in grado di legare speciKicatamente una data proteina target (Protein of Interest – POI) e un secondo frammento che riconosce una E3 ubiquitina ligasi. In questo modo si portano in contatto la proteina target con la E3 ubiquitina ligasi, formando un complesso ternario che favorisce la poli-ubiquitinazione della POI e la successiva degradazione da parte del sistema endogeno ubiquitina-proteasoma (Ubiquitin Proteosome System - UPS) [9] (Figura 8). Attraverso un PROTAC si effettua quindi un knock-down selettivo della proteina bersaglio, cosı̀ come si potrebbe fare con piccoli RNA interferenti. Le potenzialità di questa “degradazione proteica indotta” hanno attirato l'attenzione dell'industria farmaceutica, grazie ai vantaggi che potrebbe offrire rispetto alle strategie tradizionali basate sull’impiego di inibitori, agonisti, agonisti parziali e antagonisti. Questi vantaggi includono: la ridotta esposizione sistemica ai farmaci, la capacità di contrastare l’aumento dell’espressione proteica del target che spesso accompagna l'inibizione funzionale della proteina stessa e la potenziale capacità di colpire delle proteine che attualmente non sono trattabili con gli approcci convenzionali. Attualmente, i PROTAC sono studiati e sviluppati per il trattamento di differenti tumori, mentre per quanto ne sappiamo, non è mai stato investigato l’utilizzo di PROTAC per le malattie tropicali neglette in generale, e, in particolare, per la leishmaniosi. Su queste basi, il progetto PROLEISH (PROTACs for Leishmania-
Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
11
farmaceutica
Chimica
Proteasoma
Figura 9. Struttura di una molecola PROTAC.
sis) mira a sviluppare e sintetizzare razionalmente una serie di molecole PROTAC per il trattamento della leishmaniosi.
Dal punto di vista chimico farmaceutico, nello sviluppo razionale di una molecola PROTAC, si parte tenendo in considerazione (Figura 9) tre componenti:
(i) Un ligando per la POI;
(ii) Un motivo per il riconoscimento di E3 ligasi; (iii) Un linker che coniuga queste due porzioni.
Nel progetto PROLEISH, per quanto riguarda la scelta della POI e quindi del suo ligando, tra i numerosi bersagli molecolari del parassita proposti, viene individuata la TR, enzima coinvolto nell’omeostasi dei tioli, come precedentemente anticipato.
In conclusione, l’espansione dell’applicazione della tecnologia PROTAC al trattamento della leishmaniosi, oltre che portare a tutti i vantaggi sopra elencati, potrà raccogliere informazioni che faranno luce sulla biologia fondamentale del sistema UPS di Leishmania spp. ancora poco esplorato e potrà rivelare nuovi interessanti bersagli farmacologici [9].
Drug discovery sostenibile
Ad esacerbare il drammatico scenario della leishmaniosi, si aggiungano non solo i costi crescenti per la produzione farmaceutica, ma anche il prezzo elevato di alcuni dei farmaci attualmente usati, specialmente per i Paesi in via di sviluppo. Pertanto, la possibilità di sviluppare nuovi farmaci basandosi su risorse lowcost ha attratto notevole attenzione e, a supporto di ciò , le Nazioni Unite (UN) hanno recentemente dichiarato:
«Un obiettivo globale è quello di fornire l'accesso a medicinali a prezzi accessibili su base sostenibile nei Paesi in via di sviluppo».
Ogni anno le industrie alimentari, l’agricoltura e le attività forestali portano alla produzione di milioni di tonnellate di riKiuti organici. Secondo l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) circa il 14% degli alimenti prodotti a livello globale vengono persi o sprecati annualmente. Tuttavia, i prodotti di scarto dell’industria agro-alimentare vengono già in
parte recuperati e utilizzati per la produzione di energia (H2, CH4), combustibili (biodiesel, additivi, pellet di legno) e prodotti chimici. Nonostante ciò , il potenziale utilizzo in ambito farmaceutico rimane tuttora un campo per lo più inesplorato. Nell’ottica della sostenibilità ambientale e di un’economia circolare e in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle UN, risulta quindi di fondamentale importanza focalizzarsi sullo sviluppo di processi all’avanguardia, in grado di convertire questi riKiuti organici apparentemente inutilizzabili in materiale di partenza a basso costo per la produzione di principi attivi farmaceutici e nutraceutici; con notevoli vantaggi sia dal punto di vista della valorizzazione di materiali che normalmente sarebbero considerati come scarti, sia dal punto di vista del risparmio sui materiali di partenza utilizzati a livello industriale per la produzione di farmaci [10].
In questo contesto, l'olio di guscio di anacardo (cashew nut shell liquid, CNSL) si è dimostrato molto interessante come risorsa naturale e rinnovabile per la produzione di monomeri, polimeri e additivi, ma non farmaci. Il CNSL, ottenuto come prodotto di scarto della lavorazione dell’anacardo, peraltro dal difKicile smaltimento a causa della causticità , presenta quindi ovvi vantaggi in termini ambientali, etici ed economici rispetto a farmaci di origine sintetica o naturale. Chimicamente, il CNSL è una miscela di fenoli, i cui maggiori componenti sono: l’acido anacardico (la cui struttura ricorda quella dell’acido acetilsalicilico), il cardanolo, il cardolo e il 2-metilcardolo (Figura 10).
Questi composti sono caratterizzati da una lunga catena alchilica composta da 15 atomi di carbonio (con diversi gradi di insaturazione), in posizione meta rispetto al gruppo idrossilico dell’anello fenolico. Diversi studi riportati in letteratura attribuiscono ai derivati dell’acido anacardico proprietà antitumorali, antimicrobiche, antiossidanti, antinKiammatorie. Mentre i derivati del cardolo risultano attivi come antiparassitari; inKine, per quanto riguarda i derivati del cardanolo, essi risultano largamente impiegati per la produzione di vernici, pitture e pastiglie per i freni [11]. Per questo motivo i gusci di anacardo non sono da considerare come un mero prodotto di scarto, ma come una preziosa risorsa rinnovabile e a costo zero, punto di partenza ottimale per la sintesi e la produzione di diversi composti attivi dal punto di vista chimico-farmaceutico e anche contro la leishmaniosi.
CONCLUSIONI
La leishmaniosi è una malattia protozoaria trasmessa da vettori, che rappresenta un problema sanitario globale sia a livello veterinario che umano. La malattia è endemica nelle aree tropicali e subtropicali, ma anche nel bacino mediterraneo ed in Italia. I farmaci
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
12
Chimica
farmaceutica
Figura 10. Struttura chimica dei componenti del CNSL.
icacia limitata, gravi effetti collaterali e svi luppo di resistenza. Per questo motivo la ricerca si è incentrata sullo sviluppo di nuovi farmaci. L’avvento della tecnologia PROTAC e della conseguente degradazione proteica selettiva ha aperto promettenti prospettive nella scoperta di nuovi farmaci per la Leishmania, rappresentando una possibile soluzione per superare le limitazioni legate al convenzionale paradigma farmacologico. In parallelo, nonostante l’elevato potenziale, lo sfruttamento degli scarti alimentari per lo sviluppo di molecole ad azione leishmanicida non ha ancora acquisito piena realizzazione e strategie innovative devono essere impiegate a questo scopo. Il processo di produzione farmaceutica globale deve infatti essere sostenibile e competitivo in termini di costi soprattutto per i Paesi in via di sviluppo dove la leishmaniosi è endemica.
Bibliografia
1. Burza S., et al., Leishmaniasis. The Lancet, 392, 17 agosto 2018, pp. 951–970.
2. Ruiz-Postigo J.A., et al., Global leishmaniasis surveillance: 2021, assessing the impact of the COVID-19 pandemic. Weekly Epidemiological Record, 45, 11 novembre 2022, pp. 575 - 590.
3. Pinheiro A.C., et al., Current leishmaniasis drug discovery. RSC Medicinal Chemistry, 13, 26 agosto 2022, pp. 1029–1043.
4. World Health Organization, Road map for neglected tropical diseases 2021–2030, Executive Board, 150th sessione, 10 dicembre 2021.
5. Bruno F., et al., Retrospective Analysis of Leihsmaniasis in Sicily (Italy) from 2013 to 2021: One-Health Impact and Future Control Strategies. Microorganisms, 10, 24 agosto 2022, pp.1704
6. Battista T., et al., Targeting Trypanothione Reductase, a Key Enzyme in the Redox Trypanosomatid Metabolism, to Develop New Drugs against Leishmaniasis and Trypanosomiases. Molecules, 25, 21 aprile 2020, pp. 1924
7. De Rycker M., et al., Anti-trypanosomatid drug discovery: progress and challenges. Nature Reviews Microbiology, 22 agosto 2022.
8. Destoumieux-Garzó n D., et al., The One Health Concept: 10 Years Old and a Long Road Ahead. Frontiers in Veterinary Science, 5, 12 febbraio 2018.
9. Burslem G.M., Craig M.C., et al., Proteolysis-Targeting Chimeras as Therapeutics and Tools for Biological Discovery. Cell, Volume 181, Issue 1, 2020, Pages 102-114, ISSN 0092-8674.
10. Espro C., et al., Sustainable production of pharmaceutical, nutraceutical and bioactive compounds from biomass and waste. Chemical Society Reviews, 50, 23 settembre 2021, p. 11191–11207.
11. Hemshekhar M., et al., Emerging Roles of Anacardic Acid and Its Derivatives: A Pharmacological Overview, Basic & Clinical Pharmacology & Toxicology, 110, 21 novembre 2011, pp. 122–132.
12. Zielonka J., et al., Mitochondria-Targeted Triphenylphosphonium-Based Compounds: Syntheses, Mechanisms of Action, and Therapeutic and Diagnostic Applications. Chemical Reviews, 117, 27 giugno 2017, p.10043–10120.
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
13
Iconogra(ia cristiana: la Natività nella storia dell’arte (II parte)
Rodolfo Papa
La pre(igurazione della morte. All’interno dell’iconogra@ia della Natività si sedimenta il tema della pre@igurazione della morte di croce del bambino Gesù , viene cioè implicato completamente il mistero dell’Incarnazione del Verbo che morendo in croce espia e redime tutti i peccati dell’uomo, e risuscitando apre di nuovo le porte alla vita eterna. Spesso questo complesso tema teologico viene rappresentato esplicitamente con il Bambino fasciato come una salma e giacente nella mangiatoia come in un sepolcro. In questi termini viene rappresentata la natività nella Coperta del cofanetto del IV secolo proveniente dal già citato Sancta Sanctorum lateranense: il Bambino è addirittura fasciato con un tessuto dal colore nero, che esplicita ancor di più il riferimento sepolcrale e sacri@icale, anche perché risulta uguale all’abito che indossa Gesù al momento della morte in croce, nella rappresentazione del riquadro centrale. Viene cosı̀ realizzata una straordinaria eco delle parole della profezia che l’anziano Simeone rivolge a Maria, al momento della presentazione al tempio: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada tra@iggerà l’anima» [1].
Nella formella della Natività della predella dell’Incoronazione della Vergine di Andrea della Robbia, che abbiamo già sottolineato come particolarmente importante per la tradizione iconogra@ica della natività , vediamo che il Bambino, adagiato nella mangiatoia con una esplicitazione del tema eucaristico, per di più è nudo, con un rimando anche ad un altro @ilone tematico, che poi analizzeremo nel seguito: il mistero della natura umana e divina del bambino Gesù
Nella Natività del Ghirlandaio realizzata per la Cappella Sassetti di Santa Trinita, invece la tematica appare esplicitata in modo ancora più complesso; la mangiatoia non è rappresentata nella tradizionale forma lignea, ma, con un richiamo a forme auliche antiche, appare come un sarcofago, con una fortissima sottolineatura del tema eucaristico sacri@icale; però la mangiatoia-sarcofago è vuota, in modo che il
Figura 1.
tema della morte appare distinto da quello della resurrezione; infatti il Bambino è posto su un lembo del mantello di Maria che, inginocchiata e adorante secondo il modello mutuato dalla visione di santa
Delle Arti
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 14
Giovanni Bellini, Madonna in trono che adora il Bambino dormiente. 1470 ca., Gallerie dell’Accademia, Venezia.
Rodolfo Papa, PhD. Pittore, scultore, teorico, storico e @ilosofo dell'arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Accademico Ordinario della Ponti@icia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Docente di Arte Sacra, Tecniche Pittoriche nell’Accademia Urbana delle Arti. Presidente dell'Accademia Urbana delle Arti.
docente di Storia delle teorie estetiche, Storia dell’Arte Sacra, Traditio Ecclesiae e Beni Culturaia dell’Arte Sacra (Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant'Apollinare, Roma; Master II Livello di Arte e Architettura Sacra della Università Europea, Roma; Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; Ponti@icia Università Urbaniana, Roma; Corso di Specializzazione in Studi Sindonici, Ateneo Ponti@icio Regina Apostolorum). Tra i suoi scritti si contano circa venti monogra@ie, molte delle quali tradotte in più lingue e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; “Espiritu”; “La Società ”; “Rogate Ergo”; “Theriaké ” ).
Collaborazioni televisive: “Iconologie Quotidiane” RAI STORIA; “Discorsi sull’arte” TELEPACE.
Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San Pan@ilo, Sulmona; Chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma; Monastero di Seremban, Malesia; Cappella del Perdono, SS. Sacramento a Tor de'schiavi, Roma …)
Brigida, propone una sottolineatura della relazione diretta tra Gesù e Maria, nei termini di rapporto tra il sacri@icio eucaristico e la Chiesa, in modo che risulti affermato, attraverso la stessa composizione artistica, che nella chiesa si compie la salvezza.
Questo stesso tema, con esiti diversi pur nella medesima impostazione teologica, appare in due opere di Giovanni Bellini [2]: la Madonna in trono con il Bambino, conservata alle Gallerie dell’Accademia a Venezia, databile intorno al 1470 e la Madonna del prato, conservata nella National Gallery di Londra e databile al 1505. Nella prima, Maria è in trono, il Bambino le è posto sulle ginocchia addormentato con il braccio destro che cade mollemente verso il basso e tutto il gruppo è collocato su un piano, che inequivocabilmente è un altare: l’altare dove la Chiesa offre il corpo di Cristo in sacri@icio [3]. La rappresentazione della morte nella @igura del Bambino allude alla Risurrezione ed è il senso più profondo del sacri@icio [4].
Nella Madonna del prato, Bellini mette in scena una @itta intelaiatura di signi@icati allegorici che, dipanati, offrono un’ulteriore declinazione del tema eucaristico ed ecclesiale, infatti, alle spalle di Maria e del Bambino sono poste due scene contrapposte che propongono l’alternativa tra una vita all’interno della Chiesa nel pieno utilizzo dei sacramenti e la vita dissennata dell’uomo addormentato, sul quale incombe l’avvoltoio posto sull’albero disseccato. A sinistra manca l’acqua vivi@icante dei sacramenti, l’acqua che disseta, mentre a destra un pozzo ristora coltivazioni e bestiame sotto l’attento e
vigile sguardo del pastore, esegesi @igurativa di quanto Cristo stesso afferma in un brano del Vangelo di Giovanni: «Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: @iumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno» [5].
Anche in questo dipinto, Bellini rappresenta Gesù sulle ginocchia della Madre, adagiato sul mantello azzurro dal quale la Vergine Maria è avvolta e che è metafora della grazia divina che avvolge la sua natura umana, rappresentata dalla veste rossa, in una splendida immagine della creatura scelta per divenire tabernacolo vivente e porta d’ingresso del Figlio. Nella Madonna del presepe di Cento, il bambino stringe il mantello di Maria con la mano destra e per metà
Delle Arti Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V
–
15
n. 42 – Novembre
Dicembre 2022
Figura 2. Giovanni Bellini, Madonna del Prato, 1505 ca., National Gallery, Londra.
è adagiato sulla nuda terra, mentre i suoi piedi sono collocati sulla stoffa del mantello: questa composizione rimanda chiaramente e direttamente al linguaggio pittorico del tema eucaristico connesso con la @igura di Maria-Chiesa. In questo stucco la mangiatoia è assente, ma non ne è assente il signi@icato. Infatti, il fatto stesso che il bambino sia posto direttamente sulla nuda terra è un segno dell’umiltà del Redentore, che nasce nel fango per salvare gli uomini, come con altro linguaggio esplicita san Gerolamo:
«E cosı̀ non nasce tra oro e ricchezze ma in mezzo al letame di una stalla, non c’è stalla dove non ci sia letame, dove si erano accumulati i nostri peccati più sorditi. E se nasce in mezzo al letame è proprio per tirarne fuori quelli che sono impastati di sterco. Solleva il misero dal suo letto di letame [6]. Gesù nasce in mezzo al letame, dove anche Giobbe se ne stava seduto per venire incoronato» [7].
In questo contesto si comprende anche il ruolo del bue e dell’asinello nel loro diretto rapporto con il Bambino, nel senso stretto della narrazione posta in campo dall’artista, che tuttavia allude anche a qualcosa di ulteriore.
IL BUE E L’ASINELLO
Sicuramente la presenza dei due animali nella grotta della natività di Gesù desta curiosità , e soprattutto desta curiosità il fatto che nella Natività di Cento tutti gli elementi narrativi siano ridotti o allusi, tranne il bue e l’asinello che hanno piena ed esplicita realizzazione. Infatti, la grotta e la mangiatoia sono rappresentate solo con un piccolo sperone di roccia, mentre i due animali sono ben presenti.
Questa scelta iconogra@ica si inserisce, comunque, in una tradizione consolidata che, se ben intesa, concorre a de@inire meglio il senso di quanto stiamo pian piano scoprendo, nel percorso iconologico. Infatti, secondo la metodologia della iconologia, abbiamo preso in esame diverse opere d’arte, tratte da varie epoche della storia della Chiesa, per operare un confronto, per rintracciare differenze e continuità , scoprendo via via, come il tema della natività non sia semplicemente univoco, aderente ad un unico modello archetipico, ma al contrario risulti declinato in un’in@inita varietà di espressioni. L’arte possiede, infatti, da sempre la possibilità e la capacità di rappresentare in forma @igurativa i sensi più riposti delle meditazioni spirituali, abbracciando più signi@icati di diverso livello, in modo da veicolare in una sola immagine un universo complesso di insospettabile profondità
Nella tradizione del tema della Natività anche il bue e l’asinello giocano un ruolo importante. Nella tavola di Ghirlandaio, sono posti dietro il sarcofago-mangiatoia, come se i due animali usassero realmente mangiare il @ieno direttamente da quel prezioso contenitore. Invece nell’affresco della Santissima Annunziata di Baldovinetti e nel dipinto della Natività mistica di Botticelli, i due animali entrano direttamente in relazione con Gesù adagiato in terra, infatti l’asino tende il muso verso il Bambino.
L’elemento iconogra@ico del bue e dell’asinello traducono immediatamente un passo di Isaia, che serve a quali@icare non soltanto l’identità del luogo, ovvero la stalla nella grotta, quanto piuttosto proprio l’identità del Bambino: «Il bue conosce il proprietario e l'asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende» [8]. Viene sottolineato, dunque, che la pre@igurazione della venuta di Cristo non è riconosciuta solo dall’uomo pio che conosce le Scritture e le ha meditate come Simeone, ma da tutto il creato, compresi gli animali.
L’esposizione esegetica di sant’Agostino spiega anche cosa signi@ichino direttamente i due animali nel linguaggio @igurato biblico:
«Allatta, o madre, il nostro cibo; allatta il pane che viene dal cielo, posto in una mangiatoia come fosse innanzitutto cibo per i giumenti. Là infatti, il bue riconobbe il suo proprietario, e l’asino la greppia del suo padrone. Vale a dire i circoncisi e gli incirconcisi che aderiscono a quella pietra angolare, e le cui primizie furono pastori e Magi» [9].
Dunque, la presenza dei due animali non solo indica esattamente l’identità del neonato, ma anche l’identità delle due parti della nuova Chiesa ivi costituita. Cristo salva tutta l’umanità , “circoncisi” e “incirconcisi”, ebrei e gentili, e li raduna in una sola Chiesa at-
Delle Arti 16 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
Figura 3. Bartolomeo Bellano, Natività . Stucco policromo, 1450-1499, Museo Bardini, Firenze.
torno alla maestà del Creatore e Redentore del mondo.
Sant’Agostino, in un altro sermone, esplicita completamente il senso @igurale del passo di Isaia su citato: «Il bue adombra i Giudei, l’asino i Gentili. Ambedue vennero alla mangiatoia e trovarono il cibo del Verbo» [10]. Questo carattere universale lo troviamo espresso in un’altra forma in un’opera d’arte proprio coeva di sant’Agostino, ovvero il mosaico absidale di Cristo tra gli apostoli nella Gerusalemme celeste di Santa Pudenziana a Roma; quest’opera, come anche il testo agostiniano La città di Dio, serve a spiegare alla residua minoranza politeista romana che la devastazione subita dalla città di Roma per opera dei Visigoti di Alarico (24 agosto 410), non è segno di inef@icacia della protezione di Cristo, ma che la vera città di cui Gesù è signore è quella celeste. Nel mosaico la Chiesa celeste è costituita dalle due anime, appunto ebrei e gentili o meglio romani, che nella rappresentazione delle Natività sono espresse attraverso la metonimia del bue e dell’asinello. Questo senso universale dell’azione salvi@ica di Cristo riprende esplicitamente una affermazione dell’Apostolo Paolo: «Qui non c'è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti» [11].
Dunque la rappresentazione artistica della nascita di Gesù comporta molti temi teologici che si intrecciano tra loro, creando un circolo di signi@icati che rimandano l’uno all’altro senza soluzione di continuità , spostando continuamente la ri@lessione verso un punto più alto, girando attorno ad un asse verticale, come se in una spirale di segni e signi@icati che via via si aggiungono, spingendo verso l’alto, si formasse in@ine un intero discorso apologetico e catechetico. Per questo all’analisi deve sempre seguire la sintesi; l’identi@icazione della stalla della natività nella grotta di Betlemme va inserita nel contesto degli altri elementi. Cosı̀ la profezia di Michea «E tu, Betlemme di Efrata cosı̀ piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele» [12] che sottolinea l’importanza iconogra@ica della connotazione geogra@ica e topogra@ica del luogo, va letta insieme alla ri@lessione che propone san Girolamo attorno all’immagine @igurata dei due animali:
«E lo adagiò nella mangiatoia. Perché nella mangiatoia? Perché si compisse la predizione del profeta Isaia: Il bue conosce il proprietario e l'asino riconosce chi gli da mangiare. In un altro passo sta scritto: Tu, o Signore, salverai uomini e giumenti. Se sei un uomo, mangia il pane; se sei un animale, accostati alla mangiatoia» [13].
Delle Arti 17
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
Figura 4. Cristo in trono. Mosaico del catino absidale, IV sec., Basilica di Santa Pudenziana, Roma.
Dunque, la composizione della Madonna del presepe di Cento, dando tanto spazio al bue e all’asinello, inquadra e sottolinea un elemento importantissimo entro la meditazione spirituale sulla nascita di Gesù . Inoltre risulta molto importante il fatto che il bue nello stucco di Cento sia rappresentato con una ghirlanda, che riprende antichi modelli romani, quali la Base dei Decennali del Foro Romano [14].
Il bue inghirlandato non è solamente un riferimento colto, alla moda antiquaria, una “citazione” in un linguaggio banalmente erudito, ma è una reiterazione, una sottolineatura che pone l’accento ancora una volta sull’elemento sacri@icale, trasposto in forma dotta da un contesto cultuale antico politeista, reinterpretato in chiave @igurata in un contesto cristiano [15].
Maria, che con le mani giunte guarda il fanciullo, è vestita con un abito che richiama il “cioluk” della tradizione ebraica, leggermente modi@icato secondo i costumi del Quattrocento, mantenendo però la tradizionale divisione in due capi d’abbigliamento: la tunica, il “chiton”, che è solitamente chiara e il mantello, l’“omophorion”, scuro.
L’impostazione del capo, dell’abbigliamento e dei tratti somatici di Maria collegano la Natività di Cento a La Madonna con il bambino su di una seggiola di Donatello, oggi al Victoria and Albert Museum di Londra. Ma nella Natività centese, l’omophorion copre il capo della Vergine e, da dietro le spalle, riemerge davanti passandole tra le braccia e un lembo è afferrato da Gesù bambino, con una sottolineatura del signi@icato eucaristico del segno che abbiamo già sottolineato, ma che risulta reiterato e rafforzato dal fatto che l’altro lembo superiore, cadendo morbidamente dal capo di Maria, si posa sulla fronte del bue. Il signi@icato, a questo punto, va facendosi evidente: il sacri@icio, l’unico sacri@icio salvi@ico, è possibile solo all’interno del binomio Maria-Gesù , cioè all’interno della Chiesa istituita da Cristo.
I particolari che apparentemente atterrebbero alla capacità descrittiva dell’arte, che sembra alle volte indulgere in descrizioni minute prossime alla “natura morta”, inseriti nel contesto spirituale in cui sono stati prodotti, si rivelano precisissime metafore capaci di produrre complesse esegesi teologiche, leggibili per il fedele anche solo un poco edotto sui termini messi in campo dal linguaggio artistico.
Maria in questo caso giganteggia nella composizione ed è rappresentata in una sineddoche linguistica, dove è parte per il tutto, cioè mentre è rappresentata semplicemente come la Madre, nel contempo parla di altro.
Ancora una volta un brano di Agostino può essere illuminante:
«Allatta, o madre, Colui che ti ha fatto tale da poter farsi lui stesso in te; che, concepito, ti ha dato il dono della fecondità e nato non ti tolse il dono della verginità . Lui, prima di nascere, ha scelto il grembo da cui nascere e il giorno della sua nascita» [16].
Agostino riafferma come Maria, pur essendo veramente madre, è veramente creatura, e il Bambino nato da lei è il Creatore che l’ha creata e scelta per nascere al mondo. Maria è la porta d’ingresso che il Signore edi@ica e sceglie per entrare nel creato di cui egli è il Creatore, per ristabilire la Grazia, perduta con il peccato d’Adamo, attraverso l’azione salvi@ica della Redenzione. Questo è quanto sa esprimere la Madonna del presepe di Cento, nella complessa semplicità della sua piccola super@icie.
LA MELA, L’ALBERO E UN CAMPO DI COCOMERI
Nello stucco di Cento, la composizione comprende diversi elementi iconogra@ici, che rimandano ad altrettanti signi@icati teologici, i quali nella loro complessità compongono la “meditazione interiore” offerta ef@icacemente al fedele. Un elemento importante di questa composizione è la mela che Gesù regge con la mano sinistra, mentre con la destra stringe
Delle Arti Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 18
1455-60 ca., Victoria and Albert Museum, Londra.
Figura 6.
l’omophorion. In questo modo il corpicino del Bambino è medio tra gli estremi del manto e della mela, è il centro tra questi due termini, ovvero è l’asse attorno al quale due termini antipodici si contrappongono.
La mela, come è immediatamente evidente, fa riferimento al peccato originale, è cioè rappresentazione metaforica del frutto dell’albero “della conoscenza del bene e del male” [17] che i Progenitori, contravvenendo al divino divieto, mangiarono sotto l’istigazione del serpente, meritando il castigo della cacciata dal Giardino e la morte.
Per comprendere il diretto rapporto tra il tema del “peccato originale” e l’iconogra@ia mariana, è utile operare un confronto con una miniatura del Messale di Mattia Corvino [18], che rappresenta la Mondsichelmadonna [19]; in questa immagine sono conservati tutti gli elementi dell’iconogra@ia mariana dell’Immacolata Concezione posti però in dialogo con la presenza esplicitante del Bambino e della mela. Questa particolare rappresentazione, maturata in ambito
Figura 7. Scuola del Pinturicchio, Immacolata Concezione, tempera su tavola, 1510 c., Nationalmuseum, Stoccolma.
francescano, offre un punto di vista privilegiato per capire il senso della mela in relazione al Bambino e a Maria stessa. Infatti, se si considera quanto abbiamo @in qui rintracciato nello stucco di Cento, comprendiamo bene che il tema del sacri@icio eucaristico, legato indissolubilmente al tema della natività , ha bisogno di essere esplicitato in chiave mariana per essere ricondotto al doppio @ilone della causa dell’Incarnazione di Cristo e della preservazione dal “peccato originale” in Maria, strumento mirabile della stessa Incarnazione del Verbo.
Il nesso tra i due temi teologici è testimoniato da innumerevoli opere pittoriche, che nel corso dei secoli hanno rappresentato il termine di diffusione e di contemplazione in tutta Europa del mistero dell’Immacolata Concezione [20].
Eo questo il caso, per esempio, della pala che rappresenta L’albero genealogico della stirpe di David [21] opera di Matteo da Gualdo o il foglio 42 recto del Psalterium Maius beatae Mariae Virginis [22]. Le due immagini rappresentano, in una struttura @itomor@ica (nella prima un albero vero e proprio, nella seconda
Delle Arti
Anno
19
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
Matteo di Pietro detto Matteo da Gualdo, Albero genealogico della stirpe di David (Albero di Jesse) con Gioacchino, Anna e Maria Immacolata, tempera su tavola, 1497, Museo Civico di Rocca Flea, Gualdo Tadino.
Figura 8. Carlo Crivelli, Immacolata Concezione, 1492, tempera e oro su tavola, National Gallery, Londra.
una pianta di Lilium) i due vertici, quello apicale e quello radicale, determinati dalla presenza della Immacolata concepita come @ioritura della pianta, letteralmente come germoglio, e da Adamo (nella seconda Adamo ed Eva) sdraiato in terra e descritto come terreno nel quale la pianta mette radici. La struttura antipodale permette di comprendere in un solo sguardo la relazione che intercorre tra colui che ha commesso il “peccato originale” e colei che da esso è preservata.
[23], dove la Madonna è rappresentata al centro di un paesaggio allegorico, come una giovinetta vestita di luce, e con le mani giunte; o ancora l’Immacolata Concezione di scuola del Pinturicchio [24], dove Maria risulta inserita ab eterno nel seno della Trinità , con il Verbo incarnato rappresentato nel grembo, vestita di luce, con le mani giunte; e, per @inire, La tavola di Pergola di Carlo Crivelli della National Gallery di Londra [25], nella quale Maria è rappresentata in piedi su un drappo damascato che, passandole dietro le spalle sorretto da un’asticella orizzontale, funge da paliotto, entro una architettura che funge da trono, sui cui braccioli sono posti dei vasi di rose e gigli, attributi propri del nome dell’Immacolata mutuati da brani veterotestamentari. Sull’asticella vi sono appesi, come ghirlande fruttate, alcuni frutti tra i quali si individua subito una mela a sinistra di Maria vicino ad un rametto di prugne e, stranamente, un cetriolo che af@ianca una pesca alla sua sinistra. La mela è , come abbiamo già ricordato in precedenza, un esplicito rimando al “peccato originale”, mentre il cetriolo rappresenta il rimedio che Dio opera nel Creato, nel suo piano salvi@ico dell’umanità tutta intera. Il riferimento scritturistico utile per comprendere si trova in un passo del Protoisaia: «Eo rimasta sola la @iglia di Sion come una capanna in una vigna, come un casotto in un campo di cocomeri, come una città assediata. Se il Signore degli eserciti non avesse lasciato un resto, già saremmo come Sodoma, simili a Gomorra» [26]. I Padri della Chiesa interpretano questo passo come riferito a Maria, che è dunque la capanna, il tugurio, il resto preservato attraverso il quale si manifesta la Misericordia di Dio, nell’Incarnazione del Salvatore [27]. Il cetriolo è un ortaggio che appartiene alla famiglia delle cucurbitacee, come i cocomeri, dunque viene rappresentato da Crivelli con il signi@icato allegorico desunto dal testo di Isaia, con chiaro riferimento all’Immacolata Concezione. Se poi uniamo insieme il senso degli altri attributi iconogra@ici quali la pesca e le prugne [28], che possono essere rispettivamente interpretate come frutto della Salvazione la prima e morte e Passione di Cristo le seconde, il risultato degli elementi vegetali e @loreali presenti nel dipinto esplicita con chiarezza il rapporto indissolubile tra il mistero dell’Incarnazione e quello dell’Immacolata Concezione di Maria. Il peccato di Adamo (la mela) è redento attraverso la Passione di Cristo (le prugne) che nasce da Maria (la pesca), che può accogliere nel grembo il Redentore in quanto preservata dal peccato originale (il cetriolo). Entro questo contesto di elementi iconogra@ici, risulta sempre più chiaro il senso complessivo del discorso intessuto da Donatello/Bellano nell’opera centese. Maria è madre del Salvatore, preservata ab eterno da Dio Padre per permettere, attraverso l’azione dello Spirito Santo, l’Incarnazione del Verbo, divenendo cosı̀ tabernacolo eterno e metafora della Chiesa, nel
Anche altre opere contengono elementi utili per decifrare correttamente la @igura di Maria della Madonna del presepe di Cento, come per esempio l’Immacolata del foglio 12 verso del Rosarium di Simon Bening Delle Arti Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 20
segno dell’umiltà rappresentata dal luogo nel quale tutto questo avviene, ovvero la stalla-grotta di Betlemme, luogo indicato dal profeta Michea come sede della nascita del Salvatore di Israele.
La posizione di Maria con le mani giunte, anche se piuttosto comune nel contesto iconogra@ico mariano, possiede, almeno dal XV secolo in poi, un implicito richiamo al tema dell’Immacolata. Le mani giunte non sono solo il segno della preghiera di Maria e la manifestazione esteriore di un moto dell’animo, ma sono anche rappresentazione della sua stessa natura e della presa di coscienza di questo stato di grazia tutto particolare che Dio le ha donato. In un’omelia di san Gerolamo troviamo un assaggio della qualità e della profondità delle ri@lessioni che la Patristica ha saputo offrire intorno a questo tema, assorbite e fatte proprie dalla stessa arte cristiana nel suo proprio linguaggio:
«Maria, da parte sua, si Nissava gelosamente nell’anima tutti questi avvenimenti e li meditava dentro di se. Che cosa vuol dire questo li meditava? Avrebbe dovuto dire: li riponeva nel suo cuore, avrebbe dovuto dire: ne prendeva atto e li annotava interiormente. Ma c’è un signi@icato in questo li meditava dentro di sé. Lei era santa e aveva
letto le Sacre Scritture, e perciò conosceva i profeti e ricordava che l’angelo Gabriele le aveva detto quelle stesse cose che le erano state dette dai profeti. Meditandole, le confrontava per vedere se avesse una base la frase lo Spirito Santo scenderà su te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra, per cui il Santo che nascerà da te si chiamerà Figlio di Dio [29]. Questo le aveva detto Gabriele. Isaia però l’aveva predetto: Ecco una vergine concepirà e partorirà [30]. Questo l’aveva letto, la frase precedente l’aveva udita con le sue orecchie. Vedeva il bambino adagiato. Osservava il bambino che vagiva lı̀ nella mangiatoia, il Figlio di Dio che giaceva lı̀ davanti a lei, il suo @iglio, l’unico @iglio; lo vedeva adagiato davanti a sé e la sua mente metteva insieme ciò che stava osservando con quanto aveva udito e con i passi letti della Scrittura» [31].
FELIX CULPA
Correlato ai precedenti aspetti teologici, emerge con forza, tra la mela e i due animali, e il mantello della Vergine, la rappresentazione della gioia incontenibile della nascita del Salvatore, nuovo Adamo che scon@igge la morte attraverso la Risurrezione.
Il tema eucaristico, alluso dalla mangiatoia, è il preludio al canto di giubilo, che l’intera chiesa recita nell’Exultet durante la veglia pasquale, mettendo diret-
Delle Arti Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 21
Figura 9. Giovanni Bellini, Madonna col Bambino benedicente, 1510, Pinacoteca di Brera, Milano.
tamente in relazione la colpa di Adamo, con la vittoria del Salvatore: «Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un cosı̀ grande redentore!» [32].
La nascita di Gesù rimanda al Mistero dell’Incarnazione e al mistero della persona di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, come esprimono vari Concili @in dai primi secoli del Cristianesimo [33]. Eo un tema complesso che si trova espresso nel linguaggio artistico in alcune “Madonne con il bambino”, quali per esempio la Madonna degli architetti di Andrea della Robbia del 1475 o la Madonna con il bambino di Brera di Giovanni Bellini del 1501, dove il bambino Gesù è esposto nudo allo sguardo dei fedeli. La nudità , proposta in un’età che non offende il senso del pudore, consente di sottolineare il mistero della umanità di Gesù Cristo; dunque l’esposizione del corpicino nudo del bambino è una reiterazione sul tema dogmatico della vera natura di Cristo. Non solo i genitali, ma anche lo stesso ombelico, risulta importante ai @ini di
questo discorso, perché testimonia che veramente è “nato da donna”.
Tutti questi elementi si coimplicano e risultano inseparabili, in quanto fanno parte di un unico discorso cristologico, mariologico ed ecclesiologico, da cui nascono feconde vene spirituali, di volta in volta legate agli ambienti culturali nei quali l’opera d’arte si inserisce.
Anche la presenza o l’assenza dei pastori nella rappresentazione della Natività è legata ad analisi esegetiche che producono metafore spirituali, come ancora una volta propone san Gerolamo:
«In quella stessa regione c’erano dei pastori che vegliavano. Cristo lo trovano soltanto quelli che vegliano. Eo tipico dei pastori stare di guardia. E Cristo, infatti, non viene trovato se non dai pastori che vegliano per fare la guardia. Per questo anche la sposa [del Cantico] dice: io dormo ma il mio cuore è attento [34]. Non sonnecchierà né resterà addormentato colui che custodisce Israele [35]» [36].
Delle Arti Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 22
Figura 10. Michelangelo Merisi da Caravaggio, Riposo durante la fuga in Egitto, 1597, Galleria Doria-Pamphilij, Roma.
Maria risulta allora una metafora della fede attiva, che mai è colta di sorpresa di fronte agli eventi.
GIUSEPPE
Nello “stucco” di Cento appare, in@ine, come uno degli elementi artisticamente più rilevanti, per invenzione e per profondità di proposta spirituale, la @igura di Giuseppe. Lo sposo di Maria è posto in basso a sinistra rispetto a chi guarda, in una posa assai strana. Egli è aggrappato ad uno sperone di roccia facendo capolino e, allungandosi verso la sua sinistra, porta lo sguardo attento e sorridente verso il Bambino. Questa posa da testimone è , per certi versi, anomala nella tradizione delle Natività . Infatti, Giuseppe è spesso assente dalla scena, oppure è addormentato. Nella Natività Mistica di Botticelli dorme rannicchiato con la testa sulle ginocchia; nella Natività di Baldovinetti è sorpreso dal sonno appoggiato al muro della casa in rovina; nelle più antiche rappresentazioni all’interno del Cofanetto proveniente dal Sancta Sanctorum Lateranense e nella Tavoletta in avorio di
Salerno, dorme con la testa poggiata sulla mano, con il gomito @isso sul ginocchio. Giuseppe è rappresentato mentre dorme non perché risulti indifferente alla scena della nascita del Salvatore, ma piuttosto perché è connotato come l’uomo dei sogni, colui al quale l’angelo del Signore più volte appare in sogno, per rivelargli quanto sta accadendo: per dirgli che il @iglio che Maria aspetta in grembo è il @iglio di Dio, per avvisarlo che Erode vuole uccidere il bambino e di prendere la sua famiglia e fuggire rapidamente in Egitto. Cosı̀ in un contesto pittorico diverso e più tardo, quale il Riposo nella fuga in Egitto di Caravaggio [37], conservato alla Doria-Pamphilij, troviamo Giuseppe stanco ma sveglio, mentre sorregge lo spartito all’angelo che suona una melodia per accompagnare il sonno della Vergine e del bambino.
Anche nella Natività del Ghirlandaio per la Cappella Sassetti in Santa Trinita, Giuseppe è sveglio, ma scruta il cielo per vedere l’angelo che dall’alto accompagna il corteo regale dei Magi, in un’ulteriore sottolineatura della relazione particolare che l’iconogra@ia
Delle Arti Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 23
Figura 11. Arnolfo di Cambio, Presepe, 1291, Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma.
giuseppina stabilisce con il mondo celeste e con i sogni rivelatori.
Anche nell’affresco del XIV secolo nella grotta di Greccio, luogo dove san Francesco ha rinnovato l’amore e l’interesse liturgico per la sacra rappresentazione del Presepe, Giuseppe dorme.
Un antecedente della rappresentazione di Giuseppe che guarda il Bambino è presente nel gruppo scultoreo che il grandissimo Arnolfo di Cambio [38] realizza per Santa Maria Maggiore a Roma, luogo nel quale per secoli si è conservata la sacra reliquia della mangiatoia di Betlemme, e attorno alla quale fu posto il gruppo, oggi ricomposto in un’ipotetica ricostruzione dei vari pezzi superstiti.
Nella Madonna del Presepe di Cento, Giuseppe non solo è sveglio e vigile, ma ha anche una posizione molto attiva: si arrampica per arrivare a vedere, per abbracciare con lo sguardo il piccolo fantolino. In questo modo, egli costituisce senza ombra di dubbio il punto di vista interno all’opera, colui che fa da indicatore, cioè che ci mostra da quale punto di vista “spirituale” occorre osservare la scena. Eo il segno che riassume con un semplice sguardo tutto quello che abbiamo @in qui meditato.
Giuseppe è pieno di stupore, come sottolinea in un’omelia san Gerolamo:
«Lo adagiò in una mangiatoia perché non avevano trovato posto [39]. Fu la madre ad adagiarlo. Giuseppe non osava neanche toccarlo sapendo che non era stato generato da lui. Lo osservava stupito, era pieno di gioia nel vederlo nato e tuttavia non osava toccarlo» [40].
L’indicazione che proviene dalla @igura di Giuseppe è chiara, ed è un invito ad adorare il piccolo Salvatore; ancora san Gerolamo scrive:
«Prendiamolo tra le nostre braccia e adoriamo questo Figlio di Dio, questo grande Dio che, se per tanto tempo si era fatto sentire con forza dal cielo senza darci la salvezza, come ha cominciato a vagire ci ha salvati» [41].
CONCLUSIONE
Il tema iconogra@ico della Natività risulta, dunque, dal XV secolo, indissolubilmente legato a molti altri temi iconogra@ici, che fanno riferimento ad altrettante questioni teologiche.
Anche per questo, il testo artistico andrebbe analizzato nel proprio contesto culturale, cosa che per l’opera di Cento, che abbiamo preso primariamente in analisi, risulta ostacolata dalla natura dell’opera stessa, nata nella bottega e destinata al mercato, dunque non legata a particolari e de@inite commissioni.
La composizione e la scelta iconogra@ica rendono comunque probabile, alla luce di quanto qui ricostruito, una forte in@luenza della teologia e della spi-
ritualità di questo periodo, impegnate nella ri@lessione su temi cristologici e mariologici, e in modo particolare sul mistero della Immacolata Concezione [42]. Non è necessario pensare a una diretta commissione in tale ambito, improbabile del resto data la natura dell’opera, ma è sicuro l’inserimento entro quel @ilone di opere che vanno elaborando una complessa iconogra@ia mariana.
La complessità del manufatto, che sa mettere in campo un’alta padronanza della tecnica e un programma teologico ricco e anche per alcuni aspetti innovativo, suggeriscono peraltro una in@luenza molto forte su Bellano da parte del maestro Donatello, in@luenza esercitata forse direttamente sul programma teologico dell’opera, oppure mediata dalla acquisizione di un bozzetto, divenuto modello dal quale attingere.
L’opera, quindi, si presenta non tanto quanto l’esito di una commissione diretta, quanto piuttosto come il frutto maturo di un tentativo imprenditoriale di bottega, che non va a detrimento del più profondo signi@icato spirituale, anzi sa farsene pienamente carico, come abbiamo @in qui cercato di argomentare, analizzando i vari elementi dell’opera e la somma della loro composizione. E il riscontro della ef@icacia spirituale di questo stucco, capace di far meditare spiritualmente il fedele, si trova nelle numerose Canzonette Spirituali che nel corso di un secolo hanno accompagnato, tra la seconda metà del XVII e la prima metà del XVIII secolo, le celebrazioni per le rogazioni davanti la sacra immagine [43], a riprova che i fedeli e i loro pastori erano in grado di leggere attentamente queste immagini e capaci di comprenderne il senso ed il signi@icato.
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
24
Delle Arti
Bibliografia e note
1. Lc 2, 34-35.
2. Per un inquadramento iconologico generale dei dipinti mariani di Bellini, rimando al testo di Gentili A., Giovanni Bellini, Dossier n. 135, Giunti Firenze 1998, pp. 25-40.
3. Riguardo al tema di Maria e l’Eucaristia cfr. Verdon T., Maria nell’arte europea, Milano 2004, pp. 56-61.
4. Agostino dice: «Analogamente è detto del suo sposo, il leone della tribù di Giuda (Ap. 5, 5) del quale la profezia aveva molto tempo prima affermato: Salisti addormentato (Gen. 49, 9), cioè sulla croce. Salisti sottintende la croce, addormentato allude alla morte. Che signi@ica: Salisti se non quel che fu scritto: E lo crociNissero (Lc. 24, 20)? Del quale evento parlava lui stesso quando diceva: Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia posto in alto il Figlio dell’uomo, afNinché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna (Gv. 3, 14-15). Che signi@ica: Addormentato? E chinato il capo rese lo spirito (Gv. 19, 30). Allo stesso modo anche nella profezia. Dopo che era stato detto: Salisti addormentato, prosegue: Dormisti come un leone (Gen. 49, 9). Sı̀, dormisti come un leone, non fuggisti come una volpe. Che vuole dire: Dormisti come un leone? Ti addormentasti perché ne avevi il potere, non perché ti costrinse la necessità (Gv. 10, 18). E dopo aver detto: Dormisti come un leone proseguendo aggiunge: Chi lo sveglierà? (Gen 49, 9) Chi lo ha svegliato? Non che non ci sia stato proprio nessuno, ma chi fra gli uomini? Difatti non fu altri che Dio, il quale lo risollevò di tra i morti e gli diede il nome che è al di sopra di ogni altro nome (Fil 2, 9). Inoltre fu lui stesso che si risuscitò . Per cui diceva: Abbattete questo tempio e in tre giorni lo restaurerò (Gv 2, 19)», Agostino, Discorsi, vol. XXIX, cit., D. 37 2, p. 658.
5. Gv 7, 37.
6. Sal 112, 7.
7. San Gerolamo, Omelie sui Vangeli, “Sulla Natività del Signore”, a cura di Cola S., Roma 1988, p. 161.
8. Is 1,3.
9. Agostino, Discorsi, vol. XXXIV, cit., D. 369-1, p. 477.
10. Ibid., D. 375-1, p. 513.
11. Col 3,11.
12. Mi 5, 1.
13. San Gerolamo, Omelie sui Vangeli, cit., p. 160.
14. Su un lato della Base dei Decennali del Foro Romano è rappresentata la processione del suovetaurile introdotta da un funzionario togato con bastone dalla testa a fungo e accompagnata da due vittimarii ed un dapifero; sul lato opposto è una processione di senatori in toga confabulata sullo sfondo di tre vexilla destinati a contenere le immagini imperiali.
15. All’interno della cultura cristiana, in ogni forma e disciplina, si è sviluppata una coerente capacità di prendere e comprendere dalle altre culture e dalla propria, in una cifra peculiare, diversa in ogni epoca ma per certi versi sempre eguale a se stessa. Il confronto con altre culture ha imposto, per esempio, nella forma artistica una elaborazione capace di dire e nel medesimo tempo di ridire in maniera diversa, spostando dall’interno il senso del segno utilizzato, “risemantizzandolo” in qualcosa di nuovo e nel medesimo tempo di riconoscibile. Per quanto riguarda ambiti disciplinari molto diversi tra loro ma contigui: Cfr. Curcio G., Manieri Elia M., Storia e uso dei modelli architettonici, Laterza, Bari 1982; Penna R., L’ambiente storico culturale delle origini cristiane, EDB, Bologna 2000.
16. Agostino, Discorsi, vol. XXXIV, cit., D. 369-1, p. 477.
17. «Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti». Gen. 2, 16-17.
18. Missale Fratrum Minorum (Messale di Mattia Corvino) 1469, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Rossianus 1164, Madonna con il Bambino, f. 126 v.
19. Letteralmente “Madonna della falce di luna”: rappresenta alcune simbologie legate alla rappresentazione dell’Immacolata Concezione, come le dodici stelle attorno al capo, lo spicchio di luna sotto i piedi, il sole che la riveste e i cui raggi dorati si irradiano a mandorla tutt’intorno al suo corpo; in più c’è la presenza del bambino e della mela, attributi questi estranei al tema dell’Immacolata, ma qui presenti per dire effettivamente la causa e il @ine della sua particolare natura di creatura speciale.
20. Francia V., Splendore di bellezza. L’iconograNia dell’Immacolata Concezione nella pittura rinascimentale italiana, Città del Vaticano 2004.
21. Albero genealogico della stirpe di David (Albero di Jesse) con Gioacchino, Anna e Maria Immacolata, tempera su tavola del 1497, opera di Matteo di Pietro detto Matteo da Gualdo (1430c.- 1507), conservato nel Museo Civico di Rocca Flea a Gualdo Tadino. Questa opera viene realizzata per l’altare dedicato all’Immacolata Concezione nella Chiesa di Santa Maria dei Raccomandati di Gualdo Tadino, sede dell’omonima Confraternita, cui spetta l’allogagione del dipinto il 16 maggio 1497.
22. Psalterium Maius beatae Mariae Virginis e Miscellanea di orazioni, Pseudo-Bonaventura da Bagnoregio opera della scuola di Simon Marmion, Francia 1470 c., Parma, Biblioteca Palatina, Pal 59, f. 42r.
23. Rosarium, 1530 c. opera di Simon Bening, Dublino, Chester Beatty Library, Western 99, f. 12v. Nella miniatura è rappresentato un paesaggio nel quale la scena vive, che è costituito interamente da elementi simbolici tratti dall’Antico Testamento, esplicitati da dei cartigli recanti scritte, con titoli tutti riferiti all’immagine dell’Immacolata Concezione: turris David (Ct 4, 4); civitas Dei (Sal 8,3); cedrus esaltata (Eccli 24, 19); porta coeli (Gen 28, 17); fons hortorum (Ct 4,15); puteus acquarum viventium (Ct 4,15); planctatio rosae (Ct 4, 12); hortus conclusus (Ct 4,12); speculum sine macula (Sap 7, 26); virga Jesse (Is 11, 1); electa ut sol (Ct 6,9); pulcra ut luna (Ct 6, 10). Alcuni di questi titoli entreranno direttamente nell’iconogra@ia mariana con il compito di descriverla come creatura speciale anche in contesti che apparentemente non descrivono l’attributo di Immacolata. 24. Scuola del Pinturicchio, Immacolata Concezione, tempera su tavola,1510 c., Stoccolma, Nationalmuseum, inv. NM 2067. La tavoletta costituiva il piatto anteriore della coperta di un libro in pelle che recava impressi due medaglioni, il Cristo coronato di spine sulla parte anteriore e San Francesco che riceve le stimmate su quella posteriore. Sul piatto posteriore si trovava un’altra tavoletta con un’iscrizione in volgare, in caratteri maiuscoli in oro su fondo rosso, particolarmente interessante per spiegare l’immagine dipinta: «Senpre pro patre et @iglio et spiritu sancto. In creato immenso et in@inito la matre de Jesu nel trino manto hebbe lo suo @igliolu stabilito nanzi creasse el mundo el verbo sancto. Gli angeli l’onoraru nell’alto sito prima che mai el mondo fosse creato. El
25 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 Delle Arti
@igliolu nella matre era incarnato», Cfr. AA. VV. Una donna vestita di sole, catalogo della mostra a cura di Morello G., Francia V., Fusco R., Milano 2005, pp. 176-177.
25. Carlo Crivelli, Tavola di Pergola, tempera su tavola datata 1492, Londra, National Gallery. L’Eterno Padre invia lo Spirito Santo sulla bellissima @igura di Maria mentre, mediante un cartiglio, viene rivelata quasi l’autocoscienza della Vergine che recita: «Ut in mente Dei ab inizio concepta fui ita et facta sum». L’immagine è circondata da una natura morta, allegoria degli attributi mariani dell’Immacolata, tra cui spicca un cetriolo che rimanda immediatamente al passo di Isaia (Is 1, 8-9). Cfr. Zampetti P., Carlo Crivelli, Firenze 1986, pp. 298-299.
26. Is 1, 8-9.
27. Maria è il tabernacolo vivente: si coglie cosı̀ in questo punto anche il senso Eucaristico esplicito del dipinto. Questo signi@icato cosı̀ ricco della iconogra@ia mariana non nasce nel Medioevo o nel Rinascimento, ma ha il suo frutto maturo già nell’VIII secolo, nel periodo della tarda Patristica, infatti Andrea di Creta, richiamandosi ad innumerevoli brani biblici, li trasforma in altrettante immagini descrittive di Maria, offrendo cosı̀ un materiale Nigurativo al quale in seguito gli artisti attingeranno a piene mani, elaborando pian piano tutta l’iconogra@ia mariana. Cfr. Andrea di Creta, Canone sulla Santa e nonna di Dio Anna, in J .P. Migne, Patrologiae cursus completus, series greca, Parigi, 1857-66, vol. 97, pp. 1305-1315.
28. Cfr. Levi D’Ancona M., The Garden of the Renaissance. Botanical symbolism in Italian painting, Firenze 1977, per il signi@icato della pesca: pp. 294-296; per il signi@icato delle prugne: pp. 311-312.
29. Lc 1, 35.
30. Is 7,14.
31. San Gerolamo, Omelie sui Vangeli, cit., pp. 163-164.
32. Il testo dell'Exultet, che si legge ancora oggi nel corso della Veglia pasquale, discende da una redazione duecentesca @issata da papa Innocenzo III. A sua volta, questo si fonda su una tradizione più antica, rimasta pressoché invariata nel corso dei secoli. «O certe necessarium Adae peccatum, quod Christi morte deletum est! O felix culpa, quae talem ac tantum meruit habere redemptorem!».
33. Il Concilio di Nicea I (325) de@inisce che il Verbo, vero Dio generato da vero Dio, è consustanziale al Padre. Il Concilio di Costantinopoli I (381) proclama lo Spirito Santo procedere dal Padre e con il Padre e il Figlio è adorato e glori@icato. Il Concilio di Efeso (431) afferma che Maria è madre di Dio (Theotókos). Il Concilio di Calcedonia (451) precisa che Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è una sola persona in due nature, senza confusione né cambiamento, senza divisione, né separazione. Il Concilio di Costantinopoli II (533) sottolinea l’unità della Persona del Verbo incarnato. Il Concilio di Costantinopoli III (680-681) ritorna sulle due nature dell’unica Persona di Cristo per affermare l’esistenza di due volontà . Il Concilio di Nicea II (787) giusti@ica il culto delle immagini alle quali è dovuta “adorazione d’onore” e non di “latria”. Il Concilio di Costantinopoli IV (869-870) condanna e depone Fozio, patriarca di Costantinopoli.
34. Cant 5, 2.
35. Sal 120, 4.
36. S. Girolamo, op. cit.
37. Papa R., Caravaggio. Vita d’artista, Firenze 2002,2006; Id. Caravaggio. Gli ultimi anni, Dossier n. 205, Giunti, Firenze 2004; Id. Caravaggio. Gli anni giovanili, Dossier n. 217, Giunti, Firenze 2005; Id. Caravaggio pittore di Maria, Milano 2005.
38. Cfr. Pomarici F., Il presepe di Arnolfo di Cambio: nuova proposta di ricostruzione, in “Arte medievale”, II serie, II,
1988, 2, pp. 155-174; Tomei A., Arnolfo di Cambio, Dossier n. 218, Giunti, Firenze 2006.
39. Lc 2, 7.
40. San Gerolamo, Omelie sui Vangeli, cit., p. 160.
41. Ibid., p. 166.
42. Cfr. Francia V., op. cit., . Generalmente si sottolinea la posizione immacolista dei Francescani, ma anche tra i Domenicani furono più numerosi coloro che scrissero a favore, piuttosto quelli che argomentarono contro la Immacolata Concezione (affermata dogmaticamente nel.1854 con la Bolla Ineffabilis Deus del Beato Pio IX).
43. Nelle Canzonette Spirituali. Per la scuola di S. Rocco di Cento. Da cantarsi avanti la sacra immagine della Beata Vergine del Presepio emergono chiaramente tutti i temi legati alla Immacolata Concezione, alla Madre di Dio, alla sempre Vergine Maria, @ino a cantare tutti gli attributi mariani veterotestamentari, condensati per esempio nelle Litanie Lauretane, che in alcuni di questi brani fanno da struttura antifonaria dello sviluppo compositivo delle medesime Canzonette.
26 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V
42 – Novembre – Dicembre 2022 Delle Arti
n.
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383
Un chiostro cui ridare voce
Ciro Lomonte
Dal turista al viaggiatore. Qualcuno ha detto che il Duomo di Monreale è un’icona quadridimensionale. La pittura è un codice artistico che impiega due dimensioni, la scultura tre. L’architettura comporta anche la relazione che l’uomo instaura con gli ambienti percorrendoli, il che richiede la dimensione del tempo. Nel Duomo di Monreale si può restare accecati dai bagliori spettacolari dei suoi mosaici. Bisogna invece predisporre la vista allo splendore di un organismo con una sua vita, che comprende tutti gli ambienti dell’abbazia (compreso lo splendido chiostro), del palazzo arcivescovile, del palazzo reale. Esso non è il “complesso monumentale” di Guglielmo, perché si ridurrebbe a straordinaria cornice morta di un mor-
to, un grandioso epitafTio. Esso non è un museo (come spiegava Marcel Proust nel 1904 in La morte delle cattedrali), perché non si comprende se lo si guarda con l’occhio distratto del turista in canottiera, pantaloncini ed infradito, che vaga per le navate con l’atteggiamento annoiato di chi cerca gli stessi intrattenimenti offerti ad Euro Disney. Esso è un capolavoro di arte sacra, concepito dalla mente umana per Tinalità ben precise. Se quegli scopi verranno sacriTicati al superTiciale consumismo contemporaneo, il Duomo si trasformerà in involucro muto rispetto alla domanda di bellezza dell’animo umano.
IL CUORE DELLA GIORNATA BENEDETTINA
Il Duomo di Monreale, prima ancora di essere Cattedrale, è la chiesa di un monastero. Nel 1176, due anni
Cultura
[online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 28
Theriaké
Capitelli in cui Guglielmo II è raffigurato nell’atto di offrire il Duomo alla Madonna. Foto: Kunsthistorisches Institut in Florenz - Max-Planck-Institut, Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione "A. Faedo" (CNR), https://cenobium.isti.cnr.it/monreale
Figura 1.
Ciro Lomonte (Palermo 1960) è un architetto, personaggio pubblico e politico, esperto in arte sacra.
Dopo la maturità ha studiato presso le facoltà di architettura dell’Università di Palermo e del Politecnico di Milano.
Dopo la laurea ha iniziato a lavorare presso studi privati di architettura; in uno di essi conobbe l’architetto Guido Santoro, con il quale strinse amicizia e sodalizio professionale.
Dal 1987 al 1990 ha partecipato all’elaborazione del piano di recupero del centro storico di Erice.
Nel 1988 inizia le sue ricerche nel campo dell’arte sacra. Ha partecipato alla rideTinizione di molte chiese, in particolare Maria SS. delle Grazie a Isola delle Femmine, Maria SS. Immacolata a Sancipirello, Santo Curato d’Ars a Palermo ed altre. Attualmente, insieme a Guido Santoro, sta adeguando l’interno della chiesa di Santa Maria nella città di Altofonte vicino Palermo.
Dal 1990 al 1999 ha diretto la Scuola di Formazione Professionale Monte Grifone (attuale Arces) a Palermo.
Dal 2009 è docente di Storia dell’Architettura Cristiana Contemporanea nel Master di II livello in Architettura, Arti Sacre e Liturgia presso l’Università Europea di Roma.
Nel 2017 e nel 2022 è stato candidato sindaco di Palermo per il partito indipendentista Siciliani Liberi, di cui è stato eletto Segretario Nazionale nel 2018.
El autore e traduttore di numerosi libri e articoli dedicati alla architettura sacra contemporanea.
Nel 2009, insieme a Guido Santoro, ha pubblicato il libro “Liturgia, cosmo, architettura” (Edizioni Cantagalli, Siena).
dopo l’inizio della costruzione, arrivarono qui cento monaci cluniacensi guidati da Teobaldo, destinato ad esserne il primo abate. Il re normanno prese questi cento monaci da Cava dei Tirreni, in Campania, e li trasferı̀ qui. Questo chiostro spiega, dunque, la vita della comunità benedettina. Come sempre il nord è quello destinato alla chiesa, l’est alla sala capitolare (da qui si accede al coro della chiesa), il sud è per il dormitorio, e l’ovest è la zona del refettorio. In realtà nella regola di San Benedetto non viene spiegato di preciso cosa sia il chiostro, però di fatto è un luogo talmente importante per la vita monastica da dare il nome a tutto; perché il termine “chiostro” viene da “clausura”, quindi un luogo dentro il quale i monaci si ritirano e si separano dal mondo. Guglielmo II, ultimo re normanno, volle costruire un monastero che fosse anche sede episcopale (tuttora Monreale, pur essendo ad 8 km da Palermo, è una delle diocesi più grandi della Sicilia che ne conta complessivamente 18). Si può dire che Monreale sia un artiTicio amministrativo dei normanni, poiché la costruzione della cattedrale non fu l’espressione della vita di quel luogo bensı̀ una volontà precisa dello stesso re normanno. Monreale signiTica, infatti, “montagna del re” e corrisponde alla parte più alta del parco reale di Palermo, il Genoardo.
IL LINGUAGGIO ARCHITETTONICO
L’esistenza di un presunto stile arabo-normanno, per quanto radicato nella vulgata corrente, è un grosso equivoco. Gli studiosi parlano piuttosto di siculo-
normanno oppure bizantino-normanno. Gli arabi (o meglio i musulmani di differenti etnie) sbarcano a Mazara del Vallo nell’827, conquistano la Sicilia in quasi 140 anni di guerre e rimangono Tino all’avvento degli Altavilla. I normanni entrano nel 1061, da Messina, e liberano in 30 anni la Sicilia. Nel 1091 controllano già tutto il territorio, in 300 cavalieri, mentre gli islamici erano arrivati dal Nord Africa a migliaia.
Perché gli storici dipingono la Sicilia “araba” come un’isola felice? Perché sostengono che tutto ciò che di buono c’è in Sicilia sia arabo? Perché in realtà dell’epoca musulmana, dei loro monumenti, non abbiamo niente. Si dice che a Palermo ci fossero 300 moschee. Dove sono Tinite queste moschee? Si dice che i cattolici, a cui gli storici attuali ovviamente fanno fare la parte dei cattivi nella narrazione, abbiano demolito tutte le moschee. Questo, dal punto di vista storicoartistico, è un controsenso. Se una cosa è bella di solito viene trasformata, non demolita. Basti pensare alla grande moschea di Cordova. In quel momento, sotto gli arabi, Cordova e Palermo erano le città più popolose del mediterraneo, circa 300.000 abitanti. FilosoTia, matematica, arte, e cosı̀ via dicendo, si sono sviluppate per l’estensione e la ricchezza dell’impero islamico nel suo periodo d’oro, nonostante il Corano, perché il Corano nega il valore della ragione. Possiamo paragonare gli arabi alle api: gli arabi, cosı̀ come le api, vanno di Tiore in Tiore e permettono che i Tiori vengano fecondati, ma non sono loro che hanno il polline, sono solo portatori. Cosı̀ la loro presenza nel
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
Cultura
29
Mediterraneo, in Africa ed in Asia, ha permesso lo sviluppo di un’arte che non è loro, è una sintesi. Quando si concludeva la liberazione della Sicilia ad opera degli Altavilla, nel 1091, gli arabi non avevano ancora sviluppato un’arte propria. Le grandi architetture realizzate in Spagna sono di epoche successive. La Sicilia è , dunque, un laboratorio unico di architettura perché fra il 1130, anno in cui Ruggero II venne incoronato, ed il 1189, anno della morte di Guglielmo II, si vivono 60 anni di avventure edilizie meravigliose, originali, che producono forme presenti solo in questa terra. Questo laboratorio prende il meglio della cultura normanno francese, normanno inglese, nordafricana, persiana, bizantina di Bisanzio e bizantina di Venezia. El un’arte unica, difTicile da capire applicando schemi razionalisti, la cui prodigiosa ricchezza è anche la sua debolezza.
L’arte siculo normanna si colloca in un preciso momento dell’evoluzione dell’architettura:
i) per i greci, l’ediTicio a cui gli architetti prestavano maggiore attenzione era il tempio; dal momento che l’accesso al tempio era consentito soltanto ai sacerdoti e non ai fedeli, gli architetti
lo disegnavano concentrandosi sulle proporzioni che la gente avrebbe apprezzato da fuori; perciò il tempio era concepito come una grande scultura;
ii) i romani, invece, lavoravano sui volumi; furono loro ad inventare le volte a sezione circolare e in particolare la cupola; ma avevano un tale complesso di inferiorità nei confronti dei greci che non si resero conto pienamente di aver elaborato qualcosa di nuovo, l’architettura in quanto arte; iii) i bizantini si impadronirono dei progressi dei romani e vi aggiunsero i valori simbolici; la loro è la prima vera architettura in senso stretto; si può dire che la chiesa più bella del mondo sia Santa SoTia di Bisanzio, dove i volumi e tutto l’interno sono interamente signiTicativi, nascono dalla liturgia e hanno come scopo la liturgia; si tenga pure conto che un luogo importante per l’incubazione dell’architettura cristiana era stato la Siria (lı̀ si passò dalle domus ecclesiae alle prime chiese);
iv) l’Islam prende gli apporti dei romani, dei siriani, dei bizantini, dei persiani (che avevano una pro-
Cultura 30 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
Figura 2. Il chiostro, il dormitorio, la fontana, il refettorio. Foto: Kunsthistorisches Institut in Florenz - Max-Planck-Institut, Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione "A. Faedo" (CNR), https://cenobium.isti.cnr.it/monreale
pria cultura architettonica molto antica), e li fa diventare architettura islamica; per esempio la sagoma degli archi del chiostro, che in italiano viene chiamata ogiva, è molto usata nella cultura fatimita ma è di origini normanne e persiane; l’arco ad ogiva ha un’efTicienza statica molto migliore di quello gotico, le forze si scaricano meglio, infatti gli archi sono retti da colonnine molto esili;
v) in più i normanni utilizzarono ciò che i benedettini avevano sperimentato in Francia e in Inghilterra; la cattedrale di Palermo, per esempio, fa riferimento alla cattedrale inglese di Durham. I cavalieri normanni giungono in Sicilia, infatti, da Hauteville, un piccolo villaggio in Normandia. Da quella terra parte anche Guglielmo il Conquistatore, per impadronirsi dell’Inghilterra. Queste parentele sono evidenti anche dentro il Duomo di Monreale. Sotto al Pantocratore vi è infatti un mosaico rafTigurante S. Tommaso Becket (Guglielmo permise di inserirlo in quanto Enrico II, padre di sua moglie Giovanna, aveva ottenuto il perdono dal Papa per l’omicidio dell’Arcivescovo di Canterbury).
PIETRE ELOQUENTI
Alcuni protagonisti della simbologia medievale, come Guillaume Durand de Mende, sostengono che la chiesa sia immagine della Gerusalemme Celeste. Quando si entra si è già in cielo. Il chiostro è il paradiso, dove si superano le divisioni (in realtà , a Monreale, era il sagrato che veniva chiamato paradiso). Nel chiostro si trovava una varietà di piante simboliche propria del paradiso; adesso ve ne sono soltanto quattro (una palma, un ulivo, un Tico ed un melograno), ma è giusto un pallido ricordo del giardino originale che era molto più ricco.
Il chiostro presenta una pianta quadrata proprio come i cortili delle case dell’architettura romana. Nel chiostro i monaci lavoravano, passeggiavano, vi erano anche degli scrittoi. I monaci, infatti, non potevano rimanere nelle celle di giorno. La forma è simile al quadriportico delle chiese paleocristiane. Qui però l’accesso al giardino è possibile soltanto da quattro varchi, individuati secondo i punti cardinali. Ci sono dei muretti, che separano la parte coperta da quella a cielo aperto. Sui muretti sono poggiate le colonne, che pertanto sono meno alte di quelle dei peristili romani o dei quadriportici.
Cultura 31 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022
Figura 3. Il chiostro, il refettorio, il Duomo, la sala capitolare. Foto: Kunsthistorisches Institut in Florenz - Max-Planck-Institut, Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione "A. Faedo" (CNR), https://cenobium.isti.cnr.it/monreale
Una delle questioni su cui ancora oggi si conducono degli studi è quella dell’orientamento del Duomo di Monreale rispetto al sorgere del sole. Nel Medioevo per tracciare pianta e alzato delle architetture si usavano criteri legati alla longitudine e latitudine del luogo, di antica tradizione (vengono descritti nel De Architectura di Vitruvio). Si usava lo gnomone, l’asta di una meridiana con cui si studiavano le ombre del sole e si capiva in quale posizione ci si trovava. Probabilmente il Duomo è stato costruito con l’asse principale rivolto al sorgere del sole il 15 agosto, festa dell’Assunzione di Maria. L’ombra del mezzogiorno del solstizio d’inverno (janua coeli) determina il centro del chiostro; quella degli equinozi (le due annunciazioni) il lato della fontana (in posizione ango-
lare piuttosto che centrale); quella del solstizio d’estate (janua inferi) il vialetto perimetrale. Il chiostrino della fontana è illuminato solo sei mesi all’anno. Negli equinozi il piano d’ombra seca la linea d’imposta degli archi. Sempre dal muro del dormitorio l’8 settembre il piano d’ombra a mezzogiorno fa funzionare come gnomone l’albero del chiostrino, dando senso all’ottagono di base. Il 21 giugno l’ombra ricade tutta dentro la vasca.
In realtà noi abbiamo una percezione diversa rispetto ai costruttori del monastero, a causa del cambiamento di calendario avvenuto nel 1582, quando al posto del calendario “giuliano” è stato introdotto quello “gregoriano”, che contempla un anno bisestile (un giorno in più ogni 4 anni). Questo cambiamento
32 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 Cultura
Figura 4. Capitello. Foto: Per-Erik Skramstad © wondersofsicily.com
Figura 5. Il chiostrino della fontana. Foto: Kunsthistorisches Institut in Florenz - Max-Planck-Institut, Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione "A. Faedo" (CNR), https://cenobium.isti.cnr.it/monreale
ha prodotto uno sfalsamento di circa una settimana tra la data del fenomeno nel XII secolo e quella odierna.
In alcuni chiostri medievali i capitelli obbediscono ad una narrazione unitaria, argomento trattato da Marius Schneider in “Pietre che cantano”. L’autore, un grande musicologo tedesco, ha studiato alcuni chiostri catalani e ha trovato che i capitelli di quei chiostri corrispondevano ad una notazione musicale tipica dell’India. Le note musicali erano rappresentate da animali.
I chiostri erano orientati e i capitelli erano disposti lungo un percorso che andava dalla natività di Giovanni Battista alla natività di Gesù , alla Pasqua. Studiando un primo chiostro ha scoperto che i capitelli “suonavano” l’inno del santo di quel monastero. Pensando che fosse un caso ne ha studiato un altro ed ha trovato l’inno del santo di quell’altro monastero, e cosı̀ via. Quindi i nostri antenati non solo sapevano che questa è una chiesa, e non una moschea (come dicono alcune guide), ma sapevano anche leggerne i simboli.
Uno dei tre Tini dell’arte per le chiese non era quello di fungere da biblia pauperum (nel senso in cui lo
intendiamo noi oggi, cioè mostrare le storie della Bibbia al popolo analfabeta, che non è il senso con cui coniò l’espressione S. Gregorio Magno). L’arte sacra era piuttosto literatura laicorum, come sosteneva Onorio di Autun: erano libri per immagini, che i laici sapevano leggere. Li sapevano leggere perché guardavano il sole, le stagioni, la natura.
Le 228 colonnine del chiostro sono probabilmente sculture provenienti da altro sito. I capitelli non furono opera di maestranze locali. Gli studi formulati nel tempo hanno messo in evidenza le mani di ben cinque maestri scalpellini maggiori, tutti di formazione e linguaggio provenzali. L’unico che si Tirma è un certo Romano Tiglio di Costantino. Gli altri si distinguono dal tipo di fattura più o meno rafTinata.
UN’ABBAZIA DA VISITARE NEL SUO INSIEME
La comunità monastica benedettina di Monreale, già molto ridotta di numero, fu soppressa dalle leggi del neonato Regno unitario d’Italia e, dopo il 1866, anche il monastero venne depredato e smembrato.
Con il Regio Decreto n. 3036 del 7 luglio 1866 fu tolto il riconoscimento (e di conseguenza la capacità patrimoniale) a tutti gli ordini, le corporazioni, le con-
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 42 – Novembre – Dicembre 2022 33 Cultura
gregazioni religiose regolari, ai conservatori ed i ritiri che comportassero vita in comune ed avessero carattere ecclesiastico. I beni di proprietà degli enti soppressi furono incamerati dal demanio statale. Per la gestione del patrimonio immobiliare fu creato il Fondo per il Culto (oggi Fondo EdiTici di Culto). Nelle leggi del 1866 e 1867 non furono previste forme particolari di tutela dei beni artistici delle chiese e degli altri fabbricati monastici, anche se i direttori del demanio incaricati della vendita potevano porre tra le condizioni speciali, quanto ritenessero necessario per la conservazione di beni che contenessero monumenti, oggetti d’arte e simili. Di fatto ebbe luogo una tremenda dispersione di opere artistiche, di cui fu spesso distrutto o dimenticato il contesto storico culturale originario. Solo i più importanti beni artistici trovarono un riparo nei musei provinciali. Una procedura per evitare queste disastrose conseguenze almeno nel caso di complessi di eccezionale valore artistico venne prevista all’art. 33 della legge 3036, che dichiarava “monumenti nazionali” le abbazie di Montecassino, di Cava dei Tirreni, di San Martino delle Scale, di Monreale e la Certosa di Pavia.
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
Oggi il Duomo è retto dalla Arcidiocesi, che possiede anche l’episcopio e la parte corrispondente all’antica sala capitolare, nella quale è collocato il Museo Diocesano. Il chiostro e l’antico dormitorio, recentemente riaperto dopo un lungo intervento di adattamento, sono di proprietà della Regione Siciliana. Il refettorio in cui è ospitata la sala consiliare e gran parte del monastero, compresa la ricchissima biblioteca benedettina, sono usati dal Comune di Monreale. Il palazzo reale con l’annessa Biblioteca Torres, molto prestigiosa per i lasciti del suo fondatore è invece di proprietà del seminario. Sarà possibile un giorno reintegrare l’unità del Monastero di S. Maria la Nuova, coerentemente con gli intenti del suo nobile fondatore?
– Dicembre 2022 34 Cultura
Anno V n. 42 – Novembre
Figura 6. Basi delle colonne. Foto: Kunsthistorisches Institut in Florenz - Max-Planck-Institut, Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione "A. Faedo" (CNR), https://cenobium.isti.cnr.it/monreale
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383