Theriaké Luglio/Agosto 2022

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Theriaké

EDITORIALE di Ignazio Nocera

GALENICA /3

Preparazioni ad uso orale di Carlo Squillario

IL TÈ AL GELSOMINO

Tecniche di produzione e proprietà di Carmen Naccarato

CONTRIBUTO PER UNA STORIA ICONOGRAFICO-ICONOLOGICA DELLA MORTE (II parte) di Rodolfo Papa

NARO, LA CHIESA DI S. FRANCESCO D’ASSISI E LA SUA SAGRESTIA di Irene Luzio

IL CASO DEL MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE “LANDOLINA” DI MARIANOPOLI

Considerazioni a margine per la pubblicazione del libro A Mitistrato. Un Patrimonio nel Paesaggio dell’Anima. Archeologia e Memoria nei Musei di Marianopoli di Carmelo Montagna

MOSAICI DELLE BASILICHE ROMANE DI S. PUDENZIANA E DEI SS. COSMA E DAMIANO

Confronto e lettura critica dell’esegesi musiva di Domenico Di Vincenzo

LA SCOPERTA DELLA VITAMINA B1 di Giusi Sanci

RIVISTA BIMESTRALE Anno V n. 40 Luglio - Agosto 2022 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509

4 Editoriale

IL GIARDINO DELLE ESSENZE

In una calda serata di luglio, al giardino della Kolymbethra i festeggiamenti per il quinto anno di pubblicazione di Theriaké

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Medicamentum fiat secundum artem

GALENICA /3

Preparazioni ad uso orale

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Fitoterapia & Nutrizione

IL TÈ AL GELSOMINO

Tecniche di produzione e proprietà

14 Delle Arti

CONTRIBUTO PER UNA STORIA ICONOGRAFICOICONOLOGICA DELLA MORTE (II parte)

24 Cultura

NARO, LA CHIESA DI S. FRANCESCO D’ASSISI E LA SUA SAGRESTIA

30 Cultura

IL CASO DEL MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE “LANDOLINA” DI MARIANOPOLI

Considerazioni a margine per la pubblicazione del libro A Mitistrato. Un Patrimonio nel Paesaggio dell’Anima. Archeologia e Memoria nei Musei di Marianopoli

38 Cultura

MOSAICI DELLE BASILICHE ROMANE DI S. PUDENZIANA DEI SS. COSMA E DAMIANO

Confronto e lettura critica dell’esegesi musiva

44 Apotheca & Storia

LA SCOPERTA DELLA VITAMINA B1

Responsabile della redazione e del progetto gra1ico:

Ignazio Nocera Redazione:

Valeria Ciotta, Elisa Drago, Rossella Giordano, Christian Intorre, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Francesco Montaperto, Carmen Naccarato, Silvia Nocera, Giusi Sanci.

Contatti: theriake@email.it

Theriaké via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG).

In copertina: Maestro del trionfo della morte, Il trionfo della morte, affresco. Palazzo Abatellis, Palermo.

Questo numero è stato chiuso in redazione il 10 – 8 – 2022

In questo numero:

Domenico Di Vincenzo, Irene Luzio, Carmelo Montagna, Carmen Naccarato, Ignazio Nocera, Rodolfo Papa, Giusi Sanci, Carlo Squillario.

Collaboratori:

Pasquale Alba, Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Francisco J. Ballesta, Vincenzo Balzani, Francesca Baratta, Renzo Belli, Irina Bembel, Paolo Berretta, Mariano Bizzarri, Elisabetta Bolzan, Paolo Bongiorno, Samuela Boni, Giulia Bovassi, C. V. Giovanni Maria Bruno, Paola Brusa, Lorenzo Camarda, Fabio Caradonna, Carmen Carbone, Alberto Carrara LC, Letizia Cascio, Matteo Collura, Alex Cremonesi, Salvatore Crisafulli, Fausto D'Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Irene De Pellegrini, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù , Gaetano Di Lascio, Danila Di Majo, Claudio Distefano, Clelia Distefano, Vita Di Stefano, Domenico DiVincenzo, Carmela Fimognari, Luca Matteo Galliano, Fonso Genchi, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Andrew Gould, Giulia Greco, Giuliano Guzzo, Ylenia Ingrasciotta, Maria Beatrice Iozzino, Valentina Isgrò , Pinella Laudani, Anastasia Valentina Liga, Vincenzo Lombino, Ciro Lomonte, Roberta Lupoli, Irene Luzio, Erika Mallarini, Diego Mammo Zagarella, Giuseppe Mannino, Massimo Martino, Carmelo Montagna, Giovanni Noto, Roberta Paci^ici, Roberta Palumbo, Rodolfo Papa, Marco Parente, Fabio Persano, Simona Pichini, Irene Pignata, Annalisa Pitino, Valentina Pitruzzella, Renzo Puccetti, Carlo Ranaudo, Lorenzo Ravetto Enri, Salvatore Sciacca, Luigi Sciangula, Alfredo Silvano, Carlo Squillario, Pierluigi Strippoli, Gianluca Tri^irò , Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Margherita Venturi, Fabrizio G. Verruso, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello.

Anno V n. 40 – Luglio – Agosto 2022

2 Sommario Theriaké [online]: ISSN 2724-0509

Il giardino delle essenze

In una calda serata di luglio, al giardino della Kolymbethra i festeggiamenti per il quinto anno di pubblicazione di Theriaké

Il 27 luglio scorso si è svolta al giardino della Kolymbethra una conferenza dal titolo Il giar dino delle essenze. Tra farmacopea, donazione di sé e teologia.

Abbiamo voluto questa serata per festeggiare il quinto anno di pubblicazione di Theriaké

Moderatore della serata è stato il giornalista Davide Sardo. L’apertura dei lavori è stata afPidata al diretto re generale dell’ASP di Agrigento, dott. Mario Carme lo Zappia; seguito dal saluto del dott. Pietro Amorelli, presidente di A.Ti.Far. Federfarma Agrigento.

Subito dopo, nel mio breve intervento, ho ripercorso il momento della nascita di Theriaké , quando alla Pine del 2017, fui incaricato, dal direttivo di A.Gi.Far. Agrigento, di occuparmi di una newsletter che potes se servire ad informare i colleghi sulle attività pro mosse da A.Gi.Far..

A tale scopo era stata inoltre costituita una redazione di una decina di colleghi. Fu allora che proposi, alla redazione e al comitato scientiPico di A.Gi.Far., di ab bandonare l’idea iniziale della newsletter, per redige

*Farmacista, responsabile della redazione di Theriaké. FotograPie di Domenico Borsellino.

re piuttosto un periodico in formato PDF, da poter consultare gratuitamente online

La proposta fu accettata, cosı̀ proposi anche il titolo della testata, e a gennaio del 2018 venne pubblicato il primo numero di Theriaké . Dapprima mensilmen te, e da gennaio 2020 con cadenza bimestrale.

Durante la fase di preparazione del primo numero, oltre a lavorare alla stesura del nostro contributo, iniziammo a cercare esperti che potessero collabora re con noi. E possiamo oggi affermare che sono molti gli accademici e gli studiosi che hanno accettato la nostra richiesta e pubblicato i proprı̂ articoli.

Una delle prime persone, alle quali mi rivolsi, fu Ro dolfo Papa, che avevo conosciuto a Palermo, in occa sione di una sua conferenza, alla quale fui inviato da Ciro Lomonte. Quella conferenza, su mio suggeri mento, fu riproposta con successo qualche tempo dopo ad Agrigento, presso la Biblioteca Lucchesiana.

Quando formulai al professor Papa la richiesta di collaborazione, avevo messo in conto un suo cortese diniego, dati i numerosi impegni, la sua autorevolez

Editoriale
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za e, per contro, la modestia della mia proposta. Il suo entusiasmo fu invece travolgente, tanto che mi sentii a quel punto investito da un grosso carico di responsabilità , per non deludere le sue aspettative.

In breve tempo ricevetti il suo primo articolo, con la precisazione che la sua rubrica si sarebbe dovuta intitolare “Delle arti”. Naturalmente non ebbi il co raggio di oppormi, e da quel momento iniziò un’assi dua collaborazione, che dura ancora oggi.

Rodolfo Papa aveva colto nel segno, e Theriaké di venne da subito un insieme ordinato di discorsi sulle “utili arti”, a partire dai discorsi sulle “belle arti” [1] estesi dal prof. Papa nella sua rubrica, che non a caso occupa, di solito, le pagine centrali.

In questo modo, il contributo offerto dall’esperto di ciascuna disciplina con il suo statuto, la sua auto nomia, la sua terminologia si trova poi ad essere inserito in un contesto più ampio, nel tentativo di offrire al lettore una visione interdisciplinare ed uni taria del sapere, in contrasto all’eccessiva frammen tazione attuale. Anche in questo senso Theriaké svol

ge appunto la sua funzione di antidoto, come vuole la traduzione letterale dal greco.

Il tema della serata è nato dall’idea di proporre ai partecipanti nella cornice unica del giardino della Kolymbethra le riPlessioni sul valore spirituale del giardino nella cultura occidentale, sviluppate da Ro dolfo Papa.

La conferenza di Rodolfo Papa è stata preceduta dal l’intervento del dott. Giacomo Scalzo, responsabile del Centro regionale sangue e trasfusionale, presso l’Assessorato regionale della Salute, organizzatore della serata insieme alla redazione di Theriaké . Dal l’intervento del dott. Scalzo è emersa, in tutta la sua gravità , la situazione attuale della donazione di san gue in Sicilia. Mancano infatti all’appello i donatori giovani, in grado di assicurare il ricambio generazio nale e il costante apporto di sangue ai soggetti talas semici e ai traumatizzati. La scarsa sensibilità dei giovani, delle famiglie e delle scuole rischia di causa re una grave carenza di sangue entro i prossimi dieci anni.

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Per questo è stata ribadita l’importanza dell’educa zione alla donazione in ambito scolastico e familiare.

Al termine dei lavori è stata offerta ai partecipanti una degustazione della birra monastica Hora bene dicta, dell’Abbazia di S. Martino delle Scale.

L’evento è stato patrocinato da A.Ti.Far. Federfarma Agrigento, A.Gi.Far. Agrigento, ASP1 Agrigento, dal Rotary Club Colli Sicani di Aragona, dall’Assessorato regionale della salute, dal Centro regionale sangue e trasfusionale, dall’Assessorato regionale dell’istru zione e della formazione professionale, dall’Assesso rato regionale dello sport del turismo e dello spetta colo; ed è stato sponsorizzato da Sineos.

Si ringrazia la delegazione FAI di Agrigento, ed in particolare la dott.ssa Federica Salvo, responsabile del giardino della Kolymbethra, per aver concesso l’uso del giardino.

La registrazione dei diversi momenti della serata è disponibile sul nostro sito.

Nota 1. Cfr. Papa R., Discorsi sull’arte sacra. Cantagalli, 2012, pp. 51-53.

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Galenica /3

Preparazioni ad uso orale

Terza puntata in cui, come potete intui re dal titolo, parleremo di preparazioni orali. Tutti voi avrete sicuramente su bito pensato alle capsule. Ma si posso no allestire sospensioni (quanti di voi hanno fatto l’ibuprofene per sopperire alla mancanza della specialità farmaceutica?), le compresse (un po’ più complicate da fare), gli scirop pi e le ultime novità in farmacia: le caramelle, le compresse spatolate e i Milm orodispersibili. Partiamo dalle più semplici: le soluzioni. Sono quelle più facilmente replicabili in farmacia. Tra le soluzioni possiamo pensare a delle gocce con tinture madri, o agli sciroppi, dai più semplici composti da una parte di acqua e 2 di zucchero, Mino a quelli creati ad hoc non diabetogenici con acqua preservata e geliMicanti, come la gomma xantano o la carbossimetilcellulosa e dolciMicanti, come, ad esempio, sucralosio o ammonio glicirrizinato.

Le sospensioni sono sempre state ritenute ostiche da preparare, ma adesso grazie alle ditte specializza te in galenica esiste la possibilità di fare ricorso a basi pronte, che permettono di allestirle molto più facilmente. Inoltre, sono disponibili in letteratura scientiMica studi relativi alla stabilità e alle condizioni di stoccaggio da mantenere.

Le capsule ormai sono parte integrante del laborato rio. Ci sono 8 formati, ma quelli che vengono mag giormente usati sono 2 e 3. Permettono l’allestimen to di una moltitudine di polveri, principi attivi, estratti secchi. State però sempre attenti alla granu lometria, alle proprietà di scorrevolezza e igroscopi cità . In base a questi fattori userete, a vostra discre zione, uno o più eccipienti.

Sulle compresse direi che ci sarebbe un mondo die tro, che meriterebbe un’analisi a parte, poiché , anche solo nella formulazione, necessitano sempre studi e prove in base a svariate condizioni anche climatiche, e la comprimitrice in farmacia è sempre più rara.

Vorrei invece sottoporre alla vostra attenzio ne, alcune delle più recenti for me di dosaggio orali.

Le caramelle. Sono una delle ultime forme farmaceutiche con cui creare la vostra linea, per esempio per la gola o per le afte.

Le compresse spatolate sono venute alla ribalta so prattutto in veterinaria e in pediatria. Sono relativa mente semplici da allestire. Necessitano di piastre particolari e molto allenamento, per cercare di stan dardizzare il metodo di preparazione.

Film orodispersibili. Che dire di queste forme? Le abbiamo viste soprattutto in commercio per la vita mina D. Ma quando ho scoperto il modus operandi e la possibilità di utilizzo, ho fatto di tutto per avere gli strumenti e le sostanze da utilizzare.

Spero anche oggi di aver solleticato la vostra curiosità . Alla prossima e come sempre, W la galeni ca!

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Il tè al gelsomino Tecniche di produzione e proprietà

Il gelsomino è una pianta che afferisce al gene re Jasminum e alla famiglia delle Oleaceae Sono numerose (circa 200) le specie di gelso mino coltivate nei giardini a scopo ornamenta le, apprezzate per l’abbondante e profumatis sima Iioritura estiva-autunnale. Il gelsomino è un arbusto rampicante, originario dell’Asia e diffuso in Europa, generalmente poco resistente ai climi freddi, ma perfetto per i climi temperato-caldi; rag giunge anche 4-6 metri; sono decidue alcune specie, altre invece sempreverdi. Le foglie sono opposte e composte, prive di stipole. I Iiori sono attinomorIi, tetrameri ed ermafroditi, riuniti in inIiorescenze.

Presentano una corolla gamopetala. L’androceo è costituito da due stami epicorollini, il gineceo è bi carpellare sincarpico, l’ovario è supero. L’impollina zione entomoIila avviene ad opera di api, ditteri e farfalle [1]. La colorazione dei Iiori, a seconda della specie, varia dal bianco, al bianco con sfumature rosa, al giallo e al rosso. Il frutto è una bacca di colore nero. Le specie più note sono J. of0icinale (gelsomino co mune), J. grandi0lorum (gelsomino di Spagna o di Sicilia) dai Iiori più grandi è più profumati, J. azori cum (gelsomino trifogliato) e J. polyanthum (gelso mino marzolino). Specie più rustiche, a Iiore giallo e

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*Farmacista
Figura 1. Jasminum grandiflorum. Foto di Ignazio Nocera.

Iioritura a Iine inverno sui rami nudi, sono J. nudi0lo rum (gelsomino di San Giuseppe) e il J. primulinum (gelsomino primulino).

L’olio essenziale, dalla caratteristica profumazione, è contenuto nelle cellule epidermiche dei petali, è ado perato dall’industria dei profumi [2], dall’industria alimentare, in aromaterapia, e nei massaggi. Fra i numerosi componenti, lo jasmone (un chetone) è da tempo noto ed è il principale responsabile dell’odore [3].

I Iiori di gelsomino sono utilizzati nell’industria ali mentare in modo particolare per aromatizzare il tè . Il tè al gelsomino è una bevanda della tradizione cine se, gradita anche in Occidente. Il tè al gelsomino è apprezzato dal pubblico per il suo sapore e il tipico aroma. EV ottenuto ricorrendo a tec niche lunghe e laboriose, chiamate “processi di pro fumazione”, durante i quali i Iiori di gelsomino entra no in contatto con le foglie di tè , cedendo le sostanze volatili. Al termine del processo di profumazione, i Iiori vengono rimossi; i tè al gelsomino di qualità migliore sono infatti privi dei frammenti di Iiore, che rilascerebbero un sapore amaro in fase di infusione.

In letteratura scientiIica sono disponibili studi relati vi a diversi processi di profumazione, all’analisi dei composti volatili, e all’attività biologica che può van tare il tè di gelsomino.

Il metodo di profumazione tradizionale prevede che opportune quantità di Iiori di gelsomino vengano miscelate alle foglie di tè su dei graticci, in condizioni di temperatura ed umidità controllate, Iino a comple ta essiccazione. Durante il processo la massa di Iiori e foglie viene adeguatamente rimestata.

Uno studio di Zhang e coll. analizza i vari processi di profumazione, e propone un nuovo processo, che si differenzia dal metodo tradizionale per una diminu zione dello spessore della massa, per consentire di ridurre la temperatura, prolungare il processo di pro fumazione, evitando brusche variazioni del contenu to di acqua, e la conseguente comparsa di cattivi sa pori ed odori [4].

Nel medesimo studio, sono stati isolati e quantiIicati i componenti volatili presenti sia nel Iiore di gelso mino, che nel relativo tè durante tutto il processo estrattivo della profumazione, attraverso gas-croma tograIia interfacciata con spettromoetria di massa (GC-MS) [5].

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Figura 2. J. grandiflorum. Foto di Ignazio Nocera

Sono stati isolati 71 e 78 composti volatili, rispetti vamente nel gelsomino e nel tè al gelsomino. Nello speciIico: 24 terpeni, 9 alcoli, 24 esteri, 6 idrocarburi, 1 chetone, 3 aldeidi, 2 composti azotati e 2 composti ossigenati nel gelsomino; 29 terpeni, 6 alcoli, 28 esteri, 8 composti azotati, 1 aldeide e 6 altri composti nel tè al gelsomino. La quantità di composti volatili nel gelsomino e nel tè al gelsomino prodotti con il nuovo processo di estrazione, sono superiori rispetto alle quantità estratte con il procedimento tradiziona le [6].

Altri studi di Zhang e di Pragadheesh hanno dimo strato che i principali composti volatili del tè al gel somino sono cis-3-esenil acetato, linalolo, metil ben zoato, benzil acetato, α-farnesene, metil salicilato, cis-3-esenil estere dell’acido benzoico, metil antrani lato, e indolo [7].

Il tè al gelsomino è stato analizzato per la sua attività biologica, di seguito vengono riportati degli studi nei quali viene esaminata l’attività antidepressiva, ipo glicemizzante ed antiossidante.

Il numero delle persone che soffrono di disturbi del l’umore ed in particolare di disturbi depressivi è in continua crescita a livello mondiale. Disfunzioni del microbiota intestinale sono state correlate alla de pressione. Il meccanismo attraverso il quale il tè al gelsomino migliora lo stato depressivo attraverso l'asse cervello-intestino-microbioma non è ancora conosciuto. Un ulteriore studio di Zhang analizza l’effetto sui ratti con sintomi depressive-like attraver so la via del microbioma intestinale. Il tè al gelsomi no aumenta la varietà e la quantità del microbiota intestinale in ratti con depressione indotta da blando stress imprevedibile cronico. Analisi dimostrano la correlazione tra il differente microbioma (Patescibac teria, Firmicutes, Bacteroidetes, Spirochaetes, Elusimi crobia, e Proteobacteria) e relativi indicatori depres sivi (BDNF, GLP-1, e 5-HT nell'ippocampo e nella cor teccia celebrale). Combinato con la correlazione delle analisi del microbioma intestinale, il risultato indica che il tè al gelsomino potrebbe attenuare la depres sione nei ratti attraverso l'asse cervello-intestinomicrobioma [8].

In uno studio di Tang, viene esaminata l’attività ipo glicemizzante ed antiossidante di polisaccaridi (JPS) estratti dal tè di J. sambac, solubili in acqua e frazio nati in due sottounità (JSP-1 e JSP-2). La caratteristi ca più rilevante delle nuove sub-frazioni è stata de terminata da diverse tipologie di analisi di cromato graIia, spettrometria di massa, analisi a raggi infra rossi, risonanza magnetica nucleare [9].

Fisiologicamente, l'attività di JSP-1 e JSP-2 riguarda la riduzione di ioni Ferro, viene inoltre scacciato il radicale libero DPPH e anche i radicali idrossilici, cosı̀ come è stata confermata in vitro la protezione di cellule delle isole pancreatiche. JSP-1 esibisce mag giore attività antiossidante e ipoglicemica rispetto a

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JSP-2. I pesi molecolari di JSP-1 e JSP-2 sono rispetti vamente di 18,4 kDa e 14,1 KDa. JSP-1 è fatta di glu cosio, galattosio, ramnosio, xylosio, arabinosio e aci do galatturonico, mentre JSP-2 di una struttura a tri pla elica composta di galattosio, ramnosio, xylosio, arabinosio e acido galatturonico. Questi risultati aprono la strada a nuove prospettive farmacologiche per estratti polisaccaridici solubili in acqua da tè al gelsomino [10].

Bibliografia

1. Pasqua G. et al., Botanica generale e diversità vegetale. IV ed., Piccin, 2019, p. 461.

2. Maugini E. et al., Botanica farmaceutica, IX ed., Piccin, 2014, p. 556.

Ibid.

Zhang Y. et al.,. Analysis of Volatile Components of Jasmi ne and Jasmine Tea during Scenting Process. Molecules. 2022 Jan 12;27(2):479. doi: 10.3390/molecule s27020479. PMID: 35056794; PMCID: PMC8779377.

Ibid.

Ibid.

Zhang H.X. et al., Qualitative and quantitative analysis of 0loral volatile components from different varieties of Lilium spp. Sci. Agric. Sin. 2013, 46, 790–799. Pragad heesh V.S. et al., Monitoring the Emission of Volatile Or ganic Compounds from Flowers of Jasminum sambac Using Solid-Phase Micro-extraction Fibers and Gas Chro matography with Mass Spectrometry Detection. Nat. Prod. Commun. 2011, 6, 1333–1338.

8. Zhang Y. et al., Jasmine Tea Attenuates Chronic Unpredic table Mild Stress-Induced Depressive-like Behavior in Rats via the Gut-Brain Axis. Nutrients. 2021 Dec 27;14(1):99. doi: 10.3390/nu14010099. PMID: 35010973; PMCID: PMC8746588.

9. Tang Y. et al., Novel Antioxidant and Hypoglycemic WaterSoluble Polysaccharides from Jasmine Tea. Foods. 2021 Oct 7;10(10):2375. doi: 10.3390/foods10102375. PMID: 34681424; PMCID: PMC8535958.

10. Ibid.

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Contributo per una storia iconogra0ico-iconologica della morte (II parte)

L'angoscia della morte è sempre in ag guato nei pensieri degli uomini, nel l'impossibilità di sfuggire al destino naturale comune a tutti gli esseri vi venti, come testimonia un drammati co passo del profeta Isaia:

«Io dicevo: "A metà della mia vita / me ne vado alle porte degli inferi; / sono privato del resto dei miei anni". // Dicevo: "Non vedrò più il Signore / sulla terra dei viventi / non vedrò più nessuno / fra gli abitanti di que sto mondo. // La mia tenda è stata divelta e gettata lon tano, / come una tenda di pastori. / Come un tessitore hai arrotolato la mia vita, / mi recidi dall'ordito. / In un giorno e una notte mi conduci alla Qine". // Io ho gridato Qino al mattino. / Come un leone, cosı̀ egli stritola tutte le mie ossa. / Pigolo come una rondine / gemo come una colomba» (Is 38, 10-14).

Nel corso della storia, attorno all'orrore della morte si sono prodotti molti sistemi di pensiero e molte visioni del mondo. A volte, è sembrato che l'arte stes sa offrisse il rimedio, nel tentativo di volgere, anche solo per un istante, a favore dell'uomo, l'impari lotta con l'annientamento totale che la morte produce. Convinto che la bellezza dei suoi versi gli avrebbe reso l'immortalità , Quinto Orazio Flacco scriveva:

«Ho innalzato un monumento più perenne del bronzo e più alto del regale riposo delle piramidi, che non possano distruggere né la pioggia che corrode, né l'Aquilone sfre nato, né la serie inQinita degli anni, né la fuga del tempo. Non morirò del tutto, ma gran parte di me riuscirà a sfuggire a Libitina: io crescerò rinnovandomi di continuo nella gloria postuma, Qinché il ponteQice massimo con la vergine silenziosa salirà al Campidoglio. Si dirà che io - là dove l'Ofanto violento risuona e dove Daunio povero d'acque regna sui popoli contadini, da umile divenuto grande, abbia per primo trasferito la poesia eolica in ritmi italici. Melpomene, va' orgogliosa di ciò che hai conseguito meritatamente e cingimi propizia con la co rona d'alloro delQico la chioma» (Carmina, III, 30)

In Orazio la fama dell'arte poetica diviene mezzo per raggiungere l'immortalità , l'endecasillabo diviene la forma di un monumento che, stando alle sue stesse

parole, non si consuma. La poesia garantisce, Qinché è recitata o letta, l'immortalità del poeta, o forse, do vremmo dire, la memoria ammirata del poeta. Cer tamente, l'arte percorre una via che può condurre alla fama, ma anche questa, come tutte le cose del mondo, è destinata a perire.

La prospettiva cristiana, pur rispettando le arti e il valore della bellezza come mezzo di ediQicazione mo rale e di cultura, s'interroga sul valore di queste in maniera diversa. L'arte è in sommo grado il luogo della rappresentazione della bellezza e perciò stesso della verità e di ciò che è buono, ma non è il luogo

Luglio

Delle Arti
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Figura 1. Monumento funebre di Cangrande della Scala, ingresso laterale della chiesa di S. Maria Antica, Verona.

Delle Arti

Rodolfo Papa, PhD. Pittore, scultore, teorico, storico e Qilosofo dell'arte. Esperto della XIII Assem blea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Accademico Ordinario della PontiQicia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Docente di Arte Sacra, Tecniche Pittori che nell’Accademia Urbana delle Arti. Presidente dell'Accademia Urbana delle Arti.

docente di Storia delle teorie estetiche, Storia dell’Arte Sacra, Traditio Ecclesiae e Beni Cultura ia dell’Arte Sacra (Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant'Apollinare, Roma; Master II Livello di Arte e Architettura Sacra della Università Europea, Roma; Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; PontiQicia Università Urbaniana, Roma; Corso di Specializzazione in Studi Sindonici, Ateneo PontiQicio Regina Apostolorum).

Tra i suoi scritti si contano circa venti monograQie, molte delle quali tradotte in più lingue e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; “Espiritu”; “La Società ”; “Rogate Ergo”; “Theriaké ” ).

Collaborazioni televisive: “Iconologie Quotidiane” RAI STORIA; “Discorsi sull’arte” TELEPACE.

Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kaza kistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San PanQilo, Sulmona; Chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma; Monastero di Seremban, Malesia; Cappella del Perdono, SS. Sacramento a Tor de'schiavi, Roma …)

deQinitivo; essa, infatti, si fa ancillare di una visione ulteriore, e si offre solo come strumento di contem plazione verso realtà veramente eterne.

Anche i poeti e i pensatori cristiani hanno raccolto la sQida con la caducità delle cose attraverso il raggiun gimento della fama artistica. Petrarca ed Erasmo da Rotterdam ne sono la prova, ma con una diversa co scienza dell’immortalità

Nell'ambito cristiano, infatti, il monumento del con dottiero o del principe deve essere letto su più livelli, in quanto la componente politica, seppure importan te, non è l'unica. Si po trebbe dire che la rafQigu razione del potere viene iscritta all'interno di una visione religiosa, in cui l'orizzonte morale del buon governo si fonda su istanze teologiche. Pen siamo in questo caso al doppio registro adottato per il seppellimento del ghibellino Cangrande della Scala; infatti, il monumento funebre, che si erge sull'ingres so laterale di Santa Maria Antica, è sormontato dalla statua equestre che lo ritrae in armi con Qiniture da parata, memoria e tributo della città al suo condot tiero, mentre, al di sotto della statua, ritroviamo lo stesso identico impianto compositivo di "tipo escato logico" già visto nei monumenti funebri del cardinale Matteo d'Acquasparta e del cardinale Guglielmo Du rando.

tua tomba / sconvolgi coste / argini il mare che percuote Baia / per conQine una spiaggia / è poco signorile» (Car mina, II, 18, 15-22).

La visione cristiana, invece, muta questa angoscia in una consapevolezza di speranza, come scrive san Paolo «la morte è stata trasformata in vittoria» (1 Cor 15,54).

Il vivere per se stessi, in cui costruire e morire entra no in contraddizione, come abbiamo visto espresso poeticamente in Orazio, si risolve nel vivere per Cri sto stesso, che trasforma il senso della vita e della morte, e dà signiQicato ad entrambe. San Paolo espli cita proprio questa certez za, scrivendo:

«Il vivere per se stessi, in cui costruire e morire entrano in contraddizione […] si risolve nel vivere per Cristo stesso, che trasforma il senso della vita e della morte, e dà significato ad entrambe»

«Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi vi viamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore, siamo dunque del Signore» (Rm 14, 7-8).

La vera sapienza del cristiano è quella di morire alla vita, nel senso di rinunciare a vivere per se stessi e di iniziare a vivere per il Signore, come scrive ancora san Paolo «cotidie morior» (1Cor 15, 31), e cioè «muoio un poco ogni giorno».

Nella prospettiva pagana, l'angoscia della morte può diventare un ostacolo che impedisce di vivere, tanto che per poter vivere l'uomo dimentica di dover mori re, e continua a costruire senza pensare al suo desti no, come ricorda ancora Orazio:

«II giorno caccia il giorno / la luna nuova viaggia al suo tramonto / tu commissioni tagli ampi di marmi / nel l'imminenza della tua sepoltura / e levi case e scordi la

A questo punto, per meglio comprendere il signiQica to dei monumenti funerari, dobbiamo soffermarci su un elemento importante, cioè la presenza dei ritratti dei defunti e dei santi protettori.

Proprio al proposito dell'uso del ritratto nelle cappel le private, Aby Warburg, riQlettendo sulla già citata cappella Sassetti in Santa Trinita, metteva in eviden za il senso di questa tradizione:

«si capirà perché ad esempio nella “Conferma dell'ordi ne” e nel “Miracolo della risurrezione” s'inseriscano cosı̀ vistosi e numerosi i ritratti della consorteria Sassetti: per

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raccomandarsi alla protezione del santo in un atto di percettibile devozione, il quale potrà sembrare troppo vistoso al puro senso artistico del Rinascimento, ma non poteva lontanamente destare l'idea di una trasgressione profanante dei limiti presso i Qiorentini del tempo; erano pur soliti ammirare devotamente nella SS. Annunziata la folla delle statue in cera in grandezza naturale, offerte in abiti dell'epoca, come voti, da donatori anche di altri paesi» [1].

Ritengo importante mettere in relazione proprio le Qigure in cera esposte nell'Annunziata, messe in evi denza da Warburg, con la pratica romana dei volti in cera degli antenati.

I romani, infatti, avevano introdotto l'uso delle ima gines, ovvero dei calchi in cera, vere e proprie ma schere funerarie, che esposte negli atrii delle case patrizie erano al contempo memoria degli antenati e fondamento giuridico della stessa gens a cui esse ap partenevano, come ci ricorda Plinio il vecchio:

«Ben diversi erano i ritratti che si potevano vedere negli atrii degli antenati; non statue, opere di artisti stranieri, né in bronzo né in marmo; erano volti modellati in cera che venivano disposti in ordine in singole nicchie per avere immagini che accompagnassero i funerali gentilizi e ad ogni nuovo morto era sempre presente la folla dei familiari vissuti in ogni tempo prima di lui. Del resto gli alberi genealogici si allargavano con le loro linee ramiQi cate conducenti ai singoli ritratti dipinti. Gli archivi di famiglia erano pieni di registri e di documenti relativi alle imprese compiute durante le magistrature. Fuori e intorno alle soglie c'erano altre immagini di grandi ani mi, con le spoglie tolte al nemico che neanche al compra tore era consentito staccare, cosicché le case continua vano eternamente a trionfare anche mutando i padroni. Questo rappresentava un grande stimolo poiché ogni giorno le mura sembravano rimproverare al padrone imbelle di entrare a far parte di un trionfo altrui» [2].

I calchi in cera dei volti dei defunti, conservati negli atrii delle case al Qine di esporli nei funerali, erano segni distintivi delle famiglie della nobilitas. Su que ste immagini si fondava di fatto lo statuto giuridico, appunto lo ius imaginum; infatti nell'esibizione dei volti degli antenati veniva mostrata tutta la forza del l'antico lignaggio, formato da personaggi illustri in campo giuridico e militare. La distanza tra la pratica romana dell'esposizione delle imagines degli antenati e il ritratto funebre cristiano è evidente; quest'ulti mo, infatti, pur riprendendo la forma antica del ri tratto funebre ne muta segno, anzi potremmo dire che annulla quello precedente per rifondarlo nell'ot tica teologica della "storia della salvezza". Il defunto non è ricordato solo per il suo successo economico, politico e militare, per il suo impegno nella ediQica zione della civitas umana, ma è rappresentato come membro della civitas Dei, sua vera dimora e luogo della sua pace. Per certi versi si può affermare che nella tradizione cristiana si sia mantenuta la pratica dell'esposizione dei ritratti degli "uomini illustri", ma questa è mutata in una galleria di ritratti di santi, membra di Cristo e gloria stessa di tutto il popolo di Dio. In altre parole, la funzione del ritratto, come fondamento giuridico familiare presso i romani, si estende a signiQicare l'appartenenza al Corpo Mistico della Chiesa, di cui sono parte tutti i battezzati. In questa prospettiva, i ritratti dei santi ricordano non solo da dove veniamo, ma anche la deQinitiva vittoria sulla morte conquistata da Cristo. Come scrive san Paolo nella lettera ai Romani:

«Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più ; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, Egli morı̀ al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che Egli vive, vive per Dio. Cosı̀ anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù » (Rm 6, 8-11).

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Figura 2. Michelangelo Meriai da Caravaggio, Madonna dei pellegrini, cappella Cavalletti, Basilica di S. Agostino in Campo Marzio, Roma.

Lo ius imaginum risulta, dunque, ribadito ed esaltato nella prospettiva cristiana, cosı̀ come il concetto di antenato e di uomo illustre viene risolto in prospetti va teologica: il santo dà lustro ed esempio, proprio perché la sua vita rimanda a Cristo. In quest'ottica, non solo comprendiamo il senso teologico che è for ma delle chiese, ma anche il senso antropologico che il cristianesimo mette in campo nella propria riQles sione artistica. Una pala d'altare come la Madonna dei pellegrini [3], dipinta da Caravaggio intorno al 1606 per la Cappella Cavalletti in Sant'Agostino a Roma, se osservata con questo sguardo particolare, diviene ben altra cosa da quello che siamo soliti ve dere attraverso ricostruzioni iconologiche incomple te. I due pellegrini, ritratto dei marchesi Cavalletti, madre e Qiglio, entrambi defunti al momento della realizzazione dell'opera, sono inginocchiati al cospet to di Maria, nel loro ulti mo pellegrinaggio alla santa Casa di Loreto, dove la Vergine li accoglie facendoli benedire dal Figlioletto che tiene tra le braccia. Questo non è semplicemente il ritratto di due nobili romani, ma il testamento in forma di preghiera che essi innal zano alla Vergine in se gno di devozione, espri mendo tutta la loro speranza di essere accolti in quella casa, alla quale più volte si sono recati in pel legrinaggio. Entrare nella casa di Maria equivale ad entrare nella casa del Padre, ovvero nel Regno dei cieli, nella beatitudine di Dio, avvolti cioè nell'amore del Creatore. La pala d'altare della cappella funeraria dei marchesi Cavalletti è l'esplicitazione del senti mento religioso dei due defunti lı̀ rappresentati. Essa è la declinazione pittorica della preghiera mariana che hanno recitato durante tutta la vita, nell'occasio

ne dei pellegrinaggi e in punto di morte; il dipinto è descrizione stessa della preghiera che continuano a pregare anche dopo morti e con la quale invitano i parenti a pregare per loro:

«Salve, Regina, Mater misericordiae, vita, dulcedo, et spes nostra, salve. Ad te clamamus, exsules Filii Evae, ad te su spiramus, gementes et Flentes in hac lacrimarum valle. Eia ergo, advocata nostra, illos tuos misericordes oculos ad nos converte. Et Iesum, benedictum fructum ventris tui, nobis, post hoc exilium, ostende. O clemens, O pia, O dulcis Virgo Maria».

«L'iconografia cristiana è sempre dotta e popolare insieme, unisce la sapienza dei dotti e la saggezza del popolo, è capace di dire cose complesse in modo immediato, è difficile ma mai astrusa, è sempre decodificabile da tutti i battezzati se in possesso dei requisiti minimi indispensabili per praticare con coscienza la propria fede, non è mai esoterica»

L'iconograQia cristiana è sempre dotta e popolare insieme, unisce la sapienza dei dotti e la saggezza del popolo, è capace di dire cose complesse in modo im mediato, è difQicile ma mai astrusa, è sempre decodi Qicabile da tutti i battezzati se in possesso dei requisi ti minimi indispensabili per praticare con coscien za la propria fede, non è mai esoterica. E cosı̀ anche per l'iconogra Q ia della morte la chiave d'accesso è la fede. Dunque, inserire il proprio o l'altrui ritratto all'interno di una chiesa è segno di appartenenza al Corpo Mistico che essa stessa rappresenta, ripo nendo in questo segno il senso più intimo della spe ranza di salvezza e dell'afQidamento di protezione che, attraverso l'intercessione dei santi a cui si è de voti, si chiede direttamente a Dio. Il ritratto, soprat tutto funebre, acquista in questa particolare declina zione devozionale, la funzione di ex voto che, posto all'interno di una chiesa o di un santuario, svolge la funzione di rammemorare la richiesta supplice e di confermare l'appartenenza del fedele al novero di

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Figura 3. Buonamico Buffalmacco, Trionfo della morte, affresco, 1336-1341, Campo Santo, Pisa.

coloro che letteralmente abitano (o desiderano abi tare) la "casa" del Signore.

A questo punto del percorso, possiamo affrontare una ulteriore questione interna al tema della rappre sentazione iconograQica della morte, ovvero l'eviden ziazione di due registri distinti. Da una parte, abbia mo la rafQigurazione religiosa del defunto, che è soli tamente inserita in un contesto escatologico, come abbiamo Qin qui analizzato. Dall'altra però si deve evidenziare la rappresentazione iconograQica della morte come evento naturale, che muta nel tempo e che acquista gradualmente una simbologia che dura Qino ai nostri giorni. La morte viene spesso rappre sentata come un angelo distruttore, come possiamo vedere ne Il trionfo della morte, dipinto da Buonami co Buffalmacco nel Camposanto di Pisa intorno al 1350. La morte viene anche simboleggiata attraverso la metafora del tempo, facendo riferimento, in alcuni casi, alla tradizione classica del vecchio alato oppure della clessidra come nell'incisione ad acquaforte rea lizzata da Pierre Boissard, intorno all'anno 1660, che rappresenta Il tempo che ricompensa il lavoro e puni sce la pigrizia. In altri casi, è molto diffusa la rappre sentazione della corruzione del corpo e quindi della bellezza, che sottomessa dal tempo, sQiorisce Qino a perdere ogni sua sembianza riducendosi in polvere, come nel caso di Hans Baldung Grien, che agli inizi del Cinquecento, nelle sue opere affronta più volte il tema morale della Fanciulla e la morte.

Ancora più famoso è l'esempio della Vecchia [4] di Giorgione, conservata alle Gallerie dell'Accademia di Venezia, nel quale l'introduzione del cartiglio recante

la scritta "Col tempo" rafforza il monito che l'anziana protagonista lancia all'osservatore, guardandolo drit to negli occhi mentre con la mano destra indica se stessa. Innumerevoli sono i dipinti, le incisioni e le sculture che rappresentano allegorie dello scorrere del tempo e della fugacità della vita, inserite anche in ritratti, come nel famosissimo Ritratto di gentiluomo di Lorenzo Lotto, conservato nella Galleria Borghese a Roma, che ritrae il principe epirota e uomo d'armi Mercurio Bua, nel momento del dolore per la scom parsa della moglie, e i petali staccati e sparsi sul tavo lo sotto la sua mano destra indicano chiaramente non solo la fugacità del tempo, ma la corruzione delle cose belle. InQine, si può rintracciare un Qilone che tenderà a rappresentare sempre più spesso la morte con uno scheletro, o in forma sintetica con un te schio, tanto da divenire, a partire dalla metà del Quattrocento, l'iconograQia più diffusa che continuerà Qino ai nostri giorni.

Si possono annoverare moltissime opere che ritrag gono uno scheletro come rappresentazione della morte, ad esempio il caso palermitano del Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis, dove la morte in groppa ad uno scheletro di cavallo miete vittime di ogni rango sociale, portando la distruzione degli es seri viventi. Oppure il meno noto esempio degli affre schi conservati nella chiesa della SS. Trinità , nella cittadina di Hrastovlje (Cristoglie) in Slovenia a po chissima distanza dal conQine italiano, realizzati in torno al 1490 da Giovanni di Castua, che mettono in scena una lunga processione di uomini e donne di ogni rango sociale, poveri, storpi, principi, dame, re e

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Figura 4.
Giorgione,
Vecchia, Gallerie dell’Accademia, Venezia. Figura 5. Lorenzo Lotto, Ritratto di gentiluomo, Galleria Borghese, Roma.

papi che, accompagnati ciascuno da uno scheletro, sembrano "danzare" verso la loro propria Qine natu rale, sottolineando la caducità di ogni privilegio, come di ogni sofferenza. Tale affresco è certamente riconducibile al tema letterario dell'“Incontro dei tre vivi e dei tre morti”.

L'introduzione dello scheletro e la sua affermazione in campo iconograQico si mescola talvolta con ele menti preesistenti, dando origine a composizioni complesse e ricche, come si può notare nella famo sissima miniatura nota come La morte del cristiano, inserita nel Libro delle Heures de Rohan, opera realiz zata dall'ignoto Maestro delle Ore di Rohan intorno al 1418 (Ms. Lat. 9471-f. 159r Bibliothè que National, Parigi) dove il morto, rappresentato nella fossa e cir condato da ossa e teschi, dichiara apertamente in un cartiglio la fede nella misericordia di Dio , che appare in vesti regali con in mano il globo e la spada, simboli consolidati di potere e di giustizia, mentre l'arcange lo Michele, in un combattimento aereo, si avventa su un demone alato, per strappargli dalle grinQie l'anima

del defunto, attuando in tal modo l'estrema giustizia della misericordia divina. Tutte queste rappresenta zioni non sono altro che estensioni Qigurate di una visione spirituale della morte molto diffusa nel corso di questi secoli. Infatti, sia nelle predicazioni sia nei trattati spirituali, il tema della presa di coscienza della morte è promosso con costanza. L'efQicacia del memento mori nella spiritualità del fedele è costan temente ricordata e caldeggiata come mezzo efQicace per la conversione dei cuori e il cambiamento dei costumi. In tal senso si possono ricordare innumere voli pubblicazioni, divise equamente tra testi di spiri tualità e raccolte di prediche, tutte tese a produrre effetti salutari nell'anima dei fedeli, spronandoli non solo alla preghiera ma alle pratiche di carità e di giu stizia, alla rettitudine morale e alla coltivazione delle virtù

Tra Trecento e Quattrocento si diffondono testi lette rari dell'arte di ben morire, come attesta la Tyriaca di Galvano da Levanto, che a sua volta ha precedenti illustri nelle opere duecentesche di Jacopone da Todi,

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Figura 6. Maestro del trionfo della morte, Trionfo della morte, Palazzo Abatellis, Palermo.

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di Ugo di Miramors e di Innocenzo III, precursori appunto del genere di “scire mori”. Tra il 1350 e il 1450, si sviluppano e si intrecciano almeno cinque tipi differenti di "ars moriendi" che solitamente per convenzione si fanno corrispondere ai nomi di Suso, Petrarca, Gerson, Rickel e l'anonimo autore dell'Ars moriendi illustrata [5]. Suso e Petrarca inseriscono nei loro trattati la promessa di salvezza nel penti mento e nella Qiducia nel CrociQisso, mentre Gerson si rivolge in particolare al moribondo sofferente, consi gliandogli di inscrivere con sopportazione paziente i dolori dell'infermità e della morte nell'imitazione della croce, come lavacro dei peccati e remissione delle pene del Purgatorio, e rivolgendosi direttamen te al moribondo Gerson scrive: «virtù dello strazio presente, entrerai certamente in Paradiso» [6]. Rickel nel suo De quattuor novissimis, al punto della divisione tradizionale tra uomini naturali e uomini spirituali, propone una distinzione sulla base del loro atteggiamento di fronte alla morte. L'uomo naturale è , infatti, quello che brama vivere e godere e teme l'annullamento Qisico come teme i dolori che lo pre cedono, mentre il virtuoso, il perfetto e il santo sono soliti desiderare la morte che pone termine alle mi

serie terrene e schiude la porta della felicità eterna nella gloria di Dio.

In questa tradizione, ci sono anche componimenti che potremmo deQinire ironico-allegorici, come la Stultifera navis mortalium di Sebastian Brandt che, nella xilograQia della Morte del peccatore, nel fol. 40, irride al tardivo pentimento del fedele, che in vita si è comportato come un folle, rappresentandolo già en trato con i piedi nelle fauci del mostro infernale, che dal basso sale a divorarlo in un sol boccone. Del re sto, possiamo ricordare all'interno di questo Qilone letterario anche le caustiche e goliardiche novelle del Decamerone di Boccaccio che, attraverso un com plesso e articolato sistema di racconto, offrono un mezzo di riQlessione morale sulla vita in vista della morte.

Parimenti, i TrionFi del Petrarca, poema incompiuto in terzine di endecasillabi a rima incatenata, rappre sentano una riQlessione sulla vita attraverso un ricco complesso allegorico. In esso il poeta rappresenta in successione la contemplazione della visione del trionfo di Amore, della Pudicizia, della Morte, della Fama, del Tempo ed in Qine dell'Eternità . Nel Trium phus Mortis, Laura affronta la morte con virtù e con fede, e la morte viene rappresentata come "una don na involta in veste negra". Nella successione dei trionQi, la morte appare vinta dalla fama della virtù , che però a sua volta è logorata dal trionfo del tempo, solo l'Eternità trionfa su tutto e deQinitivamente; ma in questa catena di trionQi, il primo a dover essere vinto è la concupiscenza. Dunque, Petrarca invita a praticare le virtù in vista dell'eternità : la donna, bella e amata, è "trionfante" in quanto entrata nell'eterni tà

A questo tipo di modello letterario, potremmo asso ciare il famosissimo monumento funebre di Ilaria del Carretto, realizzato tra il 1406 e il 1413 da Jacopo della Quercia, nella Cattedrale di San Martino a Luc ca. La giovane è rafQigurata adagiata su un catafalco funebre, ritratta come se dormisse, rappresentata nello splendore della sua bellezza, come se la morte non l'avesse segnata. Il cane, che è rafQigurato adagia to ai suoi piedi, fa la guardia al suo corpo ed è non solo allegoria della fedeltà

coniugale, ma anche meta fora della pudicizia che, in quanto attributo morale, crea un ponte ideale tra Ilaria e la Laura di Petrarca. La bellezza della giovane è eternata nel marmo per vincere momentaneamente il trionfo della morte su di essa, e consolare quanti in vita l'hanno amata, ma anche a questo capolavoro dobbiamo dare la giusta interpretazione ponendolo in luce in prospettiva escatologica. Ilaria attende serena la risurrezione della carne per entrare nello splendore dell'eternità , grazie alle virtù

possedute e coltivate, al cospetto del sommo Giudice nella gloria della Trinità . Del resto il modello a catafalco a cui fa riferimento la tomba realizzata da Jacopo della Quercia trova un

Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 40 – Luglio – Agosto 202220 Figura 7. Maestro delle Ore di Rohan, La morte del cristiano, inserita nel Libro delle Heures de Rohan, 1418, Ms. Lat. 9471-f. 159r Bibliothè que National, Parigi).

mirabile esempio di poco antecedente nella Tomba di Filippo l'Ardito, realizzata tra il 1390 e il 1406 in Borgogna da Claus Sluter, conservata nel Musé e Arché ologique di Digione. Il gusto ancora fortemente gotico e la ricerca di un realismo plastico fanno di questo monumento funebre uno dei massimi capola vori scultorei del Quattrocento Qiammingo. La se quenza dei Pleurants, monaci piangenti in preghiera, evidenzia l'atmosfera di cordoglio attorno al feretro del Duca, che letteralmente è sorretto dalle preghiere claustrali, mentre la fortezza, allegoricamente rap presentata dal leone che riposa ai suoi piedi, è attri buto imprescindibile per rappresentare le virtù del regnante defunto rafQigurato con la mani giunte stret te attorno alla spada, simbolo evidente del suo go verno, con il capo incoronato adagiato dolcemente sopra un cuscino mentre due angeli sono in procinto di velare il volto con il sudario. Et interessante con cludere questo percorso nell'“ars moriendi", ricor dando Pietro Barozzi, vescovo di Belluno e poi di Pa dova, che scrisse, intorno al 1480, De modo bene mo riendi, in cui tesse l'elogio della peste, perché , a causa dell'estrema mortalità recata da questa malattia, co loro che ne sono affetti, in particolare i giovani, aven do una bassa speranza di guarigione, dispongono l'animo al pentimento. Pietro Barozzi, operando una considerazione di carattere antropologico, afferma che l'uomo, non potendo volere il proprio annienta mento Qisico, è indotto a sperare oltremodo nella guarigione, mentre il miglior modo di predisporsi ad una buona morte è dubitare della guarigione. La ri

Qlessione del vescovo Barozzi pone in evidenza il ruo lo dell'amico devoto, che il fedele deve essersi colti vato in vita proprio in vista dell'agonia, in quanto tale amico deve svolgere la delicata funzione di annuncia re al malato l'inevitabilità della morte. La consapevo lezza della malattia del corpo dovrebbe ingenerare un percorso di guarigione spirituale. Alla luce di quanto Qin qui detto, si possono com prendere anche monumenti funebri che solitamente vengono ricordati nella storia dell'arte per altri mo tivi ed in altri ambiti di ricerca. Il primo è la monu mentale Tomba di Alessandro VII Chigi, realizzata tra il 1671-78 da Gian Lorenzo Bernini e dai suoi colla boratori, all'interno della Basilica di San Pietro in Vaticano, sul lato destro del passaggio tra la cappella della Madonna della colonna e il transetto di sinistra. Il monumento funebre è commissionato direttamen te dal ponteQice nei primi anni del suo pontiQicato, ma alla sua morte, il 22 maggio 1667, i lavori non aveva no ancora avuto inizio. Clemente X Altieri volle ri spettare il desiderio del suo predecessore, incorag giando il cardinale Flavio Chigi, nipote di Alessandro VII, a Qinanziare i lavori e quindi portare a termine l'impresa.

Bernini costruisce uno spazio architettonico attra verso la scultura e, collocando il monumento al di sopra di un passaggio verso l'esterno della basilica, enfatizza ulteriormente il senso escatologico della composizione.

Infatti, il ritratto del ponteQice viene collocato ingi nocchiato sopra un piedistallo in alto, sormontando

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Figura 8. Jacopo della Quercia, Monumento funebre di Ilaria del Carretto, 1406-1408, Cattedrale di S. Martino, Lucca.

un immenso panneggio realizzato in travertino ro mano e ricoperto di diaspro di Sicilia. Il panneggio è circondato da quattro statue allegorie di virtù : la Ca rità posta a sinistra di chi guarda in primo piano, poi, dietro, la Giustizia e la Prudenza ed in Qine sul lato destro, in primo piano, la Verità che fa splendere la sua luce e illumina il mondo dal quale si erge radiosa. Si potrebbe dire che questo monumento funebre non solo ha sapore escatologico, ma è anche rappresenta zione del Salmo 84 che recita:

«La sua salvezza è vicina a chi lo teme / e la sua gloria abiterà la nostra terra. / Misericordia e verità s'incontre ranno, / giustizia e pace si baceranno. / La verità germo

glierà dalla terra / e la giustizia si af faccerà dal cielo. // Quando il Signore elargirà il suo bene, / la nostra terra darà il suo frutto. / Davanti a lui cam minerà la giustizia / e sulla via dei suoi passi la salvezza».

Al centro, proprio sopra la porta, il panneggio è sollevato da uno sche letro alato, raf Q igurazione della morte che annienta e vince tutti i legami dell'uomo, che in mano por ta una clessidra, metafora del tem po che corrompe tutte le cose, in una rappresentazione della "mors omnia solvit", intesa non solo in senso giuridico, ma anche in senso antropologico.

Il signiQicato complessivo di questo monumento funebre è racchiuso proprio nelle tre Qigure frontali, giacché la morte apre la strada: Mors est ianua vitae. Qui, letteral mente è presente una porta. La morte dell'uomo virtuoso è dun que una porta verso l'eternità . Il monumento allora risuona ancora oggi come un trattato dell'arte di ben vivere e di ben morire, ultimo lascito di un ponteQice che nel pen sare la propria sepoltura costrui sce un testamento morale e spiri tuale, che sembra parafrasare le imperiture parole di san Paolo:

«Quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalit à , si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria (Is 25, 8). Dov'è , o morte, la tua vitto ria? Dov'è , o morte, il tuo pungiglione? (Os 13, 14). Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!» (1 Cor 15, 54-57).

Questo monumento funebre, come del resto altri eretti dai ponteQici, deve essere visto non alla luce di una interpretazione sfarzosa, ma all'interno di una visione complessa quanto ricca di signiQicato spiri tuale e salviQico, come fosse l'estrema "enciclica" scritta da un ponteQice sul tema della morte cristiana, e quindi sulla vita eterna e sui mezzi con cui conse guirla.

L'altro monumento, o meglio gruppo scultoreo, che in conclusione è interessante prendere in analisi è

Luglio

la Delle Arti Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 40 –
– Agosto 202222 Figura 9. Gian Lorenzo Bernini, Monumento funebre di Alessandro VII, 1672-1678, Basilica di S. Pietro, Città del Vaticano.

Figura 10. Michelangelo Buonarroti, Pietà Bandini, 1547-1555, Museo dell’Opera del Duomo, Firenze.

Pietà Bandini, realizzata tra il 1550 e il 1555 da Mi chelangelo Buonarroti come monumento funebre per la sua sepoltura, oggi conservata nel Museo dell'Ope ra del Duomo a Firenze. Michelangelo pensa a questo gruppo statuario in vista della collocazione sulla sua tomba. L'artista si autoritrae nei panni di Nicodemo mentre sorregge il corpo morto di Gesù Cristo, depo sto dalla croce, collocato tra un angelo e Maria. In questo modo Michelangelo costruisce sapientemente un inno a Cristo salvatore del mondo, esprimendo di fatto tutta la sua fede, declinandola con un linguaggio artistico articolato, ma nel contempo sintetico. Infatti Nicodemo, ricordato dalla tradizione come “proto scultore” di un CrociQisso [7], diviene Qigura dello stesso Michelangelo che, rappresentando ancora il proprio nome nelle fattezze dell'angelo dolente al Qianco del corpo morto di Cristo, si ritrae come arti sta a servizio di Cristo e della Chiesa, implorando cosı̀ la misericordia divina per tramite di Maria. Col locando questo gruppo statuario sull'altare della sua tomba, egli progetta una perenne preghiera di sup plica che, sopravvivendogli nel tempo, sia capace di lucrare, nell'intenzione della fede con la quale l'ha realizzata, la remissione dei peccati per giungere più

rapidamente al cospetto del Creatore nello splendore della vita eterna.

Nell'opera di Michelangelo, troviamo dunque radu nati tutti i signiQicati del monumento funebre: ricor do della persona, memento morale, monito, ius ima ginum cristiano, preparazione alla morte, preghiera di intercessione, apertura alla vita eterna.

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Bibliografia e note

1. Warburg A., Le ultime volontà di Francesco Sassetti (1907). In La rinascita del paganesimo antico. Contributi alla storia della cultura, raccolti da Bing G., Lipzing-Ber lin 1932, trad. it. Cantimori E., La Nuova Italia, Scandicci 1966 (rist. 1991), p 224.

2. Plinio, Storia Naturale, trad. it. Corso A., Muggellesi R., Rosati G., Einaudi, Torino 1988, vol. V, libro 35, 6-7, pp. 298-299.

3. Riguardo la Madonna dei pellegrini del Caravaggio, cfr. Papa R., Caravaggio pittore di Maria. Ancora, Milano 2005; Id., Caravaggio. L'arte e la natura, Giunti, Firenze 2008; Id., Caravaggio. Lo stupore dell'arte, Arsenale, Verona 2009.

4. Cfr. Gentili A., Giorgione. "Dossier Art" n. 148, Giunti, Firenze, 1999, pp. 19-21.

5. Cfr Tenenti A., Il senso della morte e l'amore della vita nel Rinascimento. Einaudi, Torino 1989, cap. III, pp. 62-89.

6. Gerson G., De scientia mortis. In Opera, Parigi 1606, vol. I, parte II, col. 281.

7. Cfr. per esempio Jacopo da Varazze, Legenda Aurea, a cura di Vitale Brovarone A.L., Einaudi, Torino 1995, pp. 753-754.

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Naro, la chiesa di S. Francesco d’Assisi e la sua sagrestia

Naro è una piccola gemma del barocco siciliano, incastonata nel cuore dell’a grigentino a meno di 30 km dalla Valle dei Templi. La sua origine in età antica è discussa: è stata identiHicata con l’Indà ra sicana e con la Akrà gas Ionicò n siceliota. In età romana, era nota come Car coniana. Il nome attuale, invece, potrebbe risalire alla dominazione islamica del IX-XI secolo: ر هن (nahar) in arabo signiHica 'Hiume'. Espugnata dai Normanni nel 1086, annoverata tra le ventitré parlamentarie sici liane e deHinita "fulgentissima" ai tempi di Federico II di Svevia (1233), verso la metà del Cinquecento ot tiene da Carlo V svariati privilegi e ampia autonomia amministrativa. Tra il XVII e il XVIII secolo raggiunge l’apice del suo splendore, acquistando la veste squisi tamente barocca che caratterizza il nucleo storico del paese.

Un esempio signiHicativo del barocco narese può es sere ammirato nella chiesa di San Francesco, in par ticolare nella sua splendida sagrestia. La chiesa di San Francesco [1] con annesso con vento venne ediHicata dai Padri Conventuali del l'ordine dei Mendicanti, a partire dal 1229, due anni dopo la morte di San Francesco d’Assisi e un anno dopo la sua canonizzazione. Originariamente sempli ce e di piccole dimensioni, nel 1330 la chiesa venne interamente ricostruita nella pianta attuale, per vole re del Signore di Naro, Giovanni Chiaramonte. Nei secoli venne notevolmente arricchita e subı̀ varie modiHiche, assumendo inHine l’aspetto attuale, grazie agli interventi del P. Melchiorre Milazzo.

La chiesa presenta una facciata in conci di calcarenite gialla, arricchita da ornamenti barocchi. L’ingresso è vegliato da un eccentrico e imponente gruppo di ca riatidi, concluso dalla nicchia con l'Immacolata.

Cultura
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Figura 1. Sagrestia della chiesa di S. Francesco d’Assisi, Naro (AG). Foto di Massimiliano Arena.
*Università degli Studi di Palermo.

L’ambiente interno si presenta ad unica navata, inte ramente decorata a stucco da Francesco e Salvatore Santalucia e impreziosito da dorature, ad opera di P. Clemente da Bivona del medesimo ordine france scano (1780). L’aula è coperta a volta, affrescata nel 1780 da Domenico Provenzani allievo di Vito D'Anna e del Serenario con quattro episodi vete rotestamentari che accompagnano il Trionfo del l'Immacolata, tema tanto caro all’Ordine. Tra le pregevoli opere pittoriche Higurano, ai lati della navata, l'Immacolata di Vito d'Anna (sec. XVIII) e sei tele di Fra' Felice da Sambuca, suo allievo: Sant'Anto

nio, San Calogero, la Stigmatizzazione di San France sco, Gesù Cristo con i SS. Lorenzo e Bartolomeo. La Buona morte e La Mala morte, dello stesso Fra’ Felice da Sambuca, si collocano ai lati dell’area presbiteria le, sopra il maestoso coro ligneo, di maestranze loca li. Sulla parete di fondo del presbiterio, inHine, è posta la tela rafHigurante lo Sposalizio della Vergine, realiz zato a Roma nel 1780 dal trapanese Giuseppe Mazza rese sul modello dell’omonima opera di Raffaello: la tela chiude l’alloggio in cui è custodita la splendida statua argentea rococò dell'Immacolata, commissio

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Figura 2. Prospetto della chiesa di S. Francesco d’Assisi, Naro (AG). Foto di Irene Luzio. Figura 3. Vito d’Anna, Immacolata, sec. XVIII, chiesa di S. Francesco d’Assisi, Naro (AG). Foto di Irene Luzio. Figura 4. Interno della chiesa di S. Francesco d’Assisi, Naro (AG). Foto di Irene Luzio.

Figura 5. Gaetano Vinci da Naro, altare maggiore ligneo, 1899, chiesa di S. Francesco d’Assisi, Naro (AG). Foto di Irene Luzio.

nata da Padre Melchiorre Milazzo a maestranze mal tesi, nel 1719.

L'altare maggiore fu realizzato nel 1899 da Gaetano Vinci da Naro, presenta un’o riginale impostazione architettonica clas sicista, popolata da rilievi rafHiguranti l’Ultima Cena ed altri soggetti. Due degli altari laterali, invece, conservano ed espongono due importanti reliquie: il corpo di Santa Colomba (secondo altare a destra) e quello di San Domizio Leopardo (speculare).

Lo stesso P. Melchiorre Milazzo commis sionò la costruzione (1707) e la decora zione (1721) della sacrestia: emblema del più sontuoso e rafHinato barocco na rese.

L’ambiente presenta una copertura a vol ta, ricoperta dagli affreschi purtroppo pervenuti parzialmente dei quattro Evangelisti, opera di D. Giuseppe Cortese da Venezia.

Le pareti fanno da sfondo ai protagonisti indiscussi, gli imponenti armadi lignei [2], Hinemente intagliati e ornati da rilievi scultorei, realizzati contestualmente da maestranze siciliane del Settecento. Il programma iconograHico di tali opere come dell’intera sagrestia fu curato dallo stesso P. Melchiorre Milazzo.

Ai lati dell’ingresso si collocano due armadi: coronati da medaglioni e putti, e chiusi da ante massicce, ri partite armonicamente in formelle geometriche rombi inscritti in rettangoli che concludono moti

Figura 6. Giuseppe Mazzarese, Sposalizio della Vergine, 1780, chiesa di S. Francesco d’Assisi, Naro (AG). Foto di Irene Luzio.

Figura 7. Ostensione della statua argentea dell’Immacolata Concezione, chiesa di S. Francesco d’Assisi, Naro (AG). Foto di Ignazio Nocera.

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vi ornamentali HitomorHi e busti dei quattro ponteHici francescani: Nicolò IV (1288-1292), Sisto IV (1471 - 1484), Sisto V (1585 - 1590) e Clemente XIV (1769 - 1774).

Altri due esemplari analoghi si dispongono lungo la parete sinistra, intervallati da un maestoso lavabo rococò : coeva opera di maestranze trapanesi, costi tuita da un’ampia vasca conchiliforme in marmo, sorretta da piedi a volute in marmo nero e da un candido puttino, sormontata da una monumentale cornice marmorea nera, a motivi HitomorHi, nella cui

nicchia centrale è racchiusa una pregevole Stigmatizzazione di San Francesco d’Assisi, in marmo bianco.

La parete di fronte all’entrata ospita un altro armadio, costitui to da due elementi cassetti coperti da ante, nella parte infe riore, e sportelli, nella parte su periore raccordati da un pia no. Ante e sportelli sono ornati da motivi geometrici e HitomorHi, e da lesene sormontate da caria tidi. Coppie di angeli posano su alti piedistalli che afHiancano gli sportelli. Sopra la cornice Higura una CrociHissione lignea. La parete di destra, inHine, presenta l’armadio più ampio e articolato. La parte inferiore è costituita da cassetti, sormontati da un piano e da sportelli. L’im pianto decorativo, che rimanda all’intera storia della Salvezza, si struttura a partire dal piano, su tre livelli: il primo ospita formelle rettangolari con alcuni epi sodi veterotestamentari; il secondo, ospita piccole statue lignee di profeti e patriarchi, che poggiano su delle mensoline; il terzo si snoda nei medaglioni sor retti da coppie di putti, collocati sopra la cornice. Ai lati, coppie di cherubini reggono delle mensole su cui

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Figura 8. D. Giuseppe Cortese da Venezia, affreschi della volta della sagrestia, sec. XVIII, chiesa di S. Francesco d’Assisi. Naro (AG). Foto di Irene Luzio. Figura 9. A sinistra, armadio della parete d’ingresso della sagrestia. A destra: particolare. Foto di Irene Luzio.
Cultura 28 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno V n. 40 – Luglio – Agosto 2022 Figura 11. A sinistra: armadio della parete di fronte all’ingresso. Foto di Irene Luzio. A destra: portale d’ingresso. Foto di Massimiliano Arena. Figura 10. A sinistra: Lavabo della sagrestia. Foto di Ignazio Nocera. A destra: particolare della stigmatizzazione di S. Francesco. Foto di Irene Luzio.

Figura 12. Armadio della parete destra. Sotto: particolare del sacrificio di Isacco. Foto di Ignazio Nocera.

poggiano angeli che sorreggono i simboli della Pas sione.

Negli armadi si conservano preziose reliquie tra cui la pantofola sinistra di San Pio V, splendido esemplare in broccato veneziano di velluto, seta ed oro svariate suppellettili in argento e ricchi para menti. Alcuni manufatti, pur citati negli inventari come la reliquia del cordone di San Francesco e tre statuette di alabastro non sono più fruibili, perché sciaguratamente trafugati.

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Bibliografia 1. http://www.comune.naro.ag.it/index.php?option=com_ content&view=article&id=20:chiesa-di-sanfrancesco&catid=5:cap-ii-arte&Itemid=174 2. Intorre S., Scultura lignea a Naro. OADI, Rivista dell’Os servatorio per le Arti Decorative in Italia, Anno 3 n. 5 - Giugno 2012, pp. 50-78. https://www.academia.edu/ 36995978/Scultura_lignea_a_Naro

Il caso del Museo Archeologico Regionale “Landolina” di Marianopoli

EAin fase di presentazione, a cura del Co mune di Marianopoli (CL), la diffusione del mio testo divulgativo sul Patrimonio museale di Marianopoli (Figura 1). Si tratta di un volume di oltre 200 pagine, con illustrazioni e traduzione in inglese delle parti essenziali, svolta da Matteo Luigi Monta gna, quale tirocinante UKE-PASS dell’Università degli Studi Kore di Enna. Oltre quella istituzionale del Sin daco di Marianopoli Salvatore Noto, altre tre Introdu zioni specialistiche guidano alla lettura: quelle di Ro salba Panvini, archeologa, operatrice di ricerca scavi meritori ed allestimenti dei reperti nel Museo, già Soprintendente di Caltanissetta e docente dell’Uni versità di Catania; di Francesco Lauricella, ricercato re-storico e magistrato nisseno, autore della impor tante traduzione epigraWica greca delle Stele rinvenu te nel Temenos di Monte Balate/Vallescura; di Luigi Maria Gattuso, architetto e direttore del Parco ar cheologico di Gela, competente per tutti i siti della provincia di Caltanissetta.

Nel rinviare alla lettura integrale del testo, che il Co mune di Marianopoli con grande liberalità metterà a disposizione degli interessati, ne anticipo in questa sede qualche indicazione utile per una rapida “guida ai reperti in mostra ed ai siti archeologici” vivamente consigliata.

Il mio ruolo nella vicenda ha molteplici aspetti: da quello di appassionato studente di Architettura per la sua Tesi di Laurea in PianiWicazione Territoriale Urbanistica sui “Parchi archeologici della provincia di Caltanissetta”, in collaborazione con le colleghe Anna T. Amato e Giusy Lacagnina (A.A. 1980-81), a quello

Figura 1.

Abitavamo già qui, poi vi siamo nati J. L. Borges

La copertina del libro di C. Montagna, A Mitistrato.

di ricercatore indipendente, docente/storico dell’arte e di Sindaco di Marianopoli.

Questo mi sono potuto pertanto permettere di scri vere in apertura al testo:

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Considerazioni a margine per la pubblicazione del libro A Mitistrato. Un Patrimonio nel Paesaggio dell’Anima. Archeologia e Memoria nei Musei di Marianopoli
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Carmelo Montagna (1956) è architetto ed insegna Storia dell’Arte e Dise gno al Liceo ScientiWico Statale “E. Basile” di Palermo. Dopo essersene oc cupato da "curioso"/studente di Architettura, dal 2003 in maniera sistema tica conduce ricerche sul sito della Gurfa di Alia e sulla connessa “Civiltà della Thòlos”, su cui ha tenuto conferenze e pubblicato vari scritti. Nel 2008 è stato titolare di incarico di ricerca e studio presso il Dipartimento di Civiltà Euro-Mediterranee e di Studi Classici, Cristiani, Bizantini, Medievali, Umanistici dell’Università degli Studi di Palermo, sul tema “La Via della Thò los”. I beni culturali volano per lo sviluppo economico locale. Integrazio ne di risorse e servizi all’interno di aree connotate da identità territoriali forti e riconoscibili. Tutor della ricerca il prof. Alessandro Musco. Un suo saggio, Architettura e mito alla Gurfa, è pubblicato nel Catalogo della Mo stra di James Turrell e Alessandro Belgiojoso, Terra e Luce, dalla Gurfa al Roden Crater, ed. Skira, 2009. Ha collaborato con l’OfWicina di Studi Medie vali di Palermo, presso le cui edizioni ha pubblicato: Il Tesoro di Minos. L’ar chitettura della Gurfa di Alia tra Preistoria e Misteri, con un saggio introdut tivo di Alessandro Musco, ed. OfWicina di Studi Medievali, 2009; Thòlos: struttura di culto, potere e salvezza nell’architettura protostorica siciliana. Luoghi, reperti e relazioni fra mito e realtà del paesaggio archeologico, in: AA.VV., Santi, Santuari, Pellegrinaggi, Atti del seminario internaziona le di studio, S. Giuseppe Jato-S. Cipirello (PA), 31.8-4.9.2011, ed. OfWicina di Studi Medievali, PA, 2014. Email: carmont@alice.it .

«Arriva il momento in cui la ‘militanza’ va restituita come ‘testimonianza’ a carico di un impegno civico e culturale che dura da una vita, orgogliosamente condiviso con belle Wigure di Maestri e compagnia di Viaggio; bisogna allora mettere mano al riordino degli archivi personali, per dare senso alla quantità di informazioni che abbiamo ritenuto opportuno conservare a futura memoria, per lasciare traccia della nostra opera e del ‘servizio’ svolto nella dimensione privata, professionale e di parte attiva della Comunità . Queste brevi note ‘mitistratine’ rispon dono anche alla richiesta che da più parti mi arriva di dare la possibilità ad un pubblico più vasto, o anagraWi camente più ‘recente’, di conoscere e divulgare almeno l'essenziale di un segmento di Storia sostanzialmente sconosciuto ai cultori o intelligenze operose nella Piccola Patria di cui ci sentiamo parte attiva. Sento perciò di farlo anche da ‘testimone’».

Per spiegarlo meglio: chi arriva nei piccoli borghi dell’entroterra siciliano come Marianopoli, per scelta o per avventura, resta impressionato dall’isolamento, dalla mancanza di viabilità decorosa e servizi mini mali all’abitare, oltre al puro sopravvivere, spesso “alla giornata”, del senso di “vuoto esistenziale” vis suto specialmente dai giovani nel miraggio di altri luoghi sulla costa o mediaticamente vissuti come favolosi ma “mitici e lontani”.

Bisognerebbe invece pensare, almeno per i più atten ti al signiWicato da attribuire al “senso della Storia”, sul come riuscire legittimamente a “vendere” il silen zio ed i profumi della nostra campagna, immersa

nella millenaria bellezza arcana di incontaminati “Paesaggi archeologici del Potere”.

Questo dovrebbe capitare di vivere, specialmente ripensando a quello straordinario ritratto della “Dama di Castellazzo” in Tomba n. 2 nel Museo a cui ho voluto dedicare idealmente il mio disegno di co pertina del libro, da una pagina di grande letteratura:

«Voi tutti conoscete la selvaggia tristezza che suscita il rammemorare il tempo felice: esso è irrevocabilmente trascorso, e ne siamo divisi in modo spietato più che da quale si sia lontananza di luoghi. Le immagini risorgono, più ancora allettanti nell'alone del ricordo, e vi ripen siamo come al corpo di una donna amata, che morta riposa nella profonda terra e che simile ad un miraggio riappare, circonfusa di spirituale splendore, suscitando in noi un brivido di sgomento. Sempre di nuovo ritro viamo negli affannosi sogni il passato, in ogni suo aspet to, e come ciechi brancoliamo verso di esso. La coppa della vita e dell’amore ci sembra non esser stata colma sino all’orlo, per noi, e nessun rimpianto vale a ridonarci tutto ciò che non abbiamo avuto».

(Ernst Junger, Sulle Scogliere di Marmo)

Il Museo Archeologico Regionale di Marianopoli, as sieme a quelli di Caltanissetta e Gela, è una tappa imperdibile ed affascinante del viaggio verso il centro nella civiltà indigena della protostoria delle aree in terne siciliane, con ramiWicazioni conoscitive che toc cano la cultura neolitica del V millennio a.C. a Monte Castellazzo di Marianopoli (Figura 2), Wino all’epilogo

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tragico di Mytistraton, durante la prima guerra puni ca: importante città antica citata dalle fonti storiche, sede di una zecca, di cui sembra accertata cosı̀ la de Winitiva identiWicazione geograWica. La vitalità plurimillenaria degli insediamenti che fanno capo a Castellazzo, Balate e Vallescura di Ma rianopoli è documentata dal migliaio di reperti ce ramici e metallici esposti nel Museo, alcuni dei quali di grande originalità e vivacità artistica per forme e decorazioni. Sono da citare, in particolare, le tracce del rito funerario dell’enchytrismos, consistente nella deposizione di inumati in contenitori Wittili con cor redo, che sembra proprio apparire per la prima volta in contesti siciliani a Castellazzo nel III millennio a.C. Oggetti di grande fascino sono le collane di ambra o la zappa o il vomere d’aratro in ferro, del VI sec. a.C.: signiWicativamente è lo stesso strumento, stavolta del 1800, con cui si apre l’altro Museo di Marianopoli, quello Etnoantropologico, quasi a voler dimostrare una fase di perenne Civiltà Contadina arrivata quasi

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Figura 2. Monte Castellazzo, Marianopoli (CL) Figura 4. T.14 Anforetta a decorazione dipinta con anse a nastro. Età del Bronzo Antico, Facies di Castelluccio. Foto di A. Mastrosi mone/Cortesia Museo. Figura 5. T.14 Vaso con ansa orecchio equino, "stile Vallelunga". Età del Bronzo Antico. Foto A. Mastrosimone/Cortesia Museo. Figura 3. T.3 Testa taurina da Monte Castellazzo. Età del Rame. Foto di A. Mastrosimone/Cortesia Museo.

Wino a noi. Anche per questo motivo le due strutture museali sono state uniWicate nel nuovo Museo del Ter ritorio del Palazzo Sikania. Reperti eccezionali sono le tre Stele dal Temenos di Balate, del VI-V sec. a.C. (Figura 6), due delle quali recano importantissime iscrizioni greche riferibili alle dediche di fratrie: documentazione rarissima fuori dalla Grecia che riporta per esteso le denomi nazioni di quelle strutture politico-sociali a cavallo fra l’ambito tribale e quello della famiglia, quindi in formazioni di prima mano sull’assetto sociale delle città di cultura greca al momento di contatto con la civiltà indigena in Sikanìa. Pagine fondamentali sul signiWicato di quelle iscrizioni sono contenute in Le Stele di Monte Balate di Marianopoli, di Francesco Lauricella, edito nel 1997 (Figura 7).

Importante e di grande bellezza è il corredo cerami co, di ben 72 pezzi, del 330-310 a.C., della nobile Si gnora di Castellazzo (Tomba 2) immortalata nel suo bel proWilo greco, assieme a quello delle sepolture dei suoi tre bambini (Tombe 1,5,9) (Figura 8). Il più monumentale dei vasi Wigurati (Figura 10) venne signiWicativamente scelto per illustrare il manifesto della Mostra di Tokio del 1984 sulla Sicilia Greca, come altrettanto signiWicativamente un centinaio di vasi indigeni di Vallescura furono motivo di attrazio ne fra il migliaio di reperti in mostra a Palazzo Grassi di Venezia per I Greci in Occidente nel 1996 (Figura 9).

Figura 7. Testo e traduzione delle epigrafi sulle Stele di Balate di Marianopoli. Fonte: testo citato di F. Lauricella.

La Tomba 5 accoglieva una giovinetta, sepolta assie me al suo ricco corredo di 25 oggetti tra i quali anche diversi monili d’argento. Le Tombe 1 e 9 sono sepol ture di bambini, data la presenza di vasi miniaturisti ci assieme ad un poppatoio.

Figura 8. T.5 Hydria a figure rosse con "ritratto della Dama di Ca stellazzo". Attribuzione al Lentini-Hydriai Group. Seconda metà del IV sec a.C. Foto di A. Mastrosimone/Cortesia Museo.

Certamente i vasi più

rilevanti della Tomba 2, assie me agli altri due con scene Wigurate di vita nel gine ceo con riferimenti a strumenti musicali e di rafWinata toilette nuziale, sono le hydriai con proWilo di donna

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Figura 6. Le tre stele del Museo di Marianopoli, le due maggiori con epigrafi greche in sommità

Figura 9. T.21 Oinochoe indigena a decorazione ornitomorfa. Foto A.Mastrosimone/Cortesia Museo.

riccamente ornata di monili, che riportano per carat tere stilistico riconosciuto alla prestigiosa “Scuola del Pittore del Lentini-Hydriai Group” (Figura 10).

Poiché i quattro corredi delle tombe sono attribuibili allo stesso periodo, gli scopritori in fase di scavo e gli studiosi dei corredi sono stati concordi nella dedu zione logica che, per la notevole ricchezza e quantità dei materiali in sepoltura, una madre di elevato ran go sociale ed i suoi tre Wigli fossero morti contempo raneamente colpiti da disgrazia o singolare sorte che accomunò i componenti della famiglia.

Altra curiosità meritevole di attenzione è che, oltre l’omogeneità ed il prestigio dei corredi per forme e tipologie, addirittura nuovi e decorati con quel parti colare “proTilo/ritratto” di donna fatto su commissio ne, venne usato un tratto isolato al di fuori dalla re stante area funeraria di Castellazzo, nella precedente necropoli preistorica.

Di fronte a reperti ceramici di tanta bellezza, con quell’indimenticabile pro T ilo/ritratto di seconda metà del IV sec. a.C. della nobile Signora/Regina di Castellazzo, capace di suscitare grandi emozioni per il racconto di vita, dolore ed amore fuori dal tempo che è capace di trasmetterci visitando il Museo di Marianopoli, non si può fare a meno di esprimere qualche altra considerazione: la ricerca di linguaggi per la divulgazione alternativi all’ermetismo specia listico degli “addetti ai lavori”, per intercettare “qui

Figura 10. T.2 Hydria siceliota, h. cm 33, a figure rosse. Attribuzione al Lentini-Hydriai Group. Seconda metà del IV sec a.C. Foto A.Mastrosimone/Cortesia Museo.

ed ora” bisogni estetici, fonti di consapevolezza e conoscenza storica della “curiosità ” del viaggiatore/ visitatore. Che poi diventa “educazione civica” e spiri to identitario dei Luoghi, oltre che capacità di lettura interpretazione e revisione storica per i luoghi co muni del nostro presente.

Quei reperti e quel proWilo/ritratto ellenistico della nobile Signora/Regina di Castellazzo ci è utile per la seguente ricostruzione storica, possibile e realistica in conseguenza del tragico evento luttuoso che colpı̀ oltre due millenni fa la Wiorente comunità di Castel lazzo/Mitistrato e la famiglia del suo Sovrano: la mor te per disgrazia della sua Signora/Madre e dei suoi tre Wigli. Potremmo sintetizzare cosı̀: una grande sto ria d’amore. La reazione emotiva e rituale di quel Capo, per la loro sepoltura adeguata al rango sociale ricoperto dovette essere la seguente: dare incarico dopo lo choc emotivo ad un suo emissario di recarsi in un luogo per commissionare ceramica Wigurata di autore prestigioso con rafWigurazione personalizzata proprio del ProTilo/Ritratto della sua amata compa gna di vita e madre dei suoi tre Wigli; probabilmente sulla costa agrigentina alle foci del Wiume Platani/ Halykos e di fare ritorno a Castellazzo di Marianopoli con la provvigione ceramica nel tempo tecnico di sepoltura delle vittime di quel crudo destino. Cioè tutto dovette avvenire nel giro di tre/cinque giorni, se d’estate o in inverno, con la considerazione ulte

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Figura 11. T.2 Pisside stamnoide siceliota a figure rosse, con Orfeo agli Inferi raffigurato nel Bombylios siceliota a figure rosse. Attribuzione al Lentini-Hydriai Group Seconda metà del IV sec a.C. Fonte: Catalogo del Museo.

dare il destino dei suoi cari. Questo in particolare è attestato, oltre che dagli strumenti musicali rafWigu rati anche dalla potente immagine di Orfeo agli Inferi rafWigurato nel Bombylios siceliota a Wigure rosse de posto nella stessa Tomba 2 (Figura 11).

Per quanto riguarda la fase della Tarda Antichità e Bizantina in area prossima a Marianopoli sono da citare i rinvenimenti occasionali di Mimiani, con il suo suggestivo paesaggio boschivo che arriva a lam bire l'area urbana di Monte Balate, a circa 3 km a Sud di Marianopoli. A Mimiani, come a Sophiana ed in altri centri importanti dell'entroterra siciliano, alla metà del V sec. d.C. persistono e continuano a svilup parsi nuclei ed insediamenti produttivi agricoli. Nella necropoli di Mimiani, per rinvenimento fortuito in zona imprecisata sono stati rinvenuti dei grandi orecchini d'oro con pendente semilunato a lamina decorata a traforo con Wigure di volatili, che possono essere attribuiti ad ofWicine di Costantinopoli (VI-VII sec. d.C.), esposti al Museo Archeologico di Caltanis setta e lucerne di varie forme (Figura 12).

Tutti argomenti che servono a “spiegare” tante cose che hanno bisogno di essere capite; in particolare della grande vivacità culturale, della forte circolazio ne monetaria di ricchezza commerci e beni che se guono i grandi Wlussi umani e della “centralità ” geo politica che caratterizzava in antico le aree interne della attuale “Sicilia Persa”.

Figura 12. Orecchini d'oro da Mimiani (VI-VII sec. d.C.), esposti al Museo Archeologico di Caltanissetta. Fonte: web

riore ed implicita che quel Sovrano di Mitistrato do veva possedere cultura Wigurativa, conoscenze geo graWiche e relazioni diplomatiche sui territori, pos sesso di risorse e denaro, oltre che idee chiare sui riti di sepoltura e di “viaggio nel post mortem” a cui afWi

Nella sua nuova sede, dal 21 aprile 2013, il Museo è stato intitolato ai fratelli Francesco e Ludovico Lando lina Paternò di RigiliTi, pionieri della numismatica siciliana, originari della Sicilia orientale, che si trasfe rirono a Marianopoli nel 1845, vivendoci per lungo

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Figura 13. Siti archeologici principali della Sicilia centro-meridionale: in alto, fra i bacini del Platani e del Salso sono indicati i siti archeologici di Balate-Vallescura e Castellazzo di Marianopoli.

Da Panvini R., Il territorio dei Sicani. Le città dell'area centro-meridionale della Sicilia. In: Guzzone C. (a cura di), Sikania. Tesori archeologici dalla Sicilia centro-meridionale (secoli XIII-VI a.C.), Catalogo della Mostra a Wolfsburg-Hamburg Ott.2005/Mar.2006, Giuseppe Maimone Editore-Regione Siciliana Ass.to BB.CC.AA.-Soprint. CL, 2006, pp. 71-78.

tempo. Proprio a loro si deve l’identiWicazione della zecca di Mytistraton nel sito di Castellazzo, sulla base del rinvenimento di monete da quelle contrade.

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Cultura
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Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383

Mosaici delle basiliche romane di S. Pudenziana e dei SS. Cosma e Damiano

Confronto e lettura critica dell’esegesi musiva

Fra il II e il VI secolo, la decadenza del l’Impero romano e l’affermarsi della re ligione cristiana furono fenomeni estre mamente complessi, in gran parte, in relazione fra loro. Lo studio delle fonti documentarie e l’esame degli elementi architettonici e Iigurativi mostrano che non vi fu una vera e propria cesura, fra arte romana e paleocristia na, anche se cambiamenti espressivi si veriIicarono, inIluenzati dagli eventi del periodo.

Gli stessi artigiani ed artisti lavorarono tanto per i pagani che per i cristiani, utilizzando lo stesso baga

glio iconograIico e gli stessi elementi architettonici. Si è detto, impropriamente, che da parte del cristia nesimo fu realizzata una vera e propria operazione di marketing, selezionando quanto potesse essere più suadente o persuasivo ai Iini dell’affermazione della religione. Questa impostazione deriva fonda mentalmente dalla scarsa conoscenza delle dinami che del nuovo culto. Non si trattò di un nuovo partito politico, come avrebbero voluto gli Zeloti, né la pre dicazione di Cristo tendeva a creare condizioni per il riscatto di un popolo piuttosto che un altro. La morte per crociIissione era il supplizio riservato ai malfat

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Figura 1. Catino absidale della Basilica di Santa Pudenziana, Roma. Foto di Claudia Di Mario.

Domenico Di Vincenzo (Palermo 1958), laureato in Medicina (1984), specia lista in Cardiologia (1988) e Geriatria (1992). Medico ospedaliero dal 1992 al 2020. Autore di diverse pubblicazioni, nonché relatore a convegni scientiIici e di divulgazione scientiIica. Dal 2020 iscritto al corso di laurea in Conservazio ne e valorizzazione dei Beni culturali della facoltà di Lettere, indirizzo opera tore ed esperto in Patrimoni culturali e memoria digitale. Coltiva con dedizione la passione per la storia e per l’arte; è stato consulente scientiIico del Museo Civico di Termini Imerese (PA) “Baldassarre Romano” dal 2004 al 2009. Promotore nel 2003 presso il teatro Branciforti di Bagheria dell’evento multidisciplinare (musica, poesia, fotograIia) Sole ed altre stelle di Sicilia sul cielo di Bagheria e dintorni. Relatore al convegno Arte, Fede e Spe ranza (2013) presso il Museo degli Angeli di Sant’Angelo di Brolo (ME). Ha partecipato a corsi di Pittura di Tiziana Viola Massa. Si è espresso con proprie opere in poesia in Un cocktail per il dispensario di Temento (2003) e nella raccolta Verrà il giorno ed avrà un tuo verso (2010). Ha partecipato alle produzioni audiovisi ve The coach di Giuseppe Paternò , al video Sulle orme del gattopardo di Donata Pirrone, alla clip autoprodot ta Palermo Wellcome. Attore nelle commedie teatrali dialettali Ora chistu è progressu (2013) e La suocera (2014), comparsa nel Iilm per la tv di Roberto Andò Solo per passione (2022). Socio fondatore dell’Associa zione culturale “Verso Paideia”. Socio dell’Unione Italiana Fotoamatori.

Reporter accreditato di grandi eventi: parata del 2 giugno a Roma (2014), corsa nazionale Millemiglia (2016), visita pastorale del Papa a Palermo (2010), beatiIicazione di Padre Pino Puglisi (2013). Collabora con il periodico della U.I.F. “Gazzettino fotograIico”. Ha all’attivo mostre personali e collettive. Ha collabora zioni in corso con la prof. Concetta Di Natale, ordinario di museologia e di storia del collezionismo, e con l’arch. Ciro Lomonte, docente di storia dell’architettura cristiana. Al suo attivo ha circa 700.000 scatti foto graIici.

tori, ma quanto accadde dopo la passione, la resurre zione e l’ascesa al cielo, in aderenza a quanto le scrit ture avevano annunciato, rappresentò un fatto so stanzialmente eversivo per il mondo romano. La cro ce, pertanto, assunse, da quel momento in poi, la valenza simbolica di un messaggio forte e per suasivo, cioè che la morte non era l’atto Iinale della vita e che gli uomini, ric chi o poveri, pubblicani o farisei, potevano aspirare a qualcosa oltre l’imme diato tangibile presente. I cristiani non si riIiutava no di sottoporsi alle leggi dell’imperatore, ma ovviamente non potevano adora re che il solo unico Dio, che Cristo aveva indicato come Padre. Il monoteismo cristiano conIliggeva con le numerose divinità adorate nell’impero, dove non solo erano presenti i culti tradizionali ma anche i culti orIici e diverse professioni religiose orientali. RiIiutarsi di adorare l’imperatore equivaleva a non riconoscere allo stesso il diritto di vita e di morte. Dunque le persecuzioni furono una naturale conse guenza ma il risultato non fu quello atteso poiché il

«Rifiutarsi di adorare l’imperatore equivaleva a non riconoscere allo stesso il diritto di vita e di morte. Dunque le persecuzioni furono una naturale conseguenza ma il risultato non fu quello atteso poiché il martirio diveniva esso stesso elemento di proselitismo»

martirio diveniva esso stesso elemento di proseliti smo. Il culto, per sfuggire alle persecuzioni, veniva pratica to in incognito nelle domus di patrizi convertiti o nel le catacombe, luoghi di se poltura e di culto. Sempre pi ù numerose comunit à abbracciavano la nuova fede e tendevano ad auto disciplinarsi. Mancava un riferimento gerarchico, se non il riconoscimento del l’autorità dei discepoli più prossimi a Gesù . Pietro era stato ospite in casa di Pu dente. Paolo, già persecu tore dei cristiani, era dive nuto l’apostolo delle genti. Fra i due vi erano diversi Iicazioni di non poco conto. La salvezza era per il po polo eletto dei Iigli di Davide o riguardava tutti, pa gani convertiti compresi? Nelle comunità d’oriente dovevano praticarsi riti come in occidente e vicever sa (ad esempio la circoncisione)? Vi era una sorta di stratiIicazione trasversale del ricordo e la tradizione stessa non si era ancora formata. EZ in questa fase che si moltiplicano nuovi vangeli che aggiungono tolgono o modiIicano particolari a quelli, deIiniti canonici, di

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Luca, Matteo, Giovanni, Marco. Questa fu la prima grande difIicoltà cui la nuova fede dovette misurarsi, insieme all’esigenza di elaborare un proprio assetto ideologico aderente agli insegnamenti del Maestro. Le nuove generazioni di fedeli si trovavano di fatto nella esigenza di uniformare i riti. Venivano in aiuto le epistole alle varie comunità , ai Corinzi, agli Efesini, ai Romani, ai Tessalonicesi, che provavano ad indica re la strada da percorrere, non senza contestazioni o proteste. Era un quadro concettuale nuovo? Quale iconograIia andava proposta? L’arte romana rappre sentava la realtà

mentre l’arte paleocristiana doveva rappresentare il soprannaturale. Nelle case aristocra tiche erano comuni Iigurazioni con pesci, animali, scene pastorali. Il cristianesimo fu in grado di dare di tutto ciò

una lettura e un signiIicato diverso e per certi versi opposto. La croce da simbolo di ignominia a simbolo di sacriIicio salviIico. Il pesce diviene sim bolo di Cristo, da ICTHUS (pesce), acronimo che indi ca Gesù

Cristo, Figlio di Dio, Salvatore. L’ancora di viene una croce. La colomba, l’agnello, il pavone, la fenice, la vite e i tralci già rappresentati nelle pavi mentazioni a mosaico delle ville romane, divengono simbolo dello Spirito Santo, dell’agnello sacriIicale per eccellenza, dello stesso Cristo, dell’incorruttibilità della carne, della risurrezione, della rappresentazione dell’ultima cena dove Cristo disse fate questo in memoria di me, offrendo il suo

sangue, il vino, e il suo corpo, il pane. Anche le lettere chi e rho divengono esse stesse monogramma di Cri sto, con le lettere alfa ed omega ad indicare la Iine ed il principio, cioè lo stesso Cristo. Anche episodi ricor renti come Giona divorato dal mostro marino o le Iigure di pastori e di greggi divengono, per il signiIi cato attribuito a tali rappresentazioni, espressione della risurrezione di Cristo e del Buon Pastore, che attende al suo gregge che è il popolo di Dio. Quest’ul tima rappresentazione era già presente in epoca an

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Figura 2.
Particolare del mosaico centrale del catino absidale della Basilica di Santa Pudenziana, Roma. Foto di Claudia Di Mario. ᾽ΙΧΘΎΣ ichtùs = pesce ᾽Ιησοῦς Iesoùs = Gesù Χριστός Christòs = Cristo Θεοῦ Theoù = di Dio Υἱός Uiòs = Figlio Σωτήρ Sotèr = Salvatore

tecedente. Veniva infatti rappresentato il dio Hermes che porta sulle spalle il capretto. Solo che adesso si carica di un signiIicato straordinariamente innovato re, non giustiIicato dal semplice intento divulgativo, didascalico, conseguente al proselitismo dei cri stiani, ma per la semanti ca che naturalmente vi viene assegnata. Tutto ciò inconsapevolmente, sen za una direttiva univoca centralizzata. Era un sen tire comune. Quello che in altri termini oggi potremmo dire fede. La rappre sentazione artistica diviene fondamentalmente lo strumento di riconoscimento di un sentire comune. Ci sono ovviamente differenze fra le varie realtà sia nel tempo che nello spazio. Nell’arco di due secoli, quelli che separano il mosaico del catino absidale di santa Pudenziana e dei Santi Cosma e Damiano, ma anche facendo riferimento al mosaico della Cappella di Sant’Aquilino in San Lorenzo a Milano, molti even ti storici intervengono a modulare quanto rappresen tato. Eventi che sono in gran parte in relazione alle inIluenze ricevute dalle maestranze presenti che ammiccano più all’oriente o all’occidente (Cristo con la barba, all’orientale o imberbe, apollineo), ma an

« Era un sentire comune. Quello che in altri termini oggi potremmo dire fede. La rappresentazione artistica diviene fondamentalmente lo strumento di riconoscimento di un sentire comune»

che all’inIlusso delle Iigure che cominciano a divenire riferimenti per l’ecclesia. Ecco, quindi, che compaio no le Iigure del committente Felice IV e del vescovo Teodoro nel catino absidale dei santi Cosma e Da miano, fatto non di poco conto se si ha presente il contesto storico. Mentre nel mosaico di Santa Pu denziana forti sono le preoccupazioni legate ai saccheggi (siamo nel 390, prossimo al 410, che vedrà i Visigoti di Alarico), nel mosaico della Basilica dei Santi Cosma e Damiano siamo di fronte all’opera meritoria di Felice IV, stre nuo difensore di quanto rimane di Roma, e prodigo promotore di una nuova urbanistica. Inoltre è pre sente Teodoro, vescovo caro ai Goti di Teodorico. Forse che fra i goti ariani e i cattolici romani si stava tentando un avvicinamento? Cosı̀ pare, per opera della regina Amalasunta, che a Papa Felice offrı̀ quel l’area dei fori imperiali su cui sorse la basilica intito lata ai due santi anargyroi.

Intanto siamo già

nel V secolo e di fatto è già avviata quella operazione di deIinizione del ruolo del ponte Iice di Roma, che da primo degli apostoli, diverrà princeps ed erede di Pietro, con tutto quello che

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Figura 3. Particolare del mosaico centrale del catino absidale della Basilica di Santa Pudenziana, Roma. Foto di Claudia Di Mario.

comporta nei termini di relazioni vantaggiose, difIici li, impossibili, con altre realtà , con l’imperatore d’oriente e con i patriarchi a lui sottomessi. Una sto ria complessa ed intrigante nella quale l’esame delle opere che sono giunte sino a noi sono indizi di un processo non sempre facile da capire e che talora ci lascia perplessi. Certo è che se non ci fosse stata la Chiesa di Roma, se la Chiesa stessa non avesse avoca to a sé quel potere spirituale e per estensione mate riale, pur fra mille errori, orrori ed omissioni, non solo la civiltà occidentale non avrebbe avuto questo sviluppo, ma molte delle cose che oggi riteniamo pa trimonio dell’umanità sarebbero andate irrimedia bilmente perse.

Bibliografia

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Papini M., Arte romana. Mondadori, 2018.

Azzara C., Il papato nel medioevo. Il Mulino, 2006.

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La scoperta della vitamina B1

La vitamina B1, o tiamina fa parte delle cosidette vitamine idrosolubili che non possono essere accumulate nell’organi smo, e devono essere regolarmente as sunte attraverso l'alimentazione. Necessaria nel metabolismo dei carboi drati, favorisce lo stato generale di nutrizione dei tessuti nervosi. La vitamina B1 è necessaria per la crescita, lo sviluppo e la funzione delle cellule e per il normale funzionamento di cervello, nervi e cuore. Per questi motivi, riveste un ruolo di grande impor tanza nel periodo di crescita dei bambini. Il ruolo della tiamina è quello di partecipare alla conversione del glucosio in energia spendibile per l’organismo. I carboidrati (o zuccheri) sono composti chimici che vengono metabolizzati nell'organismo per fornire energia di pronto intervento per numerosi organi ed in particolare per il sistema nervoso. Partecipa inol tre alla formazione dei globuli rossi, concorrendo indirettamente al benessere del muscolo cardiaco. A livello dello stomaco incentiva la sintesi di acido clo ridrico componente principale del succo gastrico, facilitando la digestione.

Il fatto che la sua azione principale sia ricollegabile alla produzione di energia sembra essere collegata anche alla sfera emotiva, in quanto contribuisce a migliorare il tono dell’umore, predisponendo ad una positiva attitudine psicologica.

La tiamina è chimicamente costituita da un anello pirimidinico collegato ad un anello tiazolico. L’assor bimento della tiamina avviene principalmente a livel lo del duodeno, e si riduce gradualmente lungo il re sto del tenue. La tiamina viene assorbita in vivo tra mite due meccanismi: uno attivo, saturabile, proba bilmente legato alla presenza di un carrier, e uno passivo, non saturabile (Gubler, 1988).

La sua forma biologicamente attiva è l’estere pirofo sforico (TPP), che occupa un ruolo centrale nel me tabolismo energetico cellulare.

La carenza di vitamina B1 determina numerosi sin tomi, e, a seconda della sua entità , può manifestarsi con diversa intensità , in particolare si osserva altera zione del metabolismo del glucosio, modiSicazione della produzione di energia, ipotonia muscolare, ato nia intestinale, nevrite periferica con sindromi dolo rose, insufSicienza cardiaca, indebolimento della

memoria, incapacità di con centrarsi, sindrome depressiva.

La carenza causa danni al sistema nervoso, deperi mento generale e alcune condizioni speciSiche come il beri-beri, molto diffuso tra le popo lazioni che si ciba no principalmente di riso brillato, e la sindrome di Wer nicke, una grave forma di stato confusionale.

La tiamina è molto diffusa sia negli alimenti vegetali che in quelli animali, come i cereali, i legumi, la carne di maiale, il lievito di birra, ed è prodotta in parte anche dalla Slora intestinale.

La scoperta della vitamina B1 riveste un grande inte resse storico in quanto si rivelò capace di prevenire la comparsa del beri-beri, malattia caratterizzata clinicamente da polineurite (stato inSiammatorio dei nervi periferici) edema e alterazioni del muscolo cardiaco (cardiomiopatia, insifSicienza cardiaca).

Nel XIX secolo, in Estremo Oriente secondo alcuni racconti, il beri-beri era molto frequente, infatti que sta malattia come già accennato si presenta dove l'alimento principale è il riso rafSinato o brillato, cioè privo della cuticola esterna. La disponibilità di questo alimento e del suo consumo nel XIX secolo aumentano in seguito all'introduzione dei mulini a vapore per la lavorazione del riso. Il beri-beri era piuttosto comune in Asia, tra i marinai e nelle carceri, e Sino all'ultimo decennio del secolo scorso la sua causa era ignota. Nel 1873, un medico olandese, che prestava la sua opera sulle navi, osservò che tra i membri degli equi paggi europei vi erano molti meno casi di beri-beri, che tra i marinai reclutati nelle Indie Orientali. Poiché diminuendo la quantità di riso bianco consu mato dai marinai l'incidenza della sindrome dimi nuiva, il medico ne dedusse che essa fosse causata da qualche tossina o agente infettivo presente in quell'a limento.

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*Farmacista

chimica e realiz zata la sintesi.

Tale sindrome è ancora diffusa in alcune regioni del l’Estremo Oriente nelle quali il riso brillato rappre senta l’alimento basilare della dieta. Non esiste una riserva di tiamina nel corpo, per cui essa deve essere introdotta con l'alimentazione ogni giorno. Tra le fonti alimentari principali ricordiamo la carne suina, frattaglie, salmone, uova, cereali integrali, legumi,

si tratta di una vitami necessario prendere alcune non si alteri, infatti il calore e la deteriorano, mentre il bicarbo nato di sodio ne diminuisce l'assorbimento.

icienze acute, spesso legate ad alcolismo, uso di droghe o terapie farmacologiche, provocano invece lesioni del sistema nervoso centrale, con una sin drome nota come encefalopatia di Wernicke. In caso di apporti elevati, una volta saturata l’albu mina, l’eccesso di tiamina libera in circolo viene ra pidamente escreto nelle urine. Non sono stati rilevati ino a 500 mg al giorno per Commission of the European Communities, Nei paesi industrializzati la sua carenza è rara, ma si presentare spesso per un uso eccessivo di alcool frequente di minore disponibilità icit nell'assorbi mento. Inoltre il fabbisogno giornaliero dipende an che dal numero di calorie introdotte, infatti più in il metabolismo, soprattutto glucidico, mag giore deve essere l'apporto di Vitamina B1

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Il farmaco 7000 anni di storia. Dal rimedio empirico alle biotecnologie. Armando Editore, Roma 2011, p. 178.

2. Gubler C.J., Thiamin. In: Machlin L.J. (ed.), Handbook of vitamins, Marcel Dekker, NewYork 1988, pp. 245-98.

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