Theriaké novembre 2018

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Theriaké MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE GIOVANI FARMACISTI DI AGRIGENTO

Anno I n. 11 Novembre 2018


Sommario

Attualità

Attualità

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“Farmacie del capitale”: meno professionali?

Il farmacista ospedaliero

Rubriche

8 Delle Arti

La scienza della pittura di Leonardo

12 Fitoterapia&Nutrizione

Allergie alimentari ed intolleranze, definizioni e trattamenti

14 Apotheca&Storia

La medicina nel Medioevo /3 L’influenza dell’alchimia araba

Responsabile della redazione e del progetto grafico: Ignazio Nocera Redazione: Valeria Ciotta, Elisa Drago, Christian Intorre, Francesco Maratta, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Silvia Nocera, Giusi Sanci. Contatti: theriake@email.it In copertina: Leonardo da Vinci, Studi anatomici. Questo numero è stato chiuso in redazione il 19 – 11 – 2018

Collaboratori: Stefania Bruno, Paola Brusa, Laura Camoni, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù, Gaetano Di Lascio, Claudio Distefano, Vita Di Stefano, Carla Gentile, Aurelio Giardina, Pinella Laudani, Maurizio La Guardia, Erika Mallarini, Rodolfo Papa, Annalisa Pitino. In questo numero: Valeria Ciotta, Claudio Distefano, Elisa Drago, Rodolfo Papa, Giusi Sanci.

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Attualità

“FARMACIE DEL CAPITALE”: MENO PROFESSIONALI? Claudio Distefano*

È unanime convinzione che la catena già consolidata all’estero professionalità sia il valore non fa percepire un reale aggiunto che farà prevalere le pericolo, che potrebbe, invece, “farmacie indipendenti” nella venire da proprietà riconducibili competizione con le “farmacie ad investitori improvvisati e del capitale”. Forse l’assioma, speculativi, i cui possibili così come espresso, tende a comportamenti non conformi semplificare uno scenario che, all’etica professionale vanno invece, è più complesso. dissuasi e contrastati. In primo luogo, ad oggi, le La sopravvivenza della farmacia farmacie indipendenti devono indipendente del futuro si ancora colmare un gap verso le reggerà dall’attivazione e farmacie in catena perché l’atto realizzazione dei programmi di professionale eseguito, seppur Pharmaceutical care e, in corretto, non ha una validazione particolare, dei servizi cognitivi a e certificazione, ma è sostegno della gestione della autoreferenziale, mentre le cronicità. Pertanto la farmacia attività professionali erogate indipendente deve superare il dalle farmacie in catena ritardo competitivo ancora in garantiscono standard atto rispetto alle potenzialità che professionali certificati e potranno essere messe in campo protocolli di consiglio subito dalle catene, appena standardizzati. avranno conseguito la massa Inoltre, non è veritiera, critica che rende diciamolo, l’idea secondo la quale la farmacia economicamente sostenibili le suddette attività. indipendente sia più professionale di quella in catena. Quindi, per recuperare i ritardi ed invece acquisire il Quest’ultima, infatti, sviluppa il lavoro in modo meno vantaggio competitivo, vanno premiati gli sforzi messi in empatico ed è governata da regole più rigide, ma dal campo dalle associazioni di categoria con l’istituzione di proprio punto di vista, è in grado di fornire garanzie società in grado di proporre i servizi cognitivi oggettive del livello di qualità del servizio offerto. remunerati. I progetti andranno sostenuti perché per È fuorviante l’idea che la farmacia indipendente miri in attivarsi necessitano di un ampio numero di farmacie misura prevalente al servizio, inteso anche come valore distribuite sul territorio. A tale scopo si renderà etico, mentre quella del necessario creare per i titolari capitale prevalentemente al «… la farmacia indipendente deve superare ed i farmacisti collaboratori un profitto, potendo in ipotesi percorso di formazione di il ritardo competitivo ancora in atto aumentare presunti rischi per eccellenza; infatti, si può essere rispetto alle potenzialità che potranno la salute del cittadino, in competitivi solo se si riesce a essere messe in campo subito dalle catene» essere culturalmente convinti e quanto il farmacista, sottoposto a pressioni scientificamente edotti. commerciali notevoli, non rimane sereno e non conserva Inoltre, per essere protagonisti nel territorio deve essere l’indipendenza professionale. In realtà, dobbiamo consolidata la collaborazione interprofessionale considerare che oggi anche la farmacia tradizionale si sviluppando progettualità che coinvolgano le specifiche regge economicamente solo attraverso la vendita di professionalità dei medici di medicina generale e degli prodotti farmaceutici e non, sia pur nel rispetto di infermieri, con l’obiettivo condiviso del miglioramento un’etica deontologica e delle leggi dello Stato. La della salute e della qualità della vita dei cittadini e il farmacia del capitale utilizza strumenti più raffinati e risparmio e l’ottimizzazione delle risorse finanziarie degli manageriali che esasperano la concorrenza sul lato enti pagatori. commerciale, e costringe, in un certo senso, la farmacia indipendente a copiare gli stessi metodi, spesso in modo improvvisato e maldestro, creando non solo danni gestionali a se stessa ma anche caduta d’immagine a tutto il settore. In merito all’indipendenza professionale del farmacista, bene ha fatto la F.O.F.I. a specificare nella nuova stesura del Codice Deontologico le potenziali pressioni che i farmacisti potrebbero subire da proprietari terzi, non farmacisti e quindi non sanzionabili per violazioni deontologiche; tuttavia, l’esperienza delle farmacie in *Farmacista

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Attualità

IL FARMACISTA OSPEDALIERO

Valeria Ciotta*

Il settore sanitario in generale e quello farmaceutico in particolare, stanno affrontando una fase di considerevole e profonda evoluzione legata a cambiamenti istituzionali, sociali e di mercato che hanno costretto a ripensare alla figura del farmacista in quanto tale, alla sua prospettiva e ai suoi interlocutori. Nel giro di poco tempo la dimensione economica ha impattato sul ruolo e sull’immagine non solo del farmacista di comunità, ma anche di quello che opera nelle strutture sanitarie, territoriali e ospedaliere, pubbliche e private o nelle aziende farmaceutiche. Il farmacista da un lato si è dovuto interfacciare con le politiche di contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera e territoriale, dall’altro ha dovuto far fronte alle richieste di collaborazione delle farmacie per l’erogazione di nuovi servizi assistenziali da parte dei Servizi Sanitari Regionali, il tutto in un contesto di mutamento sociale del rapporto di fiducia tra le professioni sanitarie e i pazienti. A questo bisogna aggiungere anche l’inevitabile incremento dei bisogni di salute e prestazioni sanitarie legate, da un lato, ad un fattore culturale e, dall’altro, all’invecchiamento della popolazione. In questo scenario si inserisce la complessa mission del farmacista ospedaliero che, nel rispetto della normativa vigente, consiste nell’essere parte attiva del processo assistenziale, rendendo disponibili prestazioni e informazioni atte ad assicurare interventi terapeutici efficaci, sicuri ed economicamente compatibili ma che, col tempo ha acquisito nuove competenze in tre grandi aree d’intervento: logistica, per quanto riguarda l’acquisizione e la distribuzione di farmaci e materiale sanitario; tecnica, nel settore di preparazione e manipolazione di medicamenti; clinica, articolandosi in diversi settori, dalla farmaco-economia al risk management, dalla gestione del governo clinico alla sperimentazione, implementata dall’introduzione della nuova figura del farmacista clinico o di reparto. Nel corso degli anni il governo clinico ha spostato la sua attenzione sulle attività in grado di accompagnare il paziente, gestendo e modulando tutti gli aspetti che concorrono al suo ottimale stato di salute. A partire da ciò, il ruolo del farmacista ospedaliero ha subito una riconfigurazione, si è evoluto da preparatore e dispensatore del farmaco, attività orientata alla gestione del prontuario, alla logistica e alla galenica tradizionale, a farmacista di reparto, attività orientata alla patologia e quindi all’ottimizzazione della terapia, a farmacista clinico erogatore di pharmaceutical care, attività volta alla presa in carico della terapia del singolo paziente bilanciando in modo intelligente l’assegnazione delle risorse, il tutto coadiuvato dallo sviluppo di un sistema di aggiornamento professionale, condivisione di conoscenze e competenze a livello aziendale rispetto all’uso del farmaco, valutandone l’appropriatezza d’uso. Il palco su cui si muove l’attore-farmacista gli impone di evolversi

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coerentemente con le dinamiche dell’ambiente in cui opera, nella consapevolezza che ripensare al proprio ruolo e rimodellarsi non è solo un’esigenza dettata da valutazioni economiche contingenti, ma è l’unico modo per dare nuova vita a quel complesso sistema di valori e competenze che da sempre caratterizza la professione del farmacista. Esperienze di varie aziende ospedaliere hanno dimostrato quanto sia importante la creazione di un team multidisciplinare che coinvolga medico, farmacista e infermiere: è risultato evidente come, ad esempio, quando il farmacista interviene con la sua professionalità nell’attività di distribuzione diretta, i risultati siano complessivamente vincenti dal punto di vista economico e dell’appropriatezza prescrittiva, in ragione della tutela e del miglioramento del percorso terapeutico del paziente, in collaborazione con il clinico di riferimento. Il farmacista, in virtù delle conoscenze e competenze in materia di farmacologia, tecnologia farmaceutica, farmacodinamica e farmacocinetica acquisite durante il percorso formativo e nell’esercizio dell’attività professionale, «mette a disposizione dei pazienti e dei colleghi il frutto delle proprie esperienze tecnico-scientifiche» (articolo 7 del Codice deontologico del farmacista), affiancandosi agli altri professionisti della salute, nel rispetto degli specifici ambiti di attività riconosciuti dalla legge, garantendo il corretto impiego dei farmaci da parte dei cittadini e monitorando l’efficacia della terapia prescritta. Qualsiasi monitoraggio del consumo di medicinali non può prescindere dall’analisi dei profili di appropriatezza d’uso dei medicinali attraverso l’individuazione di indicatori idonei a sintetizzare sia le scelte prescrittive del medico, sia le modalità di utilizzazione del farmaco da parte del paziente. L’inappropriatezza prescrittiva è causa di un aumento delle visite ambulatoriali, del tasso di ospedalizzazione e del rischio di morte, con un conseguente impatto clinico ed economico da non sottovalutare. Durante la fase di distribuzione dei farmaci ai pazienti, si è cercato di rilevare eventuali problemi legati ai trattamenti prescritti, sperimentando la trasformazione del momento di dispensazione in uno di rilevazione, analisi, valutazione della terapia, della patologia e dei bisogni dei pazienti e inoltre garantendo un valido supporto gestionale per il monitoraggio della spesa farmaceutica aziendale. Ogni Stato, oggigiorno, deve affrontare la sfida in merito al tema della salute senza poter prescindere dalle risorse disponibili. L’invecchiamento progressivo della popolazione con conseguente aumento della morbilità, l’introduzione di farmaci innovativi, ad alta tecnologia e molto costosi, l’ingresso sul mercato di nuovi mezzi tecnologici di supporto alla professione sanitaria, sono solo alcuni dei fattori da tenere in considerazione per poter vincere tale sfida. Il farmacista ospedaliero può favorire la razionalizzazione delle risorse economiche promuovendo l’utilizzo del farmaco attraverso criteri farmaco-

*Dirigente farmacista presso l’Ospedale San Giovanni di Dio, Agrigento

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Attualità

economici. In risposta alla ormai cronica crisi finanziaria che sta pesando sulle scelte del sistema sanitario, bisognerebbe dare il giusto riconoscimento ai professionisti sanitari, elemento cardine del SSN, e focalizzarsi sul loro ruolo, in particolar modo sulla collaborazione tra le diverse figure professionali. È il farmacista ospedaliero che deve interagire con i clinici e valutare l’appropriatezza terapeutica, che consente sia una maggiore adesione alle linee guida condivise sia un risparmio strutturale, ma proponendo provvedimenti mirati al raggiungimento di parametri costo/efficacia, costo/beneficio e rischio/beneficio soddisfacenti. Per fare ciò non ci si può affidare a regole generali di stampo matematico ma c’è bisogno di personale qualificato che sappia tastare il polso della situazione, che consideri le circostanze effettive, i soggetti coinvolti e il valore in termini di impatto sulla qualità di vita e sulla spesa sociale. Il farmacista ospedaliero è in grado di identificare obiettivi specifici (a medio-lungo termine) di contenimento della spesa, è capace di effettuare un monitoraggio della prescrizione, funge da trait d’union tra indicatori regionali e medico di medicina generale (MMG) e, conseguentemente, è in grado di valutare il raggiungimento degli obiettivi preposti per ciascun MMG, quantificando le risorse generate che saranno poi destinate a investimenti in beni, servizi e progetti per l’assistenza primaria. Da sempre, l’atto di dispensazione dei farmaci prevede un’attività di informazione ed educazione al corretto uso dei medicinali. Si tratta proprio di ciò che viene definito pharmaceutical care e che si potrebbe tradurre come “assistenza del farmacista”, intesa come intervento del professionista, all’atto della dispensazione, con informazioni, istruzioni, avvertenze, consigli al paziente e verifiche prima e dopo l’impiego dei farmaci. Inoltre, il farmacista, che è sicuramente la figura professionale più competente, in quanto appositamente formata in materia, promuove e partecipa a campagne istituzionali gestite in collaborazione con la pubblica amministrazione in diversi ambiti sanitari (contro il fumo, contro la droga, contro il doping, etc.). Questa responsabilità viene assunta dal farmacista allo scopo di assicurare che la terapia farmacologica sia efficace e sicura, soprattutto dopo che l’attività di continuità assistenziale ospedaleterritorio lo ha portato a interventi di erogazione diretta ai pazienti. È la formazione continua lo strumento insostituibile per mantenere gli adeguati livelli di conoscenza e di competenza del personale sanitario. Il farmacista è l’esperto in materia di farmaco che, ad oggi, in Italia, esercita le sue competenze secondo indirizzi operativi dedicati al personale sanitario e alla popolazione dei pazienti. L’attenzione del farmacista e gli interventi conseguenti dovranno, invece, essere sempre più finalizzati alle criticità che interessano il singolo paziente e la singola terapia farmacologica (appropriatezza, compatibilità, interazione, utilizzo off label, farmacovigilanza, vigilanza dispositivi medici, etc.), con particolare attenzione, quindi, alla specifica problematica clinica. Ad oggi il ruolo del farmacista

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clinico è, secondo la normativa vigente, quello di occuparsi dell’approvvigionamento, conservazione e distribuzione ai reparti, delle preparazioni galeniche, del controllo di qualità, della sperimentazione clinica (comitato etico, segreteria scientifica, farmaci sperimentali), di farmacovigilanza, di produrre informazione sui farmaci e dispositivi medici al personale sanitario e ai pazienti in dismissione, di gestire il monitoraggio e l’analisi dei consumi/costi farmaci e dei dispositivi medici, di condurre un’attività ispettiva sulla gestione degli stupefacenti nei reparti e di interessarsi di farmacoepidemiologia. Il farmacista ospedaliero è ormai un professionista riconosciuto per le sue competenze, ma manca un percorso strutturato di riconoscimento e di valutazione del suo operato; in questa pericolosa vacanza di regole, il farmacista ospedaliero deve esercitare tutta l’influenza che deriva dalla multidisciplinarietà della sua formazione e del suo ruolo. Ogni figura professionale deve rendersi indispensabile per far funzionare gli ingranaggi del sistema in cui opera ed è innegabile che il farmacista sia un anello fondamentale della catena, ma che è sottoposto a continue pressioni interne ed esterne per via del suo essere “signore di tutto e padrone di niente”. Il periodo storico che stiamo vivendo spesso diventa un alibi per non osare, per non cercare di dare nuova vita ad un sistema che funziona, ma magari in maniera così lenta e macchinosa da diventare inefficiente. Eppure, come diceva Einstein: «non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi porta progressi perché spinge a cercare soluzioni e vie di uscita». Bibliografia:

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Acciarri G., Romani M. C., Mazzoni I., et al., Prevenzione dell’errore terapeutico: suggerimenti per una corretta gestione dei farmaci look-alike e sound-alike. Boll SIFO 2011; 57(6): 325-31. Derrico P., Ritrovato M., Faggiano F., et al., Valutazione e sicurezza dei dispositivi medici in una prospettiva di risk-management. Boll. SIFO 2011 Vol. 57 N. 3. D.L. 13 settembre 2012, n. 158, recante Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute. GU Serie generale n. 214 del 13-09-2012. Il Farmacista di Dipartimento quale strumento per la prevenzione degli errori in terapie e l’implementazione delle politiche di Governo clinico in ambito oncologico. Ministero della Salute 2011 - http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1 638_allegato.pdf Spencer F. C., Human error in hospitals and industrial accidents: current concepts. J Am Coll Surg. 2001; 193(2): 230 Trucco P., Cavallin M., Sicurezza del paziente: esperienze e prospettive nell’analisi quantitativa del rischio clinico. In: Pagano A., Vittadini G., Qualità e valutazione delle strutture sanitarie, ETAS, Italia, 2004; 293-303.

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Delle Arti

LA SCIENZA DELLA PITTURA DI LEONARDO

Rodolfo Papa

Figura 1. Leonardo, Ultima cena. Milano, Santa Maria delle Grazie.

Tra non molto inizieranno i festeggiamenti per i poietico. Essa è scienza, ma non è un discorso cinquecento anni dalla morte di Leonardo da Vinci, ed esclusivamente teorico: ogni passaggio deve compiersi allora vi offriamo una riflessione per comprendere nella produzione di immagini propria dell’artista. Essa è l’intero lavoro di questo grandissimo artista italiano. Le pittura, ma non è mai riducibile alla sola intuizione molteplici attribuzioni leonardesche — filosofo, sensibile o a una prassi puramente tecnica. Si nota, infatti, scienziato, tecnologo, artista, ingegnere militare, negli scritti di Leonardo una decisa insistenza sulla ingegnere idraulico, topografo, cartografo... — possono e necessaria complementarità di teoria e pratica [5]: devono trovare una loro unitarietà, e solo in essa è «Quelli che s’inamorano di pratica sanza scienzia, sono possibile comprendere Leonardo come li nocchieri che entrano in [1] stesso. Così per esempio il «Quelli che s’inamorano di pratica naviglio sanza timone o bussola, Cassirer nota che «le note e i sanza scienzia, sono come li nocchieri che mai hanno certezza dove si frammenti di Leonardo che entrano in naviglio sanza timone o vadano. Sempre la pratica appartengono tanto alla storia debb’esser edificata sopra la bona della scienza che alla storia del bussola…» teorica» [6], ed ancora «Studia problema della conoscenza» [2] e Leonardo da Vinci prima la scienzia, e poi seguita la che «tra l’attività artistica di pratica nata da essa scienzia» [7]. Leonardo e la sua produzione scientifica non v’è solo La “scienza della pittura” trova dunque il proprio oggetto unione personale, come si sostiene di solito, ma unità e la propria motivazione nella “pittura”, stessa di cui veramente essenziale» [3]. Ebbene mi sembra che il Leonardo rivendica il carattere di scienza, paradigmatica tratto unificante sia dato dalla condizione privilegiata di nella sua semimeccanicità per ogni altra scienza. Egli pittore. Leonardo infatti è essenzialmente un pittore, e la aggiunge, dunque, al tentativo, comune a tanta sua scienza e la sua filosofia, a mio avviso robuste e trattatistica rinascimentale, di collocare la pittura entro le consistenti, trovano una loro leggibilità nell’ottica della arti liberali, il tentativo, ben più ardito, di riordinare la pittura. Come scrive Garin: «La scienza di Leonardo è la “topografia delle discipline”, dando «una spallata teorica scienza del pittore e fa corpo con l’arte sua, che è l’arte alle vecchie sistemazioni chiedendo a gran voce non solo del pittore» [4]. che la pittura sia estratta dal novero delle arti inferiori, La “scienza della pittura”, che è la vera scienza ma che le sia riconosciuto lo statuto di scienza» [8]. leonardiana, è una disciplina nuova, comprensibile solo La scienza della pittura si confronta, infatti, senza timore se si riesce a tenere insieme sia la scienza che la pittura: con i contenuti dell’aritmetica e della geometria, essa consiste precisamente nel tentativo di portare a superandole entrambe perché in più conosce la qualità coincidere scienza e pittura, conoscenza teorica e fare della bellezza: «perché il pittore è quello che per

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Delle Arti

terminate dalla loro superfizie, cioè linee de’ termini de’ corpi, con le quali lui comanda a lo scultore la L’AUTORE perfezzione delle sue statue. Questa col suo principio, Rodolfo Papa, pittore, scultore, teorico, storico e filosofo cioè il disegno, insegna allo architettore fare che ‘l suo dell’arte. Esperto edificio si renda grato a l’occhio; questa alli componitori della XIII de diversi vasi, questa alli orefici, tessitori, recamatori; Assemblea questa ha trovato li caratteri, con li quali s’isprime li Generale Ordinaria diversi linguaggi; questa ha dato le caratte alli del Sinodo dei arismetici» [10]. Vescovi. Docente di In questa attività teorica-poietica, che abbraccia ogni Storia delle teorie cosa, il pittore manifesta la sua discendenza da Dio: la estetiche presso pittura è “nipota d’essa natura e parente di Iddio”. Qui l’Istituto Superiore Leonardo riecheggia Dante: “arte a Dio quasi è nepote” di Scienze Religiose [11]. Sant’Apollinare, Leonardo propone sinteticamente il leggendario Roma; il Master di racconto della nascita della pittura, ricco di spunti II Livello di Arte e Architettura Sacra dell’Università teorici di riflessione: «Come fu la prima pittura. La Europea, Roma; l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di prima pittura fu sol di una linea, la quale circondava Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; la Pontificia l’ombra dell’uomo fatta dal sole ne’ muri» [12]. In Università Urbaniana, Roma. È Accademico Ordinario questo modo raccoglie vari elementi, la linea, il corpo, il della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere lume naturale, l’ombra, radunandoli intorno alla dei Virtuosi al Pantheon. Presidente della Accademia questione dell’origine; l’esito sarà che non solo la Urbana delle Arti. pittura ha origine dall’ombra dei corpi ma che la pittura è l’origine di ogni atto insieme conoscitivo e poietico, Tra i suoi scritti si contano circa venti monografie e ovvero è la prima fra le arti. alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Esiste una antica tradizione che appunto fa risalire la Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; nascita della pittura al contorno di un’ombra, cui Plinio “Via, Verità e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; dà ampio spazio: «I Greci dicono, alcuni che [la pittura] “Zenit.org”, “Aleteia.org”; …). fu trovata a Sicione, altri a Corinto, tutti comunque Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per concordano che nacque dall’uso di tracciare con delle Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San linee il contorno dell’ombra umana: pertanto la prima Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, pittura fu di questo tipo» [13]. Plinio completa questo Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; racconto con quello della origine della coroplastica, Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, ponendo in continuità, secondo una solida tradizione, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; la nascita della pittura e la nascita della scultura: Cattedrale di San Panfilo, Sulmona; chiesa di san Giulio I «Butade Sicionio, vasaio, per primo trovò l’arte di papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, foggiare ritratti in argilla, e questo a Corinto, per merito Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma …). della figlia che, presa d’amore per un giovane, dovendo quello andare via, tratteggiò i contorni della sua ombra, proiettata sulla parete dal lume di una lanterna [14]; su necessità della sua arte ha partorito essa prospettiva, e queste linee il padre impresse l’argilla riproducendone non si pò fare per sé senza linee, dentro alle quali linee il volto; fattolo seccare con gli altri oggetti di terracotta, s’inchiude tutte le varie figure de’ corpi generati dalla lo mise in forno e tramandano che fu conservato nel natura, sanza le quali l’arte del geometra è orba. E se ‘l Ninfeo finché Mummio non distrusse Corinto» [15]. geometra riduce ogni superfizie circondata da linee alla In questa poetica narrazione di un primigenio atto di figura del quadrato, et ogni corpo alla figura del cubo; e fondazione delle arti viene, dunque, narrata una l’aritmetica fa il simile con le suoi radici cube e quadrate; priorità cronologica della pittura nei confronti della queste due scienzie non s’astendono se non alla notizia scultura, tema assai caro a della quantità continua e discontinua, ma della qualità non si «La prima pittura fu sol di una linea, la Leonardo che dedica l’intera prima parte del Libro di pittura al travagliano, la qual è bellezza de quale circondava l’ombra dell’uomo confronto tra queste due arti, con l’opere de natura et ornamento del fatta dal sole ne’ muri» decisivo privilegio della pittura. mondo». La pittura, dunque, ha un Mediante tale paragone, che si valore superiore alle altre scienze Leonardo da Vinci inscrive nella tradizione del perché riesce a conoscere sia gli “paragone delle arti”, Leonardo rafforza le aspetti quantitativi che quelli qualitativi, ovvero belli, caratteristiche della pittura “come” scienza. La pittura, della realtà. Dato che la pittura può conoscere tutto, può infatti, viene definita fortemente teorica, frutto di una essere punto di riferimento per ogni sapere: «il pittore è grande elaborazione mentale, di sapiente scienza e poca signore d’ogni sorta di gente e di tutte le cose […]. Et in fatica fisica [16]. La scultura può vantare nei confronti effetto ciò ch’è ne l’universo per essenzia, presenzia o della pittura una maggiore resistenza e durata, a motivo imaginazione, esso l’ha prima nella mente, e poi nelle della materia usata, che però ne restringe notevolmente mani, e quelle sono de tanta eccellenzia, che in pari tempo il campo figurativo. La limitazione è inoltre fortissima generano una proporzionata armonia in un solo sguardo nei confronti della “luce”; lo scultore è obbligato a qual fanno le cose» [9]. La scienza della pittura, inoltre, lavorare solo nel lume particolare, dipende totalmente genera altre discipline, quali la prospettiva che a sua volta nei chiaroscuri dalla luce naturale e non dalla propria genera l’astrologia, e per di più insegna alle discipline conoscenza ed abilità. meccaniche e fornisce il linguaggio alle discipline La pittura, dunque, è “primaria” rispetto alla scultura teoriche: «Ma la deità della scienzia della pittura perché quest’ultima risulta contraddistinta da considera l’opere così umane come divine, le quali sono

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Delle Arti “brevissimo discorso”, ovvero da minore elaborazione teorica, da minore scientificità: «Tra la pittura e la scultura non trovo altra differenzia, se non che lo scultore conduce le sue opere con maggior fatica di corpo che ‘l pittore, et il pittore conduce l’opere sue con maggior fatica di mente» [17]. La pittura supera, dunque, la scultura per la propria mentale e sapiente elaborazione, ma supera anche la poesia per la propria immediata presa realistica e la musica per la sintetica persistenza delle proprie armonie. Il confronto con le arti, e in particolare con la scultura, è dunque una via per rivendicare il carattere liberale della pittura: a Leonardo interessa principalmente Figura 2. Leonardo, Studi anatomici di feto. dimostrare la nobiltà scientifica della pittura, la quale peraltro «per sé medesima si matematica e sullo studio della natura. Essa si fonda su nobilita senza l’aiuto de l’altrui lingue, non altrimenti “scientifici e veri principi”, ma questi principi derivano che si facciano l’eccellenti opere di natura» [18]. dall’osservazione» [20]. Del resto il Libro di pittura comincia con la definizione di La scienza della pittura poggia su alcuni principi: «Il scienza — «discorso mentale il qual ha origine da’ suoi primo principio della scienzia della pittura è il puonto, il ultimi principii» [19] — ed attribuisce alla pittura lo secondo è la linea, il terzo è la superfizie, il quarto è il statuto di scienza matematica ed esperienziale. Come ha corpo che si veste de tal superficie; e questo è quanto a notato Blunt: «Per Leonardo come per l’Alberti, la quello che si finge, cioè esso corpo che si finge, perché pittura è una scienza, essendo basata sulla prospettiva invero la pittura non s’astende più oltra che la superficie, per la quale si finge il corpo, figura di qualonque cosa evidente» [21]. Nell’espressione conclusiva “figura di qualunque cosa evidente” viene intrecciata una relazione teorica tra “figura” ed “evidenza”, di notevole importanza per il fondamento dell’arte pittorica leonardiana. Nel contesto, figura ha il significato di “immagine” sia nel senso di immagine mentale, esito di un percorso conoscitivo innanzitutto sensibile, che nel senso di immagine artistica, riproposizione in termini propri di ciò che si è conosciuto. Proprio nel legame tra queste due immagini, mediate dal lavoro intellettuale e pratico dell’artista, sta il valore scientifico della pittura. La figura, in entrambi i significati, peraltro fra loro collegati in modo inestricabile, è fondabile a partire da ciò che ci circonda e che colpisce i nostri sensi, e che in quanto tale è evidente. In questo passaggio leonardiano il legame tra figura ed evidenza viene condotto in specifica relazione al “corpo”. Punto, linea, superficie, corpo costituiscono il risultato di una scomposizione della realtà visibile in parti semplici, partendo dalla più evidente, che è poi la più complessa, ovvero il corpo. Corpo, superficie, linea, punto, sono dunque dei passaggi di progressiva astrazione e semplificazione a partire dalla ricchezza della realtà. In quanto descritti come “principi” della pittura, la loro sequenza risulta inversa, dal punto al corpo, ma ciò che l’uomo percepisce è appunto il “corpo” che è “figura di qualunque cosa evidente”. Attraverso punto, linea, superficie, corpo — che costituiscono, sottolineiamolo, il “primo principio della pittura” — il pittore può rappresentare l’intero universo, visto che «il pittore è signore d’ogni sorte di gente e di tutte le cose» [22] tanto Figura 3. Leonardo, Studi anatomici.

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Delle Arti

Figura 4. Leonardo, Annunciazione. Firenze, Galleria degli Uffizi.

che «chi biasima la pittura, biasima la natura, perché insieme più eversiva del discorso leonardiano. Ma l’opere del pittore rappresentano le opere d’essa natura» bisogna tener conto del fatto che essa è nel contempo [23]. radicata nella storia del La presenza del corpo nel sistema «… il pittore è signore d’ogni sorte di cristianesimo, che anzi il “corpo”, la artistico di Leonardo è gente e di tutte le cose» carne di Cristo è il principio direttamente legata alla visione del originario che si realizza come fatto Leonardo da Vinci mondo espressa da tutto il suo sintomatico: la carne si fa immagine universo pittorico. e il corpo diviene il cardine della La scienza della pittura radica, dunque, l’arte della pittura rappresentazione propriamente cristiana dell’arte nel corpo, che è principio teorico e realtà evidente. pittorica. Questa è, per certi versi, la proposta oggi più desueta e

Bibliografia e note 1.

Cfr. Papa R., La scienza della pittura di Leonardo. Analisi del “Libro di Pittura”, Medusa, Milano 2005; Papa R., Discorsi sull’arte sacra, Cantagalli Siena, 2012. 2. Cassirer E., Storia della filosofia moderna. Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza, vol. I, tomo II: La scoperta del concetto di natura [1919], trad. it., Einaudi Torino 1978, pag. 359. 3. Id., Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento [1927], trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1974, pag. 254. 4. Garin E., Scienza e vita civile nel Rinascimento italiano, Laterza, Roma-Bari 1980, p. 88. 5. Gombrich ha segnalato proprio “il rapporto tra teoria e pratica” come uno degli aspetti da valorizzare in una da lui allora auspicata nuova edizione del Trattato. Gombrich E.H., Il Trattato della pittura: alcuni problemi e aspirazioni, in Bellone E. - Rossi P. (a cura di), Leonardo e l’età della ragione, Edizioni di “Scientia”, Milano 1982, pp. 141-157 (e in trad.it. pp. 159-169). 6. Leonardo, Libro di pittura, II, 80, p.184. 7. Ivi, II, 54 p. 171. 8. Scarpati C., Introduzione, in Leonardo, Il paragone delle arti, Vita e Pensiero, Milano 1993, pp. 10 e 12. 9. Ivi, I, 13 p.138. 10. Leonardo, Libro di pittura, I, 23 p. 148.

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11. Dante Alighieri, Divina Commedia. Inferno, XI, 105. 12. Leonardo, Libro di pittura, II, 129, p.201. 13. Plinio, Historia Naturalis, XXXV,15; trad. it. Einaudi, Torino 1988, pp. 307-308. 14. Questa scena è riproposta, interpretata in termini settecenteschi, nel dipinto di D. Allan, The origin of Painting (The Maid of Corinth), del 1775, olio su tavola, conservato ad Edimburgo, National Gallery of Scotland. 15. Plinio, Historia Naturalis, XXXV, 151-152, trad. it., p. 473. 16. Leonardo, Libro di pittura, I, dal 36 al 45. 17. Ivi, I, 36, p.158. 18. Leonardo, Libro di pittura, I, 34, p.158. 19. Ivi, I, 1 p. 131. 20. Blunt A., Le teorie artistiche in Italia. Dal Rinascimento al Manierismo [1966], trad. it., Einaudi, Torino 1966, p. 39. 21. Leonardo, Libro di pittura, I, 3 p.132. 22. Ivi, I, 13 p.138. 23. Ivi, I, 9 p.136.

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Fitoterapia&Nutrizione

ALLERGIE ALIMENTARI ED INTOLLERANZE Definizioni e trattamento

Elisa Drago*

Intolleranze e allergie alimentari sono frequentemente oggetto di studio e dibattito in ambito scientifico. In generale questi malesseri fanno parte di un più vasto gruppo di disturbi definiti reazioni avverse da cibo. Per definire le reazioni avverse da cibo, il comitato europeo dell’EAACI, Accademia Europea di Allergologia e Immunologia, ha classificato tali reazioni secondo i meccanismi patogenici che le hanno determinate. Le reazioni alimentari possono essere tossiche e non tossiche. Reazioni tossiche sono quelle dose-dipendenti. È pertanto la quantità dell’alimento ingerito a determinare il grado di reazione scatenante. Reazioni non tossiche dipendono da una suscettibilità individuale, le più frequenti sono le allergie e le intolleranze alimentari. Le allergie sono mediate dal sistema immunitario con produzione di anticorpi IgE o non IgE; le intolleranze vengono classificate in intolleranze enzimatiche, farmacologiche ed indefinite. L’allergia alimentare è una reazione avversa al cibo scatenata dal sistema immunitario che mediante la produzione di immunoglobuline IgE reagisce a determinate proteine presenti nell’alimento [1]. Si tratta di una patologia a tutti gli effetti che si manifesta in individui predisposti. L’allergia alimentare può insorgere a qualsiasi età; tendenzialmente se compare in età pediatrica può regredire con il tempo. Esistono due tipi di risposte legate all’allergia alimentare quella mediata dalle IgE e quella non mediata dalle IgE. Nell’allergia alimentare IgE mediata i sintomi compaiono da pochi minuti a circa un’ora dall’ingestione dell’alimento scatenante. Invece nell’allergia alimentare IgE non mediata la sintomatologia compare tra le 6-24 ore dopo il contatto con l’allergene. Studi condotti in USA rivelano che i disturbi indotti dall’allergia alimentare sono presenti nel 5% nei bambini di età inferiore ai 3 anni, mentre il 3% interessa la popolazione adulta. Questi sono i valori approssimativi stimati in accordo con tre recenti studi sull’allergia alimentare percepita o confermata dai test di valutazione [2]. I segni e i sintomi dell’allergia alimentare possono variare da lievi a più gravi, in casi più rari si può arrivare allo shock anafilattico, e possono presentarsi in diversi tessuti e apparati. In generale viene coinvolto l’apparato gastrointestinale, respiratorio e cutaneo. Ciò che accomuna e caratterizza tutti i sintomi dell’allergia è la loro immediata insorgenza, (circa 1-2 ore dall’assunzione dell’alimento). Più rapidamente compare la reazione, più l’allergia alimentare si scatena in maniera violenta. A determinare la gravità del quadro

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clinico è anche il tipo di allergene contenuto nel cibo. Esistono diversi alimenti che sono stati identificati come i principali responsabili dell’innesco di reazioni immuno-mediate anche piuttosto gravi. Nei bambini: arachidi, latte, uovo, cereali, pesce. Nell’adulto: arachidi, noci, alimenti vegetali, crostacei, molluschi. Per garantire la sicurezza di tutti i consumatori, e informarli su ciò che mangiano, sono state emanate delle direttive sugli allergeni a tutela dell’acquirente per permettere di fare una spesa sicura per la propria salute (Direttiva 2000/13/CE, Direttiva 2003/89/CE, Direttiva 2004/77/CE, Direttiva 2005/63/CE, Direttiva 2006/143/CE, D.Lgs. n. 114/2006). Su ogni alimento preconfezionato esiste l’obbligo di etichettatura. Gli alimenti più a rischio allergie devono essere sempre dichiarati. Ovviamente ogni Paese adotta le proprie normative e restrizioni, per cui da Nazione a Nazione possiamo trovare delle differenze; per esempio in alcuni Stati gli allergeni più a rischio vengono citati soltanto quando la loro concentrazione supera un certo valore soglia. Test per le allergie. Gli strumenti attualmente a disposizione nella diagnosi delle allergie alimentari includono sia test in vivo come Prick test, Prick by Prick, Patch test e test di scatenamento orale, sia test in vitro per la determinazione delle IgE sieriche totali e specifiche [3]. Le intolleranze alimentari sono delle reazioni improvvise ed indesiderate verso degli alimenti o componenti alimentari assunti con la dieta. Nonostante si manifestino con sintomi molto simili alle allergie alimentari, vanno distinte da queste ultime perché non sono dovute ad una reazione del sistema immunitario e variano in relazione alla quantità dell’alimento assunto. Le intolleranze alimentari spesso si manifestano con disturbi intestinali proprio perché pare siano legate all’incapacità dell’organismo di digerire o assimilare certi componenti presenti nell’alimento. La più nota è l’intolleranza al lattosio in cui la riduzione fisiologica dell’attività dell’enzima lattasi porta a disturbi gastrointestinali dopo l’assunzione di latte. Nonostante non sia ancora stato chiarito il meccanismo biologico che sta alla base delle intolleranze alimentari, l’EAAC (come descritto in precedenza) classifica queste reazioni in tre diverse categorie: Intolleranze enzimatiche, determinate dalla carenza o assenza di enzimi necessari per la metabolizzazione di alcuni componenti alimentari (es. intolleranza al lattosio). Intolleranze farmacologiche, causate dall’aggiunta di componenti farmacologicamente attivi negli alimenti (es. istamina, tiramina, caffeina). I sintomi si manifestano in genere in seguito ad un accumulo di queste molecole nell’organismo. Intolleranze indefinite, per la maggior parte provocate da additivi conservanti, coloranti e aromi presenti nei

*Farmacista

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Fitoterapia&Nutrizione cibi o farmaci per addensare o migliorare l’aspetto di ciò che mangiamo. In questo caso non è stato ancora dimostrato scientificamente se si tratta di meccanismi immunologici o meno. È difficile fare una stima epidemiologica, perché la diagnosi di intolleranza alimentare risulta complessa per la mancanza di strumenti terapeutici standardizzati e validi. L’allergia al latte è la più frequente e conosciuta rispetto alle altre allergie alimentari. Può insorgere precocemente nel neonato, tuttavia nel 90% dei casi scompare quando il bambino compie il terzo anno di età. Infatti negli adulti l’allergia al latte vaccino è la meno comune di tutte [4]. Gli allergeni del latte sono le proteine come: caseine alfa-lattoalbumina e beta-lattoglobulina. L’allergia al latte può essere sia IgE mediata, quindi si manifesta anche dopo 5-30 minuti dall’ingestione del latte e porta prevalentemente a sintomi come eruzioni cutanee, orticaria, vomito, anafilassi. Oppure l’allergia al latte può essere non IgE mediata e causare prevalentemente disturbi gastrici come nausea e diarrea. L’intolleranza al lattosio è una condizione in cui il consumo di alimenti che contengono latte e latticini può determinare problemi a carico del sistema gastrointestinale. L’intolleranza al lattosio sta rappresentando un problema di notevole rilevanza clinica, perché questa condizione affligge moltissime persone anche di etnie diverse tra loro. Il lattosio è un disaccaride composto da glucosio e galattosio. Quando viene assunto con la dieta, viene immediatamente idrolizzato dall’enzima lattasi-florizina idrolasi (LPH) presente sulla superficie apicale dei microvilli dell’ intestino tenue, così da essere scomposto nei suoi due componenti più semplici e più assorbibili dall’intestino: il glucosio, che rappresenta un substrato energetico fondamentale per l’organismo e il galattosio che è essenziale per la formazione delle strutture nervose nel bambino. L’intolleranza al lattosio si verifica quando c’è un deficit di enzima lattasi nel nostro organismo (ipolattasia), e questo determinerà uno stato di mal assorbimento del lattosio (ML), accompagnato dalla comparsa di sintomi clinici quali borborigmo, flatulenza, crampi addominali, diarrea. L’intolleranza al lattosio si attribuisce ad uno squilibrio tra la quantità di lattosio ingerita e la capacità della lattasi di idrolizzare il disaccaride. Mal assorbimento di lattosio (ML) si verifica quando il lattosio non assorbito arriverà intatto direttamente nel colon e verrà fermentato dalla flora batterica che, richiamando acqua, darà luogo alla formazione di gas. I sintomi dell’intolleranza al lattosio si manifestano dai 30 minuti alle 2 ore dall’ingestione di cibo contenente lattosio. In commercio esistono dei prodotti nei quali il lattosio viene pre-idrolizzato con l’aggiunta di lattasi esogena. Queste innovazioni si possono far risalire alla fine degli anni ‘60 quando le industrie lattiero-casearie trovarono soluzioni idonee per la degradazione del lattosio mediante l’uso di lattasi microbiche o separarono lo zucchero tramite tecniche di cromatografia o filtrazione. Come trattamento farmacologico si possono assumere integratori contenenti l’enzima lattasi esogena non umana nella forma farmaceutica che più interessa al

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paziente (compresse, granulati, capsule...). Questi integratori vanno assunti nelle quantità raccomandate dal medico sia per trattare l’ipolattasia primaria che secondaria. Associati ad una dieta equilibrata sono utili ad eliminare la sintomatologia intestinale dovuta al mal assorbimento del lattosio. I sintomi da intolleranza al lattosio risultano alleviati anche dall’assunzione di probiotici, microorganismi che influenzano la microflora batterica, creando un ambiente fisiologico per la vita dei batteri. Un altro alimento che può essere introdotto nella dieta di chi è intollerante al lattosio è lo yogurt, infatti lo Streptococcus termophilus in esso contenuto è in grado di stimolare una β-galattosidasi attiva nel tubo digerente [5]. In conclusione, il mal assorbimento da latte è una condizione ampiamente diffusa in tutto il mondo. La condizione di deficit di lattasi è permanente, ma un’alimentazione mirata potrebbe correggere o almeno attenuare i sintomi dell’intolleranza al lattosio. Eliminare dalla dieta alimenti che contengono lattosio può provocare gravi svantaggi nutrizionali, come per esempio una carenza di calcio che porta ad una insufficiente mineralizzazione delle ossa. Si possono superare le limitazioni associate all’indigeribilità del lattosio utilizzando latti delattosati oppure integratori di lattasi che, sebbene non siano curativi, riducono i sintomi gastrointestinali spesso invalidanti. Esistono anche numerosi formaggi stagionati che avendo un basso contenuto di lattosio evitano un’eccessiva restrizione nelle scelte alimentari dei pazienti.

Bibliografia: 1.

2.

3. 4. 5.

Johansson S. G. O., O’B Hourihane J., Bousquet J., et al., A revised nomenclature for allergy:an EAACI position statement from the EAACI nomenclature task force. Allergy 2001; 56:813-24. Boyce J., et al., Guidelines for the diagnosis and management of food allergy in the United States: report of the Naid-sponsored expert panel. J Allergy Clin Immunol 2010; 126:S1-S58. Macchia D., et al., Position Statement: diagnostica in vivo ad in vitro delle allergie alimentari IgE mediate. It J Allergy Clinical Immunol 2011:21;57-72. Host A., Halken S., A prospective study of cow milk allergy in Danish infants during the first years of life. Allergy 1990; 45:587596. Usai-Satta P., Scarpa M., Oppia F., Cabras F., Lactose malabsorption and intolerance: what shoul be the best clinical management? World J Gastrointest Pharmacol Ther 2012; 3(3):29-33.

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Apotheca&Storia

LA MEDICINA NEL MEDIOEVO /3 L’influenza dell’alchimia araba

Giusi Sanci* Nell'alto Medioevo (VII-VIII secolo) la medicina occidentale venne fortemente influenzata dalla civiltà islamica. Inizialmente la medicina del mondo islamico si affermò grazie ad un’intensa opera di traduzione e commento dei testi classici greci e romani, in seguito arrivarono anche contributi originali di grande importanza. Il pensiero medico e scientifico veniva largamente coltivato nel mondo islamico. Molti testi della cultura greco-latina sono stati tradotti e custoditi dagli arabi per poi essere restituiti all'Occidente. Man mano che gli arabi estendono i propri confini, assorbono la cultura dei popoli conquistati, tra cui i territori appartenuti all'Impero Romano, finendo a stretto contatto con i Bizantini. A partire dal 635 gli Arabi si espandono e occupano importanti centri di cultura come Damasco, Cesarea, Alessandria, Persia, Iraq, Egitto, parte della Spagna e la Sicilia. Una volta diventato più stabile e potente, l'impero dà l'avvio ad una autentica fioritura delle arti e delle scienze, in particolare di quella medica. Nella medicina araba ebbe molta influenza anche la religione, infatti uno dei concetti del Corano era che non bisognava toccare il corpo umano per evitare che ne uscisse il sangue e quindi anche l'anima, tutto questo vietava la possibilità di eseguire dissezioni. Per ovviare l'ostacolo gli arabi inventarono il termocauterio, ovvero uno strumento metallico reso incandescente, che serviva a bloccare temporaneamente i vasi durante l'operazione chirurgica. A partire dal VIII secolo il mondo della medicina fu dominato da grandi personalità del mondo arabo e quindi nella prima parte del Medioevo furono i grandi medici arabi a dominare la scena. Fra questi i più famosi sono Rhazes o al-Razi (IX-X secolo) che scrisse un trattato Figura 1. Avicenna sulle malattie infettive, tra cui il vaiolo e la nonché all'incidenza che le misure igieniche avevano scarlattina (il De Pestilenzia) e un compendio di medicina sullo stato di salute. Aben-Zoar (1091), pur accettando le in 10 volumi (il Liber medicinalis). La sua opera più tesi di Galeno e Avicenna, diede grande importanza importante è il Continens, una grandiosa enciclopedia che all'osservazione scientifica come strumento per tratta di tutte le malattie del corpo, esposte dalla testa comprendere l'anatomia e la patologia; Averroè (1126fino ai piedi, con tanti richiami terapeutici, inoltre sono 1198) che insieme ad Avicenna influenzò il pensiero riportati nuovi medicamenti somministrati in diverse cristiano dell'epoca. La sua opera maggiore è il Colliget, forme. Avicenna (980-1037) che nella sua opera Il Canone un'enciclopedia in sette libri, contenente anatomia, della medicina raccoglie in 5 volumi tutta la conoscenza in fisiologia, semeiotica e farmacologia. Il maggior campo medico dell'epoca, riprendendo le teorie di contributo che gli arabi diedero fu comunque nel campo Ippocrate, Galeno e Aristotele. Il suo lavoro non si fermò della farmacologia. Nella scuola di Alessandria, in alla descrizione dei sintomi, ma comprese anche la contatto con l'alchimia, vale a dire con i processi chimici classificazione delle malattie e le possibili cause, oltre alla sperimentazione di nuovi medicamenti e rimedi. Diede *Farmacista molta importanza all'igiene e al concetto di lavarsi molto,

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Apotheca&Storia

esistenti all'epoca, ne approfondirono la conoscenza dando origine alla chimica, che consentì di ottenere nuove sostanze ad uso medicinale, come gli ossidi metallici, il latte di zolfo, l'acido solforico. L'alchimia, nata in Egitto nel I secolo d.C., può essere considerata la progenitrice della chimica moderna e della chimica farmaceutica, essa infatti studiava le interazioni fra le sostanze, la loro decomposizione, le loro caratteristiche. All'inizio la componente scientifica fu fortemente influenzata da quella magica, scopo primario infatti era quello di tramutare in oro semplici metalli attraverso un reagente universale (mondo arabo) o attraverso la "pietra filosofale” (mondo occidentale) oppure quello di ottenere l'elisir di lunga vita, il rimedio a tutti i mali (panacea) e quello dell'eterna giovinezza. Si deve inoltre agli arabi la scoperta di nuove preparazioni farmaceutiche, come gli elisir, le tinture, i distillati, gli sciroppi, nonché lo sviluppo delle pratiche di sublimazione, distillazione e cristallizzazione che permise la purificazione dei farmaci e l’isolamento di alcuni principi attivi. Tra i farmaci semplici più utilizzati si trova lo zucchero, un prodotto rivoluzionario proveniente dalla cultura araba, che consentì di prolungare, attraverso specifiche preparazioni, la durata dei rimedi semplici. Gli arabi introdussero anche un gran numero di rimedi naturali quali la canfora, il muschio, la mirra, il tamarindo, la noce moscata, i chiodi di garofano, il mercurio. Furono gli stessi arabi a creare nuovi solventi, come l'acqua di rose e di arancio e, grazie al processo di distillazione, alla produzione di preziosi oli essenziali. Si comincia ad estrarre dalle piante la parte essenziale, la cosiddetta "quintessenza", cioè qualcosa di estremamente puro ottenuto sottoponendo una sostanza ad almeno cinque distillazioni. In Italia nell'XI secolo l'uso di distillati e oli essenziali è molto diffuso ed entra nella preparazione dei medicamenti realizzati nei monasteri, facendo in modo che l'arte farmaceutica dei monaci progredisca notevolmente. Il laboratorio alchimistico conteneva bilancette e pesi per il dosaggio delle polveri medicamentose, flaconcini di

Figura 2. Raffaello Sanzio. Averroè, particolare de La scuola di Atene. Città del Vaticano

vetro per pillole ed unguenti, un grande torchio per spremere radici e pulire le cortecce, unitamente a grandi raccolte di erbe officinali e curative e di un bancone per la vendita al pubblico. Il periodo della civiltà moresca in Europa fu il culmine della civiltà araba. Dopo la disfatta dei mori, l'impero arabo crollò ed il loro sapere tornò in Europa, in particolare a Montpellier e a Salerno. Molte delle opere scritte dai maggiori esponenti della cultura araba, a partire dal XII secolo saranno oggetto di studio e traduzione verso il latino. I due più importanti centri di diffusione culturale in cui viene effettuata la maggior parte di queste traduzioni e che saranno molto importanti per la storia delle istituzioni scolastico-universitarie in tutta Europa sono la Scuola Medica Salernitana e la Scuola di Toledo.

Bibliografia: 1. 2. 3. 4. 5. Figura 3. Miniatura europea di al-Rāzī nel libro tradotto da Gerardo da Cremona Recueil des traités de médecine. 12501260.

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6. 7.

Caprino L., Il farmaco, 7000 anni di storia dal rimedio empirico alle biotecnologie. Armando editore. Fazzini E., Ricerca e didattica fra due sponde. Quaderni del mediterraneo. Anno I, n.1. Rocco Carabba Editore Firpo L., Medicina medioevale. UTET Torino 1972 www.mondimedievali.net/medicina/altomedioevo12. htm https://curaecomunita.it/2017/09/17/la-medicinaaraba pisamedica.it/2012/06/la-medicina-araba/ www.mondimedievali.net/medicina/altomedioevo12.h

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